Siracusa, l'altra Taranto
Lettera43.it nel petrolchimico siciliano fra i lavoratori dimenticati.
di Antonietta Demurtas
da Siracusa
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Tra i comuni di Melilli, Priolo Gargallo e Augusta, in provincia di Siracusa, c'è uno dei più importanti siti archeologici siciliani. È l'antica colonia greca di Megara Hyblaea, che si affaccia sul mare in una delle insenature un tempo considerate tra le più belle del mondo. Oggi questa zona è nota per ben altre invasioni. Quelle delle ciminiere del polo petrolchimico più grande d'Europa (guarda la fotogallery).
Che però, così come il sito archeologico, è invisibile al resto del Paese. Eppure l'intero polo in 30 anni ha perso circa 12 mila lavoratori. Erano 20 mila, oggi sono 8 mila, di cui circa 2 mila dell'indotto: 1.100 già in cassa integrazione.
NESSUNO NE PARLA. Di questa zona industriale che dagli Anni 80 occupa 10 chilometri di coste meravigliose si parla poco. Nonostante gli allarmi degli ambientalisti, le denunce dei sindacati, le paure dei lavoratori e la rabbia dei cittadini.
Basta andarci per rendersene conto. Una mattina di ottobre lungo la strada che porta allo stabilimento Erg Isab Sud, un operaio incatenato in mezzo alla strada lancia la sua protesta (guarda la video-intervista).
Recano: «Questa zona diventerà una bomba ecologica»
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Sotto un sole ancora estivo Piero Cilio, 50 anni, ex operaio della ditta Sina Service, si è legato a un palo della luce. Proprio davanti alla raffineria Erg Isab gestita dalla russa Lukoil a cui ormai la famiglia genovese proprietaria Garrone ha ceduto l'80% delle quote nell’ottica di un’ulteriore uscita dal settore della raffinazione.
Cilio e i suoi colleghi dell’indotto da tempo manifestano i loro timori per il futuro del polo che rappresenta uno dei principali siti nel Mediterraneo sia in termini di capacità produttiva (320 mila di barili al giorno di petrolio) sia di stoccaggio (4 milioni di metri cubi tra prodotti e materie prime).
L'IPOTESI IMPIANTO DI STOCCAGGIO. A preoccupare i lavoratori è, soprattutto, l'indiscrezione sempre più insistente che la Lukoil voglia trasformare parte dello stabilimento, Isab Sud, in un parco di stoccaggio. Un progetto che se fosse confermato – Isab ha finora smentito questa possibilità – porterebbe inevitabilmente a una drastica riduzione della forza lavoro (1.600 lavoratori diretti e 1.480 metalmeccanici).
«Non è previsto nessun impianto di stoccaggio», ribadiscono all'Isab, «c'è solo un un piano di riorganizzazione che porterà nel lungo periodo (entro fine 2015) a un massimo di 80 esuberi». Un piano «già concordato con le federazioni sindacali di categoria».
ABBASSATI I LIVELLI DI MANUTENZIONE. La riduzione, secondo i lavoratori dell’indotto, si sta invece già realizzando attraverso l’abbassamento dei livelli di manutenzione e quindi della forza lavoro indiretta: sono infatti i metalmeccanici, da sempre attivi nel petrolchimico attraverso ditte esterne, ad avvertire per primi il cambiamento.
«Erg Isab ha già fatto sapere che per la manutenzione ordinaria tra i due impianti di raffinazione (Nord e Sud) servono al massimo 110 lavoratori, ma ora sono 250, quindi, il 50% dovrà essere tagliato», dice a Lettera43.it Antonio Recano, segretario della Fiom di Siracusa.
Ma l’azienda rimbalza ogni responsabilità: «Noi non gestiamo l’aumento o la riduzione del personale dell’indotto», commentano, «assegniamo solo i contratti ad aziende e sono loro, in base alle proprie capacità e disponibilità, ad assumere il personale necessario».
SINA SERVICE SBAGLIA: A PAGARE 194 OPERAI. Cilio è uno dei tanti lavoratori a essere rimasti fuori. La sua ditta, la Sina service, non aveva il documento unico di regolarità contributiva indispensabile per partecipare alla gara d'appalto che è stata vinta dalla Set impianti e dalla Demont.
I 194 lavoratori di Sina Service, da due mesi in cassa integrazione straordinaria, lottano per essere assunti dalle nuove ditte, anche attraverso la mediazione del prefetto. Ma il personale per la manutenzione è ormai stato ridotto e anche le nuove ditte hanno difficoltà a riassorbire tutti gli operai.
«Se continua la drastica riduzione dei volumi di manutenzione questa zona diventerà una vera e propria bomba ecologica a orologeria», dice Recano, che denuncia il pericolo di un depotenziamento del polo petrolchimico. L’unico a dare lavoro all’intera zona.
Calo occupazionale e inquinamento
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Isab è infatti ancora il punto di raffinazione più grande d'Europa. Da cui dipende anche il settore metalmeccanico: negli ultimi 10 anni il calo occupazionale registrato e legato agli appalti del petrolchimico è stato di circa 1.500 addetti a cui vanno sommati i 600 lavoratori della Si.Te.Co.
