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 Oggetto del messaggio: Re: Migliaia di piccole e medie imprese chiudono.
MessaggioInviato: 27/05/2019, 21:32 
Si beh si tengano pure i piccioni di plastica, io preferisco il panettiere vernacolare sotto casa!

L'importante è che non sia Checco, il nipote del fornaio
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“Questa crisi, questo disastro [europeo] è artificiale, e in sostanza questo disastro artificiale ha quattro lettere: EURO.”
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 Oggetto del messaggio: Re: Migliaia di piccole e medie imprese chiudono.
MessaggioInviato: 28/05/2019, 12:36 
TheApologist ha scritto:
Adesso c'è Amazon, quella si azienda americana al 100%, che ha asfaltato tutti, nordici e sudisti... Perché si trova proprio di tutto. A minor prezzo. Dato che risparmiano sul personale, trattandoli come automi.

Anche se le opinioni al riguardo sono ondivaghe, c'è chi dice che "si trova bene", ma bisogna vedere... Se lo dice un "millennial" è logico che si trovi bene, non ha visto com'era l'Italia PRIMA.

Si spende ancora meno sugli store cinesi.

Ma del resto è normale che la gente cerchi di spendere il meno possibile, con questo stramaledetto euro in tasca che non dura niente. Per cui le multinazionali vanno dove possono fare profitto... Euro, speculatori e classe politica demente/mangiona, hanno prodotto lo schifo che vediamo oggi.

In pratica ci è rimasto solo l'alimentare, teniamocelo stretto...


Giusto così, se devo spendere 10€ per una presa elettrica da un ******** italiano che magari vota PD la voglio comprare su Amazon, la pago 3€ compresa la spedizione, e se non funziona o se c'è un minimo problema vengo trattato come un pascià tra restituzione, sostituzione rimborso e via dicendo, rispetto al servizio da terzo mondo che offrono i commercianti al dettaglio. Che fallisca no tutti :)

io mi trovo benissimo, ed ho 35 anni, miei amici da quando ho cominciato a spronarli ad usare questo metodo di acquieto si sono trovati bene, una mia amica si è del tutto liberata degli odiosi fornitori che le facevano pagare i macchinari IL TRIPLO se li ordina lei stessa dal sito i millennial non ne parliamo e da quando ho insegnato ai miei ad usarlo si trovano decisamente meglio pure i miei che hanno 70 anni.

E' il mercato no, ad 1\4 degli italiani sta bene ed a 1\3 sta bene purché a fallire siano prima gli italiani; di che vi lamentate.

Tra l'altro a breve anche gli operai verranno sostituiti da automi, così smetteranno pure di lamentarsi e di scassare le scatole, poi vediamo di cosa camperanno senza un sostegno al reddito ed alla disoccupazione. Vedremo di cosa camperà il 70% della popolazione tra 15 anni. Va voi continuate ad aver paura dei necriiiiiiiiiiiiii dei comunustihhhhhh la secessionahhhhhh votando gente col cervello indietro di 30 anni.



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 Oggetto del messaggio: Re: Migliaia di piccole e medie imprese chiudono.
MessaggioInviato: 28/05/2019, 12:44 
MaxpoweR ha scritto:
TheApologist ha scritto:
Adesso c'è Amazon, quella si azienda americana al 100%, che ha asfaltato tutti, nordici e sudisti... Perché si trova proprio di tutto. A minor prezzo. Dato che risparmiano sul personale, trattandoli come automi.

Anche se le opinioni al riguardo sono ondivaghe, c'è chi dice che "si trova bene", ma bisogna vedere... Se lo dice un "millennial" è logico che si trovi bene, non ha visto com'era l'Italia PRIMA.

Si spende ancora meno sugli store cinesi.

Ma del resto è normale che la gente cerchi di spendere il meno possibile, con questo stramaledetto euro in tasca che non dura niente. Per cui le multinazionali vanno dove possono fare profitto... Euro, speculatori e classe politica demente/mangiona, hanno prodotto lo schifo che vediamo oggi.

In pratica ci è rimasto solo l'alimentare, teniamocelo stretto...


Giusto così, se devo spendere 10€ per una presa elettrica da un ******** italiano che magari vota PD la voglio comprare su Amazon, la pago 3€ compresa la spedizione, e se non funziona o se c'è un minimo problema vengo trattato come un pascià tra restituzione, sostituzione rimborso e via dicendo, rispetto al servizio da terzo mondo che offrono i commercianti al dettaglio. Che fallisca no tutti :)

io mi trovo benissimo, ed ho 35 anni, miei amici da quando ho cominciato a spronarli ad usare questo metodo di acquieto si sono trovati bene, una mia amica si è del tutto liberata degli odiosi fornitori che le facevano pagare i macchinari IL TRIPLO se li ordina lei stessa dal sito i millennial non ne parliamo e da quando ho insegnato ai miei ad usarlo si trovano decisamente meglio pure i miei che hanno 70 anni.

E' il mercato no, ad 1\4 degli italiani sta bene ed a 1\3 sta bene purché a fallire siano prima gli italiani; di che vi lamentate.

Tra l'altro a breve anche gli operai verranno sostituiti da automi, così smetteranno pure di lamentarsi e di scassare le scatole, poi vediamo di cosa camperanno senza un sostegno al reddito ed alla disoccupazione. Vedremo di cosa camperà il 70% della popolazione tra 15 anni. Va voi continuate ad aver paura dei necriiiiiiiiiiiiiidei comunustihhhhhh la secessionahhhhhh votando gente col cervello indietro di 30 anni.

[:291] [:291] Comincio a capire! [:306] [:306]



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 Oggetto del messaggio: Re: Migliaia di piccole e medie imprese chiudono.
MessaggioInviato: 30/05/2019, 01:02 
Una nazione di gente inetta e improduttiva che ha il portafoglio sempre pieno, e non si sa come, di denaro facile ed inflazionante, piena di vizi, di sperperi e dedita al gioco.

Stento a credere che stiano ancora in piedi.



