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Chissà quante cose abbiamo in comune ...[:D]



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CE L'ABBIAMO FATTA!» MA DE CHE? di Emmezeta

UN BUFFONE SOTTO LA TORRE

Non avevamo dubbi, ma da oggi è ufficiale: i buffoni al governo non vengono solo da Arcore e dintorni. Enrico Letta, da Pisa, in effetti non scherza. E per certi aspetti è pure peggio del buffone nazionale. Quello conosciuto nel mondo, che comunque del Letta nipote è alleato imprescindibile nel più buffonesco governo della repubblica.

Sarà che l'ex vice del fenomeno piacentino ha trascorso parte della sua infanzia a Strasburgo, dove poi è tornato da parlamentare europeo; sarà che la continua frequentazione degli austeri palazzi di Bruxelles poco si addice a certe uscite. Sta di fatto che non c'è una trovata che gli riesca bene.

Di certo non gli è riuscita bene quella di oggi, quando ha scritto su Twitter:

«Ce l'abbiamo fatta! Commissione Ue annuncia ora ok a più flessibilità per i prossimi bilanci per i Paesi come Italia con conti in ordine. Serietà paga».
Su Twitter, come un ragazzino che annuncia di aver fatto gol in una partita di calcetto. Con una differenza sostanziale, che il gol l'ha visto solo lui, mentre gli arbitri della Commissione Europea si sono affrettati ad annullarlo.

Divertente il comportamento delle pagine online dei principali quotidiani italiani, che in un primo momento hanno messo l'esultanza del capo del governo in testa alle loro home, per poi farla silenziosamente (e rapidamente) scendere verso il basso. Il fatto è che il trionfalismo lettiano sul presunto allentamento dei vincoli europei era ed è letteralmente insostenibile, dato che si basa su una classica «non notizia», come hanno del resto chiarito le dichiarazioni provenienti dall'UE.

Il commissario Olli Rehn, che nell'occasione non si è neppure degnato di esporsi in prima persona, facendo parlare al suo posto il proprio portavoce Simon O'Connor, ha fatto sapere quel che già sapevamo. E cioè che: «in nessuna circostanza sarà permesso agli stati membri di sforare il limite del 3% del rapporto deficit-Pil», mentre sarà consentito - come già noto da tempo - di «deviare temporaneamente», e solo a certe condizioni ancora da definire in dettaglio, l'obiettivo del pareggio di bilancio strutturale.

E dove sarebbe la novità? Anche se, con un servilismo senza limiti, il parlamento italiano ha inserito nella Costituzione il vincolo del pareggio di bilancio, è ben noto come tale vincolo sia destinato a restare al momento lettera morta. Questo non certo per insubordinazione verso l'Europa - ci mancherebbe! - quanto piuttosto per l'impossibilità materiale di raggiungere questo obiettivo nell'attuale congiuntura.

Ci si è così inventati il pareggio di bilancio strutturale, concetto assai elastico che sta a significare che il pareggio non è stato conseguito, ma che sarebbe stato raggiunto se solo non vi fosse stata la crisi. Che è un po' come dire che si è bagnati fradici, ma solo perché la pioggia è stata battente e noi eravamo privi di ombrello, mentre se non fosse piovuto avremmo conseguito l'obiettivo di restare asciutti...

D'altronde, chi non ricorda che il 2013 doveva essere l'anno del pareggio di bilancio? Adesso (vedi il DEF licenziato ad aprile dal governo Monti) ci si accontenta di un obiettivo del -2,9% sul Pil, che tradotto in volgare ammonta a circa 45 miliardi di euro. Alla faccia del pareggio, che però si dice sia stato «sostanzialmente raggiunto»... in termini strutturali!

Quali calcoli vengano effettuati dai sacerdoti del MEF (Ministero dell'Economia e delle Finanze) in combutta con i loro compari di Bruxelles non è noto. Evidente è invece l'artificiosità di questo castello di carte. Ed artificio per artificio si è arrivati alla (non) notizia di ieri. Non notizia perché già nota, ma anche perché del tutto inadeguata ad imprimere la ben che minima svolta in una situazione economica disastrosa come l'attuale.

L'artificio consisterebbe nel non computare (ai fini dei vincoli europei) una cifra pari a circa l'0,5% del Pil (7-8 miliardi) da destinare ad «investimenti pubblici produttivi». Una formula con tre vincoli, due certi, il terzo da chiarire.

Il primo vincolo, come abbiamo già visto, è quello della temporaneità. Lo scostamento sarà ammesso solo ed esclusivamente per il 2014. Il secondo vincolo è quello del tetto del 3%. L'indicazione di un margine di circa lo 0,5% nasce infatti da una previsione al 2014 di un rapporto deficit/Pil al 2,3%. Dunque l'aggiunta di uno 0,5% consentirebbe comunque di restare sotto il dogma del 3%. Ma cosa succederebbe se - come pensiamo - quella previsione si rivelasse troppo ottimistica? Semplice, non se ne farebbe nulla, come già spiegato da Olli Rehn.

Ma c'è un terzo vincolo, più sibillino. Come si individueranno gli «investimenti pubblici produttivi»? Una domanda che, con il solito senso pratico, si è posto immediatamente il Sole 24 ore. Leggiamo:

«Come si agirà in concreto? Operando sulla quota nazionale dei fondi strutturali europei, destinata ad investimenti produttivi. Operazione per la verità tutt'altro che semplice, poiché in sede europea non è stata ancora raggiunta un'intesa su cosa si debba espressamente intendere per investimento pubblico produttivo. Ma ora la partita può cominciare, anche se siamo solo al fischio d'inizio».
A questo punto dovrebbe esser chiaro come l'esultanza di Letta sia cialtronesca almeno quanto la negazione della crisi del suo alleato di Arcore quando, tra un festino e l'altro, faceva anche il premier.

