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MessaggioInviato: 26/08/2010, 17:51 
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Sirius ha scritto:
se continuano così altro che guerra civile in America,
metteranno la legge marziale!


Infatti è proprio con questo tema
che è partito questo topic.... [;)]

http://www.ufoforum.it/topic.asp?TOPIC_ ... hichpage=1



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"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

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MessaggioInviato: 26/08/2010, 18:19 
Da non dimenticare l'impegno delle due guerre in corso (anche se in Irak sta finendo):




Il prezzo della guerra.


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La guerra in Iraq e in Afghanistan è costata mille miliardi di dollari agli Stati Uniti finora! .

Le operazioni militari americane costano sempre di più, ma il loro impatto sul pil è notevolmente diminuito
25 luglio 2010 | Mondo

La guerra in Iraq e in Afghanistan è costata mille miliardi di dollari agli Stati Uniti fin qui: seconda solo al costo della seconda guerra mondiale (quattromila miliardi di dollari), quando gli Stati Uniti combattevano su tre continenti contemporaneamente. Il New York Times analizza i risultati dell’ultimo rapporto sulla guerra in Iraq e Afghanistan del “Congressional Research Center” e prova a spiegare perché i conflitti militari sono diventati più cari.

Le nuove tecnologie impiegate sono la risposta più ovvia al perché due guerre relativamente piccole (sebbene prolungate) come quella in Iraq e in Afghanistan sono così costose. Come ha evidenziato il rapporto, le armi più sofisticate usate durante la guerra d’indipendenza americana come una fregata a 36 cannoni non sono paragonabili a un cacciatorpediniere odierno da 3.5 miliardi di dollari.

Lo studio ha anche sottolineato un’altra differenza importante. Nel 2008, l’anno in cui gli Stati Uniti hanno speso di più per la guerra in Iraq e in Afghanistan, il costo totale ammontava solo all’1,2 per cento del prodotto interno lordo; durante il picco di spesa della seconda guerra mondiale invece – intorno al 1945 – il costo ammontava a quasi il 36 per cento del prodotto interno lordo. Una differenza che può essere spiegata solo con l’enorme crescita economica degli Stati Uniti negli ultimi 65 anni. E una differenza che secondo alcuni osservatori potrebbe avere delle ripercussioni politiche molto pericolose.

«L’esercito è in guerra, ma il paese no» dice David M. Kennedy, storico della Università di Stanford «siamo riusciti a creare una forza armata che può essere impegnata in un conflitto molto molto letale senza che la società per cui sta combattendo se ne renda conto. Il risultato è che i politici in questo modo possono avventurarsi in iniziative militari contando sul fatto che la società civile non ne sarà troppo disturbata».

Anche se si guarda al costo per ogni soldato, la guerra che gli Stati Uniti stanno combattendo in questo momento è la più pesante di sempre. Todd Harrison, ricercatore del “Center for Strategic and Budgetary Assessments“, stima che il costo annuale per ogni soldato impiegato nella guerra in Afghanistan sia di 1,1 milioni di dollari contro i 67.000 dollari all’anno della seconda guerra mondiale e i 132.000 dollari all’anno della guerra in Vietnam. Oltre al fattore tecnologico, molto incidono anche le spese per i trasferimenti delle attrezzature militari in un territorio difficilmente accessibile come quello dell’Afghanistan e le spese necessarie a mantenere ben allenati e ben pagati i militari. «Non stiamo più prendendo ragazzi dalle strade e mandandoli in guerra a combattere come facevamo in passato», spiega Harrison.

http://www.ilpost.it/2010/07/25/il-prezzo-della-guerra/



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MessaggioInviato: 27/08/2010, 17:20 
Barroso: difficoltà sui conti pubblici in Italia
Bernanke, crescita Usa lenta ma nel 2011 migliorerà.
Pil americano meglio delle attese


27 agosto, 17:01

Immagine

Fonte:
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche ... 49577.html

RIMINI - L'Italia, sul fronte della crisi, "per alcuni aspetti è messa meglio di altri Paesi: ha un sistema bancario solido, non ha problemi di debito privato, un livello di concorrenza forte in diversi settori, un livello di disoccupazione stabile". Ma, avverte il presidente della Commissione Europea José Manuel Durao Barroso, ha "grosse difficoltà sul debito pubblico e sul deficit di bilancio, e credo che su questo ci sarà molto da lavorare per ripristinare la fiducia".

PIL USA MEGLIO DELLE ATTESE - E' salito più del previsto (1,6% rispetto a stime di 1,3%-1,4%) il Pil Usa nel secondo trimestre. Il dato, al ribasso rispetto alla prima stima di 2,4%, ha dato fiato alle Borse in sofferenza per tutta la mattinata.