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 Oggetto del messaggio: Re: Migliaia di piccole e medie imprese chiudono.
MessaggioInviato: 31/05/2019, 17:47 
Cita:

Whirlpool cede sito di Napoli, sindacati sul piede di guerra


Incontro ad alta tensione quello a Roma tra Whirlpool, Fim, Fiom e Uilm per fare il punto sull’accordo dello scorso ottobre. A scatenare le ire dei sindacati l’annuncio inaspettato della chiusura dello stabilimento di Napoli che profila per i 430 lavoratori un futuro incerto. Immediata la solidarietà del sito di Varese che ha annunciato lo sciopero spontaneo per solidarietà. I sindacati criticano duramente il gruppo, ricordando come l’accordo dello scorso anno prevedesse la garanzia di investimenti mirati per tutti i siti Whirlpool per tre anni fino al 2021, e sono sul piede di guerra. Whirlpool Emea fa sapere in un comunicato che "intende procedere con la riconversione del sito e la cessione del ramo d’azienda a una società terza in grado di garantire la continuità industriale allo stabilimento e massimi livelli occupazionali, al fine di creare le condizioni per un futuro sostenibile del sito napoletano". Nei prossimi giorni, Whirlpool "lavorerà con le organizzazioni sindacali, le istituzioni locali e nazionali per definire tutti i dettagli e le tempistiche della riconversione, che saranno resi noti non appena possibile".

Il Ministero dello Sviluppo Economico ha convocato il tavolo di crisi il 4 giugno prossimo. All’incontro "diamo per scontato che il Governo chieda a Whirlpool di rispettare l’accordo sottoscritto il 25 ottobre 2018 in sede istituzionale, non solo per elementari esigenze di tutela dei lavoratori, ma anche perché di quell’accordo fu sottoscrittore anche lo stesso Ministro" sottolineano Fim, Fiom e Uilm in una nota congiunta. "Subito dopo l’annuncio da parte di Whirlpool della decisione di chiudere Napoli, una delegazione sindacale si è recata al Mise, per chiarire la gravità della situazione e ottenere la convocazione del tavolo. Assemblee e scioperi sono stati indetti in tutti gli stabilimenti del gruppo. Qualsiasi ipotesi di modifica del piano e di chiusura di stabilimenti è per noi inaccettabile", concludono Fim, Fiom e Uilm. Anche l’Ugl Metalmeccanici, riferisce in una nota il segretario generale Antonio Spera, "unitariamente alle altre sigle sindacali proclama lo stato di agitazione dei lavoratori in tutti gli stabilimenti del Gruppo".

"Napoli tradita da Whirlpool" è l'accusa della Fiom-Cgil in una nota. "Noi non ci stiamo ai licenziamenti per delocalizzazione, dal momento che, tra l'altro, l'azienda usufruisce di tutto il sostegno possibile attraverso gli ammortizzatori sociali per la riorganizzazione dopo l’acquisizione di Indesit. Ora basta!", scandisce Francesca Re David, segretaria generale Fiom-Cgil. L’annuncio di Whirlpool "una cosa gravissima", "una scelta inaccettabile" commenta il leader Cgil, Maurizio Landini. "Serve risposta immediata, Napoli e il Mezzogiorno - sottolinea - hanno già pagato abbastanza ed è necessario che governo intervenga per far cambiare idea alla multinazionale e far rispettare gli accordi".

Whirlpool, rende noto il gruppo in un comunicato, nell'incontro di oggi a Roma con i rappresentanti delle organizzazioni sindacali per un aggiornamento sul Piano industriale Italia 2019-2021 ha ribadito "la strategicità dell’Italia all’interno della regione Emea da un punto di vista industriale e commerciale e ha confermato le direttrici strategiche del Piano Industriale firmato lo scorso 25 ottobre presso il ministero dello Sviluppo economico; in particolare gli investimenti pari a 250 milioni di euro per il triennio 2019-2021 in attività di innovazione, prodotto, processo e ricerca e sviluppo nei suoi siti industriali in Italia. Nei primi mesi del 2019 sono già stati allocati oltre 80 milioni di euro".

Inoltre, rileva Whirlpool, "sono stati riconfermati per i siti di Cassinetta di Biandronno - Va (polo Emea per i prodotti da incasso per le categorie freddo e cottura), Melano - An (hub regionale per i piani cottura ad alta gamma) e Siena (dedicato alla produzione di congelatori orizzontali) la specializzazione in atto e i volumi produttivi e occupazionali previsti dal Piano Industriale firmato lo scorso ottobre. Il trasferimento a Comunanza (Ap) della produzione delle lavatrici e lavasciuga da incasso dalla Polonia è stato altresì confermato. Il sito beneficerà quindi di un incremento dei volumi che porterà la produzione totale a oltre 800mila unità".




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 Oggetto del messaggio: Re: Migliaia di piccole e medie imprese chiudono.
MessaggioInviato: 21/07/2019, 15:09 
Cita:

Crollo consumi, chiusi 14 negozi ogni giorno


La crisi del commercio non accenna a finire: dopo la debole 'ripresina' degli anni scorsi, infatti, è tornata a frenare la spesa delle famiglie. Se non ci saranno inversioni di tendenza, il 2019 si chiuderà con una flessione del -0,4% delle vendite, per oltre 1 mld di euro in meno sul 2018: il risultato peggiore degli ultimi 4 anni. A stimarlo è una nota di Confesercenti che calcola come già siano 32mila i negozi in meno rispetto al 2011. Una "emorragia che ha bruciato almeno 3 miliardi di euro di investimenti delle imprese" mentre nel 2019 si apprestano a sparire altre 5mila attività commerciali, al ritmo di 14 al giorno.
A pesare, si legge nel Report Confesercenti, è sopratutto il mancato recupero della spesa delle famiglie italiane, che sono oggi costrette a spendere annualmente 2.530 euro in meno del 2011. Una sofferenza questa non limitata alle sole aree più povere del paese: le famiglie lombarde infatti hanno ridotto i loro consumi del 3,5%, quelle venete del 4,4%, poco meno di quanto avvenuto in Calabria, dove la contrazione è stata del 4,8%.

