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16/03/2014, 17:38

DI TYLER DURDEN
zerohedge.com

I Russi hanno già ritirato i loro fondi dai paesi occidentali

In un altro articolo di oggi ho scritto che secondo i dati settimanali della Fed, una cifra record - 105 miliardi di dollari - di buoni del Tesoro è stato venduto o semplicemente riallocato (che per motivi politici è la stessa cosa) dai conti di deposito della Fed, portando il totale delle banconote USA presso la Fed ad un livello che non si vedeva dal dicembre 2012.

Mentre si pensava che il ritiro dei fondi dal mercato occidentale, fosse stato causato dalla Cina, si è scoperto che il merito o meglio la colpa è stata probabile proprio della Russia, che come è ben noto, ha sofferto ben poco del calo dell'Occidente in generale, e del suo sistema finanziario, in particolare.


Ci sono tutti gli elementi per capire che cosa abbiano fatto le istituzioni ufficiali russe con i loro buoni del Tesoro (per i dettagli bisognerà attendere fino a giugno), ma questo è stato solo l'inizio. Infatti, come riporta il FT, mentre si attende in silenzio, ma neanche troppo, quello che succederà con l'arrivo delle quasi certe sanzioni finanziarie (che dovrebbero prevedere il blocco dei conti e le confische patrimoniali, come conseguenza del referendum di Crimea di questa Domenica) i russi più svegli - gli oligarchi - hanno già fatto rientrare i loro miliardi dalle banche occidentali e, quindi hanno giù reso, sostanzialmente, discutibile l'effetto della grande mossa occidentale - quella di confiscare la ricchezza della Russia, lo 0,0001 %.

dal FT:

Secondo i banchieri di Mosca le Società russe stanno ritirando miliardi dalle banche occidentali, per il timore che le eventuali sanzioni degli Stati Uniti per la crisi di Crimea potrebbero portare ad un congelamento dei beni.

Sberbank e VTB, le due banche giganti del sistema russo di proprietà parzialmente statale, come le aziende industriali e il gruppo energetico Lukoil sono tra aziende che stanno facendo rientrare i loro capitali investiti nelle operazioni effettuate con gli Stati Uniti. Sempre secondo le banche la VTB ha anche cancellato un vertice, previsto il mese prossimo, con degli investitori americani.

I capitali stanno prendendo il volo, dopo che le trattative diplomatiche tra il Ministro degli Esteri della Russia e il Segretario di Stato americano si sono arenate e si sono concluse senza nessun accordo su come risolvere le tensioni in Ucraina.

I mercati sono nervosi in attesa del referendum di Domenica sulla secessione della Crimes dall'Ucraina. Commercianti e imprenditori temono che questo potrebbe innescare le sanzioni dell'Occidente contro la Russia già a partire da lunedi.

E probabilmente sarà così. Ma altra cosa interessante sarà che la Russia si sentirà costretta a coinvolgere la Cina molto di più all'uso dei rubli o dei Renminbi nelle transazione del commercio bilaterale, e a bypassare il dollaro. Forse potranno usare anche con l'oro, tanto che il prezzo del metallo giallo ne ha già fiutato l'odore e, questa settimana, è arrivato ai massimi da sei mesi. Tutto servirà a stringere ancora più i legami finanziari tra due nazioni tanto ricche di materie prime, mentre si allenteranno sempre più quelli con il "diavolo imperialista" gli Stati Uniti .

Naturalmente, l'ovest pensare all'Occidentale , e crede che tutto quello che conta per la Russia sia vedere come chiuderà il Micex, e crede che far fare un bel botto al valore delle azioni russe sarebbe farà scoraggiare Putin. Dopo tutto, l'unica cosa di cui tutti si preoccupano in USA è che lo S&P 500 chiuda sempre al rialzo. Giusto ?

Quello che non ha capito l'Occidente, come avevamo previsto un mese fa, è che, per Putin, l'ordine di grandezza più importante è il prezzo delle materie prime, soprattutto quello del greggio e del gas, piuttosto che godere dell'illusione di una ricchezza di carta, come le azioni, anche quando stanno al massimo dei massimi storici. Soprattutto perché in Russia solo una parte minima della popolazione si preoccupa delle fluttuazioni giornaliere del mercato azionario. Per quanto riguarda gli oligarchi, se ci sarà qualcuno che sarà felice di vedere che il loro potere, la loro ricchezza e la loro influenza perderanno vigore, anche se solo per un breve periodo di tempo, questi è Vladimir Vladimirovich stesso, quello che tutto l'occidente ancora una volta continua a giudicare male. Senza contare la felicità dei russi nel vedere l'occidente che farà soffire, almeno un pò, questi compari-miliardari - e la considerazione per Putin salirà ancora più in alto.

