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Re: Movimento 5 Stelle (seconda parte)

08/03/2018, 20:04

(.. quando ormai è troppo tardi!) [8)]

Re: Movimento 5 Stelle (seconda parte)

08/03/2018, 20:09

uei legami tra la Casaleggio e Soros che i grillini bollano come fake news

Spunta un documento nel quale appare che la società ricevette dal 2017 248mila dollari per controllare militanti e candidati
Fabrizio Boschi - Mar, 06/03/2018 - 20:05
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Hai voglia a prendere il 33%. Del peccato originale non ci si libera mai. E non stiamo parlando di uno come Rocco Casalino a capo della comunicazione o dei soldi in nero pagati al milionario Grillo.

Ma della vera anima nera dei 5 Stelle: la Casaleggio Associati Srl.

Adesso spunta qualcosa di grosso che rende bene l'idea delle astuzie della Casaleggio Associati, ben avvezza a certi stratagemmi. Un documento della discussa Open Society Foundations (una delle più grandi fondazioni private al mondo che supportano gruppi per i diritti umani, con un budget annuale di oltre 900 milioni di dollari), la società che fa capo all'87enne miliardario americano George Soros (nato a Budapest in una famiglia ebraica, ha un patrimonio di 25,2 miliardi di dollari, una delle trenta persone più ricche del mondo), molto chiacchierato per le sue attività speculative (condannato per insider trading) e di una filantropia sospetta (ha spostato 18 miliardi di dollari alla Open Society Foundations per pagare meno tasse in quanto le donazioni sfuggono alle imposte), dimostra che la Casaleggio Associati ha incassato dalla Open Society Foundations di Soros, 248mila dollari dall'agosto 2017 al marzo 2018 per un progetto volto «a cambiare, a spingere gli elettori e i candidati alle elezioni politiche del 2018 a cambiare strategia su migrazioni ed euroscetticismo». E viene indicato pure un referente, Luca Elauteri, socio fondatore e amministratore dal 2004 della Casaleggio Associati con tanto di e-mail (info@casaleggio.it). Elauteri si occupa di Content e Social Media Strategy nell'ambito di editoria digitale e dei new media. Questo documento è stato scoperto da Alessandro Cerboni, bioingegnere di Arezzo, vice presidente di Assocompliance, per anni vicino al M5s che conosce tutti gli scheletri negli armadi della Casaleggio, una persona troppo intelligente e qualificata per restare con la banda Di Maio (infatti lo segarono alle «parlamentarie»).

La Open Society Foundations ha iniziato a lavorare in Italia nel 2008, proprio un anno prima della fondazione del M5s. Ovviamente la Casaleggio Associati bolla la notizia come una fake news, ma il dubbio resta. Sarà per questo che per tutta la campagna elettorale il M5s non è stato più antieuro come lo era invece agli inizi e non si è più scagliato contro gli immigrati? Chi c'è al servizio delle lobby estere o viene influenzato dalle stesse? Ad avvalorare questo documento, la notizia che gli «uomini di Soros» avrebbero contribuito a scrivere il programma di governo del Movimento 5 stelle sui migranti: la denuncia, pubblicata a gennaio, fu fatta da Francesca Totolo che, su Il Primato Nazionale, scrisse un articolo dove dimostrava i legami tra la Open Society Foundations e il M5s. «Il ricollocamento dei richiedenti asilo» è stato redatto da Maurizio Veglio, noto avvocato tra i membri di Asgi (Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione), associazione fondata e finanziata dalla Open Society Foundations. L'Asgi ha aderito a numerose campagne pro-immigrazione volte a favorire l'accoglienza dei migranti e pro-ius soli e c'è un collegamento diretto tra alcune parti del programma sui migranti del M5s e l'Asgi, associazione che spesso fa causa ai sindaci di centrodestra.

Del resto i legami tra i grillini e Soros esistono da sempre. Lorenzo Fioramonti, ministro ombra dello Sviluppo Economico per il cinquestelle, ha lavorato per la Fondazione Rockfeller e scrive su Open Democracy, sito legato alla Open Society Foundations.

E due anni fa Di Maio pranzò coi vertici della Commissione Trilaterale, la somma dei poteri forti dell'Occidente fondata dal banchiere Rockefeller, che insieme a Soros era considerato uno dei due burattinai del mondo. Onestà.

Re: Movimento 5 Stelle (seconda parte)

08/03/2018, 20:26

greenwarrior ha scritto:Se i sindaci smentiscono, allora.......... [:302] [:302]

Quando dicevo che promettere certe cose è pericoloso, non sbagliavo. Per il momento sono casi isolati, ma presto.....
Perchè Di Maio non ha detto chiaramente che per attuare una simile riforma ci vogliono 4/5 anni ?

Tu parli come se Di Maio si fosse già insedito! [:296] e fai riflessioni come quelli ignoranti che neanche sanno che ci sono state le Elezioni?. [:302]

Re: Movimento 5 Stelle (seconda parte)

08/03/2018, 20:45

greenwarrior ha scritto:Del resto i legami tra i grillini e Soros esistono da sempre. Lorenzo Fioramonti, ministro ombra dello Sviluppo Economico per il cinquestelle, ha lavorato per la Fondazione Rockfeller e scrive su Open Democracy, sito legato alla Open Society Foundations.

E due anni fa Di Maio pranzò coi vertici della Commissione Trilaterale, la somma dei poteri forti dell'Occidente fondata dal banchiere Rockefeller, che insieme a Soros era considerato uno dei due burattinai del mondo. Onestà.

Onestà!!!! [:297]

Re: Movimento 5 Stelle (seconda parte)

08/03/2018, 21:27

bleffort ha scritto:
greenwarrior ha scritto:Se i sindaci smentiscono, allora.......... [:302] [:302]

Quando dicevo che promettere certe cose è pericoloso, non sbagliavo. Per il momento sono casi isolati, ma presto.....
Perchè Di Maio non ha detto chiaramente che per attuare una simile riforma ci vogliono 4/5 anni ?