Lo stop della spesa ha inoltre portato ad riorientamento delle scelte di consumo verso quei canali, dice ancora Confcommercio, "dove più esasperata è la concorrenza di prezzo, come web e outlet. L'impatto sul commercio è stato devastante. Ormai quasi un'attività commerciale indipendente su due chiude i battenti entro i tre anni di vita", annota ancora. ''Le difficoltà del commercio, in particolare dei piccoli, sembrano ormai strutturali. C'è bisogno di un intervento urgente per fronteggiarla: chiederemo al governo di aprire un tavolo di crisi'', spiega Patrizia De Luise, presidente di Confesercenti. ''Se si pensa che, in media, ogni piccolo negozio che chiude crea due disoccupati, è chiaro che ci troviamo di fronte ad una crisi aziendale gravissima, anche se nessuno sembra accorgersene. Persino il commercio su aree pubbliche è in difficoltà, messo a terra da un caos normativo che ha accelerato la marginalizzazione dei mercati e il dilagare dell'abusivismo". E non è un problema dei soli commercianti: "gli effetti collaterali della crisi del settore si estendono anche alla dimensione sociale e urbana. La tradizionale rete di vendita aiuta a dare identità ad un luogo e rende maggiormente attrattive le aree urbane. Per le quali il commercio è un settore economicamente significativo, che contribuisce a produrre reddito locale ed occupazione'', aggiunge. ''È necessaria un'azione organica, ad ampio spettro, per restituire capacità di spesa alle famiglie e per accompagnare la rete commerciale nella transizione al digitale, creando le condizioni per una leale competizione con il canale Web'', continua De Luise.
''Serve formazione continua per gli imprenditori, ma anche sostegno agli investimenti innovativi ed un riequilibrio fiscale che consenta una concorrenza alla pari tra offline e online. Apprezziamo le iniziative di confronto con le parti sociali annunciate dal governo: siamo pronti a fornire il nostro contributo sotto il profilo dell'analisi e dei possibili interventi", prosegue De Luise. Per questo, chiede Confesercenti, siamo in attesa degli incontri con le parti sociali proposti dal Governo, che riteniamo "positivi ed utili": l'auspicio, però, conclude il presidente di Confesercenti, "è che si tratti di incontri sostanziali e non formali. Le nostre emergenze sono concrete e ci attendiamo risposte concrete''.





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 Oggetto del messaggio: Re: Migliaia di piccole e medie imprese chiudono.
MessaggioInviato: 17/08/2019, 14:45 
Cita:

Artigiani chiudono bottega, -6.500 imprese in sei mesi


Nonostante nel secondo trimestre si sia verificata una leggera ripresa, permane il cattivo stato di salute dell’artigianato in Italia. Lo rileva la Cgia. Nei primi 6 mesi di quest’anno lo stock delle imprese artigiane è diminuito di 6.564 unità. Al 30 giugno scorso, il numero complessivo si è attestato a quota 1.299.549.


Ad eccezione del Trentino Alto Adige, in tutte le altre regioni italiane il saldo del primo semestre è stato negativo. I risultati più preoccupanti si sono registrati in Emilia Romagna (-761), in Sicilia (-700) e in Veneto (-629). A dirlo è l’Ufficio studi della Cgia. Una moria, quella delle aziende artigiane, che dura ormai da 10 anni. Tra il 2009 e il 2018, infatti, il numero complessivo è sceso di quasi 165.600 unità.

“La crisi, il calo dei consumi, le tasse, la mancanza di credito e l’impennata degli affitti - afferma il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo - sono le cause che hanno costretto molti artigiani a cessare l’attività. E per rilanciare questo settore è necessario, oltre ad abbassare le imposte e ad alleggerire il peso della burocrazia, rivalutare il lavoro manuale. Negli ultimi 40 anni c’è stata una svalutazione culturale che è stata spaventosa".

"L’artigianato è stato dipinto come un mondo residuale, destinato al declino e per riguadagnare il ruolo che gli compete ha bisogno di robusti investimenti nell’orientamento scolastico e nell’alternanza tra la scuola e il lavoro, rimettendo al centro del progetto formativo gli istituti professionali che in passato sono stati determinanti nel favorire lo sviluppo economico del Paese", spiega Zabeo.

Oggi, "invece, sono percepiti dall’opinione pubblica come scuole di serie b. Per alcuni, infatti, rappresentano una soluzione per parcheggiare per qualche anno quei ragazzi che non hanno una grande predisposizione allo studio. Per altri costituiscono l’ultima chance per consentire a quegli alunni che provengono da insuccessi scolastici, maturati nei licei o nelle scuole tecniche, di conseguire un diploma di scuola media superiore”, aggiunge.

“E nonostante la crisi e i problemi generali che assillano l’artigianato - prosegue il segretario Renato Mason - non sono pochi gli imprenditori di questo settore che segnalano la difficoltà a trovare personale disposto ad avvicinarsi a questo mondo. Soprattutto al Nord, si fatica a reperire nel mercato del lavoro giovani disposti a fare gli autisti di mezzi pesanti, i conduttori di macchine a controllo numerico, i tornitori, i fresatori, i verniciatori e i battilamiera. Senza contare che nel mondo dell’edilizia è sempre più difficile reperire carpentieri, posatori e lattonieri”.

E un'ulteriore stangata al mondo dell’artigianato potrebbe arrivare il prossimo 1° gennaio. Se non si disinnescherà l’aumento dell’Iva, l’innalzamento di 3 punti percentuali sia dell’aliquota ordinaria che di quella ridotta rischia di provocare degli effetti molto negativi sul fatturato di queste attività che, ricorda la Cgia, vivono quasi esclusivamente dei consumi delle famiglie. E oltre agli effetti economici e occupazionali, la riduzione del numero delle attività artigiane e in generale dei negozi di vicinato ha provocato delle ricadute sociali altrettanto significative.




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 Oggetto del messaggio: Re: Migliaia di piccole e medie imprese chiudono.
MessaggioInviato: 18/08/2019, 12:41 
Thethirdeye ha scritto:
Eh.... così pare.

