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15/02/2014, 19:37

A me fa letteralmente schifo stare in questa UE... e a voi?

Debito e banche pubbliche: i trucchi contabili della Germania

La Germania sta barando: ci impone lo spietato regime di austerity e il taglio della spesa pubblica, mentre – sottobanco – usa nientemeno che il proprio debito pubblico (quello che ci impedisce di utilizzare) per lucrare sulla nostra crisi, aggravandola e pilotandola attraverso il mercato finanziario dei titoli di Stato. Lo afferma Pietro Cambi attraverso “Crisis”, il blog di Debora Billi. La “virtuosa” Germania, sostiene Cambi, ricorre proprio alla vituperata finanza pubblica per ricattare l’Italia e gli altri “Piigs”, grazie ad un semplice artificio bancario: se lo adottasse anche l’Italia, potrebbe abbattere di colpo gli interessi sul debito e tagliare lo spread dell’80%. Basterebbe tornare alla sovranità monetaria, sottraendosi alla tagliola dell’euro? Berlino, sostiene Cambi, lo sta già facendo: alla faccia delle pretese privatizzazioni, che a noi vengono imposte, è tuttora largamente pubblico il capitale delle maggiori banche tedesche.

Berlino, racconta Cambi, ha sistematicamente aggirato l’articolo principale del regolamento europeo che vieta alle banche centrali di concedere liquidità agevolata ai propri Stati, passando direttamente alla clausola – perfettamente legale – che invece concede questa facoltà decisiva agli “enti creditizi di proprietà pubblica”. In regime pre-euro, la funzione di “prestatore di ultima istanza” era prerogativa di Bankitalia: anche oggi, se fosse autorizzata, la banca centrale potrebbe infatti approvvigionarsi presso la Bce di liquidità ad un tasso privilegiato, come tutti gli istituti bancari europei, dello 0,75%: così, Bankitalia potrebbe «comprare i titoli di Stato italiani immessi sul mercato» e «spegnere immediatamente la febbre da spread». In concreto: gli interessi su Bot e Btp lo Stato li pagherebbe a se stesso, perché «sarebbe debitore di una banca di cui è il proprietario». Quindi quei soldi «tornerebbero allo Stato o, cosa equivalente, andrebbero a ricostituire le riserve della banca stessa, che così potrebbe meglio adempiere alle proprie funzioni e, alla fine, fare da sé», ovvero «comprare i titoli Btp senza più chiedere soldi alla Bce».

In pratica, aggiunge Cambi, si recupererebbe la famosa sovranità monetaria che permetteva alla Banca d’Italia di stampare lire, ove necessario, per acquistare i titoli di Stato rimasti invenduti e così tener bassi i tassi d’interesse. Mission impossibile: lo vieta il regolamento europeo che mette fuori gioco le banche centrali. Ma attenzione: non gli “enti creditizi di proprietà pubblica” che, «nel contesto dell’offerta di liquidità da parte delle banche centrali, devono ricevere dalle banche centrali nazionali e dalla Banca Centrale Europea lo stesso trattamento degli enti creditizi privati», ovvero la sospirata “liquidità agevolata” della Bce. Chiaro, no? Persino imbarazzante, dice Cambi: dunque, in teoria, “si può fare”. Tant’è vero che la Germania lo sta già facendo. All’Italia basterebbe nazionalizzare una banca, magari in cattive acque come il Monte dei Paschi di Siena, usandola come veicolo – attraverso l’acquisizione facilitata di euro – per sostenere i titoli di Stato e abbattere lo spread.
In Germania, spiega Cambi, oltre la metà del sistema bancario è in mani pubbliche. Eesempio: la Commerzbank, secondo istituto tedesco, ha lo Stato come azionista di maggioranza. E «siccome, tramite le proprie banche investe (e massicciamente) nei nostri Btp, lo Stato tedesco, come azionista di maggioranza, lucra sulle nostre sfighe e sul nostro spread: gli basta non comprare i nostri bond, ed ecco che lo spread si innalza». In poche parole, il governo di Berlino «esercita un controllo diretto impressionante sulla nostra politica interna», con manovre finanziarie da centinaia di miliardi. Lo Stato tedesco «è l’azionista di maggioranza di centinaia di istituti bancari di diritto privato ma a capitale quasi totalmente pubblico, che accedono alla Bce allo 0,75%». Quindi Berlino «compra massicciamente titoli tedeschi, tenendo giù i loro tassi di interesse».

