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Chi era il "compagno" Bocca ....?
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Autore:  Ufologo 555 [ 29/12/2011, 11:16 ]
Oggetto del messaggio:  Chi era il "compagno" Bocca ....?

Archivio › Andrea's Version
29 dicembre 2011


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Se non fosse uscita su Repubblica, vale a dire su quello che era il suo giornale, non l’avremmo nemmeno presa in considerazione, ma è uscita proprio lì. L’intervista, riproposta ieri, è stata pubblicata nel marzo 2010 sulla rivista studentesca di Verona “Il Superstite”. Gli studenti domandano: “Lei quando era ragazzo è stato fascista. Quando e perché ha iniziato a maturare una coscienza antifascista?”. E Bocca risponde: “La questione è fondamentale. Essere fascista in un regime dittatoriale non significa aver aderito al fascismo, vuol dire essere obbligato a iscriversi al fascismo. Il mio fascismo consisteva nell’amdare a sciare, del fascismo non sapevo assolutamente nulla”. Ora. Che il grande Bocca fosse un cacciaballe di primaria grandezza, già si sapeva e non stupisce. Che, a novant’anni, cacciasse ancora balle a dei ragazzi che lo stimavano, stupisce un po’ di più. Ma a sbalordire davvero è la sua generosità: quante botti di barbera avrà lasciato, a quelli di Repubblica, perché ripubblicassero una stronzata del genere?

© - FOGLIO QUOTIDIANO

di Andrea Marcenaro

http://www.ilfoglio.it/andreasversion/769


Claudio Maffei

I suoi genitori erano insegnanti. Studiò alla facoltà di Giurisprudenza a Torino; si iscrisse al Gruppo Universitario Fascista (Guf), in cui divenne piuttosto noto a livello provinciale, anche per i suoi risultati nelle competizioni sciistiche, per cui ricevette la M d'oro nel 1940 a Roma da Benito Mussolini . Allo scoppio della guerra, ormai ventenne, venne chiamato alle armi come allievo ufficiale negli Alpini. Il 4 agosto 1942 firmò un articolo sul settimanale "La Provincia Grande" nel quale imputava il disastro della guerra alla "congiura ebraica". Sotto le armi strinse amicizia con Benedetto Dalmastro, in contatto con Duccio Galimberti; insieme a queste due figure, fonderà dopo l'armistizio le formazioni partigiane di Giustizia e Libertà.
Infatti dopo l'8 settembre 1943 Giorgio Bocca aderì alla lotta partigiana, operando nella zona della Val Grana come comandante della Decima Divisione Giustizia e Libertà e, successivamente, in Val Maira in qualità di Commissario politico della Seconda Divisione Giustizia e Libertà. Nei primi mesi del 1945, divenuto responsabile dei tribunali del popolo (o partigiani), in qualità di giudice nel processo a carico del Tenente Adriano Adami (Pavan) della Divisione Alpina Monterosa ne firmò, a guerra già conclusa, la condanna a morte unitamente a quella di altri quattro prigionieri dell'esercito della Repubblica Sociale Italiana.
CONTROVERSIE
Alcune fonti riportano il suo nome in un elenco di personalità che nel 1938 aderirono ufficialmente al "Manifesto della Razza" che sostenne pubblicamente le leggi razziali. Nel 2011 in un'intervista ha affermato che durante i suoi viaggi nel sud Italia "c'era sempre questo contrasto tra paesaggi meravigliosi e gente orrenda, un'umanità repellente", ricevendo da più parti accuse di razzismo anti-meridionale.
da Wikipedia enciclopedia libera.

http://lombardia.indymedia.org/node/43037

Giorgio Bocca, partigiano e fascista: nel '42 parlava di "congiura ebraica"
Lunedì, 26 dicembre 2011 - 12:25:58

Non è che la cosa mi interessi particolarmente, ma non ho capito se insieme al Giorgio Bocca partigiano, sia morto quell'altro Giorgio Bocca.

Quello stesso Giorgio Bocca, fascista, che 4 agosto 1942 firmò un articolo sul settimanale "La Provincia Grande" nel quale imputava il disastro della guerra alla "congiura ebraica".