Volevo solo sapere se questa è anche la vostra percezione
e in che misura registrate il fenomeno nelle vostre regioni, città o paesi.

Grazie


Vedi TTE, l'umanità è come un corpo fisico, quando lo Spirito lo abbandona muore, e ormai gli ultimi poveri dello Spirito hanno tirato i remi in barca, sicchè incomincia la morte cellulare del golem, e i sintomi sono chiari.



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 Oggetto del messaggio: Re: Migliaia di piccole e medie imprese chiudono.
MessaggioInviato: 31/08/2019, 18:05 
Cita:

Porti chiusi al Made in Italy nel mondo: rischio di malattie e parassiti soprattutto da pomodori e riso
Export di prodotti italiani bloccato: il mondo teme il Made in Italy per rischio di malattie e parassiti delle piante


Dazi e stop al made in Italy a tavola nel mondo, soprattutto per via delle barriere sanitarie e burocratiche erette strumentalmente nei confronti dei prodotti agroalimentari nazionali, dal pomodoro ciliegino bloccato alle frontiere con il Canada ai porti chiusi al riso tricolore in Cina, che costano almeno mezzo miliardo all’export nazionale. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti sul dossier realizzato dal ministero delle Politiche Agricole sugli ostacoli che in molti Paesi impediscono l’accesso alle esportazioni di cibi e bevande. “Si tratta – sottolinea la Coldiretti – di blocchi alle esportazioni e misure restrittive giustificati ufficialmente dal rischio della diffusione di malattie e parassiti delle piante ma che non trovano spesso riscontro nella realtà e coprono invece politiche protezionistiche. Un freno all’export agroalimentare nazionale che è in aumento del 6,7% nei primi cinque mesi del 2019 dopo aver raggiunto 2018 il valore record di 41,8 miliardi di euro secondo una analisi della Coldiretti su dati Istat. Una vera e propria guerra commerciale sommersa che nasconde spesso la volontà di difendere degli interessi locali per aggirare anche accordi internazionali sul libero scambio“.

Nonostante il Ceta, l’accordo di libero scambio tra Unione europea e Canada, il pomodoro ciliegino, che era ben posizionato su quel mercato, è stato bloccato dalla richiesta delle autorità canadesi di importare pomodori senza parti verdi mentre in Cina, anche dopo l’accordo sulla Via della Seta, resta fermo il protocollo d’intesa per autorizzare l’esportazione di riso da risotto con la richiesta di ulteriori informazioni da parte del governo di Pechino su quantità, superfici investite a riso in Italia, volumi importati ed esportati e una scheda sui trattamenti. Sull’impiego di particolari prodotti fitosanitari è poi incagliata la trattativa per consentire l’arrivo del riso tricolore anche in India.

Vita dura – continua la Coldiretti – anche per i kiwi con l’Italia che è il secondo produttore mondiale ma non puo’ esportarli in Colombia ed in Giappone che frena anche sulle arance tarocco Made in Italy. L’Italia resta in attesa di indicazioni da parte delle autorità della Corea del Sud per aprire le porte agli agrumi. Porte chiuse alle mele nazionali in molti Paesi asiatici come la Tailandia, il Vietnam e Taiwan ma i nostri produttori sono in attesa di riscontri anche per l’atteso via libera alle pere e alle mele in Sud Africa ed anche in Cina che frappone ostacoli per motivi fitosanitari e chiede assicurazioni sulla assenza di patogeni della frutta (insetti o malattie) non presenti sul proprio territorio con estenuanti negoziati e dossier che durano anni e che affrontano un prodotto alla volta.

varietà di riso“L’aspetto paradossale di questa vicenda è che mentre i prodotti italiani sono bloccati, – sottolinea Coldiretti – non solo la Cina può esportare nella Penisola pere e mele, ma in Italia si è anche verificata una vera invasione di pericolosi insetti alieni dannosi alle coltivazioni di provenienza, più o meno diretta, dalla Cina come la cimice asiatica (Halyomorpha halys) che, distruggendo i raccolti nei frutteti e negli orti con danni stimati quest’anno in 250 milioni di euro, per la mancanza di nemici naturali“.

Mentre il presidente degli Stati Uniti Donald Trump minaccia dazi sul 50% delle esportazioni agroalimentari italiane in Usa, le frontiere americane – denuncia la Coldiretti – sono da tempo chiuse per la vendita di sementi di grano e carciofo fresco. E sempre nel nuovo continente in Brasile servono ancora riscontri per l’autorizzazione all’esportazione di susine provenienti dall’Italia nonostante l’Unione Europea abbia appena siglato l’accordo di libero scambio con tutta l’area Mercosur di cui fanno parte Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay.

carne rossaLa maggior parte delle limitazioni riguarda la produzione ortofrutticola nazionale che nonostante un valore delle esportazioni di 4,9 miliardi di euro risente pesantemente di questi limiti come dimostra il fatto che nel 2018 si è verificato un crollo nell’ortofrutta fresca esportata dell’11% in quantità e del 7% in valore, rispetto all’anno precedente, secondo un analisi della Coldiretti. Ma difficoltà – continua la Coldiretti – ci sono anche per altri prodotti come la carne bovine nazionale che è bloccata dalla Cina o per la gran parte dei prodotti della salumeria, anche cotti, che non possono essere esportati in Australia per pretesti burocratici ed amministrativi. “A livello nazionale serve un task-force che permetta di rimuovere con maggiore velocità le barriere non tariffarie che troppo spesso bloccano le nostre esportazioni” ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini.




http://www.meteoweb.eu/2019/08/made-in- ... i/1307672/


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MessaggioInviato: 09/11/2019, 17:05 
Cita:

Spariti 200 mila negozi in dieci anni


Rispetto al 2007, anno che precede la drammatica crisi economica, le famiglie italiane hanno 'tagliato' consumi per un importo pari a 21,5 miliardi di euro. A farne le spese soprattutto le piccole botteghe artigiane ed i negozi che dal 2009 ad oggi, in meno di 10 anni, sono diminuite del 12,1%, circa 178.500 unità, mentre lo stock dei piccoli negozi è sceso di quasi 29.500 unità, -3,8%. Una perdita che complessivamente registra la 'sparizione' di quasi 200 mila negozi di vicinato in 10 anni". A fare il punto sulla situazione post-crisi economica è uno studio della Cgia.