Altro esempio, la Kfw (Kreditanstalt fuer Wiederaufbau), istituto nato nel dopoguerra per gestire i fondi del Piano Marshall: è posseduta all’80% dalla Repubblica Federale Tedesca e al 20% dai Lander. In pratica, è al 100% pubblica, «come altre centinaia di banche tedesche» che, «con la scusa del project financing», finanziano un sacco di enti, iniziative e attività pubbliche e private, al posto dello Stato, «tenendo su a forza l’economia del paese». Formalmente, sono istituti di diritto privato, e quindi i loro finanziamenti – frutto del capitale pubblico e decisivi per l’economia tedesca – non vanno ad aumentare il debito pubblico della Germania. E come fa, Berlino, ad approvigionarsi di euro? «Comprando decine di miliardi di euro di Bund, con gli euro presi in prestito dalla Bce allo 0,75% e, ovviamente con gli interessi sui prestiti a privati». Per approvvigionarsi sul mercato allo scopo di finanziare queste attività, il governo tedesco «ha emesso nel tempo una quantità enorme di obbligazioni: insomma, ha fatto debiti per 430 miliardi di euro».

Al contrario della nostra analoga Cassa Depositi e Prestiti, le cui passività (obbligazioni postali) contribuiscono al cumulo del debito pubblico italiano per quasi il 20% del nostro Pil, le passività germaniche della Kfw, pari quasi 500 miliardi di euro, rappresentano il 17% del Pil tedesco. Ma – e qui sta il “trucco” – non sono state contabilizzate nel bilancio statale, e quindi non vanno ad aumentare, come invece dovrebbero, il “virtuoso” debito pubblico tedesco. Il tutto, aggiunge Cambi, è regolarmente permesso dalla Comunità Europea attraverso l’Esa-95, il manuale contabile che detta le regole per il calcolo dei debiti pubblici. Bruxelles «esclude dal computo le società pubbliche che si finanziano con pubbliche garanzie ma che coprono il 50,1% dei propri costi con ricavi di mercato e non con versamenti pubblici, tasse e contributi». Ovvero: fino a che un eventuale deficit o comunque i costi di funzionamento sono coperti almeno per il 50,1% dai ricavi, il deficit e le altre passività dell’istituto non vengono computati nel bilancio dello Stato. Come ha scritto il “Corriere della Sera”, la serietà di un tale principio è paragonabile alla considerazione del rischio da parte dei contabili che hanno favorito il crac della Lehman Brothers.

«Con un trucco meramente contabile, che in casi analoghi oltreoceano ha portato a condanne per bancarotta fraudolenta, la Germania ha cancellato o, se preferite, “occultato” oltre il 17% del suo debito pubblico», dichiara Cambi. «Eliminato questo trucco contabile, il debito pubblico tedesco farebbe un balzo del 20% in in colpo solo, dall’80% al 97%». Ed è solo la punta dell’iceberg di un tipo di “contabilità creativa” «probabilmente più spudorata di quella che è stata imputata alla famigeratissima e disgraziatissima Grecia, che peraltro aveva truccato i conti di un ben più modesto 10%». In effetti, aggiunge Cambi, i debiti degli istituti tedeschi nei confronti della Bce ammontano a qualcosa come 750 miliardi di euro – e di questi, almeno la metà sono da riferire a banche di proprietà pubblica. E il bello è che la Germania non è il solo paese a fare questo genere di trucchetti: «Anche in Francia, Hollande (tanto per cambiare) ha appena istituito un ente simile, la Bpi, con compiti simili e una quarantina di miliardi di dote».

E allora perché Monti e colleghi non hanno pensato, a loro volta, a una soluzione del genere? Ovvero: perché mai, «pur essendo ben a conoscenza di questi immensi trucchi contabili», i “salvatori” dell’Italia «non hanno denunciato la Germania e le sue velleità paneuropee di fronte al mondo?». E’ proprio lì che Monti non voleva arrivare: «Non volendo nazionalizzare una banca per meri motivi di contabilità nazionale, perché così facendo si renderebbero troppo evidenti i giochini altrui, si preferisce trovarsi una buona scusa, come ad esempio l’evidente rischio di insolvenza dell’istituto medesimo, per essere “costretti” a nazionalizzarlo», come appunto il Montepaschi. Tutto questo, aggiunge Cambi, poteva semplicemente non-succedere, se solo non avessimo privatizzato, in nome del liberismo, la maggior parte dei nostri istituti bancari e di conseguenza la Banca d’Italia. Quanto alla mancata denuncia dei trucchi tedeschi, basta ascoltare Monti: solo «una crisi tremenda» avrebbe consentito di tagliare in modo selvaggio la spesa pubblica e procedere alla «privatizzazione e liberalizzazione forzosa dell’intera società».

Capito a cosa serviva, l’esplosione dello spread? «Una volta deciso che la crisi e le sue devastanti conseguenze erano il prezzo da pagare per plasmare il paese, Grecia o Italia non importa, secondo la dottrina della shock economy, il resto è una logica conseguenza: se non è un movente, ci si avvicina molto». E in Europa lo sanno? «Certo», conclude Cambi: è proprio da lì – dal sistema di potere che si estende da Bruxelles fino a Berlino – che è partita la grande “tosatura” dell’Italia e degli altri “Piigs”. Operazione truccata, insiste Cambi, e atrocemente sleale: proprio chi vieta all’Italia di ricorrere al debito, in realtà fa uso massiccio del proprio debito pubblico per sostenere la propria economia, contro la nostra. Quand’è che la politica italiana se ne comincerà ad occupare?

http://blog.libero.it/lucky340/11965692.html

18/02/2014, 14:53

I prezzi delle abitazioni sarebbero sopravvalutati +25%.
NEW YORK (WSI) - L'avvertimento arriva dalla stessa Banca centrale tedesca, la Bundesbank: i prezzi delle abitazioni tedesche sono sopravvalutati fino a +25% e l'istituto conferma che i timori di una bolla immobiliare, nel paese, sono in crescita.