Quello stesso Giorgio Bocca, fascista che, così mi è stato detto, fece arrestare appena sceso dal treno, un vecchio che aveva criticato l'alleanza con la Germania.

Uno di quei tanti italiani che figuravano nella vignetta "Le due Italie", di Giovannino Guareschi.

http://affaritaliani.libero.it/mediatec ... 61211.html

Autore:  sezione 9 [ 29/12/2011, 11:27 ]
Oggetto del messaggio: 

Lungi da me dal voler difendere a spada tratta qualcuno che si può difendere da solo. Ah, no, che si poteva difendere... Che finezza sparare contro un morto, caspita... Fortuna che l'origine è un giornalucolo guidato da chi ha fatto campagna pro-vita... Pro-vita, certo, non per il rispetto dei morti...

Comunque, se vogliamo giocare, possiamo anche vedere cosa era e cosa è Ferrara Giuliano. Come ha fatto, cioè, a passare da super-comunista d'assalto a, come avrebbe detto lui stesso qualche annetto fa, "servo dei preti". E del capitale di un padrone che, lui sì, non fa altro che approvare l'operato, e perfino le intenzioni, di Mussolini.

Vogliamo criticare la persona X? Benissimo. Ma certe volte sembra davvero di sentire il bue che parla di corna all'asino...

Autore:  Ufologo 555 [ 29/12/2011, 11:30 ]
Oggetto del messaggio: 

Infatti! L'ho postato per quello: per dire che SONO TUTTI UGUALI ! Gl'ideali forse li ha il ... popolo! Il resto, tutti opportunisti !!! [:o)]

Autore:  sezione 9 [ 29/12/2011, 12:05 ]
Oggetto del messaggio: 

No, questo non te lo concedo. Perchè non è possibile che tutti gli italiani siano opportunisti tranne il "popolo". Se pensi che siamo un popolo di m...., devi cominciare a fare un po' di autocritica. Perchè, tra i cittadini italiani ci sei anche tu. Che, come cittadino, poteva anche fare qualcosa di più di quanto hai fatto (che sarà certamente già molto, ma evidentemente insufficiente) per rendere le cose migliori. O si è tutti, indistintamente, o le distinzioni si fanno.

Ripeto, non voglio difendere chicche e sia (come direbbe Totò: ma siamo sempre e solo l'Italia di Totò?), anche perchè di stupidate ne ha scritte parecchie la persona di cui si parla (e non si tratta solo di fascismo, ma anche di Craxi, di Lega, di BR eccetera, eccetera). Almeno, ha avuto la capacità di ammettere sempre i suoi sbagli. Altri, no.

Da qui a dire che sono tutti uguali... Se io ti dicessi che tutti gli appassionati di ufologia sono scemi che credono alle favole, cosa diresti? Oppure, che sono tutti contafavole (fuffaroli, pare sia il termine usato adesso), come la prenderesti? Ecco: rispetto ci vuole. Chi non ne porta, non se lo merita. A prescindere da questo o quel personaggio. Sai benissimo, Ufologo, cosa si dice di chi ha avuto a che fare coi militari. E non credo che tu la prenderesti tanto bene, se riportassi anche solo una minima parte delle cose che "si dicono". E che io (IO) non penso, perchè io (IO) sono in grado di distinguere tra persona e persona. Se non lo facessi, dovrei cominciare a fare come te: tutti imboscati, ladri, assassini e guerrafondai. Ti ci ritrovi? Ecco, pensa a tutta le gente che si offende con la favola del "tutti uguali".

