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MessaggioInviato: 22/01/2013, 20:33 
Poveri e inattivi: la fotografia dell’Istat
http://www.t-mag.it/2013/01/22/poveri-e ... dellistat/


Insomma, OGGI in Italia ci sono 8,2 milioni di individui poveri....
E il 37,8% della popolazione è composta da "inattivi"...

Che dire?

GRAZIE ANCORA EUROPA!



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"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

"Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero". Proverbio Arabo

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MessaggioInviato: 22/01/2013, 23:03 
..senza contare che i redditi degli italiani sono arretrati a quelli di oltre 25 anni fa.......ma i colpevoli di tale iattura dovranno pagare e' supponibile......... [:(!] [:(!]


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MessaggioInviato: 23/01/2013, 11:08 
Cita:
Thethirdeye ha scritto:


Poveri e inattivi: la fotografia dell’Istat
http://www.t-mag.it/2013/01/22/poveri-e ... dellistat/


Insomma, OGGI in Italia ci sono 8,2 milioni di individui poveri....
E il 37,8% della popolazione è composta da "inattivi"...

Che dire?

GRAZIE ANCORA EUROPA!



Dimenticavo..... 100.000 aziende SCOMPARSE nel 2012!!!

Ma che bello eh??? Votate, votate per l'EUROPA!!!



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MessaggioInviato: 23/01/2013, 12:00 
Grazie Prrrrrodi!



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MessaggioInviato: 23/01/2013, 20:46 
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MessaggioInviato: 23/01/2013, 20:47 
ATTACCO DIRETTO ALL'NWO! Matthias Rath ascoltiamo le sue parole.

[BBvideo]http://www.youtube.com/watch?v=ic85gngIe5Y[/BBvideo]

In occasione della conferenza tenutasi il 13 marzo 2012 a Berlino, il Dr. Matthias Rath lancia un appello al popolo della Germania e dell'Europa invitandoli ad assumersi le proprie responsabilità. Il "nuovo ordine mondiale" ha ucciso centinaia di milioni di persone per il dominio mondiale.

Si tratta di un invito a costruire un'Europa democratica fatta per il popolo e dal popolo e a sviluppare un nuovo sistema sanitario focalizzato sulla prevenzione e sull'eradicazione delle malattie in tutto il mondo, e non all'arricchimento di pochi con i miliardi di dollari intascati dalle industrie farmaceutiche che invece di combattere i virus, li inventano.

I risultati di ricerche scientifiche sui rimedi naturali hanno già dimostrato che l'applicazione di queste soluzioni ridurrà la frequenza di molte malattie largamente diffuse ad una frazione minima del loro livello attuale.

Ma questo splendido "mondo senza malattie" non ci sarà consegnato su un vassoio d'argento, poiché ciascuno di questi mali è un mercato multi-miliardario per l'industria farmaceutica.

Se vogliamo creare questo mondo per noi e per i nostri figli, dobbiamo agire, ora! Condividiamo il più possibile.

Source: ATTACCO DIRETTO ALL'NWO! Matth...mo le sue parole. - Mentereale



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MessaggioInviato: 23/01/2013, 22:22 
avete sentito ?
cameron nel 2017,
se vince le elezioni
vuole un referendum sull'europa..

l'avesse detto qualcunaltro,
chessò bulgaria, ecc.
sarebbero partite le sanzioni,
le censure,
ecc.
lo dice cameron e va tutto bene..



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https://roma.corriere.it/notizie/politi ... 0b7e.shtml
Conte ripercorre le tappe della crisi: «Vorrei ricordare che con la parlamentarizzazione della crisi la Lega ha poi formalmente ritirato la mozione di sfiducia, ha dimostrato di voler proseguire, sono stato io che ho detto “assolutamente no”perché per me quell’esperienza politica era chiusa».


http://www.lefigaro.fr/international/mi ... e-20190923
il stipule que les États membres qui souscrivent à ce dispositif de relocalisation des personnes débarquées en Italie et à Malte s’engagent pour une durée limitée à six mois - éventuellement renouvelable. Le mécanisme de répartition serait ainsi révocable à tout moment au cas où l’afflux de migrants vers les ports d’Italie et de Malte devait s’emballer.
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MessaggioInviato: 23/01/2013, 22:52 
si, ma nel 2017 potrebbe non esistere nemmeno più il governo inglese... !! tra 4 anni.. è un'eternità!