Tu parli come se Di Maio si fosse già insedito! [:296] e fai riflessioni come quelli ignoranti che neanche sanno che ci sono state le Elezioni?. [:302]


Piano con le offese.
Speriamo non si insedi mai.

Re: Movimento 5 Stelle (seconda parte)

08/03/2018, 21:29

Di contro vedo enormi flotte di navi e di aerei che riportano a casa gli immigrati. meno male va...

La differenza tra una proposta fattibile ed una pistolinata elettorale a cui i babbei hanno abboccato [:246]

Re: Movimento 5 Stelle (seconda parte)

08/03/2018, 21:43

questo è tutto da dimostrare. Aspettiamo di vedere a chi affideranno l' incarico e poi se questo paese avrà la fortuna di un governo stabile ne riparleremo.
Io spero sempre che vinca l' Italia.

Re: Movimento 5 Stelle (seconda parte)

08/03/2018, 21:45

L'unico modo in cui si sarebbe potuto vincere sarebbe stata una alleanza tra m5s e lega visti i numeri avrebbero governato senza problemi. Ma così non è stato e quindi dovremo tenerci la vecchia politica finché non si scanneranno tra loro ed il movimento prenderà la maggioranza assoluta.

Re: Movimento 5 Stelle (seconda parte)

08/03/2018, 21:50

Ritorno alla solita domanda. Perchè Grillo e Di Maio hanno rifiutato un incontroconfronto con la Lega, quando non esisteva ancora un accordo con il nano ? Quando invece una chiaccherata l' hanno fatta con l' ebetino ?
Sei daccordo che la cosa è abbastanza strana ?
Spero sia stato solo per l' ingenua presunzione dei 5 Stelle di arrivare alla maggioranza assoluta.

Re: Movimento 5 Stelle (seconda parte)

08/03/2018, 21:55

Alla luce dell'incoerenza di Salvini (MAI PIù con SILVIO) hanno fatto benissimo. Salvini è un politicante come i berlusconi ed i renzi non ci ha messo molto a rimangiarsi la parola. Fosse rimasto coerente magari nei pressi delle elezioni qualcosa si sarebbe potuto cucire ma non ha superato la prova. Pensa un pò fino a prima che si mettesse a 90 con Berlusconi l'avrei votato pure io come ho sempre dichiarato.

Purtroppo non ha superato la prova Di Battista (come la chiamo io) restare coerenti anche rischiando qualcosa di proprio e quindi è finito nel mio calderone dei politicanti ciarlatani. Se poi ci mettiamo le idiozie sui migranti direi che non mi sono sbagliato di molto.

Re: Movimento 5 Stelle (seconda parte)

08/03/2018, 21:59

greenwarrior ha scritto:Ritorno alla solita domanda. Perchè Grillo e Di Maio hanno rifiutato un incontroconfronto con la Lega, quando non esisteva ancora un accordo con il nano ?

La risposta è alquanto semplice: perché i 5 Stelle si sono sempre ritenuti i primi della classe e specie dopo la vittoria della Raggi e della Appendino si sono montati la testa, ma avevano anche alle spalle la linea dura e pura di Gianroberto Casaleggio. Sono più che certo che se Casaleggio padre fosse ancora vivo i 5 Stelle tanti cambiamenti non li avrebbero avuti. Ma io conoscendoli sono ben felice che non ci siano stati accordi con Salvini perché se un governo-alleanze 5 Stelle/Lega avesse fatto cilecca dopo il Pd sarebbe ritornato più forte che mai e non ce li saremmo più tolti di torno. Invece adesso i 5 Stelle dovranno sudare 7 camicie per metter su uno straccio di governo senza la certezza che duri mentre nel contempo Salvini tesserà la tela di un governissimo di Centrodestra che avrà la sua rivincita su tutti e darà certezze all'Italia.

Re: Movimento 5 Stelle (seconda parte)

08/03/2018, 22:20

Immagine

Re: Movimento 5 Stelle (seconda parte)

09/03/2018, 03:43

sottovento ha scritto:Ma io conoscendoli sono ben felice che non ci siano stati accordi con Salvini perché se un governo-alleanze 5 Stelle/Lega avesse fatto cilecca dopo il Pd sarebbe ritornato più forte che mai e non ce li saremmo più tolti di torno. Invece adesso i 5 Stelle dovranno sudare 7 camicie per metter su uno straccio di governo senza la certezza che duri mentre nel contempo Salvini tesserà la tela di un governissimo di Centrodestra che avrà la sua rivincita su tutti e darà certezze all'Italia.




Un'alleanza Movimento 5 Stelle/Lega non sarebbe mai potuta esistere per diversi motivi.


Comunque,

Post inviato in questo thread il 31/03/2017, 14:39

sottovento ha scritto:Non sano più che inventarsi per dargli contro: Cia, Russi, prima la Raggi e prima ancora la storia di Quarto e per finire Pizzarotti. Non hanno capito che la gente li vota perché si è stufata di quella politica che ci ha ridotti come stiamo cioè in maniche di mutande. E non è un caso che tutte le volte che provano a montare uno scandalo sui 5 Stelle nei sondaggi essi anzicchè calare aumentano, segno che la gente ha capito l'andazzo. Oramai hanno il vento in poppa e rappresentano l'unico vero voto antisistema, anticasta chiamatelo come preferite ma soprattutto sono gli unici che non scendono a compromessi e non fanno alleanze altrimenti sarebbero come tutti gli altri.

Io penso che la storia si ripeterà, avete presente il successo di Berlusconi dopo Mani Pulite? ecco secondo me i 5 Stelle avranno un plebiscito analogo sperando che la maggior parte degli italiani abbiano aperto gli occhi su come gli altri hanno ridotto questo paese.