Autore:  Angel_ [ 29/12/2011, 12:29 ]
Oggetto del messaggio: 

Io penso che siete in errore tutti e due nel voler catalogare a destra o a manca uno dei pochi giornalisti degni di tale nome...molti dicono che sia stato un uomo molto complesso dal punto di vista politico.
Pochi giorni fà ho visto una sua vecchia intervista e Bocca si alterò non poco quando gli fù chiesto se era un comunista, rispose di non esserlo mai stato e che al tempo dei partigiani faceva parte di quelli socialdemocratici che era cosa ben diversa da quelli che si definivano garibaldini.(parole sue!)
Se uno guarda alle radici del fascismo, esse erano socialiste e quindi, personalmente, non vedo alcuna contraddizione in Bocca, le contraddizioni le vedono quelli con la trave dentro l'occhio!
Lui era solo un uomo schietto, di quelli che te le dicono a dritto...che Dio si decida a farne nascere di più!...

Autore:  Thethirdeye [ 29/12/2011, 14:18 ]
Oggetto del messaggio: 

Cita:
Angeldark ha scritto:

Io penso che siete in errore tutti e due nel voler catalogare a destra o a manca uno dei pochi giornalisti degni di tale nome...molti dicono che sia stato un uomo molto complesso dal punto di vista politico.
Pochi giorni fà ho visto una sua vecchia intervista e Bocca si alterò non poco quando gli fù chiesto se era un comunista, rispose di non esserlo mai stato e che al tempo dei partigiani faceva parte di quelli socialdemocratici che era cosa ben diversa da quelli che si definivano garibaldini.(parole sue!)
Se uno guarda alle radici del fascismo, esse erano socialiste e quindi, personalmente, non vedo alcuna contraddizione in Bocca, le contraddizioni le vedono quelli con la trave dentro l'occhio!
Lui era solo un uomo schietto, di quelli che te le dicono a dritto...che Dio si decida a farne nascere di più!...



Quotone galattico.... Immagine

Autore:  sezione 9 [ 29/12/2011, 15:17 ]
Oggetto del messaggio: 

Appunto. Giustizia e Libertà, cioè socialisti liberali. Se poi per qualcuno partigiano = comunista, non è colpa mia...

Quanto alle "origini", mi meraviglio che non si accettino, qui, le teorie "complottiste". Lo sanno tutti che Mussolini prendeva soldi da Francesi e Inglesi, per passare interventista prima e fascista poi... Quindi, è assolutamente falsa la storia che "tanto socialismo e fascismo sono la stessa cosa", perchè questo è dire che "tanto il fascismo nasce dal socialismo", che non è vero per nulla.

Il discorso era diverso: si voleva dire che il tale personaggio divenne antifascista quando gli fece comodo, mentre prima era pro-. Guardate, facciamo un discorso più ampio: pensate che in Corea del Nord siano tutti obbligati a piangere? Crescere in un certo ambiente porta a vedere come normali (o anormali) certi comportamenti. Stiamo parlando di gente di 20 anni, cresciuta quindi completamente in epoca fascista. Erano nazisti i ragazzini mandati a morire per difendere Berlino? Non è "colpa" essere fascisti dopo 20 anni di indottrinamento. E' merito essere antifascisti, ed è grande merito esserlo stati sempre. Ma colpa non esserlo dopo che ti hanno insegnato, tutti, che Mussolini era un semi-dio... Per quello dico "attenti al pulpito", perchè è molto peggio (non uguale, molto peggio) il comportamento di chi accusa (mi riferisco al Foglio), non dell'accusato. E, ripeto, più di accusare una persona da morto, sarebbe meglio occuparsi dei vivi, che ce n'è, eccome se ce n'è...

Autore:  rmnd [ 29/12/2011, 15:50 ]
Oggetto del messaggio: 

Cita:
sezione 9 ha scritto:

Appunto. Giustizia e Libertà, cioè socialisti liberali. Se poi per qualcuno partigiano = comunista, non è colpa mia...

Quanto alle "origini", mi meraviglio che non si accettino, qui, le teorie "complottiste". Lo sanno tutti che Mussolini prendeva soldi da Francesi e Inglesi, per passare interventista prima e fascista poi... Quindi, è assolutamente falsa la storia che "tanto socialismo e fascismo sono la stessa cosa", perchè questo è dire che "tanto il fascismo nasce dal socialismo", che non è vero per nulla.