I prezzi sono saliti in ben 125 città tedesche, scatenati dal boom della domanda, a sua volta alimentato dall'interesse degli investimenti esteri e dai bassi costi di finanziamento per l'acquisto di una abitazione.

In media, i prezzi sono sopravvalutati del 10-20%, e nelle sette principali città le quotazioni degli appartamenti sono balzate +9%.

"I prezzi delle proprietà residenziali sono cresciuti a un ritmo più veloce di quello che i fondamentali economici e demografici suggerirebbero", ha precisato la Bundesbank.

http://www.wallstreetitalia.com/article ... mania.aspx

che sia una locomotiva che comincia a sbuffare???????

05/04/2014, 00:55

Effetti collaterali del modello tedesco
Il lato oscuro di Merkelandia
In Germania cresce il Pil ma anche i lavoratori poveri, le disuguaglianza e le mense per indigenti

La Germania è il Paese con il tasso di disoccupazione più basso in Europa. Nel gennaio 2014 era pari al 5%. Il dato medio nell’Ue a 28, nello stesso mese, era pari al 10,8%. Il Paese con il dato peggiore è la Spagna che fa 25,8% (Dati Eurostat). Ieri si diceva «Germania malata d’Europa». Oggi Berlino è per tutti l’unico sano nella malata Europa. Merito della guarigione il pacchetto di riforme introdotto dal cancelliere Gerhard Shroeder quando, nel 2005, Berlino raggiunse il picco del 12,5% di disoccupazione. Eccola qui. È questa la storia che ci è stata ripetuta come un mantra negli anni della crisi. Eccola la ricetta da seguire per rilanciare le economie di Paesi in crisi, compreso il “sistema Italia”.

Ma dietro un mercato del lavoro che appare florido, e un’economia in crescita, si cela «il lato oscuro del benessere tedesco». Quello che la giornalista Patricia Szarvas racconta nel suo recente Ricca Germania, poveri tedeschi (Università Bocconi Editore). Lavoratori in coda alle mense dei poveri, mamme sole che vivono grazie ai sussidi statali. Tedeschi che per arrivare a fine mese fanno doppi lavori, entrambi a bassa retribuzione.

È nell’alto tasso di rischio di povertà e in quel 22,8% di lavoratori a basso salario che prorompe il lato nero della patria di Merkel. Ve lo raccontiamo con questa infografica:

La Germania positiva

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Il lato negativo del benessere

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«Ogni settimana aumenta il numero di persone che non riescono ad arrivare a fine mese. Vengono pensionati e disoccupati, ma anche persone che lavorano e che hanno entrate regolari», dice un responsabile di una mensa per i poveri di Francoforte intervistato dalla Svarzas. Il numero delle mense per poveri è passato dai 35 del 1995 ai 900 del 2014. Sono 1,5 milioni i tedeschi che hanno bisogno di un pasto caldo al giorno. Il doppio di quanti se ne contavano solo cinque anni fa. Immigrati, dirà qualcuno, quelli arrivati in massa negli ultimi anni a Berlino, Francoforte, Amburgo. Ma non è così. Sono tedeschi, tedeschi di nascita.

Sono parte di quella fascia di lavoratori a basso salario che è andata crescendo negli ultimi anni, fino a divenire «una delle più vaste a livello mondiale tra i Paesi industrializzati» che coinvolge, secondo una ricerca dei sindacati tedeschi Dgb, il 22,8% dei lavoratori, contro, ad esempio, l’8,8% della Francia. Una fascia cresciuta proprio sulla scia del pacchetto Agenda 2010. Oggi il tasso di povertà tedesco è pari al 16%, un punto percentuale in meno rispetto alla media Ue a 27, pur essendo la Germania il Paese più forte economicamente del gruppo.

Nella prefazione al libro, Hans-Werner Sinn, Presidente dell’Istituto di ricerca congiunturale Ifo, offre la versione ottimista dell’Agenda 2010. «Si tratta - scrive - di riforme che prevedono sostanzialmente la lenta sostituzione del sussidio di disoccupazione e il passaggio della disoccupazione di lunga durata all’assistenza sociale, nonché un’integrazione salariale, l’Arbeitslosengeld II, per quanti percepiscono un salario basso. (...) Quello che è accaduto è che accettando un lavoro le persone miglioravano la loro condizione rispetto al mero livello garantito dall’assistenza sociale. Obiettivo dell’Agenda 2010 era ridurre il salario minimo implicito derivante dalle prestazioni previste dal sistema sociale. Così facendo sarebbe aumentato il numero di posti di lavoro senza riduzione dei redditi. Come a dire: “Meno soldi per chi sta a casa - più soldi per chi lavora”. Con questo abbassamento, lo stato sociale smette di essere più allettante del lavoro e diminuiscono anche le aspettative salariali. Solo i non addetti ai lavori commentano che, riducendo i salari, le imprese speculano sui sussidi - poiché questa era esattamente la condizione indispensabile affinché la riforma avesse effetto».