Dai dati diffusi dal Dipartimento del commercio emerge che i consumi nel secondo trimestre sono saliti del 2%, più dell'1,6% previsto in precedenza. Le importazioni sono salite del 32,4%, più del 28,8% della prima stima, a fronte di un calo delle importazioni del 9,1%. Gli investimenti aziendali in apparecchiature e software sono aumentati del 17,6% rispetto a una stima iniziale di +21,9%. I profitti delle aziende sono saliti di un modesto 0,1%, dopo il +11,4% del primo trimestre.

BERNANKE, CRESCITA LENTA MA NEL 2011 MIGLIORA - La Fed farà tutto il possibile per assicurare la ripresa economica: il Fomc è pronto a fare di più se sarà necessario. Lo afferma il presidente della Fed Ben Bernanke.

La crescita di recente è stata "meno vigorosa di quanto ci aspettassimo" ma ci sono le "precondizioni" per un'accelerazione nel 2011, ha ggiunto il presidente della Fed.

Sul mercato del lavoro si assisterà a una "dolorosamente lenta ripresa", ha anche detto Bernanke.

La Fed ha gli strumenti necessari per sostenere la crescita - ha spiegato - e combattere la disinflazione. Bernanke ha sottolineato come al momento ci sono bassi rischi per "indesiderabile inflazione o disinflazione".

I banchieri centrali da soli non possono risolvere i problemi economici, ha detto il presidente della Fed mettendo in evidenza come "la ripresa economica è lontano dall'essere completata. Gli squilibri globali restano un problema, il credito resta stretto, la crescita è stata troppo lenta e l'occupazione troppo elevata".



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MessaggioInviato: 27/08/2010, 21:49 
Barroso farebbe meglio a pensare al suo Portogallo e ai suoi cugini spagnoli con le pezze al c...

[;)]



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MessaggioInviato: 29/08/2010, 18:13 
Cita:
rmnd ha scritto:

Barroso farebbe meglio a pensare al suo Portogallo
e ai suoi cugini spagnoli con le pezze al c...

[;)]


Guarda che.... dopo il Portogallo e la Spagna ci siamo noi eh? [:D]



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"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

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MessaggioInviato: 29/08/2010, 18:17 
SFUGGIRE ALLA TRAPPOLA DEL DEBITO SOVRANO

