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Marziano
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----Perche dobbiamo dire........


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MessaggioInviato: 17/08/2012, 14:10 
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sezione 9 ha scritto:

Se la situazione è grave, deve essere lo Stato a intervenire SUBITO.
Così, mentre si aspetta che i tribunali facciano il loro lavoro, si comincia a prendere in mano il problema. POI, quando la giustizia avrà condannato, ai colpevoli si presenterà il conto, dei danni e delle spese già sostenute dallo Stato.


Comodo eh..... per loro intendo.

Cita:
Ma c'è anche un'altra considerazione: mettiamo che la bonifica richieda 1000 miliardi di euro: i Riva ce li hanno tutti questi soldi? Mettiamo che ne abbiano solo la metà, anche vendendo tutto: facciamo solo mezza bonifica e che gli altri tarantini si arrangino? E se gli facciamo chiudere prima l'attività, magari causandogli un danno economico grave (caspita, gli altoforni!), le possibilità di pagare i danni causati aumentano o diminuiscono?


E' giusto che tu sappia, prima di dire cose di questo genere, che l’Ilva è il quarto gruppo siderurgico d’Europa e che fattura la bellezza di 8 miliardi di euro. Inoltre, a società Utia (Riva Fire) ha la sede in Lussemburgo: un paradiso fiscale con le contropalle.

E allora... con 8 miliardi l'anno, tu che dici... li possiamo sequestrare un pò di beni nel caso NON vogliano risolvere il problema in tempi stretti? Oppure dobbiamo sempre risolvere le cose NOI ITALIANI, con altre accise, aumenti di carburanti, aumenti del'lIVA e via discorrendo?

Hai ragione quando parli della possibilità dei processi lunghi. Ma mi chiedo e ti chiedo: a fronte di una fatturazione di 8 miliardi di euro, pensare di "minacciarli" di chiusura (con la magistratura) non potrebbe rappresentare la chiave per ottenere quanto dovuto? E cioè la salute dei tarantini e la garanzia per i lavoratori?



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"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

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MessaggioInviato: 17/08/2012, 14:42 
Comodo... Così funziona la giustizia. Non si può dire di stare dalla parte dei magistrati e poi deridere la giustizia. Che non è "giusta" solo quando ti dà ragione. E non è "giusta" solo quando massacra i colpevoli con rapidità e spietatezza.

Ripeto, ci sono 2 aspetti che sono divisi: la responsabilità penale e la responsabilità della tutela della salute dei cittadini. La prima la stabilirà il processo, alla cui fine verrà decisa la pena coi risarcimenti. La seconda è di compito dello Stato. Hai presente, no, quando si dice che il sindaco è responsabile della salute nel comune? E' la stessa cosa. Lo Stato DEVE intervenire per risanare le zone inquinate, perchè è compito suo far vivere in sicurezza le persone.

Il fatto poi che tu stia ragionando di usare la magistratura per ottenere risultati non rende giustizia alla stessa magistratura. Tu giustamente condanneresti pressioni sul GIP per tenere l'Ilva aperta, ma saresti disposto a fare pressioni per ottenere quello che ti pare giusto? Lascia stare la magistratura, sono affari diversi. Qui il problema è politico: per questo voglio che lo Stato intervenga (e quando dico Stato dico anche provincia e regione), perchè se scarichi tutto su magistratura e privati mi salvi chi invece doveva già essere intervenuto... E non mi sto facendo un favore dicendo questo.

I Riva se dovranno pagare lo deciderà la magistratura. Intanto, sono le autorità politiche che mi interessano: il governo ha un piano di rilancio dell'industria? Cosa vuole fare in tema di ambiente? La regione cosa ha fatto e cosa sta facendo? Sono LORO che devono dare risposte immediate a me come cittadino, e che devono impedire che ci si riduca sempre ad aspettare che il giudice intervenga.

Che tutta questa attenzione, nata dall'iniziativa della magistratura, possa facilitare le cose, certo. Ma che la politica usi la magistratura per ottenere qualcosa, sinceramente è vergognoso, per la magistratura, che non deve essere strumentalizzata, e per la politica.

Oltretutto... Tu dici "sequestriamo" ma il sequestro è stabilito sempre dai giudici. Come fai a dire "sequestriamo un po'"? Serve una sentenza, che divenga esecutiva, e che non sia eseguita. Il sequestro qui è stato disposto perchè la fabbrica "inquina", ma i soldi che hanno in Lussemburgo non inquinano e non puoi sequestrarli così, per minacciare.

La cosa deve essere concordata, e deve essere la POLITICA a promuoverla. Che facciano un accordo in cui siano chiari modi, tempi e costi della messa a norma e della bonifica. Che i Riva facciano schifo, possiamo anche dirlo senza alcun problema, ma essere rabbiosi non risolve nulla.


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MessaggioInviato: 17/08/2012, 15:54 
Cita:
sezione 9 ha scritto:
I Riva se dovranno pagare lo deciderà la magistratura.

Certo che dovranno pagare... mi sembra ci siano pochi dubbi su questo. Il problema, oggi, è di loro competenza. Esattamente come sarebbe di "mia" competenza l'eventuale inquinamento del fiume nel quale la "mia" azienda riversa indiscriminatamente sostanze altamente tossiche, in barba a qualsiasi legge che regola questo tipo di cose.