Szarvas misura gli effetti di quelle scelte a cinque anni di distanza. In questa infografica abbiamo riassunto lo scenario così come lei lo ha ricostruito. Per mostrare come - per dirla a parole sue - «parte della gloria per essere riusciti a trasformare il mercato del lavoro tedesco da uno dei peggiori d’Europa a uno dei più floridi è da ascrivere alla creazione – per non dire esplosione – delle basse retribuzioni. Perché, è bene sottolinearlo ancora una volta, anche un lavoro che non dà a sufficienza da vivere viene comunque considerato un nuovo posto di lavoro dalle statistiche».

Resta un ultimo importante punto. La selva di contratti atipici introdotti da Agenda 2010 ha fatto della Germania un Paese meno uguale. La ricchezza creata tra 2005 e 2014 non si è distribuita equamente e non ha contribuito a migliorare la disuguaglianza già presente ai tempi di Schroeder. L’indice di Gini, l’indicatore che misura la disuguaglianza nell distribuzione di ricchezza di un Paese, è cresciuto negli ultimi 10 anni. E se nel 2013 il 10% più ricco della popolazione tedesca deteneva più del 53% della ricchezza totale, nel 2000, il 10% più ricco deteneva il 45% della ricchezza totale.

Il punto ora è quello di trovare una soluzione che corregga gli effetti collaterali dell’Agenda 2010, pagati da quel 22,8% di lavoratori a basso reddito - circa 19 milioni di tedeschi - completamente esclusi dalla ricchezza e dai numeri mirabolanti creati dal Paese in questi anni, pur essendone gli artefici. E già ci si chiede se l’introduzione del salario minimo a 8,50 euro l’ora possa davvero risolvere le cose, visto che la soglia che definisce un lavoro “a bassa retribuzione” è pari a 9,14 euro/ora. Ma questa è una storia che affronteremo nella prossima puntata.



http://www.linkiesta.it/la-germania-povera

21/07/2014, 17:11

Germania, per la Bundesbank l'economia rallenta
Nel rapporto mensile della Banca centrale tedesca i dati registrano segni di stagnazione negli ultimi mesi a causa del rallenamento del settore industriale, condizionato dal clima di incertezza sul piano geopolitico ed economico

Per il secondo trimestre 2014 Bundesbank prevede una fase di stagnazione per l'economia tedesca, con il Pil che dovrebbe restare sullo stesso livello dei tre mesi precedenti. E' quanto scrive la Banca centrale tedesca nel suo bollettino mensile. Per la Bundesbank in frenata ad aprile e maggio industria e settore edile.

Il settore edile, precisa la Bundesbank, non ha potuto eguagliare gli alti livelli del trimestre precedente, contraddistinto da un inverno particolarmente mite. Infine, spiega il rapporto, ha pesato sull'andamento dell'economia anche la grave fase di incertezza internazionale, legata alla crisi ucraina e in Medioriente. Ciò si mostra nella flessione della domanda di semi-lavorati. Il positivo sviluppo del settore dei servizi, tuttavia, secondo Bundesbank, avrebbe evitato un calo del Pil.

"L'industria è scesa di una marcia", si legge nel documento, "a causa anche del calendario, con le ripercussioni negative dei 'ponti' provocati da alcune festività che hanno ridotto la settimana lavorativa. Considerando che il settore dei servizi si è probabilmente espanso ulteriormente, nel secondo trimestre il Pil potrebbe essere rimasto allo stesso livello del primo", prosegue la Bundesbank.

Una conferma degli ultimi segnali di debolezza arrivati dalla prima economia europea. La settimana scorsa l'indice Zew sulle aspettative economiche in Germania è scivolato ai minimi da fine 2012 a quota 27,1 punti, registrando la settima flessione consecutiva in scia alla riduzione dell'attività economica, con le vendite al dettaglio e la produzione industriale in diminuzione. Nel primo trimestre dell'anno il Pil della Germania aveva evidenziato un balzo dello 0,8%. Il mese scorso la Bundesbank aveva rivisto al rialzo la sua previsione di crescita per la Germania per l'intero 2014. Secondo le nuove proiezioni l'economia tedesca crescerà dell'1,9% quest'anno, contro il +1,7% stimato in precedenza. Per il 2015 la Bundesbank prevede una espansione del 2% e per il 2016 un +1,8%.


http://www.rainews.it/dl/rainews/artico ... 98c12.html

13/08/2014, 16:56

Crescita: attenzione, anche la Germania rallenta


L’economia tedesca rallenta. Domani saranno rese pubbliche le stime sull’andamento del Pil della Germania nel secondo trimestre dell’anno in corso e tutti si attendono un dato negativo. Qualcuno addirittura tema che quest’anno il tasso di crescita tedesco possa azzerarsi, fino a poco tempo fa si parlava di una crescita pari al 2 per cento per il 2014.

