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 Oggetto del messaggio: Re: ELEZIONI AMERICANE
MessaggioInviato: 15/11/2016, 07:57 
Da Brexit a Trump l’inganno delle élite dietro alla crisi dell’Occidente:

http://www.repubblica.it/cultura/2016/1 ... 28095/?rss



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 Oggetto del messaggio: Re: ELEZIONI AMERICANE
MessaggioInviato: 20/11/2016, 10:28 
Cita:
Nuovi e vecchi “loro” attorno a Trump. Tanto vale imparare a conoscerli.

Incontriamo gli ebrei nella cerchia interna di Trump”: è un titolo esultante della Jewish Telegraphic Agency (JTA), storico strumento mediatico del sionismo. Che dice ai suoi lettori: non preoccupatevi se Trump ha nominato come suo stratega Steve Bannon, antisemita [l’etichetta non se la toglierà mai più, ndr.] ed un ammiratore del razzista bianco David Duke. Guardate invece ai suoi più intimi collaboratori di una intera vita.

Vale la pena di percorrerne i profili e impararne i nomi; conteranno molto nei prossimi anni.

Jason Greenblatt – è da 19 anni il suo avvocato per gli affari immobiliari. Ebreo ortodosso, laureato nella Yeshiva University [l’università talmudica di NewYork], Greenblatt ha ‘studiato’ in una yeshiva nei Territori Occupati negli ani ’80; uno “studio” che comprendeva anche turni di guardia armata. “Trump ha assicurato che lo vuole come suo consigliere su Israele”.

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Un consigliere oggettivo e sobrio. Greenblatt “non ha alcuna esperienza politica”, riconosce la JTA, ma “parla spesso con persone del governo isreliano, mentre non ha mai parlato con un palestinese dagli anni dei suoi studi nella yeshiva. Come sua fonte principale di informazione sullo stato ebraico, egli cita l’American Israeli Public Affair Committee” – ossia l’AIPAC, la più potente lobby di Washington, quella che storce le politiche americane in senso pro-israeliano, anche (se occorre) intimidendo gli eletti dal popolo. Sono molti i politici che hanno visto la loro carriera stroncata dall’AIPAC; al suo ordine, il politico preso di mira perde i finanziamenti, vede emergere nel suo collegio elettorale un concorrente con molti donatori, o vede persino il suo collegio elettorale essere ridisegnato in modo da escluderlo dal suo elettorato tradizionale.

Così Greenblatt, intervistato una settimana fa dalla Radio dell’Armata Israeliana, ha potuto assicurare: Trump “non imporrà alcuna soluzione allo stato dì Israele. Non vede gli insediamenti ebraici illegali come un ostacolo alla pace”.

David Friedman. Avvocato esperto in fallimenti, è da sempre il difensore di Trump. E’ figlio di un rabbino con legami di famiglia con il partito repubblicano, specie coi candidati presidenziali di detto partito: per esempio la famiglia Friedman “ospitò Ronald Reagan per il pranzo di Shabbat nel 1984”, lo stesso anno in cui (quando si dice il caso) Reagan vinse le elezioni. Friedman, oltre la magione dove abita a New York (nel quartiere di lusso di Woodmere), possiede una casa a Gerusalemme, quartiere Talbieh: altro sintomo del suo fanatismo talmudico. Solo gli ebrei che sono seppelliti in Israele risorgeranno l’ultimo giorno per dominare il mondo nel Regno. Spiega la JTA: Friedman è il promotore di una progetto di legge del partito repubblicano che ha omesso ogni riferimento alla soluzione a due stati per Israele.

Boris Epshteyn – Nato nell’83 in quella che era allora l’Unione Sovietica, costui è a New York come un topo nel formaggio: insieme banchiere d’affari, procuratore presso la magistratura contabile e stratega politico – in quest’ultima veste è stato l’addetto alla comunicazione per il senatore John McCain nel 2008, quando il noto personaggio partecipò alla ridicola campagna di Sara Palin alla Casa Bianca; McCain sarebbe stato il vicepresidente.

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Ovviamente sarà Epshteyn, russofono, al fianco di The Donald in tutte le sue trattative con Vladimir Putin. Persino la JTA gli riconosce un difetto di carattere: “abrasivo” “iracondo”, pronto a passare alle vie di fatto: nel 2014 è stato imputato per aggressione durante una rissa da bar (un comportamento che lo fa sospettare come membro della mafia ‘russa’ in Usa).

Stephen Miller
– giudeo “praticante” per sua stessa definizione, è l’autore dei più importanti discorsi di The Donald, quelli che hanno scaldato l’elettorato. Prima, Miller ha lavorato per sette anni come portaborse del senatore Jeff Sessions (Repubblicano Alaska), per il quale ha preparato la campagna in cui Sessions s’è più distinto: l’eliminazione di un progetto di legge che facilitava l’immigrazione. Ben prima di Trump, è stato Sessions (dunque il suo sottopancia Miller) a promuovere la causa del Muro da costruire lungo il confine del Messico e proporre il divieto all’immigrazione di musulmani in Usa.

Del resto la volontà di cui i media mainstream accusano Trump, ossia di voler schedare i musulmani alla frontiera, è esistito dal 2002: la legge National Security Entry-Exit Registration System, introdotta da Bush jr. ; vero che il sistema è stato abolito nel 2011, ma con la motivazione che era “ridondante”: esistono diversi altri sistemi che conservano i dati dei musulmani in USA e ne controllano tutti gli spostamenti.

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Steven Mnuchin – Uomo di Goldman Sachs, è stato il direttore della campagna di finanziamento per Trump Presidente, con la mira di raccogliere un miliardo di dollari per la causa. Membro di quella che il New York Times ha definito “una delle più influenti famiglie” di New York (lui e suo padre sono diventati ricchi a Goldman Sachs) il finanziere amico di Trump da 15 anni; si è dedicato anche al mondo dello spettacolo; possiede una ditta cinematografica che ha collaborato a film di successo come “Avatar”. Durante la campagna, Trump ha detto peste e corna di Goldman Sachs, fra il crescente entusiasmo del suo elettorato. Ora, si dice, medita di dare al suo amico Mnuchin (ossia a Goldman Sachs) il segretariato al Tesoro.

