Caro bleffort ... vedrai che piano, piano ...........
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torneranno anche i tuoi compagni! (Naturlamente cambiando ... nome!)
Putin ha fatto rinascere la Russia dalle ceneri dell’Urss

Qualunque sia l’esito delle elezioni presidenziali del 18 marzo, che non intaccheranno, quasi sicuramente, la leadership di Putin, è bene tirare le somme di uno dei periodi di governo più lunghi che una Nazione moderna abbia affrontato, soprattutto in un contesto come quello russo che, in poco meno di trent’anni, ha vissuto una transizione politica senza precedenti.
Dal 2000, dopo aver rilevato Eltsin ad interim, fino alla sua prima elezione alle soglie del nuovo millennio, il presidentissimo russo ha dovuto fronteggiare una serie di eventi, sia sul piano interno che su quello internazionale, che hanno profondamente mutato l’animo del Paese stesso e dei suoi cittadini.
Uno dei più grandi problemi che Putin ha dovuto contrastare è stata quella del terrorismo islamista in patria: dal Daghestan, passando per l’Inguscezia, e fino alla Cecenia, i terroristi hanno spazzato migliaia di vittime, anche a causa della debolezza di un paese affossato dalla transizione liberale. Il pugno di ferro del presidente ha consentito di affrontare la questione in maniera ruvida, non senza qualche compromesso con le discutibili autorità locali, primo tra tutti il presidente ceceno Ramzan Kadyrov. Dall’attentato del teatro Dubrovka alla scuola di Beslan, la prima e la seconda elezione di Putin hanno vissuto una difficile transizione dalla quale il presidente è uscito, nella sua immagine, rafforzato su tutta la linea. Oggi in Daghestan si continua a sparare, saltuariamente, ma si può dire che non sia più in corso una guerra.
Un altro aspetto importante, che si ricollega anche al fenomeno dell’Emirato del Caucaso, è stato il parallelo sviluppo di una nuova coscienza patriottica russa, con un forte accentramento attorno ai simboli storici della Russia, il suo inno, la sua bandiera, la sua cultura e le sue tradizioni. Alcuni eventi come le guerre di Ossezia, o quella dell’Abkhazia, per culminare con l’annessione della Crimea, sono state volte alla tutela dei “Rossyane“, ovvero i russi etnici che abitano alcune regioni limitrofe al Paese. Ciò che durante il buio periodo eltsiniano era venuto meno, è tornato con Putin più forte che mai.
Anche da un punto di vista economico, la Russia di Putin si distingue tanto rispetto ad un pesante e impoverito carrozzone sovietico, definitivamente ridotto sul lastrico dalla spietata ondata di privatizzazioni degli anni ’90, che hanno smantellato l’intero apparato industriale post-sovietico, favorendo, tra l’altro, l’arricchimento di un ristretto gruppo di persone, residuo di una disfatta nomenklatura di epoca sovietica. La lotta agli oligarchi dei ’90, e la contestuale ri-nazionalizzazione degli asset strategici russi sono stati il punto cardine della politica economica di Vladimir Putin.
Si ricorda, in particolare, il caso Yukos, nazionalizzata nel 2003 in seguito all’arresto di Mikhail Khodorkovsky, all’epoca l’uomo più ricco di Russia, condannato per frode e per alcuni omicidi. L’ex magnate russo è stato, dopo 10 anni di carcere, esiliato, anche per poter assistere la madre malata, con la condizione che non si sarebbe mai occupato di politica. Alla morte della madre, Khodorkovsky è venuto meno al suo accordo, e ad oggi conduce dal Regno Unito la più larga frangia di dissenso contro Putin ed il suo entourage, con il finanziamento di una fondazione, Open Russia, che si occupa di propagandare una nuova transizione democratica che prevede il rovesciamento di Putin. L’obiettivo, sarebbe stato quello di finanziare direttamente ed indirettamente Alexey Navalny, visto in Occidente come l’anti-Putin.
Ciò che oggi si vede di un Paese, cui è stato restituito il lustro internazionale del periodo sovietico, grazie anche alle azioni in politica estera soprattutto nel contesto mediorientale, si deve, senza dubbio, al pragmatismo di un uomo solo al comando, cui gli stessi russi hanno dato fiducia. Sebbene le controversie a livello interno non manchino – che portano gli osservatori internazionali a definire la Russia di Putin una “democratura“, specialmente per le battaglie sui diritti civili, una presunta repressione interna e della libertà di stampa -, i dati a supporto del presidente russo non mancano: il PIL del Paese, in 15 anni, è risalito al livello dei primi 10 Paesi al mondo, cresciuto 20 volte rispetto al valore nominale del 1998. Oggi la Russia è un Paese imprescindibile sulla scena internazionale, e nessun tavolo di negoziazione può avvenire in assenza di Mosca e del suo presidente.
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