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MessaggioInviato: 23/02/2016, 12:18 
http://www.corriere.it/esteri/16_febbra ... 29b4.shtml

Bill Gates si schiera con l’Fbi
«Apple decripti l’iPhone del killer»

Il fondatore di Microsoft al Financial Times: Cupertino dovrebbe sbloccare l’iPhone dell’attentatore di San Bernardino

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Conte ripercorre le tappe della crisi: «Vorrei ricordare che con la parlamentarizzazione della crisi la Lega ha poi formalmente ritirato la mozione di sfiducia, ha dimostrato di voler proseguire, sono stato io che ho detto “assolutamente no”perché per me quell’esperienza politica era chiusa».


http://www.lefigaro.fr/international/mi ... e-20190923
il stipule que les États membres qui souscrivent à ce dispositif de relocalisation des personnes débarquées en Italie et à Malte s’engagent pour une durée limitée à six mois - éventuellement renouvelable. Le mécanisme de répartition serait ainsi révocable à tout moment au cas où l’afflux de migrants vers les ports d’Italie et de Malte devait s’emballer.
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MessaggioInviato: 23/02/2016, 18:28 
Il terrore degli Usa


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Il predominio navale degli Stati Uniti, basato sulle portaerei, potrebbe ben presto essere messo in discussione da tattiche sempre più letali e precise. È questa la conclusione del Center for a New American Security, think-tank degli Stati Uniti che ha analizzato il ruolo dei vettori della Marina Usa a fronte dei nuovi contesti globali.

“Le nostre portaerei sono immensamente potenti, rappresentano gli Usa nel globo. Il problema è che la US Navy, si trova ad affrontare molteplici sfide, in aree che potrebbero limitare la proiezione a distanza dei vettori”.

La più moderna portaerei americana, la George HW Bush, è entrata in servizio nove anni fa. La Nimitz, invece, ha preso il mare nel 1975. Gli Stati Uniti stanno attualmente costruendo altri due vettori: la Gerald R. Ford dovrebbe essere completata entro l’anno, mentre la John F. Kennedy nel 2020. Nel 2025, gli Usa ultimeranno anche un terzo vettore chiamato (così come tradizione) Enterprise.

“Il pericolo è immediato. I missili cinesi come il DF-21D ed il DF-26 sono stati specificatamente progettati in ruolo carrier-killer e potrebbero raggiungere anche Guam, a 2.000 miglia di distanza dalla costa cinese. I nuovi sistemi d’arma sono stati progettati per limitare la proiezione a distanza dei vettori Usa ed impedire i movimenti delle portaerei. Un attacco portato a sciame contro un vettore, nonostante la difesa stratificata, sarebbe impossibile da neutralizzare”.

Russia, Cina ed Iran, sono menzionati nella relazione come i paesi che hanno sviluppato i sistemi carrier-killer più efficaci. La soluzione prospettata dal Center for a New American Security è quella di concentrarsi sullo sviluppo della tecnologia “railgun”, in grado di sparare proiettili, a distanza di sicurezza, a sette volte la velocità del suono.

Lo studio del think-tank americano paventa la fine dell’influenza americana nell’area del Mar Cinese Meridionale.

“Gli Usa non potranno fare altro che riconoscere le rivendicazioni territoriali di Pechino o ricorrere alla forza. I cinesi, però, ritengono che gli Usa non si faranno trascinare in una guerra”. Washington dovrebbe anticipare le mosse cinesi – spiega Andrea Cucco, direttore del giornale specializzato DifesaOnline – provando a scardinare il loro ciclo decisionale implementando sistemi non offensivi.

Da rilevare – continua Cucco – che i cinesi continuano a produrre mostruose navi, strategicamente schierate con la Guardia Costiera. Questo non deve trarre in inganno. Le “bestie bianche” cinesi – spiega il direttore di DifesaOnline – rientrano in un evidente piano di comunicazione strategica. Pechino identifica le navi come “forze dell’ordine non aggressive”, ma rientrano in una precisa tecnica di intimidazione.