Hanno affittato le Twin Towers a Silverstein


Lewis Eisenberg
– capo del settore “private equity” del fondo speculativo Granite Capital International Group, Eisenberg presiede alle finanze del Republican National Committee. E’ – dice JTA – “uno dei pochi dirigenti della Coalizione Ebraica Repubblicana che non ha preso le distanze dalla candidature di Trump”, anzi è stato un grosso donatore. Solo 9 dei 55 dirigenti della Republican Jewish Coalition si sono dichiarati pro-Trump. Eisenberg ha assicurato la JTA che Donald “è un forte avvocato per Israele” e le sue cause.

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Notizia significativa: Eisenberg, nei giorni dell’11 Settembre, era presidente della Port Authority (l’ente portuale) di New York, la proprietaria del World Trade Center con le due torri abbattute dalla cosiddetta Al Qaeda.

Michael Glassner – Trump l’ha scelto un anno fa ad essere il suo direttore politico nazionale, perché Glassner (che ha una sua ditta di consulenza) è molto desiderato “per la sua esperienza nel rapportarsi con l’elettorato ebraico”. Per questo è stato direttore della campagna di McCain nel 2008, e prima di George W. Bush nel 2000.

Nel 2001 era il numero 2 della Port Authority di New York subito sotto Eisenberg, ed è stato lui, nell’aprile 2001, a affittare l’intero WTC con le due torri e altri cinque edifici, per 99 anni a 3,2 miliardi, a Larry Silverstein. Il noto immobiliarista J che, previdente, fece subito assicurare le due Torri contro due distinti disastri aerei. Sicché quando le Twin Towers collassarono, lui, che aveva pagato una sola rata dell’affitto di 99 anni, si fece risarcire dalle assicurazioni con 7 miliardi di dollari.

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Oggi Glassner è anche esponente di spicco dell’AIPAC (American Israeli Public Affairs Commitee), la lobby pro-Israele più temuta dai politici, e quindi la più obbedita. “Il mio interesse nella causa di Israele è cresciuto esponenzialmente dopo l’11 Settembre”, ha dichiarato Glassner: “ho capito che l’Islam radicale rappresenta una vera minaccia per tutti noi americani, e specialmente per me in quanto ebreo”. Il che va lodato come un notevole esempio di chutzpah.

Jared Kushner – il bel genero di Donald, marito di Ivanka, lo si posta in fondo ma andava messo in cima alla lista: si è fatto largo a gomitate per diventare (lui senza alcuna esperienza politica) il capo del transition team, sbattendo fuori persone più sperimentate che odiava. Secondo la JTA, che gongola, è vicinissimo al Likud, ed ha organizzato un viaggio del suocero in Israele l’anno scorso – viaggio che è stato cancellato dopo che Netanyahu ha attaccato Trump per le sue proclamate intenzioni di bandire l’immigrazione musulmana negli Usa. Trump si dice “innamorato” del suo “fantastico” genero. E il bel Jared si sta prodigando per riempire il team, e la futura amministrazione, di neocon del vecchio stampo. Per esempio Frank Gaffney: un personaggio che fu anche assistente segretario di Stato sotto Reagan. Ma fu cacciuato dopo sette mesi perché il suo estremismo filo-israeliano rasentava – anzi superava – l’insanità mentale: creava e diffondeva false informazioni, ha inventato diverse teorie del complotto – spesso riprese dai media – che sono palesemente false: per esempio, che l’attentato di Oklahoma City nel 1995 era opera di Saddam Hussein, che Obama è un musulmano, che il generale Petraeus è “soggetto alla Sharia”, che il logo della US Missile Defense Agency nasconde una mezzaluna islamica ed è “la prova della sottomissione ufficiale dell’America all’Islam”, che lo sceriffo della contea di Broward “ha legami diretti con Hamas”…; nel 2011, quando Obamam decretò la no-fly zone sulla Libia come atto preliminare per rovesciare Gheddafi, Gaffney accusò Obama di stare meditando una no-fly zone anche per una invasione americana di Israele. Forse stupirà sapere che, anziché dirigere un simile personaggio a cure psichiatriche, il candidato Ted Cruz, rivale per qualche settimana di Trump, ha annunciato che avrebbe fatto di Gaffney il suo consigliere per la sicurezza nazionale: “E’ un serio pensatore dedicato a lottare il jihadismo in tutto il mondo”, disse Ted Cruz alla CNN.

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Ora, grazie a Jared, Gaffney è nella squadra di Donald. E non è il solo: Jared Kushner è quello che ha trascinato dentro Jmes Woolsey, l’ex capo della Cia che fu probabilmente uno degli architetti dell’11 Settembre, e John Bolton.

Il giornalista investigativo Wayne Madsen si allarma di questa torma di “insetti che infettano il gruppo Trump”. Giudica particolarmente pericoloso il ben noto Michael Ledeen, che si sta scavando un posto nella futura amministrazione al seguito del generale Flynn, a cui ha scritto di fatto il libro di memorie Field of Fight.

“Leeden” ricorda l’amico ed ottimo Madsen, “è stato un danno alla sicurezza nazionale fin dai tempi dell’amministrazione Carter: era allora un giornalista, che piantò sul New York Magazine una storia inventata su presunte preoccupazioni nel controspionaggio Usa circa la presenza di una “talpa sovietica” nel governo Carter”, asserzione senza alcun fondamento. Anni dopo, Ledeen riapparve come consigliere Robert McFarlane, National Security advisor di Ronald Reagan, e in quella veste ‘consigliò’ un patto con l’Iran per un traffico d’armi – che portò alla vicenda nota come “Scandalo Iran-Contra” e quasi provocò la caduta di Reagan per impeachment. Ledeen raccomandò alla CIA un iraniano espatriato, di nome Manucher Ghorbanifar, come preziosa fonte di intelligence; presto risultò che Ghorbanifar trafficava informazioni false per denaro.