Il discorso era diverso: si voleva dire che il tale personaggio divenne antifascista quando gli fece comodo, mentre prima era pro-. Guardate, facciamo un discorso più ampio: pensate che in Corea del Nord siano tutti obbligati a piangere? Crescere in un certo ambiente porta a vedere come normali (o anormali) certi comportamenti. Stiamo parlando di gente di 20 anni, cresciuta quindi completamente in epoca fascista. Erano nazisti i ragazzini mandati a morire per difendere Berlino? Non è "colpa" essere fascisti dopo 20 anni di indottrinamento. E' merito essere antifascisti, ed è grande merito esserlo stati sempre. Ma colpa non esserlo dopo che ti hanno insegnato, tutti, che Mussolini era un semi-dio... Per quello dico "attenti al pulpito", perchè è molto peggio (non uguale, molto peggio) il comportamento di chi accusa (mi riferisco al Foglio), non dell'accusato. E, ripeto, più di accusare una persona da morto, sarebbe meglio occuparsi dei vivi, che ce n'è, eccome se ce n'è...





Hai ragione , partigiano non significa comunista. Ne sanno qualcosa i partigiani cattolici alcuni dei quali perseguitati e uccisi dai partigiani comunisti.

Di Bocca possiamo tranquillamente dire che era felicemtente fascista antisemita prima dell'8 Settembre per poi divenire un padre della patria antifascista.
Va benissimo. Capita a volte di venire folgarati lungo la via di Damasco.

Ma a te risulta (magari si e a me la notizia è sfuggita) che Bocca abbia fatto come Paolo di Tarso? Un pentimento per la sua gioventù fascista?
Oppure abbia cercato (ed è qui la sua vera colpa, se fosse confermato) di nascondere il suo passato fascista come molti altri 'intellettuali' viventi o passati a miglior vita?
Aiutato anche dalla nuova classe intellettuale postfascista e quindi antifascista? Aiutato cioè da coloro che alla pari di Bocca , furono fascisti sotto il regime e antifascisti dopo la fine della guerra?

Sull'essere necessariamente fascisti sotto il fascimo non la considero una scusante. Tanto più che non parliamo di una persona ignorante o con il carattere debole o dalla personalità plasmabile.
Molti altri furono antifascisti sotto il regime e non aspettarono la fine della guerra per diventare convinti antifascisti. Furono antifascisti da sempre , combattendo il regime o se incapaci , fuggendo da esso emigrando all'estero.

Mi pare strano che tu non voglia ricordare le battute antimeridionaliste di Bocca.
Comprensibili in un Borghezio ma non in una mente fine come Bocca [:o)]

e non diciamo che quelle di Bocca erano solo provocazioni che in realtà celavano un amore profondo per quelle terre così belle e così dannate.

Gente orrenda, cimiciaio, selvaggi, ripugnanza, putridume..epiteti rivolti solo qualche mese fa da Bocca contro il meridione.

Bocca era anche questo. Se si vuole ricordare onestamente una persona, non basta ricordare quello che di bello ha detto, fatto, scritto, ma anche i suoi lati più ombrosi, cinici e bastardi. Che spesso sono la parte più vera e interessante di una persona.
Per me Bocca era un fottuto cinico, misantropo, antipatico, astioso, a tratti opportunista, e bastardo da vivo..ma lo dico senza astio...è solo l'idea che mi sono fatto del suo carattere.
Professionalmente è stato bravino, non certo il migliore.

Per il resto mi lascia indifferente. Non lo consideravo da vivo , non lo santifico da morto. è semplicemente morto come muore tanta gente. Non mi rallegra e non mi rattrista .. perchè mi era e mi resta assolutamente estraneo ai miei ricordi.