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MessaggioInviato: 23/01/2013, 23:05 
Cita:
Sirius ha scritto:

si, ma nel 2017 potrebbe non esistere nemmeno più il governo inglese... !! tra 4 anni.. è un'eternità!


[;)]



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MessaggioInviato: 24/01/2013, 00:06 
Per quanto mi riguarda fa la figura del pagliaccio anche lui... cosa vuol dire se vince le elezioni nel 2017, quando, alla velocità con la quale corre il mondo, tutto potrebbe essere cambiato...

Fallo adesso che sei al governo se hai davvero, come ha dichiarato essere nelle sue intenzioni, voglia di 'cambiare le cose'.

Mi viene da chiedere che cosa stia aspettando l'amico Cameron... forse una guerra??? Magari dopo la salita al trono di William??? [8]



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MessaggioInviato: 25/01/2013, 21:56 
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http://blog.libero.it/terrapagana/11870225.html


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MessaggioInviato: 26/01/2013, 20:20 
L’ITALIA PUO’ FALLIRE: ORA ANCHE PER LEGGE

- di Paolo Cardenà -

Esistono chiari segnali che ci informano che la ristrutturazione del debito pubblico italiano, non è affatto una ipotesi impossibile. Anzi, a dirla tutta, le probabilità che ciò avvenga aumentano di giorno in giorno con l’aggravarsi della crisi economica, che tende a rendere sempre meno sostenibile il debito pubblico. Debito, che ha sforato il tetto dei 2000 miliardi, con un trend in notevole ascesa soprattutto nell’ultimo anno, dove il debito pubblico, nonostante la spremitura di tasse operata da parte del governo Monti, è cresciuto di oltre 100 miliardi di euro.


E’ evidente che, al netto di quanto viene rappresentato dai media e dai nostri governanti a proposito della sostenibilità del nostro debito pubblico, esiste certamente un buon numero di ragioni per essere abbastanza preoccupati sulla possibilità che possa verificarsi un evento creditizio. E tale preoccupazione nasce da una semplice consapevolezza: il debito pubblico italiano, nella sua connotazione attuale, è difficilmente ripagabile. Questa consapevolezza, aumenta con il protrarsi di questa crisi che sembra inasprirsi sempre più.
Il timore di un evento creditizio sul debito sovrano italiano, è confermato proprio leggendo un comunicato stampa del Ministero dell’Economia e delle Finanze, il n. 186 del 19/12/2012, nel quale si legge espressamente:



“E’ stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana del 18 dicembre 2012 il decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze del 7 dicembre 2012, con il quale è stabilito che, a partire dal 1° gennaio 2013, le nuove emissioni di titoli di Stato aventi scadenza superiore ad un anno saranno soggette alle clausole di azione collettiva (CACs). Il decreto precisa che per nuove emissioni si intendono quelle la cui prima tranche è emessa a partire dal 1° gennaio 2013. L’introduzione delle CACs nei titoli di Stato, obbligatoria ai sensi del Trattato sul Meccanismo Europeo di Stabilità segue lo schema approvato dal Comitato Economico e Finanziario dell’Unione Europea. Fanno parte integrante del decreto due allegati, il primo dei quali (allegato A) riporta le clausole per tutti i tipi esistenti di Buoni del Tesoro Poliennali, inclusi quelli indicizzati all’inflazione (BTP€i e BTP Italia), e di Certificati di Credito del Tesoro, inclusi quelli zero-coupon (CTZ). L’allegato B, invece, riguarda eventuali emissioni di titoli aventi caratteristiche differenti o di diversa tipologia rispetto a quelli citati,. Le CACs saranno introdotte anche per le emissioni sui mercati internazionali. Le CACs hanno impatto anche sull’attività di stripping così come prevista nel nuovo decreto ministeriale, anch’esso del 7 dicembre 2012, in quanto non vi sarà fungibilità tra componenti separate di titoli soggetti alle CACs e componenti separate di titoli non soggetti alle dette clausole.”



