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Stellare
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MessaggioInviato: 13/03/2012, 17:51 
i nr del vate monti...........un po al vento




"Immaginiamo il prof. Monti travestito da studente (ovviamente fuori corso) che si presenta a un esame di economia alla Bocconi, di cui è stato anche Rettore; e che alla domanda: «Quando si presenta un’analisi costi benefici?» risponde «Dopo l’approvazione del progetto». Bocciato (sia Monti che il progetto) senza se e senza ma. Eppure è proprio questo che ha sostenuto Monti, vestito (e non travestito) da Presidente del Consiglio. Ma non è la sola insensatezza che ha detto sul Tav: c’è anche la promessa di viaggiare da Milano a Parigi in 4 ore (cioè, ad almeno 400 km/h tra Torino e Lione compresi i 57 e più chilometri di galleria); e l’improvvisa trasformazione in low-cost (a basso costo) dell’opera: grazie al rinvio sine die dei lavori per le tratte fuori galleria (ma chi ha detto che la Commissione Europea sia disposta a cofinanziare un affare simile?). Con questi assi nella manica il governo Monti ha annunciato una grande campagna di informazione (e di repressione) sul Tav. Complimenti!

Lo scontro sul Tav porta alla luce la vera natura di questo governo; un consesso di presunti tecnici che però non sa confrontarsi con quei 360 tecnici veri – praticamente tutti quelli che in Italia hanno una competenza in materia – che hanno chiesto un ripensamento su un progetto tanto inutile. D’altronde, per averne una conferma, basta pensare ai numeri di Monti sui futuri effetti dei primi decreti del Governo: PIL +11%; salari +12; consumi +8; occupazione +8; investimenti +18 (e quando mai? Mai). Neanche il mago Otelma…



Il governo Monti ha sì una politica economica: quella di riportare in pari il bilancio a suon di tasse, tagli al welfare e svendita dei servizi pubblici (la polpa: il saccheggio dei beni comuni). E di affidare la cosiddetta crescita a qualche liberalizzazione pasticciata e marginale e al finanziamento di alcune Grandi Opere incluse nella legge obiettivo, senza neanche un criterio per definirne le priorità: il Tav Torino-Lione è l’emblema di questo modo di fare. Ma quello che al governo Monti è inviso e del tutto estraneo è il concetto stesso di politica industriale (che cosa, con che cosa, per chi, come e dove produrre). Cioè l’idea che per fare fronte alla crisi, alla disoccupazione, al degrado ambientale e sociale, ai cambiamenti climatici (a cui Monti non ha mai fatto nemmeno cenno: sono cose che per lui non esistono) occorra intervenire sia dal lato dell’offerta (promuovendo produzioni e soprattutto riconversioni produttive di imprese altrimenti votate alla sparizione), sia dal lato della domanda: creando o sostenendo il mercato delle produzioni che hanno un futuro. In entrambi i casi si tratta di settori decisivi per la riconversione ecologica del sistema produttivo e dei consumi, ma anche per difendere l’occupazione; per creare e sostenere impieghi di qualità, per valorizzare gli studi altrimenti sprecati di centinaia di migliaia di giovani senza prospettive e le competenze difficilmente recuperabili di lavoratori anziani o solo maturi espulsi dalle imprese insieme al loro bagaglio di esperienza.



I settori decisivi in questo processo sono quelli delle fonti rinnovabili, dell’efficienza energetica, dell’agricoltura e dell’industria alimentare ecologiche e di prossimità, del riciclo totale di scarti e rifiuti, della salvaguardia degli assetti idrogeologici, del recupero edilizio, della mobilità sostenibile e flessibile. Ma innanzitutto è essenziale un recupero di democrazia. Non è possibile – dicevano i sindacati firmatari del diktat di Pomigliano – difendere i diritti in fabbrica senza le fabbriche. Giusto. Ma è vero anche, e soprattutto, l’inverso: senza democrazia in fabbrica e nel paese le fabbriche scompaiono.