Non capisco poi perchè te la prendi tanto con Ferrara il quale ha scritto un bellissimo epitaffio su Bocca.

http://www.ilfoglio.it/soloqui/11688

Cita:

[color=blue]Un vero artista del pregiudizio


Giorgio Bocca (1920-2011) era un talento al servizio dell’invettiva, scriveva chiaro e veloce, sbagliava imperdonabilmente, ma con un gusto per la battaglia che ne fece la Nemesi del giornalismo pomposo

Non starò a raccontare come e perché ce le siamo date di santa ragione tutta la vita, da quando ero un cucciolo e lui già un adulto cattivo con l’età dei miei genitori, e ce le siamo date da fegatosi, da irascibili, da fieri nemici assoluti su tutto, la politica, il terrorismo, la storia, il Partito comunista, gli azionisti, il fascismo, l’antifascismo, le rispettive ossessioni come Berlusconi, come Craxi, come la corruzione e la questione dell’etica, ma anche il giornalismo, la sua incerta e un po’ sozza morale, la corrività, l’indulgenza e la condiscendenza inguaribili della sua lobby editoriale di Repubblica e dell’Espresso.

Non starò a raccontare quanto ci siamo conosciuti nel profondo e amati, sapendoci prostitute e gentiluomini, senza pretendere alcuna forma di rispetto, senza ipocrisia, con una violenza affettiva spesso devastante e, da parte mia, con un’ammirazione stilistica senza confini, espansa, vasta e mobile come le moltitudini di Whitman. Quel Giorgio Bocca che ora è morto a novantuno anni era un capitano, non il mio capitano, ma un capitano dello scellerato dovere di scrivere, di guadagnarsi il pane e molto companatico con le vite degli altri, con il maltrattamento della patria sempre evocata e sempre rozzamente servita, con la manipolazione e la dissimulazione oneste (ma fino a un certo punto), e con la secchezza scabrosa di un modo di battere a macchina furiosamente, una successione sillabica come un presto, prestissimo, che era come parlare a un vecchio registratore Geloso con la sorveglianza di qualche libro letto, di un codice sempre tradito, di una passione piena di narcisismo e di ignominiosa voluttà di vivere, imporsi, trionfare costi quel che costi, in tutta fretta.

Bocca era un grande artista del pregiudizio. In questo mi era e ci era a suo modo maestro. Era un lucido beone, una razza che ho sempre apprezzato e invidiato, uno che non aveva mai paura di sputtanare e di essere sputtanato, un filibustiere con una deontologia da chirurgo, di quelli che se possono salvano e se non possono ammazzano, ma che sanno sempre di che si tratta quando ci siano di mezzo il sangue e il sentimento della vita umana fragile, imperfetta. Esibiva il pregiudizio, ne faceva una specie di potente e acuminato ferro del mestiere, un arnese di scasso della realtà, e la sapeva mettere in vetrina, la realtà che acciuffava come una preda, con furia animalesca, sessuale, per come la vedeva lui, e lui solo, e per come pensava dovessero vederla gli altri, i lettori comuni nella loro identità sbiadita ma necessaria, i lettori di nomenclatura, i politici, gli editori, i ricchi, i compagni e i nemici, i traditori e i leali, i fedelissimi e gli ambigui.

La sua lingua letteraria scoppiava di umanità provinciale, balzacchiana se ce n’era una, e il partito preso era il sale del suo magistero, non ebbe mai cedimenti significativi per la compunzione tipica di tanti suoi allievi, anche i più bravi come Lerner, anche i più malconci come il piccolissimo emulo Maltese. Sapeva che i ghiacciai di montagna vanno su e giù, che le balle sull’effetto serra servivano a qualche lobby ma non alla scienza. Sapeva che lo sviluppo, una serie di boom e di crisi, è fatto di iniquità, di squilibrio, e che l’economia si governa da sé, con il suo proprio senso del potere e dell’avidità di guadagno, ma il tutto illuminato dalla cultura, dall’amore per il proprio tempo, dalla coscienza del finito, del contingente. Sapeva che la guerra è uno scempio, e come in un teatro di scempio la praticò, in un impasto impuro di ferocia e di leggerezza. Ma la vittoria giustificava ogni mezzo, e per giustificare la sofferenza dell’altro c’erano a disposizione la sofferenza e il rischio propri.