Il significato di questo comunicato, lo spiega un ottimo articolo di Pasquale Marinelli, pubblicato sul suo Blog:




“Ebbene, eccovi un’interessante notizia. Da quest’anno, come stabilito nel trattato che istituisce il fondo salva stati (ESM), tutti i paesi europei sono obbligati ad applicare le Clausole di Azione Collettiva (CAC) sui propri titoli di debito pubblico di nuova emissione. Leggete qui il comunicato del ministero del’economia e delle finanze.Cosa sono le CAC? Esse sono postille (vere e proprie clausole vessatorie) previste sui nuovi titoli di stato di durata superiore a 12 mesi, emessi da ogni paese europeo aderente all’ESM (leggi qui il trattato), con la prima cedola scadente a partire dalla data del 1 gennaio 2013. Le CAC regolano la possibilità, per uno stato che versa in una condizione di crisi del debito sovrano, di ricontrattare interessi, scadenze e di proporre agli investitori lo scambio con obbligazioni di diversa tipologia. Gli accordi europei prevedono espressamente che l’emissione di titoli di debito pubblico con le CAC non deve superare il 45% del totale emesso in un anno (leggi qui le linee guida del dipartimento del tesoro, sulla gestione del debito pubblico del 2013).In pratica, grazie al trattato che istituisce il fondo salva stati (a cui anche l’Italia ha aderito), BOT e BTP non saranno più garantiti dallo stato. Ogni paese europeo, infatti, potrà legittimamente rinegoziare la propria esposizione debitoria con gli investitori, facendo saltare all’aria gli accordi originari divenuti per esso insostenibili (un po’ come già accade in Italia con la previdenza sociale; passano gli anni e lo stato modifica continuamente le condizioni per andare in pensione, facendo subire un danno al contribuente il quale vede sempre di più allontanarsi il giorno in cui poter accedere alla pensione e sempre più diminuire la sua entità).Il limite di emissione del 45% è sicuramente una tutela affinché la maggior parte dei titoli di debito pubblico di nuova emissione resti garantito così come lo sono sempre stati. Ma io non ci conterei troppo; quanto tempo passerà affinché tale limite venga modificato e aumentato, fino ad avvicinarsi al 100%? Che grado di affidabilità avrebbero questi titoli nei confronti degli investitori, di cui lo stato emittente può cambiare le condizioni iniziali di sottoscrizione, quando e come più conviene ad esso? Certo, il rendimento di questa nuova tipologia di titoli pubblici sarebbe più alto rispetto a quelli tradizionali, proprio perché in essi sarebbe insito il rischio di ricontrattazione in negativo da parte dello stato, in caso di default. Ma se ciò è espressamente previsto in queste CAC le quali, per legge, possono essere aggiunte ai titoli di debito pubblico di nuova emissione, allora questo trattato sfaterebbe il secolare mito, secondo il quale investire in titoli di stato sarebbe un investimento sicuro. In definitiva, dal 2013 il fallimento di uno stato è previsto per legge.Noi, umili blogger studiosi dei fenomeni economici, sono anni che mettiamo in allerta le famiglie risparmiatrici circa il fatto che i titoli pubblici non sono sicuri come ci hanno sempre insegnato, che gli stati come l’Italia sono a rischio di fallimento. Ci è stato sempre replicato (soprattutto dagli economisti, quelli sapientoni) che un soggetto statale è un’entità troppo grande per fallire e non garantire il proprio debito. Ma allora, se così fosse, perché prendere l’iniziativa di adottare queste clausole che, di fatto, pongono gli stati in una posizione privilegiata rispetto all’investitore, in caso di rischio? A quale rischio lo stato si cautelerebbe, grazie all’adozione di queste clausole, se non a quello di finire con le gambe all’aria?Visto che la legge è la legge, da oggi è certo, lo possiamo dire tutti (anche quegli economisti sapientoni) che i titoli di debito pubblico non sono titoli da investimento sicuro e che uno stato può fallire. Adesso lo dice anche la legge!”

