15/02/2014, 19:37
18/02/2014, 14:53
05/04/2014, 00:55
Effetti collaterali del modello tedesco
Il lato oscuro di Merkelandia
In Germania cresce il Pil ma anche i lavoratori poveri, le disuguaglianza e le mense per indigenti
La Germania è il Paese con il tasso di disoccupazione più basso in Europa. Nel gennaio 2014 era pari al 5%. Il dato medio nell’Ue a 28, nello stesso mese, era pari al 10,8%. Il Paese con il dato peggiore è la Spagna che fa 25,8% (Dati Eurostat). Ieri si diceva «Germania malata d’Europa». Oggi Berlino è per tutti l’unico sano nella malata Europa. Merito della guarigione il pacchetto di riforme introdotto dal cancelliere Gerhard Shroeder quando, nel 2005, Berlino raggiunse il picco del 12,5% di disoccupazione. Eccola qui. È questa la storia che ci è stata ripetuta come un mantra negli anni della crisi. Eccola la ricetta da seguire per rilanciare le economie di Paesi in crisi, compreso il “sistema Italia”.
Ma dietro un mercato del lavoro che appare florido, e un’economia in crescita, si cela «il lato oscuro del benessere tedesco». Quello che la giornalista Patricia Szarvas racconta nel suo recente Ricca Germania, poveri tedeschi (Università Bocconi Editore). Lavoratori in coda alle mense dei poveri, mamme sole che vivono grazie ai sussidi statali. Tedeschi che per arrivare a fine mese fanno doppi lavori, entrambi a bassa retribuzione.
È nell’alto tasso di rischio di povertà e in quel 22,8% di lavoratori a basso salario che prorompe il lato nero della patria di Merkel. Ve lo raccontiamo con questa infografica:
La Germania positiva
Il lato negativo del benessere
«Ogni settimana aumenta il numero di persone che non riescono ad arrivare a fine mese. Vengono pensionati e disoccupati, ma anche persone che lavorano e che hanno entrate regolari», dice un responsabile di una mensa per i poveri di Francoforte intervistato dalla Svarzas. Il numero delle mense per poveri è passato dai 35 del 1995 ai 900 del 2014. Sono 1,5 milioni i tedeschi che hanno bisogno di un pasto caldo al giorno. Il doppio di quanti se ne contavano solo cinque anni fa. Immigrati, dirà qualcuno, quelli arrivati in massa negli ultimi anni a Berlino, Francoforte, Amburgo. Ma non è così. Sono tedeschi, tedeschi di nascita.
Sono parte di quella fascia di lavoratori a basso salario che è andata crescendo negli ultimi anni, fino a divenire «una delle più vaste a livello mondiale tra i Paesi industrializzati» che coinvolge, secondo una ricerca dei sindacati tedeschi Dgb, il 22,8% dei lavoratori, contro, ad esempio, l’8,8% della Francia. Una fascia cresciuta proprio sulla scia del pacchetto Agenda 2010. Oggi il tasso di povertà tedesco è pari al 16%, un punto percentuale in meno rispetto alla media Ue a 27, pur essendo la Germania il Paese più forte economicamente del gruppo.
Nella prefazione al libro, Hans-Werner Sinn, Presidente dell’Istituto di ricerca congiunturale Ifo, offre la versione ottimista dell’Agenda 2010. «Si tratta - scrive - di riforme che prevedono sostanzialmente la lenta sostituzione del sussidio di disoccupazione e il passaggio della disoccupazione di lunga durata all’assistenza sociale, nonché un’integrazione salariale, l’Arbeitslosengeld II, per quanti percepiscono un salario basso. (...) Quello che è accaduto è che accettando un lavoro le persone miglioravano la loro condizione rispetto al mero livello garantito dall’assistenza sociale. Obiettivo dell’Agenda 2010 era ridurre il salario minimo implicito derivante dalle prestazioni previste dal sistema sociale. Così facendo sarebbe aumentato il numero di posti di lavoro senza riduzione dei redditi. Come a dire: “Meno soldi per chi sta a casa - più soldi per chi lavora”. Con questo abbassamento, lo stato sociale smette di essere più allettante del lavoro e diminuiscono anche le aspettative salariali. Solo i non addetti ai lavori commentano che, riducendo i salari, le imprese speculano sui sussidi - poiché questa era esattamente la condizione indispensabile affinché la riforma avesse effetto».