Scrivere come si dovrebbe parlare, per lui che parlava in modo così poco fiorito e così poco televisivo, era la sua condanna e la sua grande arte. Coltivava il gusto dell’invettiva, che non mancava mai in ogni sua inchiesta, e tirava a lucido una forma di sincerità che rasentava la confessione del delitto, ci fosse o no il delitto, magari alla ricerca di un castigo. Come quando confessò che le cose da lui dette e scritte sul terrorismo italiano, al limite della complicità partigiana, erano sì una memoria della Repubblica che avrebbe potuto essere e non fu, della democrazia azionista tradita dai grandi partiti popolari, del paludamento ideologico togliattiano e degasperiano capace di schiacciare i sogni inquieti ferventi e folli della minoranza intransigente dei piemontesi d’assalto, ma poi quegli scritti a favore dei più forti erano anche una resipiscenza reticente, un esercizio di prudenza di fronte al pericolo, alla minaccia. Seppe dirsi debole, ed era stato anche troppo forte con le armi e il potere militare in pugno. Ingiusto sempre, da fascista e da antifascista, ma celebrante di straordinario rango dell’impossibilità della giustizia, decrittatore dei segreti di una storia incompiuta, fratricida, senza pietà per le semplificazioni prive di dubbi, sebbene fino in fondo attaccato, morbosamente attaccato, alla mitobiografia della sua gioventù.

Nel bel ritratto che gli ha dedicato Fabrizio Ravelli su Repubblica ci sono le sue perle, prima fra tutte la dichiarazione di appartenenza e di partigianeria congenita del giornalista che fa bella la stampa del suo editore, il cronista che non è mai “indipendente”: "Allora, quando giravo l'Italia per le mie inchieste, mi ero quasi convinto di essere uno che incuteva paura ai potenti, che poteva dirgli in faccia quel che pensava di loro. La megalomania dei giornalisti è quasi sopportabile nella sua ingenuità. La verità è che ero il giornalista di Enrico Mattei, del potentissimo Eni con cui i padroni del vapore dovevano fare i conti". E poi quel segreto del suo innamoramento per la chiacchiera dei quotidiani e dei settimanali, così strano in certi tipi che dovrebbero fare mentre gli altri insegnano: diceva che tutto sta in uno speciale “orecchio per i suoni del creato”, e il segreto è quello “di chi ha occhio per la caccia, dello schermidore che sa parare e tirare".

I suoi libri di storia furono tutti scritti da orecchiante, ma fu lui a raccogliere la testimonianza sbrigativa e onesta di Longo sul rapporto fra Togliatti e l’epopea resistenziale: “Capì l’importanza della resistenza quando fucilammo Mussolini a Dongo”, cioè quando era finita, questa era la dichiarazione resa all’autore dal vecchio “partigia” stalinista suo conterraneo che era succeduto al Migliore nella guida di quel partito castigo e spauracchio che fu il Pci. Da moralista, pamphlettista e autobiografo lo spunto superficiale era spesso brillante, la via sinuosa e traditrice degli argomenti e delle storie si faceva leggere, non era mai pomposo, mai altezzoso, e la sua era una cultura dell’anima piena di errori, di distrazioni, Bocca aveva sempre qualcosa di imperdonabile che riscattava con una vena di perfidia generosissima, con una specie di appassionata indifferenza, roba da contrafforte gesuitico della stimabile e tutta d’un pezzo città di Cuneo. Ora che a questo eccezionale imperdonabile dobbiamo perdonare tutto perché è morto stecchito, esposto alle bolsaggini che s’immaginano frammiste a qualche segno di vera amicizia, ora è spiacevole non averlo vivo con tutte le sue caccole psicologiche, con tutti i suoi morbi professionali, con tutte le sue bevute e le sue sparate, per continuare a leggerlo e farci a botte.