Quindi, in buona sostanza, con l’adozione di tali clausole (CAC), diventa legge la possibilità di ristrutturare il debito sovrano (default).

La Clausola di azione collettiva e’ stata finora inserita e attivata retroattivamente nella prima ristrutturazione del debito pubblico della Grecia in mano ai privati. Allora, marzo 2012, le adesioni degli investitori avevano toccato l’85% dei titoli oggetto della ristrutturazione contro una soglia minima del 95%, che fu raggiunta proprio attivando la Cac che, fissando un quorum di maggioranza tra i possessori dei bond ellenici oggetto della ristrutturazione,estendeva l’obbligo di adesione, e di perdite, anche a coloro che non avevano aderito alla proposta.

Secondo alcuni analisti, è ancora presto per determinare gli effetti dell’introduzione della Cac sul mercato del debito pubblico. La presenza di questa clausola, potrebbe determinare una modesta segmentazione nei rendimenti dei titoli di stato collocati da una stato dell’Eurozona.

Quelli emessi fino al 31 dicembre 2012, dovrebbero, almeno sul piano teorico, offrire rendimenti leggermente inferiori a quelli di nuova emissione, in quanto questi ultimi incorporano un elemento coercitivo di rischio nel caso di ristrutturazione del debito.


http://www.vincitorievinti.com/2013/01/ ... legge.html


Tratto da: L’ITALIA PUO’ FALLIRE: ORA ANCHE PER LEGGE | Informare per Resistere http://www.informarexresistere.fr/2013/ ... z2J6w4wczU
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http://www.informarexresistere.fr/2013/ ... z2J6vpSppB


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MessaggioInviato: 27/01/2013, 02:03 
Cita:


Spettacolare e.... realistico come poche cose.... [:255]



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MessaggioInviato: 27/01/2013, 17:32 
Qual e' il vero obiettivo delle politiche di austerità? Solo in Italia l’applicazione del Fiscal Compact costerebbe una manovra di 45 miliardi di euro l’anno. I tecnocratici non sono impreparati: e' un piano deliberato. Distruggere, prima di costruire l'Europa Stato. L'opinione di Giuseppe Cirillo






ROMA (WSI) - Al nono giorno consecutivo di sciopero della metropolitana, il governo ha disposto una legge di emergenza che obbliga i lavoratori a tornare al lavoro. I lavoratori con coraggio hanno continuato anche stamattina la loro mobilitazione, di conseguenza la polizia è intervenuta scontrandosi con gli scioperanti, arrestandone dieci e ferendo una donna. Non è chiaro se oggi la metro tornerà a funzionare anche perché è stato indetto uno sciopero dei trasporti e delle ferrovie.

Ormai la tensione in Grecia è in un crescendo continuo e i lavoratori non hanno paura di continuare anche a costo della galera la loro battaglia contro uno stato ostaggio dei diktat degli usurai internazionali. Ma questo è solo uno dei tanti episodi di ribellione e intolleranza che stanno colpendo la disastrata Grecia. Domenica scorsa ci fu un attentato esplosivo rivendicato dagli anarchici in un centro commerciale che provocò due feriti e ancora prima furono spati colpi di kalashnikov verso la sede del partito Nuova Democrazia, leader della coalizione di governo. E in tutta questa tensione si aggiunge la costante crescita dei partiti di estrema sinistra e di estrema destra e l’aumento di casi di violenze a sfondo razziale. Il partito neonazista Alba Dorata, protagonista di queste violenze, è ora dato al 10%, un dato enorme considerando che il partito fino a pochi anni fa non superava l’1%.