Szarvas misura gli effetti di quelle scelte a cinque anni di distanza. In questa infografica abbiamo riassunto lo scenario così come lei lo ha ricostruito. Per mostrare come - per dirla a parole sue - «parte della gloria per essere riusciti a trasformare il mercato del lavoro tedesco da uno dei peggiori d’Europa a uno dei più floridi è da ascrivere alla creazione – per non dire esplosione – delle basse retribuzioni. Perché, è bene sottolinearlo ancora una volta, anche un lavoro che non dà a sufficienza da vivere viene comunque considerato un nuovo posto di lavoro dalle statistiche».
Resta un ultimo importante punto. La selva di contratti atipici introdotti da Agenda 2010 ha fatto della Germania un Paese meno uguale. La ricchezza creata tra 2005 e 2014 non si è distribuita equamente e non ha contribuito a migliorare la disuguaglianza già presente ai tempi di Schroeder. L’indice di Gini, l’indicatore che misura la disuguaglianza nell distribuzione di ricchezza di un Paese, è cresciuto negli ultimi 10 anni. E se nel 2013 il 10% più ricco della popolazione tedesca deteneva più del 53% della ricchezza totale, nel 2000, il 10% più ricco deteneva il 45% della ricchezza totale.
Il punto ora è quello di trovare una soluzione che corregga gli effetti collaterali dell’Agenda 2010, pagati da quel 22,8% di lavoratori a basso reddito - circa 19 milioni di tedeschi - completamente esclusi dalla ricchezza e dai numeri mirabolanti creati dal Paese in questi anni, pur essendone gli artefici. E già ci si chiede se l’introduzione del salario minimo a 8,50 euro l’ora possa davvero risolvere le cose, visto che la soglia che definisce un lavoro “a bassa retribuzione” è pari a 9,14 euro/ora. Ma questa è una storia che affronteremo nella prossima puntata.
21/07/2014, 17:11
Germania, per la Bundesbank l'economia rallenta
Nel rapporto mensile della Banca centrale tedesca i dati registrano segni di stagnazione negli ultimi mesi a causa del rallenamento del settore industriale, condizionato dal clima di incertezza sul piano geopolitico ed economico
Per il secondo trimestre 2014 Bundesbank prevede una fase di stagnazione per l'economia tedesca, con il Pil che dovrebbe restare sullo stesso livello dei tre mesi precedenti. E' quanto scrive la Banca centrale tedesca nel suo bollettino mensile. Per la Bundesbank in frenata ad aprile e maggio industria e settore edile.
Il settore edile, precisa la Bundesbank, non ha potuto eguagliare gli alti livelli del trimestre precedente, contraddistinto da un inverno particolarmente mite. Infine, spiega il rapporto, ha pesato sull'andamento dell'economia anche la grave fase di incertezza internazionale, legata alla crisi ucraina e in Medioriente. Ciò si mostra nella flessione della domanda di semi-lavorati. Il positivo sviluppo del settore dei servizi, tuttavia, secondo Bundesbank, avrebbe evitato un calo del Pil.
"L'industria è scesa di una marcia", si legge nel documento, "a causa anche del calendario, con le ripercussioni negative dei 'ponti' provocati da alcune festività che hanno ridotto la settimana lavorativa. Considerando che il settore dei servizi si è probabilmente espanso ulteriormente, nel secondo trimestre il Pil potrebbe essere rimasto allo stesso livello del primo", prosegue la Bundesbank.
Una conferma degli ultimi segnali di debolezza arrivati dalla prima economia europea. La settimana scorsa l'indice Zew sulle aspettative economiche in Germania è scivolato ai minimi da fine 2012 a quota 27,1 punti, registrando la settima flessione consecutiva in scia alla riduzione dell'attività economica, con le vendite al dettaglio e la produzione industriale in diminuzione. Nel primo trimestre dell'anno il Pil della Germania aveva evidenziato un balzo dello 0,8%. Il mese scorso la Bundesbank aveva rivisto al rialzo la sua previsione di crescita per la Germania per l'intero 2014. Secondo le nuove proiezioni l'economia tedesca crescerà dell'1,9% quest'anno, contro il +1,7% stimato in precedenza. Per il 2015 la Bundesbank prevede una espansione del 2% e per il 2016 un +1,8%.