La Cina continua a dispiegare nel Mar Cinese Meridionale, quelle che gli americani chiamano “Monster ship”. Ufficialmente sono nave della Guardia Costiera. In realtà sono vettori corazzati con un dislocamento di 12 mila tonnellate, in grado di raggiungere i 25 nodi ed armati con un sistema principale a fuoco rapido da 76 millimetri e due torrette secondarie (probabilmente cannoncini antiaerei da 30mm). La capofila della classe, la 2901, è entrata in servizio lo scorso anno nel Mar Cinese orientale, dove la Cina è coinvolta in una disputa territoriale con il Giappone che risale al 2008. La nuova piattaforma 3901, dovrebbe rientrare nella categoria delle unità guardacoste, ma definirla tale sarebbe un’assurdità considerando le dimensioni. Per fare un esempio: le cacciatorpediniere missilistiche classe Arleigh Burke della Marina Militare USA hanno in genere un dislocamento di “appena” 9.700 tonnellate. Le navi cinesi sono il 50% più grandi degli incrociatori lanciamissili classe Ticonderoga. L’entrata in servizio della seconda unità (la produzione in serie è di fatto avviata per una classe formata da sei-otto battelli ed un dislocamento che potrebbe arrivare a 15mila tonnellate) comporterà la revisione della strategia USA per scongiurare una possibile escalation nel Mar Cinese Meridionale, una delle più trafficate rotte marittime del mondo. La 3901 della China Coast Guard è stata progettata per trasportare due elicotteri pesanti multiruolo Z-8. Il disegno sembra essere un’evoluzione delle corvette a bassa osservabilità classe “Jiangdao”.

Le nuove navi di Pechino sono le piattaforme più imponenti mai entrate in servizio attivo con una Guardia Costiera. I cinesi hanno spodestato anche la classe giapponese Shikishima, fino pochi mesi fa la più grande nel mondo. Proprio l’esistenza dei vettori classe Shikishima (che pattugliano le acque che circondano le isole Senkaku), potrebbe aver spinto la Cina a realizzare questi giganteschi vettori.

Conclude Cucco: “Le navi cinesi sono state progettate per imporre dei blocchi, per una strategia che si basa esclusivamente sulla stazza. Lo speronamento esiste fin da quando l’uomo ha iniziato a costruire navi ed è una prassi utilizzata anche in epoca moderna. Durante la guerra fredda, le navi russe ed americane si sono “affrontate” diverse volte (riportando anche gravi danni) per rivendicazioni territoriali o in nome del diritto di operare in acque internazionali. E ‘chiaro che la Cina intende utilizzare la sua flotta bianca per limitare la futura libertà di navigazione degli Usa nelle acque rivendicate. L’aspetto del superiore tonnellaggio delle navi cinesi va anche letto con la possibilità di poter upgradare in breve l’armamento di bordo. Anticipare le prossima mossa cinese, potrebbe fornire un’opzione non offensiva: ciò contribuirebbe a garantire la leadership degli Stati Uniti nella regione ed eviterebbe una guerra”.

http://www.occhidellaguerra.it/il-terrore-degli-usa/



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 Oggetto del messaggio: Re:
MessaggioInviato: 23/02/2016, 21:30 
si infatti ste portaerei
sono grandi e grosse..
ma basta un missile killer
o un siluro russo da 500 km/h
ed e' gia' tutto finito.......

poi gli aerei di ritorno dalla missione
dove atterrano?
sulle zattere gonfiabili?



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 Oggetto del messaggio: Re: Re:
MessaggioInviato: 23/02/2016, 22:39 
mik.300 ha scritto:
http://www.corriere.it/esteri/16_febbraio_23/bill-gates-si-schiera-l-fbi-apple-decripti-l-iphone-killer-08575fd8-d9f7-11e5-84e2-5233d26d29b4.shtml

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Per il momento con un Iphone di non ultima generazione basta non fare il backup del telefonino su Icloud e nessuno riesce a guardarti il contenuto dell' Iphone.

Nel caso specifico l'FBI non ha voluto farsi dare un mandato da un giudice ed ha voluto far da sè.
Con un mandato la Apple avrebbe concesso alla FBI di accedere all' Icloud per scaricarsi i dati in quanto la versione del sistema operativo del telefonino in questione non aveva ancora un sistema di crittografia di ultima generazione.
I pirla del fai da te hanno preferito resettare la password dell'Iphone del terrorista credendo di poterci entrare con la nuova password.
Poi sono andati a piangere da Apple, questa infine ha concesso di accedere al backup.
Siccome i pirla hanno sostituito la password, l'Icloud interpretava la nuova password come di un altro Iphone dando picche all'accesso.

Mentre con i nuovi Iphone, se perdi la password nemmeno la Apple riesce a decrittare il backup.

Dopo di che l'FBI ha dato avvio alla procedura legale che conosciamo.



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 Oggetto del messaggio: Re:
MessaggioInviato: 24/02/2016, 16:08 
Sembra che Trump abbia usato l'argomento 11 settembre solo per fare fuori Jeb Bush
http://ununiverso.altervista.org/blog/r ... denza-usa/


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 Oggetto del messaggio: Re:
MessaggioInviato: 24/02/2016, 19:28 
Un articolo per i benpensanti della sinistra ....