Tutto ciò non stupisce. Questo è un governo che ha deciso il rinvio sull'IMU, quanto sull'IVA, in attesa di trovare le risorse. E' un governo che si è vantato di poter utilizzare, dopo il recente vertice europeo, la miseria di un miliardo e mezzo di fondi comunitari (che l'Italia finanzia peraltro in quota parte) per «combattere» una disoccupazione giovanile gigantesca.

Siamo di fronte all'uso dell'aspirina per combattere il cancro. Basta raffrontare la modestia di queste cifre ai costi del debito pubblico, ed a quelli del Fiscal compact, per rendersene conto. Solo di interessi il debito pubblico costerà quest'anno 85 miliardi come minimo. Mentre il Fiscal compact, che entrerà in vigore nel 2014, comporterà un drenaggio di risorse pari a 55 miliardi annui per 20 anni. (vedi tabella sopra)

Ecco, cosa si fa di fronte a queste cifre spaventose, che annunciano nuovi e più pesanti sacrifici per la povera gente? Si fa della propaganda, peraltro debole, facilmente smontabile, palesemente buffonesca. Forse si potrebbe dire che anche in questo caso il governo del niente ha prodotto il nulla. Ma sarebbe troppo generoso, perché questi buffoni sono anche delinquenti al servizio di oligarchie pronte ad affamare interi paesi pur di non mollare la preda. Più precisamente, sono anzi essi stessi parte del blocco oligarchico responsabile della macelleria sociale in corso.

Criminali dunque. Nemici, non semplici avversari. Ma anche un po' buffoneschi nella loro pretesa, questa sì ridicola, di essere creduti come gli ennesimi «Salvatori della patria». Un'illusione già coltivata dal predecessore Monti - abbiamo visto con quali risultati - ed oggi rilanciata dal successore Letta. Ma una buffonata è una buffonata, anche se diffusa via Twitter. E questo chiunque è in grado di capirlo abbastanza alla svelta.

http://sollevazione.blogspot.it/2013/07 ... ezeta.html

...come si evince molte parole pochi fatti...........................[;)]


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MessaggioInviato: 08/07/2013, 16:28 
.... come da 60 anni! [^]



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MessaggioInviato: 08/07/2013, 17:03 
Governo Letta: il decreto (da non) fare. Addio bonifiche!

- Matilde Cristofoli – A Sud -

Il primo passo del Governo Letta tra contaminazioni della falde acquifere, subordinazione del diritto alla salute e mega-progetti: ecco il decreto da non fare.

In tempo di crisi, il primo passo del governo della larga maggioranza detta una lista di priorità da far tremare le gambe: diritto alla salute subordinato alla sostenibilità economica, contaminazioni delle falde acquifere “attenuate” invece che bloccate, incentivi ai mega-progetti a scapito dei trasporti pubblici. Il governo consegna un baule d’oro alle grandi imprese che, vincitrici nei confronti del temuto principio “chi inquina paga”, potranno partire in vacanza con una baule carico d’oro, tra appalti per le infrastrutture e soldi risparmiati dalle bonifiche.

Per capire nel dettaglio che cosa questo decreto detto “del Fare” stia invece cercando di “disfare” è necessario guardare punto per punto le modifiche attuate dal governo delle grandi maggioranze. Il linguaggio giuridico di primo impatto non aiuta a capire che cosa sta succedendo nel nostro paese e a quanto velocemente la logica economica si stia imponendo su numerosi settori del nostro vivere comune. Il tutto, giustificato dalla crisi e quindi fatto passare come utile e necessario al rilancio del paese.

Ma vediamo in dettaglio che cosa accade.



Via libera alle grandi opere, costose infrastrutture ad alto impatto ambientale ed inaccessibili ai più.

Il decreto stabilisce la creazione di un fondo per lo sviluppo delle infrastrutture di 2.069 milioni di € per il quadriennio 2013-2017 . Secondo il testo le sole opere finanziabili da subito con questo fondo sono alcune tra le più grandi e costose opere infrastrutturali a cui da anni numerosi comitati locali si oppongono: corridoi europei, la così blandamente definita linea ferroviaria Piemonte-Val d’Aosta – nel territorio già massacrato dalla TAV – passaggio della Pedemontana Veneta, linea di collegamento stradale a scorrimento veloce Agrigento Caltanissetta, Tangenziale Est di Milano, Terzo valico di Giovi.

Questo sviluppo infrastrutturale testimonia una volontà d’implementazione all’uso del trasporto privato e una conseguente subordinazione del trasporto pubblico, posto nella lista degli aventi diritto al finanziamento “nel limite delle risorse annuali”. Tra questi, l’apertura e l’ampliamento delle linee delle metropolitane di Roma, Milano e Napoli, attorno alle quali ruotano da anni progetti bloccati, cantieri a cielo aperto fermi e dissestati, flussi di denaro la cui trasparenza resta ancora da accertare. C’est à dire: se avanzano bruscolini a fine anno qualche cosa la facciamo.

Come se non bastasse, all’art.19 il decreto modifica la normativa in vigore in materia di concessioni e defiscalizzazioni, rendendo l’ ”equilibrio economico finanziario” l’unico criterio per selezionare le opere degne di finanziamenti o agevolazioni. L’importanza delle opere viene quindi valutato solo in termini economici, non di utilità territoriale, rispetto dell’equilibrio dell’ecosistema, emissioni, diritto alla salute, reale necessità degli abitanti, etc. La crisi sembra essere l’occasione per scavalcare diritti dei cittadini, difesa del territorio e dei beni comuni. Una manna dal cielo per i grandi imprenditori.