Esempio di come sono tutti gl'altri:

Il Senato con il salvataggio di Minzolini viola il principio di legalità


Alcuni giorni fa in Senato, PD, NCD, FI e Lega Nord hanno salvato dalla decadenza il Sen. Minzolini, nonostante su di lui penda sin dal 2015 una sentenza di condanna definitiva per peculato e l'interdizione dai pubblici uffici. Avrebbero dovuto solo applicare la Legge Severino ed invece l'hanno palesemente violata. Così come è stato violato il principio costituzionale dell'eguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge. Abbiamo chiesto, dunque, al Prof. Valerio Onida (giurista italiano, Giudice della Corte Costituzionale dal 1996 al 2005, Presidente della Corte Costituzionale dal 2004 al 2005 e professore di Diritto Costituzionale presso l'Università degli Studi di Milano) quali fossero le sue osservazioni in merito alla decisione del Senato. Ecco la sua risposta che pubblichiamo integralmente. Ringraziamo il Prof. Onida per la sua disponibilità.


di Valerio Onida
¯
Il voto del Senato sulla decadenza del sen Minzolini è ovviamente legittimo sul piano formale (a ciò era chiamata l’aula, dopo l’istruttoria e la proposta della Giunta delle elezioni, come sempre accade quando si tratta di dirimere una questione di ineleggibilità: art. 66 Cost.): ma nella sostanza si è trattato di una delibera contraria alla legge (al decreto legislativo emanato in base alla legge “Severino”), e che contraddice perciò questa legge pur approvata a suo tempo dal Parlamento.

Infatti la legge dice che “non possono essere candidati e non possono comunque ricoprire la carica di deputato e di senatore”, fra l’altro, “coloro che hanno riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione” per delitti commessi da pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione. Si tratta dunque di una causa sopravvenuta di ineleggibilità prevista dalla legge, e al Senato spettava solo accertarla e trarne le conseguenze dichiarando la decadenza del senatore condannato.
La legge dice ancora che quando la causa di “incandidabilità” sopravvenga “nel corso del mandato elettivo”, la Camera di appartenenza “delibera ai sensi dell’articolo 66 della Costituzione”: quello in base al quale ciascuna Camera giudica, fra l’altro, “delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità”.

Si dice: ma se è il Senato a giudicare, allora esso poteva decidere come voleva. No: “giudicare”, secondo la precisa terminologia dell’art. 66 della Costituzione, non vuole dire decidere discrezionalmente, ma dirimere una controversia concreta applicando la legge. Come fa ogni giudice, che è appunto “soggetto alla legge” (art. 101 della Costituzione). Cosa direste di un giudice che decidesse le cause di propria testa, secondo il proprio arbitrio, senza aver riguardo a ciò che prevede la legge?
Nel caso, la legge è chiarissima nello stabilire come presupposto della incandidabilità (ineleggibilità) sopravvenuta una cosa sola: l’esistenza di una sentenza definitiva, cioè non più impugnabile, del giudice penale che condanni l’interessato a una certa pena, per un certo tipo di reato. Questo il Senato era chiamato ad accertare, traendone obbligatoriamente, in caso di accertamento positivo, la conseguenza della dichiarazione di decadenza. Il Senato invece non ha negato che vi fosse il presupposto legale della decadenza: ha semplicemente rifiutato di dichiararla.

Che si trattasse di un vero e proprio giudizio, da condurre secondo la legge, risulta anche dal fatto che il procedimento si è svolto, come doveva, nel contraddittorio con l’interessato (il sen. Minzolini e il suo avvocato hanno infatti partecipato al procedimento davanti alla Giunta delle elezioni incaricata dell’istruttoria, sostenendo le loro tesi) e addirittura anche con colui che, se il sen. Minzolini fosse decaduto, avrebbe avuto diritto di subentrare a lui in Senato come primo dei non eletti nella stessa lista (il quale però ha rinunciato a comparire).

Ma allora perché affidare al Senato, anziché a un giudice “vero” (terzo e imparziale) la soluzione della controversia? Perché l’articolo 66 della Costituzione, in omaggio ad una antica tradizione, ha voluto assicurare al massimo grado l’autonomia delle Camere anche quando si tratta di dirimere controversie giuridiche riguardanti la loro composizione: perché in antico il Parlamento era geloso della propria indipendenza rispetto al Sovrano, da cui non erano del tutto indipendenti invece i giudici. Questa forma di autonomia è oggi un poco anacronistica, e infatti sarebbe auspicabile prevedere, per esempio, che a decidere in ultima istanza su tale tipo di questioni debba essere un organo imparziale, come la Corte costituzionale (riformando l’art. 66 della Costituzione). Ma ciò non significa comunque che oggi le Camere possano decidere (giudicare) su tali questioni secondo il loro arbitrio: anch’esse debbono applicare la legge che prevede i requisiti di eleggibilità e le cause di ineleggibilità sopravvenute.

Se poi il Parlamento non fosse più d’accordo su ciò che dispone la legge, la dovrebbe cambiare: non disapplicarla in un caso concreto, creando così una evidente ed ingiustificata disparità di trattamento rispetto ad altri casi simili (si pensi al caso Berlusconi).

In realtà almeno alcuni dei senatori che hanno votato contro la decadenza del sen. Minzolini – tra i quali si trovano persone, come il sen. Luigi Manconi, ben noti per il loro meritorio costante atteggiamento a difesa dei diritti fondamentali – devono essere incorsi in un equivoco: scambiando la votazione, a cui erano chiamati a partecipare in vista della applicazione della legge Severino, per un voto nel quale il Senato fosse chiamato a decidere liberamente, in base ad un apprezzamento discrezionale, e quindi anche ad un apprezzamento delle circostanze e dei modi in cui era intervenuta la condanna, se fosse o meno il caso di dichiarare la decadenza del sen. Minzolini.
Qualcuno infatti ha evocato il fumus persecutionis: cioè il sospetto, basato sull’esame degli atti giudiziari, che la condanna penale del sen. Minzolini sia stata il frutto non della corretta applicazione della legge, ma di una “persecuzione giudiziaria” magari collegata alla posizione politica del senatore: quindi una condanna ingiusta, non conseguente ad un equo processo.