(Non faremmo bene i nostri compiti se non commentassimo la prevedibile facilità con cui Obama deciderà di congelare i beni di alcuni miliardari-russi-corrotti, ma anche l'orgoglio degli americani si sono pagati quasi per intero tutto il buco lasciato nel 2008 da quel sistema finanziario che ora si ritrova più ricco che mai.)

Nel frattempo, molti oligarchi della Russia stanno effettivamente accettando la sfida. Bloomberg scrive:

Alisher Usmanov, l'uomo più ricco del Paese, colui controlla la preziosa Metalloinvest Holding Co., è il più grande produttore di minerali di ferro della Russia, con le sue tre società controllate, di cui una si trova a Cipro, un paese dell'Unione Europea e possiede anche una villa vittoriana a Londra, comprata nel 2008 per $ 70 milioni, come scrisse il Sunday Times del 18 maggio 2008. Ha perso 1,5 miliardi di dollari dall'inizio della crisi, secondo la classifica di Bloomberg.

"Siamo preoccupati per le possibili sanzioni contro la Russia, ma non ci aspettiamo ripercussioni drammatiche per i nostri affari" - ha detto in un'intervista presso gli uffici di Bloomberg oggi a Mosca- Ivan Streshinsky, CEO della USM Advisors LLC, che gestisce il patrimonio di Usmanov, incluse la sue partecipazioni in OAO Megafon e Mail.Ru Group Ltd..

"I profitti di Mail.Ru e Megafon provengono dalla Russia e la gente non smetterà di telefonare o di usare Internet" - ha detto - " Metalloinvest può reggere la chiusura dei mercati europei e americani, ma può ri-orientare le sue vendite verso la Cina e verso altri mercati."

Ottimo lavoro, Mr. Obama: ha appena spinto Russia e Cina a sentirsi più vicine per necessità! Eppoi, non dovrebbe sorprendersi troppo se, mentre i russi stanno ritirando i loro soldi dall'occidente, le imprese occidentali vengono buttate fuori da Dodgeski.

Un anziano banchiere di Mosca ha detto che il 90% cento degli investitori si sta già comportando come se le sanzioni fossero già state imposte, e che si tratta solo di una "gestione prudente dell'esposizione".

Queste mosse rappresentano il rovescio della medaglia del ritiro più evidente del denaro occidentale dal mercato russo, cosa che è stata evidente negli ultimi quindici giorni.

Commercianti e banchieri hanno detto le banche statunitensi sono quelle che hanno venduto più pesantemente le obbligazioni russe. Secondo i dati della Bank for International Settlements, le banche americane e i gestori patrimoniali hanno neo loro assets circa US$ 75 miliardi di esposizione verso la Russia.

Joseph Dayan, Capo dei mercati a BCS, uno dei più grandi brokers della Russia ha detto: "Le obbligazioni russe se la sono vista brutta, in questi ultimi giorni, e uno dei motivi è stata la riduzione dell'esposizione decisa dalle banche internazionali."

Anche se le banche estere non hanno ancora cominciato a tagliare massicciamente il credito alle imprese russe, i banchieri hanno detto che ci sono in sospeso una mezza dozzina di offerte per finanziare, in tempo reale, alcune delle più grandi aziende russe, in attesa di vedere quanto saranno incisive le sanzioni occidentali.

Quindi la conclusione è che la Russia, pensando avanti, nel dubbio, ha già ritirato la maggior parte dei suoi investimenti in Occidente. Ricordiamo che anche un anno fa gli stessi russi dovevano essere puniti per Cipro e avevano ritirato la maggior parte dei loro fondi prima dell'esproprio: i russi tendono a sapere prima quello che succede.

Sono stati quei poveracci dei ciprioti, che non avevano fatto nulla di male, ad essere stati fregati.

E così mentre è già chiara la risposta dei russi, ci vien da chiedere quanto sia vero è il contrario: cioè quanto sia preparato l'occidente, e soprattutto l'Europa, per vivere in un mondo dove all'improvviso potrebbe essere tagliato un terzo del gas che serve alla Germania. Non vediamo l'ora di scoprirlo all'inizio della prossima settimana.