La spesa complessiva dei nuclei familiari, che anche lo scorso anno ha registrato una frenata ed è ammontata a poco più di 1.000 miliardi di euro, resta la componente più importante del Pil, il 60,3 per cento del totale. A registrare il calo più importante nei consumi è il Sud: dal 2007 al 2018 le famiglie meridionali hanno “tagliato” la spesa mensile media di 131 euro (mediamente di 1.572 euro all’anno), quelle del Nord di 78 euro (936 euro all’anno) e quelle del Centro di 31 euro (372 euro all’anno).

A livello regionale, invece, in termini assoluti ed espressi in valore nominali medi è l'Umbria (- 443 euro al mese) a tirare maggiormente la cinghia; segue il Veneto (-378 euro) e la Sardegna (-324 euro). In contro tendenza, invece, i risultati ottenuti in Liguria (+333 euro al mese), in Valle d’Aosta (+188 euro) e in Basilicata (+133 euro). La situazione di difficoltà è proseguita anche nell’ultimo anno, in particolar modo al Nord: in Lombardia, in Trentino Alto Adige, in Emilia Romagna, in Piemonte, in Veneto e in Friuli Venezia Giulia la spesa mensile media delle famiglie nel 2018 è stata inferiore a quella relativa al 2017.

Sotto il profilo della composizione della spesa, sempre tra il 2007 e il 2018, annota ancora la Cgia, la contrazione più importante ha riguardato l’acquisto dei beni (-10,3 per cento), mentre i servizi sono cresciuti del 7%. Nel dettaglio, i beni non durevoli (prodotti cura della persona, medicinali, detergenti per la casa, etc.) sono crollati del 13,6%, quelli semidurevoli ( abbigliamento calzature, libri, etc.) si sono ridotti del 4,5% e quelli durevoli ( auto, articoli di arredamento, elettrodomestici, etc.) del 2,8%.

In termini percentuali, invece, la regione più colpita dalla moria di aziende artigiane è stata la Sardegna che negli ultimi 10 anni ha visto scendere il numero del 19,1%. Seguono l’Abruzzo con il 18,3% e l’Umbria con il 16,6%. L’andamento delle imprese attive nel piccolo commercio, invece, ha subito la riduzione più significativa in Valle d’Aosta con il 18,8%, in Piemonte con il 14,2% e in Friuli Venezia Giulia con l’11,6%. Rispetto al trend negativo, risultano essere di segno opposto la Calabria (+3%), il Lazio (+3,3%) e la Campania (+4,6%).

La caduta dell’acquisto dei beni, prosegue il Report Cgia, è proseguita anche quest’anno: tra il primo semestre 2019 e lo stesso periodo del 2018 la contrazione è stata dello 0,4% con una punta del -1,1% dei beni non durevoli. Interessante, invece, l’esito dei beni durevoli: quest’anno la crescita è stata del 2,9%. Tra le voci di spesa più significative va segnalata quella dei trasporti (auto, carburanti, biglietti treni, bus, tram): tra il 2007 e il 2018 la caduta è stata addirittura del 16,8% ed è proseguita anche quest’anno con un preoccupante -1%. Diversamente, le telecomunicazioni (cellulari, tablet e servizi telefonici) hanno segnato degli 'score' straordinari: negli ultimi 10 anni +20,1% e nell’ultimo anno +7,7%.

Le vendite al dettaglio, che costituiscono il 70% circa del totale dei consumi delle famiglie, negli ultimi 11 anni sono scese del 5,2%. Tuttavia, quelle registrate presso la grande distribuzione sono aumentate del 6,4% mentre nella piccola distribuzione (botteghe artigiane e piccoli negozi) sono precipitate del 14,5%. Sebbene il gap si sia decisamente ridotto, anche in questi primi 9 mesi del 2019 i segni sono rimasti gli stessi: +1,2% nella grande e -0,5%nella piccola distribuzione.





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 Oggetto del messaggio: Re: Migliaia di piccole e medie imprese chiudono.
MessaggioInviato: 23/05/2020, 17:35 
Allarme Cgia: "Senza aiuti chiuderanno 100mila artigiani"


Nei primi 3 mesi di quest’anno il numero complessivo delle imprese artigiane presente in Italia è sceso di 10.902 unità, un dato negativo, tuttavia in linea con quanto registrato nello stesso arco temporale dei 3 anni precedenti. Lo rileva la Cgi sottolineando che "il peggio dovrebbe purtroppo sopraggiungere nei prossimi mesi, quando l’effetto economico negativo del Covid si farà sentire con maggiore intensità".


Per evitare che entro la fine del 2020 si registri una ulteriore moria di tantissime botteghe artigiane, la Cgia torna a ribadire "la necessità di erogare a queste attività importanti contributi a fondo perduto e di azzerare per l’anno in corso le imposte erariali: come l’Irpef, l’Ires e l’Imu sui capannoni". “L’artigianato - afferma il segretario della Cgia, Renato Mason- ha bisogno di sostegno perché è l’ elemento di coesione sociale del nostro sistema produttivo. Se spariscono le micro imprese, rischiamo di abbassare notevolmente la qualità del nostro made in Italy".

"E’ vero che con il decreto Rilancio sono state introdotte diverse misure tra cui l’azzeramento del saldo e dell’acconto Irap in scadenza a giugno, la riproposizione dei 600 euro per il mese di aprile e la detrazione del 60 per cento degli affitti, ma tutto questo -avverte Mason- è ancora insufficiente a colmare la rovinosa caduta del fatturato registrata in questi ultimi mesi da tantissime piccole realtà". "Troppi provvedimenti che rischiano di disperdere in tanti rivoli le risorse messe a disposizione che, invece, dovrebbero essere convogliate solo su tre voci: famiglie, indennizzi diretti alle imprese e taglio delle tasse" indica Mason.