ago 26th, 2010

DI ELLEN BROWN
webofdebt.wordpress.com

Immagine

Fonte:
http://www.altrainformazione.it/wp/2010 ... o-sovrano/

L’attuale crisi del credito è sostanzialmente una crisi del capitale: in un periodo in cui le banche sono carenti del capitale necessario per garantire i prestiti erogati, vengono innalzati i requisiti sul capitale. Quasi un secolo fa, la Commonwealth Bank of Australia dimostrò che le banche, in realtà, non hanno bisogno di capitale per erogare prestiti – fintanto che il loro credito viene garantito dal governo. Denison Miller, il primo governatore della banca, amava dire che la banca non aveva bisogno di capitale perché “è garantita dalla ricchezza e dal credito dell’Australia intera”. Con nient’altro che questo potere del credito nazionale, la Commonwealth Bank finanziò sia enormi progetti infrastrutturali che la partecipazione del paese alla Prima Guerra Mondiale.
Il presidente John Adams viene citato per aver detto: “Ci sono due modi per conquistare e schiavizzare una nazione. Uno è con le spade, l’altro è con il debito”. Oggi le maggiori conquiste avvengono sul campo di battaglia del debito, una guerra che sta imperversando a livello globale. Il debito costringe i cittadini a cadere nella schiavitù finanziaria nei confronti delle banche e costringe i governi a cedere la sovranità ai creditori, che alla fine sono banche private, artefici di tutto il denaro non in contanti odierno. In Gran Bretagna, dove la Banca d’Inghilterra è di proprietà del governo, il 97% dell’offerta monetaria viene emessa privatamente dalle banche sotto forma di prestiti. Negli Stati Uniti, dove la banca centrale è di proprietà di un consorzio privato di banche, la percentuale è addirittura maggiore. La Federal Reserve emette Banconote della Federal Reserve (vale a dire banconote di dollari) e le presta alle altre banche, che a loro volta le prestano ad interesse ai cittadini, alle imprese, ai governi locali e al governo federale.
Questo è vero oggi ma in passato ci sono stati dei modelli di successo nei quali il governo stesso emetteva la moneta nazionale, sia sotto forma di banconote che di credito della nazione. Un esempio lampante di questo approccio illuminato al denaro e al credito fu la Commonwealth Bank of Australia, che operò con ottimi risultati come banca di proprietà del governo per la maggior parte del ventesimo secolo. Invece di emettere “debito sovrano” – obbligazioni federali che indebitano la nazione facendole pagare interessi all’infinito – il governo, tramite la Commonwealth Bank, emetteva “credito sovrano”, credito che la nazione anticipava al governo e ai suoi organi costitutivi.
I risultati della banca furono particolarmente rilevanti considerando il fatto che nel corso dei primi otto anni, dal 1912 al 1920, non aveva la facoltà di emettere la moneta nazionale ed operava senza un capitale iniziale. Sir Denison Miller, governatore della banca dalla sua creazione nel 1912 al 1923, fu citato sulla stampa australiana il 7 luglio 1921 per aver detto: “Vi sono le intere risorse dell’Australia dietro a questa banca. Questo continente è forte, e forte sarà la Commonwealth Bank. Potrà essere realizzata qualsiasi cosa che i cittadini australiani concepiranno in modo intelligente e appoggeranno in modo leale”.
Non si trattava solamente di strombazzate giornalistiche. In un articolo del 2001 dal titolo “Come viene creato il denaro in Australia”, David Kiss scrisse in merito ai primi risultati raggiunti dalla banca:
“La Commonwealth Bank, costituita dal governo australiano, raggiunse risultati sorprendenti mentre era ancora la banca “del popolo”, prima di venire paralizzata da successive decisioni del governo e, infine, venduta. In un periodo in cui le banche private chiedevano un 6% di interesse per i prestiti, la Commonwealth Bank finanziò gli sforzi bellici australiani della Prima Guerra Mondiale dal 1914 al 1919 con un prestito di 700.000.000 di dollari ad un tasso di interesse inferiore all’1%, facendo quindi risparmiare agli Australiani qualcosa come 12 milioni di dollari di oneri bancari. Nel 1916 rese disponibili dei fondi a Londra per l’acquisto di 15 piroscafi mercantili per sostenere le crescenti esportazioni dell’Australia. Fino al 1924 i benefici che ricadevano sulla popolazione australiana grazie alla loro banca erano costanti. La banca finanziò consorzi per il commercio di frutta e marmellate fino a 3 milioni di dollari, trovò 8 milioni di dollari per le abitazioni australiane mentre ai governi locali, per la costruzione di strade, linee tranviarie, porti, gasdotti, centrali di energia elettrica e via dicendo erogò prestiti per 18,72 milioni di dollari. Pagò 6,194 milioni di dollari al governo del Commonwealth tra il dicembre 1920 e il giugno 1923 – i profitti del suo Dipartimento per l’Emissione di Banconote – mentre nel 1924 aveva realizzato da sola utili per 9 milioni di dollari, disponibili per riscattare il debito. Il governatore della banca dalla mentalità così indipendente, Sir Denison Miller, utilizzò il potere di credito della banca dopo la Prima Guerra Mondiale per salvare gli australiani dalla situazione di depressione che veniva imposta negli altri paesi… Nel 1931 fusioni con altre banche trasformarono la Commonwealth Bank nel più grande istituto di risparmio d’Australia, catturando il 60% dei risparmi della nazione”.

Sfruttare il potere segreto del sistema bancario per il bene pubblico
La Banca del Commonwealth fu in grado di raggiungere simili risultati con così poco perché sia il suo primo governatore, Denison Miller, che il suo primo e più fervido sostenitore, King O’Malley, erano loro stessi dei banchieri e conoscevano il segreto del sistema bancario: le banche creano il “denaro” che prestano annotando semplicemente delle voci contabili nei conti di deposito dei mutuatari.
Questo segreto bancario fu confermato da un certo numero di vecchi addetti ai lavori nell’ambiente bancario. Nel 1998, in un documento intitolato “Manufacturing Money”, l’economista australiano Mike Mansfield citò Reginald McKenna, ex Ministro del Tesoro britannico, che dichiarava agli azionisti della Midland Bank il 25 gennaio 1924: “Temo che al cittadino comune non piacerà il fatto che gli venga detto che le banche possono creare e distruggere il denaro. La quantità di denaro in circolazione varia solamente grazie all’azione delle banche che aumentano o diminuiscono i depositi e operano acquisti bancari. Sappiamo come avviene tutto questo. Ogni prestito, ogni fido, ogni acquisto bancario crea un deposito e ogni estinzione di un prestito, di un fido o di una vendita bancaria distrugge un deposito”.
Il dottor Coombs, ex governatore della Reserve Bank of Australia, affermò in un discorso ufficiale presso l’Università del Queensland il 15 settembre 1954: “Quando una banca presta denaro, questo passa nelle mani della persona che lo prende a prestito senza che nessuno ci perda alcunché. Ogni volta che una banca presta denaro vi è di conseguenza un aumento della quantità totale di denaro a disposizione”.
Ralph Hawtrey, assistente del Sottosegretario al Tesoro britannico negli anni Trenta, scrisse in Trade Depression and the Way Out: “Quando una banca presta denaro, crea questo denaro dal nulla”. Nel suo libro intitolato The Art of Central Banking, Hawtrey spiega meglio questo concetto: “Quando una banca presta denaro, crea credito. Rispetto al prestito che viene inserito nella sezione delle attività, esiste un deposito inserito nella sezione delle passività. Ma gli altri prestatori non hanno il potere mistico di creazione dal nulla del mezzo di pagamento. Ciò che prestano deve essere denaro che hanno acquisito attraverso le loro attività economiche”.
Le banche possono fare quello che nessun altro può fare: “creare dal nulla il mezzo di pagamento”. I lungimiranti fondatori della Commonwealth Bank combinarono questo segreto bancario ben custodito con il servizio pubblico.