13/08/2014, 16:56
Crescita: attenzione, anche la Germania rallenta
L’economia tedesca rallenta. Domani saranno rese pubbliche le stime sull’andamento del Pil della Germania nel secondo trimestre dell’anno in corso e tutti si attendono un dato negativo. Qualcuno addirittura tema che quest’anno il tasso di crescita tedesco possa azzerarsi, fino a poco tempo fa si parlava di una crescita pari al 2 per cento per il 2014.
In realtà ci sono vari dati positivi per l’economia tedesca. Da alcuni anni l’occupazione cresce e il tasso di disoccupazione è sceso al 5 per cento, un tasso insomma molto basso. La competitività dei prodotti tedeschi cresce da anni. Il bilancio pubblico è in sostanziale pareggio e il debito pubblico è all’80 per cento del Pil, molto meno del 134 per cento dell’Italia.
Nel 2013 la Germania ha accumulato un avanzo di bilancio corrente pari al 7,5 per cento del Pil, si tratta di un record storico e di un record mondiale: nessun altro paese al mondo ha un avanzo così grande in proporzione al Pil, neanche la Cina.
Un avanzo commerciale tuttavia si associa sempre a un eccesso di risparmio interno e a un basso livello di investimenti, questa è una identità contabile. Infatti, in Germania gli investimenti in rapporto al Pil sono scesi dal 21,5 per cento nel 2000 al 17,2 nel 2013. In generale, la domanda interna tedesca cresce poco e questo si ripercuote su tutta l’Area dell’euro, di cui la Germania rappresenta il 30 per cento.
La Germania ha fatto molte riforme coraggiose a cominciare da quella del mercato del lavoro che sta dando ottimi frutti. Ma ha impostato la crescita secondo una strategia di “Beggar-thy-neighbour” (politica del rubamazzo): perseguire un avanzo commerciale così ingente significa arricchirsi ai danni degli altri paesi vicini.
Si vendono molti prodotti negli altri mercati, si tiene bassa la domanda interna e si importano, quindi, pochi prodotti dai paesi partner.
Non solo. Ma le imprese tedesche in questi anni hanno beneficiato molto del fatto che la moneta unica impedisse ad altri paesi europei di svalutare (Italia in primis) e che il cambio dell’euro nei confronti delle altre valute fosse più basso di quello che sarebbe stato il cambio del marco tedesco. Il tasso di cambio dell’euro è fissato dal mercato ma è chiaro che sia una sorta di media tra le condizioni tedesche e quelle degli altri paesi dell’Area dell’euro. Visto l’avanzo commerciale della Germania, se oggi ci fosse il marco questo si rafforzerebbe moltissimo nei confronti delle altre valute e renderebbe molto più difficile esportare Bmw, prodotti chimici, macchine Leica, etc.
Questa strategia di crescita “export led” che è sensata per un paese piccolo è dannosa se a seguirla è il principale paese dell’Area dell’euro. La Germania cresce ma cresce anche a danno degli altri partner e in secondo luogo si espone molto all’andamento della domanda mondiale.
Così in una situazione di generale rallentamento delle crescita in gran parte delle regioni mondiali; in una fase di grande incertezza legata ai conflitti in Ucraina e in Medio Oriente e in presenza di cambiamenti nelle strategie della Cina che sta seguendo politiche non più di crescita ad ogni costo ma di “crescita di qualità” la Germania fatica a vendere i suoi prodotti, soprattutto i beni capitali e i mezzi di trasporto. Rallenta il mondo, rallenta la Germania, rallenta l’Area dell’euro.
L’Area dell’Euro in realtà potrebbe puntare su una crescita autonoma, auto-propulsiva, come fanno gli Stati Uniti che infatti non hanno surplus di bilancia corrente e non puntano sull’export.
Questo è il punto. Va cambiato il modello di crescita dell’Area dell’euro.