Cita:
Intanto, sono le autorità politiche che mi interessano: il governo ha un piano di rilancio dell'industria?

No.

Cita:
Cosa vuole fare in tema di ambiente?

Niente.

Cita:
La regione cosa ha fatto e cosa sta facendo?

La regione, insieme agli altri organi competenti, hanno preso mazzette e poi hanno taciuto.

Cita:
Sono LORO che devono dare risposte immediate a me come cittadino, e che devono impedire che ci si riduca sempre ad aspettare che il giudice intervenga.

A mali estremi, estremi rimedi. Che ben vengano giudici alla Todisco...
Visto che ognuno se n'è fregato allora e se ne frega oggi.

Cmq.... tanto per illustrare e confermare quanto da me detto nei post precedenti........




Corruzione Ilva, tredici indagati
"Così i vertici eludevano i controlli"


Immagine
FOTO Le mazzette al perito all'Autogrill

I dirigenti intercettati: "Ho preso accordi, tranquillo, verranno nell'ufficio e rimarranno legati alla sedia. Non avremo sorprese, la visita della commissione va un po' pilotato". E spuntano le foto delle mazzette al perito

(17 agosto 2012)

di MARIO DILIBERTO e GIULIANO FOSCHINI

http://bari.repubblica.it/cronaca/2012/ ... -41062672/

TARANTO - Hanno svenduto l'ambiente. La fase 2 dell'inchiesta della Guardia di Finanza sull'Ilva di Taranto punta su chi doveva controllare e invece non lo ha fatto. Gli indagati sono 13, i reati: corruzione e concussione. Accanto ai vecchi dirigenti dell'Ilva, ci sono politici e funzionari pubblici. Intanto, leggendo le pagine del rapporto dell'aprile del 2011 depositate al Tribunale del Riesame appare chiaro come l'Ilva sia riuscita a "legare alla sedia" gli ispettori. E a controllare sempre i controlli. E i controllori.

IL NEMICO ASSENNATO
Al centro della rete, l'ex responsabile dei rapporti istituzionali Girolamo Archinà (licenziato dai nuovi vertici aziendali). "Archinà - annota la Finanza - poteva contare su una fortissima rete di relazioni con esponenti del mondo politico locale e con appartenenti alle forze dell'ordine, in grado di poter fornire ai propri interlocutori (i vertici aziendali) notizie sull'andamento delle indagini, evidentemente coperte del segreto istruttorio". Non tutti cadevano nella rete, però. Per esempio il direttore regionale dell'Arpa, Giorgio Assennato, nemico numero 1 dell'azienda. La sua "colpa? Denunciare con una relazione che le emissioni di benzopirene, inquinante fortemente cancerogeno, erano raddoppiati. A quel punto vengono messe in pratica una serie di "iniziative tutte finalizzate "a distruggere Assennato". Indicativa è la telefonata del 7 luglio 2010 nella quale Archinà mentre è a Martina Franca a colloquio con il neo consigliere regionale pd Donato Pontassuglia dice a un suo interlocutore "sto con Pontassuglia che mi sta sentendo in diretta, noi dobbiamo distruggere Assennato". Archinà durante una telefonata si vanta della complicità di Vendola, "abbiamo fatto aspettare Assennato fuori dalla porta", ma gli inquirenti appureranno che si tratta una millanteria.

IL DOPPIO GIOCO
La rete di Archinà era arrivata anche al ministero dell'Ambiente, che doveva rilasciare l'Autorizzazione integrata ambientale (Aia) necessaria all'Ilva per poter produrre. Dalle intercettazioni "emerge come anche a livello ministeriale fervano i contatti non proprio istituzionali per ammorbidire alcuni componenti della commissione". Emblematica la vicenda del dottor Palmisano. "Si tratta di un funzionario della Regione incaricato di rappresentare l'ente nelle riunioni della conferenza di servizi che si tengono presso il ministero. L'intervento di Archinà verso Palmisano finalizzato a sensibilizzare quest'ultimo nel dare una mano all'Ilva, sia in occasione dell'ispezione presso lo stabilimento che nel corso della conferenza di servizi presso il ministero". Palmisano si sedeva al tavolo per la Regione, ma in realtà giocava per l'Ilva. "Il fatto che la commissione debba essere pilotata e che, comunque, sia stata in un certo modo in parte avvicinata, su rileva anche dalla seguente conversazione nella quale l'avvocato Perli di Milano, legale esterno dell'Ilva, aggiorna il ragionier Fabio Riva dei rapporti avuti con l'avvocato Luigi Pelaggi che è capo dipartimento presso il ministero dell'Ambiente. Da quanto riferisce il Perli si rileva che il Pelaggi abbia dato precise disposizioni dall'ingegner Dario Ticali presidente della commissione su come procedere nell'immediato futuro nel corso dell'iter di tetta trattazione. "Perli gli comunica che Pelaggi gli ha anche riferito che la commissione ha accettato il 90 per cento delle loro osservazioni e la visita riguarda il 10 per cento restante. Perli aggiunge che non avranno sorprese e comunque la visita della commissione in stabilimento va un po' pilotata".