Il crollo bancario genera un nuovo modello di banca pubblica
La Commonwealth Bank fu fondata in una situazione simile a quella di oggi: il paese aveva da poco subito un enorme tracollo del sistema bancario. Negli anni novanta dell’Ottocento, tuttavia, non esistevano le garanzie da parte dell’FDIC, non c’era la previdenza sociale, non c’erano gli ammortizzatori sociali per i disoccupati che potessero attutire il colpo. La gente che pensava di passarsela bene improvvisamente si trovò a non avere più nulla. Non potevano ritirare i propri risparmi, emettere assegni o vendere i propri prodotti o le proprie abitazioni dato che non c’era più denaro con cui acquistarli. Cittadini disperati si gettavano nel vuoto dai ponti o si buttavano sotto ai treni.
Qualcosa doveva essere fatto.
La risposta del governo laburista fu quella di approvare un disegno di legge nel 1911 che comprendeva una norma per una banca di proprietà pubblica che sarebbe stata garantita dei beni del governo. Con un’iniziativa rara per quei tempi, la banca avrebbe avuto un’attività sia di risparmio che di gestione bancaria generale. Era anche la prima banca australiana a ricevere una garanzia del governo federale.
Jack Lang era il ministro del Tesoro australiano nel governo laburista del 1920-21 e primo ministro del Nuovo Galles del Sud nel corso della Grande Depressione. Figura controversa, fu sollevato dall’incarico dopo essersi rifiutato di ripagare prestiti contratti con i banchieri di Londra. Nel libro The Great Bust: The Depression of the Thirties (McNamara’s Books, Katoomba, 1962), Lang descrisse i trionfi e le tribolazioni della Commonwealth Bank con dettagli significativi:
“Il Partito Laburista decise che una banca nazionale, garantita dei beni del governo, non fallirebbe in periodi di tensione finanziaria. Si rese anche conto che una simile banca sarebbe stata una garanzia per la disponibilità di fondi per la costruzione di case ed altre necessità. Dopo il crollo delle imprese edili, c’era una grande scarsità di denaro per simili attività”.
“… Principale sostenitore della causa di una Banca del Commonwealth era King O’Malley, un pittoresco americano-canadese … prima di arrivare in Australia aveva lavorato in una piccola banca di New York, di proprietà di uno zio… era rimasto molto colpito dal modo in cui lo zio aveva creato il credito. Una banca poteva creare il credito, e allo stesso tempo fabbricare il debito per equilibrarlo. Questa fu la grande scoperta della carriera bancaria di O’Malley. Imbonitore nato, aveva una voglia sfrenata di fare le cose in grande. Iniziò la sua carriera politica nell’Australia meridionale sostenendo una banca commerciale. Nel 1901 fu eletto nel primo Parlamento Federale come monogruppo di pressione per costituire una banca del Commowealth, e aderì al Partito Laburista con questa intenzione”.
King O’Malley insisteva sul fatto che la Commonwealth Bank dovesse avere il controllo dell’emissione delle proprie banconote ma tutti i suoi sforzi furono vani – fino al 1920, quando la banca rilevò l’emissione della valuta nazionale, come fu autorizzata a fare nel 1913 la Federal Reserve negli Stati Uniti. Questo rappresentò l’inizio del potere come banca centrale della Commonwealth Bank. Ma già prima di avere questo potere la banca era in grado di finanziare su vasta scala le infrastrutture e l’apparato militare, e lo aveva fatto senza avere un capitale iniziale. Questi risultati furono dovuti principalmente all’intuito e all’audacia del primo governatore della banca, Denison Miller.
Gli altri banchieri, temendo la concorrenza, avevano pensato che l’inserimento di uno dei propri uomini come governatore della banca potesse tenerla in riga. Ma non avevano fatto i conti con il loro rappresentante indipendente, che aveva visto l’opportunità di una banca garantita dal governo e si preparò per renderla il migliore istituto che il paese avesse mai conosciuto. Così Lang racconta la vicenda:
“La prima prova arrivò quando fu necessario prendere una decisione riguardo al capitale necessario per avviare una banca di quel genere. Secondo la legge, il Commonwealth aveva il diritto di vendere ed emettere titoli obbligazionari per un totale di 1 milione di sterline. Alcuni avevano addirittura pensato che quella somma sarebbe stata insufficiente, considerando quello che era accaduto nel 1893…”
“Quando Denison Miller lo venne a sapere, la sua risposta fu che non era necessario alcun capitale”.
Miller si guardò bene dall’andare dai politici a chiedere soldi. Poteva farcela senza un capitale. Come King O’Malley, sapeva come funzionava il sistema bancario (tutto questo, ovviamente, avveniva prima degli attuali requisiti sul capitale imposti da oltre frontiera dalla banca delle banche centrali, la Banca per i Regolamenti Internazionali). Lang continua:
“Miller era l’unico dipendente. Aveva trovato un piccolo ufficio… e aveva chiesto al Tesoro un anticipo di 10.000 sterline. Questa fu probabilmente la prima e unica volta che il Commonwealth prestò alla banca dei soldi. Dal quel momento in poi, tutto andò nella direzione opposta”.
“… Nel gennaio 1913, Miller aveva completato i preparativi per aprire una banca in ogni stato del Commonwealth, tra cui anche una rappresentanza a Londra. Il 20 gennaio 1913, tenne un discorso nel quale dichiarava che la nuova Commonwealth Bank apriva le proprie attività. Queste furono le sue parole:
