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 Oggetto del messaggio: Re: Rinascita Sociale Globale
MessaggioInviato: 13/03/2016, 14:57 
Può essere, me il mio ego me lo tengo volentieri se mi impedisce di dar retta a questi fanatici religiosi :)



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 Oggetto del messaggio: Re: Rinascita Sociale Globale
MessaggioInviato: 13/03/2016, 16:01 
MaxpoweR ha scritto:
Può essere, me il mio ego me lo tengo volentieri se mi impedisce di dar retta a questi fanatici religiosi :)


Alzi la stessa barriera psicologica che alza ufologo quando cerchiamo di mostrargli le incongrueze della sua fede... domandati chi é il "religioso"...



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 Oggetto del messaggio: Re: Rinascita Sociale Globale
MessaggioInviato: 13/03/2016, 17:37 
Può darsi, la differenza è che io sono 10 anni che leggo queste idiozie e non ce ne è una che mi abbia convinto. ancheperchè io a differenza di ufologo ho l'evidenza concreta che confronto con le scemenze che leggo da decenni e delle quali non vedo riscontri. ORa a meno che Ufologo non abbia visto dio in persona o non sia in contatto diretto con lui vedo una leggera differenza.

Poi quando qualche milione i umani erbivori arriveranno a campare 250anni in perfetta salute avranno la mia attenzione, fino ad allora mi fido dei milioni di umani che si nutrono come gli pare e piace e che raggiungono i 100 anni o più di età.

Voi seguitevi la vostra nuova fede, siete quelli che seguivano la fede dei cambiamenti climatici, della new age ecc ecc ormai siete prevedibili.



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 Oggetto del messaggio: Re: Rinascita Sociale Globale
MessaggioInviato: 21/03/2016, 12:23 
La mappa dell’Italia che cambia raccoglie le centinaia di realtà che abbiamo incontrato durante i nostri viaggi o che ci sono state segnalate: imprese, associazioni, comitati, persone che stanno contribuendo a cambiare in meglio il nostro paese.

Alcune di queste esperienze fanno parti di reti, altre sono singole iniziative. Navigando al suo interno puoi conoscere le realtà più vicine a te, oppure scoprire cosa succede in altre zone d’Italia.

Spesso chi vive in un territorio non ha la minima idea di cosa accada intorno a sé e gli stessi protagonisti del cambiamento non sanno che esistono altri soggetti che lavorano per obiettivi simili e complementari.

La mappa è navigabile per categoria, per regione e per reti. Per iniziare clicca su una delle regioni oppure seleziona dal box qui sopra la categoria o la rete che vuoi cercare. Buona navigazione nella mappa dell’Italia che Cambia!

http://mappa.italiachecambia.org/

Alcuni esempi di progetti...


Rete di Economia Solidale

Il progetto "RES" (Rete di Economia Solidale) è un esperimento in corso per la costruzione di una economia "altra", a partire dalle mille esperienze di economia solidale attive in Italia. Questa progetto in costruzione, come sta avvenendo in diversi altri luoghi in giro per il mondo, segue la "strategia delle reti" come pista di lavoro. Intende cioè rafforzare e sviluppare le realtà di economia solidale attraverso la creazione di circuiti economici, in cui le diverse realtà si sostengono a vicenda creando insieme spazi di mercato finalizzato al benessere di tutti.

Questo percorso è stato avviato il 19 ottobre 2002 a Verona nel corso di un seminario sulle "Strategie di rete per l'economia solidale", in cui le numerose realtà convenute hanno deciso di affrontare questo viaggio collettivo. Un primo passo è stata la definizione della "Carta per la Rete Italiana di Economia Solidale", presentata al salone Civitas di Padova il 4 maggio 2003. In seguito sono state attivate alcune reti locali di economia solidale, denominate "distretti", passaggio fondamentale per la costruzione di una vera e propria rete italiana di economia solidale.

http://mappa.italiachecambia.org/rete/r ... -solidale/


Gruppo Acquisto Terreni

Il GAT, o Gruppo Acquisto Terreni, ha come obbiettivo quello di costituire e sostenere gruppi di cittadini risparmiatori per l’acquisto condiviso di una tenuta agricola e la sua conduzione con metodi moderni e sostenibili.