Alla Merkel non va chiesto di chiudere un occhio sullo sforamento italiano del 3 per cento, ma va chiesta una nuova politica economica domestica. La Germania deve assumersi la responsabilità che le compete di “locomotiva” europea e per farlo deve far crescere la propria domanda interna. Per riassumere:
1. I salari tedeschi devono crescere di più, e questo spiega perché il Capo economista della Bundesbank, Jens Ulbrich, abbia chiesto alle parti sociali in Germania di puntare su aumenti salariali del 3 per cento (e abbia fatto arrabbiare molti imprenditori tedeschi), Ulbrich è consapevole che bisogna rilanciare la domanda interna;
2. Devono crescere gli investimenti tedeschi. Quelli pubblici ad esempio. La Germania dovrebbe aumentare i propri investimenti in infrastrutture. E in capitale umano. La recente indagine Ocse su livelli di competenze degli adulti in età da lavoro mostra che gli adulti tedeschi sono appena sopra la media europea per la “numeracy” (competenze matematiche) ma sotto la media europea per la literacy (competenze linguistiche), quindi risultati molto deludenti per una delle economie leader del mondo.
3. La Bce deve avere più coraggio. Serve una politica di alleggerimento monetario (quantitative easing) come quella che stanno adottando la Fed, la Bank of England e la Bank of Japan.
4. Il vero rischio all’orizzonte è che il rallentamento tedesco si traduca in una nuova recessione europea e questo provochi davvero una deflazione, visto che i prezzi in Europa non crescono (tasso di inflazione allo 0,4/0,5 per cento su base annua)! una deflazione ora sarebbe davvero la catastrofe soprattutto perché renderebbe molto costoso e drammatico la riduzione del debito per i paesi come l’Italia.
14/08/2014, 17:24
14/08/2014, 19:22
14/08/2014, 20:35
greenwarrior ha scritto:
Questi ci stanno spennando.
15/08/2014, 03:32
24/08/2014, 18:50
ubatuba ha scritto:
Economia tedesca -0,2%. Mercati depressi.
28/08/2014, 18:41
28/08/2014, 19:49
29/08/2014, 17:08
Germania, crollano vendite al dettaglio. A luglio -1,4%
I dati dell'istituto di statistica. Frenata rispetto al mese precedente contro il +0,1% che ci si aspettava. Rispetto al 2013 la crescita è stata dello 0,7%.
Le vendite al dettaglio in Germania sono diminuite dell'1,4% destagionalizzato a luglio mentre su base annua hanno evidenziato un aumento dello 0,7%. I dati sono stati pubblicati dall'ufficio di statica federale. A giugno le vendite al dettaglio avevano registrato un aumento dell'1,3% su base mensile.
Il nuovo segnale negativo per l'economia tedesca arriva dopo le incertezze legate alle crisi internazionali che iniziano a pesare anche sull'inclinazione al consumo in Germania: ad agosto, per la prima volta da oltre un anno e mezzo, l'indice GfK che misura la disposizione agli acquisti ha registrato un calo, passando da 8,9 a 8,6 punti. L'escalation della situazione in Iraq, nell'est dell'Ucraina, la complicata tregua tra Israele e Hamas e le sanzioni alla Russia pesano sui consumi tedeschi, ha commentato l'istituto di ricerca economica di Norimberga. A calare soprattutto è stata l'aspettativa in uno sviluppo positivo dell'economia nazionale, mentre diminuiscono solo leggermente le attese sugli stipendi e gli acquisti.
L''istituto economico tedesco Diw non esclude che la Germania potrebbe scivolare in recessione considerata l'attuale stagnazione della produzione e il calo del pil registrato nel secondo trimestre (-0,2%). ''Il pericolo di una recessione è assolutamente da prendere su serio'', ha detto il responsabile degli studi congiunturali di Diw, Ferdinand Fichtner, aggiungendo poi che ''le aspettative delle imprese notevolmente offuscate, come anche i numeri delle commesse, fanno attendere deboli investimenti''. Secondo Fichtner al momento diversi fattori che pesano sull'economia tedesca. ''La congiuntura mondiale perde slancio, lo sviluppo è fragile in molti Paesi, tra cui Italia e Francia'', sottolineano gli esperti di Diw. Inoltre la crisi tra Russia e Ucraina e i numerosi conflitti in Medio Oriente hanno un effetto negativo sugli investimenti. ''Complessivamente queste situazioni provocheranno una sensibile depressione nell'export e negli investimenti per il settore degli armamenti nel semestre estivo'', si legge. Notizie positive continuano invece ad arrivare dal mercato del lavoro. Gli stipendi in aumento dovrebbero inoltre avere effetti anche sul consumo privato. Per queste ragioni l'economia tedesca riprenderà a crescere nel corso dell'anno, prevede l'istituto.