Così regalammo il Vietnam ai comunisti

di Rino Cammilleri23-02-2016

Immagine

Circola in rete un documentario in inglese, Last days in Vietnam, il cui sottotitolo rivela il plot: How many could be saved? Traduco per chi si ostina a ignorare la “lingua corrente” ormai obbligatoria: «Ultimi giorni in Vietnam. In quanti avrebbero potuto salvarsi?». Sfilano interviste a chi c’era e filmati d’epoca. Il tono è addolorato e dispiaciuto.

Molti erano gli americani che a Saigon avevano lasciato il cuore. Molti avevano sposato una vietnamita, donne minute e delicate, bamboline di porcellana dall’incarnato scuretto e dal modo di fare molto lontano da quello a cui gli yankees erano abituati a casa loro. In tanti avevano figli meticci e tantissimi un’innamorata ricambiata. Per anni funzionari e soldati americani avevano lavorato in quel lembo di Indocina che i francesi avevano occidentalizzato e cristianizzato prima di dover sloggiare. I loro “collaborazionisti” locali erano legione, se non tutti. Sapevano che fine avrebbero fatto se i comunisti del Nord fossero riusciti a metter loro le mani addosso.

Nelle interviste del documentario qualche reduce non riesce a trattenere le lacrime. Già, perché il Vietnam è stata la penultima “cosa giusta” fatta dagli Usa in campo internazionale (l’ultima l’ha fatta Reagan), ma ci sono voluti decenni e un successo filmico (ma di puro passaparola) come Rambo perché la rabbia dell’America profonda sbottasse. Chi ha una certa età ricorda l’infinita guerra che gli Usa dovettero combattere con una mano legata dietro la schiena, mentre tutto lo studentame, tutti i cantanti e gli attori, tutto l’intellettualume d’Occidente manifestava, marciava, inveiva e remava contro.

Il documentario mostra l’ambasciatore americano a Saigon, Graham Martin, negare fino all’ultimo l’evidenza. In perfetta buona fede, perché suo figlio in quella guerra ci era caduto. Ma tutti i suoi funzionari sapevano come stavano realmente le cose, tanto che, sottobanco, cominciarono a organizzare un piano di evacuazione per tutti i sudvietnamiti che il loro Paese aveva giurato di proteggere. Nixon, praticamente costretto a firmare gli accordi di Parigi, dichiarò furibondo che se la controparte non li avesse rispettati gli americani avrebbero ripreso le armi. Ma, con un tempismo fatale, mentre la controparte li infrangeva Nixon cadeva sotto i colpi del Watergate. Un misero sgambetto elettorale di bassa politica interna, che i maestri della propaganda riuscirono a ingigantire fino a provocare le dimissioni dell’odiato “berluscone” di casa loro.

Così, il Vietnam venne abbandonato a se stesso. I più anziani ricordano le immagini degli elicotteri che, stracarichi di gente in fuga, si inabissavano in mare perché i generosi piloti americani non avevano avuto cuore di respingere vecchi e bambini. Ricordano anche i “boat people”, le stracolme carrette del mare che affrontavano il Pacifico (non certo la distanza tra la Libia e Lampedusa) pur di sottrarsi a una vita nel “paradiso” comunista. Anche la nostra marina si mosse (malgrado l’opposizione dei liberals nostrani) per soccorrerli.

Nel documentario una scena prende la gola: le navi da guerra fornite dagli americani agli alleati sudvietnamiti e colme di profughi non possono attraccare nelle Filippine perché il governo di Manila si è affrettato a riconoscere, alla velocità della luce, il Vietnam “unificato”; per sbarcare si ricorre all’escamotage del cambio di bandiera; quella di Saigon viene ammainata -tra la commozione degli stessi americani che in cinquantamila per essa si erano fatti ammazzare- e sostituita con quella a stelle e strisce. Intanto Gerald Ford, pur imprecando, dà l’ordine del si-salvi-chi-può. Il segnale, trasmesso via radio, è la canzone White Christmas di Bing Crosby. Buon Natale. Ci sarebbe da ridere se non ci fosse da piangere.