Anche i tanto attesi contributi a fondo perduto introdotti con il Dl Rilancio a favore delle piccole attività, secondo la Cgia rischiano di non sortire gli effetti sperati; la dimensione economica del ristoro, infatti, risulta molto contenuta. Le attività che hanno subito il lockdown, nella migliore delle ipotesi coprono solo 1/6 delle perdite sostenute nello scorso mese di aprile.

(Ada/Adnkronos)

A preoccupare la Cgia, tuttavia, non c’è solo la mancanza di credito che attanaglia gli artigiani e in generale tutte le Pmi, ma anche le previsioni dei consumi delle famiglie italiane per l’anno in corso. Secondo il Def 2020, infatti, la caduta sarà pari al 7,2 per cento; in termini assoluti il crollo degli acquisti rispetto al 2019 sarà di circa 75 miliardi e a farne le spese saranno soprattutto gli artigiani, i piccoli commercianti e i lavoratori autonomi che vivono quasi esclusivamente dei consumi delle famiglie.

Insomma, l'associazione sottolinea che i fatturati di queste piccole attività sono destinati a cadere rovinosamente, trascinando verso la chiusura definitiva tantissimi negozi di vicinato. Tutto questo, osserva la Cgia, comporterà un problema occupazionale non di poco conto, ma anche un forte abbassamento della qualità della vita. Quando chiudono le botteghe e i piccoli negozi le aree urbane si impoveriscono e diventano terreno fertile per la diffusione del degrado, dell’abbandono e della microcriminalità.

Senza adeguati aiuti, entro la fine del 2020 l'Italia perderà 100mila dei suoi artigiani, sottolinea ancora la Cgia. "In questi due mesi e mezzo di lockdown, -argomenta il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo- molti artigiani senza alcun sostegno al reddito sono andati in difficoltà e non sono stati pochi coloro che hanno ipotizzato di gettare la spugna e di chiudere definitivamente la saracinesca. Dopo una settimana dalla riapertura totale, invece, lo stato d’animo di tanti piccoli imprenditori è cambiato".

"C’è voglia di lottare, di resistere, di risollevare le sorti economiche della propria attività. Purtroppo, non tutti ce la faranno a sopravvivere e non è da escludere -avverte- che entro la fine dell’anno lo stock complessivo delle imprese artigiane presente nel Paese si riduca di quasi 100 mila unità, con una perdita di almeno 300 mila posti di lavoro".

Per focalizzare i motivi della chiusura delle imprese artigiane, la Cgia ha prodotto quattro simulazioni realizzate su micro e piccole attività artigiane che nel mese di aprile 2020 sono state obbligate a chiudere l’attività per decreto: un parrucchiere, un falegname, una impresa edile e un'azienda metalmeccanica.

Nel dettaglio un parrucchiere con un fatturato medio annuo registrato nel 2019 di 70 mila euro e una perdita, aprile 2020 su aprile 2019, di oltre 5.833 euro, riceverà, stando alle disposizioni del “decreto Rilancio”, il 20 per cento di questo disavanzo. In pratica solo 1.167 euro; un falegname produttore di mobili con un fatturato annuo di 180 mila euro e una perdita ad aprile 2020 sullo stesso mese dell’anno scorso di 15 mila euro, riceverà, con questo passivo, 3.000 euro, cioè il 20 per cento dei mancati ricavi.

Una impresa edile con 450 mila euro di fatturato presenta una caduta del fatturato di 37.500 euro. Dalle disposizioni del “decreto Rilancio” riceverà 5.625 euro. Importo ottenuto applicando il 15 per cento sulla perdita; un’azienda metalmeccanica con ricavi annui di 500 mila euro e un disavanzo di 41.667 euro, incasserà dallo Stato 6.250 euro, pari al 15 per cento del disavanzo.



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MessaggioInviato: 22/02/2021, 17:21 
Allarme Confcommercio, le città muoiono: “Nel 2021 chiude il 25% di alberghi e ristoranti”


Roma, 22 feb – Ancora tragici dati sul futuro dell’economia italiana forniti da Confcommercio: a causa delle restrizioni nel 2021 si verificherà, per la prima volta negli ultimi due decenni, la perdita di quasi il 25% delle imprese di alloggio e ristorazione (-24,9%), cioè alberghi e ristoranti. Lo rivela un’analisi dell’Ufficio Studi di Confcommercio Demografia d’impresa nelle città italiane. Dal report emerge anche un calo del commercio al dettaglio del 17,1%.
L’allarme di Confcommercio
«Il Covid acuisce certe tendenze e ne modifica drammaticamente altre». Confcommercio registra un calo delle vendite soprattutto «nei centri storici dei 110 capoluoghi di provincia e altre 10 città di media ampiezza», stando al report. Calano i consumi, chiudono i negozi, muore il turismo: in controtendenza solo farmacie, informatica e comunicazioni. «Il rischio di non rivedere i nostri centri storici come li abbiamo visti e vissuti prima della pandemia è, dunque, molto concreto e questo significa minore qualità della vita dei residenti e minore appeal turistico», spiega l’analisi dell’Ufficio Studi di Confcommercio.
Minore appeal turistico significa ancora meno visitatori e ulteriori chiusure, in una tragica spirale discendente. Il processo di desertificazione commerciale, precisa Confcommercio, è in atto dal 2012 e fino al 2020 si è «divorato» oltre 77mila attività di commercio al dettaglio (-14%) e quasi 14mila imprese di commercio ambulante (-14,8%). Significativo l’aumento delle imprese straniere, mentre diminuiscono quelle a titolarità italiana.
I nuovi consumi

Cambiano sensibilmente i consumi. Reggono botta gli alimentari, registrando una diminuzione minima (-2,6%) e le tabaccherie, che oltre a soddisfare bisogni primari, si sono adattate allo svolgimento di nuove funzioni (-2,3%). Balzano prepotentemente in avanti tecnologia e comunicazioni (+18,9%) e farmacie (+19,7%).
Muoiono i centri storici

Tragicamente in picchiata il resto dei settori merceologici, fa sapere Confcommercio. Si tratta di quelle attività commerciali che si spostano dai centri storici ai grandi centri commerciali: abbigliamento (-17%), libri e giocattoli, (-25,3%), mobili e ferramenta (-27,1%) e pompe di benzina (-33%).