LA VISITA PILOTATA
"È evidente che l'Archinà - si legge nell'informativa - grazie alle sue conoscenze, riesce a perturbare l'operato degli enti pubblici, riuscendo talvolta anche a pilotare i sopralluoghi e le verifiche". In campo c'è sempre Palmisano al quale chiede di un sopralluogo. "Non ti preoccupare, lo fanno all'esterno" lo assicura il funzionario della Regione. Così Archinà chiama il direttore dello stabilimento, Capogrosso, che invece è molto preoccupato. "Ho preso accordi, tranquillo, verranno nell'ufficio e rimarranno legati alla sedia". dice. "È chiaro - conclude la Finanza - che tale ispezione rappresenta solo un pro-forma".

LE FOTO DELLA MAZZETTA
Dagli atti dell'inchiesta emergono il passaggio di denaro tra Girolamo Archinà, l'uomo Ilva, e Lorenzo Liberti, il perito nominato dalla Procura, all'autogrill: le immagini sono testimoniate in questa pagina in alto. Secondo i magistrati Archinà avrebbe corrotto così Liberti.

(17 agosto 2012)






Ecco... se fossi io il giudice, a questa gente gli darei l'ergastolo....
per disastro ambientale aggravato, omicidio plurimo,
omissione d'ufficio, corruzione, concussione, falso materiale
e falso ideologico.
[}:)]



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MessaggioInviato: 17/08/2012, 17:43 
Il bubbone è scoppiato adeso ma si sapeva tutto da tempo. In casi come questi chi è veramente responsabile?
I Riva, lo stato, la magistratura, i sindacati o la svendita delle quote latte in cambio dell' acciaio ?



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Cita:
greenwarrior ha scritto:

Il bubbone è scoppiato adeso ma si sapeva tutto da tempo. In casi come questi chi è veramente responsabile?
I Riva, lo stato, la magistratura, i sindacati o la svendita delle quote latte in cambio dell' acciaio ?


Lo stato



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MessaggioInviato: 17/08/2012, 18:52 
Cita:
Wolframio ha scritto:

Cita:
greenwarrior ha scritto:

Il bubbone è scoppiato adeso ma si sapeva tutto da tempo. In casi come questi chi è veramente responsabile?
I Riva, lo stato, la magistratura, i sindacati o la svendita delle quote latte in cambio dell' acciaio ?


Lo stato


Complice degli industriali in nome di un progresso che doveva portare benessere al sud e che invece ha portato morte.



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MessaggioInviato: 20/08/2012, 14:40 
ILVA: attivita' inquinante e' voluta scelta proprieta'

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Lo scrive il tribunale del Riesame nelle motivazioni del provvedimento del sequestro

20 agosto, 14:18

http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche ... 30447.html

Il Tribunale del Riesame ha depositato stamane le motivazioni in base alle quali il 7 agosto scorso ha confermato il sequestro degli impianti a caldo dell'Ilva.

Per il Tribunale del Riesame, il "disastro" prodotto dall'Ilva a Taranto è stato "determinato nel corso degli anni, sino ad oggi, attraverso una costante reiterata attività inquinante posta in essere con coscienza e volontà, per la deliberata scelta della proprietà e dei gruppi dirigenti".

Le modalità di gestione dell'Ilva di Taranto sono state tali da produrre un 'disastro doloso': "azioni ed omissioni aventi una elevata potenzialità distruttiva dell'ambiente (...), tale da provocare un effettivo pericolo per l'incolumità fisica di un numero indeterminato di persone" scrive il Tribunale.

Per il Tribunale il "disastro" prodotto dall'Ilva a Taranto è stato "determinato nel corso degli anni, sino ad oggi, attraverso una costante reiterata attività inquinante posta in essere con coscienza e volontà, per la deliberata scelta della proprietà e dei gruppi dirigenti".

Proprietà e gruppi dirigenti "che si sono avvicendati alla guida dell'Ilva", secondo i giudici del tribunale del riesame di Taranto, "hanno continuato a produrre massicciamente nella inosservanza delle norme di sicurezza dettate dalla legge e di quelle prescritte, nello specifico dai provvedimenti autorizzativi". In un'altra parte del loro provvedimento i giudici del Riesame, sullo stesso tema, annotano: "Dalle varie parti dello stabilimento vengono generate emissioni diffuse e fuggitive non adeguatamente quantificate, in modo sostanzialmente incontrollato e in violazione dei precisi obblighi assunti dall'Ilva, nella stessa Aia e nei predetti atti d'intesa, volti a limitare e ridurre la fuoriuscita di polveri e inquinanti".

I giudici ritengono che "le emissioni nocive che scaturivano dagli impianti, risultate immediatamente evidenti sin dall'insediamento dell'attuale gruppo dirigente dello stabilimento Ilva di Taranto, avvenuto nel 1995, sono proseguite successivamente", nonostante una condanna definitive per reati ambientali. Inoltre, nonostante i "molteplici" impegni assunti dall'Ilva con le pubbliche amministrazioni per migliorare le prestazioni ambientali del siderurgico, i dirigenti dello stabilimento non hanno mai assolto agli obblighi.