E infatti, mentre il governo e partiti che lo appoggiano si impuntano sul Tav, facendone la bandiera di un approccio senza futuro ai problemi dell’economia, dei territori e della convivenza, Marchionne fa capire (ammiccando e negando, come si conviene a chi procede per gradi su un cammino già tracciato) che trasferirà negli Usa la direzione e quel che resta del “cervello” della Fiat; che chiuderà uno a uno i suoi stabilimenti e che trasformerà in “fabbriche cacciavite” per il mercato americano (se, e solo se, laggiù la bonanza dura) gli impianti che restano; che dovranno comunque competere con quelli di Polonia, Turchia, Serbia e Brasile, dove i salari sono al minimo vitale, l’ambiente è alla mercé del profitto e lo Stato ci mette un mucchio di soldi. Poi vanno alla malora due dei gruppi residui del sistema industriale italiano (Finmeccanica e Fincantieri) travolti da ruberie impunite e da un’assoluta mancanza di progettualità. Chiudono a un ritmo sempre più rapido migliaia di fabbriche e di imprese piccole e medie, di cui nessuno parla, aggiungendo centinaia di migliaia di disoccupati a quelli già per strada e a quelli a cui sta scadendo la cassa integrazione.



Per questo lo scontro in atto sul Tav è l’emblema di un conflitto che riguarda tutto il paese e che mette una di fronte all’altra, da un lato, una politica economica rovinosa e inconcludente, che abbina uno spreco indecoroso di risorse pubbliche a un’avarizia distruttiva nella spesa per il sostegno al reddito, per l’istruzione, la cultura, la ricerca, i servizi pubblici. E dall’altro lato, la volontà di salvaguardare e valorizzare le competenze e la qualità delle risorse umane e del territorio che quella politica sta condannando a un esito greco.



Per questo la partecipazione del movimento NoTav alla manifestazione della Fiom di oggi non è un fatto marginale: è il riconoscimento della connessione indissolubile tra la lotta dei metalmeccanici – e di tutto il mondo del lavoro sotto attacco – e quella della Valsusa – e di tutti i territori su cui ha messo le mani la speculazione. Ma è anche la conferma di una estraneità ormai consumata tra l’universo politico e istituzionale italiano e tutto il resto della cittadinanza attiva di questo paese: dei suoi problemi, delle sue sofferenze, delle sue aspettative; e soprattutto dei progressi nella costruzione di un’alternativa concreta.



Ma a chi compete mettere in campo un progetto realistico di politica industriale, orientata alla conversione ecologica e innanzitutto alla riconversione produttiva delle imprese condannate a morte? Se il governo e i partiti che lo sostengono non dimostrano alcuna volontà, o capacità, o anche solo una vaga idea, di una impresa del genere, bisogna cominciare, e seriamente, dal basso: lavorando alla convocazione, in ogni territorio dove se ne presenti la possibilità, a partire da quelli – e sono ormai la maggioranza – dove la crisi sta mettendo alle corde un’intera comunità, di una serie di “conferenze di produzione”. Comitati, movimenti, sindacati, associazioni, imprese pubbliche, private, cooperative o sociali, professioni e amministrazioni locali. Per mettere in campo idee, progetti, condizioni di fattibilità e promuovere la conversione ecologica del proprio territorio.



Certo, tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare; ma se non si comincia a dire – dopo aver studiato il problema (e nei territori le competenze tecniche per farlo certo non mancano) e dopo aver messo in chiaro le divergenze ed eventualmente separato le strade – a dirlo tutti insieme, resteremo per sempre nelle mani dei fautori del Tav.



Invece bisogna tradurre quelle idee e quei progetti in piattaforme rivendicative dettagliate nei confronti del governo – di qualsiasi governo – e poi esigere che su quei progetti vengano impegnati i fondi dispersi nelle Grandi opere, nelle spese militari, nei tesoretti della politica, nei contributi a pioggia questo e quello (e sono tanti!). Che cosa si farà alla Fiat quando Marchionne avrà abbandonato Mirafiori, o Pomigliano, o entrambi? Aspetteremo un produttore fantasma di Suv come a Termini Imerese o all’Irisbus? Non si può mettere in campo una produzione di microcogeneratori, come quelli che alla Fiat erano stati inventati quarant’anni fa e che la Volkswagen si è messa a produrre e a collocare l’anno scorso?