Contaminazione delle falde acquifere, bonifiche e rischi per la salute.

Questa attitudine sembra essere confermata dal terribile articolo 243 del Testo Unico Ambientale (decreto legislativo n.152/2006) relativo alle gestione delle acque sotterranee emunte. La redazione del nuovo articolo – che accorpa ed implementa il precedente – racchiude in se la logica puramente emergenziale della gestione del danno ambientale e la subordinazione del diritto alla salute alla sostenibilità economica.

Secondo il testo “Nei casi in cui le acque di falda contaminate determinano una situazione di rischio sanitario, oltre all’eliminazione della fonte di contaminazione ove possibile ed economicamente sostenibile, devono essere adottate misure di attenuazione della diffusione della contaminazione conformi alle finalita’ generali e agli obiettivi di tutela, conservazione e risparmio delle risorse idriche stabiliti dalla parte terza”.

Qui risultano chiari alcuni elementi molto pericolosi. Prima di tutto, l’introduzione della contabilizzazione del costo degli interventi come fattore primario di valutazione di fattibilità delle bonifiche delle falde acquifere contaminate. Il criterio è quello della sostenibilità economica dell’intervento, che subordina la salvaguardia dello status di salute dei cittadini all’equilibrio economico. In tempo di crisi, si sa, tutto è concesso per “salvare” il paese. Ma quale parte di esso? Non lo stato di salute dei cittadini.

Nel procedimento di modifica a cui il Testo Unico Ambientale è sottoposto da anni, questo è il secondo passo verso l’introduzione dei principi di sostenibilità economica come cardine della disciplina di riparazione e bonifica ambientale. Già nel 2008, l’art.242 dello stesso stesso era stato modificato e al testo, i “costi sostenibili” erano stati introdotti tra i “criteri per la selezione e l’esecuzione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale, di messa in sicurezza operativa o permanente, nonche’ per l’individuazione delle migliori tecniche di intervento a costi sostenibili”. E il diritto alla salute? L’analisi del rischio ambientale? Nel testo Unico questi elementi compaiono, ma con la frase introdotta al comma 1 del nuovo testo, sembrano rendersi vani.

Con la modifica dell’art.243, viene cambiato lo scopo stesso degli interventi di bonifica da “rimozione delle fonti inquinanti” a “attenuamento della diffusione della contaminazione”, facendo irrompere sulla scena il carattere emergenziale dell’intervento.

La dicitura “attenuamento del rischio” è infatti caratteristica di una prima messa in sicurezza dei siti contaminati, secondo il Testo Unico, a cui devono però succedere la messa in sicurezza operativa ed un eventuale messa in sicurezza permanente, di cui al nuovo articolo non vi è traccia.

Nessuna prevenzione, nessun obbligo e nessuna coerenza con la definizione di “danno ambientale” inclusa nell’art.300 che definisce lo definisce come “qualsiasi deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale provocata (…) al terreno, mediante qualsiasi contaminazione che crei un rischio significativo di effetti nocivi, anche indiretti, sulla salute umana a seguito dell’introduzione nel suolo, sul suolo o nel sottosuolo di sostanze, preparati, organismi o microrganismi nocivi per l’ambiente. E qui arriviamo al punto chiave del decreto beffa, dal punto di vista dei diritti dell’individuo: il rischio di compromesso dello stato di salute delle persone dovuto alla contaminazione di un territorio o delle falde acquifere.

Il trattamento di bonifica diventa quasi opzionale, solo quando non è possibile fare altro. Ma se il “rischio sanitario” resta “accettabile” le vie da percorrere meglio che siano altre, e preferibilmente sostenibili economicamente. Quando il grado degli effetti nocivi sulla salute umana si a “accettabile” resta ancora un gran mistero. Quando una malattia può essere accettabile? Non si parla più di eliminare le cause di contaminazione come obiettivo primario, ma far rientrare l’onda entro un certo limite di “diffusione” della contaminazione.

A livello giuridico, questa parte del decreto sembra cozzare con una più ampia normativa, tanto europea quanto internazionale. A seguito della dichiarazione di Rio del 1992, con il Trattato di Maastricht l’Unione Europea recepì il principio di precauzione come caposaldo della giurisprudenza in materia ambientale, ad oggi integrato nel Trattato di Funzionamento dell’Unione Europea del 2009. Elencato tra gli obiettivi e i principi della politica ambientale dell’Unione, il principio di precauzione può essere invocato anche qualora il rischio non sia determinato con certezza scientifica, ma siano presenti effetti anche solo potenzialmente pericolosi per la salute e l’ambiente. Ma non solo. Volendo proprio fare le pulci, è difficile capire come la nuova normativa possano restare in equilibrio con più ampi principi di difesa dei diritti umani, quali l’art.25 delle Dichiarazione Universale secondo cui “ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia” con particolare riguardo all’alimentazione, all’abitazione e alle cure mediche.

A livello nazionale, lo stesso Testo Unico Ambientale recepisce tale principio, obbligando gli enti pubblici e privati, nonché le persone fisiche, ad agire in virtù della precauzione e ad impegnarsi alla correzione alla fonte dei danni causati all’ambiente, nonché al principio di “chi inquina paga”. Dulcis in fundo, il nuovo scintillante art.243 sembrerebbe non rispettare la stessa Costituzione Italiana che all’art.2–32 diritto ambiente salubre, connubio tra ambiente e salute, che include la protezione delle condizioni indispensabili “o anche solo propizie” alla salute dell’uomo. Se la crisi ci impone tagli e riforme, non è della tutela di un diritto fondamentale quale quella della salute che possiamo fare a meno.