In realtà ci sono vari dati positivi per l’economia tedesca. Da alcuni anni l’occupazione cresce e il tasso di disoccupazione è sceso al 5 per cento, un tasso insomma molto basso. La competitività dei prodotti tedeschi cresce da anni. Il bilancio pubblico è in sostanziale pareggio e il debito pubblico è all’80 per cento del Pil, molto meno del 134 per cento dell’Italia.

Nel 2013 la Germania ha accumulato un avanzo di bilancio corrente pari al 7,5 per cento del Pil, si tratta di un record storico e di un record mondiale: nessun altro paese al mondo ha un avanzo così grande in proporzione al Pil, neanche la Cina.

Un avanzo commerciale tuttavia si associa sempre a un eccesso di risparmio interno e a un basso livello di investimenti, questa è una identità contabile. Infatti, in Germania gli investimenti in rapporto al Pil sono scesi dal 21,5 per cento nel 2000 al 17,2 nel 2013. In generale, la domanda interna tedesca cresce poco e questo si ripercuote su tutta l’Area dell’euro, di cui la Germania rappresenta il 30 per cento.

La Germania ha fatto molte riforme coraggiose a cominciare da quella del mercato del lavoro che sta dando ottimi frutti. Ma ha impostato la crescita secondo una strategia di “Beggar-thy-neighbour” (politica del rubamazzo): perseguire un avanzo commerciale così ingente significa arricchirsi ai danni degli altri paesi vicini.

Si vendono molti prodotti negli altri mercati, si tiene bassa la domanda interna e si importano, quindi, pochi prodotti dai paesi partner.

Non solo. Ma le imprese tedesche in questi anni hanno beneficiato molto del fatto che la moneta unica impedisse ad altri paesi europei di svalutare (Italia in primis) e che il cambio dell’euro nei confronti delle altre valute fosse più basso di quello che sarebbe stato il cambio del marco tedesco. Il tasso di cambio dell’euro è fissato dal mercato ma è chiaro che sia una sorta di media tra le condizioni tedesche e quelle degli altri paesi dell’Area dell’euro. Visto l’avanzo commerciale della Germania, se oggi ci fosse il marco questo si rafforzerebbe moltissimo nei confronti delle altre valute e renderebbe molto più difficile esportare Bmw, prodotti chimici, macchine Leica, etc.

Questa strategia di crescita “export led” che è sensata per un paese piccolo è dannosa se a seguirla è il principale paese dell’Area dell’euro. La Germania cresce ma cresce anche a danno degli altri partner e in secondo luogo si espone molto all’andamento della domanda mondiale.

Così in una situazione di generale rallentamento delle crescita in gran parte delle regioni mondiali; in una fase di grande incertezza legata ai conflitti in Ucraina e in Medio Oriente e in presenza di cambiamenti nelle strategie della Cina che sta seguendo politiche non più di crescita ad ogni costo ma di “crescita di qualità” la Germania fatica a vendere i suoi prodotti, soprattutto i beni capitali e i mezzi di trasporto. Rallenta il mondo, rallenta la Germania, rallenta l’Area dell’euro.

L’Area dell’Euro in realtà potrebbe puntare su una crescita autonoma, auto-propulsiva, come fanno gli Stati Uniti che infatti non hanno surplus di bilancia corrente e non puntano sull’export.

Questo è il punto. Va cambiato il modello di crescita dell’Area dell’euro.

Alla Merkel non va chiesto di chiudere un occhio sullo sforamento italiano del 3 per cento, ma va chiesta una nuova politica economica domestica. La Germania deve assumersi la responsabilità che le compete di “locomotiva” europea e per farlo deve far crescere la propria domanda interna. Per riassumere:

1. I salari tedeschi devono crescere di più, e questo spiega perché il Capo economista della Bundesbank, Jens Ulbrich, abbia chiesto alle parti sociali in Germania di puntare su aumenti salariali del 3 per cento (e abbia fatto arrabbiare molti imprenditori tedeschi), Ulbrich è consapevole che bisogna rilanciare la domanda interna;

2. Devono crescere gli investimenti tedeschi. Quelli pubblici ad esempio. La Germania dovrebbe aumentare i propri investimenti in infrastrutture. E in capitale umano. La recente indagine Ocse su livelli di competenze degli adulti in età da lavoro mostra che gli adulti tedeschi sono appena sopra la media europea per la “numeracy” (competenze matematiche) ma sotto la media europea per la literacy (competenze linguistiche), quindi risultati molto deludenti per una delle economie leader del mondo.