Anche nell’amministrazione Bush jr. Ledeen riuscì a inserire Ghorbanifar come informatore, con il quale architettò la storia dell’Uranio del Niger: secondo cui Saddam Hussein aveva comprato minerale d’uranio (yellowcake) per fabbricarsi l’atomica. Fu una faccenda in cui fu coinvolto anche il SISMI, lo spionaggio italiota, e costò la carriera al direttore Nicolò Pollari – ma un’invenzione che venne giusto a puntino all’amministrazione Bush e a Dick Cheney per giustificare l’invasione dell’Irak.

Poco dopo Ledeen, sempre col compare Ghorbanifar, propose alla Casa Bianca di pagare 25 milioni di dollari al gruppo terrorista iraniano anti-ayatollah Mujaheddin e-Kalk (MeK), il quale avrebbe piazzato armi chimiche e radiattive oltre il confine iraniano, in modo da incolpare Teheran di voler danneggiare le truppe americane in Irak, e quindi giustificare il tanto desiderato (da Israele) attacco Usa all’Iran. In quegli stessi giorni, da parte sua, James Woolsey, ex capo della Cia, vendeva alla Casa Bianca informazioni spionistiche su “laboratori mobili per la fabbricazione di armi biologiche” in possesso di Saddam Hussei; la fonte di tali informazioni era un iracheno fuggito all’estero, Rafid Alwan al-Janabi, noto alla Cia con lo pseudonimo di Curveball, a cui la Cia credette ( o volle credere: a quel tempo la Casa Bianca voleva pretesti per attaccare, l’Irak), e che resterà nella storia dell’agenzia come perenne vergogna.

E non basta. Tra il 2001 e il 2005 – rievoca Madsen – Michael Ledeen, attivissimo a Roma, organizzava riunioni segrete nell’ambasciata Usa fra agenti del Mossad, il capo del Sismi, ministri di Berlusconi (Gianfranco Fini, Antonio Martino) e “dissidenti iraniani”, che altri non erano che Ghorbanifar ed alcuni suoi compari – tutto allo scopo di trovare un pretesto per attaccare Irak e Iran; il tutto sotto la direzione di un funzionario dell’ambasciata, “il colonnello Franklin”. L’indagine dell’FBI ha portato all’incriminazione del funzionario Larry Franklin per aver passato documenti segreti a due dirigenti dell’AIPAC, che li hanno passati al Mossad. Ledeen fu finalmente dichiarato “persona non grata” in Italia. Ha fatto danni a una quantità di gente, per il sommo bene di Israele e la guerra senza fine all’Islam.

L’esempio serve a Madsen per concludere: “Se questi personaggi fanno il nido nell’amministrazione Trump, quel che ci guadagnerà sarà una presidenza di un termine (soli quattro anni) a causa di scandali politici provocati da accordi di retrobottega con interlocutori bugiardi e una quantità di informazioni d’informazioni falsificate”.

http://www.strategic-culture.org/news/2 ... dency.html

Ma che importa a Ledeen, se la causa è adempiuta? L’ha scritta lui stesso così, in un fondo sul Wall Street Journal del 4 settembre 2002, a proposito della “espansione della democrazia” nei paesi che l’America si preparava ad attaccare: “La stabilità è una missione insegna dell’America, e per giunta un concetto sbagliato. Noi non vogliamo ‘stabilità’ in Iran, Irak, Siria, Libano, o anche in Arabia Saudita; noi vogliamo che cambino le cose. La vera questione non è se, ma come destabilizzare”. Il piano Kivunim spiegato in tre righe.


http://www.maurizioblondet.it/nuovi-vec ... onoscerli/

Date una letta anche qui: http://www.maurizioblondet.it/liran-iln ... mpi-trump/

Tutto pronto allora... ciak motore aZIONe!! [:295]


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 Oggetto del messaggio: Re: ELEZIONI AMERICANE
MessaggioInviato: 20/11/2016, 10:47 
.. l'importante che non ci sia nessun DEM (o qualche "cinque stellle"!) [:246]
Poi si vedrà ... [^]



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 Oggetto del messaggio: Re: ELEZIONI AMERICANE
MessaggioInviato: 20/11/2016, 12:29 
Gli ebrei sono come il prezzemolo...



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 Oggetto del messaggio: Re: ELEZIONI AMERICANE
MessaggioInviato: 20/11/2016, 19:10 
TheApologist ha scritto:
Gli ebrei sono come il prezzemolo...


Sono i sionisti ed i loro "pupazzi" ad occupare posizioni strategiche, specie ai vertici politici, finanziari ed economici, non gli ebrei in quanto tali. Sono i sionisti che detengono (eccetto rari casi) il controllo della stampa e dei mezzi d'informazione a livello globale; sono loro che creano debito pubblico e mandano in bancarotta intere nazioni per poi rilevare quello che ne rimane... il sionismo è un distruttore di mondi.
Uno degli obiettivi del movimento sionista è sempre stato quello chi indirizzare la rabbia dei "gentili" verso il popolo ebraico. Attenzione a non cadere nel tranello.

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 Oggetto del messaggio: Re: ELEZIONI AMERICANE
MessaggioInviato: 20/11/2016, 21:44 
Il sionismo è un "filosofia" come il comunismo, il fascismo il nazismo ecc ecc. Essere anti sionisti vuol dire, secondo me, essere contro il principio di eccezionalità di un popolo rispetto agli altri e non contro il popolo ebreo in quanto tale. Così chi si dichiara anti nazista non è contro il popolo tedesco, ma semplicemente contro un tipologia di forma di governo RAZZISTA nelle sue basi.

Il ionismo considera gli ebrei come popolo eletto, così come il nazismo considerava la razza ariana superiore.



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 Oggetto del messaggio: Re: ELEZIONI AMERICANE
MessaggioInviato: 21/11/2016, 10:21 
Plutone77 ha scritto:
Cita:
Nuovi e vecchi “loro” attorno a Trump. Tanto vale imparare a conoscerli.

Incontriamo gli ebrei nella cerchia interna di Trump”: è un titolo esultante della Jewish Telegraphic Agency (JTA), storico strumento mediatico del sionismo. Che dice ai suoi lettori: non preoccupatevi se Trump ha nominato come suo stratega Steve Bannon, antisemita [l’etichetta non se la toglierà mai più, ndr.] ed un ammiratore del razzista bianco David Duke. Guardate invece ai suoi più intimi collaboratori di una intera vita.