Addio bonifica. Benvenuta grande impresa.

Ultimo, ma non per importanza, aspetto della modifica di questo piccolo ma potente articolo, l’opzionalità della bonifica avrà delle forti conseguenze sulla responsabilità delle più grandi imprese del paese. Basti pensare a territori come Marghera, Porto Torres, Taranto, solo per fare alcuni nomi, da anni in attesa di bonifiche e risanamenti che le grandi imprese potrebbero ora non essere più costrette a mettere in atto. La speranza di un risanamento ambientale potrebbe svanire, così come l’attribuzione della responsabilità penale delle imprese contaminanti.

Di tutto ciò è necessario parlare e capire che cosa possa nascondersi dietro alcuni piccola comma che, a ben guardare, hanno il potere di sconvolgere il nostro sistema di diritti.

Il primo passo di questo governo spaventa, fa riflettere sul potere dell’economia e delle grandi imprese nel nostro paese e di come questa lunga ed estenuante crisi economica possa diventare lo strumento per far entrare nelle nostre normativi i dogmi del neoliberismo.


http://www.pressenza.com/it/2013/07/gov ... bonifiche/

http://www.informarexresistere.fr/2013/ ... bonifiche/


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MessaggioInviato: 11/07/2013, 15:42 
.
La lotta contro gli evasori tanto cara al governo Monti non ha dato grandi risultati. Tutt'altro. Il fisco in Italia continua a essere raggirato. Guarda tabella


Evasione fiscale: all'appello mancano 500 miliardi di euro.


ROMA (WSI) - Dal 2000 al 2012 grazie alla lotta all'evasione sono stati emessi ruoli per 807,7 miliardi di euro. La somma effettivamente riscossa in questi 13 anni è di 69,1 miliardi di euro. E' quanto risulta da alcune tabelle consegnate dal ministero dell'Economia alla Commissione Finanze della Camera.

Nel tempo le somme della lotta all'evasione che vengono effettivamente riscosse dalla società di riscossione (Equitalia) ammontano al 20%. "A seguito del decorso di un decennio dall'affidamento del carico all'agente di riscossione, il dato del riscosso tende strutturalmente ad attestarsi intorno al 20%", ha detto il vice ministro all'Economia Luigi Casero rispondendo ad una interrogazione parlamentare alla Commissione Finanze della Camera.

"Ne consegue - ha aggiunto Casero - che anche l'andamento delle riscossioni relative agli anni di più recente affidamento, ancorché sicuramente influenzato dal peggioramento del quadro economico di riferimento, potrà essere valutato nella sua effettività solo allorquando, nei prossimi anni, si sarà ormai consolidato".

Il carico dei ruoli da riscuotere ammonta teoricamente a 545,5 miliardi di euro ma di questa somma 107,2 miliardi riguardano soggetti in fallimento. Ammontano a 18,6 miliardi di euro i ruoli che Equitalia deve riscuotere ma che sono oggetto delle rateazioni accordate ai contribuenti in temporanea situazione di obiettiva difficoltà.

Non tutto il carico dei ruoli, le somme ricavate dalla lotta all'evasione, può essere effettivamente riscosso, ha detto il vice ministro all'Economia Luigi Casero rispondendo ad una interrogazione in Commissione Finanze della Camera del presidente Daniele Capezzone Pdl e di Enrico Zanetti (Sc).

L'Agenzia delle Entrate "con riferimento ai residui attivi al 31 dicembre 2012 inoltrati dalla Ragioneria Generale, ha comunicato una percentuale di abbattimento pari all'82%".

"La percentuale di abbattimento - ha spiegato il vice ministro Casero alla Commissione Finanze di Montecitorio riferendosi ai ruoli da riscuotere - è individuata valutando il grado di riscossione delle partite tenendo conto del grado di esigibilità dei residui in funzione delle caratteristiche degli stessi, e cioè se sono riferiti a soggetti falliti o a ruoli per i quali è stata richiesta l'inesigibilità e della vetustà del ruolo".

Per quanto riguarda i carichi previdenziali, "l'Inps ha comunicato per le vie brevi - riferisce ancora Casero - di considerare quale quota di presunti crediti inesigibili , rispetto al totale dei crediti da riscuotere, una percentuale pari al 44%".

Per il vice ministro all'Economia Luigi Casero, il carico residuo dei ruoli fiscali da riscuotere riguarda in gran parte debitori per oltre mezzo milione di euro. "Al 31 dicembre 2012, oltre l'80% del carico residuo era riferibile a debitori iscritti a ruolo per importi complessivamente pari o superiori a 500.000 euro (121.409 soggetti per un carico netto residuo da riscuotere pari a 452 miliardi di euro)".

Negli anni 2000-2012, grazie alla lotta all'evasione fiscale sono stati emessi ruoli per 807,7 miliardi di euro ma ne sono stati riscossi solo 69,1 mld. Ma del carico residuo, 545,5 miliardi di euro, solo una parte sarà effettivamente esigibile. Ecco una tabella con i dati depositati dal ministero dell'Economia alla Commissione Finanze della Camera.

- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
LOTTA EVASIONE, I RUOLI DA RISCUOTERE DA 2000 A 2012 (DATI IN MLD EURO)
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
Carico ruoli affidato totale 807,7 mld euro
Carico sgravato totale 193,1
Carico riscosso 69,1
Carico residuo 545,5
di cui Sospeso 20,8
di cui Fallimenti 107,2
(ANSA)

http://www.wallstreetitalia.com/article ... iardi.aspx

come si evince nonostante le piazzate cinematografiche di monti con la finanza dislocata in tutte le localita'del jet set la situazione e' rimasta al palo,magari lavorando con piu' avvedutezza si potrebbero raggiungere risultati migliori.......[;)]


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... ma siccome non gliene frega niente a nessuno ...[8)]



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...e intanto chi paga sono sempre ed esclusivamente i soliti.........[:(!]


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Tag: Italia, politica, debito, Eurozona, default

Abbattimento debito di 400 miliardi non è fattibile

di: Paolo Cardenà Pubblicato il 19 luglio 2013| Ora 10:17

ROMA (WSI) - Nei giorni scorsi si è letto a proposito di uno studio, svolto da parte dell'esecutivo, finalizzato all'abbattimento del debito pubblico di circa 400 miliardi di euro. Un intervento shock tale da ridurre l'indebitamento a circa 1600 miliardi di euro, ossia poco più del 100% (110% ?) del PIL.

Dei 400 miliardi di debito da tagliare, 100 deriverebbero dalla vendita di beni pubblici per 15-20 miliardi l'anno (in sostanza il programma Grilli); 40-50 miliardi dalla costituzione e cessione di società per le concessioni demaniali; 25-35 miliardi dalla tassazione ordinaria delle attività finanziarie detenute in Svizzera (5-7 miliardi l'anno); i restanti 215-235 miliardi dall'operazione shock, appunto.

Verrebbe individuata una porzione di beni patrimoniali e diritti dello Stato, a livello centrale e periferico, disponibili e non strategici, e venduta a una società di diritto privato di nuova costituzione partecipata principalmente da banche, assicurazioni, fondazioni bancarie ed altri soggetti . La società emetterebbe obbligazioni a 15-20 anni garantite dai beni. Essendo emessi da un soggetto privato, tali titoli non entrerebbero nel computo del debito pubblico. Lo Stato incasserebbe il corrispettivo portandolo direttamente a riduzione del debito pubblico, con conseguente risparmio di interessi. Negli anni di vita del prestito obbligazionario la società procederebbe alla valorizzazione della redditività dei beni.

Alla scadenza dei singoli lotti del prestito obbligazionario, ovvero anche prima a scadenze predeterminate, il soggetto che avrebbe proceduto all'acquisto di opzioni (warrant) avrebbe diritto all'acquisto dei beni e diritti costituenti il lotto di riferimento ed il prezzo per tale acquisto sarebbe utilizzato per il rimborso delle obbligazioni. Alla fine dei 5 anni, secondo i piani del governo, il servizio sul debito si dimezzerebbe, scendendo a 35-40 miliardi l'anno.

Questo, in buona sostanza, è il piano allo studio del governo per l'abbattimento del debito pubblico, che, a dire il vero, sembra poco di più che un'operazione finanziaria per spolpare il patrimonio pubblico creato in oltre un secolo di storia, e offrirlo così a banche semifallite.

Peccato che i numeri fantasiosi del "progetto" si scontrino con la realtà.

Pochi giorni fa, Bankitalia ha diffuso i dati sul debito pubblico nel mese di maggio. Bankitalia certifica che, nel mese di maggio, appunto, il debito pubblico è salito all'astronomica cifra di 2075 miliardi di euro, con un incremento di oltre 33 miliardi rispetto al mese precedente. Se allungassimo l'orizzonte temporale, potremmo affermare che dall'inizio dell'anno il debito è cresciuto di oltre 86 miliardi. Mentre, dall'inizio del 2012, in appena 17 mesi, è cresciuto di quasi 170 miliardi. Ossia circa il 43% dei 400 miliardi ipotetici che il governo vorrebbe destinare all'abbattimento del debito, generati, per lo più, da dismissioni di beni pubblici, ossia dalla (s)vendita del patrimonio della collettività costruito in quasi 100 anni di storia industriale del paese.

Non occorre essere dei fenomeni in economia per poter affermare che, se questa operazione dovesse essere posta in essere, nel giro di qualche tempo (magari qualche anno) ci troveremmo comunque con un debito del tutto in sintonia con quello attuale, avendo peraltro dissipato una buona fetta di patrimonio pubblico, regalandolo alle banche che, magari, saranno abilissime nel costruirci qualche obbligazione strutturata da rifilare ad ignari risparmiatori che si troveranno -con i loro soldi- a dover finanziare il regalo fatto a banche fallite.

Questo è tanto più vero se si considera che l'idea sarebbe quella di favorire un abbattimento del debito pubblico attraverso dismissioni pubbliche, senza tuttavia aver rimosso i prodromi e le deficienze che lo determinano. E qui, ci potremmo davvero sbizzarrire nell'elencare gli infiniti livelli di parassitismo sociale e corporativismo che debbono la propria esistenza proprio al debito. Perché, dovrebbe esser chiaro che se tu non ti puoi permettere determinate spese, l'unica alternativa al taglio delle spese è quella di mantenere privilegi (che non ti puoi permettere) attraverso il debito.

E questo è ciò che è avvenuto in Italia. Il concetto, è ancor più chiaro se si considera che il debito pubblico, in realtà, non viene mai ripagato, ma semplicemente rinnovato. Ossia, alle rispettive scadenze, lo stato, anziché rimborsare il debito in scadenza - con dei soldi che comunque non ha-, altro non fa che farsi prestare nuove risorse per rimborsare i titoli in scadenza. E così via fino a quando qualcuno non decide di riavere indietro il proprio denaro, mettendo in ginocchio il Paese, o, peggio, imponendo governi disposti a varare misure idonee ad ossequiare gli interessi degli investitori.