“Questa banca è stata creata senza un capitale, perché nessun capitale è richiesto al momento, ma è garantita dalla ricchezza e dal credito dell’Australia intera”.
“In quelle poche e semplici parole risiedevano lo statuto della banca e il credo di Denison Miller, che non smetteva mai di ripetere. Aveva promesso di fornire agevolazioni per espandere le risorse naturali del paese, e che sarebbe stata sempre una banca dei cittadini. ‘Non c’è dubbio che con il tempo sarà elencata come una delle più grandi banche del mondo’ aggiunse in tono profetico.”
“… Pian piano alle banche private apparve chiaro che potevano aver allevato una serpe in seno. Erano così concentrate sui rischi di dover lottare contro la socializzazione bancaria che non si erano rese conto che avevano molto più da temere dalla concorrenza di un banchiere ortodosso, che aveva alle spalle le risorse del paese.”
“… Una delle prime dimostrazioni della sua fermezza arrivò quando la Melbourne Board of Works scese sul mercato alla ricerca di denaro per estinguere vecchi prestiti, e per procurarsi anche nuovo denaro. Fino a quel momento, a parte i Buoni del Tesoro e gli anticipi provenienti dalle proprie Casse di risparmio, i governi dipendevano dai prestiti oltremare provenienti da Londra… oltre ad avere dei vincoli rigidi di sottoscrizione, avevano anche scoperto che non potevano aspettarsi più di 1 milione di sterline al 4 per cento, 97,5 netto.
“Allora decisero di rivolgersi a Denison Miller, che aveva promesso di garantire condizioni speciali a quegli istituti. Miller si offrì immediatamente di prestare 3 milioni di sterline a 95, su cui si sarebbe applicato un tasso di interesse del 4 per cento. L’accordo fu concluso all’istante. Quando gli fu chiesto dove la sua giovane banca avesse raccolto tutto quel denaro, Miller rispose: ‘Sul credito della nazione. E’ illimitato’”.
Un’altra prova importante arrivò nel 1914 con la Prima Guerra Mondiale:
“La prima reazione fu il rischio che la gente potesse correre agli sportelli a ritirare i propri risparmi. La banche si resero conto che erano ancora vulnerabili se questo fosse avvenuto, avevano ancora paura di un altro Venerdì Nero. “Ci fu una riunione organizzata in fretta e furia dai principali banchieri. Alcuni riferirono che c’erano indicazioni del fatto che una corsa era già iniziata. Denisor Miller sostenne poi che la Commonwealth Bank, per conto del Commonwealth, avrebbe appoggiato ogni banca in difficoltà… Questo fece cessare il panico e collocò Miller in prima fila. Ora, per la prima volta, la Commonwealth Bank stava prendendo l’iniziativa. Gli ordini li stava dando, e non prendendo…”
“Denison Miller… controllava praticamente i finanziamenti bellici. Il governo non sapeva come si potevano ottenere questi soldi. Miller sì”.
E quest’interessante storia continua. Miller morì nel 1923 e nel 1924 i banchieri ripresero il controllo della Commonwealth Bank, strozzandone le attività e impedendole di salvare gli australiani dalle devastazioni della Depressione degli anni Trenta. Nel 1931, il consiglio di amministrazione della banca entrò in conflitto con il governo laburista di James Scullin. Il presidente della banca si rifiutava di estendere il credito, in risposta alla Grande Depressione, a meno che il governo avesse tagliato le pensioni, cosa che Scullin rigettò. Il conflitto che circondò la vicenda portò alla caduta del governo e alle richieste da parte dei laburisti di riformare la banca e un maggiore controllo diretto del governo sulla politica monetaria.
La Commonwealth Bank ricevette quasi tutti i poteri di una banca centrale grazie ad una legge di emergenza approvata nel corso della Seconda Guerra Mondiale, e alla fine del conflitto bellico utilizzò questi poteri per iniziare una fortissima espansione dell’economia. In soli cinque anni vennero aperte centinaia di filiali in tutto il paese. Nel 1958 e nel 1959, il governo divise in due la banca, concedendo le funzioni di banca centrale alla Reserve Bank of Australia mentre la Commonwealth Bank Corporation conservava le proprie funzioni di banca commerciale. Entrambe le banche, comunque, rimanevano di proprietà pubblica.
Alla fine la Commonwealth Bank aveva filiali in ogni città e zona di periferia, mentre nelle zone rurali aveva una rappresentanza in ogni ufficio postale e in ogni emporio. Essendo la banca più grande del paese, stabiliva i tassi e decretava la politica, che gli altri dovevano seguire per paura di perdere clienti. La Commonwealth Bank fu ampiamente percepita come una polizza di assicurazione contro gli abusi da parte delle banche private, in modo da garantire che chiunque avesse accesso ad un sistema bancario equo. La Commonwealth Bank operò come una banca interamente di proprietà dello stato fino agli anni Novanta, quanto fu privatizzata e dunque gli interessi si spostarono verso la massimizzazione dei profitti, con una costante e massiccia chiusura delle filiali e delle agenzie, il licenziamento in massa dei dipendenti e la riduzione delle modalità di accesso ai bancomat e al pagamento in contanti alle casse dei supermercati. Ora è diventata un’altra costola del cartello bancario ma i suoi sostenitori ribadiscono che una volta rappresentava la linfa vitale del paese.
In Australia oggi c’è un rinnovato interesse nel ristabilire una banca di proprietà pubblica sul modello della Commonwealth Bank. Gli Stati Uniti e gli altri paesi farebbero bene anche a considerare questa possibilità.