Fonte: http://www.zerohedge.com

Link: http://www.zerohedge.com/news/2014-03-1 ... money-west

http://www.comedonchisciotte.org/site/m ... &sid=13074

16/03/2014, 19:06

per ridere un pò..

http://www.repubblica.it/esteri/2014/03 ... -81103811/

Il governo britannico avrebbe proposto Londra come sede alternativa del vertice (appunto a sette e non più a otto) previsto (a otto) a Sochi ad aprile. Gli altri membri occidentali del club, inclusa l'Italia, avrebbero risposto con segnali di disponibilità e favorevoli. Ma il gelo diplomatico tra Russia e mondo libero non si fermerebbe all'espulsione di Mosca dal club dei Grandi. Potrebbe saltare, sempre secondo Spiegel online, anche l'atteso, importante summit intergovernativo Germania-Russia previsto sempre

per aprile a Lipsia. Il vertice potrebbe venire cancellato con decisione unilaterale di Berlino, nel caso che il presidente-autocrate russo Vladimir Putin continui con la sua linea dura nella crisi ucraina e nel caso Crimea. Oppure, al massimo, il vertice si terrebbe in formato ridotto al minimo e in un clima diplomatico gelido, dicono fonti del governo tedesco citate da Spiegel online. "Nelle circostanze attuali non avrebbero senso scelte diverse", avrebbero aggiunto le stesse font

16/03/2014, 19:16

Putin ha dato una data per le trattative: 21 Marzo ...[;)]

16/03/2014, 19:38

iil l 93% degli elettori della regione ucraina ha votato a favore della secessione da Kiev e dell’annessione alla Federazione russa.
Referendum Crimea è plebiscito: “Tornare con Russia”. Ue e Usa: “E’ illegale”

di Redazione Il Fatto Quotidiano | 16 marzo 2014

Il referendum in Crimea si trasforma in un plebiscito. Secondo i primi exit poll, citati dalla tv statale Russia 24, il 93% degli elettori della regione ucraina ha votato a favore della secessione da Kiev e dell’annessione alla Federazione russa. Risultato che vale di più visto che si è registrata un’altissima affluenza alle urne: gli aventi diritto erano circa un milione e mezzo e ai seggi si sono presentati oltre un milione di persone. Mosca, dal canto suo, sembra pronta a certificare con la definitiva occupazione militare il passaggio di un pezzo di uno Stato sovrano a un altro. Da capire invece cosa accadrà da domani, visto che tutte le diplomazie occidentali (in prima fila l’Unione Europea e gli Stati Uniti d’America) hanno dichiarato le consultazioni di queste ore “illegali“. “Il voto in Crimea – dice una nota ufficiale della Casa Bianca – svoltosi sotto la minaccia di violenze e l’intimidazione di un intervento da parte dei soldati russi, viola le leggi internazionali”. I toni tra il Cremlino e Washington si stanno alzando e quella di oggi potrebbe essere una rottura che lascerà cicatrici: “Le azioni della Russia sono pericolose e destabilizzanti” ribadiscono gli Stati Uniti.

Del resto il Cremlino appare sempre più isolato visto che ieri al consiglio di sicurezza dell’Onu che ha votato sulla risoluzione per la non validità del referendum la Russia è rimasta sola a votare no. Perfino la Cina si è astenuta. Eppure è proprio Vladimir Putin a dirsi preoccupato, in una telefonata con la cancelliera Angela Merkel, “per la tensione nelle regioni ucraine sud-orientali” a causa del “permessivismo delle autorità di Kiev”. Tutto questo mentre resta l’ipotesi anticipata dallo Spiegel, secondo la quale Londra si sarebbe già candidata ad ospitare la riunione del G7, se Mosca dovesse essere espulsa dal G8 con conseguente cancellazione dell’appuntamento di Sochi.

In Crimea i seggi rimarranno aperti fino alle 21 italiane, ma già a metà giornata si registrava un’affluenza record. In tutta la regione alle 12 aveva votato già il 44% degli aventi diritto, mentre a Sebastopoli – dove si trova la flotta della Marina russa che opera nel Mar Nero – si era superato il 50. Il secondo dato è uscito alle 187 a quell’ora si erano presentate alle urne oltre un milione di persone, pari al 76% del corpo elettorale. Le operazioni di voto si sono tra l’altro svolte in una situazione del tutto particolare. Dagli altoparlanti della città è stato trasmesso per tutta la mattina l’inno della città e l’inno russo. Ovunque bandiere russe, manifesti contro la Nato, appelli a votare sì perché “il futuro dipende della vostra scelta” si legge nei poster elettorali affissi dappertutto. I militari russi controllano le strade: è una presenza massiccia e visibile. ”Torniamo a casa”, ha detto qualche elettrice mostrando la scheda prima di inserirla nell’urna trasparente. Due i quesiti, in tre lingue (russo, ucraino e tataro): “Siete a favore della riunificazione della Crimea con la Russia come entità costituente?” e “Siete a favore dell’applicazione della costituzione della repubblica di Crimea del 1992 e dello status della Crimea come parte dell’Ucraina?”. Al voto sono chiamati oltre 1,5 milioni di aventi diritto, in 1205 distretti elettorali, con 27 commissioni elettorali cittadine e distrettuali. I risultati del referendum in Crimea, invece, seppur scontati, si avranno tra questa sera e domani. Il parlamento ha annunciato che si riunirà già domani per approvare il risultato.