Questo, in buona sostanza, è ciò che è avvenuto in Italia negli ultimi due anni, dove, Monti prima e poi Letta, sono stati messi al timone con l'intento dichiarato (da chi ne ha interesse) di salvare il paese.

Evidentemente questo costituisce una volgare menzogna. E che si tratti di menzogna ce lo confermano tutti i dati economici che ci rappresentano, più che un salvataggio, un vero e proprio bollettino di guerra, dove gli unici sconfitti sono gli italiani.

Ritornando al nostro discorso sul debito e su quanto sia insensato (almeno in questo contesto) procedere con un'operazione di riduzione dello stock attraverso dismissioni pubbliche, va detto che un'operazione di questo genere, a mio modesto parere, rischierebbe di non riuscire a bloccare l'ascesa del debito pubblico. Ciò, per il semplice motivo che in questa crisi, ormai, è andata persa una buona fetta del tessuto produttivo. E il percorso di distruzione sembra ben lontano dall'arrestarsi.

Questo, prima di potersi ricostituire e tornare ad essere generatore di ricchezza, non richiede in via prioritaria l'abbattimento del debito pubblico, ma le riforme strutturali di cui l'Italia ha bisogno per fa si che il debito pubblico non venga alimentato in maniera inerziale come sta avvenendo ora, divenendo nuovamente insostenibile. Tra queste, prime fra tutte, quella del fisco, della pubblica amministrazione e della giustizia. Senza dimenticare poi, la necessità di ammodernare lo stato in ogni suo settore e procedere con una fase di deburocratizzazione di procedimenti amministrativi tale da creare le condizioni per una fase di sviluppo che, altrimenti, rimarrebbe custodita solo nel libro dei sogni per molti anni ancora. Insomma, tutte le riforme che non sono state fatte negli ultimi 20 anni.

Con la classe politica che ci ritroviamo, chetali riforme possano essere fatte nel giro di pochissimo tempo (stiamo parlando di mesi, non di anni) rischia di essere solo una pallida speranza che puo' albergare solo nelle menti ingenue. E' evidente che, permanendo simili condizioni (e non si ha ragione per ritenere che qualcosa possa cambiare), nella migliore delle ipotesi, nei prossimi anni, l'Italia sarà destinata a cresce in maniera del tutto marginale e comunque non in sintonia con le proprie necessità. Questo farà si che, per lunghi anni, vedremo alternarsi fasi di stagnazione(o bassissima crescita) con periodi recessivi. Un percorso distruttivo che tenderà a distruggere la ricchezza degli italiani, precludendo il benessere alle generazioni presenti e future, condannando ampi strati della popolazione a livelli di indigenza e povertà diffusa.

Allo scopo di comprendere quanto sia pericolo il tragitto che sta percorrendo l'Italia, peraltro anche speditamente, vi propongo di seguito un ottimo articolo pubblicato dalla Mazziero Research che ci illumina, oltre che sulla tendenza del debito, anche sulle possibili conseguenze.

Debito pubblico: verso l’aumento maggiore di tutti i tempi

Il dato sul debito pubblico di maggio pubblicato dalla Banca d’Italia è un dato che non ci può lasciare indifferenti per una serie di motivi:

Rappresenta il record storico del debito pubblico a 2.074,7 miliardi di euro. Corrisponde a un incremento di 33,4 miliardi nel solo mese di maggio. Proietta l’aumento del debito nei soli primi 5 mesi del 2013 a 86 miliardi; nell’intero 2012 era aumentato di 81 miliardi.

Ma la cosa inedita e che dovrebbe far tremare le gambe a ogni individuo dotato di capacità di intendere e di volere è che il ritmo con cui cresce il debito aumenta sempre di più.

È plausibile che quest’anno vengano bruciati 100 miliardi di debito. Un altro record superato nel 1993 e 1994, quando si arrivò in entrambi gli anni a 110 miliardi; nel 2009 ci si fermò invece a 97 miliardi.

È davvero possibile un tale scenario? Siamo forse già arrivati al punto di non ritorno?

I numeri fin qui esaminati sono piuttosto evidenti e non vi sono apprezzabili segni di inversione di rotta; se si osservano le variazioni del debito mensili si potrà constatare che i mesi in cui il debito aumenta (segmenti rossi) sono maggiori del numero dei mesi in cui questo diminuisce (vedi grafico).

Inoltre quando il debito diminuisce la lunghezza del segmento, eccetto in un caso, è molto inferiore all’ampiezza del segmento rosso; ciò significa che un mese di virtuosismo viene subito vanificato nel mese successivo.

Cosa significa tutto questo?

Che l’accumulo di debito è cronico e non vi è possibilità di cambi di rotta se non con shock di natura strutturale.

Gli shock strutturali potrebbero essere di due tipi:

Un default parziale sui titoli di Stato.

Una misura che colpisca il patrimonio, principalmente abitativo e/o un prestito/prelievo forzoso sui capitali, nella forma più fantasiosa che il legislatore sarà in grado di escogitare.

Non si tratterebbero di pochi denari, ma di una somma capace di riportare il debito/Pil tra il 100 e il 110%; una lunga strada dato che siamo diretti oltre il 132%.

La tentazione di raccogliere una cinquantina di miliardi, cosa assai difficile di questi tempi, probabilmente questa volta non sortirebbe effetto; in quanto avrebbe il solo scopo di rimandare di un anno una manovra ancor più dolorosa e che potrebbe aggirarsi intorno ai 200-300 miliardi.

