QUANDO PARLO DI ... SCACCHIERE INTERNAZIONALE ...! 21 giugno 2019
La guerra in Siria non è finita. E tutto quello che accade in Medio Oriente può inevitabilmente colpire uno dei conflitti più sanguinosi e complessi degli ultimi anni.
Sono passati otto anni da quando le prime ribellioni hanno iniziato a interessare il territorio siriano. E il conflitto, pur se diminuito di intensità, non sembra essere destinato a finire nel breve termine, complice una situazione internazionale che non permette sensibili passi i avanti.
Il Medio Oriente è in costante ebollizione, la tensione nel Golfo Persico è alle stelle, lo scontro fra Mosca e Washington non accenna a fermarsi. E tutto questo implica che la Siria, laboratorio perfetto di questa guerra mondiale permanente e a bassa intensità, non possa pacificarsi.
Ma qualcosa sta cambiando. La vittoria di Bashar al Assad sembra ormai assodata così come la presenza militare russa nel territorio siriano. Dall’altro lato, i raid israeliani continuano più o meno sotto traccia per colpire gli obiettivi ritenuti appartenenti all’Iran, gli Stati Uniti annunciano ritiri che però avvengono con tempistiche molto dilatate. La Turchia continua la sua politica di espansione nel nord in funzione anti curda. E nel frattempo, le potenze arabe sembrano avere accettato il fatto che il leader siriano rimanga al potere a Damasco pur non avendo del tutto abdicato a un ruolo nella futura transizione.
In questa continua tensione geopolitica, il 24 giugno potrebbe rappresentare un giro di boa non indifferente. I tre consiglieri per la sicurezza nazionale di Israele, Russia e Stati Uniti, rispettivamente Meir Ben-Shabbat, Nikolai Patrushev e John Bolton si incontreranno a Gerusalemme per un primo incontro trilaterale che riguarderà, tra le altre cose, anche il ruolo dell’Iran in Siria. L’incontro avverrà praticamente in concomitanza con il vertice “Peace for Prosperity” di Manama, in Bahrein, in cui si parlerà anche del piano di pace fra israeliani e palestinesi oltre che dell’allineamento fra lo Stato ebraico e i Paesi arabi, sempre più alleati del governo israeliano in Medio Oriente. E il fatto che questi due incontri avvengano durante la crisi del Golfo Persico successiva all’attacco alle petroliere nel Golfo dell’Oman, dà la cifra dell’importanza di questo vertice.
Un incontro non solo unico, ma che mostra anche il fatto che tra Israele, Russia e Stati Uniti il dialogo continui a essere costante, e che se l’Iran è considerato l’obiettivo numero uno della strategia americana e israeliana nella regione, non lo è né la Siria di Assad né tantomeno la Russia di Vladimir Putin, che anzi ha intessuto ottimi rapporti con tutti gli attori regionali e che con l’America di Trump ha mostrato di voler dialogare proprio per evitare che l’escalation in Medio Oriente potesse colpire la sua strategia. Una strategia che continua ad andare avanti, come dimostrato sia dal traffico di navi russe che passano il Bosforo per dirigersi verso il porto di Tartous, sia dagli aerei che partono alla volta di Hmeimim dalle basi russe, sia dai raid dell’aviazione contro Idlib e le postazioni jihadiste. Nel frattempo, il Cremlino si trova coinvolto nelle difficilissime trattative con Recep Tayyip Erdogan per il nord della Siria e gli S-400 ma soprattutto dialoga con l’Iran, con Putin che si è trasformato nel grande mediatore tra i vari attori in campo a Damasco.
Per Putin la partita è estremamente complessa. Riuscire a limitare l’Iran pur rimanendone unico partner è un gioco complicato al pari di riuscire a limitare Israele rimanendo interlocutore fondamentale. L’incontro di Gerusalemme, in questo senso, rappresenta un trilaterale particolarmente interessante. E le letture sono molteplici. È un vertice in cui Mosca cercherà di imporre il suo piano per la Siria emarginando l’Iran? Questa è la prima lettura ed è confermata dal fatto che il Cremlino non abbia interesse a trasformare Damasco nel “cortile” di Teheran. In questo senso, non vanno sottovalutate le voci su un possibile accordo tra Israele e Russia per portare le milizie filo-iraniane lontane dal Paese. La seconda lettura, invece, è che Patrushev rappresenterà anche gli interessi iraniani, visto che Teheran non è inserita nel tavolo del dialogo con Israele e Stati Uniti pur essendo il vero rivale della campagna di Benjamin Netanyahu e delle varie amministrazioni americane. Il vuoto rappresentato dall’assenza di un uomo di Teheran, potrebbe quindi essere colmata dalla presenza russa. Con un’ipotesi: che questo accordo possa significare la conferma che per Putin la Siria conta più di tutto. E probabilmente, per
il riconoscimento definitivo del governo siriano e della presenza russa, sarà necessario passare da questo vertice di Gerusalemme in cui gli Stati Uniti e Israele saranno disposti a concedere la legittimazione a Damasco in cambio di qualcosa. Forse proprio quell’Iran che, con la crisi delle petroliere, ora è di nuovo nel mirino.https://it.insideover.com/politica/inco ... e_redirect