Giuliano Ferrara


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Autore:  ubatuba [ 29/12/2011, 17:32 ]
Oggetto del messaggio: 

dopo il fatidico 8 settembre come tanti altri opportunisti si converti'in toto alle nuove folate di vento(tantissime le folgorazioni sulla via di damasco naturalmente dopo 08 09 43)cambiando vento era meglio adeguarsi,prima invece :

"Per le sue abilità sciistiche e i risultati sportivi, noti in tutta la provincia, si iscrive al Gruppo Universitario Fascista. Le prime collaborazioni giornalistiche sono con il foglio cuneese del Partito Nazionale Fascista, esprimendo posizioni e idee vicine al partito"

x "la provincia grande" scrisse :

Giorgio Bocca fascista ed antisemita (La Provincia granda – Sentinella d’Italia, 14 agosto 1942) 12 Comments

Dei deliri fascisti ed antisemiti del “giovane” Giorgio Bocca abbiamo già parlato. Ritorniamo sull’argomento, però, per alcune ragioni: innanzitutto, perché siamo entrati in possesso dell’articolo integrale – citato parzialmente in altra sede – ch’egli scrisse per La Provincia granda nel 1942; in secondo luogo, perché abbiamo l’impressione che l’odio e il pregiudizio contro gli ebrei stiano tornando in auge, anche a causa (duole dirlo) di esecrabili scelte compiute dalle gerarchie ecclesiastiche (leggasi: riappacificazione con la Fraternità Sacerdotale San Pio X, quella dei lefebvriani che, dal primo all’ultimo, sono tutti intrisi di odio antigiudaico); riemergono, poi, parole d’ordine raccapriccianti: in certi ambienti pseudo-culturali e religiosi, infatti, si torna a paventare il rischio di complotti giudaici e liberal-massonici.

Per tutte queste ragioni è bene rileggere le farneticazioni fasciste ed antisemite del “giovane” Bocca; sono, ahinoi, quanto mai attuali:

“Documenti dell’odio giudaico.
«I ‘Protocolli’ dei Savi anziani di Sion»

Sono i «Protocolli dei Savi anziani di Sion» un documento dell’internazionale ebraica contenente i piani attraverso a cui il popolo Ebreo intende giungere al dominio del mondo. La logica costruzione del testo trae ragione e causa da un esame critico e profondo della realtà del mondo e della natura umana. Non vi sono perciò ragionamenti aprioristici ed astratti, ma solo studio, critica, deduzione e, come ultimo risultato, la proposizione.


Il povero «gojm» o «gentile» così il testo chiama i non Ebrei, leggendo quei «Protocolli» rimane al tempo stesso stupito ed atterrito. Anche se è in grado di sceverare da ciò che ha effettivo valore tutto quello che può essere enfasi ieratica o presunzione propria di chi si crede prediletto da Dio, il lettore ariano rimane impressionato dinanzi ad un’opera così macchinosa e gigantesca, così ammalata di criminalità con tanta tenacia e spaventosa perseveranza condotta attraverso ai secoli da esseri che si sono sempre tenuti nell’ombra ed al riparo di propizi paraventi.

Il testo, dopo aver enunciato il principio che diritto è uguale a forza, descrive i mezzi ed indica i risultati a cui il popolo Ebreo è già arrivato e quali mete dovrà ancora raggiungere per possedere il monopolio della forza, cioè del diritto, cioè del dominio del mondo.

In questo intento il popolo eletto, sparsosi per volontà di Dio in tutte le parti del mondo, ha lottato e lavorato per allontanare i «gentili» sempre più da una visione realistica della vita, per gettarli in braccia all’utopia, per indebolire la forza dei loro governi e per carpire nel frattempo le loro sostanze per mezzo della speculazione. Lungo tempo è durata la preparazione consistente nella formazione di un reticolo capillare, unito negli intenti e potente nella finanza; quindi ha avuto inizio l’opera di dissolvimento.

I primi ostacoli da abbattere erano le due forze dell’aristocrazia e del clero. Gli ebrei preparano la rivoluzione francese; l’aristocrazia cade nelle loro mani per mezzo del denaro, il clero viene combattuto e discreditato per mezzo della critica e della stampa. Il malgoverno da essi prodotto stanca e disgusta il popolo. Gli ebrei lanciano allora il grido: «Libertà, eguaglianza, fratellanza». La massa illusa e piena di speranza abbatte le solide istituzioni e prepara il campo a quelle forme di governo liberali e democratiche in cui gli ebrei, padroni dell’oro, divengono i dominatori.