A monitorare il voto sono presenti una settantina di osservatori da 23 Paesi, compresa l’Italia: si tratta di deputati, eurodeputati ed esperti europei di diritto internazionale e attivisti per i diritti umani, invitati dalle autorità locali. Non sono presenti osservatori dell’Osce (l’organizzazione per la cooperazione in Europa) né della Csi (la Comunità degli stati indipendenti che federa 11 Repubbliche ex sovietiche). E Kiev, in tal senso, ha chiesto proprio all’Osce di inviare d’urgenza osservatori anche nel sud-est dell’Ucraina, compresa la Crimea. “Una votazione tranquilla”, simile a “quelle viste spesso in Italia” dichiara Fabrizio Bertot, europarlamentare di Forza Italia, uno degli osservatori internazionali invitati dalle autorità locali. “Ho parlato con gli italiani di Crimea, mi hanno detto di essere tranquilli e liberi di scegliere l’opzione che preferiscono”, ha aggiunto in una conferenza stampa a Simferopoli. Oltre a Bertot è presente Valerio Cignetti, presidente dell’Alleanza Europea dei Movimenti Nazionali (Fiamma Tricolore): “Non capisco il perché di tanta agitazione nei media internazionali, ci è sembrato tutto estremamente calmo”. E se la penisola russofona chiede la secessione, il sud-est dell’Ucraina, russofono ma non a maggioranza russa, sollecita invece la federalizzazione, con deboli manifestazioni di piazza che oggi hanno raccolto 5mila persone a Kharkiv, 2-3mila a Donetsk, 500 a Lugansk e alcune centinaia a Odessa.

A urne aperte, peraltro, i media hanno dato notizia di una telefonata tra Putin e Angela Merkel: i due hanno parlato di un possibile invio in Ucraina di una missione su larga scala dell’Oscee si sono accordati di proseguire la discussione su questa ed altre questioni anche tramite i ministeri degli esteri. Ma i rapporti diplomatici sono tutt’altro che distesi. Il segretario di Stato americano John Kerry ha chiamato il ministro degli esteri russo Serghiei Lavrov per ribadirgli la posizione degli Usa secondo cui il referendum di oggi è illegale. Gli Stati Uniti, ha aggiunto, non ne riconosceranno il risultato. Kerry ha spiegato al suo omologo come gli Stati Uniti siano “fortemente preoccupati” per le “continue provocazioni” russe nell’est dell’Ucraina e per le attività militari in atto in alcune zone contigue alla Crimea.

Il referendum “è illegale e illegittimo e il suo risultato non verrà riconosciuto” ribadiscono in una nota congiunta il presidente della Ue Herman Van Rompuy e il presidente della Commissione Ue José Barroso. “La soluzione alla crisi in Ucraina – aggiungono – deve essere basata sull’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina, nel quadro della costituzione ucraina così come alla stretta aderenza degli standard internazionali”. L’operazione che sta avvenendo in Crimea, dunque, è contraria non solo “alla costituzione ucraina”, ma anche “al diritto internazionale”. I ministri degli Esteri dei 28 Paesi dell’Ue decideranno altre sanzioni alla Russia da domani, 17 marzo.