3. La Bce deve avere più coraggio. Serve una politica di alleggerimento monetario (quantitative easing) come quella che stanno adottando la Fed, la Bank of England e la Bank of Japan.

4. Il vero rischio all’orizzonte è che il rallentamento tedesco si traduca in una nuova recessione europea e questo provochi davvero una deflazione, visto che i prezzi in Europa non crescono (tasso di inflazione allo 0,4/0,5 per cento su base annua)! una deflazione ora sarebbe davvero la catastrofe soprattutto perché renderebbe molto costoso e drammatico la riduzione del debito per i paesi come l’Italia.


http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/08 ... a/1090187/

14/08/2014, 17:24

Francia ristagna. Germania in negativo. Europa non funziona

Poderosa economia tedesca -0,2%. Pil francese immobile e governo in bancarotta politica. Area sull'orlo della recessione.
Pil francese fermo anche nel secondo trimestre, deluse aspettative. Non centrerà obiettivi di bilancio. Economia tedesca -0,2%. Mercati depressi.

PARIGI (WSI) - Saranno mesi difficili per l'Eurozona dopo la contrazione shock della principale economia della regione, scesa dello 0,2% nel secondo trimestre. Il Pil del blocco nel suo complesso è rimasto fermo, con le uniche note positive che sono venute da Portogallo, Austria, Spagna e Olanda.

A pesare sono anche le sanzioni Ue imposte alla Russia che si stanno ritorcendo contro un continente dipendente dalle risorse energetiche provenienti da Est. L'economia in Francia nel frattempo ristagna da due trimestri e il governo ha già ammesso che non riuscirà a centrare gli obiettivi di bilancio nel 2014. L'Eurozona nel suo complesso vedrà un Pil al massimo in crescita dello 0,1% nel secondo trimestre.

Angela Merkel ha rotto l'alleanza strategica ed energetica con la Russia per aggrapparsi al sogno di un'Europa unita che la Germania insegue da tempo immemore, più o meno dalla fine della crisi del Canale di Suez, che ha dimostrato come gli Stati Uniti fossero una forza troppo ricca e potente per poter essere contrastata dai singoli staterelli europei. Pare anche che il cancelliere, in contatto costante con il presidente russo negli ultimi mesi, non abbia sopportato le menzogne di Vladimir Putin.

Ora un'area ancora in piena crisi, che è uscita dalla recessione solo un anno fa, ne sta pagando il prezzo. Come rappresaglia alle sanzioni, Mosca ha vietato l'importazione di prodotti agroalimentari dall'Occidente. Il tutto mentre un convoglio di camion russi, che si presuppone contengano aiuti umanitari, diretto al confine con l'Ucraina potrebbe fare scoppiare una guerra frontale tra i due paesi.

L'economia francese è rimasta ferma nel secondo trimestre dell'anno dopo non essere riuscita a espandersi nel primo, deludendo così le aspettative degli analisti. Il Pil non cresce seriamente da tre anni. Anche per via delle crisi geopolitiche (non solo in Ucraina, ma anche in Iraq e a Gaza) l'economia tedesca, la poderosa locomotiva d'Europa, è scivolata in una leggera recessione nello stesso periodo.

Per poter dichiarare ufficialmente avviata una fase di recessione, il Pil tedesco dovrebbe scendere anche nel terzo trimestre. L'escalation delle tensioni tra Occidente e Mosca rende sempre più probabile tale eventualità.

Le cifre francesi intanto rendono difficile, se non impossibile, il raggiungimento degli obiettivi di bilancio per il 2014. Ad annunciarlo è stato lo stesso capo del Tesoro Michel Sapin: il governo rinuncerà all'obiettivo di non sforare il target del 4% del rapporto tra deficit e Pil concordato con la Commissione Ue. Si tratta di una bancarotta politica che potrebbe riaccendere il focolaio della crisi.

Secondo gli analisti questi dati significano che la crescita per l'anno in corso sarà dello 0,5% e non dell'1% come preventivato dalle autorità. "Ma anche per un +0,5% c'è bisogno di un bel rimbalzo nel terzo e quarto trimestre", ha riferito all'emittente CNBC Philippe Waechter, head of economic research di Natixis Research.



La stagnazione mette ora pressione sul governo del presidente Hollande e anche sulla Banca Centrale Europea. Parigi deve trovare un modo per alimentare la crescita in una zona che è uscita dalla recessione solo l'anno scorso.

Draghi, che ha promesso che l'istituto di Francoforte è pronto a varare misure di allentamento monetario straordinarie qualora se ne presentasse l'occasione, ha ribadito che le riforme strutturali sono la chiave per una svolta nei paesi più in difficoltà del blocco a 18.

"La Francia non è minacciata dall'eventualità di una recessione ancora ma la ripresa resterà molto debole per i prossimi mesi", ha commentato Francois Cabau, economista di Barclays Capital interpellato da Bloomberg. In recessione tecnica è invece sprofondata l'Italia che per due trimestri consecutivi ha subito una flessione del Pil. Al momento due terzi del blocco a 18 si trova in recessione, sull'orlo di una recessione o ha comunque subito una contrazione nel secondo trimestre. Non si può più certo parlare di ripresa in area euro.