Vale la pena di percorrerne i profili e impararne i nomi; conteranno molto nei prossimi anni.

Jason Greenblatt – è da 19 anni il suo avvocato per gli affari immobiliari. Ebreo ortodosso, laureato nella Yeshiva University [l’università talmudica di NewYork], Greenblatt ha ‘studiato’ in una yeshiva nei Territori Occupati negli ani ’80; uno “studio” che comprendeva anche turni di guardia armata. “Trump ha assicurato che lo vuole come suo consigliere su Israele”.

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Un consigliere oggettivo e sobrio. Greenblatt “non ha alcuna esperienza politica”, riconosce la JTA, ma “parla spesso con persone del governo isreliano, mentre non ha mai parlato con un palestinese dagli anni dei suoi studi nella yeshiva. Come sua fonte principale di informazione sullo stato ebraico, egli cita l’American Israeli Public Affair Committee” – ossia l’AIPAC, la più potente lobby di Washington, quella che storce le politiche americane in senso pro-israeliano, anche (se occorre) intimidendo gli eletti dal popolo. Sono molti i politici che hanno visto la loro carriera stroncata dall’AIPAC; al suo ordine, il politico preso di mira perde i finanziamenti, vede emergere nel suo collegio elettorale un concorrente con molti donatori, o vede persino il suo collegio elettorale essere ridisegnato in modo da escluderlo dal suo elettorato tradizionale.

Così Greenblatt, intervistato una settimana fa dalla Radio dell’Armata Israeliana, ha potuto assicurare: Trump “non imporrà alcuna soluzione allo stato dì Israele. Non vede gli insediamenti ebraici illegali come un ostacolo alla pace”.

David Friedman. Avvocato esperto in fallimenti, è da sempre il difensore di Trump. E’ figlio di un rabbino con legami di famiglia con il partito repubblicano, specie coi candidati presidenziali di detto partito: per esempio la famiglia Friedman “ospitò Ronald Reagan per il pranzo di Shabbat nel 1984”, lo stesso anno in cui (quando si dice il caso) Reagan vinse le elezioni. Friedman, oltre la magione dove abita a New York (nel quartiere di lusso di Woodmere), possiede una casa a Gerusalemme, quartiere Talbieh: altro sintomo del suo fanatismo talmudico. Solo gli ebrei che sono seppelliti in Israele risorgeranno l’ultimo giorno per dominare il mondo nel Regno. Spiega la JTA: Friedman è il promotore di una progetto di legge del partito repubblicano che ha omesso ogni riferimento alla soluzione a due stati per Israele.

Boris Epshteyn – Nato nell’83 in quella che era allora l’Unione Sovietica, costui è a New York come un topo nel formaggio: insieme banchiere d’affari, procuratore presso la magistratura contabile e stratega politico – in quest’ultima veste è stato l’addetto alla comunicazione per il senatore John McCain nel 2008, quando il noto personaggio partecipò alla ridicola campagna di Sara Palin alla Casa Bianca; McCain sarebbe stato il vicepresidente.

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Ovviamente sarà Epshteyn, russofono, al fianco di The Donald in tutte le sue trattative con Vladimir Putin. Persino la JTA gli riconosce un difetto di carattere: “abrasivo” “iracondo”, pronto a passare alle vie di fatto: nel 2014 è stato imputato per aggressione durante una rissa da bar (un comportamento che lo fa sospettare come membro della mafia ‘russa’ in Usa).

Stephen Miller
– giudeo “praticante” per sua stessa definizione, è l’autore dei più importanti discorsi di The Donald, quelli che hanno scaldato l’elettorato. Prima, Miller ha lavorato per sette anni come portaborse del senatore Jeff Sessions (Repubblicano Alaska), per il quale ha preparato la campagna in cui Sessions s’è più distinto: l’eliminazione di un progetto di legge che facilitava l’immigrazione. Ben prima di Trump, è stato Sessions (dunque il suo sottopancia Miller) a promuovere la causa del Muro da costruire lungo il confine del Messico e proporre il divieto all’immigrazione di musulmani in Usa.

Del resto la volontà di cui i media mainstream accusano Trump, ossia di voler schedare i musulmani alla frontiera, è esistito dal 2002: la legge National Security Entry-Exit Registration System, introdotta da Bush jr. ; vero che il sistema è stato abolito nel 2011, ma con la motivazione che era “ridondante”: esistono diversi altri sistemi che conservano i dati dei musulmani in USA e ne controllano tutti gli spostamenti.

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Steven Mnuchin – Uomo di Goldman Sachs, è stato il direttore della campagna di finanziamento per Trump Presidente, con la mira di raccogliere un miliardo di dollari per la causa. Membro di quella che il New York Times ha definito “una delle più influenti famiglie” di New York (lui e suo padre sono diventati ricchi a Goldman Sachs) il finanziere amico di Trump da 15 anni; si è dedicato anche al mondo dello spettacolo; possiede una ditta cinematografica che ha collaborato a film di successo come “Avatar”. Durante la campagna, Trump ha detto peste e corna di Goldman Sachs, fra il crescente entusiasmo del suo elettorato. Ora, si dice, medita di dare al suo amico Mnuchin (ossia a Goldman Sachs) il segretariato al Tesoro.

Hanno affittato le Twin Towers a Silverstein


Lewis Eisenberg
– capo del settore “private equity” del fondo speculativo Granite Capital International Group, Eisenberg presiede alle finanze del Republican National Committee. E’ – dice JTA – “uno dei pochi dirigenti della Coalizione Ebraica Repubblicana che non ha preso le distanze dalla candidature di Trump”, anzi è stato un grosso donatore. Solo 9 dei 55 dirigenti della Republican Jewish Coalition si sono dichiarati pro-Trump. Eisenberg ha assicurato la JTA che Donald “è un forte avvocato per Israele” e le sue cause.

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Notizia significativa: Eisenberg, nei giorni dell’11 Settembre, era presidente della Port Authority (l’ente portuale) di New York, la proprietaria del World Trade Center con le due torri abbattute dalla cosiddetta Al Qaeda.