Una Via Crucis capace di togliere il sonno a ogni carica elettiva. Quindi nel frattempo l’unica cosa che resta da fare, elezioni tedesche permettendo, è calciare la lattina sul marciapiede, sperando di riuscire a farla andare più in là, almeno finché si può evitare di restare con il cerino in mano.

http://www.wallstreetitalia.com/article ... ibile.aspx


un modo x fare ingrassare i soliti noti,cmq di ben difficile soluzione,dal mio punto di vst quanto mai profano......[:(!]


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Crisi: per uscirne, "stampare denaro e aggirare trattati"

di: Daniele Chicca Pubblicato il 23 luglio 2013| Ora 08:30


Problema di domanda non di offerta. Il keynesiano Piergiorgio Gawronski lancia la sfida ai neoliberisti.

NEW YORK (WSI) - Si accende il dibattito tra liberisti e keynesiani su come abbattere il debito pubblico italiano, giunto ieri sopra la soglia limite dell'insolvibilità del 130%, e rilanciare un'economia anemica, in recessione da ormai sei trimestri consecutivi.

Secondo l'economista e giornalista Piergiorgio Gawronski in Europa siamo sotto il dominio dell'asse Draghi-Merkel-Bisin (con quest'ultimo inteso come sineddoche dell'elite di economisti liberisti), il cui scopo e' ridurre il ruolo dello stato nell'economia o forse "difendere un loro sistema di pensiero con cui hanno fatto carriera".

Le politiche contradditorie degli economisti neoliberisti e dei fautori dell'austerity sono state smentite dagli eventi degli ultimi cinque anni, secondo l'ex consulente economico presso la Presidenza del Consiglio. Per uscire dalla crisi l'Eurozona dovrebbe invece stampare denaro, oppure ricorrere a una soluzione "a velocita' giapponese". Per farlo occorrerebbe pero' approfittare di una falla presente nei Trattati.

Obiettivo numero uno dovrebbe essere iniettare liquidita' nel sistema non per finanziare le banche, bensi' la spesa pubblica. Tokyo ha registrato un rialzo del Pil che continua ancora oggi grazie alle politiche monetarie eterodosse. Quella e' la via maestra, secondo i keynesiani: "E' quello che diciamo da cinque anni noi economisti keynesiani: si puo' uscire stampando denaro per alimentare la domanda".

L'opinione di Gawronski, che scrive per Il Fatto Quotidiano, Corriere della Sera e Il Sole 24 ore, circa le soluzioni all'emergenza debito si discosta nettamente da quella dell'economista Alberto Bisin, intervistato da WSI. "L'unica cosa in cui sono d'accordo e' che vendere il patrimonio pubblico non serve a nulla, puo' fare solo danni".

La causa della crisi, secondo il neoliberista Bisin, viene dai problemi di offerta e quindi la soluzione va ricercata nelle riforme strutturali, meno spesa pubblica e un altro tipo di austerita'. Ma in realta' "le spese correnti sono calate", fa notare Gawronski citando i dati ufficiali. "Non e' vero che continuano ad aumentare. Al netto degli interessi la spesa e' scesa di circa oltre 20 miliardi dal 46,5% al 45,5%" (fonte Ministero Economia e Finanze).

"Ora ha cambiato idea e dice che la causa della recessione e' la depressione della domanda, con cui siamo d'accordo". Il crollo dei consumi e della domanda dal crac di Lehman e' sotto gli occhi di tutti. La soluzione che offre Bisin, tuttavia, ha lasciato "basito" Gawronski.

L'ex candidato alle primarie del PD nel 2007 si lamenta di essere considerato come una sorta di rivoluzionario - o reazionario, a seconda dei punti di vista - mentre "la mia posizione rispecchia le politiche del presidente statunitense Barack Obama".

Per enunciare la sua teoria Gawronski cita i casi di tre paesi come Usa, Spagna e Regno Unito che nel 2008 erano nella stessa situazione, alle prese con una crisi immobiliare. L'America ne e' uscita meglio grazie all'iniezione di liquidita' nel sistema monetario. "E' un problema di domanda, non di offerta: nessuno compra". La loro ricetta (dei neoliberisti, NdR) e' dunque "in contraddizione con la diagnosi della crisi".

Quanto al debito pubblico che continua a gonfiarsi, "l'aumento e' dovuto alla recessione. Loro si basano su modelli neoliberisti che prevedono che la caduta della domanda sia sempre a breve termine e si risolva da sè" (come spiega bene anche Bisin nell'intervista). "Ma sono passati cinque anni e la ripresa della domanda non si vede".

"Bisin chiede ancora austerity, ma questo va contro l'evidenza empirica".

WSI: C'e' austerita' e austerita': i tagli alla spesa potrebbero essere in principio curativi, secondo l'economista della New York University.

"Si, ma solo in piena occupazione. In tempi di recessione bisogna fare il contrario di quello che dice Bisin. Le tasse sono distorsive dell'offerta, ma oggi non c'e' questo problema.

WSI: Come curerebbe i problemi strutturali dell'Italia, perche' possa arrivare a un ripianamento delle finanze pubbliche a lungo termine? Svendita patrimonio, cessione riserve auree, patrimoniale?

PG: E' molto pericoloso svendere patrimonio pubblico. Usare le riserve auree sarebbe invece una idea drammatica, perche' entra in un meccanismo della banca centrale e lo sconvolge. E io sono a favore di soluzioni estreme.

WSI: Cosa intende quando parla di una soluzione di uscita dalla crisi ‘a velocità giapponese’? Qual e' il vuoto clamoroso nei Trattati europei di cui approfittare a cui fa riferimento?