È particolarmente brutta la battuta d'arresto dell'economia tedesca. Nel secondo trimestre dell'anno il Pil della Germania accusa una contrazione dello 0,2%. Questa frenata si spiega essenzialmente con il dato "negativo" del commercio estero e con il calo degli investimenti, ha precisato l'Ufficio federale di statistica (Destatis). Anche nel primo trimestre la crescita era stata dello 0,7%, inferiore allo 0,8% inizialmente annunciato.

La locomotiva tedesca è in affanno: nel giro di due mesi i principali indicatori macroeconomici sono drasticamente peggiorati e solo in parte per le tensioni geopolitiche dell'Ucraina. L'economia tedesca rappresenta quasi un terzo del Pil dell'area euro e una battuta d'arresto avrebbe immediati riflessi sugli altri partner della moneta unica.

Anche altri dati diffusi recentemente dimostrano il momento di difficoltà della Germania. In giugno, ad esempio, la produzione industriale tedesca ha registrato una crescita dello 0,3% sul mese precedente, assai inferiore alle stime degli analisti che indicavano un aumento su base mensile dell'1,2%, mentre l'indice Zew, che misura la fiducia della imprese tedesche, ha subito un crollo verticale, attestandosi in agosto a quota 8,6, rispetto al 27,1 registrato a luglio.

Se la Germania è stata colpita dalla situazione critica a livello internazionale, questo non è il caso della Francia, dove il problema è piuttosto la carenza di fiducia e investimenti

http://www.wallstreetitalia.com/article ... ziona.aspx

anvedi che se ne sono accorti che "qualkosa"nel processo europeo non funziona,meglio tardi che mai,forse si comincia ad aprire gli occhi,in quello che la gallinella prodi affermava essere la ns fortuna.....................[;)]

14/08/2014, 19:22

Questi ci stanno spennando.

14/08/2014, 20:35

greenwarrior ha scritto:

Questi ci stanno spennando.


...e noi da brave gallinelle ci lasciamo spennare senza aprire becco......[;)]

15/08/2014, 03:32

Immagine

24/08/2014, 18:50

ubatuba ha scritto:
Economia tedesca -0,2%. Mercati depressi.


Balle.......

Guardate questo agghiacciante video........... [:0]
https://www.facebook.com/photo.php?v=49 ... 73&fref=nf

28/08/2014, 18:41

+ che altro sembra la gran bretagna la locomotiva,il cresce ad un ritmo + alto del 2007(la crescita e' prevista dal 3,1al 3,2 %nel 2014e 2,7/2,8%nel 2015).....,chissa' xke'.......[;)].....

28/08/2014, 19:49

Indovino ... io? [:D] Perché non hanno l'euro!

29/08/2014, 17:08

Germania, crollano vendite al dettaglio. A luglio -1,4%
I dati dell'istituto di statistica. Frenata rispetto al mese precedente contro il +0,1% che ci si aspettava. Rispetto al 2013 la crescita è stata dello 0,7%.

Le vendite al dettaglio in Germania sono diminuite dell'1,4% destagionalizzato a luglio mentre su base annua hanno evidenziato un aumento dello 0,7%. I dati sono stati pubblicati dall'ufficio di statica federale. A giugno le vendite al dettaglio avevano registrato un aumento dell'1,3% su base mensile.

Il nuovo segnale negativo per l'economia tedesca arriva dopo le incertezze legate alle crisi internazionali che iniziano a pesare anche sull'inclinazione al consumo in Germania: ad agosto, per la prima volta da oltre un anno e mezzo, l'indice GfK che misura la disposizione agli acquisti ha registrato un calo, passando da 8,9 a 8,6 punti. L'escalation della situazione in Iraq, nell'est dell'Ucraina, la complicata tregua tra Israele e Hamas e le sanzioni alla Russia pesano sui consumi tedeschi, ha commentato l'istituto di ricerca economica di Norimberga. A calare soprattutto è stata l'aspettativa in uno sviluppo positivo dell'economia nazionale, mentre diminuiscono solo leggermente le attese sugli stipendi e gli acquisti.