Oppure produrre pompe di calore, rotori eolici, impianti solari termodinamici e simili (tutte cose per le quali non è difficile ricostruire un’impiantistica e un knowhow adeguati)? E che cosa si farà in Fincantieri quando la Costa non ordinerà più altri gerontocomi da crociera e lo Stato cesserà di far costruire navi da guerra? Non c’è forse un grande bisogno di trasferire su mare larga parte del trasporto di lunga percorrenza, costoso e inquinante, che corre da un capo all’altro della penisola? O di mettere in cantiere una produzione di pale eoliche di altura (due proposte che la Fiom aveva tentato di lanciare nel luglio scorso, senza che un solo sindaco, una sola associazione, e persino un solo sindacalista dei cantieri sotto scacco mostrasse il minimo interesse per la questione)?



E che cosa si può fare per risanare Finmeccanica? Concentrarsi sull’industria delle armi e svendere l’unica fabbrica di quei treni di cui c’è un disperato bisogno? E come rinnovare il parco dei mezzi pubblici? Di esempi se ne possono fare mille, ma fare proposte non tocca a me. Ma nemmeno solo alla Fiom, né solo agli operai delle fabbriche in crisi. E’ alla convocazione delle conferenze di produzione che va lanciata la sfida."

Guido Viale
Fonte: http://www.ilmanifesto.it

http://www.informarexresistere.fr/2012/ ... z1p14N8JBC
!


Ultima modifica di ubatuba il 13/03/2012, 17:52, modificato 1 volta in totale.

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MessaggioInviato: 15/03/2012, 11:05 
http://www.repubblica.it/politica/2012/ ... -31558809/

ROMA - "Buttate la chiave e firmate questo accordo". Pier Luigi Bersani vede il traguardo dell'intesa sul mercato del lavoro. È una corsa contro il tempo ma ormai il disegno è definito. Susanna Camusso dirà sì al modello tedesco per la revisione dell'articolo 18: i lavoratori potranno essere reintegrati o indennizzati.

revisione ?
da tutela reale a tutela obbligatoria..
diciamo pure ABROGAZIONE..
e questi sarebbero di sinistra..
è quello che voleva fare berlusca..
ragazzi,
stanno succedendo cose turche..
MAH..

la versione del corriere..



http://www.corriere.it/economia/12_marz ... 1954.shtml
ROMA - La riforma del mercato del lavoro prende forma. Ieri, in un vertice con i segretari generali di Cgil, Cisl, Uil e Ugl, il ministro Elsa Fornero ha illustrato la sua proposta sui licenziamenti. Il diritto al reintegro nel posto di lavoro previsto dall'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori resterebbe solo nel caso dei licenziamenti discriminatori. Per quelli per motivi economici ci sarebbe invece solo un indennizzo, mentre per quelli disciplinari sarebbe il giudice a decidere se il lavoratore debba essere reintegrato oppure indennizzato, sul modello tedesco.

in pratica basta che il datore di lavoro
specifichi nella lettera di licenziamento
la motivazione economica
per sterilizzare l'art. 18..


Ultima modifica di mik.300 il 15/03/2012, 11:31, modificato 1 volta in totale.


_________________
https://roma.corriere.it/notizie/politi ... 0b7e.shtml
Conte ripercorre le tappe della crisi: «Vorrei ricordare che con la parlamentarizzazione della crisi la Lega ha poi formalmente ritirato la mozione di sfiducia, ha dimostrato di voler proseguire, sono stato io che ho detto “assolutamente no”perché per me quell’esperienza politica era chiusa».


http://www.lefigaro.fr/international/mi ... e-20190923
il stipule que les États membres qui souscrivent à ce dispositif de relocalisation des personnes débarquées en Italie et à Malte s’engagent pour une durée limitée à six mois - éventuellement renouvelable. Le mécanisme de répartition serait ainsi révocable à tout moment au cas où l’afflux de migrants vers les ports d’Italie et de Malte devait s’emballer.
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MessaggioInviato: 15/03/2012, 14:29 
Cita:
Conti correnti gratis per i pensionati,
il governo cancellerà la norma

Polillo, il sottosegretario all'Economia: interverremo con un decreto, «la misura era un danno per le banche»

http://www.corriere.it/economia/12_marzo_15/banche-conti-correnti-governo_46c7d1f6-6e9b-11e1-850b-8beb09a51954.shtml