L'idea è nata da un team di professionisti che dal 2009 ha sviluppato un modello innovativo di gestione economica di una moderna azienda agricola, secondo principi etici e ponendoci come obbiettivo quello di creare un nuovo modo di fare impresa in agricoltura.

Le aziende agricole che sono state costituite sono coltivate con metodi biologici e gestite a filiera corta. Il GAT punta ad una nuova alleanza tra produttori e consumatori, in modo che i consumatori non siano l’ultimo anello della catena distributiva, ma diventino co-produttori.

Tutti i soci investono la stessa somma. Sono necessari tra 50 e 100 soci per la costituzione di un nuovo GAT.

http://mappa.italiachecambia.org/rete/g ... o-terreni/


Civiltà Contadina

Civiltà contadina è un'organizzazione di volontariato no profit, Onlus di diritto attiva dal 1996 per far rinascere i principi che guidavano la civiltà contadina italiana, in contrasto con la civiltà industriale che sta compromettendo la vivibilità del pianeta e della società.

Per Civiltà contadina ciò che è più importante è non disperdere le conoscenze e i principi che sono stati alla base della vita rurale che hanno dato vita alla grande agro-biodiversità che ha caratterizzato la nostra penisola nei secoli. Ogni socio è un volontario e svolge in prima persona la sua azione di conservatore.

http://mappa.italiachecambia.org/rete/c ... contadina/



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 Oggetto del messaggio: Re: Rinascita Sociale Globale
MessaggioInviato: 24/03/2016, 11:53 
Dal gruppo facebook "L'Orto di Atlanticus"...

Esplora il significato del termine: Fuga in campagna, in stile hippy: la sfida dei nuovi contadini anarchici

Centinaia di giovani dell’area dei centri sociali lasciano le città per dedicarsi all’agricoltura: «Genuino clandestino» racconta la battaglia in difesa della terra e la nascita di una rete che si batte per coltivare e distribuire prodotti sani al giusto prezzo
di Luca Zanini

Immagine
Raccolta delle olive tra i neo contadini di «Genuino Clandestino» (foto Lapini)

Il ritorno dei giovani alla terra? Scordatevi l’immagine del solito mulino bianco. I nuovi contadini sono piuttosto simili a quei ragazzi che, sul finire degli Anni Sessanta, popolavano le comunità hippy della California.

E ad animarli c’è un’idea che coniuga l’impegno dei centri sociali più barricaderi con la professionalità dei paladini dell’agricoltura pulita, senza chimica. Sono i nuovi contadini anarchici, i protagonisti del bel libro Genuino clandestino (Terra Nuova ed., pp. 280, € 18) , di Michela Potito e Roberta Borghesi che oggi viene presentato nella Biblioteca delle Oblate a Firenze. Sono neo coloni emuli di quei ragazzi che - in fuga dal caos e dalla violenza degli Anni di Piombo - divennero «agricoltori custodi» tra le Balze del Valdarno aretino. Ma non somigliano agli ex milanesi descritti da Andrea De Carlo in Due di due .

La sorpresa dei bambini: generazione futuro

I giovani contadini del terzo millennio sono più concreti: spesso duri e puri. Hanno scelto di investire con convinzione nella terra, «per difenderla e non per sfruttarla senza criterio». Insieme impastano il pane, zappano, arano coltivi, seminano, curano vite e frutteto, governano gli animali. Ricordano L’Albero degli zoccoli di Olmi certe foto di Michele Lapini e Sara Casna: perché qui, a differenza di quanto la tv ci abitua a vedere, in campagna non abitano solo vecchi contadini; i figli lontani a cercar fortuna. Qui, tra i panni stesi e l’aratro ci sono i bambini, tanti bambini. Un segno di speranza: nuova generazione per un’agricoltura sana.

Immagine
Volantini, filiera corta autogestita e «cibo della foresta»: la ricetta di casa Strulgador, a Monteombraro (Modena)

La battaglia del «prezzo sorgente» di Veronelli

Qui si lotta contro le leggi insensate che stravolgono la cultura della terra, contro la burocrazia. Conducendo battaglie importanti, come quella per il «prezzo sorgente» (lo stesso che invocava unidici anni fa Luigi Veronelli) perché il prodotto non possa essere «rivenduto sul mercato a 20-30 volte quel che è stato pagato al contadino». Perciò i «clandestini» si sostengono tra loro: con una rete di 21 siti di coordinamento locale e gruppi d’acquisto da Torino a Matera, da Vicenza a Napoli, passando per l’Emilia, le Marche, la Campagna Romana e l’Aspromonte calabro, fino alle pendici Etnee.