Ma che paese è la Grecia dopo queste politiche di austerità? E’ un paese con debito al 152%, in continua crescita, con una liquidità dipendente dalle tranche di aiuti internazionali, con una recessione di 4,5 punti del Pil e con una disoccupazione esplosa al 26% e che potrebbe toccare il 30% nel 2013, cioè una persona su tre senza lavoro.

La Grecia è entrata in un vortice dove l’impossibilità di rivolgersi ai mercati per finanziarsi provoca la richiesta di aiuti all’Europa e al FMI, che a loro volta per concederli richiedono l’austerità, che a sua volta provoca la recessione che implica il conseguente peggioramento dei conti pubblici e quindi una crescita del debito e la richiesta di nuovi aiuti e via dicendo. Una spirale distruttiva che sta cancellando la nazione greca e che attirerà nel suo vortice, come un buco nero, tutto i paesi europei che si sono indebitati per aiutarla, che a loro volta sono agli inizi di questa spirale.

La mia domanda è questa: possibile che i preparatissimi tecnici ed economisti europei e internazionali non capiscano l’elementare regola che l’austerità durante una crisi economica non può che portare una crisi sempre più grave? E’ come provare a spegnere un’incendio buttandoci benzina al posto dell’acqua. L’antidoto naturale alle crisi è una politica di rilancio economico non il contrario. Però possiamo concedere loro, che essendo la Grecia la prima nazione ad essere entrata nella crisi dei debiti sovrani, si sia attuata una politica sbagliata.

Ma possibile che la stessa politica economica dopo aver visto i risultati economici disastrosi che portava in Grecia, sia stata replicata egualmente in Portogallo, Spagna, Italia, Francia e presto anche in Germania? E i risultati non sono stati differenti, dato che tutti paesi colpiti dalle manovre di austerità hanno peggiorato gravemente la loro crisi economica.

Parliamo anche del Fiscal Compact, un accordo dove i paesi con debiti superiori al 60% si impegnano a diminuire il loro debito 1/20 ogni anno. E rendiamoci conto che, nel caso dell’Italia, anche solo ipotizzando di rimanere in stagnazione (quando invece sicuramente saremo in recessione), l’applicazione del Fiscal Compact ci costerebbe una manovra di 45 miliardi di euro l’anno; una tassa pesante come l’IMU ha portato "solo" 30 miliardi. Una manovra di tale portata sarebbe insostenibile. Quindi la mia domanda finale è: possibile che una politica tanto scellerata sia stata fatta solo per incapacità?

La mia personalissima opinione è che, la distruzione dell’economie nazionali e l’espropriazione della sovranità nazionale da parte degli organismi comunitari siano un piano deliberato, per la creazione dell’Europa Stato. E ai tecnocrati e banchieri non importa se questo porterà le macerie in Europa, perché loro credono sicuramente che bisogna distruggere, prima di costruire. Questa non è una tesi complottistica come possono pensare alcuni, ma è un legittimo dubbio sul fatto che persone intelligenti e preparate come i tecnocrati e i banchieri europei non si rendano conto delle conseguenze delle politiche economiche di austerità e sia tutto frutto della loro incapacità. Mi dispiace ma io non ci credo.


Il contenuto di questo articolo, pubblicato da Hescaton - che ringraziamo - esprime il pensiero dell' autore e non necessariamente rappresenta

http://www.wallstreetitalia.com/article ... ciale.aspx

ma tutti questi sacrifici x cosa e x chi,oramia la situazione economica greca e'insostenibile,ulteriori sacrifici li farebbero ritornare al medioevo,forse gia' ci sono.....


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INTERVISTA A EMILIANO BRANCACCIO: L’INTERPRETAZIONE LIBERISTA DELLA CRISI DEL MONTEPASCHI E’ FUORVIANTE E MANICHEA. IL PROBLEMA NON E’ L’INGERENZA DELLA POLITICA, MA L’ADESIONE ALLA LOGICA SPECULATIVA DEL MERCATO. ANZICHE’ TAMPONARE CON PRESTITI, LO STATO DOVREBBE AVVIARE UN PERCORSO VERSO LA NAZIONALIZZAZIONE

«Trovo maldestro, al limite del comico, il tentativo di certi media di valutare il caso del Montepaschi come un effetto di ingerenze politiche nella gestione bancaria. Sergio Rizzo, sul Corsera, ha addirittura candidamente affermato che il problema chiave sarebbe la dipendenza della banca senese dal potere politico. A suo avviso, quindi, per risolvere i problemi di MPS è sufficiente che la politica faccia un passo indietro e lasci la banca alle logiche del mercato.