Intanto, i liberal americani celebrano il loro trionfo. Il giornalista Bob Woodward, co-autore (con Carl Bernstein) dello scoop anti-Nixon, ottiene il sospirato Pulitzer. Robert Redford, il più a sinistra degli attori hollywoodiani, si affretta a impersonarlo nel film Tutti gli uomini del presidente e, ovviamente, vince premi a iosa (quattro Oscar). Ronald Reagan, l’ultimo presidente del “sogno americano”, ebbe a dire: «Potevamo asfaltare il Vietnam e dipingerci le strisce di parcheggio sopra». Ma la sua era ancora l’America di John Wayne e di Walt Disney, non quella del marxismo starred ‘n’ stripped ormai dominante.

http://www.lanuovabq.it/it/articoli-cos ... -15340.htm



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 Oggetto del messaggio: Re:
MessaggioInviato: 25/02/2016, 08:14 
Primarie Usa, Trump trionfa in Nevada. E nei sondaggi per il Super Tuesday è in vantaggio

Donald J. Trump, dopo New Hampshire e South Carolina, vince anche i caucuses in Nevada e cementa la sua posizione come “candidato da battere” per la nomination repubblicana. Il vantaggio del magnate newyorkese nei confronti dei suoi sfidanti, Marco Rubio e Ted Cruz, supera i venti punti – e questo nonostante la campagna particolarmente aggressiva che Rubio e Cruz hanno messo in piedi nei giorni immediatamente precedenti il voto. Si entra ora nella settimana decisiva prima del Super Tuesday, con una quindicina di Stati in palio. In gran parte di questi, Trump appare in vantaggio nelle intenzioni di voto.

“Amiamo il Nevada. Oh, quanto amiamo il Nevada. E’ un gran posto”, ha urlato Trump ai suoi sostenitori, dopo che Associated Press lo ha proclamato vincitore. In effetti, i repubblicani del Nevada hanno dato a Trump una vittoria che non potrebbe essere più esplicita. Una serie di sondaggi effettuati tra chi usciva dai seggi elettorali mostrano che la maggioranza degli elettori repubblicani – il 57 per cento – dice di essere “arrabbiato” con il governo federale. E tre elettori su quattro spiegano di volere un “outsider” per mettere a posto le cose. Si tratta di un coacervo di sentimenti e frustrazioni che favorisce un candidato come Trump, che ha fatto dell’essere un outsider, fuori e contro l’establishment di Washington, uno dei temi forti della sua campagna.

Le prime analisi del voto del Nevada recano però una serie di altre brutte notizie per il campo degli sfidanti repubblicani di Trump. Il miliardario vince la maggioranza dei voti dei repubblicani che si dichiarano “moderati”; vince tra i “conservatori”. Vince tra i repubblicani evangelici e tra gli ispanici. Trump vince nelle aree urbane di Las Vegas e di Reno. Vince nei piccoli centri e nelle campagne. Vince tra i repubblicani con una laurea e tra quelli con un titolo di studio superiore. Se a questo si aggiunge che Trump è riuscito ad aggiudicarsi facilmente uno Stato del West come il Nevada – dopo aver vinto al Sud, in South Carolina, e nel Nord-Est, in New Hampshire – si comprende come il suo fascino sui repubblicani di ogni ceto, origine e provenienza sia largo – e come proprio lui sia ormai il candidato da battere.

“La frustrazione non è un progetto politico. Essere arrabbiati non è un progetto politico”, ha detto Marco Rubio in questi giorni. Il suo tentativo di arginare Trump non ha avuto successo. Rubio si aspettava un risultato ben più positivo. Qui, a Las Vegas, il giovane Rubio ha vissuto negli anni Settanta e Ottanta (il padre faceva il barista al Sam’s Town e la madre la cameriera all’Imperial Palace). Qui Rubio ha pagato molti più spot elettorali degli altri candidati. Nonostante questo, il risultato è deludente. I “big” del partito di Washington nei giorni scorsi sembravano aver ormai puntato apertamente su di lui. L’appoggio non è servito, non sono servite le dichiarazioni a suo favore di molti senatori e deputati repubblicani. E non sembra essere servita la massa di denaro che molti finanziatori hanno fatto affluire nelle sue casse. Proprio il ruolo dei finanziatori è a questo punto in discussione. Alcuni potrebbero essere portati a chiedersi se vale la pena sostenere un candidato che, su quattro primarie, non è riuscito a vincerne una.

A questo punto la campagna entra nella settimana decisiva del Super Tuesday. Quindici gli Stati in palio e in gran parte di questi – tranne l’Arkansas e il Texas, dove è in vantaggio Cruz – Donald Trump appare saldamente in testa. Il suo appeal supera divisioni geografiche e politiche. Il magnate guida nelle intenzioni di voto del “moderato” Massachussetts e della “conservatrice” Georgia. Probabile che, nei prossimi giorni, si assista a un inasprirsi dello scontro con Marco Rubio. Sinora Trump ha preferito dirigere gran parte dei suoi attacchi contro Jeb Bush, che si è ritirato dalla corsa, e contro Cruz, che gli faceva concorrenza nel voto dei religiosi e dei conservatori. Su Rubio, il magnate repubblicano è rimasto piuttosto abbottonato. Le cose cambiano, nel momento in cui lo scontro sembra sempre più limitato ai due. Trump, dal Nevada, ha già lanciato un avvertimento. “Non vedo l’ora che Rubio mi attacchi… Uh, non vedo l’ora… Ogni volta che l’ha fatto, gli si è sempre ritorto contro”. (da www.ilfattoquotidiano.it)