Zappa e computer contro la precarietà

Fra gli obbiettivi di questa nuova comunità alternativa, che usa con uguale destrezza il computer e la zappa, che si intende di sementi, stagionalità, ma anche di marketing e tecniche di mercato, c’è quello di «costruire un movimento che metta assieme i lavoratori precari della città con i lavoratori precari della campagna».

Anche se la speranza di chi ha scelto la campagna è che la terra metta fine a questa precarietà. La crisi economica sta riportando forzatamente molti adulti fra i trenta e i quarant’anni alla terra: la scorsa estate - rivela un’indagine di Coldiretti - è fortemente cresciuto i numero di italiani disoccupati che hanno cercato e trovato un lavoro, ancorché precario, nei campi e nei frutteti. Alcuni di loro lo avevano fatto da ragazzi, per mantenersi agli studi (chi ha passato i 40 ricorda ancora la raccolta delle mele in Trentino Alto Adige o le vendemmie tra Friuli e Toscana). Per altri era un debutto assoluto. Per tutti, però, la crisi è stata lo spunto per riscoprire l’agricoltura e l’importanza dell’ambiente, uscendo dalle città.

La rete sociale e l’etica del cibo

E’ una comunità che - date le radici ben piantate nella cultura dei centri sociali - non prescinde dall’impegno ambientalista e politico: «la storia e le realtà del movimento è storia di resistenza contadina in nome della terra come bene comune».

Il libro Genuino clandestino racconta questa battaglia attraverso le storie di dieci piccoli nuclei contadini, con un diario di viaggio che non segue soltanto le fasi della produzione contadina ma analizza anche gli sforzi per la creazione di mercati di vendita diretta, momenti di «scambio di saperi e informazione», sfide per «rivendicare il diritto alla sovranità alimentare, alla difesa della terra e dei territori».

Non ci sono portavoce né strutture gerarchiche, ma c’è un manifesto di principi condivisi che punta a saldare un’alleanza tra i neo contadini anarchici e i consumatori, per evitare le trappole «dell’agrobusiness e di una green economy, verde solo nella facciata».

Una rete sociale e ambientale, dunque, che «produce» il cibo e l’etica del cibo di domani. Perché mangiare bene, sano e al prezzo giusto è la nuova battaglia da vincere. In difesa della terra.

http://www.corriere.it/cronache/15_febb ... resh_ce-cp



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 Oggetto del messaggio: Re: Rinascita Sociale Globale
MessaggioInviato: 27/04/2016, 10:39 
Un capo tribù Masai ha salvato le terre tribali dalle multinazionali (FOTO e VIDEO)

http://www.blueplanetheart.it/2016/04/2 ... o-e-video/

Si chiama Edward Loure ed ha vinto insieme ad altre sei persone, il Goldman Environmental Prize, il cosiddetto Nobel per l’ambiente.
Scritto da Dominella Trunfi
http://www.greenme.it

Edward Loure è un capo tribù Masai in Tanzania, un pastore laureato in gestione e management che ha messo il suo sapere a disposizione della sua comunità, riuscendo a cambiare la loro vita e il loro futuro.

A quarant’anni Loure ha vinto insieme ad altre sei persone, il Goldman Environmental Prize, il cosiddetto Nobel per l’ambiente.

Il suo impegno per salvaguardare il Pianeta ha origini lontane. Egli infatti, guida l’Ujamaa Community Resource Team (Ucrt), una delle prime Ong locali tanzaniane che lotta per lo sviluppo sostenibile e per i diritti della terra.

Il suo merito è quello di essere riuscito a far modificare una legge esistente ma inefficace, garantendo la tutela di oltre 80mila ettari di terra per le generazioni future.

Loure è nato nelle pianure di Simanjiro, zone in cui si vive di esclusivamente di pastorizia; gli oltre 3 milioni di ettari di terreno ospitano una fauna incredibile che fa gola alle multinazionali del turismo.