Invece qualche milione di conto(i) correnti in più per le banche ottenuti com metodi coercitivi sono un bel regalo..per le banche..

mah


Ultima modifica di rmnd il 15/03/2012, 14:30, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 15/03/2012, 14:39 
- Il governo interverrà, con un successivo provvedimento, sulla misura del dl liberalizzazioni che prevede la gratuità dei conti correnti per i pensionati che percepiscono fino a 1.500 euro al mese. Lo ha detto il sottosegretario all'Economia Gianfranco Polillo alla Camera sottolineando come la misura sia un danno per le banche.

http://www.corriere.it/economia/12_marz ... 1954.shtml


sara' magari un danno x le banke ma x pensionati ke percepiscono 600 euro mensili,deve' essere considerata una gratificazioni? [:(!] [;)]


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MessaggioInviato: 15/03/2012, 14:48 
Cita:
rmnd ha scritto:

Polillo, il sottosegretario all'Economia: interverremo con un decreto, «la misura era un danno per le banche»



Già... non basta quanto guadagnano....

E non bastano neanche i 1000 miliardi di euro presi all'1%
dalla BCE (mentre i prestiti agli imprenditori non vengono
elargiti neanche se se t'impicchi davanti al direttore)

E ora dicono che la misura era un danno?
Voglio proprio vederlo questo provvedimento aggiuntivo.....

Cmq, davvero.... questi sono senza vergonga.
E non hanno la benchè minima percezione della strada
senza uscita nella quale ci stanno portando tutti quanti.... [xx(]


E la politica? Che cosa fa la politica?

Assente.... o "non pervenuta".



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"Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero". Proverbio Arabo

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MessaggioInviato: 15/03/2012, 14:59 
Forse mi sfugge il meccanismo ma non vedo molta logica nel conto corrente coercitivo per i pensionati, soprattutto per quei pensionati sotto i 1000 o 1500 euro dir si voglia.

Lo stato , l'ufficio delle entrate sa benissimo quali sono le entrate mensili del pensionato.
Si dirà , obblighiamo i pensionati a depositare i soldi in banca per tracciarne i movimenti Ok.

Ma nulla impedisce al pensionato di ritirare mensilmente tutta la sua pensione (fino a 5000 euro non deve giustificare nulla mi pare) dal conto in banca. Nulla quindi vieta al pensionato di ritirare i suoi 1000 euro tutti i mesi e nasconderli sotto il cuscino..per poi magari pagare più tardi e in contanti prestazioni o acquisti in nero sopra i mille euro alla faccia della tracciabilità.

Non penso che il conto corrente del pensionato sia un valido strumento per la tracciabilità. A me pare miopia dei 'tecnici' o l'ennesimo regalo agli istituti bancari.

ha un senso obbligare all'uso del conto corrente ai fini di tracciabilità quando i soggetti sono dei privati.
Un'azienda che paga il proprio dipendente per esempio.
Ha un senso obbligare l'azienda a depositare lo stipendio sul conto corrente del dipendente invece del pagamamento in contanti.

Ma se il soggetto pagante è lo stato, i relativi movimenti saranno tracciati 'per definizione' e in questo caso l'obbligo del conto corrente mi sembra un doppio passaggio discutibile..



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MessaggioInviato: 15/03/2012, 15:13 
Sull'ultimo provvedimento sulla mancata gratuità dei c/c per i pensionati il governo da una giustificazione ridicola.... "sarebbe un danno per le banche".... [:49]

Mario Monti, Presidente del Consiglio... delle banche.

Viene voglia di vomitare...



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MessaggioInviato: 15/03/2012, 15:45 
A proposito di banche...

Un ambiente «tossico e distruttivo», dove l'etica viene accantonata e i profitti continuano ad essere messi al di sopra di tutto, anche degli interessi dei clienti. Così Greg Smith - dimessosi da direttore esecutivo di Goldman Sachs, responsabile dei prodotti derivati in Europa - descrive il clima tossico che si respira in quella che è una delle più grandi banche d'affari al mondo.

