26/09/2013, 01:42
I distretti battono la Locomotiva il loro export supera quello tedesco
SONO LA PUNTA DI DIAMANTE DELL’ECONOMIA ITALIANA, LA LORO VELOCITÀ SUI MERCATI ESTERI È DOPPIA RISPETTO A QUELLA DELL’INTERO MADE IN ITALY. BENE IL SECONDO TRIMESTRE CHE LI RIPORTA AI LIVELLI PRE-CRISI MENTRE NEL PRIMO ERANO A -3,9%
P er loro la ripresa c’è già ed è solida; nelle esportazioni corrono più del resto dell’industria italiana e perfino più della Germania. I distretti industriali italiani stanno riscoprendo una vitalità formidabile: il secondo trimestre dell’anno sono tornati a superare i livelli del 2007, prima della crisi. C’è tutto il meglio del made in Italy industriale e, per la prima volta, rialza la testa perfino il Mezzogiorno. Anzi, il distretto della meccatronica di Bari è quello che guida la classifica dei Top 20 dell’export, ossia dei sistemi territoriali che hanno visto aumentare in misura maggiore le loro esportazioni, ma dall’oreficeria alle macchine tessili, dalle pelli alle calzature ovunque c’è il segno più. Anche se manca ancora per tutti il mercato interno. Alessandra Carini e Giorgio Lonardi alle pagine 8 e 9 DOVE NASCE LA RIPRESA
Venezia S e fosse una partita di calcio tra Italia e Germania sarebbe finita cinque a zero per la nostra industria. Tanta è la distanza tra l’aumento delle esportazioni dei nostri distretti industriali e quelle del manifatturiero tedesco (un aumento, per noi, del 3,0 nel primo semestre di quest’anno contro un calo del 2,1% dell’industria tedesca). Ma in realtà le partite vinte sull’estero dal mondo distrettuale italiano sono più d’una. La sua capacità di esportare gli ha fatto anche superare le performance industria francese, quelle dell’intero
sistema manifatturiero italiano (che aveva registrato un -0,6 nel primo semestre) e un sorpasso anche delle aree non distrettuali italiane (che sono ad un +1,4% di aumento delle esportazioni). Insomma una vittoria su tutta la linea che farebbe pensare che la formula distrettuale è tutt’altro che superata, come pensa qualcuno, e che anzi in questi anni di crisi ha cambiato pelle e mercati. Il bilancio della prima metà del 2013, tracciato nell’ultimo Monitor dei distretti elaborato da Intesa Sanpaolo, è dovuto ad un ottimo secondo trimestre di quest’anno che, con i suoi risultati, ha fatto raggiungere al sistema distrettuale italiano anche un terzo obbiettivo: quello di riuscire a superare, quanto livelli di esportazione, la fatidica soglia pre-crisi, cioè quella che si colloca nei primi mesi del 2008, poco prima che l’economia affondasse. “Mai prima d’ora - è scritto nel report di Intesa fresco di stampa - nei trimestri successivi alla crisi del 2009 i distretti italiani erano riusciti a recuperare quanto perso sui mercati esteri. Anche nel primo trimestre del 2013 avevano un ritardo del 3,9%”. Tira l’export dei distretti specializzati nell’agroalimentare, che hanno registrato un 7,3% di aumento rispetto l’anno scorso, che si è spalmato sul Nord ma soprattutto sul Sud: si tratti delle zone vinicole delle Langhe e del Monferrato, delle conserve di Nocera in Campania, dell’ortofrutta del barese, o del pomodoro di Pachino In Sicilia. Hanno ripreso a vendere coloro che forniscono materiali da costruzione e arredamento (+6,3%), capitanati dal distretto delle piastrelle di Sassuolo. Vanno bene i distretti che producono moda per il sistema del lusso: la pelletteria e le calzature di Firenze e l’oreficeria di Arezzo. E anche nella meccanica i risultati sono stati positivi se messi a confronto con il complesso dell’industria italiana e il sistema tedesco che invece sono ancora in territorio negativo. Non è solo il Made in Italy tradizionale dei beni di consumo quello che riesce a vincere sui mercati. Anche in quello più avanzato si sono avuti risultati a volte a due cifre. E’ così infatti per il farmaceutico dove spicca il polo laziale di Pomezia, sede di molte multinazionali, che ha avuto performance straordinarie in Giappone e Belgio, ma anche per i distretti aeronautici di Roma e Varese. La crescita non si è sparsa in egual misura su tutti i 143 distretti, anche se i 90 che sono andati bene hanno più che compensato con i loro risultati i 53 che continuano a registrare risultati negativi sull’export. Purtroppo, nel complesso, le vendite all’estero non bastano a colmare il vuoto del mercato interno e la riduzione di aziende e di capacità produttiva vissuta in questi anni: fino ad agosto nelle aree distrettuali la cassa integrazione ha continuato a salire (quasi il 2%) alimentata soprattutto dalle ore richieste per la Cassa Straordinaria, segno che c’è un ribollire di ristrutturazioni, riconversioni, ma anche di fallimenti. Eppure in questo momento di difficoltà le perfomance sull’estero, il confronto con i risultati ottenuti da concorrenti agguerriti come francesi e tedeschi, o anche il paragone con il complesso dell’industria manifatturiera italiana, sembrano essere il segno che la formula funziona e che comunque un cambiamento c’è stato in questi anni. Non sono più i tempi dei distretti fatti per lo più di nugoli di sole piccole imprese. Sono nate aziende