L'attività inquinante dell'Ilva - secondo il tribunale del Riesame di Taranto - ha provocato una "gravissima contaminazione ambientale" che consiste nella "contaminazione di una vasta area di terreno compresa tra i territori dei Comuni di Statte e Taranto". La contaminazione "ha comportato ingenti danni economici alle locali aziende zootecniche, ma soprattutto ha creato una situazione di grave pericolo per la salute e la vita di un numero indeterminato di persone".

L'attività inquinante - sottolineano i giudici - si è protratta "per anni nonostante le osservazioni e i rilievi mossi al riguardo dalle autorità preposte alla salvaguardia dell'ambiente e della salute". "Ciò - concludono i giudici - emerge inconfutabilmente circa le emissioni inquinanti rivenienti dalla singole aree dello stabilimento". A questo riguardo i giudici rilevano, tra l'altro, che già nel maggio 2007 l'Arpa Puglia aveva reso noto che le emissioni di diossina attribuibili all'Ilva "avessero subito un decisivo incremento, passando il contributo complessivo dello stabilimento di Taranto, al totale nazionale prodotto, dal 32% dell'anno 2002 al 90% del 2005".

Il Riesame ha confermato il sequestro degli impianti a caldo dell'Ilva senza concedere la facoltà d'uso, che peraltro - viene sottolineato - non era stato richiesto neppure dai legali del Siderurgico. Lo si apprende da fonti giudiziarie.

Il tribunale del Riesame, confermando il sequestro Ilva, dispone che non si continuino a perpetrare i reati contestati nel provvedimento cautelare. Sul percorso da seguire per interrompere i reati, i giudici - viene riferito da fonti giudiziarie - non si sbilanciano e affidano il compito ai custodi nominati dal gip e alla procura.



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MessaggioInviato: 20/08/2012, 17:44 
di Paolo Fiore e Lorenzo Lamperti

"Non sono esistenti, per l'attività produttiva d'impresa, interessi che possano bilanciare e legittimare una compromissione del superiore interesse della pubblica incolumità". Il tribunale del Riesame conferma l'anticipazione di Affaritaliani.it: "La chiusura dell'impianto non è l'unica strada perseguibile". Ma accusa: "Inquinare fu una scelta" e impone "l'interruzione della catena dei reati". La produzione potrà continuare solo se resa ecocompatibile: "Adeguamento ineludibile, necessarie misure imponenti".
LE MOTIVAZIONI INTEGRALI DEL RIESAME

Secondo il Riesame, l'attività criminosa non è confinata al passato ma è "ancora in atto" e sugli indagati "sussistono gravi indizi di colpevolezza". Le emissioni di polveri si verificano "in maniera incontrollata". Dubbi sui rilievi: "Quasi tutte le misurazioni prese in considerazione dai periti derivano da controlli effettuati dalla stessa Ilva, sulla cui bontà appare lecito nutrire qualche dubbio". E sulla presunta "mazzetta" al professor Liberti: "L'episodio rilevato dal gip si inserisce nell'ambito di una precisa politica aziendale". In una telefonata Fabio Riva dice al padre di aver visto la perizia prima che fosse depositata: "Va tutto bene".






Il Riesame, nelle motivazioni depositate lo scorso 7 agosto, conferma le conclusioni del gip Patrizia Todisco, ottenute con "estremo rigore metodologico". Fiducia anche nelle conclusioni delle perizie, le cui conclusioni godono secondo i giudici del Riesame di "piena attendibilità".

"EMISSIONI INCONTROLLATE" - Secondo il Riesame, "è indubitabile che le emissioni di polveri si verifichino, in quantità anche notevole, in maniera sostanzialmente incontrollata. (...) Le denunce espongono in maniera dettagliata i danni riportati dalle strutture dei singoli immobili, evidenziando la situazione di grande degrado urbanistico/architettonico in cui versano gli edifici a causa della costante aggressione da parte degli agenti inquinanti: tutte le facciate risultano notevolmente imbrattate da una coltre di polvere di colore che va dal rossastro (ruggine) al rosso scuro per la presenza anche di polveri grigiastre che pervadono tutte le superfici".

"INQUINAMENTO ATTUALE E IN CORSO" - L'"ingiustificata e intollerabile immissione di polveri", si legge nell'ordinanza è "proseguita anche negli anni successivi" alle sentenze del 2002 che accertavano l'esistenza di emissioni irregolari. "Si pone un problema non tanto di superamento dei limiti di legge o del decreto AIA relativamente alle emissioni convogliate, bensì di emissioni diffuse e fuggitive non controllate e non correttamente stimate di polveri e sostenza inquinanti, in contrasto" con il "criterio della normale tollerabilità". "I campionamenti condotti dai vari enti e soggetti interessati" scrivono i giudici, "hanno chiarito, in modo inequivocabile, come l'inquinamento derivante dallo stabilimento Ilva sia attuale ed in corso". Cade la difesa che voleva attribuire la responsabilità dell'attività inquinante alla gestione pubblica precedente all'arrivo di Riva. "Non è pensabile che la tipologia di emissioni", protrattasi dal 1995, "non abbia determinato alcun inquinamento che invece dovrebbe essere ricondotto, secondo la prospettazione difensiva, esclusivamente alla passata gestione".