Un declino morale. «Oggi è il mio ultimo giorno a Goldman Sachs». Comincia così la lettera apparsa sul New York Times con cui Smith sottolinea come «nel modo in cui la banca funziona e pensa di fare soldi l'interesse dei clienti continua a passare in secondo piano». Poi l'attacco ai vertici di Goldman Sachs, il ceo Lloyd Blankfein e il presidente Gary Cohn: «Quando i libri di storia saranno riscritti su Goldman potranno mostrare come hanno lasciato cadere la cultura dell'impresa mentre loro tenevano le redini del gruppo. E un declino dello spessore morale dell'impresa - avverte Smith - nel lungo termine rappresenta una serissima minaccia per la sua sopravvivenza».
Fonte:http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2012-03-14/goldman-dirigente-dimette-accusa-165025.shtml?uuid=AbTfOz7E

P.S. Ieri questa notizia era apparsa sul corriere.it...oggi è scomparsa...[8D]

Questa è la lettera in inglese (notare che NESSUN sito italiano l'ha tradotta integralmente...):

TODAY is my last day at Goldman Sachs. After almost 12 years at the firm — first as a summer intern while at Stanford, then in New York for 10 years, and now in London — I believe I have worked here long enough to understand the trajectory of its culture, its people and its identity. And I can honestly say that the environment now is as toxic and destructive as I have ever seen it.

To put the problem in the simplest terms, the interests of the client continue to be sidelined in the way the firm operates and thinks about making money. Goldman Sachs is one of the world’s largest and most important investment banks and it is too integral to global finance to continue to act this way. The firm has veered so far from the place I joined right out of college that I can no longer in good conscience say that I identify with what it stands for.

It might sound surprising to a skeptical public, but culture was always a vital part of Goldman Sachs’s success. It revolved around teamwork, integrity, a spirit of humility, and always doing right by our clients. The culture was the secret sauce that made this place great and allowed us to earn our clients’ trust for 143 years. It wasn’t just about making money; this alone will not sustain a firm for so long. It had something to do with pride and belief in the organization. I am sad to say that I look around today and see virtually no trace of the culture that made me love working for this firm for many years. I no longer have the pride, or the belief.

But this was not always the case. For more than a decade I recruited and mentored candidates through our grueling interview process. I was selected as one of 10 people (out of a firm of more than 30,000) to appear on our recruiting video, which is played on every college campus we visit around the world. In 2006 I managed the summer intern program in sales and trading in New York for the 80 college students who made the cut, out of the thousands who applied.

I knew it was time to leave when I realized I could no longer look students in the eye and tell them what a great place this was to work.

When the history books are written about Goldman Sachs, they may reflect that the current chief executive officer, Lloyd C. Blankfein, and the president, Gary D. Cohn, lost hold of the firm’s culture on their watch. I truly believe that this decline in the firm’s moral fiber represents the single most serious threat to its long-run survival.

Over the course of my career I have had the privilege of advising two of the largest hedge funds on the planet, five of the largest asset managers in the United States, and three of the most prominent sovereign wealth funds in the Middle East and Asia. My clients have a total asset base of more than a trillion dollars. I have always taken a lot of pride in advising my clients to do what I believe is right for them, even if it means less money for the firm. This view is becoming increasingly unpopular at Goldman Sachs. Another sign that it was time to leave.

How did we get here? The firm changed the way it thought about leadership. Leadership used to be about ideas, setting an example and doing the right thing. Today, if you make enough money for the firm (and are not currently an ax murderer) you will be promoted into a position of influence.

What are three quick ways to become a leader? a) Execute on the firm’s “axes,” which is Goldman-speak for persuading your clients to invest in the stocks or other products that we are trying to get rid of because they are not seen as having a lot of potential profit. b) “Hunt Elephants.” In English: get your clients — some of whom are sophisticated, and some of whom aren’t — to trade whatever will bring the biggest profit to Goldman. Call me old-fashioned, but I don’t like selling my clients a product that is wrong for them. c) Find yourself sitting in a seat where your job is to trade any illiquid, opaque product with a three-letter acronym.

Today, many of these leaders display a Goldman Sachs culture quotient of exactly zero percent. I attend derivatives sales meetings where not one single minute is spent asking questions about how we can help clients. It’s purely about how we can make the most possible money off of them. If you were an alien from Mars and sat in on one of these meetings, you would believe that a client’s success or progress was not part of the thought process at all.