Michael Glassner – Trump l’ha scelto un anno fa ad essere il suo direttore politico nazionale, perché Glassner (che ha una sua ditta di consulenza) è molto desiderato “per la sua esperienza nel rapportarsi con l’elettorato ebraico”. Per questo è stato direttore della campagna di McCain nel 2008, e prima di George W. Bush nel 2000.

Nel 2001 era il numero 2 della Port Authority di New York subito sotto Eisenberg, ed è stato lui, nell’aprile 2001, a affittare l’intero WTC con le due torri e altri cinque edifici, per 99 anni a 3,2 miliardi, a Larry Silverstein. Il noto immobiliarista J che, previdente, fece subito assicurare le due Torri contro due distinti disastri aerei. Sicché quando le Twin Towers collassarono, lui, che aveva pagato una sola rata dell’affitto di 99 anni, si fece risarcire dalle assicurazioni con 7 miliardi di dollari.

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Oggi Glassner è anche esponente di spicco dell’AIPAC (American Israeli Public Affairs Commitee), la lobby pro-Israele più temuta dai politici, e quindi la più obbedita. “Il mio interesse nella causa di Israele è cresciuto esponenzialmente dopo l’11 Settembre”, ha dichiarato Glassner: “ho capito che l’Islam radicale rappresenta una vera minaccia per tutti noi americani, e specialmente per me in quanto ebreo”. Il che va lodato come un notevole esempio di chutzpah.

Jared Kushner – il bel genero di Donald, marito di Ivanka, lo si posta in fondo ma andava messo in cima alla lista: si è fatto largo a gomitate per diventare (lui senza alcuna esperienza politica) il capo del transition team, sbattendo fuori persone più sperimentate che odiava. Secondo la JTA, che gongola, è vicinissimo al Likud, ed ha organizzato un viaggio del suocero in Israele l’anno scorso – viaggio che è stato cancellato dopo che Netanyahu ha attaccato Trump per le sue proclamate intenzioni di bandire l’immigrazione musulmana negli Usa. Trump si dice “innamorato” del suo “fantastico” genero. E il bel Jared si sta prodigando per riempire il team, e la futura amministrazione, di neocon del vecchio stampo. Per esempio Frank Gaffney: un personaggio che fu anche assistente segretario di Stato sotto Reagan. Ma fu cacciuato dopo sette mesi perché il suo estremismo filo-israeliano rasentava – anzi superava – l’insanità mentale: creava e diffondeva false informazioni, ha inventato diverse teorie del complotto – spesso riprese dai media – che sono palesemente false: per esempio, che l’attentato di Oklahoma City nel 1995 era opera di Saddam Hussein, che Obama è un musulmano, che il generale Petraeus è “soggetto alla Sharia”, che il logo della US Missile Defense Agency nasconde una mezzaluna islamica ed è “la prova della sottomissione ufficiale dell’America all’Islam”, che lo sceriffo della contea di Broward “ha legami diretti con Hamas”…; nel 2011, quando Obamam decretò la no-fly zone sulla Libia come atto preliminare per rovesciare Gheddafi, Gaffney accusò Obama di stare meditando una no-fly zone anche per una invasione americana di Israele. Forse stupirà sapere che, anziché dirigere un simile personaggio a cure psichiatriche, il candidato Ted Cruz, rivale per qualche settimana di Trump, ha annunciato che avrebbe fatto di Gaffney il suo consigliere per la sicurezza nazionale: “E’ un serio pensatore dedicato a lottare il jihadismo in tutto il mondo”, disse Ted Cruz alla CNN.

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Ora, grazie a Jared, Gaffney è nella squadra di Donald. E non è il solo: Jared Kushner è quello che ha trascinato dentro Jmes Woolsey, l’ex capo della Cia che fu probabilmente uno degli architetti dell’11 Settembre, e John Bolton.

Il giornalista investigativo Wayne Madsen si allarma di questa torma di “insetti che infettano il gruppo Trump”. Giudica particolarmente pericoloso il ben noto Michael Ledeen, che si sta scavando un posto nella futura amministrazione al seguito del generale Flynn, a cui ha scritto di fatto il libro di memorie Field of Fight.

“Leeden” ricorda l’amico ed ottimo Madsen, “è stato un danno alla sicurezza nazionale fin dai tempi dell’amministrazione Carter: era allora un giornalista, che piantò sul New York Magazine una storia inventata su presunte preoccupazioni nel controspionaggio Usa circa la presenza di una “talpa sovietica” nel governo Carter”, asserzione senza alcun fondamento. Anni dopo, Ledeen riapparve come consigliere Robert McFarlane, National Security advisor di Ronald Reagan, e in quella veste ‘consigliò’ un patto con l’Iran per un traffico d’armi – che portò alla vicenda nota come “Scandalo Iran-Contra” e quasi provocò la caduta di Reagan per impeachment. Ledeen raccomandò alla CIA un iraniano espatriato, di nome Manucher Ghorbanifar, come preziosa fonte di intelligence; presto risultò che Ghorbanifar trafficava informazioni false per denaro.

Anche nell’amministrazione Bush jr. Ledeen riuscì a inserire Ghorbanifar come informatore, con il quale architettò la storia dell’Uranio del Niger: secondo cui Saddam Hussein aveva comprato minerale d’uranio (yellowcake) per fabbricarsi l’atomica. Fu una faccenda in cui fu coinvolto anche il SISMI, lo spionaggio italiota, e costò la carriera al direttore Nicolò Pollari – ma un’invenzione che venne giusto a puntino all’amministrazione Bush e a Dick Cheney per giustificare l’invasione dell’Irak.