Di fumus persecutionis si parla abitualmente quando le Camere sono chiamate ad esercitare la prerogativa, loro riconosciuta dalla Costituzione, di autorizzare o meno il compimento di atti giudiziari nei confronti di un loro componente. Fino al 1993 la Costituzione sottoponeva ogni iniziativa giudiziaria diretta a procedere penalmente nei confronti di un parlamentare alla preventiva autorizzazione a procedere della Camera di appartenenza: proprio a difesa assoluta dell’autonomia delle Camere e a difesa dei parlamentari da possibili iniziative giudiziarie “persecutorie”. In quel contesto, la Camera era chiamata a decidere discrezionalmente se autorizzare o meno il procedimento penale, in base al riscontrato o meno fumus persecutionis.

Dal 1993 la Costituzione è stata modificata, sull’onda degli scandali di Tangentopoli, eliminando la necessità dell’autorizzazione a procedere (ora quindi anche i parlamentari possono essere processati e condannati senza lo “scudo” prima apprestato dalla Costituzione). E’ rimasto però (art. 68 della Costituzione) il divieto per la giustizia di disporre l’arresto di un parlamentare, o una intercettazione a suo carico, senza l’autorizzazione della Camera di appartenenza: anche in questo caso si tratta di una determinazione discrezionale dell’assemblea, che è libera di concedere o di negare l’autorizzazione, valutando gli atti e ogni circostanza. Ma c’è una eccezione: non è richiesta l’autorizzazione per procedere all’arresto del parlamentare in esecuzione di una sentenza definitiva di condanna (o quando sia colto in flagranza nell’atto di commettere un delitto per il quale è prescritto l’arresto obbligatorio).

Dunque, in base alla Costituzione, quando interviene una sentenza definitiva della magistratura, che condanna un parlamentare a pena detentiva, la Camera di appartenenza non può impedirne l’arresto, nemmeno se ritenesse la sentenza di condanna “ingiusta”. Il che mostra come, di fronte alla pronuncia irrevocabile del giudice, nemmeno la prerogativa parlamentare possa consentire al componente di una Camera di sfuggire alle conseguenze che da essa derivano per legge. Paradossalmente, il sen Minzolini potrebbe essere arrestato, se la sua condanna comportasse l’esecuzione di una pena detentiva; senza che il Senato possa impedirlo: ma la sua decadenza dal seggio parlamentare è stata negata, nonostante che, in base alla legge, essa costituisca una conseguenza necessaria della stessa condanna.

In questo caso dunque non vi è luogo a parlare di fumus persecutionis, che potesse in ipotesi giustificare la delibera del Senato. C’è già la sentenza, ed essa è definitiva: non vi era da autorizzare niente, ma si trattava solo di trarre le conseguenze della applicazione rigorosa della legge, che comportava la decadenza.

Che dire allora dei dubbi che in Senato sono stati sollevati sulla correttezza del procedimento penale subìto dal sen. Minzolini e dunque sulla correttezza della condanna che ne è conseguita, dubbi che, a quanto è emerso, hanno persuaso alcuni senatori a negare la decadenza?

I dubbi si incentravano essenzialmente su due aspetti. Il primo era dato dal fatto che il sen. Minzolini, che era stato prosciolto in primo grado, è stato poi invece condannato in appello (con la conferma poi da parte della Corte di cassazione) senza però che la Corte d’appello ritenesse necessario riaprire l’istruttoria dibattimentale sentendo nuovamente i testimoni. Oggi la nostra legge processuale lo consente, quando il giudice d’appello ritenga che le risultanze di fatto siano interamente accertate e si tratti solo di valutarne la portata probatoria sulla base degli atti. C’è chi, forse con qualche ragione, contesta tale regola in nome della massima garanzia di un equo processo, e in Parlamento si è proposta sul punto una modifica. Ma è evidente che, allo stato, ciò non inficia in nulla gli effetti della sentenza definitiva, avallata dalla Cassazione.
Ancora, si è osservato che del collegio della Corte di appello che ha pronunciato la condanna del sen. Minzolini (poi avallata dalla Cassazione) faceva parte un magistrato che in passato era stato (ovviamente quando era collocato in aspettativa) sottosegretario in un Governo Prodi, manifestando così la sua posizione politica, si suppone, contraria a quella del gruppo in cui milita il sen. Minzolini. Non era stato però “ricusato” (l’imputato può ricusare il giudice che non appaia imparziale in base a precisi elementi definiti dalla legge) né aveva chiesto di potersi astenere dal giudizio per “gravi ragioni di convenienza”. Forse sarebbe stato meglio che il giudizio si fosse svolto senza la sua partecipazione. Ma, ancora una volta, tutto ciò non inficia in nulla, sul piano giuridico, la sentenza definitiva di condanna, che non è “sindacabile” da alcuna altra istanza, salvo l’eventuale ricorso dell’interessato alla Corte di Strasburgo.

In definitiva, non esisteva nessun motivo legalmente plausibile perché il Senato potesse rifiutarsi di applicare la legge. E invece questo è ciò che il Senato ha fatto, decidendo contro la decadenza del sen. Minzolini.
Non c’è rimedio? La decisione del Senato non è sindacabile davanti a nessun giudice comune. Peraltro, a questo punto logica vorrebbe che il Parlamento abrogasse la norma di legge che prevede la causa sopraggiunta di incandidabilità e dunque la decadenza nelle ipotesi in questione.

In astratto si potrebbe immaginare un conflitto di attribuzioni nei confronti del Senato che ha esorbitato dalle sue funzioni. Ma non si è realizzata la compromissione delle attribuzioni costituzionali di un altro potere dello Stato, che è il presupposto per poter sollevare il conflitto davanti alla Corte costituzionale. Infatti l’applicazione della legge sulla incandidabilità sopravvenuta non concerne le attribuzioni dell’autorità giudiziaria, né l’applicazione delle statuizioni di questa. Queste comportano di per sé solo l’esecuzione della pena, mentre la conseguenza ulteriore della condanna, che riguarda la perdita dell’eleggibilità e quindi la decadenza, non è una sanzione penale ma riguarda il diverso tema del venir meno delle condizioni alle quali la legge ha collegato il diritto di ricoprire e mantenere la carica elettiva.
Quindi nessun possibile conflitto: ma solo la presa d’atto di una violazione da parte del Senato del principio di legalità.