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 Oggetto del messaggio: Re: Migliaia di piccole e medie imprese chiudono.
MessaggioInviato: 02/07/2021, 18:42 
Amazon chiede un pezzo della loro azienda ai suoi fornitori
Ad alcuni trai gruppi che vendono attraverso la piattaforma viene proposto l'acquisto di warrant, i diritti ad acquistare azione dell'azienda in futuro a un prezzo concordato oggi, spesso inferiore a quello di mercato


L’enorme peso di Amazon rende difficile alle aziende rifiutare, anche perchè in cambio vengono garantiti loro grandi acquisti…

Un fornitore che volesse atterrare nell’universo di Amazon per vendere i suoi beni o i suoi servizi potrebbe scoprire che la sua attività ha un problema: il diritto di Amazon di acquistare grandi quote nelle loro aziende con sconti potenzialmente elevati rispetto al valore di mercato.

Secondo documenti aziendali e interviste con le persone coinvolte nelle trattative, il gigante della tecnologia e del commercio al dettaglio ha stretto almeno una dozzina di accordi con società quotate in borsa in cui ottiene i diritti, chiamati warrant, di acquistare le azioni dei venditori in futuro a quelli che potrebbero essere prezzi inferiori a quelli di mercato.

Amazon negli ultimi dieci anni ha concluso più di 75 accordi di questo tipo con società private. In tutto, le quote e le potenziali quote del titano della tecnologia ammontano a miliardi di dollari in società che forniscono di tutto, dai servizi di call center al gas naturale, e in alcuni casi posizionano Amazon tra i principali azionisti.

Gli accordi offrono mostrano come Amazon usa il suo peso sul mercato per aumentare la sua ricchezza e influenza. La società è stata oggetto di un controllo crescente da parte di autorità di regolamentazione e legislatori sulle sue pratiche concorrenziali, comprese le società con cui collabora.

Una portavoce di Amazon ha affermato che i warrant che ottiene negli accordi commerciali sono in genere legati a traguardi che Amazon deve soddisfare. La società ha rifiutato di commentare accordi specifici, o di dire quanti warrant ha esercitato o la quantità di denaro che ha ricavato da tali accordi.

Il distributore di generi alimentari SpartanNash Co. lo scorso anno ha modificato il contratto con Amazon per la consegna di generi alimentari ad Amazon Fresh. La società con sede a Grand Rapids, nel Michigan, riforniva Amazon di cibo dal 2016, ma questa volta Amazon ha aggiunto una condizione: se avesse acquistato generi alimentari per un valore di 8 miliardi di dollari in sette anni, avrebbe potuto ottenere mandati per l’acquisto di circa il 15% delle azioni di SpartanNash ad un prezzo potenzialmente inferiore a quello di mercato. Amazon ha anche affermato di voler essere informato di eventuali offerte di acquisizione per SpartanNash e ha preteso una finestra di 10 giorni per una controfferta.

I dirigenti di SpartanNash sono rimasti sorpresi dalla richiesta. Ma alla fine hanno deciso che essere legati ad Amazon avrebbe potuto aumentare il profilo della loro azienda. Amazon ha ricevuto warrant della società quando è stato annunciato l’accordo che, se esercitato, ammonterebbe al 2,5% delle sue azioni. Se riceverà ed eserciterà warrant per l’ulteriore 12,5%, secondo i termini del contratto, diventerà il secondo azionista di SpartanNash dopo il gestore di fondi comuni BlackRock Inc.

Per circa un decennio, Amazon ha concluso accordi di questo tipo con i fornitori, ma negli ultimi anni ha aumentato in modo aggressivo la pratica. Nel suo ultimo rapporto trimestrale, la società ha valutato i suoi warrant a $ 2,8 miliardi, più di cinque volte il livello di tre anni fa. Amazon non rivela il valore delle quote che possiede a seguito dell’esercizio dei suoi warrant.

Uno degli ex dirigenti di Amazon ha spiegato che la maggior parte delle aziende ha rispettato le richieste sui mandati. Diversi ex dirigenti di Amazon che hanno lavorato a tali accordi hanno detto nelle interviste che hanno trovati ingiusti e unilaterali questi accordi che le società non erano in grado di rifiutare, e che la maggior parte del vantaggio è andata ad Amazon.

Fonte: https://www.dagospia.com/rubrica-29/cro ... 275128.htm

Fonte originale: https://www.wsj.com/articles/amazon-dem ... 099?page=1


https://comedonchisciotte.org/amazon-ch ... fornitori/


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MessaggioInviato: 10/07/2021, 17:58 
Gkn, in 422 licenziati via email
Notte in fabbrica, assemblea ad oltranza


Una cinquantina di lavoratori hanno passato "una notte tranquilla" all'interno dello stabilimento Gkn di Campi Bisenzio (Firenze). I dipendenti, con le rsu e i sindacati, hanno aperto ieri un'assemblea permanente all'interno della fabbrica che produce semiassi per automobili dopo la notizia del licenziamento di tutti i 422 dipendenti.
"Una cinquantina di lavoratori sono rimasti qui - spiega Andrea Brunetti della Fiom Cgil di Firenze -, abbiamo passato una notte tranquilla e ci siamo svegliati con più consapevolezza di ieri. L'assemblea permanente andrà avanti a oltranza, nelle prossime ore decideremo cosa fare a partire da lunedì quando lo stabilimento avrebbe dovuto riaprire dopo il weekend".
Numerose, dall'annuncio dei licenziamenti, le manifestazioni di vicinanza espresse ai lavoratori di Gkn. "Sentiamo il sostegno della cittadinanza e delle istituzioni. Ieri sera abbiamo fatto un'assemblea cittadina ed è iniziata la staffetta dei sindacati dell'area metropolitana. Ieri l'autista di un autobus si è fermato a salutarci e sostenerci, sono cose che fanno bene al morale".

