“E’ finita, siamo allo scontro sociale. Avviso i carabinieri!” Parola d’imprenditoredi CARLO MELINA
Si chiama Carlo Trevisan, ha 48 anni e un’azienda di arredamento[/b] per alberghi nel miranese, in provincia di Venezia.
Raffaele Rubinacci, l’artigiano che si è impiccato l’altro giorno, abita a cinque chilometri da casa sua: “non farò come Raffale, statene certi – avvisa Trevisan – ho contattato il mio legale e insieme scriveremo al locale comando dei Carabinieri. Loro sono i tutori dell’ordine: sappiano che se vogliono mantenerlo, non dovranno appoggiare alcuna ritorsione da parte di Equitalia contro di me e la mia famiglia, altrimenti faccio un casino”. Amico e consigliere, il legale di Trevisan, dopo vari incontri, gli ha consigliato di chiudere la sua partita Iva: “Soldi per pagare le tasse non ne ho. Ma devo 950 euro di mutuo al mese alla banca, più costi per assicurazione, bollo auto e benzina… e quest’ultimo capitolo di spesa pesa come non mai” spiega Trevisan, che sarebbe costretto da mesi a rincorrere i clienti e sperare che abbiano soldi per pagarlo.
Non solo tasse: il dramma che descrive Trevisan ha a che fare col fatto che la crisi economica ha risalito la filiera, bloccando irrimediabilmente la produzione: “Quella che sembrava una crisi commerciale, dovuta a scarsi ordini e ritardi nei pagamenti, è diventata un cancro che, a poco a poco, ha risalito tutto il sistema della creazione di valore, arrivando alla produzione. Chi utilizza semilavorati, come me, non riesce più a fare niente, perché sul mercato non trova i prodotti che gli servono. E come mai? Perché rame e alluminio, per esempio, sono alle stelle. I prezzi troppo alti della materie prime e la mancanza di liquidità dissuade chi sta un gradino più in alto di me dall’acquisto, e, piuttosto, spinge a svuotare le riserve di magazzino – insiste l’imprenditore veneto –. Nel passato le scorte sia di materie prime che di semilavorati per l’impresa erano quasi infinite. Oggi sono esaurite.”
La crisi economica ha risvolti che vanno ben oltre la mancanza di benessere, nota Trevisan: “Dieci anni fa qualcuno faceva del nero, si comprava la macchina e magari andava un mese alle Canarie. Adesso miei colleghi non escono neanche a mangiare la pizza. E questo è niente: la mancanza di lavoro mina la stabilità dei rapporti umani, persino dentro le famiglie, fra parenti, fra moglie e marito – prosegue – In questo contesto lo stato che fa? Da una parte arraffa, per mantenere le feste faraoniche di Fiorito e compagnia di nani e prostitute, dall’altra ti bastona: un’azienda di un amico ha recentemente subito un controllo della Guardia di Finanza, che nei conti non ha rilevato nulla di irregolare. Salvo poi eccepire che, come testimoniato dagli agenti dopo due giorni di appostamenti, un pensionato avesse tagliato l’erba del giardino antistante lo stabilimento. Pensionato che svolgeva quel servizio gratis, perché aveva dei conigli a casa e l’erba gli serviva per nutrirli. Risultato? Multa all’azienda e al pensionato, a cui, per sei mesi, verrà sottratto 1/5 della pensione”.
Il futuro dell’azienda di Trevisan è segnato: “Ripeto: non ho i soldi per pagare le tasse. Quest’anno ho fatturato il 50% in meno rispetto all’anno scorso. Quindi chiudo tutto. Sto cercando di mettermi assieme a dei colleghi e trasferirmi in Carinzia, dove dovremo essere attivi fra qualche mese con nuovi tipi di prodotti. Là l’imprenditore non è trattato come un ladro: quello che sfugge ai burocrati di questo stato assassino è che gli stipendi degli statali li paghiamo noi con le nostre tasse. Se chiudiamo noi, sono a piedi anche loro. Si preparino dunque, perché non so se polizia e carabinieri avranno davvero voglia di difenderli: un tempo i media tratteggiavano racconti su un presunto scontro sociale fra imprenditore, ricco e sfruttatore, e dipendente, fannullone e assenteista. In verità imprenditore e dipendente sono sullo stesso piano. E sono tutti incazzati con lo stato”.
La situazione veneta e italiana, secondo Trevisan, è diversa da quella spagnola, perché diversa sarebbe l’indole dei due popoli: “Qui non succederà come a Madrid. Qui le rivolte saranno a macchia di leopardo, anche perché, e mi spiace dirlo, i veneti e gli italiani sono, o quantomeno si comportano, come dei perfetti ********. Guardano il culo della Minetti che sfila, si informano sulla presunta gravidanza di Belen in televisione, salvo poi vaneggiare a proposito di presunte rivoluzioni di piazza che dei senza palle come loro non riusciranno mai a fare. Quando non avranno più né il telecomando né un piatto di pasta, ecco… forse allora muoveranno il culo dal divano”.
Nello specifico, anche il giudizio sulla classe degli artigiani e degli imprenditori è negativo: “Molti miei colleghi continuano a nutrire associazioni di categoria che non fanno nulla per difenderli. E’ di ieri la notizia che Giuseppe Bortolussi, presidente della CGIA di Mestre, eletto consigliere in Regione, facendo in Consiglio gruppo a sé, percepisce solo per questo motivo 200.000 euro all’anno, oltre al resto delle prebende – continua Trevisan –. Troppo buoni, troppo mansueti sono i veneti. Recentemente un mio collega, vergognandosi di dover dire ‘ti licenzio’ a dipendenti che aveva assunto 15 anni fa, ha chiuso l’azienda, salvo poi aprirne un’altra, più piccola, in un’altra provincia. Ci rendiamo conto? – chiede Trevisan, prima di lanciare l’ultimo affondo – Anche io sono mansueto, certo… ma non lo sarò per sempre, perché non ho paura e i miei nemici li guardo in faccia”.
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