Che poi si possa porre il problema di prevenire e contrastare iniziative o atti di singole autorità giudiziarie suscettibili eventualmente di violare i principi dell’eguaglianza, dell’imparzialità e dell’equo processo, e l’obbligo di non utilizzare il potere giudiziario a fini politici di parte, è vero: e forse oggi il tema meriterebbe maggiore attenzione. Ma i rimedi non stanno nell’esercitare altri poteri violando la legge, né tanto meno nel costruire nuove forme di asservimento del potere giudiziario ai poteri politici: stanno, oltre che nell’impiego degli strumenti interni al sistema processuale, nel miglioramento delle leggi processuali; nella migliore formazione dei magistrati e nella organizzazione dell’apparato giudiziario, specie per quanto riguarda gli uffici delle Procure; nella sensibilità della politica e dell’opinione pubblica al tema delle garanzie e degli eventuali errori giudiziari; oltre che, se del caso, all’attivazione degli strumenti di controllo sovranazionali, come il ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo per violazione dei diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione europea.
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Fonte







Circa Minzolini, Salvini prova a cavarsela così:

29 marzo 2017


Minzolini, Salvini vs Travaglio: “Salvato perché condannato da ex politico”. La replica: “Falso, sentenza confermata da 5 giudici”


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“Ancora una volta il garantismo è diventato come il populismo, un mantra. Il garantismo non c’entra niente con una condanna in cassazione”.
È il commento del direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio a DiMartedì su La7, in merito al salvataggio dell’ex direttore del Tg1, Augusto Minzolini, dalla decadenza.

Immediata la replica del leader del Carroccio, Matteo Salvini. “Vi sentireste tranquilli se foste giudicati da qualcuno che ha fatto politica, si rimette la toga e giudica chi sta dal versante opposto?”.

Salvini chiede che un magistrato che ha fatto politica non torni più a indossare la toga .

”Quello che ha raccontato Salvini non è vero – contesta il direttore – Quello che ha giudicato Minzolini è stata una corte d’appello da tre magistrati, sentenza confermata in cassazione da cinque giudici che mai hanno fatto politica. Il giudice si poteva ricusare ma Minzolini non l’ha mai fatto, e non è il Parlamento che giudica le sentenze, altrimenti diventa un quarto grado di giudizio“.
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Fonte



CLICCARE QUI





sottovento ha scritto:... sperando che la maggior parte degli italiani abbiano aperto gli occhi su come gli altri hanno ridotto questo paese.



Certo, è piuttosto evidente che sottovento abbia ancora gl'occhi chiusi.

Oppure era tutta una pantomima.
In casi di questo tipo, si può dedurre solo una cosa:

Formato file: swf





Non è mia cattivaria (nel caso) ma ti vedo così (come la sequenza qui sopra).


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Lo sviluppo economico di cui ha bisogno l'Italia


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di Lorenzo Fioramonti
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Un governo del Movimento 5 Stelle non è più utopia, ma una concreta possibilità. Potremo finalmente costruire l’Italia ad alta Qualità della Vita che abbiamo sempre sognato. Per riuscirci occorre avere ben chiare le priorità, che elencherò in pochi punti:

- mettere al centro dell’economia lo Stato Innovatore, che indirizzi lo sviluppo del Paese nei settori strategici attraverso maggiori investimenti, corregga gli squilibri della finanza speculativa ed eroghi direttamente parte del credito alle imprese per mezzo di una Banca pubblica

- trasformare la politica industriale del Paese nella direzione dell’economia circolare, delle fonti rinnovabili e del decentramento energetico (autoproduzione e autoconsumo di energia)

- sostenere la domanda interna e le micro, piccole e medie imprese che investono localmente, abbassando la pressione fiscale (Irpef, Irap) e semplificando il rapporto dei contribuenti con l’Agenzia delle Entrate (abolizione di centinaia di leggi dannose come lo spesometro, il redditometro e gli studi di settore)

- creare, grazie ai tre pilastri precedenti, centinaia di migliaia di posti di lavoro stabili, in settori ad alto valore aggiunto e quindi ad alti salari

- incidere sul debito pubblico grazie alle maggiori entrate derivanti dalla crescita occupazionale e allo spostamento di decine di miliardi di spesa improduttiva su voci di bilancio ad alto rendimento

L'Italia può offrire al resto del mondo una visione pionieristica dello sviluppo, dove a contare sia la Qualità della Vita complessiva e non solo parametri di produzione incompleti come il Pil.
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Fonte

Re: Movimento 5 Stelle (seconda parte)

09/03/2018, 09:56

... [:302] Poveretti! (penso già alla fine che faranno una volta scoperti gli "altarini" ...!) [:246]

Re: Movimento 5 Stelle (seconda parte)

09/03/2018, 10:27


ARTISALL





sottovento ha scritto:Ma io conoscendoli sono ben felice che non ci siano stati accordi con Salvini perché se un governo-alleanze 5 Stelle/Lega avesse fatto cilecca dopo il Pd sarebbe ritornato più forte che mai e non ce li saremmo più tolti di torno. Invece adesso i 5 Stelle dovranno sudare 7 camicie per metter su uno straccio di governo senza la certezza che duri mentre nel contempo Salvini tesserà la tela di un governissimo di Centrodestra che avrà la sua rivincita su tutti e darà certezze all'Italia.




Un'alleanza Movimento 5 Stelle/Lega non sarebbe mai potuta esistere per diversi motivi.


