02/08/2011, 20:39
bleffort ha scritto:Thethirdeye ha scritto:bleffort ha scritto:
una domanda agli Economisti:
L'Europa dovrebbe unirsi anche politicamente per potere
stampare moneta sovrana, lo potremmo fare?.
Bellissima domanda!
Tranquillo.... quando in Europa ci sarà un Unico Governo Fascista,
potremmo stampare banconote come se piovesse... evvvvaiiiii!!!
Non ho capito...,per forza Fascista deve essere?.
04/08/2011, 13:55
04/08/2011, 19:29
04/08/2011, 21:03
06/08/2011, 13:42
07/08/2011, 00:02
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Il crepuscolo dell’Europa che già si sente un po’ meno Europa
Atene scava un superfossato al confine turco e cova odio per l’“occupazione tedesca”. Cipro verso “il disastro”
Atene. L’economista tedesco Otmar Issing propone di spogliare la Grecia della sua appartenenza all’Unione europea. “Continueranno a usare l’euro come moneta da strada, come fanno Kosovo o Montenegro, ma non avranno i diritti degli altri europei”. Atene reagisce scavando in profondità e con stizza il confine con l’Asia minore. Ieri sono iniziati gli incontri tecnici per decidere la costruzione di un fossato anti immigrazione largo trenta metri e profondo sette, lungo centoventi chilometri e colmo d’acqua, al confine con la Turchia.
E’ da quel tratto di confine che passa la metà degli immigrati clandestini – di quelli che arrivano via terra – che entrano nell’Ue. I primi venti chilometri del fossato, in realtà, sono nati come canale d’irrigazione, per dare un po’ di sollievo allo sfruttamento del fiume Evros. Ma poi le guardie di confine si sono accorte che il canale complicava la vita ai trafficanti di clandestini (dalle acque dell’Evros, spesso, emergono i cadaveri dei clandestini che tentano senza fortuna l’attraversamento). Da qui l’idea sul fossato: allungarlo il più possibile. Nel 2010 almeno 120 mila immigrati clandestini sono entrati in Grecia, il numero più alto di ingressi illegali in tutta l’Unione europea. Fra loro, anche afghani, palestinesi e iracheni, soprattutto curdi e arabi cristiani. Da anni la Grecia accusa la Turchia di non fare nulla per fermarli e di rendere impossibile il loro rimpatrio, anzi, di usare la questione come un punto di pressione politico. Che si potrà dire di un paese non più Ue e delle sue beghe arabe con i turchi?
Nella notte del 30 maggio 1941, Manolis Glezos era salito sull’Acropoli, con il compagno Apostolos Santas, per rubare la bandiera nazista che sventolava sprezzante di fronte al Partenone. Dopo settant’anni di militanza nell’estrema sinistra, con un passaggio in Parlamento tra le file socialiste del Pasok, Glezos è tornato a combattere i tedeschi. Compirà 89 anni a settembre, ma lo si trova ancora in testa alle proteste anti austerità, tra gli indignati di piazza Syntagma, davanti al Parlamento – dove un lacrimogeno l’ha centrato in pieno volto. Tra un comitato di quartiere e l’altro – “stiamo discutendo le strategie per azioni future”, dice lui – Glezos ha trovato un’idea per uscire dalla crisi. E’ molto semplice: a pagare tutto sarà la Germania, ce lo deve. “Se i tedeschi non sono ancora sotto il dominio nazista è merito in gran parte nostro, siamo stati noi a ostacolare l’avanzata di Hitler”, dice Glezos, che propone una cifra: 162 miliardi di euro, più 40 di interessi.