L''istituto economico tedesco Diw non esclude che la Germania potrebbe scivolare in recessione considerata l'attuale stagnazione della produzione e il calo del pil registrato nel secondo trimestre (-0,2%). ''Il pericolo di una recessione è assolutamente da prendere su serio'', ha detto il responsabile degli studi congiunturali di Diw, Ferdinand Fichtner, aggiungendo poi che ''le aspettative delle imprese notevolmente offuscate, come anche i numeri delle commesse, fanno attendere deboli investimenti''. Secondo Fichtner al momento diversi fattori che pesano sull'economia tedesca. ''La congiuntura mondiale perde slancio, lo sviluppo è fragile in molti Paesi, tra cui Italia e Francia'', sottolineano gli esperti di Diw. Inoltre la crisi tra Russia e Ucraina e i numerosi conflitti in Medio Oriente hanno un effetto negativo sugli investimenti. ''Complessivamente queste situazioni provocheranno una sensibile depressione nell'export e negli investimenti per il settore degli armamenti nel semestre estivo'', si legge. Notizie positive continuano invece ad arrivare dal mercato del lavoro. Gli stipendi in aumento dovrebbero inoltre avere effetti anche sul consumo privato. Per queste ragioni l'economia tedesca riprenderà a crescere nel corso dell'anno, prevede l'istituto.


http://www.rainews.it/dl/rainews/artico ... 12d3e.html

29/08/2014, 19:51

[:246] "Germania: locomotiva d' Europa?" Come no; tanto ci sono abituati (con i vagoni .. piombati!) [^]

05/09/2014, 01:26

Amazon come Foxconn in Germania. Stanze iperaffollate, lavoratori stranieri sfruttati

Non c'è solo la Cina di Foxconn, dove le condizioni dei lavoratori che producono buona parte della componentistica per la Apple sono molto lontane dagli standard occidentali. C'è anche la civile ed evoluta Germania, fulcro e motore dell'Europa unita, dove i dipendenti di un'altra multinazionale vivono in situazioni analoghe a quelle dei colleghi cinesi che producono iPhone.

Ci troviamo a Bad-Hersfeld, nell'Assia, stato centro-occidentale della Germania. E' qui, su una collina, che sorge un immenso capannone grigo. E' uno dei centri operativi di Amazon. Il colosso del commercio on line che in Germania riesce a fatturare circa 9 miliardi di dollari l'anno. Ed è riuscito a fare suo il 20% dell'intero commercio virtuale. Numeri da leader. Ma da qualche ora sono le condizioni in cui vivono i dipendenti a far discutere l'intero Paese.

Tutto è iniziato con un reportage trasmesso dalla Ard, la prima rete pubblica tedesca. Un servizio sconvolgente (ancora raggiungibile on line) che ha messo a nudo le condizioni di vita di chi lavora nel centro Amazon di Bad-Hersfeld. Un posto dove nel periodo natalizio l'organico viene irrobustito fino a cinquemila dipendenti.

L'illusione contrattuale
Lavoratori attratti dall'illusione di un posto sicuro, che arrivano da mezza Europa. Soprattutto dalla Spagna, dove la disoccupazione è dilagante. Poi, però, vengono veicolati attraverso un'agenzia interinale molto discussa, che impone condizioni nettamente diverse dalle attese. Come raccontato nel reportage trasmesso dalla Ard, i contratti che vengono fatti sottoscrivere «non riconoscono il versamento di contributi sociali e, soprattutto, prevedono una decurtazione del salario del 12% rispetto a quanto promesso in origine. In quasi tutti i casi i lavoratori, ancora a digiuno di tedesco, non capiscono neppure quel che firmano, visto tutte le carte sono compilate in lingua locale». I diritti rimangono un sogno.

In sei in una stanza
E non c'è solo il lato contrattuale a far discutere. I dipendenti che lavorano a Bad-Hersfeld si trovano a dormire in miniappartamenti, assiepati come bestie. Anche sei in una stanzetta. C'è un servizio di vigilanza full time che non gli lascia respiro. Li trasportano al lavoro stipati in autobus zeppi, mentre il sole è ancora basso. «Prima dell'inizio dei turni e alla fine – raccontano nel reportage televisivo - i lavoratori sono costretti ad attendere per ore l'arrivo degli autobus sovraffollati per raggiungere il centro di Amazon o gli alloggi cui sono stati destinati». E in azienda il cibo è sconfortante: scorte stipate in cantina. Scatolame.

I legami con l'estrema destra
Ad occuparsi di questi lavoratori c'è un'agenzia interinale molto discussa. Il sospetto di una vicinanza al mondo dell'estrema destra e ai nuclei neonazisti è pesante. Basta guardare l'abbigliamento di alcuni addetti alla security. Lo raccontano i due giornalisti tedeschi, Diana Löbl e Peter Onneken, che hanno realizzato il reportage: «Alcuni dipendenti dell'agenzia indossavano pullover Thor Steinar, una marca proibita in molti stadi di calcio, università e parlamento, perché in passato è stata un simbolo dell'estetica neo-nazista». Come se non bastasse una delle società a cui è affidata la sicurezza nello stabilimento veste i propri dipendenti con casacche con scritto sopra H.e.s.s. come Hensel European Security Services, ma anche come Rudolf Hess, vice di Hiteler ai tempi della Germania nazista.
Nel Paese da due giorni non si parla d'altro. I quotidiani più prestigiosi hanno aperto la discussione. Ci si interroga sui motivi. Le storie dei lavoratori stagionali cinesi non sembrano più così lontane. Cosa succede al Vecchio continente?


http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/ ... d=AbL3V1UH
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