It makes me ill how callously people talk about ripping their clients off. Over the last 12 months I have seen five different managing directors refer to their own clients as “muppets,” sometimes over internal e-mail. Even after the S.E.C., Fabulous Fab, Abacus, God’s work, Carl Levin, Vampire Squids? No humility? I mean, come on. Integrity? It is eroding. I don’t know of any illegal behavior, but will people push the envelope and pitch lucrative and complicated products to clients even if they are not the simplest investments or the ones most directly aligned with the client’s goals? Absolutely. Every day, in fact.

It astounds me how little senior management gets a basic truth: If clients don’t trust you they will eventually stop doing business with you. It doesn’t matter how smart you are.

These days, the most common question I get from junior analysts about derivatives is, “How much money did we make off the client?” It bothers me every time I hear it, because it is a clear reflection of what they are observing from their leaders about the way they should behave. Now project 10 years into the future: You don’t have to be a rocket scientist to figure out that the junior analyst sitting quietly in the corner of the room hearing about “muppets,” “ripping eyeballs out” and “getting paid” doesn’t exactly turn into a model citizen.

When I was a first-year analyst I didn’t know where the bathroom was, or how to tie my shoelaces. I was taught to be concerned with learning the ropes, finding out what a derivative was, understanding finance, getting to know our clients and what motivated them, learning how they defined success and what we could do to help them get there.

My proudest moments in life — getting a full scholarship to go from South Africa to Stanford University, being selected as a Rhodes Scholar national finalist, winning a bronze medal for table tennis at the Maccabiah Games in Israel, known as the Jewish Olympics — have all come through hard work, with no shortcuts. Goldman Sachs today has become too much about shortcuts and not enough about achievement. It just doesn’t feel right to me anymore.

I hope this can be a wake-up call to the board of directors. Make the client the focal point of your business again. Without clients you will not make money. In fact, you will not exist. Weed out the morally bankrupt people, no matter how much money they make for the firm. And get the culture right again, so people want to work here for the right reasons. People who care only about making money will not sustain this firm — or the trust of its clients — for very much longer.
Fonte:http://www.nytimes.com/2012/03/14/opinion/why-i-am-leaving-goldman-sachs.html?pagewanted=1&_r=2



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MessaggioInviato: 15/03/2012, 15:53 
Cita:
Angeldark ha scritto:

Questa è la lettera in inglese (notare che NESSUN sito italiano l'ha tradotta integralmente...):

TODAY is my last day at Goldman Sachs. After almost 12 years at the firm — first as a summer intern while at Stanford, then in New York for 10 years, and now in London — I believe I have worked here long enough to understand the trajectory of its culture, its people and its identity. And I can honestly say that the environment now is as toxic and destructive as I have ever seen it.

To put the problem in the simplest terms, the interests of the client continue to be sidelined in the way the firm operates and thinks about making money. Goldman Sachs is one of the world’s largest and most important investment banks and it is too integral to global finance to continue to act this way. The firm has veered so far from the place I joined right out of college that I can no longer in good conscience say that I identify with what it stands for.

It might sound surprising to a skeptical public, but culture was always a vital part of Goldman Sachs’s success. It revolved around teamwork, integrity, a spirit of humility, and always doing right by our clients. The culture was the secret sauce that made this place great and allowed us to earn our clients’ trust for 143 years. It wasn’t just about making money; this alone will not sustain a firm for so long. It had something to do with pride and belief in the organization. I am sad to say that I look around today and see virtually no trace of the culture that made me love working for this firm for many years. I no longer have the pride, or the belief.

But this was not always the case. For more than a decade I recruited and mentored candidates through our grueling interview process. I was selected as one of 10 people (out of a firm of more than 30,000) to appear on our recruiting video, which is played on every college campus we visit around the world. In 2006 I managed the summer intern program in sales and trading in New York for the 80 college students who made the cut, out of the thousands who applied.

I knew it was time to leave when I realized I could no longer look students in the eye and tell them what a great place this was to work.