Un ringraziamento speciale a Peter Myers per la riproduzione di ampi brani del libro di Jack Lang nella sua newsletter settimanale.
Ellen Brown
Fonte: http://webofdebt.wordpress.com/
Link: http://webofdebt.wordpress.com/2010/08/ ... australia/

Traduzione a cura di JJULES per http://www.comedonchisciotte.org



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Thethirdeye ha scritto:

Cita:
rmnd ha scritto:

Barroso farebbe meglio a pensare al suo Portogallo
e ai suoi cugini spagnoli con le pezze al c...

[;)]


Guarda che.... dopo il Portogallo e la Spagna ci siamo noi eh? [:D]


Io prima ci metterei la Grecia (fallita), la Romania , l'Irlanda, la Slovenia, l'Islanda (fallita), l'Ungheria...tanto per citarne alcuni.



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rmnd ha scritto:

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Thethirdeye ha scritto:

Cita:
rmnd ha scritto:

Barroso farebbe meglio a pensare al suo Portogallo
e ai suoi cugini spagnoli con le pezze al c...

[;)]


Guarda che.... dopo il Portogallo e la Spagna ci siamo noi eh? [:D]


Io prima ci metterei la Grecia (fallita), la Romania , l'Irlanda, la Slovenia, l'Islanda (fallita), l'Ungheria...tanto per citarne alcuni.


Quindi siamo fuori dalla zona retrocessione?meno male [:D]


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Ronin77 ha scritto:

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rmnd ha scritto:

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Thethirdeye ha scritto:

[quote]rmnd ha scritto:

Barroso farebbe meglio a pensare al suo Portogallo
e ai suoi cugini spagnoli con le pezze al c...

[;)]


Guarda che.... dopo il Portogallo e la Spagna ci siamo noi eh? [:D]


Io prima ci metterei la Grecia (fallita), la Romania , l'Irlanda, la Slovenia, l'Islanda (fallita), l'Ungheria...tanto per citarne alcuni.


Quindi siamo fuori dalla zona retrocessione?meno male [:D]
[/quote]

Nel momento in cui vincesse la grande ammucchiata de "L'ulivo 2", automaticamente e miracolosamente l'Italia sarebbe in zona scudetto. Anzi alla finale Italia Germania
[;)]



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[^]The best quote ever (2013 Nonsense Award Winner):
«Way hay and up she rises, Way hay and up she rises, Way hay and up she rises, Early in the morning!»
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http://www.wallstreetitalia.com/article ... age=994587



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"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

"Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero". Proverbio Arabo

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MessaggioInviato: 02/09/2010, 11:24 
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rmnd ha scritto:

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Thethirdeye ha scritto:

Cita:
rmnd ha scritto:

Barroso farebbe meglio a pensare al suo Portogallo
e ai suoi cugini spagnoli con le pezze al c...

[;)]


Guarda che.... dopo il Portogallo e la Spagna ci siamo noi eh? [:D]


Io prima ci metterei la Grecia (fallita), la Romania , l'Irlanda, la Slovenia, l'Islanda (fallita), l'Ungheria...tanto per citarne alcuni.