"SLOPPING, DANNOSA ABITUDINE" - Tra le operazioni più rischiose per l'ambiente, il Riesame cita lo slopping, vale a dire la fuoriuscita di ossido di ferro durante le colate di acciaio. Un'attività che "non può che avere carattere eccezionale e può (deve) essere, se non assolutamente scongiurato, contenuto nel minimo in un corretto processo di affinazione della ghisa. Nello stabilimento Ilva di Taranto, tuttavia, il verificarsi di questo fenomeno è stato osservato con preoccupante frequenza e numerosità di eventi". Infatti, "è proprio il normale ciclo di produzione dell'area Acciaieria dello stabilimento Ilva di Taranto ad apparire assolutamente inadeguato rispetto ai profili emissivi indicati nel documento tecnico noto come BRef".

"DANNI ALLE AZIENDE LOCALI" - "La gravissima compromissione ambientale", si legge, consiste "nella contaminazione di una vasta area di terreno compresa tra i territori dei Comuni di Statte e Taranto, che ha comportato ingenti danni economici alle locali aziende zootecniche, ma soprattutto ha creato una situazione di grave pericolo per la salute e la vita di un numero indeterminato di persone, è stata causata dall'attività inquinante dell'Ilva".

"ILVA, FONTE PRIMARIA, SE NON ESCLUSIVA, DI INQUINAMENTO" - "Fonte decisiva, preponderante, se non pressoché esclusiva, dell'inquinamento ambientale dell'area di Taranto" secondo il Riesame è "proprio lo stabilimento siderurgico Ilva che per condizioni degli impianti e concrete modalità di attuazione delle lavorazioni del ciclo produttivo, sconfina manifestamente dai parametri normativi e tecnici individuati per la salvaguardia ambientale e, in definitiva, per la gestione ecosostenibile di attività produttive ad alto rischio quali la siderurgia".

"DISASTRO DELIBERATA SCELTA DELLA PROPRIETA'" - Arriva poi il passaggio forse più duro sui vertici dell'Ilva: "Un disastro ambientale che si atteggia ad evento dannoso e pericoloso per la pubblica incolumità, determinato nel corso degli anni, sino ad oggi, attraverso una costante reiterata attività inquinante posta in essere con coscienza e volontà, per la deliberata scelta della proprietà e dei gruppi dirigenti che si sono avvicendati alla guida dell'Ilva". Ricorda il Riesame che "non sono esistenti, per l'attività produttiva d'impresa, interessi che possano bilanciare e legittimare una compromissione del superiore interesse della pubblica incolumità". Ma l'azienda si è mossa in direzione opposta: "E' indubbio che gli indagati fossero consapevoli che dall'attività del siderurgico si sprigionassero sostanze tossiche nocive alla salute umana ed animale". Ma "nessun intervento è stato posto in essere dai dirigenti Ilva, nel corso degli anni di attività del siderurgico sotto la gestione privata, per eliminare, o almeno diminuire, la dispersione di quelle polveri contenenti i micidiali inquinanti che hanno contaminato (avvelenato) l'ambiente in cui le dette aziende operavano". "La politica aziendale dell'Ilva", secondo i giudici è stata "dettata da una precisa scelta della proprietà di non risolvere le annose criticità dello stabilimento di Taranto".

IL DOMINUS: EMILIO RIVA - Emilio Riva è "il vero dominus del gruppo" ed era, secondo il Riesame, "perfettamente al corrente di tutte le gravi lacune e disfunzioni che caratterizzavano lo stabilimento a livello di prestazioni ambientali". Neppure il figlio Nicola ha mai "adottato iniziative o impartito disposizioni tese a scongiurare la reiterazione dei gravi illeciti".

"NESSUN DUBBIO SU CAPOGROSSO" -Molto duri giudici sul direttore dello stabilimento Luigi Capogrosso, il cui comportamento è stato "sicuramente delittuoso". Addirittura "non sussistono dubbi dubbi dell'elemento oggettivo e soggettivo dei reati a lui ascritti".

"RISCHIO DI INQUINAMENTO DELLE PROVE" - Le esigenze di custodia cautelare sono confermate non tanto per un pericolo di fuga, quanto per "il pericolo che in tale contesto possano essere poste in essere da parte dell'Ilva s.p.a. (...) iniziative tese ad avvicinare, con finalità di subornazione in senso lato, persone a vario titolo informate sui fatti".

"PRESSIONI, UNA POLITICA AZIENDALE" - A proposito della famosa "mazzetta" girata da Archinà al professor Lorenzo Liberti, il Riesame scrive che "tale appuntamento è coevo alla registrazione nella contabilità della società della somma di diecimila euro sotto la causale 'erogazione liberali-omaggi e regalìe' e precede di pochi mesi il deposito di una relazione di consulenza integrativa svolta dai consulenti tecnici, prof. Liberti compreso". Si legge: "L'episodio rilevato dal gip si inserisce nell'ambito di una precisa politica aziendale, sostanzialmente volta a far elidere o quanto meno mitigare le responsabilità penali addebitabili ai proprietari e dirigenti Ilva per le attività inquinanti". Si evince quindi che "non sia stato frutto di una estemporanea decisione e che i vertici aziendali fossero pienamente consapevoli delle azioni del proprio dirigente".