When the history books are written about Goldman Sachs, they may reflect that the current chief executive officer, Lloyd C. Blankfein, and the president, Gary D. Cohn, lost hold of the firm’s culture on their watch. I truly believe that this decline in the firm’s moral fiber represents the single most serious threat to its long-run survival.

Over the course of my career I have had the privilege of advising two of the largest hedge funds on the planet, five of the largest asset managers in the United States, and three of the most prominent sovereign wealth funds in the Middle East and Asia. My clients have a total asset base of more than a trillion dollars. I have always taken a lot of pride in advising my clients to do what I believe is right for them, even if it means less money for the firm. This view is becoming increasingly unpopular at Goldman Sachs. Another sign that it was time to leave.

How did we get here? The firm changed the way it thought about leadership. Leadership used to be about ideas, setting an example and doing the right thing. Today, if you make enough money for the firm (and are not currently an ax murderer) you will be promoted into a position of influence.

What are three quick ways to become a leader? a) Execute on the firm’s “axes,” which is Goldman-speak for persuading your clients to invest in the stocks or other products that we are trying to get rid of because they are not seen as having a lot of potential profit. b) “Hunt Elephants.” In English: get your clients — some of whom are sophisticated, and some of whom aren’t — to trade whatever will bring the biggest profit to Goldman. Call me old-fashioned, but I don’t like selling my clients a product that is wrong for them. c) Find yourself sitting in a seat where your job is to trade any illiquid, opaque product with a three-letter acronym.

Today, many of these leaders display a Goldman Sachs culture quotient of exactly zero percent. I attend derivatives sales meetings where not one single minute is spent asking questions about how we can help clients. It’s purely about how we can make the most possible money off of them. If you were an alien from Mars and sat in on one of these meetings, you would believe that a client’s success or progress was not part of the thought process at all.

It makes me ill how callously people talk about ripping their clients off. Over the last 12 months I have seen five different managing directors refer to their own clients as “muppets,” sometimes over internal e-mail. Even after the S.E.C., Fabulous Fab, Abacus, God’s work, Carl Levin, Vampire Squids? No humility? I mean, come on. Integrity? It is eroding. I don’t know of any illegal behavior, but will people push the envelope and pitch lucrative and complicated products to clients even if they are not the simplest investments or the ones most directly aligned with the client’s goals? Absolutely. Every day, in fact.

It astounds me how little senior management gets a basic truth: If clients don’t trust you they will eventually stop doing business with you. It doesn’t matter how smart you are.

These days, the most common question I get from junior analysts about derivatives is, “How much money did we make off the client?” It bothers me every time I hear it, because it is a clear reflection of what they are observing from their leaders about the way they should behave. Now project 10 years into the future: You don’t have to be a rocket scientist to figure out that the junior analyst sitting quietly in the corner of the room hearing about “muppets,” “ripping eyeballs out” and “getting paid” doesn’t exactly turn into a model citizen.

When I was a first-year analyst I didn’t know where the bathroom was, or how to tie my shoelaces. I was taught to be concerned with learning the ropes, finding out what a derivative was, understanding finance, getting to know our clients and what motivated them, learning how they defined success and what we could do to help them get there.

My proudest moments in life — getting a full scholarship to go from South Africa to Stanford University, being selected as a Rhodes Scholar national finalist, winning a bronze medal for table tennis at the Maccabiah Games in Israel, known as the Jewish Olympics — have all come through hard work, with no shortcuts. Goldman Sachs today has become too much about shortcuts and not enough about achievement. It just doesn’t feel right to me anymore.

I hope this can be a wake-up call to the board of directors. Make the client the focal point of your business again. Without clients you will not make money. In fact, you will not exist. Weed out the morally bankrupt people, no matter how much money they make for the firm. And get the culture right again, so people want to work here for the right reasons. People who care only about making money will not sustain this firm — or the trust of its clients — for very much longer.
Fonte:http://www.nytimes.com/2012/03/14/opinion/why-i-am-leaving-goldman-sachs.html?pagewanted=1&_r=2


Amico mio.... traduciamola noi, postiamola qui e ovunque
nel web e facciamoci pure un video [}:)]



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"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

"Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero". Proverbio Arabo

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MessaggioInviato: 15/03/2012, 17:39 
sull'argomento si deduce che il governo ha le idee quanto mai chiare