Ma qualsiasi osservatore che non abbia il prosciutto dell’ideologia liberista sugli occhi sa bene che questa è una interpretazione fuorviante e manichea dei fatti. La verità è un’altra: la crisi di MPS è soltanto il segno precoce e più evidente di una crisi bancaria di carattere sistemico, che ha le sue radici nell’onda speculativa che ci ha portato al tracollo dell’ottobre 2008 e dei cui danni si stanno facendo carico sempre di più i bilanci pubblici e i contribuenti».


L’economista Emiliano Brancaccio non conosce le banche semplicemente alla luce dei suoi studi sul “capitale finanziario” di Rudolf Hilferding, ma parla per conoscenza diretta dei fatti. Nel 2006 era stato chiamato in Banca Toscana per contribuire al risanamento del piccolo istituto di credito territoriale, di proprietà del Monte dei Paschi di Siena. Due anni dopo, nonostante i progressi di gestione, Banca Toscana venne improvvisamente chiusa e incorporata nel Monte. Non fu un caso isolato: l’intero gruppo MPS venne sottoposto a una profonda ristrutturazione. Giuseppe Mussari, allora presidente, la giustificò con la necessità, per la banca senese, di dirottare tutte le risorse interne sul finanziamento della costosa acquisizione di Antonveneta. Una decisione che molti definiscono poco azzeccata, col senno di poi…

«In realtà anche col senno di prima, ma non da parte di tutti. Oggi è di moda puntare il dito su quella operazione, ma è il caso di ricordare che all’epoca dei fatti gran parte dei media nazionali elogiarono l’acquisto di Antonveneta da parte del Monte dei Paschi. Personalmente, con altri, criticai la scelta dei vertici del Monte di concentrare tutti gli sforzi sull’acquisto di Antonveneta. I nostri rilievi critici, tuttavia, erano decisamente minoritari. E soprattutto erano ben diversi da quelli sui quali oggi svariati commentatori sembrano concentrarsi. Il problema che ponevamo era che l’operazione stava avvenendo a un prezzo che probabilmente si situava sul picco massimo di una enorme bolla speculativa. Una bolla, a nostro avviso, destinata a esplodere. Il Sole 24 Ore, che forse giudicò l’operazione con più equilibrio di altri, riconobbe il problema. Ma anch’esso poi affermò che dopotutto “le turbolenze dei mercati passano, gli sportelli invece restano”. Il guaio è che non si trattava di una mera “turbolenza”. In realtà eravamo alla vigilia della più violenta crisi finanziaria ed economica dal dopoguerra, che di lì a poco avrebbe determinato un crollo verticale dei valori delle banche. La vera responsabilità di Mussari, dunque, è di non aver capito che stava cercando di inserirsi nel grande boom dei valori finanziari quando l’orgia speculativa era già finita. Tutti gli errori successivi non sono altro che una logica conseguenza di quella illusione originaria».


Anche la mancata informazione relativa alle operazioni sui derivati, sulla quale oggi la stampa si concentra, sarebbe da ascrivere a quel vizio speculativo originario?

