State a vedere che è come pensavo io ...
Un estratto da :
http://www.difesaonline.it/evidenza/dir ... unduz-allaAlcune riflessioni sul recente bombardamento dell’ospedale di Kunduz alla luce della normativa internazionale.
In tale contesto, l'art. 18 della Convenzione di Ginevra per la protezione delle persone civili in tempo di guerra, afferma chiaramente che "Gli ospedali civili organizzati per prestare cure ai feriti, ai malati, agli infermi e alle puerpere non potranno, in nessuna circostanza, essere fatti segno ad attacchi; essi saranno, in qualsiasi tempo, rispettati e protetti dalle Parti belligeranti".
Quindi, in via generale, è vietato il bombardamento di un ospedale, e nel caso in esame, se questo fosse il quadro, probabilmente, potrebbe essersi trattato di un errore, potendo escludersi, certamente, che gli statunitensi abbiano volutamente ucciso dei civili.
Però vi è anche da dire che il successivo art.19 della suddetta Convenzione afferma che la protezione dovuta agli ospedali civili "potrà cessare soltanto qualora ne fosse fatto uso per commettere, all'infuori dei doveri umanitari, atti dannosi al nemico".
Non è raro, infatti che un bene civile, quali una scuola o un ospedale, per l'appunto, vengano - di fatto - usati per il ricovero di armi, per nascondere truppe, o usati come vero e proprio "punto di fuoco". Così facendo, essi finiscono con il poter essere considerati obiettivi militari a tutti gli effetti e, conseguentemente, bombardati. In tale ottica, potremmo quindi disegnare un secondo scenario, nel quale accompagnare l’ipotesi che, all’interno dell’ospedale, vi fossero terroristi, o armi, o, comunque, combattenti, in grado di offendere l’esercito afghano che, in quel momento, stava eseguendo una controffensiva, secondo alcune versioni.
In questo caso, certamente, potrebbe trovare giustificazione il bombardamento dell’ospedale da parte degli Usa, sempreché, però, siano stati considerati altri due requisiti: la necessità militare e la proporzionalità.
A tal proposito, l’art. 52 del I Protocollo Addizionale del 1977 stabilisce la liceità degli attacchi solo se diretti contro “beni che per loro natura, ubicazione, destinazione o impiego contribuiscono effettivamente all’azione militare, e la cui distruzione totale o parziale, conquista o neutralizzazione offre, nel caso concreto, un vantaggio militare preciso“.
Stando a questa norma, due sono quindi i requisiti affinchè un obiettivo possa essere definito militare: il primo è che il bene deve contribuire effettivamente all’azione bellica del nemico a) per natura (aereo militare, nave militare, mezzi corazzati, armi, munizioni, ecc), b) per ubicazione (area militarmente importante, ad esempio: ponte che serve al passaggio delle truppe nemiche), c) per destinazione (uso futuro del bene, ad esempio: bus civile destinato a trasportare armi), d) per impiego (uso attuale del bene, ad esempio: scuola all’interno della quale si è insediato un comando militare).
Il secondo requisito è che la conquista, distruzione o neutralizzazione deve offrire un vantaggio militare preciso, ossia concreto e diretto, escludendo - per la dottrina maggioritaria - vantaggi difficilmente percepibili e quelli che si possono materializzare nel lungo periodo.
E’ stata forse fatta questa analisi, dal comando militare statunitense, nel caso vi fossero stati, effettivamente, dei terroristi nell’ospedale bombardato? Ed il bombardamento era l’unico modo per neutralizzarli? E’ stato fatto un bilanciamento tra l’eventuale vantaggio militare così acquisito e le perdite civili che, inevitabilmente, si sarebbero avute? Che attività di intelligence è stata svolta?
Tra l’altro, la norma di cui all’art. 19 citato, va oltre, affermando, ad esempio, che persino il fatto che in un ospedale siano curati dei militari feriti o malati o che vi si trovino armi portatili e munizioni ritirate a questi stessi militari e non ancora consegnate al servizio competente, non può considerarsi "fatto dannoso".