Fmi avverte: Debito, Italia tra i Paesi al limite, come Grecia e Portogallo

L'istituto afferma che l'alto debito del Belpaese, al 115,8% del Pil nel corso v2009 e con una stima al 124,7% al 2015, limiti gli spazi di manovra sul bilancio. Risultato: l'Italia, tra quelli avanzati, è uno di quelli con minore "spazio fiscale".

Pubblicato il 02 settembre 2010

Fonte:
http://www.wallstreetitalia.com/article ... age=997058

Il debito pubblico italiano e' tra quelli, insieme a Grecia, Giappone e Portogallo, che ''lascia minori spazi di manovra fiscale''. E' quanto emerge dalla ricerca ''Fiscal Space'' pubblicata dal Fondo Monetario Internazionale, che ha pubblicato la lista dei paesi piu' esposti ad una crisi improvvisa in rapporto al loro attuale livello di indebitamento, al livello del deficit e alla crescita.

''Alcuni paesi sono al limite'' rileva il Fondo, precisando comunque che non si tratta di una situazione senza uscita. Il fatto di essere vicini al limite di manovra ''non vuol dire prevedere che il debito pubblico possa esplodere o che lo stato possa andare in default, ma piuttosto che qualche cosa deve cambiare nelle politiche fiscali, perche' non si puo' continuare con gli schemi classici finora adottati''.

Anche perche', continua il Fondo, l'attuale livello basso dei tassi d'interesse ''ha consentito che i debiti rimanessero controllabili'' e allo stesso tempo ''offre un'occasione per mettere in campo un processo di aggiustamento''.

In generale, afferma l'istituto, un default dei paesi europei periferici ad alto debito e' 'improbabile' e anche 'non necessario'. 'Ma le nazioni avanzate devono mettere in campo misure a lungo termine per controllare il debito senza ricorrere a interventi efficaci solo nel breve'.

L'Fmi in tre studi dedicati all'argomento, torna a spronare il varo di piani di aggiustamento credibili, specie a quei paesi, come l'Italia che mostrano limitati margini di manovra a causa dell'alto debito. A a proposito dell'ipotesi avanzata sulla stampa e da alcuni analisti di una sospensione dei pagamenti sul debito (default) dei paesi europei 'periferici', questa è 'non necessaria, indesiderabile e improbabile'.

Per l'Fmi il problema di questi paesi 'non e' tanto il costo del debito ma il deficit primario'. L'Fmi sottolinea quindi i costi del debito 'si mantengano relativamente moderati' ma il problema 'non e' l'onere del debito ma il deficit primario' e per questo 'la sospensione dei pagamenti non avrebbe molto senso per questi paesi'.

L'organismo di Washington ricorda poi come l'alto debito dell'Italia, al 115,8% del Pil nel 2009 e con una stima al 124,7% al 2015, limiti gli spazi di manovra sul bilancio e rende il nostro paese, fra i paesi avanzati, uno di quelli con minore 'spazio fiscale'.



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MessaggioInviato: 02/09/2010, 18:27 
Crisi: Bernanke, Fed poteva fare di piu'
Lentezze in contrasto abusi nel mercato dei mutui subprime

(ANSA) - ROMA 2 SET - La Fed e le autorita' di controllo Usa avrebbero potuto fronteggiare meglio la crisi finanziaria innescata dai mutui subprime.Lo dice Bernanke. Secondo il presidente della Fed, l'istituto centrale e' stato lento nell'identificare i rischi e contrastare gli abusi nel mercato dei mutui subprime. 'Se la crisi ha dato una lezione - spiega - e' quella che il nodo too big to fail deve essere risolto'. Per Bernanke, inoltre, l'idea che la Fed avrebbe potuto salvare Lehman Brothers e' un 'mito'.

Fonte
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche ... 15030.html


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MessaggioInviato: 02/09/2010, 18:28 
La crisi continua: Burger King in vendita
12mila ristoranti in 75 paesi diversi

Washington – La notizia ha già fatto il giro del mondo: la seconda catena di fast food al mondo, Burger King, sarebbe in vendita, dopo i pessimi rendimenti azionari dell’ultimo biennio e il calo del fatturato nell’ultimo anno fiscale. Secondo le ultime indiscrezioni il concorrente diretto di McDonald’s avrebbe già avviato diverse trattative con i potenziali acquirenti. Il gruppo britannico della 3i Group sembra il più accreditato tra i vari contendenti.

Il fatturato della compagnia, alla chiusura dell’anno fiscale il 30 giugno, è calato dell’1,5%, attestandosi sui 2,5 miliardi di dollari. Il crollo dei consumi ha colpito in particolar modo Burger King, mentre il suo diretto rivale è riuscito a cavarsela con perdite di minore entità. “Nell’anno 2010 – spiega l’ad delegato di BK, John Chidsey – abbiamo dovuto affrontare livelli di disoccupazione molto alti ed un’economia molto fragile. Questi due fattori hanno creato uno degli ambienti operativi più difficili della storia”.