LE INTERCETTAZIONI - In una telefonata del 28 giugno 2010 tra Fabio Riva e il padre Emilio, secondo il Riesame si evince che "il primo aveva visionato in anteprima una bozza della perizia tecnica del Liberti ed era convinto che la questione diossina si stesse sgonfiando ("la perizia tecnica sembrava andasse tutto bene")". Attività "finalizzate ad incidere anche tramite gravi illeciti sui procedimenti amministrativi e giudiziari".

MISURAZIONI FASULLE? - Il Riesame avanza profondi dubbi anche sui rilievi, molti dei quali effettuati dalla stessa azienda: "Non può non rilevarsi che quasi tutte le misurazioni prese in considerazione dai periti derivano da controlli effettuati dalla stessa Ilva, sulla cui bontà appare lecito nutrire qualche dubbio".

"SEQUESTRO PER EVITARE IL PERICOLO" - Secondo i giudici, "l'unico modo per evitare gli effetti di pericolo e danno già accertati è quello di impedire la tipologia di emissioni convogliate e soprattutto diffuse-fuggitve incontrollate e intollerabili per la salute umana, vegetale ed animale". E "tale risultato può essere raggiunto esclusivamente con il sequestro preventivo delle predette aree, attuato nei tempi tecnici necessari ad evitare pericoli alla sicurezza delle persone e dell'ambiente che potrebbero derivare da errate manovre sugli impianti e secondo la finalità che verranno appresso indicate, nella parte relativa alla custodia dei beni".

"NECESSARIA LA TEMPESTIVA MESSA A NORMA" - Per il Riesame è necessario "un intervento tempestivo in ordine alla messa a norma dello stabilimento (...).Va dunque condiviso pienamente quanto osservato dal gip". Il Riesame conferma "l'immediata adozione del sequestro preventivo - senza facoltà d'uso - delle aree e degli impianti", anche se "s'impone la modifica del dispositivo del decreto impugnato nella parte in cui dispone che i custodi - amministratori avviino 'immediatamente le procedure tecniche e di sicurezza per il blocco degli impianti'". E ricordano che "l'obiettivo da perseguire è uno ed uno solo, ovvero sia il raggiungimento, il più celermente possibile, del risanamento ambientale e l'interruzione delle attività inquinanti".

"SPEGNIMENTO SOLO UNA DELLE SCELTE POSSIBILI" - Il Riesame entra nel merito del possibile blocco del ciclo produttivo: "Non è compito del tribunale stabilire se e come occorra intervenire nel ciclo produttivo o, semplicemente, se occorra fermare gli impianti, trattandosi di decisione che dovrà necessariamente essere assunta sulla base delle risoluzioni tecniche dei custodi (...) Per questo lo spegnimento degli impianti rappresenta, allo stato, solo una delle scelte tecniche possibili (...) In nessuna parte della perizia e, del resto, in nessuna parte del provvedimento del gip si legge che l'unica strada perseguibile al fine di raggiungere le cessazioni delle emissioni inquinanti, unico obiettivo che il sequestro preventivo si prefigge, sia quella della chiusura dello stabilimento e della cessazione dell'attività produttiva (...) Né va taciuto che la possibilità di una futura ripresa a fini produttivi della funzionalità degli impianti,per quanto emerso, potrebbe essere irrimediabilmente compromessa".

http://affaritaliani.libero.it/puglia/i ... 00812.html


a tutto cio' si deve pure aggiungere le paginate di varie regalie dell'ilva a vari personaggi,che secondo tlv sarebbero in mano ai giudici,caso tipicamente italiano...


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lunedì 20 agosto 2012



TUTTI sapevano TUTTO!


Diossina e ossido di ferro dall'Ilva. "Il ministero sapeva tutto dal 2011"




L’esplosivo rapporto del Noe (Nucleo operativo ecologico) dei carabinieri di Lecce del maggiore Nicola Candido, che documentava il disastro ambientale di Taranto, con le fughe di emissioni «diffuse e fuggitive» dagli impianti di area a caldo dell’Ilva, arrivò a Roma, al ministero dell’Ambiente. Eravamo alla vigilia dell’approvazione, dopo sette anni, dell’AIA, l’Autorizzazione integrata ambientale, e non successe nulla. Nessun intervento, interrogativo, nessuna iniziativa fu presa. Eppure, quel rapporto del Noe con la denuncia di centinaia di «eventi irregolari» è parte integrante delle accuse mosse dalla Procura di Taranto all’Ilva. L’allora ministro per l’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, giura che non vi furono pressioni di sorta per l’AIA, che fu approvata il 4 agosto del 2011. Anche se dalle intercettazioni telefoniche e ambientali risulta, invece, che i dirigenti dell’Ilva si mossero con funzionari della Regione Puglia e con la commissione ministeriale per addolcire l’AIA.