Poco dopo Ledeen, sempre col compare Ghorbanifar, propose alla Casa Bianca di pagare 25 milioni di dollari al gruppo terrorista iraniano anti-ayatollah Mujaheddin e-Kalk (MeK), il quale avrebbe piazzato armi chimiche e radiattive oltre il confine iraniano, in modo da incolpare Teheran di voler danneggiare le truppe americane in Irak, e quindi giustificare il tanto desiderato (da Israele) attacco Usa all’Iran. In quegli stessi giorni, da parte sua, James Woolsey, ex capo della Cia, vendeva alla Casa Bianca informazioni spionistiche su “laboratori mobili per la fabbricazione di armi biologiche” in possesso di Saddam Hussei; la fonte di tali informazioni era un iracheno fuggito all’estero, Rafid Alwan al-Janabi, noto alla Cia con lo pseudonimo di Curveball, a cui la Cia credette ( o volle credere: a quel tempo la Casa Bianca voleva pretesti per attaccare, l’Irak), e che resterà nella storia dell’agenzia come perenne vergogna.

E non basta. Tra il 2001 e il 2005 – rievoca Madsen – Michael Ledeen, attivissimo a Roma, organizzava riunioni segrete nell’ambasciata Usa fra agenti del Mossad, il capo del Sismi, ministri di Berlusconi (Gianfranco Fini, Antonio Martino) e “dissidenti iraniani”, che altri non erano che Ghorbanifar ed alcuni suoi compari – tutto allo scopo di trovare un pretesto per attaccare Irak e Iran; il tutto sotto la direzione di un funzionario dell’ambasciata, “il colonnello Franklin”. L’indagine dell’FBI ha portato all’incriminazione del funzionario Larry Franklin per aver passato documenti segreti a due dirigenti dell’AIPAC, che li hanno passati al Mossad. Ledeen fu finalmente dichiarato “persona non grata” in Italia. Ha fatto danni a una quantità di gente, per il sommo bene di Israele e la guerra senza fine all’Islam.

L’esempio serve a Madsen per concludere: “Se questi personaggi fanno il nido nell’amministrazione Trump, quel che ci guadagnerà sarà una presidenza di un termine (soli quattro anni) a causa di scandali politici provocati da accordi di retrobottega con interlocutori bugiardi e una quantità di informazioni d’informazioni falsificate”.

http://www.strategic-culture.org/news/2 ... dency.html

Ma che importa a Ledeen, se la causa è adempiuta? L’ha scritta lui stesso così, in un fondo sul Wall Street Journal del 4 settembre 2002, a proposito della “espansione della democrazia” nei paesi che l’America si preparava ad attaccare: “La stabilità è una missione insegna dell’America, e per giunta un concetto sbagliato. Noi non vogliamo ‘stabilità’ in Iran, Irak, Siria, Libano, o anche in Arabia Saudita; noi vogliamo che cambino le cose. La vera questione non è se, ma come destabilizzare”. Il piano Kivunim spiegato in tre righe.


http://www.maurizioblondet.it/nuovi-vec ... onoscerli/

Date una letta anche qui: http://www.maurizioblondet.it/liran-iln ... mpi-trump/

Tutto pronto allora... ciak motore aZIONe!! [:295]


anche i clintoniani sono/erano pieni di sicuro
di sionisti fanatici..
vediamo che fa trump..
poi ogni famiglia ha le sue gatte da pelare..
in ogni caso è meglio aspettare le nomine ufficiali,
parlare prima è precipitoso,
ma ladeen è ancora vivo?



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https://roma.corriere.it/notizie/politi ... 0b7e.shtml
Conte ripercorre le tappe della crisi: «Vorrei ricordare che con la parlamentarizzazione della crisi la Lega ha poi formalmente ritirato la mozione di sfiducia, ha dimostrato di voler proseguire, sono stato io che ho detto “assolutamente no”perché per me quell’esperienza politica era chiusa».


http://www.lefigaro.fr/international/mi ... e-20190923
il stipule que les États membres qui souscrivent à ce dispositif de relocalisation des personnes débarquées en Italie et à Malte s’engagent pour une durée limitée à six mois - éventuellement renouvelable. Le mécanisme de répartition serait ainsi révocable à tout moment au cas où l’afflux de migrants vers les ports d’Italie et de Malte devait s’emballer.
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 Oggetto del messaggio: Re: ELEZIONI AMERICANE
MessaggioInviato: 21/11/2016, 20:04 
Si vabbè ma fare Segretario del Tesoro un uomo di Goldman Sachs a me non sembra un "cambio di direzione", magari ci ripensa.
Comunque hai ragione, aspettiamo e vediamo cosa succede.

La candidatura alla Difesa di James "Mad Dog" Mattis... quella mi piace!! [:D] [:D] [:D]
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 Oggetto del messaggio: Re: ELEZIONI AMERICANE
MessaggioInviato: 26/11/2016, 21:43 
Presidenziali Usa, ora Clinton aderisce a riconteggio voti in Wisconsin

Il "fronte Hillary" annuncia che parteciperà all'iniziativa di verifica lanciata dalla candidata dei Verdi Jill Stein: "Non abbiamo trovato segni di sabotaggio, ma parteciperemo alle verifiche"

26 novembre 2016

Immagine(ap) Ricontare i voti: è questa la parola d'ordine degli avversari di Donald Trump. E da oggi, è anche la parola d'ordine di Hillary Clinton. Un gruppo di attivisti, supportati dai sospetti di alcuni esperti informatici e rappresentati dall'altra sconfitta delle elezioni, la candidata verde Jill Stein, ha chiesto il riconteggio in particolare in tre stati chiave: Wisconsin (che elegge 10 delegati), Michigan (16 grandi elettori) e Pennsylvania (20 delegati). Qui Donald Trump ha vinto per lo 0,7%, l'1,2% e lo 0,3%. Tre Stati decisivi, con 46 delegati in tutto, eppure solo poco più di 100mila voti di distanza del repubblicano sulla democratica.

Percentuali irrisorie, che secondo Stein e i suoi supporter potrebbero esser dovute a hackeraggio informatico. Perciò la leader ha avviato una campagna di crowdfunding, ottenendo un ingombrante risultato: oltre 5,3 milioni di dollari in pochi giorni. Tutto è pronto per ricontare, a cominciare dal Wisconsin. Lo staff di Clinton ora aderisce all'iniziativa e parteciperà al riconteggio nel primo degli Stati coinvolti.