"Ho sentito il sindaco di Campi Bisenzio e i miei uffici hanno contattato i sindacati, il Mise si sta muovendo per verificare le condizioni in cui è avvenuto l'episodio, ma si tratta di modalità che non possono essere accettate e su cui bisogna trovare tutti gli elementi per scongiurarle". Lo ha detto il ministro del Lavoro Andrea Orlando commentando il licenziamento via mail dei 422 dipendenti della Gkn di Campi Bisenzio. "Nnon ho mai nascosto le mie preoccupazioni davanti allo sblocco dei licenziamenti questa mi sembra però una questione che ha delle caratteristiche specifiche. Ci troviamo di fronte a un caso particolare".

Nel 2025 la produzione di veicoli leggeri in Italia non supererà 1 milione, inferiore del 6% al 2016. Anche riportando questa stima nella lettera ai dipendenti la Gkn ha annunciato il licenziamento di 422 lavoratori per la chiusura della fabbrica di Campi Bisenzio (Firenze) dove si fanno semiassi. Il comparto automotive in Italia, secondo l'azienda, "già nel 2020 si caratterizzava per andamento negativo che lasciava trasparire grande sofferenza" ma con la pandemia la sofferenza si è "amplificata" comportando "una pressione al ribasso dei prezzi".

Nella lettera di licenziamento a tutti i 422 dipendenti dello stabilimento di Firenze, Gkn indica "una continua decrescita dei prezzi di circa il 3% ogni anno", decrescita che provoca in Italia un "totale disequilibrio tra costo di produzione e valore di vendita". Anche con questo quadro la Gkn motiva i licenziamenti che porteranno alla chiusura della fabbrica di semiassi a Campi Bisenzio (Firenze). L'azienda spiega inoltre che le forte pressione sui prezzi dei nuovi prodotti si traduce nella necessità di "operare riduzioni fino a circa il 10% da una generazione di prodotto all'altra".

"Oltre ai licenziamenti di tutti i dipendenti della Gkn, 335 operai, 67 impiegati, 16 quadri e quattro dirigenti, ci sono i lavoratori della Easy Group srl, della Host food srl, aziende coinvolte nell'attività industriale e nei servizi, si arriva così a circa 500 persone private del salario e del posto di lavoro". Lo evidenzia la sigla di base Usb Firenze Lavoro Privato Industria riguardo all'"avviso della chiusura dello stabilimento di Campi Bisenzio con la procedura di licenziamento di 422 dipendenti diretti "arrivato via mail in una giornata di blocco delle attività per mancanza di componenti. Una modalità comunicativa in perfetta sintonia con il contenuto della lettera, inviata alle Rsu e ai sindacati, che stronca l'utilizzo di qualsiasi ammortizzatore sociale, perché secondo l'azienda per tutelare il budget non c'è altro modo che buttare in mezzo alla strada dipendenti diretti e indiretti". "Quello sottoscritto da Landini, Sbarra e Bombardieri è in effetti una mera presa d'atto della libertà di licenziare regalata ai padroni, di cui questi stanno già facendo largo e spregiudicato utilizzo, altro che raccomandazione ad utilizzare gli ammortizzatori sociali, è una vergognosa menzogna che si è liquefatta davanti ai cancelli della Gianetti Ruote e della Gkn. Non è un caso - sottolinea Usb - se entrambe sono legate a fondi esteri: la Gianetti Ruote al fondo tedesco Quantum Capital Partners, con sede negli Usa, mentre la Gkn è del fondo britannico Melrose, meccanismi speculativi senza specifiche ambizioni industriali, pronti a gettare sul lastrico migliaia di lavoratori pur di valorizzarsi in borsa. Siamo alle prime battute di una drammatica stagione in cui il padronato, speculatori finanziari italiani ed esteri, con il pieno appoggio del Governo, intendono riscrivere in peggio condizioni di occupazione, di salari, di orario di lavoro, di salute e sicurezza e diritti sindacali, utilizzando lo strumento delle ristrutturazioni e dei licenziamenti".

E' il sindaco di Scandicci (Firenze), Sandro Fallani, ad aprire la staffetta di oggi dei primi cittadini metropolitani allo stabilimento Gkn di Campi Bisenzio (Firenze), annunciata ieri dopo la notizia del licenziamento di tutti i 422 dipendenti da parte della proprietà, un fondo inglese. "Qui - ha detto il sindaco Fallani - vedo lavoratori maturi, scossi che hanno subìto una decisione inaspettata e inaccettabile nelle forme e nei modi. Abbiamo un esempio di capitalismo aggressivo che con una mail manda a casa 422 persone dopo un anno di pandemia, è una situazione che non afferisce soltanto a questo stabilimento e questo territorio, ma tocca un equilibrio più generale". Per protestare contro il licenziamento i sindaci metropolitani dell'area fiorentina hanno annunciato una staffetta a oltranza. "Noi sindaci - continua Fallani - abbiamo deciso di dare una presenza istituzionale costante, stamattina ci sono io, oggi ci saranno altri colleghi perché la pressione istituzionale è fondamentale quasi al pari dell'azione sindacale. Di certo la Regione Toscana e lo Stato possono avere voce in capitolo su questa vicenda, anche perché, mi hanno spiegato dei dipendenti, lo stabilimento negli anni ha preso contributi pubblici. Non è accettabile che nella Toscana del 2021 arrivi una e-mail che comunica, senza mettersi a sedere a un tavolo di confronto, che non c'è più lavoro".



https://www.ansa.it/sito/notizie/econom ... a4542.html


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 Oggetto del messaggio: Re: Migliaia di piccole e medie imprese chiudono.
MessaggioInviato: 10/07/2021, 18:48 
bello sentire tuti sti politici che nei giorni scorsi premevano per lo sblocco dei licenziamenti ora prendersela per i licenziamenti... Senza far rotolare un bel pò di teste non ne usciremo mai più.



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la prima religione nasce quando la prima scimmia, guardando il sole, dice all'altra scimmia: "LUI mi ha detto che TU devi dare A ME la tua banana. (cit.)
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