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 Oggetto del messaggio: Re:
MessaggioInviato: 25/02/2016, 10:13 
la gente è veramente stufa..

comunque spesso le rivoluzioni sono guidate
da un appartenente all'elite che si ribella ai suoi..
cesare, catilina, ecc.

tra trump e la clinton
la neocons è la seconda..



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 Oggetto del messaggio: Re: Re:
MessaggioInviato: 25/02/2016, 10:51 
mik.300 ha scritto:
la gente è veramente stufa..

comunque spesso le rivoluzioni sono guidate
da un appartenente all'elite che si ribella ai suoi..
cesare, catilina, ecc.

tra trump e la clinton
la neocons è la seconda..


...Forse sì, ma alla fine tra i due candidati sinceramente non vedo grosse differenze e faccio fatica ad immaginare uno come il Trump in versione "rivoluzionario" anti-casta (tra le sue tante promesse elettorali c'è pure quella di costruire un muro lungo il confine messicano per bloccare i clandestini)...Comunque è probabile che se si arriverà allo scontro finale tra i due la Clinton dovrà fare i conti soprattutto con i media conservatori, visto che la sua "famiglia" è da un bel pezzo il loro bersaglio preferito, senza scordare che la sua presidenza potrebbe venir vista dai votanti come un terzo mandato di Obama (o come un terzo mandato del marito)..E Trump da outsider ormai si è trasformato in un front runner che sta conquistando le masse americane a prescindere dal ceto sociale, cosa che sembrava quasi impensabile fino a un anno e mezzo fa..


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 Oggetto del messaggio: Re:
MessaggioInviato: 25/02/2016, 11:36 
magari trump sarà il primo dittatore americano


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 Oggetto del messaggio: Re: Re:
MessaggioInviato: 25/02/2016, 12:13 
Ufologo... i tuoi ultimi due post, sono in off topic.



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"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

"Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero". Proverbio Arabo

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 Oggetto del messaggio: Re: Re:
MessaggioInviato: 25/02/2016, 12:42 
xfabiox ha scritto:
magari trump sarà il primo dittatore americano


ma trump è uno calato nella realtà, pragmatico..

la clinton è una burocrate pronta a tutto..
alla eichmann..



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 Oggetto del messaggio: Re:
MessaggioInviato: 25/02/2016, 13:56 
sono tutti "calati dall'alto" è questo il problema :)



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 Oggetto del messaggio: Re:
MessaggioInviato: 25/02/2016, 14:21 
Non rischieranno più di trovarsi con un presidente ingestibile come Kennedy

Ma ricordiamoci quali sono i temi che sta usando Trump in campagna elettorale:
- Il Secondo emendamento è troppo importante, non ci toglieranno le nostre armi
- Manterremo Guantanamo e costruiremo il muro con il Messico

Personalmente non faccio il tifo per nessuno ma se negli USA vince un candidato sulla base di questi valori siamo proprio messi male


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 Oggetto del messaggio: Re: Re:
MessaggioInviato: 25/02/2016, 14:36 
Akira ha scritto:
mik.300 ha scritto:
la gente è veramente stufa..

comunque spesso le rivoluzioni sono guidate
da un appartenente all'elite che si ribella ai suoi..
cesare, catilina, ecc.

tra trump e la clinton
la neocons è la seconda..


...Forse sì, ma alla fine tra i due candidati sinceramente non vedo grosse differenze e faccio fatica ad immaginare uno come il Trump in versione "rivoluzionario" anti-casta (tra le sue tante promesse elettorali c'è pure quella di costruire un muro lungo il confine messicano per bloccare i clandestini)...Comunque è probabile che se si arriverà allo scontro finale tra i due la Clinton dovrà fare i conti soprattutto con i media conservatori, visto che la sua "famiglia" è da un bel pezzo il loro bersaglio preferito, senza scordare che la sua presidenza potrebbe venir vista dai votanti come un terzo mandato di Obama (o come un terzo mandato del marito)..E Trump da outsider ormai si è trasformato in un front runner che sta conquistando le masse americane a prescindere dal ceto sociale, cosa che sembrava quasi impensabile fino a un anno e mezzo fa..


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