29/08/2014, 19:51
05/09/2014, 01:26
Amazon come Foxconn in Germania. Stanze iperaffollate, lavoratori stranieri sfruttati
Non c'è solo la Cina di Foxconn, dove le condizioni dei lavoratori che producono buona parte della componentistica per la Apple sono molto lontane dagli standard occidentali. C'è anche la civile ed evoluta Germania, fulcro e motore dell'Europa unita, dove i dipendenti di un'altra multinazionale vivono in situazioni analoghe a quelle dei colleghi cinesi che producono iPhone.
Ci troviamo a Bad-Hersfeld, nell'Assia, stato centro-occidentale della Germania. E' qui, su una collina, che sorge un immenso capannone grigo. E' uno dei centri operativi di Amazon. Il colosso del commercio on line che in Germania riesce a fatturare circa 9 miliardi di dollari l'anno. Ed è riuscito a fare suo il 20% dell'intero commercio virtuale. Numeri da leader. Ma da qualche ora sono le condizioni in cui vivono i dipendenti a far discutere l'intero Paese.
Tutto è iniziato con un reportage trasmesso dalla Ard, la prima rete pubblica tedesca. Un servizio sconvolgente (ancora raggiungibile on line) che ha messo a nudo le condizioni di vita di chi lavora nel centro Amazon di Bad-Hersfeld. Un posto dove nel periodo natalizio l'organico viene irrobustito fino a cinquemila dipendenti.
L'illusione contrattuale
Lavoratori attratti dall'illusione di un posto sicuro, che arrivano da mezza Europa. Soprattutto dalla Spagna, dove la disoccupazione è dilagante. Poi, però, vengono veicolati attraverso un'agenzia interinale molto discussa, che impone condizioni nettamente diverse dalle attese. Come raccontato nel reportage trasmesso dalla Ard, i contratti che vengono fatti sottoscrivere «non riconoscono il versamento di contributi sociali e, soprattutto, prevedono una decurtazione del salario del 12% rispetto a quanto promesso in origine. In quasi tutti i casi i lavoratori, ancora a digiuno di tedesco, non capiscono neppure quel che firmano, visto tutte le carte sono compilate in lingua locale». I diritti rimangono un sogno.
In sei in una stanza
E non c'è solo il lato contrattuale a far discutere. I dipendenti che lavorano a Bad-Hersfeld si trovano a dormire in miniappartamenti, assiepati come bestie. Anche sei in una stanzetta. C'è un servizio di vigilanza full time che non gli lascia respiro. Li trasportano al lavoro stipati in autobus zeppi, mentre il sole è ancora basso. «Prima dell'inizio dei turni e alla fine – raccontano nel reportage televisivo - i lavoratori sono costretti ad attendere per ore l'arrivo degli autobus sovraffollati per raggiungere il centro di Amazon o gli alloggi cui sono stati destinati». E in azienda il cibo è sconfortante: scorte stipate in cantina. Scatolame.
I legami con l'estrema destra
Ad occuparsi di questi lavoratori c'è un'agenzia interinale molto discussa. Il sospetto di una vicinanza al mondo dell'estrema destra e ai nuclei neonazisti è pesante. Basta guardare l'abbigliamento di alcuni addetti alla security. Lo raccontano i due giornalisti tedeschi, Diana Löbl e Peter Onneken, che hanno realizzato il reportage: «Alcuni dipendenti dell'agenzia indossavano pullover Thor Steinar, una marca proibita in molti stadi di calcio, università e parlamento, perché in passato è stata un simbolo dell'estetica neo-nazista». Come se non bastasse una delle società a cui è affidata la sicurezza nello stabilimento veste i propri dipendenti con casacche con scritto sopra H.e.s.s. come Hensel European Security Services, ma anche come Rudolf Hess, vice di Hiteler ai tempi della Germania nazista.
Nel Paese da due giorni non si parla d'altro. I quotidiani più prestigiosi hanno aperto la discussione. Ci si interroga sui motivi. Le storie dei lavoratori stagionali cinesi non sembrano più così lontane. Cosa succede al Vecchio continente?