LEGGIL'esperto di cyberguerra: "Così il voto Usa rischia di essere hackerato"

"Non abbiamo trovato segnali sabotaggio", dice l'entourage di Clinton. "Ma siamo pronti a prender parte alle verifiche". Marc Eric Elias, che è il consulente legale per la campagna di Clinton, ha spiegato la presa di posizione in un lungo post sul suo blog: nessun assist a chi afferma che il voto sia stato sabotato, ma anche l'impegno perché il processo di riconteggio trovi il supporto di tutte le parti coinvolte.

"Abbiamo ricevuto centinaia di messaggi e di richieste di fare qualcosa", scrive Elias, "e prendiamo queste preoccupazioni molto sul serio. Queste elezioni sono state uniche per quel che riguarda le interferenze estere, lo abbiamo visto con l'hackeraggio delle mail dei democratici. Perciò, con serenità, abbiamo intrapreso tutti i passi necessari per escludere con certezza ogni forma di condizionamento delle operazioni di voto".

http://www.repubblica.it/esteri/2016/11 ... 87891/?rss



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 Oggetto del messaggio: Re: ELEZIONI AMERICANE
MessaggioInviato: 31/12/2016, 10:04 
Che squallore Obama! Ora capite che uomo è
(E perché Trump fa tanta paura)


Eh sì, ora potete verificare di persona che tipo di persona sia Barack Obama. E soprattutto potete rendervi conto di quanto importante e destabilizzante sia stata la vittoria di Trump, che ha posto fine a un lunghissimo periodo di potere esercitato da un gruppo élitario – neoconservatore ma non solo – che, ha dominato Washington, rovinando sia gli Usa sia il mondo.

Circa tre settimane fa in un’intervista al blog di Beppe Grillo affermavo che l’establishment di Obama, che riva le sue radici strategiche e ideologiche nell’amministrazione Bush, avrebbe fatto di tutto per mettere in difficoltà o addirittura impedire l’elezione di Trump.

Guarda su youtube.com


Avete visto cos’è successo negli Stati Uniti: manifestazioni di piazza, riconteggio dei voti in alcuni Stati, pressioni senza precedenti sui Grandi Elettori affinché rinnegassero il voto popolare. Tutto inutile, per fortuna. Per fermare Trump restano solo due modi: un colpo di stato parlamentare o l’eliminazione fisica. Entrambi non ipotizzabili, al momento.

La reazione scomposta di Obama in questi giorni, però, non rivela solo la stizza di un presidente uscente e la scarsa caratura di un uomo ampiamente sopravvalutato, evidenzia soprattutto la frustrazione di un clan che vede svanire il perseguimento dei propri obiettivi strategici. Infatti:
gli Usa hanno perso la guerra in Siria, combattuta la fianco dei peggiori gruppi fondamentalisti.
Nessun rappresentante dell’establishment uscente è stato eletto nei posti chiave dell’Amministrazione Trump.
La globalizzazione e il continuo smantellamento delle sovranità nazionali non sono più garantite, anzi rischiano di essere fermate da Trump che crede nei valori e negli interessi nazionali.

L’obiettivo di conquistare il controllo dell’Eurasia, facendo cadere Putin, sostituendolo con un presidente filomaericano, è fallito; Putin oggi è più forte che mai. Persino Israele, che si è subito allineata a Trump, è diventata ostile. Il via libera alla Risoluzione Onu rappresenta un’inversione a “U” clamorosa e dai chiari intenti punitivi.

90-2Le ultime decisioni dell’Amministrazione Obama segnalano il tentativo di far deragliare il nuovo corso di Trump o perlomeno di metterlo in fortissima difficoltà sia con Israele, sia, soprattutto, con la Russia. La speranza segreta della Casa Bianca era che Putin potesse cedere a una reazione impulsiva, tale da mettere davvero in imbarazzo Trump. E invece il presidente russo ha tenuto i nervi a posto. Anzi ha dato a Obama l’ennesima lezione di stile, rifiutandosi di espellere a propria volta 35 diplomatici americani. Le nuove sanzioni e l’espulsione di 35 diplomatici russi sono comunque un colpo basso, tale da provocare tensioni con il Congresso, ma non così gravi da far desistere Trump dall’avviare un nuovo corso con Putin.

Quanto alle accuse di ingerenze russe nel voto americano sono risibili, pretestuose, come spiego nella breve intervista al blog di Beppe Grillo (trovate qui anche la trascrizione http://www.ilblogdellestelle.it/chi_vuo ... .html).

Quel che conta, alla fine di un incredibile 2016, è la sostanza. Ovvero: il clan che ha governato l’America per almeno 16 anni lascia per la prima volta il potere. E chi si è opposto, dentro e fuori gli Usa, a politiche egemoniche autenticamente neoimperiali trova motivi di speranza.

Ed è un’ottima notizia per il mondo.


Auguri a tutti.



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"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

"Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero". Proverbio Arabo

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 Oggetto del messaggio: Re: ELEZIONI AMERICANE
MessaggioInviato: 31/12/2016, 17:38 
[:291] .. è per questo che lo difendevo (ed ho paura che lo facciano secco)!



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 Oggetto del messaggio: Re: ELEZIONI AMERICANE
MessaggioInviato: 01/01/2017, 17:54 
Barack in ginocchio


Luttwak brutalizza Obama: "È finito, come l'ha ridotto Putin"

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Un bambino stizzito e vendicativo, una fine patetica. Non va per il sottile Edward Luttwak, che in un'intervista commenta così, senza troppi giri di parole, il finale di presidenza di Barack Obama. Lui caccia 35 russi dal suolo americano con l'accusa di spionaggio e Vladimir Putin, invece che buttare fuori altrettanti diplomatici americani dalla Russia, fa finta di nulla e, anzi, fa pure gli auguri a Barack. Una umiliazione, sottolinea il politologo americano, che ha due motivazioni.

"Non reagendo Putin vuole dimostrare che Obama non conta più nulla. Che il suo è il dispetto di un personaggio frustrato e rancoroso. Che non si rassegna ad accettare la sconfitta elettorale della candidata democratica Hillary Clinton. Che vuole compromettere più di quanto abbia già fatto il futuro delle relazioni russo-americane. Che vuole legare le mani al suo successore Donald Trump".