Comunque,

Post inviato in questo thread il 31/03/2017, 14:39

sottovento ha scritto:Non sano più che inventarsi per dargli contro: Cia, Russi, prima la Raggi e prima ancora la storia di Quarto e per finire Pizzarotti. Non hanno capito che la gente li vota perché si è stufata di quella politica che ci ha ridotti come stiamo cioè in maniche di mutande. E non è un caso che tutte le volte che provano a montare uno scandalo sui 5 Stelle nei sondaggi essi anzicchè calare aumentano, segno che la gente ha capito l'andazzo. Oramai hanno il vento in poppa e rappresentano l'unico vero voto antisistema, anticasta chiamatelo come preferite ma soprattutto sono gli unici che non scendono a compromessi e non fanno alleanze altrimenti sarebbero come tutti gli altri.

Io penso che la storia si ripeterà, avete presente il successo di Berlusconi dopo Mani Pulite? ecco secondo me i 5 Stelle avranno un plebiscito analogo sperando che la maggior parte degli italiani abbiano aperto gli occhi su come gli altri hanno ridotto questo paese.




Esempio di come sono tutti gl'altri:

Il Senato con il salvataggio di Minzolini viola il principio di legalità


Alcuni giorni fa in Senato, PD, NCD, FI e Lega Nord hanno salvato dalla decadenza il Sen. Minzolini, nonostante su di lui penda sin dal 2015 una sentenza di condanna definitiva per peculato e l'interdizione dai pubblici uffici. Avrebbero dovuto solo applicare la Legge Severino ed invece l'hanno palesemente violata. Così come è stato violato il principio costituzionale dell'eguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge. Abbiamo chiesto, dunque, al Prof. Valerio Onida (giurista italiano, Giudice della Corte Costituzionale dal 1996 al 2005, Presidente della Corte Costituzionale dal 2004 al 2005 e professore di Diritto Costituzionale presso l'Università degli Studi di Milano) quali fossero le sue osservazioni in merito alla decisione del Senato. Ecco la sua risposta che pubblichiamo integralmente. Ringraziamo il Prof. Onida per la sua disponibilità.


di Valerio Onida
¯
Il voto del Senato sulla decadenza del sen Minzolini è ovviamente legittimo sul piano formale (a ciò era chiamata l’aula, dopo l’istruttoria e la proposta della Giunta delle elezioni, come sempre accade quando si tratta di dirimere una questione di ineleggibilità: art. 66 Cost.): ma nella sostanza si è trattato di una delibera contraria alla legge (al decreto legislativo emanato in base alla legge “Severino”), e che contraddice perciò questa legge pur approvata a suo tempo dal Parlamento.

Infatti la legge dice che “non possono essere candidati e non possono comunque ricoprire la carica di deputato e di senatore”, fra l’altro, “coloro che hanno riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione” per delitti commessi da pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione. Si tratta dunque di una causa sopravvenuta di ineleggibilità prevista dalla legge, e al Senato spettava solo accertarla e trarne le conseguenze dichiarando la decadenza del senatore condannato.
La legge dice ancora che quando la causa di “incandidabilità” sopravvenga “nel corso del mandato elettivo”, la Camera di appartenenza “delibera ai sensi dell’articolo 66 della Costituzione”: quello in base al quale ciascuna Camera giudica, fra l’altro, “delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità”.

Si dice: ma se è il Senato a giudicare, allora esso poteva decidere come voleva. No: “giudicare”, secondo la precisa terminologia dell’art. 66 della Costituzione, non vuole dire decidere discrezionalmente, ma dirimere una controversia concreta applicando la legge. Come fa ogni giudice, che è appunto “soggetto alla legge” (art. 101 della Costituzione). Cosa direste di un giudice che decidesse le cause di propria testa, secondo il proprio arbitrio, senza aver riguardo a ciò che prevede la legge?
Nel caso, la legge è chiarissima nello stabilire come presupposto della incandidabilità (ineleggibilità) sopravvenuta una cosa sola: l’esistenza di una sentenza definitiva, cioè non più impugnabile, del giudice penale che condanni l’interessato a una certa pena, per un certo tipo di reato. Questo il Senato era chiamato ad accertare, traendone obbligatoriamente, in caso di accertamento positivo, la conseguenza della dichiarazione di decadenza. Il Senato invece non ha negato che vi fosse il presupposto legale della decadenza: ha semplicemente rifiutato di dichiararla.

Che si trattasse di un vero e proprio giudizio, da condurre secondo la legge, risulta anche dal fatto che il procedimento si è svolto, come doveva, nel contraddittorio con l’interessato (il sen. Minzolini e il suo avvocato hanno infatti partecipato al procedimento davanti alla Giunta delle elezioni incaricata dell’istruttoria, sostenendo le loro tesi) e addirittura anche con colui che, se il sen. Minzolini fosse decaduto, avrebbe avuto diritto di subentrare a lui in Senato come primo dei non eletti nella stessa lista (il quale però ha rinunciato a comparire).

Ma allora perché affidare al Senato, anziché a un giudice “vero” (terzo e imparziale) la soluzione della controversia? Perché l’articolo 66 della Costituzione, in omaggio ad una antica tradizione, ha voluto assicurare al massimo grado l’autonomia delle Camere anche quando si tratta di dirimere controversie giuridiche riguardanti la loro composizione: perché in antico il Parlamento era geloso della propria indipendenza rispetto al Sovrano, da cui non erano del tutto indipendenti invece i giudici. Questa forma di autonomia è oggi un poco anacronistica, e infatti sarebbe auspicabile prevedere, per esempio, che a decidere in ultima istanza su tale tipo di questioni debba essere un organo imparziale, come la Corte costituzionale (riformando l’art. 66 della Costituzione). Ma ciò non significa comunque che oggi le Camere possano decidere (giudicare) su tali questioni secondo il loro arbitrio: anch’esse debbono applicare la legge che prevede i requisiti di eleggibilità e le cause di ineleggibilità sopravvenute.

Se poi il Parlamento non fosse più d’accordo su ciò che dispone la legge, la dovrebbe cambiare: non disapplicarla in un caso concreto, creando così una evidente ed ingiustificata disparità di trattamento rispetto ad altri casi simili (si pensi al caso Berlusconi).