Dice il testo: «Abbiamo trasformato i loro governi in arene dove si combattono le guerre di partito» e più oltre «l’abuso di potere da parte dei singoli farà crollare tutte le istituzioni». Un gran passo è già stato fatto, ma altre forze sono ancora da abbattere: la famiglia e la religione. Menti ebraiche preparano allora e confezionano per i veramente ingenui «gentili» un’altra più affascinante utopia: il collettivismo. Cervelli ebraici dirigono la rivoluzione bolscevica, banchieri ebraici la finanziano.

Dice il testo: «Lasceremo che cavalchino il corsiero delle vane speranze di poter distruggere l’individualità umana». Quando non esisteranno più nerbi di forza che si possano opporre, quando i popoli saranno esasperati dal fallimento di queste teorie e delle forme di governo che ne sono la conseguenza, allora, con la forza del denaro, gli ebrei imporranno la loro autocrazia, solida, forte e decisa, unita nella persona del monarca del sangue di Davide, imperniata sulla divisione gerarchica delle caste.

Non tutti i «gentili» – per sfortuna degli ebrei – sono stati però degli «ingenui» o «zucche vuote» come essi amano chiamarli.

Anche essi, o almeno una parte di essi ha saputo guardare il viso non amabile forse, ma pur tuttavia immutabile, della realtà. Un colpo tremendo deve aver subito il cuore ebreo nel vedere sorgere un movimento, quale quello fascista che denunciava la inconsistenza pratica della parola libertà nel campo politico dove gli uomini sono in tal modo costrutti da trasformare la libertà loro accordata in anarchia. Una rabbia immensa deve aver riempito il cuore degli anziani di Sion, nel sentire dei non ebrei dire che il comunismo è un’utopia irraggiungibile e che le sue applicazioni pratiche sono costruzioni meccaniche e crudeli dove milioni di schiavi lavorano per una minoranza di dirigenti (ebrei).

L’odio di chi vede svelati i suoi piani è enorme, l’odio di chi vede rovinati i propri piani è tremendo. Questo odio degli ebrei contro il fascismo è la causa prima della guerra attuale. La vittoria degli avversari solo in apparenza, infatti, sarebbe una vittoria degli anglosassoni e della Russia; in realtà sarebbe una vittoria degli ebrei.

A quale ariano, fascista o non fascista, può sorridere l’idea di dovere in un tempo non lontano essere lo schiavo degli ebrei? È certo una buona arma di propaganda presentare gli ebrei come un popolo di esseri ripugnanti o di avari strozzini, ma alle persone intelligenti è sufficiente presentarli come un popolo intelligente, astuto, tenace, deciso a giungere, con qualunque mezzo, al dominio del mondo.

Sarà chiara a tutti, anche se ormai i non convinti sono pochi, la necessità ineluttabile di questa guerra, intesa come una ribellione dell’Europa ariana al tentativo ebraico di porla in stato di schiavitù” (Giorgio Bocca, La Provincia granda – Sentinella d’Italia, Foglio d’ordini settimanale della Federazione dei Fasci di Combattimento di Cuneo, il 14 agosto 1942)."
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nel 1945 firma la condanna a morte di 5 prigionieri dell'esercito della repubblica sociale.
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<h4>" ha preso cantonate colossali negli anni di piombo. E nemmeno perché ha scritto (ho riportato il passaggio cruciale di questo articolo integralmente in Cuori Neri) che quella delle Brigate rosse "era una favola eterna", una invenzione (!) dei magistrati. "Questa storia é penosa al punto di dimostrare il falso, il marcio che ci sta dietro – scriveva Bocca commentando il ritrovamento di un covo brigatista convinto che fosse una montatura – perché nessun militante di sinistra si comporterebbe per libera scelta in modo da rovesciare tanto ridicolo sulla sinistra" (purtroppo non era vero. Purtroppo no)."
dal blog di luca telese</h4>
bisogna capire,+ o - in quel tempo, si diceva ne con lo stato ne con le br

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