Ma le “minacce” diplomatiche degli Stati dell’Unione Europea e degli Stati Uniti non spaventano affatto né le autorità della Crimea e men che meno Mosca. Tanto che il ministro della Difesa ucraino ad interim Igor Teniukh ha denunciato che i soldati russi presenti nella penisola sono 22mila, quasi il doppio del limite di 12.500 consentito dagli accordi per la flotta sul Mar Nero. “Questa è la nostra terra e non andremo da nessun’altra parte”. Dichiarazioni in risposta al messaggio lanciato dalle autorità pro Russia della Crimea che hanno affermato che, se i soldati ucraini che occupano i presidi della regione non si arrenderanno dopo l’esito del referendum di oggi, dovranno essere considerati illegali. D’altra parte da settimane si fa sempre più opprimente la presenza delle truppe di Mosca nell’area a est del Paese. Sull’altro versante soldati e mezzi blindati ucraini si stanno muovendo oggi verso i confini con la Russia, racconta l’agenzia di stampa ufficiale russa Itar Tass citando la tv ucraina 24 che ha mostrato immagini di carri armati ucraini trasportati su un treno. Secondo l’agenzia filo-Cremlino, il treno in questione sarebbe arrivato ieri a Kondrashevskaia Novaia, a 10 chilometri da Lugansk (nell’Est dell’Ucraina) e ci sarebbero stati tafferugli con degli abitanti del posto contrari al nuovo governo di Kiev.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/03 ... le/915533/
Ultima modifica di GIANLUCA1989 il 16/03/2014, 19:40, modificato 1 volta in totale.

16/03/2014, 21:51

Ma come gli rode

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Obama e Ue furenti: "Tutto illegale"

Annessione della Crimea alla Russia: pronte sanzioni concrete verso il Cremlino

WASHINGTON/BRUXELLES - L'ira di Barack Obama e dell'Europa si abbatte sul Cremlino. Washington e Bruxelles - quando ancora in Crimea i seggi erano aperti - mandano a dire a Mosca che non riconosceranno mai i risultati di un referendum che considerano "illegale", "contrario alle leggi internazionali" e svoltosi "sotto la minaccia di un intervento delle truppe russe". Solo poche ore prima Vladimir Putin non si era mosso di un millimetro dalla sua linea: il voto in Crimea è valido e la Russia rispetterà la volontà espressa dai suoi abitanti.

La tensione è alle stelle. La Casa Bianca parla di "azioni pericolose e destabilizzanti" da parte della Russia, condannando con fermezza anche i movimenti di soldati nella regione a est dell'Ucraina ai confini con la Crimea, che hanno fatto gridare Kiev all'invasione. "Basta provocazioni", tuona il segretario di Stato americano John Kerry al telefono col ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, col quale negli ultimi giorni aveva tentato, senza riuscirvi, di trovare una soluzione alla crisi.

Anche il presidente della Ue, Herman Van Rompuy, e quello della Commissione Ue, Manuel Barroso, ribadiscono come la soluzione alla crisi in Ucraina può essere fondata solo "sull'integrità territoriale, la sovranità e l'indipendenza del Paese". Mentre il premier italiano Matteo Renzi fa sapere che Roma "sta lavorando insieme a Francia, Germania e Gran Bretagna perché si possano ridurre le frizioni e perché si possa dare il messaggio che il diritto internazionale è difeso e salvaguardato, cosa che non sta avvenendo".

Tutto sembra pronto per il varo di sanzioni pesanti e senza precedenti contro la Russia. Misure che vadano a colpire le persone e gli interessi economici e commerciali legati all'attuale leadership di Mosca. Nelle prossime ore a Bruxelles si riuniranno i ministri degli Esteri della Ue e prenderanno una decisione. Le cancellerie europee sembrano quelle più decise nell'andare avanti con la linea di estrema fermezza nei confronti di Putin, mentre a Washington ancora si discute tra "falchi" e "colombe" su che livello di risposta mettere in campo.

È ora che si intraprendano "passi concreti per imporre dei costi" a chi è responsabile di questa escalation che minaccia la stabilità internazionale, afferma la Casa Bianca. Ma il team di Obama sta ancora valutando cosa fare. Forte il pressing di chi vorrebbe una linea durissima nei confronti del Cremlino: non solo congelando i beni di individui e aziende "vicine" al presidente russo, ma prendendo anche in considerazione l'ipotesi di aiuti militari al governo di Kiev, sotto forma di armi, munizioni e coinvolgimento degli 007 Usa. Una richiesta che del resto sarebbe già arrivata a Washington proprio dal governo provvisorio dell'Ucraina, e a cui la Casa Bianca avrebbe per ora risposto di no.

In molti nell'amministrazione statunitense sono però per una strategia più "soft", temendo il rischio di un'escalation della situazione dagli sviluppi imprevedibili. E molte aziende Usa che hanno interessi in Russia temono rappresaglie da parte di Mosca, e per questo chiedono cautela. Insomma, saranno le prossime ore a dire quale linea prevarrà.