«E per i prossimi anni è previsto un ulteriore calo occupazionale vicino alle 1.400 unità», spiega il segretario Fiom.
LA REPLICA: MANUTENZIONE NELLA NORMA. Una previsione già smentita dall’Isab che a Lettera43.it ha ribadito come «il mantenimento degli investimenti routinari e dei lavori di manutenzione sia costante negli anni e si aggiri intorno a 100 milioni di euro. Pertanto non è verosimile stimare un esubero di 1.400 operai dell’indotto».
Ma in tempi di crisi il timore di ristrutturazioni e dismissioni è grande. Qui Eni Montedison, dopo aver ceduto il settore della raffinazione alla famiglia Garrone, ha dismesso circa il 40% degli impianti dedicati alla chimica. Della Polimeri Europa è rimasto solo un impianto di cloro-soda che segue le stesse sorti di quello di Marghera.
MERCURIO NELLA CATENA ALIMENTARE. Per anni nelle acque della rada di Augusta a causa della produzione di cloro e soda si sono accumulate enormi quantità di mercurio che, come metilmercurio, entrava nella catena alimentare (pesci e mitili). Dopo anni di contenzioso l’impianto è stato smantellato e fermato definitivamente dalla Syndial (gruppo Eni) nel 2006.
Oggi rimane solo una speranza che si chiama Eni Versalis (ex Polimeri): il progetto prevede un impianto di terza generazione, per il quale sono stati stanziati 400 milioni di euro. Ma è ancora tutto sulla carta.
La Si.Te.Co costruiva pale eoliche, fra officine e indotto aveva 600 lavoratori, ora sono tutti fermi. E gli ammortizzatori stanno finendo. Anche le aziende Progema, Man e Sfi sono chiuse. Così come la Eternit, nata nel 1955 e chiusa quando vennero scoperti i pericoli legati all'amianto, senza tuttavia eseguire mai una reale bonifica della zona.
SVERSAMENTI, INCENDI E RISCHIO SISMICO. A non dare segnali di crisi è solo l'americana Esso, che rimane stabile sul territorio, soprattutto in previsione della costruzione di un impianto di cogenerazione. Ma a non stare tranquilli sono gli ambientalisti che da tempo tengono sotto controllo il fiume Cantera, un corso d'acqua che sbocca direttamente a mare e passa vicino ai serbatoi dello stabilimento Esso e della centrale Enel Tifeo in prossimità dell’oleodotto Isab.
Legambiente, le Associazioni AugustAmbiente e Decontaminazione Sicilia hanno più volte denunciato lo sversamento di sostanze inquinanti nel fiume, ma senza ottenere risultati.
400 TONNELLATE DI IDROCARBURI. L’ultimo incidente si è verificato a giugno: circa 400 tonnellate di idrocarburi finite nel torrente avrebbero contaminato l’acqua e il terreno circostante per uno strato di circa 20 centimetri.
Nel 2005 l'accordo di programma per le bonifiche mai realizzate
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Come all'Ilva di Taranto e a Porto Marghera anche qui le bonifiche non sono mai state fatte. In cambio, come al solito, tante promesse. E accordi di programma. Con quello del 2005 erano stati stanziati circa 700 milioni di euro per le bonifiche del polo siracusano: 500 stanziati dallo Stato e 200 dalle aziende. Soldi mai arrivati o persi nei meandri di una burocrazia sempre più oscura e farraginosa. E le cose non migliorarono neanche quando il ministro dell'Ambiente divenne la siracusana Stefania Prestigiacomo, «pensavamo facesse qualcosa perché conosceva bene la situazione, ma nulla», dicono i lavoratori.
INQUINAMENTO E RISCHIO SISMICO. Nella zona del petrolchimico, oltre al lavoro, manca la salute: aria insalubre, fiumi avvelenati, inquinamento della falda acquifera. E non ultimo il rischio sismico. Più volte infatti è stato sottolineato che numerosi serbatoi delle raffinerie ormai obsoleti non sono adeguati per soppotare un eventuale terremoto a cui la zona è esposta.
E quando non sono le scosse della terra a preoccupare, sono le fiamme. A settembre tre roghi partiti nei pressi della centrale elettrica Tifeo e della raffineria Esso hanno messo a rischio l'incolumità di centinaia di persone. Per fortuna nessuno si è fatto male. E tutti sono tornati al lavoro.
«Qui c'è il ricatto come a Taranto», denuncia Recano. «Dicono: se non volete lavorare così andate via». Ma dove? Chi si guarda intorno vede solo cadaveri industriali sempre più ingombranti.
Martedì, 16 Ottobre 2012
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TAG:polo petrolchimico siracusa - priolo gargallo augusta petrolchimico - isab indotto - lukoil garrone .
http://www.lettera43.it/economia/indust ... 568215.htm con ogni probabilita'di situazione tipo taranto in italia ne esistono altri
![Arrabbiato [:(!]](./images/smilies/UF/icon_smile_angry.gif)