medie leader, che hanno investito all’estero, sanno proteggere le loro produzioni e hanno imparato la lezione del marketing aggressivo. Molte delle filiere produttive si sono riorganizzate, oltrepassando i confini di casa per cercare nuovi mercati di sbocco. E, viceversa, molte zone distrettuali oggi costituiscono un punto di attrazione e di insediamento per le multinazionali: «Nel tempo dice Fabrizio Guelpa capo del servizio Industry dell’Ufficio studi di Intesa SanPaolo - si sono accumulati progressi in termini di innovazione e internazionalizzazione di cui ora si raccolgono i frutti in termini di competitività. Brevetti, marchi, investimenti all’estero sono la ragione che sta dietro alla crescita e alle performances di oggi». La formula distrettuale, comunque, sembra reggere con le sue caratteristiche prevalenti. Se l’epoca del “piccolo è bello” è finita, quella del “grande è sempre più competitivo” sembra ancora di là da venire. «Stiamo cominciando a guardare i dati del censimento in un confronto tra il 2001 e il 2011 per cercare di capire come è cambiato il manifatturiero: siamo a uno stadio preliminare ma non ci sembra ci siano state grandi rivoluzioni nella struttura dimensionale. Al contrario, nello stesso periodo in Francia e Germania le imprese più grandi hanno guadagnato di peso. Il divario con gli altri principali partner europei si sta quindi allargando», dice ancora Guelpa. Del resto dai dati dell’export sui mercati esteri si capisce che gran parte del mondo distrettuale si è ormai abituato a considerare i Paesi extraeuropei sia come mercato sia in una più generale ottica produttiva, per cercare di sopravvivere al rallentamento di casa nostra. Le esportazioni sui nuovi mercati hanno infatti continuato a crescere nonostante le battute d’arresto in Brasile, India, Egitto e Russia e hanno sorpassato i livelli del 2009. In Brasile soffre la filiera metalmeccanica, vanno invece a ruba gli occhiali prodotti nel bellunese. In Cina e a Hong Kong dopo il rallentamento del 2012 sono tornati a vendere le loro macchine le imprese del distretto degli imballaggi di Bologna, quelle della metalmeccanica di Lecco, e gli industriali di Bergamo con le loro macchine tessili e per le materie plastiche. Il mercato americano si è rivelato una vera e propria salvezza per la più parte dei distretti che hanno registrato una crescita di lungo corso (da più di 13 mesi consecutivi le vendite sono in aumento) e, in alcuni casi, eccezionali. Se dunque la timida ripresa europea proseguirà tirando, come già ha fatto a partire dall’estate, le esportazioni in Germania, sbocco tradizionale dei nostri distretti, e negli altri Paesi europei (in Inghilterra alimentare e moda-scarpe hanno fatto aumentare l’export di quasi il 7%) si creerà un ponte verso il 2014 quando si spera che anche l’Italia torni a crescere. (Fine - le puntate precedenti sono state pubblicate il 9 e il 16 settembre) Nel grafico qui a destra, l’export dei distretti italiani a confronto con quello dei corrispettivi settori industriali in Germania
26/09/2013, 08:20
26/09/2013, 08:36
Atlanticus81 ha scritto:
Alla faccia di tutti quelli che pensano che una Germania forte faccia bene all'Italia!
[}:)]
La verità è che l'economia del nostro paese è bloccata da 20 anni a causa di politici corrotti, inani e servi di un'oligarchia lontanissima dagli interessi socio-economici dei paesi e dei loro cittadini e della loro politica neoliberista che tanti disastri sta portando ai cittadini europei.
Cos'altro serve per capirlo?!!?
26/09/2013, 10:38
26/09/2013, 12:02
rmnd ha scritto:
Allora di chi è la colpa se non dell'Italia che non ha voluto trarre vantaggio da questa opportunità?
11/11/2013, 18:45
11/11/2013, 20:20
11/11/2013, 21:05
01/12/2013, 12:07
01/12/2013, 16:11
15/01/2014, 16:03
La locomotiva Germania rallenta ancora la corsa
(Teleborsa) - Era stata il pilastro dell'Eurozona durante la grave crisi del debito degli scorsi anni. Ora, la locomotiva tedesca sembra aver perso velocità anche se, assicurano gli economisti, la scalata di marce sarà solo temporeanea.
La conferma della piccola impasse della Germania è arrivata stamane da Destatis. L'Ufficio di statistica federale ha confermato, per il 2013, un PIL in crescita dello 0,4%. Si tratta di un valore inferiore a quello registrati nel 2012 (+0,7%) e nel 2011 (+3,3%) e leggermente al di sotto delle stime degli analisti, che erano per un +0,5%.
A mettere un freno all'economia tedesca è stata soprattutto la crisi in Eurozona, ha spiegato in conferenza stampa il Presidente di Destatis, Roderich Egeler. "Ovviamente, la Germania ha accusato la recessione di alcuni partner europei, oltre che il rallentamento dell'economia globale", ha affermato, aggiungendo che la domanda interna non è stata in grado di compensare pienamente il calo di quella estera.
Ad ogni modo, assicura l'economista, la situazione migliorerà nel corso del 2013.
Più di un mese fa la Bundesbank ha migliorato le proprie stime sul PIL per l'anno da poco iniziato all'1,7%, stesso valore predetto poco prima da Berlino.
15/01/2014, 17:42
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