Ma rimane un mistero come della prova dell’inquinamento in corso a Taranto nessuno tenne conto. Era l’aprile dell’anno scorso. Circolavano in rete video o fotografie che riprendevano «strani» sbuffi dall’acciaieria dell’Ilva e più in generale dall’area a caldo dello stabilimento. Con il via libera della procura, il Noe dei carabinieri di Lecce piazzò alcune telecamere esterne ai perimetri dell’Ilva. Mise sotto intercettazione visiva e sonora per quaranta giorni quello che accadeva, 24 ore su 24, nella acciaieria più grande d’Europa. E registrò il cosiddetto fenomeno di «slopping» in occasione delle colate d’acciaio, la fuoriuscita cioè di ossido di ferro, una nuvola rossastra che posandosi sporca di rosso gard rail e asfalto della provinciale, dall’acciaieria 1 e 2. Dal primo aprile al 10 maggio del 2011 furono segnalati 121 fenomeni di «slopping» all’acciaieria 1 e 65 all’acciaieria 2. Nel secondo caso, la metà di quelle emissioni dell’acciaieria 1. E per gli uomini del Noe che fecero domande e acquisirono documentazione, fu chiara la ragione della differenza: all’acciaieria 2 erano stati montati sistemi di captazione di fumi più moderni. In ogni caso, la dimensione dei fenomeni era tale che non potevano essere giustificati per la eccessiva frequenza.

Naturalmente viene spontaneo chiedersi se rispetto a un anno fa la situazione è migliorata o meno. E la risposta (molto informale) che arriva da chi monitora l’inquinamento è che gli «slopping sono ridimensionati ma non eliminati». Ma perché avvengono e cosa si può fare per eliminarli? Intanto è evidente che la differenza tra le due acciaierie indica una possibile soluzione, sull’efficacia dei sistemi di captazione, poi la causa potrebbe trarre origine da «rotture meccaniche», da «errori tecnici», dalle stesse «torce meccaniche». L’attività di monitoraggio del Noe dei carabinieri di Lecce, nella primavera dello scorso anno non si fermò soltanto alle acciaierie. Dalla gestione dei rottami ferrosi, un’area all’aperto dove attraverso piccole colate di materiali incandescenti, ad alta temperatura, viene recuperato il ferro, si notavano, di notte, dei bagliori. Erano emissioni in atmosfera di fumi non captati. E poi le cosiddette torce, collegate all’acciaieria, dove vengono convogliati i gas della colata. Sono dei sistemi d’emergenza che per gli 007 del Noe in realtà servono a smaltire gas, ovvero rifiuti che dovrebbero essere recuperati diversamente. Il rapporto del Noe dei carabinieri di Lecce è parte integrante delle accuse della Procura di Lecce che, tra l’altro, trova conferme nel lavoro dei periti chimici durante l’incidente probatorio.

E sempre al Noe toccò verificare alcuni esposti con allegati video su quello che accadeva nel reparto cokerie. Il 28 novembre del 2011, i carabinieri del Nucleo operativo ecologico di Lecce entrarono all’Ilva. Scrive il gip Patrizia Todisco: «L’esito fu sconcertante. Durante la fase di scaricamento i militari notavano personalmente, in sede di sopralluogo, la generazione di emissioni fuggitive provenienti dai forni che, una volta aperti per fare fuoriuscire il coke distillato, lasciavano uscire i gas del processo che invece dovrebbero essere captati da appositi aspiratori/abbattitori». (La Stampa)




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Ilva, l'incontro tra Archinà e il perito

nel video la sospetta mazzetta

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Le immagini delle telecamere che, secondo gli inquirenti, riprendono il passaggio della busta con 10mila euro consegnata dal responsabile delle relazioni esterne del gruppo al perito della procura. Nuovo vertice in procura con i custodi giudiziari: produzione al 70 per cento. "L'obiettivo resta il risanamento"



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GUARDA IL VIDEO




Si incontrano nel retro di un a stazione di servizio e parlano a lungo, si scambiano una busta; un caffe e via. Ecco il video dell'incontro tra Girolamo Archinà, l'ex responsabile delle relazioni istituzionali di Ilva e il perito della procura Lorenzo Liberti, incaricato dai pm con altri due esperti di individuare la fonte dell'inquinamento dei terreni in cui pascolavano capre e pecore risultate contaminate da diossina e pcb.




Il faccia a faccia avviene il 26 marzo del 2010 nella stazione di servizio Le Fonti est, nei pressi di Acquaviva lungo l'autostra A14. Archinà consegna al perito una busta bianca. Secondo gli inquirenti, in quella busta ci sono diecimila euro in contanti che il dirigente dello stabilimento avrebbe pagato per ammorbidire il giudizio di Liberti sulle emissioni inquinanti dello stabilimento. L'episodio rientra nell'inchiesta "Environment sold out", ambiente venduto, ed ora è confluito nell'indagine per disastro ambientale scoppiata con il sequestro degli impianti dell'area a caldo dell'Ilva.