In realtà almeno alcuni dei senatori che hanno votato contro la decadenza del sen. Minzolini – tra i quali si trovano persone, come il sen. Luigi Manconi, ben noti per il loro meritorio costante atteggiamento a difesa dei diritti fondamentali – devono essere incorsi in un equivoco: scambiando la votazione, a cui erano chiamati a partecipare in vista della applicazione della legge Severino, per un voto nel quale il Senato fosse chiamato a decidere liberamente, in base ad un apprezzamento discrezionale, e quindi anche ad un apprezzamento delle circostanze e dei modi in cui era intervenuta la condanna, se fosse o meno il caso di dichiarare la decadenza del sen. Minzolini.
Qualcuno infatti ha evocato il fumus persecutionis: cioè il sospetto, basato sull’esame degli atti giudiziari, che la condanna penale del sen. Minzolini sia stata il frutto non della corretta applicazione della legge, ma di una “persecuzione giudiziaria” magari collegata alla posizione politica del senatore: quindi una condanna ingiusta, non conseguente ad un equo processo.

Di fumus persecutionis si parla abitualmente quando le Camere sono chiamate ad esercitare la prerogativa, loro riconosciuta dalla Costituzione, di autorizzare o meno il compimento di atti giudiziari nei confronti di un loro componente. Fino al 1993 la Costituzione sottoponeva ogni iniziativa giudiziaria diretta a procedere penalmente nei confronti di un parlamentare alla preventiva autorizzazione a procedere della Camera di appartenenza: proprio a difesa assoluta dell’autonomia delle Camere e a difesa dei parlamentari da possibili iniziative giudiziarie “persecutorie”. In quel contesto, la Camera era chiamata a decidere discrezionalmente se autorizzare o meno il procedimento penale, in base al riscontrato o meno fumus persecutionis.

Dal 1993 la Costituzione è stata modificata, sull’onda degli scandali di Tangentopoli, eliminando la necessità dell’autorizzazione a procedere (ora quindi anche i parlamentari possono essere processati e condannati senza lo “scudo” prima apprestato dalla Costituzione). E’ rimasto però (art. 68 della Costituzione) il divieto per la giustizia di disporre l’arresto di un parlamentare, o una intercettazione a suo carico, senza l’autorizzazione della Camera di appartenenza: anche in questo caso si tratta di una determinazione discrezionale dell’assemblea, che è libera di concedere o di negare l’autorizzazione, valutando gli atti e ogni circostanza. Ma c’è una eccezione: non è richiesta l’autorizzazione per procedere all’arresto del parlamentare in esecuzione di una sentenza definitiva di condanna (o quando sia colto in flagranza nell’atto di commettere un delitto per il quale è prescritto l’arresto obbligatorio).

Dunque, in base alla Costituzione, quando interviene una sentenza definitiva della magistratura, che condanna un parlamentare a pena detentiva, la Camera di appartenenza non può impedirne l’arresto, nemmeno se ritenesse la sentenza di condanna “ingiusta”. Il che mostra come, di fronte alla pronuncia irrevocabile del giudice, nemmeno la prerogativa parlamentare possa consentire al componente di una Camera di sfuggire alle conseguenze che da essa derivano per legge. Paradossalmente, il sen Minzolini potrebbe essere arrestato, se la sua condanna comportasse l’esecuzione di una pena detentiva; senza che il Senato possa impedirlo: ma la sua decadenza dal seggio parlamentare è stata negata, nonostante che, in base alla legge, essa costituisca una conseguenza necessaria della stessa condanna.

In questo caso dunque non vi è luogo a parlare di fumus persecutionis, che potesse in ipotesi giustificare la delibera del Senato. C’è già la sentenza, ed essa è definitiva: non vi era da autorizzare niente, ma si trattava solo di trarre le conseguenze della applicazione rigorosa della legge, che comportava la decadenza.

Che dire allora dei dubbi che in Senato sono stati sollevati sulla correttezza del procedimento penale subìto dal sen. Minzolini e dunque sulla correttezza della condanna che ne è conseguita, dubbi che, a quanto è emerso, hanno persuaso alcuni senatori a negare la decadenza?

I dubbi si incentravano essenzialmente su due aspetti. Il primo era dato dal fatto che il sen. Minzolini, che era stato prosciolto in primo grado, è stato poi invece condannato in appello (con la conferma poi da parte della Corte di cassazione) senza però che la Corte d’appello ritenesse necessario riaprire l’istruttoria dibattimentale sentendo nuovamente i testimoni. Oggi la nostra legge processuale lo consente, quando il giudice d’appello ritenga che le risultanze di fatto siano interamente accertate e si tratti solo di valutarne la portata probatoria sulla base degli atti. C’è chi, forse con qualche ragione, contesta tale regola in nome della massima garanzia di un equo processo, e in Parlamento si è proposta sul punto una modifica. Ma è evidente che, allo stato, ciò non inficia in nulla gli effetti della sentenza definitiva, avallata dalla Cassazione.
Ancora, si è osservato che del collegio della Corte di appello che ha pronunciato la condanna del sen. Minzolini (poi avallata dalla Cassazione) faceva parte un magistrato che in passato era stato (ovviamente quando era collocato in aspettativa) sottosegretario in un Governo Prodi, manifestando così la sua posizione politica, si suppone, contraria a quella del gruppo in cui milita il sen. Minzolini. Non era stato però “ricusato” (l’imputato può ricusare il giudice che non appaia imparziale in base a precisi elementi definiti dalla legge) né aveva chiesto di potersi astenere dal giudizio per “gravi ragioni di convenienza”. Forse sarebbe stato meglio che il giudizio si fosse svolto senza la sua partecipazione. Ma, ancora una volta, tutto ciò non inficia in nulla, sul piano giuridico, la sentenza definitiva di condanna, che non è “sindacabile” da alcuna altra istanza, salvo l’eventuale ricorso dell’interessato alla Corte di Strasburgo.