Banche, conti correnti gratis per i pensionati: il governo diviso in due.Il sottosegretario Polillo: "La norma sarà cancellata perché penalizza le banche". Ma il sottosegretario De Vincenti smentisce: "Governo d'accordo con la gratuità


da free italy [:278] [:277] [:273]


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E' stata tradotta qui
http://www.comedonchisciotte.org/site/m ... &sid=10028


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Cita:
mik.300 ha scritto:

http://www.repubblica.it/politica/2012/ ... -31558809/

ROMA - "Buttate la chiave e firmate questo accordo". Pier Luigi Bersani vede il traguardo dell'intesa sul mercato del lavoro. È una corsa contro il tempo ma ormai il disegno è definito. Susanna Camusso dirà sì al modello tedesco per la revisione dell'articolo 18: i lavoratori potranno essere reintegrati o indennizzati.


Immaginavo... quando ho visto il sostegno della Camusso alla TAV ho capito come tirava l'aria.
Io ritengo che sia tutta una sceneggiata, hanno fatto un po' di caciara all'inizio per far credere che c'era una trattativa poi, che non avrebbero ceduto, ma in realtà firmeranno qualsiasi cosa, altro che fare saltare il tavolo.

Rimane solo la FIOM (costola della CGIL).

Pensare che queste "riforme" non le sta facendo nessuno in Europa... siamo solo noi i fessi, grazie ad una politica e a dei partiti patetici, a portare avanti questa macelleria sociale.


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Cita:
rmnd ha scritto:

Forse mi sfugge il meccanismo ma non vedo molta logica nel conto corrente coercitivo per i pensionati, soprattutto per quei pensionati sotto i 1000 o 1500 euro dir si voglia.

Lo stato , l'ufficio delle entrate sa benissimo quali sono le entrate mensili del pensionato.
Si dirà , obblighiamo i pensionati a depositare i soldi in banca per tracciarne i movimenti Ok.

Ma nulla impedisce al pensionato di ritirare mensilmente tutta la sua pensione (fino a 5000 euro non deve giustificare nulla mi pare) dal conto in banca. Nulla quindi vieta al pensionato di ritirare i suoi 1000 euro tutti i mesi e nasconderli sotto il cuscino..per poi magari pagare più tardi e in contanti prestazioni o acquisti in nero sopra i mille euro alla faccia della tracciabilità.

Non penso che il conto corrente del pensionato sia un valido strumento per la tracciabilità. A me pare miopia dei 'tecnici' o l'ennesimo regalo agli istituti bancari.

ha un senso obbligare all'uso del conto corrente ai fini di tracciabilità quando i soggetti sono dei privati.
Un'azienda che paga il proprio dipendente per esempio.
Ha un senso obbligare l'azienda a depositare lo stipendio sul conto corrente del dipendente invece del pagamamento in contanti.

Ma se il soggetto pagante è lo stato, i relativi movimenti saranno tracciati 'per definizione' e in questo caso l'obbligo del conto corrente mi sembra un doppio passaggio discutibile..

Hai ragione.
La cosa insopportabile secondo me è la doppia presa per i fondelli.
Dire che sarà gratuito il prelievo dai bancomat, o che sarà gratuito l'uso del bancomat nelle stazioni di servizio... tutte cose che ormai sono gratuite di fatto da molti anni.

Gratuito il conto? Ma parliamo di un pensionato... ma che razza di movimentazione vuoi mai che abbia un pensionato. Sarà gratuito e immagino con interesse a zero.
Poi visto che ci sono tenteranno anche di rifilargli qualche azione o fondo bidone, magari carico di bond greci.
Io la vedo come un'azione subdola di impiccionamento.


Ultima modifica di iLGambero il 15/03/2012, 17:56, modificato 1 volta in totale.

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Cita:
iLGambero ha scritto:

Cita:




e a dei partiti patetici, a portare avanti questa macelleria sociale.



..PARTITI? e' una grossa responsabilita'chiamarli cosi'......al massimo scatoloni vuoti .................di idee........[;)]


Ultima modifica di ubatuba il 15/03/2012, 18:03, modificato 1 volta in totale.

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