Ovviamente sì. Se la mancata informazione agli organi interni ed esterni di vigilanza sarà confermata, ci troveremo di fronte a una violazione della legge e degli statuti. Ma è da ingenui considerare questa vicenda in un’ottica semplicemente deontologica o giudiziaria. In questo modo si finisce per interpretare il caso come se fosse un banale problema di “mele marce” in un sistema altrimenti sano. In realtà il caso Montepaschi è solo la punta di un iceberg di problemi che attanaglia larga parte del settore bancario, e che sta lentamente affiorando. Alla fine del 2007 il Monte assumeva di fatto una improvvida posizione da “rialzista” quando il mercato già volgeva al ribasso. Per questo motivo la banca senese è stata tra le prime a registrare pesanti perdite di bilancio, che ha cercato poi di tamponare con operazioni finanziarie sempre più discutibili e gravose, che oggi salgono alla ribalta delle cronache. Ma questa dinamica perversa non è affatto circoscritta al perimetro delle mura di Siena. In misura più o meno accentuata essa investe l’intero assetto del potere bancario. Il tentativo di rimediare al crollo dei valori di bilancio con operazioni di copertura finanziaria che a lungo andare si rivelano gravose e al limite controproducenti, è una prassi diffusa all’interno di un sistema in grave debito d’ossigeno, che ancora per lungo tempo sconterà i fasti delle onde speculative degli anni passati.


Si dice però che le banche italiane siano più solide di quelle estere, perché hanno partecipato in misura solo marginale al baccanale finanziario.

E’ una semplificazione. E’ vero che nei bilanci delle banche italiane ci sono meno titoli cosiddetti “spazzatura”. Ma è anche vero che il nostro sistema bancario, come tutti quelli situati nelle aree periferiche della zona euro, patisce in misura particolarmente accentuata la caduta dei redditi dei debitori e l’aumento conseguente delle sofferenze bancarie e dei fallimenti. Queste difficoltà sul versante dei rimborsi rendono le nostre banche ancora più sensibili al crollo dei valori azionari iniziato nel 2008. Per queste ragioni l’epicentro della prossima crisi bancaria potrebbe situarsi nelle periferie della zona euro, piuttosto che al centro della stessa.


C’è chi afferma che per dare respiro alle banche in difficoltà bisognerebbe rapidamente completare la costruzione della Unione bancaria europea e della connessa Assicurazione europea dei depositi.

Ho qualche dubbio su questa linea, mi sembra che rifletta un europeismo un po’ ingenuo. Se l’assicurazione europea dei depositi sarà istituita in cambio dell’attribuzione all’autorità europea di vigilanza del potere di avviare e gestire un processo di ristrutturazione bancaria su scala continentale, le banche dei paesi periferici potrebbero diventare oggetto di acquisizioni estere a buon mercato. Se così andasse, non sarebbe un esito positivo.


In che modo allora bisognerebbe intervenire? Non solo i giornalisti, ma anche svariati economisti di orientamento liberista, parlano della necessità di sganciare le banche dalle fondazioni, in modo da sottrarle all’influenza della politica e sottoporle in termini più trasparenti al giudizio del mercato.

La causa principale della crisi in cui oggi versa il Monte e che domani colpirà altre banche verte sulle dinamiche speculative del mercato finanziario, che hanno comportato un enorme rialzo dei valori dei capitali fino al 2007 e un successivo tracollo dopo quella data. Queste violente oscillazioni sono connaturate al regime globale di accumulazione finanziaria che abbiamo ereditato dagli anni del cosiddetto “pensiero unico” e che, sebbene in grave affanno, resta tuttora egemone. Sarà scomodo e demodé doverlo ammettere, ma la cosiddetta “influenza” della politica sulle fondazioni non c’entra un bel niente. Piuttosto, bisognerebbe prendere atto che la situazione di bilancio del Monte dei Paschi non potrà essere sanata con dei prestiti al nove percento erogati dal governo. Né si può pensare che questi prestiti favoriranno l’erogazione di credito a favore delle imprese e delle famiglie. L’unica soluzione razionale, a questo punto, dovrebbe esser quella di avviare immediatamente un percorso verso la nazionalizzazione dell’istituto. Le ricerche più recenti evidenziano che le banche di proprietà pubblica possono erogare credito a condizioni più favorevoli e soprattutto in un’ottica di più lungo periodo, servendo così meglio il territorio in cui operano, e senza lasciarsi condizionare da tentazioni di tipo più o meno smaccatamente speculativo.

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