07/06/2015, 13:33
Gli animali hanno la coscienza?
08/06/2015, 09:44
08/06/2015, 10:13
Aztlan ha scritto:Dimostralo.
08/06/2015, 10:32
Aztlan ha scritto:Dimostralo.
08/06/2015, 10:35
Aztlan ha scritto:Dimostralo.
08/06/2015, 11:19
08/06/2015, 13:13
zakmck ha scritto:Aztlan ha scritto:Dimostralo.
A fare bene, chi invece e' convinto del contrario dovrebbe illustrarne le motivazioni.
08/06/2015, 14:42
zakmck ha scritto:Aztlan ha scritto:Dimostralo.
Io credo che ciascuno qui ha voluto esprimere la propria convinzione.
Massimo Falciani si e' spinto anche un po' oltre e ha illustrato delle sue esperienze personali che lo hanno convinto dell'esistenza della coscienza negli animali.
A fare bene, chi invece e' convinto del contrario dovrebbe illustrarne le motivazioni.
08/06/2015, 15:08
I delfini pescatori i più socialmente attivi
I delfini coinvolti nella pesca sembrano essere gli individui più socialmente attivi del branco, e hanno deciso in completa autonomia di partecipare alla cattura del pesce.
"Attraverso un comportamento altamente sincronizzato con l'essere umano, i delfini di Laguna dirottano banchi di triglie verso la linea dei pescatori e segnalano quando e dove buttare le reti" spiega Fabio Daura-Jorge, autore della ricerca sui delfini di Laguna e ricercatore della Federal University of Santa Catarina.
I delfini non cooperano per puro spirito di squadra: il pesce che riesce a fuggire dalle reti finisce nelle bocche dei delfini, che ormai utilizzano questa tecnica di caccia molto più spesso rispetto ai metodi più tradizionali.
Delfini che lavorano in squadra
I delfini che si sono rivelati più cooperativi si sono dimostrati gli individui più sociali della popolazione: tendono a spendere molto del loro tempo in compagnia dei loro simili o dell'essere umano, e intrattengono relazioni sociali anche con altre popolazioni di delfini.
I delfini di Laguna sembrano tramandarsi di generazione in generazione la tradizione di pesca in compagnia dell'uomo, e lo stesso fanno i pescatori locali con i delfini. "Il lato umano di questa interazione tra pescatori e delfini è stato mantenuto tramite il trasferimento di informazioni tra generazioni, grazie agli insegnamenti degli anziani, ed è probabile che si verifichi un processo simile per trasmettere tratti comportamentali complessi tra generazioni di delfini" sostengono i ricercatori.
Alcuni di questi tratti comportamentali complessi comprendono i metodi di pesca come lo "sponging", l'abitudine di alcuni tursiopi di strappare frammenti di spugne marine per proteggere il muso da graffi e punture velenose.
Comportamenti molto significativi ed evoluti
Si tratta di comportamenti estremamente evoluti anche per un mammifero intelligente, dato che prevedono l'utilizzo di uno o più strumenti ricavati dall'habitat marino. "Se utilizzassimo la grandezza relativa del cervello come metro per misurare l'intelligenza, dovremmo concludere che i delfini sono secondi per intelligenza solo agli esseri umani" dice Lori Marino del Dipartimento di Psicologia della Emory University.
L'intelligenza e la capacità di cooperare sembrano andare a braccetto nel mondo degli animali più evoluti. Anche se la sola cooperazione non richiede grandi capacità di elaborazione (batteri e formiche non dispongono certamente di menti brillanti), ha un impatto diretto sull'evoluzione dell'intelligenza.
"La selezione per la cooperazione guida l'evoluzione dell'intelligenza" spiega Luke McNally del Theoretical Ecology Research Group. "L'idea che le complesse interazioni sociali possano aver guidato l'evoluzione dell'intelligenza gira in ambito scientifico fin dalla metà degli anni '70. La maggior parte delle ipotesi formulate fino ad ora ha utilizzato dati ottenuti dai primati per mostrare che le diverse caratteristiche sociali, come le dimensioni del gruppo e la sua stabilità, sono correlate alle dimensioni del cervello".
Il cervello dei delfini è, per molti aspetti, estremamente simile a quello dei primati, essere umano compreso. Sebbene sia difficile determinare con esattezza il livello di intelligenza dei delfini, sappiamo per certo che le loro capacità superano di gran lunga quelle degli scimpanzè quando si tratta di abilità matematiche, pensiero astratto o risoluzione di problemi.
Un elefante si guarda allo specchio e… Si riconosce. Non è l’incipit di un colmo o di una leggenda metropolitana. Ma quello che è successo veramente nello zoo del Bronx a New York.
OCCHIO AGLI INESTETISMI
Per la verità gli elefanti erano tre e per essere più precisi tre femmine. E forse anche un po’ vanitose, dal momento che, appena sono state messe davanti a un gigantesco specchio (di 2 metri e mezzo di altezza per 2 di larghezza, con dietro una telecamera nascosta), non solo non si sono spaventate – come si aspettavano i ricercatori - ma hanno cominciato a “aggiustarsi”.
La prima si è ispezionata la bocca, la seconda un orecchio aiutandosi con la proboscide. La terza, ha cercato di togliersi un piccolo cerotto bianco, che le era stato messo di nascosta sulla testa (GUARDA IL VIDEO).
VANITOSE E CONSAPEVOLI
Gli elefanti capivano che si trovavano di fronte a qualcosa di strano e inizialmente hanno tentato di scavalcare lo specchio, per vedere cosa si nascondesse dietro. Poi si sono abbassati per capire se c’era qualcosa di non visibile sotto.
