Stiamo andando fuori Topic.
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Un po' di Storia.
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La storia degli “uomini della falce”, i Siculi
[…] Verso il XX secolo prima dell’èra cristiana, i Siculi, o uomini ramati di falce (in latino sicula),
ramo della grande razza ariana dei Liguri, occuparono l’Italia centrale dalla foce del Tevere ad
Ancona, e dalle bocche del Po al confine dell’Apulia. Essi estesero la loro dominazione sui Pelasgi
Enotri, iniziandoli alla coltivazione della terra, perché ne avevano portato seco il segreto.
Nel XIV secolo, vediamo i Siculi, che gli Egiziani chiamano Shakalash, all’apogeo della loro
potenza e in possesso di una marina, confederarsi con gli altri popoli del Mediterraneo, e prendere
parte agli attacchi che costoro dirigono contro l’Egitto sotto Menephtah I e Ramesses III. Essi
aggiunsero le loro navi a quelle dei T’ekkaro o Teucri, degli Akaiuash o Achei, dei Pelesta o Pelasgi
di Creta, dei Tursha, cioè Tursani o Pelasgi Tirreni, degli Uashasha, che sono forse degli Ausoni, e
dei Shardana o genti dell’isola di Sardegna. Essi avevano respinto i Sicani di origine iberica,
costringendoli a rifugiarsi nell’isola di Thrinacria, che fu più tardi la Sicilia.
Il carattere essenzialmente agricolo dei Siceli o Siculi si riflette nei nomi di quei loro principi che si
fanno regnare sugli Enotri. A Italo succede Morgete, «l’uomo dei covoni», (merges); viene in
sèguito Sicelo, «l’uomo della falce», che porta il nome stesso del popolo. Come tutti gli eroi
collocati alle origini delle nazioni, come per il suo predecessore Italo, la sua storia è un mito
complesso, in parte religioso, in parte storico e mitico. Sicelo è scacciato da Roma e viene a
rifugiarsi presso Morgete; la sua fuga, al pari della sua origine e del suo nome, l’assimila a Saturno,
sempre armato della falce. E, in effetti, Saturno, sembra che sia stato in origine il gran dio nazionale
dei siculi. Furon essi che ne stabilirono il culto in Italia; furon essi che dettero alla loro fortezza del
Campidoglio il nome di Saturnia. Sotto la loro dominazione, l’Italia fu designata col nome generale
di Saturnia, che sostituì quello di Argessa che le davano i Pelasgi Enotri.
«Saturnia è terra dei Siculi», diceva un antichissimo oracolo della Zeus di Dodona. D’altra parte, la
fuga di Sicelo è anche in relazione con il fatto storico indubbio della storia d’Italia, fatto che dovrà
avvenire verso il XII secolo prima dell’era cristiana, cioè la graduale espulsione dei Siculi dal Lazio
e dalla Campania per opera dei popoli Umbro-Latini, Opici o Ausoni. La Saturnia divenne allora
l’Ausonia. Questi popoli, ai quali si è presa l’abitudine di dare specialmente il nome, ossia mal
giustificato, d’Italioti, discendevano allora, forse sotto la pressione di una nuova ondata
d’immigrazione che veniva dal nord, quella dei Raseni o Etruschi, dalle grandi pianure del bacino
del Po, ove avevano fatto una lunga dimora, ed ove le terremare dell’Emilia ci hanno conservato
delle vestigia incontestabili del loro soggiorno e del loro stato di semi-civiltà. I Siculi, del resto,
dovevano essere molto più in parentela con loro di quel che non ammetta l’opinione comune
attuale. Il loro idioma sembrerebbe che appartenesse decisamente alla famiglia italica; i rari
vocaboli che ci sono stati conservati, sono quasi latini, come gela, «gelata» (gelu); kybiton,
«angolo» (cubitos «gomito»); rogos, «mucchio di grani» (rogus, «mucchio di legna»); unkia,
«oncia» (uncia); litra, «libbra» (libra).
Sicelo, accolto da Morgete, dicevano gli storici greci dell’Italia meridionale e della Sicilia, si creò3
uno Stato a spese del suo ospite.Più tardi, sentendosi in angustia in questo stato e premuto dalle
popolazioni vicine, passò con la maggior parte del suo popolo nell’isola, che ricevette da lui il nome
di Sicilia. I Siculi finirono cacciati d’Italia dagli Opici e dagli Enotri, dice Antioco di Siracusa; dagli
Umbri e dai Pelasgi, dice Filisto della medesima città. Le due maniere di esprimersi sono
esattamente sinonime e bisogna dare un valore di prim’ordine alle testimonianze dei due scrittori
siracusani del V secolo a.C. i quali avevano avuto agio di consultare le tradizioni nazionali dei
Siculi, che esistevano ancora al grado di popolo indipendente nel grembo delle montagne della
Sicilia. Tucidide, loro contemporaneo, non meno esatto nella scelta delle sue informazioni, parla
anche del passaggio dei Siculi dal continente all’isola di Trinacria, e lo pone intorno all’anno 1034.
È quindi, manifesto che dopo che grande potenza dell’impero dei Siculi fu distrutta dall’invasione
opica o ausonica, gli Enotri ripresero la loro indipendenza e li respinsero nell’estremità meridionale
della penisola, donde essi guadagnarono la Sicilia attraversando lo stretto di Messina. Ma non
passarono tutti in questa patria: i siculi conservarono sul continente il possesso del paese situato a
sud dell’istmo Scilletico, dell’Italia nel senso speciale e ristretto del nome. È nel loro territorio che
Locri fu fondata, e Teucidide, nel V secolo, li mostra ancora colà nelle parti più inaccessibili delle
montagne.[…].