La seconda è che in realtà lo scandalo delle mail rubate alla Clinton porta con sé una domanda molto più importante e imbarazzante per Obama e i democratici: "Erano vere o erano false? Se erano vere, come pare nel caso del sabotaggio subito da Bernie Sanders (il rivale della Clinton nelle primarie democratiche, ndr) gli elettori americani dovrebbero essere grati a Wikileaks che si è assunta la responsabilità della pubblicazione, li ha aiutati a chiarirsi le idee e a scegliere". Tra l'altro, aggiunge Luttwak, non ci sono prove che dietro Assange e Wikileaks, responsabili della pubblicazione di quelle mail, ci sia il Cremlino. "A questo punto - conclude Luttwak - le espulsioni decise da Obama appaiono frutto di una reazione avventata se non addirittura infantile. Non è sbagliato dirlo". A Putin non resta che aspettare Trump, che "può annullare con un colpo di penna quelle espulsioni. E allora la strada sarà libera per prospettive nuove sia in politica che in economia. Queste sono le priorità di Trump e di Putin. Avrebbe dovuto immaginarlo anche Obama".

http://www.liberoquotidiano.it/news/est ... -usa-.html



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 Oggetto del messaggio: Re: ELEZIONI AMERICANE
MessaggioInviato: 02/01/2017, 12:36 
Obama, il perdente che non sa perdere

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Nella storia presidenziale degli Stati Uniti d’America è sempre stata buona prassi considerare il periodo che intercorre dalle elezioni di novembre all’insediamento del nuovo Presidente, come un periodo di interregno. Una sorta di vacatio legis dove l’uomo forte uscente evita di prendere decisioni importanti, tese a complicare la strada del prossimo inquilino della Casa Bianca.

È una tradizione non scritta dettata soprattutto dal buon senso. Anche quando il passaggio di consegne non comporta un cambio di colore politico (negli ultimi 50 anni è accaduto solo tra Reagan e Bush padre), l’inizio dei lavori per il nuovo Presidente è sempre difficile, se non altro per il periodo di rodaggio necessario alla nuova squadra per entrare in confidenza con i nuovi superpoteri. Rendere le cose ancora più difficili sarebbe una caduta di stile e un atto irresponsabile verso la stabilità e la sicurezza nazionale.


Barak Obama, indicato anche in campo democratico come uno tra i peggiori presidenti di sempre in politica estera, ha rotto questa tradizione, rendendo più amara un’uscita di scena già di per sé tutt’altro che trionfale.


Come tutti i presidenti con doppio mandato, Obama non ha mai perso nei confronti elettorali: lo sta facendo però sul piano dello stile e fatto ancor più grave, sotto il profilo dei contenuti. A pochi giorni dall’addio alla Casa Bianca compie un atto apertamente ostile a livello diplomatico, espellendo 35 funzionari russi con la gravissima accusa di compiere atti di spionaggio, mascherati dallo status di diplomatico.

La prova di forza, ennesima di un mandato poco coerente col Premio Nobel per la pace assegnatogli preventivamente, ufficialmente serve a mettere in guardia popolo americano, Congresso e nuovo staff presidenziale sulle minacce che derivano dalle interferenze russe nella politica interna americana. In sostanza Obama accusa apertamente Mosca di aver avuto un ruolo non secondario nella vittoria di Trump l’8 novembre, e qualcuno del suo entourage è arrivato a definire il nuovo Presidente addirittura come un uomo del Cremlino.

Nella realtà sono in molti a leggere nella mossa di Obama un colpo basso diretto al nuovo Presidente che già in campagna elettorale aveva reso pubbliche la sua intenzione di cambiare rotta ai rapporti con Mosca, inaugurando un periodo di potenziale collaborazione.

La nuova dose di veleno gettata nelle relazioni bilaterali va a sommarsi alle pesanti eredità lasciate da Obama (e dalle amministrazioni precedenti…) e con ogni probabilità aumenta la pendenza del percorso che il tycoon neworchese affronterà nelle prime settimane di carica.

Per ora il Cremlino risponde con sarcasmo, inviando gli auguri e astenendosi da ritorsioni immediate. Come l’amore, la guerra si fa in due (almeno): la nuova Guerra fredda, tanto auspicata dagli ambienti vicini alla Clinton, probabilmente quindi non ci sarà, almeno nella misura in cui Trump terrà fede ai programmi elettorali.

Obama, con un briciolo di stile e di ironia in più, avrebbe potuto evitare di alzare polvere. Se fosse vero che Mosca ha messo il naso sulle elezioni americane, avrebbe potuto semplicemente far cuocere Trump e i filorussi nel proprio brodo, lasciando che arrivassero i frutti di tanta discussa semina. L’atto isterico di espulsione dei diplomatici russi invece non ha un rilievo pratico particolare perché probabilmente non avrà seguito. In sostanza non aiuta nessuno: né la sicurezza USA, né quella globale, né tantomeno il prestigio e il ricordo di un mandato presidenziale mediocre.

http://www.difesaonline.it/geopolitica/ ... sa-perdere



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 Oggetto del messaggio: Re: ELEZIONI AMERICANE
MessaggioInviato: 02/01/2017, 16:34 
questi veramente stanno a rosicare da matti..
non si capacitano..
tutto è per delegittimare trump..
che poi a ben vedere
da che pulpito..
c siamo dimenticati l'affaire di snowden,
le intercettazioni della nsa,
il colpo di stato organizzato in ucraina..??



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 Oggetto del messaggio: Re: ELEZIONI AMERICANE
MessaggioInviato: 02/01/2017, 17:03 
Ma la talpa non era uno dello staff di Sanders? E allora che la piantino!
Questa storia degli hacker russi era l'ennesimo pretesto per stuzzicare la Russia, dopo l'Ucraina, la Siria, le sanzioni.
In questi anni l'obbiettivo era far fuori Putin, costringerlo a dare di testa, esportare democrazia pure in Russia e mettere le mani sui giacimenti.

Con tutta la "buona volontà" non ci sono riusciti, e queste reazioni di stizza da bambini dell'asilo ne sono la dimostrazione.



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“Questa crisi, questo disastro [europeo] è artificiale, e in sostanza questo disastro artificiale ha quattro lettere: EURO.”
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