PG: Sui Trattati, e' meglio non aprire la porta a delle idee che vanno realizzate a sorpresa e quindi preferisco non essere esplicito e spiegare quali sono i buchi presenti nei Trattati.

Tokyo stampa moneta e la usa non per alimentare il circuito finanziario, come fa la Bce, bensi' per finanziare spesa pubblica. Da quando ha adottato questa politica, il Pil e' schizzato al rialzo e continua a crescere. E' quello che diciamo da cinque anni noi economisti keynesiani: si puo' uscire stampando denaro per alimentare la domanda.

WSI: Draghi questo pero' non lo fara' mai, perche' ha le mani legate dalla Germania.

PG: Le teorie liberiste sull'inflazione della Germania avremmo dovuto capire da tempo che non servono a nulla.

http://www.wallstreetitalia.com/article ... ttati.aspx


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Tre milioni e 140mila persone erano in cerca di un lavoro nel mese di maggio. Un numero che rappresenta il 12,2% della forza lavoro italiana e che fa segnare un aumento di 0,2 punti rispetto al mese di aprile.

fonte il giornale

certo e' che il governo del fare,fino ad ora + che altro e' stato quello del rimandare,aspettando ordine direttamente da berlino,come si vede la storia si ripete [;)]


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MessaggioInviato: 03/08/2013, 10:01 
Investitori in fuga verso altri lidi finanziari. Il gettito che il governo auspicava (1 miliardo) non supererà i 300 milioni.

ROMA (WSI) - Dal 1° marzo 2013 l’acquisto di azioni italiane con capitalizzazione superiore a 500 milioni comporta, per ciascuna transazione, a prescindere dall’esito della stessa, una imposta pari allo 0.12% del controvalore scambiato; a partire dal 1° settembre la tassa sulle transazioni finanziarie dovrebbe essere applicata anche sui derivati aventi come sottostante indice o azioni italiane. Dopo una prima proroga, è previsto che lo Stato passerà all’incasso il 16 Ottobre.

Tuttavia il gettito che il governo auspicava, circa un miliardo di euro, stando alle proiezioni attuali non supererà i 300 milioni di euro, di cui un terzo dovrebbe provenire dagli intermediari presenti all’estero. Per quest’ultimi il reale incasso sembra a rischio in quanto l’adempimento alla Tobin Tax appare molto farraginoso; ciò è quanto emerso dalla lettura del provvedimento emesso lo scorso 18 luglio dall’Agenzia delle entrate, volto a definire gli adempimenti dichiaravi e le modalità per effettuare i versamenti oltre ai relativi obblighi strumentali.

L’Agenzia dell’Entrate fa sapere che il modello dichiarativo per espletare il pagamento della Tobin tax deve essere presentato, telematicamente entro il 31 marzo di ogni anno e in riferimento alle operazioni effettuate l’anno precedente; gli intermediari non residenti privi di una stabile organizzazione in Italia e di un rappresentate fiscale sul territorio, possono procedere all’invio della dichiarazione a mezzo di raccomandata o strumento equivalente. Il pagamento verrà effettuato tramite modello F24, per i codici del tributo e le istruzione per come compilare il modello occorre attendere un ulteriore provvedimento dell’Agenzia delle Entrate.

Sempre per quanto riguarda gli intermediari non residenti, ma che hanno sede legale in un paese collaborativo possono adempiere agli obblighi strumentali e di versamento avvalendosi di una stabile organizzazione a cui fanno capo sul territorio italiano; in assenza, possono nominare un rappresentate fiscale; in alternativa possono identificarsi attraverso richiesta di attribuzione del codice fiscale in Italia e adempiere direttamente. Relativamente agli obblighi strumentali i responsabili del versamento devono effettuare la registrazione di ciascuna operazione, in un apposito registro informatico, rispettandone l’ordine cronologico, garantendone l’inalterabilità e la corretta conservazione dei dati al fine di fronteggiare eventuali attività di controllo o ispezione future. E’ evidente che la procedura è tanto complessa e onerosa da dissuadere fortemente i broker esteri a lavorare su azioni e derivati italiani preferendo mercati Free Tobin Tax (che sono sostanzialmente tutti gli europei eccetto Francia e Ungheria)

L’auspicio è che il mancato gettito non induca il legislatore ad aumentare le aliquote o allargare gli strumenti finanziari oggetto di imposta in quanto difficilmente, così come è pensata riuscirà a raggiungere gli obiettivi auspicati ovvero un introito per le casse dello Stato e un contenimento della speculazione. Al contrario un inasprimento potrebbe generare una fuga di investimenti verso le piazze finanziarie estere dove la Tobin tax è ancora sconosciuta rendendo il mercato italiano meno liquido e quindi più vulnerabile ad attacchi speculativi.

http://www.wallstreetitalia.com/article ... ciato.aspx


un altro flop della tassazione italiana,e ci volevano tecnici o pseudo tali,x compiere un tale disastro.................[;)]


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Ufologo 555 ha scritto:

Il fatto è che NON si vuol ... capire.[:(!]


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MessaggioInviato: 03/08/2013, 10:14 
Cita:
greenwarrior ha scritto:

Cita:
Ufologo 555 ha scritto:

Il fatto è che NON si vuol ... capire.[:(!]


Non si vuol fare......[8D]


..il fatto e che non contiamo nulla,siamo in amministrazione controllata/fiduciaria.........di coloniale memoria.......[;)]


Ultima modifica di ubatuba il 03/08/2013, 10:15, modificato 1 volta in totale.

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