Per il veterano dell’estrema sinistra greca si tratta di un’offerta più che ragionevole: “Siamo l’unica nazione europea che ancora non è stata risarcita dai tedeschi, che peraltro non hanno mai restituito nessuna delle antichità che ci hanno rubato o delle tonnellate di argento e nichel che si sono presi”. Il salvataggio delle banche greche, per Glezos, è soltanto la più recente delle rapine: “Dopo la Seconda guerra mondiale siamo diventati, di fatto, vassalli degli inglesi e poi degli americani. Ora è l’Europa a volerci sottomessi. I nostri nuovi padroni si chiamano Unione europea, Fondo monetario internazionale e Banca centrale europea”. Per questo Glezos, alla soglia dei novant’anni, è ancora in piazza: “Il popolo greco sarà l’avanguardia della resistenza contro le politiche che la troika vuole imporre. Gli uomini di Bruxelles se ne devono andare, si segni queste parole”.
Le misure di austerità varate dal Parlamento, sommate all’aumento dell’immigrazione clandestina, creano una miscela letale per la sicurezza greca. Le autorità locali hanno iniziato ad ammetterlo soltanto nelle ultime settimane, aumentando i controlli davanti alle moschee dopo gli attentati di Oslo. Potrebbe, però, essere già troppo tardi. E’ da maggio che squadre di ragazzi in camicia nera, mazze da baseball e coltelli alla mano, attaccano i negozi degli immigrati, caricando gli stranieri al grido di “la Grecia ai greci”.
L’agenzia Onu per i rifugiati dice che, in alcuni quartieri della capitale, “i gruppi fascisti hanno stabilito un regime tutto loro, in totale impunità”. La verità è che le spedizioni punitive si addentrano fino al centro di Atene, dove gli xenofobi guadagnano sostenitori ogni giorno che passa, assicura il capo dell’associazione degli islamici greci, Naim Elghandour. A novembre, Nikolaos Michaloliakos, un matematico sulla cinquantina, leader del gruppo xenofobo Chrysi Avgi (Alba dorata), ha preso tanti voti da ottenere un seggio nel consiglio comunale della capitale greca. Oggi, sotto la statua di Alessandro Magno, arringa i suoi: “Viviamo in uno stato che è stato schiavizzato anche a livello finanziario. L’economia è in bancarotta e i politici ladri, nel frattempo, continuano a restare impuniti”. “Per quanto credono di andare avanti a ingannare il popolo greco?”, grida Michaloliakos, che promette: “Che piaccia o no a questi signori, l’ora di Chrysi Avgi e della rivoluzione nazionalista sta arrivando”.
Cipro è investita dalla crisi peggiore dal 1974, anno dell’invasione turca. Lo scorso 11 luglio una nave carica di esplosivo iraniano e ferma da anni nelle acque davanti all’isola è saltata in aria: il disastro ha ucciso 13 persone – tra cui il capo della marina e due poveri marinai assegnati a bagnare con una manichetta i container perché non s’arroventassero troppo sotto il sole cipriota–, ha costretto alle dimissioni due ministri e ha devastato la più grande centrale elettrica dell’isola, azzerando qualsiasi possibilità di crescita economica.
Cipro sarà il prossimo paese ad aver bisogno di un salvataggio da parte dell’Ue, con l’aggravante di stare in mezzo a delicatissimi negoziati di pace sulla questione mai chiusa della guerra fra Atene e Ankara. Per non parlare della posizione strategica, a poca distanza da Libano e Israele. Insomma, la situazione è così difficile che ieri il presidente americano, Barack Obama, per dire che lui non è un “signor so tutto io”, ha detto che su Cipro non ha la più pallida idea di come schierarsi, “ma se me lo chiedete, mi informerò e vi richiamerò per dirvi come la penso”. Il suo parigrado cipriota, Dimitris Christofias, sta correndo verso quello che l’International Herald Tribune definisce “un disastro politico”. Ha un mese per cominciare duri negoziati con il leader della Cipro turca e per imporre ai suoi misure severissime di austerità. Ieri ha fatto un rimpasto di governo, chiamando dentro pure i comunisti. Il neo ministro delle Finanze ha detto che “non c’è bisogno di aiuto esterno”. Può essere: al momento Cipro, senza più centrale, deve chiedere all’estero anche per avere l’energia elettrica.