In definitiva, non esisteva nessun motivo legalmente plausibile perché il Senato potesse rifiutarsi di applicare la legge. E invece questo è ciò che il Senato ha fatto, decidendo contro la decadenza del sen. Minzolini.
Non c’è rimedio? La decisione del Senato non è sindacabile davanti a nessun giudice comune. Peraltro, a questo punto logica vorrebbe che il Parlamento abrogasse la norma di legge che prevede la causa sopraggiunta di incandidabilità e dunque la decadenza nelle ipotesi in questione.

In astratto si potrebbe immaginare un conflitto di attribuzioni nei confronti del Senato che ha esorbitato dalle sue funzioni. Ma non si è realizzata la compromissione delle attribuzioni costituzionali di un altro potere dello Stato, che è il presupposto per poter sollevare il conflitto davanti alla Corte costituzionale. Infatti l’applicazione della legge sulla incandidabilità sopravvenuta non concerne le attribuzioni dell’autorità giudiziaria, né l’applicazione delle statuizioni di questa. Queste comportano di per sé solo l’esecuzione della pena, mentre la conseguenza ulteriore della condanna, che riguarda la perdita dell’eleggibilità e quindi la decadenza, non è una sanzione penale ma riguarda il diverso tema del venir meno delle condizioni alle quali la legge ha collegato il diritto di ricoprire e mantenere la carica elettiva.
Quindi nessun possibile conflitto: ma solo la presa d’atto di una violazione da parte del Senato del principio di legalità.

Che poi si possa porre il problema di prevenire e contrastare iniziative o atti di singole autorità giudiziarie suscettibili eventualmente di violare i principi dell’eguaglianza, dell’imparzialità e dell’equo processo, e l’obbligo di non utilizzare il potere giudiziario a fini politici di parte, è vero: e forse oggi il tema meriterebbe maggiore attenzione. Ma i rimedi non stanno nell’esercitare altri poteri violando la legge, né tanto meno nel costruire nuove forme di asservimento del potere giudiziario ai poteri politici: stanno, oltre che nell’impiego degli strumenti interni al sistema processuale, nel miglioramento delle leggi processuali; nella migliore formazione dei magistrati e nella organizzazione dell’apparato giudiziario, specie per quanto riguarda gli uffici delle Procure; nella sensibilità della politica e dell’opinione pubblica al tema delle garanzie e degli eventuali errori giudiziari; oltre che, se del caso, all’attivazione degli strumenti di controllo sovranazionali, come il ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo per violazione dei diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione europea.
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Circa Minzolini, Salvini prova a cavarsela così:

29 marzo 2017


Minzolini, Salvini vs Travaglio: “Salvato perché condannato da ex politico”. La replica: “Falso, sentenza confermata da 5 giudici”


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“Ancora una volta il garantismo è diventato come il populismo, un mantra. Il garantismo non c’entra niente con una condanna in cassazione”.
È il commento del direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio a DiMartedì su La7, in merito al salvataggio dell’ex direttore del Tg1, Augusto Minzolini, dalla decadenza.

Immediata la replica del leader del Carroccio, Matteo Salvini. “Vi sentireste tranquilli se foste giudicati da qualcuno che ha fatto politica, si rimette la toga e giudica chi sta dal versante opposto?”.

Salvini chiede che un magistrato che ha fatto politica non torni più a indossare la toga .

”Quello che ha raccontato Salvini non è vero – contesta il direttore – Quello che ha giudicato Minzolini è stata una corte d’appello da tre magistrati, sentenza confermata in cassazione da cinque giudici che mai hanno fatto politica. Il giudice si poteva ricusare ma Minzolini non l’ha mai fatto, e non è il Parlamento che giudica le sentenze, altrimenti diventa un quarto grado di giudizio“.
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sottovento ha scritto:... sperando che la maggior parte degli italiani abbiano aperto gli occhi su come gli altri hanno ridotto questo paese.



Certo, è piuttosto evidente che sottovento abbia ancora gl'occhi chiusi.

Oppure era tutta una pantomima.
In casi di questo tipo, si può dedurre solo una cosa:

Formato file: swf





Non è mia cattivaria (nel caso) ma ti vedo così (come la sequenza qui sopra).


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Lo sviluppo economico di cui ha bisogno l'Italia


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di Lorenzo Fioramonti
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Un governo del Movimento 5 Stelle non è più utopia, ma una concreta possibilità. Potremo finalmente costruire l’Italia ad alta Qualità della Vita che abbiamo sempre sognato. Per riuscirci occorre avere ben chiare le priorità, che elencherò in pochi punti:

- mettere al centro dell’economia lo Stato Innovatore, che indirizzi lo sviluppo del Paese nei settori strategici attraverso maggiori investimenti, corregga gli squilibri della finanza speculativa ed eroghi direttamente parte del credito alle imprese per mezzo di una Banca pubblica

- trasformare la politica industriale del Paese nella direzione dell’economia circolare, delle fonti rinnovabili e del decentramento energetico (autoproduzione e autoconsumo di energia)

- sostenere la domanda interna e le micro, piccole e medie imprese che investono localmente, abbassando la pressione fiscale (Irpef, Irap) e semplificando il rapporto dei contribuenti con l’Agenzia delle Entrate (abolizione di centinaia di leggi dannose come lo spesometro, il redditometro e gli studi di settore)

- creare, grazie ai tre pilastri precedenti, centinaia di migliaia di posti di lavoro stabili, in settori ad alto valore aggiunto e quindi ad alti salari

- incidere sul debito pubblico grazie alle maggiori entrate derivanti dalla crescita occupazionale e allo spostamento di decine di miliardi di spesa improduttiva su voci di bilancio ad alto rendimento

L'Italia può offrire al resto del mondo una visione pionieristica dello sviluppo, dove a contare sia la Qualità della Vita complessiva e non solo parametri di produzione incompleti come il Pil.
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GRANDISSIMO ARTISALL



zio ot [:305]
Ultima modifica di barionu il 09/03/2018, 10:29, modificato 1 volta in totale.
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