Intanto Kiev ha chiesto all'Osce di inviare d'urgenza osservatori nell'est filorusso dell'Ucraina, e di ciò hanno anche parlato al telefono Angela Merkel e Vladimir Putin, concordando sulla necessità di approfondire la questione.


16.03.2014 - 20:44 ats

http://www.cdt.ch/mondo/politica/103026 ... egale.html



Ma senti chi parla...
È ora che si intraprendano "passi concreti per imporre dei costi" a chi è responsabile di questa escalation che minaccia la stabilità internazionale, afferma la Casa Bianca.
Ultima modifica di Wolframio il 16/03/2014, 21:53, modificato 1 volta in totale.

16/03/2014, 23:37

Ritengo sia legittimo il referendum.L'ira di Usa e "colonie" occidentali,altri non è che un tentativo di infangare la volontà di un popolo perchè solidale con la tanto odiata Russia.Per noi occidentali "colonizzati",chiunque voglia rivendicare indipendenza ed appartenenza alla Russia,non gode della propria e legittimà volontà.I movimenti di forze militari ucraine lungo i confini,sono una "debole" dimostazione di forza.Nessuno aiuterà l'Ucraina come nessuno aiutò la Georgia.

17/03/2014, 00:36

il loro disegno era di legare l'ucraina all'occidente,e cio' avrebbe permesso di chiudere le basi navali russe nelle immediate vicinanze del mediterraneo,rendendo in tale modo impossibile interventi via mare dei russi,......disegno fallito.........................[;)]

17/03/2014, 08:25

AleBon ha scritto:

Ritengo sia legittimo il referendum.L'ira di Usa e "colonie" occidentali,altri non è che un tentativo di infangare la volontà di un popolo perchè solidale con la tanto odiata Russia.Per noi occidentali "colonizzati",chiunque voglia rivendicare indipendenza ed appartenenza alla Russia,non gode della propria e legittimà volontà.


Ti quoto e aggiungo questo articolo:

PIANO USA: GUERRA IN EUROPA, PRIMA CHE CROLLI IL DOLLARO
topic.asp?whichpage=-1&TOPIC_ID=1539&REPLY_ID=325572
Ultima modifica di zakmck il 27/07/2017, 16:21, modificato 2 volte in totale.
Motivazione: Rimozione link

17/03/2014, 08:58

Prendiamo atto che, per il libero Occidente e per le democratiche istituzioni dell'Unione Europea, l'espressione popolare manifestata attraverso un referendum è ILLEGALE.

Mentre è ASSOLUTAMENTE NORMALE il rovesciamento CON ARMI di un governo COMUNQUE espressione di elezioni riconosciute dall'OCSE.

Basterebbe questo per rendersi conto di quale "mostro" è il Sistema nel quale realmente viviamo...

[8]

E la domanda (ovviamente retorica) è... ma se fosse accaduto il contario? Ah già... è già successo: Kosovo!

[V]

Quindi, fatemi capire, se volessimo (ovviamente a titolo del tutto esemplificativo e ipotetico) uscire dall'Europa gli USA ci stanno dicendo che il passaggio democratico attraverso una consultazione popolare e democratica potrebbe essere considerata ILLEGALE mentre invece assaltare il Parlamento armati verrebbe riconosciuto come una "doverosa" battaglia di libertà?

Ne dubito fortemente...

[:(]
Ultima modifica di Atlanticus81 il 17/03/2014, 09:14, modificato 1 volta in totale.

17/03/2014, 10:39

Comunque, l'urna delle schede (non piegate) era di ... vetro; il tutto sorvergliato dai militari russi ....
Con il fatto dell'indipendenza del Kossovo (regione Serba) purtroppo l'Occidente, USA per primi, non possono che stare ZITTI!
Ecco perché Putin sta cercando di ricostruire l'"Unione" pezzo, per pezzo ... (Poi, con un pupazzo, come l'"abbronzato", in scena ...) [:o)]
Prima agire, lasciar strillare, quindi .. TENERE.
(Fece così anche Hitler)...
E ...l'ONU? E' un palazzo ... di vetro! [:257]

17/03/2014, 10:44

Atlanticus81 ha scritto:

Prendiamo atto che, per il libero Occidente e per le democratiche istituzioni dell'Unione Europea, l'espressione popolare manifestata attraverso un referendum è ILLEGALE.

Mentre è ASSOLUTAMENTE NORMALE il rovesciamento CON ARMI di un governo COMUNQUE espressione di elezioni riconosciute dall'OCSE.

Basterebbe questo per rendersi conto di quale "mostro" è il Sistema nel quale realmente viviamo...