di Daniele Raineri e Marco Pedersini
© - FOGLIO QUOTIDIANO[/color]
09/08/2011, 20:40
11/08/2011, 21:58
12/08/2011, 09:57
rmnd ha scritto:
http://www.ilfoglio.it/soloqui/9946
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Il crepuscolo dell’Europa che già si sente un po’ meno Europa
Atene scava un superfossato al confine turco e cova odio per l’“occupazione tedesca”. Cipro verso “il disastro”
Atene. L’economista tedesco Otmar Issing propone di spogliare la Grecia della sua appartenenza all’Unione europea. “Continueranno a usare l’euro come moneta da strada, come fanno Kosovo o Montenegro, ma non avranno i diritti degli altri europei”. Atene reagisce scavando in profondità e con stizza il confine con l’Asia minore. Ieri sono iniziati gli incontri tecnici per decidere la costruzione di un fossato anti immigrazione largo trenta metri e profondo sette, lungo centoventi chilometri e colmo d’acqua, al confine con la Turchia.
E’ da quel tratto di confine che passa la metà degli immigrati clandestini – di quelli che arrivano via terra – che entrano nell’Ue. I primi venti chilometri del fossato, in realtà, sono nati come canale d’irrigazione, per dare un po’ di sollievo allo sfruttamento del fiume Evros. Ma poi le guardie di confine si sono accorte che il canale complicava la vita ai trafficanti di clandestini (dalle acque dell’Evros, spesso, emergono i cadaveri dei clandestini che tentano senza fortuna l’attraversamento). Da qui l’idea sul fossato: allungarlo il più possibile. Nel 2010 almeno 120 mila immigrati clandestini sono entrati in Grecia, il numero più alto di ingressi illegali in tutta l’Unione europea. Fra loro, anche afghani, palestinesi e iracheni, soprattutto curdi e arabi cristiani. Da anni la Grecia accusa la Turchia di non fare nulla per fermarli e di rendere impossibile il loro rimpatrio, anzi, di usare la questione come un punto di pressione politico. Che si potrà dire di un paese non più Ue e delle sue beghe arabe con i turchi?
Nella notte del 30 maggio 1941, Manolis Glezos era salito sull’Acropoli, con il compagno Apostolos Santas, per rubare la bandiera nazista che sventolava sprezzante di fronte al Partenone. Dopo settant’anni di militanza nell’estrema sinistra, con un passaggio in Parlamento tra le file socialiste del Pasok, Glezos è tornato a combattere i tedeschi. Compirà 89 anni a settembre, ma lo si trova ancora in testa alle proteste anti austerità, tra gli indignati di piazza Syntagma, davanti al Parlamento – dove un lacrimogeno l’ha centrato in pieno volto. Tra un comitato di quartiere e l’altro – “stiamo discutendo le strategie per azioni future”, dice lui – Glezos ha trovato un’idea per uscire dalla crisi. E’ molto semplice: a pagare tutto sarà la Germania, ce lo deve. “Se i tedeschi non sono ancora sotto il dominio nazista è merito in gran parte nostro, siamo stati noi a ostacolare l’avanzata di Hitler”, dice Glezos, che propone una cifra: 162 miliardi di euro, più 40 di interessi.
Per il veterano dell’estrema sinistra greca si tratta di un’offerta più che ragionevole: “Siamo l’unica nazione europea che ancora non è stata risarcita dai tedeschi, che peraltro non hanno mai restituito nessuna delle antichità che ci hanno rubato o delle tonnellate di argento e nichel che si sono presi”. Il salvataggio delle banche greche, per Glezos, è soltanto la più recente delle rapine: “Dopo la Seconda guerra mondiale siamo diventati, di fatto, vassalli degli inglesi e poi degli americani. Ora è l’Europa a volerci sottomessi. I nostri nuovi padroni si chiamano Unione europea, Fondo monetario internazionale e Banca centrale europea”. Per questo Glezos, alla soglia dei novant’anni, è ancora in piazza: “Il popolo greco sarà l’avanguardia della resistenza contro le politiche che la troika vuole imporre. Gli uomini di Bruxelles se ne devono andare, si segni queste parole”.