Al centro dell' inchiesta l'ipotesi di corruzione in atti giudiziari del perito della procura Liberti, allora preside della facoltà di Ingegneria di Taranto. Secondo quanto ricostruito e ipotizzato dagli investigatori, Liberti avrebbe ricevuto da Archinà una mazzetta di diecimila euro nel parcheggio dell'autogrill lungo l'autostrada tra Bari e Taranto. Quei soldi, secondo la Finanza, servivano ad "aggiustare" la perizia che il professore avrebbe di lì a poco depositato. "Ci siamo visti per discutere di cose che riguardavano la facoltà" è la difesa del professore, che continua a dirsi assolutamente. Dagli atti giudiziari emerge però anche un altro particolare, e cioè che Liberti aveva con l' Ilva non soltanto rapporti istituzionali, in quanto preside della facoltà. Ma tramite una società di consulenza, della quale secondo la Finanza era capo occulto, anche rapporti di natura commerciale: in sostanza, l' Ilva era una sua cliente. L' azienda è la Teta srl.





GUARDA LE FOTO







Il vertice in procura - "L'obiettivo resta quello di risanare". Nuovo vertice al Palazzo di giustizia di Taranto tra il procuratore, Franco Sebastio, il procuratore aggiunto, Pietro Argentino, i custodi giudiziari degli impianti dell'area a caldo dell'Ilva sottoposti a sequestro, il presidente del Siderurgico Bruno Ferrante (che riveste anche il ruolo di amministratore giudiziario) e il comandante del Noe di Lecce Nicola Candido. I magistrati che si occupano dell'inchiesta per disastro ambientale a carico dei vertici dell'Ilva hanno fatto il punto con i custodi sul piano di interventi da eseguire e sullo stato degli impianti. La produzione dello stabilimento di Taranto, al momento, si attesta sul 70%, come confermato nei giorni scorsi dallo stesso presidente dell'Ilva. I custodi dovranno stabilire se il piano di risanamento potrà avvenire con gli impianti in marcia o al minimo della produzione, o se gli stessi dovranno essere spenti.






"I magistrati inquirenti, che sono responsabili dell'esecuzione dei provvedimenti, hanno dato delle indicazioni precise, operative, dando obiettivi che sono quelli soprattutto di contenimento delle emissioni", ha spiegato Ferrante. "Adesso - ha aggiunto - spetterà ai custodi tecnici, e a me, operare collegialmente riferendo ovviamente al procuratore della Repubblica e operare nel senso indicato da loro. L'obiettivo posto dal Tribunale del Riesame e dal gip è quello di risanare in senso ambientale gli impianti e dobbiamo lavorare in questa direzione". "Il sequestro preventivo disposto prima dal gip e poi dal Riesame - ha precisato Ferrante - parla del sequestro degli impianti ai fini del risanamento e della messa in sicurezza.
Nessuno ha mai pensato alla facoltà d'uso. Non è un termine che compare ma si parla di utilizzo a quei fini".








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Ilva: Clini, 'Se chiude qualcun altro festeggia'

"Possiamo supporre che gruppi industriali europei ed extraeuropei abbiano buoni motivi per sperare che la nostra iniziativa non abbia successo. Hanno molti strumenti per influenzare negativamente l'esito del nostro lavoro”, aggiunge Clini. "Il retrobottega della politica é alleato di questi poteri forti”.

http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche ... 75305.html



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Ilva: dati choc sui tumori da amianto
Verdi: a Taranto + 306%


Ambientalisti, +10% decessi, 12% per tumori


19 settembre, 20:24

http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche ... 86709.html



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Cita:
sezione 9 ha scritto:
Cita:
Thethirdeye ha scritto:
Allora rispondi. Sei d'accordo che debba essere l'amministrazione
dell'ILVA a doversi sobbarcare l'intero processo di ripristino della
legalità relativamente all'inquinamento ambientale su Taranto e dintorni?

SI... O NO?



No.

E per lo stesso motivo che ti ho già detto. Se la situazione è grave, deve essere lo Stato a intervenire SUBITO. Così, mentre si aspetta che i tribunali facciano il loro lavoro, si comincia a prendere in mano il problema. POI, quando la giustizia avrà condannato, ai colpevoli si presenterà il conto, dei danni e delle spese già sostenute dallo Stato.

Mettiamo che non ci sia una condanna: se non si agisce subito, si rischia di restare fermi 10 anni per poi ritrovarsi, magari, con una fabbrica chiusa e la bonifica da fare ancora tutta.



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http://affaritaliani.libero.it/cronache ... 00912.html



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DATI SENTIERI ISS CONFERENZA STAMPA BONELLI

20.09.12 CAMERA DEI DEPUTATI

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il 19 settembre a taranto il presidente dei verdi angelo bonelli insieme al presidente di peacelink alessandro marescotti forniscono i dati sulla mortalità per inquinamento a taranto del relativi al progetto sentieri dell'istituto superiore della sanità. la conferenza stampa avviene alle ore 12.00, viene ripetuta alle 17.00 in diretta web su peacelink on air, in serata il ministro dell'ambiente clini dà mandato all'avvocatura di stato di querelare angelo bonelli. il giorno dopo bonelli conferisce nella sala stampa della camera dei deputati l'accaduto ed annuncia che ha dato mandato al proprio avvocato di querelare il ministro clini.

fonte video camera.it




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