Ma la cosa più sorprendente è stata che, dopo l’inziale perplessità, gli animali abbiano cominciato a concentrarsi su di sé, esaminando alcune parti del proprio corpo. E soprattutto che operassero su se stessi – e non sullo specchio - per cercare di cambiare qualcosa che non andava nell’immagine riflessa, come per esempio, il cerotto.
VIVERE IN SOCIETA'
Questo per gli scienziati significa che le tre pachidermiche signore si sono riconosciute nello specchio, il che dimostra che hanno una certa coscienza di sé.
Una funzione utile, quest’ultima, per vivere in società, necessaria a percepire l’altro come diverso da sé e a mostrare empatia verso gli altri. Anche alcuni primati e i delfini - che come gli elefanti vivono in comunità - sono capaci di riconoscere la propria immagine riflessa.
09/06/2015, 01:10
Aztlan ha scritto:Questi esempi dimostrano solo che sono affezionati, non che abbiano una coscienza.zakmck ha scritto:Aztlan ha scritto:Dimostralo.
A fare bene, chi invece e' convinto del contrario dovrebbe illustrarne le motivazioni.
Perchè mai scusa?
L' onere della prova spetta a chi afferma.
E' evidente che in questa discussione non ci faccio niente. Vi lascio.
09/06/2015, 09:27
shighella ha scritto:zakmck ha scritto:Aztlan ha scritto:Dimostralo.
Io credo che ciascuno qui ha voluto esprimere la propria convinzione.
Massimo Falciani si e' spinto anche un po' oltre e ha illustrato delle sue esperienze personali che lo hanno convinto dell'esistenza della coscienza negli animali.
A fare bene, chi invece e' convinto del contrario dovrebbe illustrarne le motivazioni.
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Massimo Falciani è uno degli utenti che emana umanità, non penso che si sia spinto oltre, con la sua sincerità contribuisce ad umanizzare il forum e gliene sono davvero grata!![]()
Non possono affermare il contrario altrimenti si troverebbero costretti a smettere di mangiarli!
14/01/2016, 01:02
I cani riconoscono le nostre emozioni, arriva la prova scientifica
Una scoperta che non suonerà nuova a chi possiede un cane: il migliore amico dell'uomo è in grado di riconoscere le nostre emozioni, e di farlo mediante la combinazione di informazioni provenienti da sensi diversi, come suoni (della voce, soprattutto) e immagini (un viso arrabbiato, per esempio). Una capacità che, però, non era mai stata scientificamente provata in precedenza in specie diverse dagli umani, rivelano gli esperti dell'Università di Lincoln (Regno Unito) e di San Paolo (Brasile) sulla rivista della Royal Society 'Biology Letters'.
Per la prima volta, i ricercatori hanno dimostrato che i cani formano rappresentazioni mentali astratte di stati emotivi positivi e negativi, e che non mettono semplicemente in atto dei comportamenti appresi in precedenza, in risposta alle espressioni di persone o altri cani.
I ricercatori hanno presentato a 17 quattrozampe alcuni abbinamenti di immagini e suoni che trasmettevano diverse combinazioni di espressioni emotive positive (felicità o gioco) e negative (ira o aggressività) negli esseri umani e nei cani. Queste fonti distinte di input sensoriali - foto di espressioni facciali e clip audio di vocalizzazioni (voce o abbaio) da soggetti sconosciuti - sono state presentate contemporaneamente agli animali, senza alcuna formazione precedente.
Il team ha rilevato che i cani trascorrono molto più tempo a guardare le espressioni facciali quando abbinate allo stato emotivo della vocalizzazione, sia nel caso di soggetti umani che canini. E l'integrazione di diversi tipi di informazioni sensoriali indica che i cani hanno rappresentazioni mentali di stati emotivi positivi e negativi, hanno concluso gli autori.
"In passato - spiega Kun Guo - gli studi hanno indicato che i cani possono distinguere tra emozioni umane attraverso alcuni 'indizi', come le espressioni facciali. Ma non è la stessa cosa rispetto al riconoscimento emotivo. Il nostro lavoro mostra che i cani hanno la capacità di integrare due diverse fonti di informazioni sensoriali, in una percezione coerente delle emozioni sia degli esseri umani che dei cani. Per fare ciò è necessario un sistema di classificazione interna degli stati emotivi. Questa capacità cognitiva è stata evidenziata finora solo nei primati e la capacità di fare questo tra diverse specie si è vista solo negli esseri umani".
"Molti proprietari di cani - dice il co-autore Daniel Mills - ci segnalano nei loro aneddoti che gli animali domestici sembrano molto sensibili agli umori dei membri della loro 'famiglia umana'. Il nostro studio è il primo a dimostrare che i cani riconoscono veramente le emozioni negli esseri umani e negli altri cani, senza ricevere alcuna formazione precedente o aver trascorso un periodo di familiarizzazione con i soggetti presentati nelle immagini o negli audio. Una capacità, dunque, che può essere intrinseca".
In un altro studio pubblicato sui 'Proceedings of the National Academy of Sciences', la University of California a Los Angeles getta nuova luce sulla storia dell'animale preferito dall'uomo: sembra infatti che addomesticarli, a partire dai lupi grigi più di 15.000 anni fa, possa aver portato a un aumento del numero di mutazioni genetiche dannose. Ma ciò non sembra aver influito sul loro 'cuore'.