E la domanda (ovviamente retorica) è... ma se fosse accaduto il contario? Ah già... è già successo: Kosovo..

[:(]


...ma sarebbe stato tutto legale..................... [;)] [:I]..vuoi scommettere...... [:D]

17/03/2014, 10:55

Poi verrebbero la Scozia, la Catolgna, le Fiandre, etc ..etc ...

- Ultimamente il continente europeo sembra giunto ad una fase storica cruciale, nel quale la crisi economica che stiamo vivendo comincia a mettere in crisi equilibri istituzionali che si erano mantenuti immutati per decenni, fino a sfidare per molti versi il concetto consolidato di statualità e di sovranità.

Se da un lato sono in molti ad invocare che i vecchi stati nazionali siano superati dall’alto, attraverso un conferimento sempre maggiore di competenze ad un livello di potere europeo, dall’altro stiamo assistendo all’emergere di un vento secessionista in molte aree di Europa.
E’ di questi giorni la notizia che il governo britannico ed il governo scozzese hanno concordato i termini di un referendum da tenersi nel 2014 per l’indipendenza della Scozia che dunque viene a risultare la prima regione dell’Europa occidentale a cui viene riconosciuto un pieno diritto ad autodeterminarsi, fino a recidere i legami con lo Stato di cui oggi è parte.

Solo poche settimane fa invece, l’11 settembre, due milioni di catalani (su sette milioni!) sono scesi in piazza a Barcellona, in una manifestazione oceanica, per chiedere la secessione della Catalogna dalla Spagna. Il presidente catalano Artur Màs ha deciso di sciogliere il parlamento regionale e di convocare elezioni anticipate che si terranno in novembre e nelle quali chiederà (e verosimilmente otterrà) un pieno mandato popolare per guidare la Catalogna all’indipendenza.
Si trova un passo indietro, invece, l’indipendentismo fiammingo, imbrigliato nel farraginoso sistema istituzionale belga. Tuttavia i nazionalisti di Bart De Wever sono diventati ormai il primo partito delle Fiandre e proprio in questi giorni hanno dato un’impressionante prova di forza alle amministrative, conquistando per la prima volta la città di Anversa.

La Catalogna, la Scozia e le Fiandre rappresentano le storie di successo di un “indipendentismo tranquillo”, di un separatismo che sceglie di collocarsi solidamente nel mainstream politico della democrazia occidentale, piuttosto che marginalizzarsi su sponde ideologiche minoritarie e poco presentabili.

http://www.libertiamo.it/2012/10/18/sco ... ipendenza/

17/03/2014, 10:59

E così il casino ... aumenta! [^]


Piccoli stati crescono


In poco più di vent’anni gli stati europei sono aumentati di numero, passando da trenta a quarantanove. Chiaramente quest’aumento così importante non è passato inosservato tra quelli che vorrebbero creare un loro stato indipendente. Sullo scioglimento dell’Unione Sovietica c’era stato poco da obiettare, dato che in fin dei conti non era altro che la “prigione dei popoli”. Ma le indipendenze dei paesi baltici hanno alimentato le speranze di alcuni movimenti secessionisti e separatisti e hanno ovviamente suscitato qualche preoccupazione in alcuni paesi dell’Europa occidentale.

All’improvviso l’indipendenza, che durante la guerra fredda era considerata una chimera, non solo è diventata possibile, ma è stata anche accettata e sostenuta dalla comunità internazionale. Come se non bastasse, i nuovi stati hanno ottenuto come premio la prospettiva di poter aderire all’Unione europea. Solo in termini culturali il fatto che le loro lingue siano diventate lingue ufficiali dell’Unione europea è considerato un enorme successo, a cui si aggiungeva la possibilità di sedere al Consiglio europeo, di ottenere una rappresentanza al parlamento di Strasburgo e di poter contare su un proprio commissario a Bruxelles. E tutto questo è avvenuto, come nel caso dell’Estonia, in paesi con appena un milione e mezzo di abitanti.

Nonostante l’invidia sollevata dai paesi baltici tra molti indipendentisti, la loro storia, con l’occupazione e l’annessione da parte dell’Unione Sovietica, ne faceva un caso sui generis. L’entusiasmo di molti movimenti separatisti e la tolleranza degli stati è venuta a mancare dopo la traumatica dissoluzione della Jugoslavia, che ha trasformato la festa del crollo del muro di Berlino in un tremendo bagno di sangue nel cuore di un continente convinto di essersi lasciato alle spalle fenomeni come la pulizia etnica o il genocidio. Vero è che il “divorzio di velluto” tra cechi e slovacchi aveva fatto intravedere la possibilità di ottenere l’indipendenza senza ricorrere alla violenza. Ma in quel caso è stato evidente a tutti che, subordinando l’accettazione della comunità internazionale a un accordo tra le parti, la creazione di uno stato sarebbe stata l’eccezione e non la regola.