Burger King capitalizza sul mercato circa 2,3 miliardi di dollari; la sua quotazione a Wall Street da gennaio 2006 è sempre stata caratterizzata da un andamento altalenante, con più bassi che alti. Nell’ultimo biennio il suo valore azionario è crollato del 13%. Il colosso degli hamburger possiede 12mila ristoranti, distribuiti in 75 paesi diversi. Il marchio ha cambiato proprietà nel 2002, ed è ora controllato da un fondo di private equity composto tra gli altri da Goldman Sachs, Bain Capital e Diageo.

Il nuovo gruppo di proprietari, che ha ereditato un’azienda già in difficoltà, ha puntato con decisione sui mercati emergenti di Cina, Brasile, Russia e India. La competizione con McDonald’s si è fatta sempre più serrata, ma l’ultima strategia di mercato non può nascondere un gigante del capitale mondiale in lento declino.

Fonte
http://www.voceditalia.it/articolo.asp? ... %20vendita


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MessaggioInviato: 02/09/2010, 19:57 
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vimana131 ha scritto:

La crisi continua: Burger King in vendita
12mila ristoranti in 75 paesi diversi

Washington – La notizia ha già fatto il giro del mondo: la seconda catena di fast food al mondo, Burger King, sarebbe in vendita, dopo i pessimi rendimenti azionari dell’ultimo biennio e il calo del fatturato nell’ultimo anno fiscale. Secondo le ultime indiscrezioni il concorrente diretto di McDonald’s avrebbe già avviato diverse trattative con i potenziali acquirenti. Il gruppo britannico della 3i Group sembra il più accreditato tra i vari contendenti.

Il fatturato della compagnia, alla chiusura dell’anno fiscale il 30 giugno, è calato dell’1,5%, attestandosi sui 2,5 miliardi di dollari. Il crollo dei consumi ha colpito in particolar modo Burger King, mentre il suo diretto rivale è riuscito a cavarsela con perdite di minore entità. “Nell’anno 2010 – spiega l’ad delegato di BK, John Chidsey – abbiamo dovuto affrontare livelli di disoccupazione molto alti ed un’economia molto fragile. Questi due fattori hanno creato uno degli ambienti operativi più difficili della storia”.

Burger King capitalizza sul mercato circa 2,3 miliardi di dollari; la sua quotazione a Wall Street da gennaio 2006 è sempre stata caratterizzata da un andamento altalenante, con più bassi che alti. Nell’ultimo biennio il suo valore azionario è crollato del 13%. Il colosso degli hamburger possiede 12mila ristoranti, distribuiti in 75 paesi diversi. Il marchio ha cambiato proprietà nel 2002, ed è ora controllato da un fondo di private equity composto tra gli altri da Goldman Sachs, Bain Capital e Diageo.

Il nuovo gruppo di proprietari, che ha ereditato un’azienda già in difficoltà, ha puntato con decisione sui mercati emergenti di Cina, Brasile, Russia e India. La competizione con McDonald’s si è fatta sempre più serrata, ma l’ultima strategia di mercato non può nascondere un gigante del capitale mondiale in lento declino.

Fonte
http://www.voceditalia.it/articolo.asp? ... %20vendita


Spero vivamente che falliscano entrambi.

Visto che hanno avvelenato le persone per decenni e
causato l'obesità di milioni di cittadini in tutto il mondo [}:)]



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MessaggioInviato: 03/09/2010, 01:35 
ATENE BRUCIA, IL MONDO TACE

set 2nd, 2010

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DI LUCA PAKAROV
rollingstonemagazine.it

Dopo il 24 giugno, giorno dell’uccisione di un funzionario del ministero degli interni per un pacco bomba, i controlli intorno al quartiere Exarchia di Atene sono aumentati. Si noti bene intorno, non dentro. Già perché qui la polizia per intervenire deve essere scortata dai Mat, dei gruppi speciali antisommossa inclini a metodi poco ortodossi, che in verità si addentrano solo quando il governo sollecita dei raid, degli arresti mirati, di solito i giorni successivi alle grandi manifestazioni che ormai si ripetono settimanalmente. Le esplosioni, e non solo ad Atene, negli ultimi mesi si sono moltiplicate, per molti sono state il trampolino per una nuova strategia di lotta, un passo in più verso uno scenario che nessuno si azzarda a chiamare guerra civile ma che, da come mi descrivono il prossimo futuro alcuni ragazzi del giardino autogestito fra via Trikoupi e Metaxa, non è troppo dissimile.

Continua>>>>>
http://www.altrainformazione.it/wp/2010 ... ondo-tace/



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