Le misure di austerità varate dal Parlamento, sommate all’aumento dell’immigrazione clandestina, creano una miscela letale per la sicurezza greca. Le autorità locali hanno iniziato ad ammetterlo soltanto nelle ultime settimane, aumentando i controlli davanti alle moschee dopo gli attentati di Oslo. Potrebbe, però, essere già troppo tardi. E’ da maggio che squadre di ragazzi in camicia nera, mazze da baseball e coltelli alla mano, attaccano i negozi degli immigrati, caricando gli stranieri al grido di “la Grecia ai greci”.
L’agenzia Onu per i rifugiati dice che, in alcuni quartieri della capitale, “i gruppi fascisti hanno stabilito un regime tutto loro, in totale impunità”. La verità è che le spedizioni punitive si addentrano fino al centro di Atene, dove gli xenofobi guadagnano sostenitori ogni giorno che passa, assicura il capo dell’associazione degli islamici greci, Naim Elghandour. A novembre, Nikolaos Michaloliakos, un matematico sulla cinquantina, leader del gruppo xenofobo Chrysi Avgi (Alba dorata), ha preso tanti voti da ottenere un seggio nel consiglio comunale della capitale greca. Oggi, sotto la statua di Alessandro Magno, arringa i suoi: “Viviamo in uno stato che è stato schiavizzato anche a livello finanziario. L’economia è in bancarotta e i politici ladri, nel frattempo, continuano a restare impuniti”. “Per quanto credono di andare avanti a ingannare il popolo greco?”, grida Michaloliakos, che promette: “Che piaccia o no a questi signori, l’ora di Chrysi Avgi e della rivoluzione nazionalista sta arrivando”.
Cipro è investita dalla crisi peggiore dal 1974, anno dell’invasione turca. Lo scorso 11 luglio una nave carica di esplosivo iraniano e ferma da anni nelle acque davanti all’isola è saltata in aria: il disastro ha ucciso 13 persone – tra cui il capo della marina e due poveri marinai assegnati a bagnare con una manichetta i container perché non s’arroventassero troppo sotto il sole cipriota–, ha costretto alle dimissioni due ministri e ha devastato la più grande centrale elettrica dell’isola, azzerando qualsiasi possibilità di crescita economica.
Cipro sarà il prossimo paese ad aver bisogno di un salvataggio da parte dell’Ue, con l’aggravante di stare in mezzo a delicatissimi negoziati di pace sulla questione mai chiusa della guerra fra Atene e Ankara. Per non parlare della posizione strategica, a poca distanza da Libano e Israele. Insomma, la situazione è così difficile che ieri il presidente americano, Barack Obama, per dire che lui non è un “signor so tutto io”, ha detto che su Cipro non ha la più pallida idea di come schierarsi, “ma se me lo chiedete, mi informerò e vi richiamerò per dirvi come la penso”. Il suo parigrado cipriota, Dimitris Christofias, sta correndo verso quello che l’International Herald Tribune definisce “un disastro politico”. Ha un mese per cominciare duri negoziati con il leader della Cipro turca e per imporre ai suoi misure severissime di austerità. Ieri ha fatto un rimpasto di governo, chiamando dentro pure i comunisti. Il neo ministro delle Finanze ha detto che “non c’è bisogno di aiuto esterno”. Può essere: al momento Cipro, senza più centrale, deve chiedere all’estero anche per avere l’energia elettrica.
di Daniele Raineri e Marco Pedersini
© - FOGLIO QUOTIDIANO[/color]
Certo però che questa abitudine tipicamente mediterranea di piangersi addosso e incolpare sempre gli altri delle proprie sventure...
Ai greci manca spirito imprenditoriale del nord Europa..Se la grecia è ridotta in questo stato un po' è anche colpa dei greci.
21/08/2011, 19:18
21/08/2011, 20:02
21/08/2011, 20:23
21/08/2011, 20:27
13/09/2011, 23:56
19/09/2011, 11:27