Nel 2008, quasi vent’anni dopo la fine della guerra fredda, quando i movimenti indipendentisti sembravano essere rientrati nei ranghi, c’è stata la dichiarazione unilaterale di indipendenza del Kosovo, a cui sono seguite quelle dell’Abkasia e dell’Ossezia del sud (sostenute da Mosca) dopo la guerra della Georgia nell’estate del 2009. Questo ha riportato la questione all’ordine del giorno. Ma ancora una volta si è trattato di casi eccezionali, segnati da conflitti preesistenti, e difficilmente qualcuno potrebbe usarli a sostegno delle proprie pretese di indipendenza. Se per meritarsi l’indipendenza bisogna vivere quello che hanno vissuto gli albanesi del Kosovo (vent’anni di soppressione dei diritti, un’occupazione militare e una deportazione di massa) è meglio lasciare le cose come stanno. Nonostante la lettura ipersensibile fatta in Spagna della situazione del Kosovo (a causa della questione basca), quel caso dimostra fino a che punto il modello spagnolo sia un riferimento importante per quanto riguarda le possibilità che offre uno statuto d’autonomia ben articolato e rispettoso delle identità locali.

Il problema è che, anche se il progetto europeo aspirava in teoria a rendere più facile la vita delle nazioni senza stato, nella pratica molti movimenti secessionisti sono rimasti delusi dal cammino unitario del continente. Invece di diluire gli stati, dicono, l’Unione europea li ha consolidati, svuotando di contenuto il decentramento su cui loro avevano scommesso tanto. Che la colpa sia dell’Unione europea, della globalizzazione, degli stati o della manipolazione dei sentimenti di identità da parte delle élite di questi movimenti, il fatto è che molte di queste forze secessioniste sembrano uscire perdenti dal processo di integrazione.

La Catalogna, la Scozia, le Fiandre, la Padania o il Paese Basco sono tutte regioni ricche che fanno parte di stati democratici e che potrebbero ottenere l’indipendenza, almeno teoricamente. Non è mai stato chiaro se una volta indipendenti i nuovi stati rimarrebbero nell’Unione europea o dovrebbero chiedere l’adesione, anche perché alle considerazioni giuridiche si unirebbero quelle politiche. Alle difficoltà di un futuro indipendente si aggiunge poi la questione monetaria. Il giorno dopo la loro indipendenza i nuovi stati dovrebbero emettere una loro moneta o usare l’euro senza far parte dell’unione monetaria come fa il Montenegro, in attesa della sua adesione ufficiale. In ogni caso i nuovi stati dovrebbero rivolgersi ai mercati per finanziare i debiti ereditati e i loro bisogni finanziari.

Oggi non è difficile indovinare quale valutazione otterrebbero dalle agenzie di rating, con quali tassi di cambio sarebbero accolti o quale interesse dovrebbe gravare sui loro titoli. A breve termine questa crisi può rafforzare i vecchi stati europei di fronte ai movimenti secessionisti. Ma a lungo termine non rischia di indebolirli?

Traduzione di Francesca Rossetti.

Internazionale, numero 935, 10 febbraio 2012

http://www.internazionale.it/opinioni/t ... -crescono/

17/03/2014, 11:00

chi ha accettato il referendum del kossovo,poi non puo' lagnarsi se pure altri vogliono avviarsi verso la medesima soluzione.................[;)]
Ultima modifica di ubatuba il 17/03/2014, 11:01, modificato 1 volta in totale.

17/03/2014, 11:29

.. infatti! Per questo sono costretti a la sciar stare Putin! [;)] Si sono fregati.
A 'sto punto anche la Sicilia, la Sardegna potrebbero fare un referendum .... Per non parlare dell'Alto Adige!

Dopo l'esplosione (crollo dei due "Blocchi") c'è sempre la ... frammentazione! [^]

E, ad Obama, non gli resta che ... star a guardare ...


Immagine

... dalla Base Hickam AFB, Honolulu, Hawaii ... al Sole! [^]
Ultima modifica di Ufologo 555 il 17/03/2014, 11:47, modificato 1 volta in totale.
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