Complice un governo corrotto, la maggior parte di quelle regioni erano state svendute e trasformate in safari e le popolazioni semi-nomadi erano state espropriate e trasferite altrove.

2016 edwardloure 04 copia

A partire dal 1950, le popolazioni indigene erano state, quindi, emarginate e tenute all’oscuro della vendita di concessioni. La creazione di strutture aveva sconvolto l’equilibrio dell’ecosistema della zona e causato notevoli problemi alla comunità Masai, sfollata anche a causa della crescita del turismo.

Nel 1970, il governo tanzaniano aveva permesso la costruzione del Tarangire National Park e sfrattato tutti i masai che vivevano entro i confini.

Grazie al suo background culturale, Loure si è reso conto che lo Stato stava svendendo in maniera illecita a speculatori che volevano creare, tra le altre cose, anche allevamenti intensivi illegali. Il pastore ha deciso così di utilizzare attraverso la sua organizzazione, il Village Land Act, una legge fondiaria destinata a garantire ai villaggi locali la proprietà delle loro terre.

Tuttavia, questa norma a causa della lentezza nella sua applicazione finiva per promuovere e incentivare corruzione e abusi politici. Fino a quanto Loure ha trovato un cavillo giuridico chiamato Certificates of Customary Rights Occupancy, che conferisce inalienabili diritti fondiari a un’intera comunità.

In pratica con questi “certificati” la terra non viene più assegnata al singolo individuo ma a tutta la comunità. E grazie a questo sistema, il Village Land Act può finalmente proteggere i pascoli masai da tour-operator e speculatori agricoli.

Una svolta per queste popolazioni che sono tornate a occupare le loro terre. L’impegno di Loure continua invece anche nelle altre regioni della Tanzania, il suo obiettivo è quello di evitare la speculazione e favorire uno sviluppo sostenibile per l’ambiente e l’economia.
http://www.blueplanetheart.it/2016/04/2 ... o-e-video/

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Personalmente credo che chi possiede la cultura ha l'obbligo di metterla a disposizione di tutti: è l'unico modo per sconfiggere l'ignoranza e la famosa regola del consenso, tanto cara a chi ci controlla. [:289]



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 Oggetto del messaggio: Re: Rinascita Sociale Globale
MessaggioInviato: 27/04/2016, 14:10 
E' essenziale la cultura e la consapevolezza ed è essenziale che chi studia RESTI nei propri luoghi d'origine il più possibile. Questo vale nei paesi in via di sviluppo affogati da ignoranza e corruzione ma vale anche per la nostra Italia.



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 Oggetto del messaggio: Re: Rinascita Sociale Globale
MessaggioInviato: 30/05/2016, 01:16 
Cita:
Referendum in Svizzera: «Volete 2.500 franchi a vita senza lavorare?»
Il 5 giugno si vota nella Confederazione sull’introduzione del «reddito di base incondizionato» per tutti i cittadini, minori compresi. Il governo è contrario. Per i sostenitori aiuterà le persone che perdono il lavoro e le famiglie e stimolerà formazione, ricerca e volontariato

Vorreste avere 2.500 euro al mese senza lavorare, senza fare nulla? In Svizzera la domanda se la sono posta davvero e l’hanno inserita in un referendum costituzionale in programma fra pochi giorni, il 5 giugno. La proposta è quella di introdurre nel Paese il reddito di base incondizionato (Rbi), altrimenti detto «reddito di cittadinanza», dalla nascita fino alla morte, per tutti i cittadini, minori compresi (ma con una soglia più bassa, 625 euro). La cifra può sembrare alta ma 2.500 franchi svizzeri al mese (pari a circa 2.500 euro), cioè poco più di 30 mila franchi l’anno, è un livello appena sopra la soglia di povertà, che nella ricca Svizzera è di 29.501 franchi all’anno.
La proposta di iniziativa popolare, se approvata, farà della Svizzera il primo Paese nel quale sarà messo in campo questo enorme esperimento. E potrebbe comportare un cambiamento radicale nel sistema di welfare state come lo abbiamo sempre conosciuto: perché il reddito di base sostituirà molte delle protezioni sociali tradizionali.

Secondo le stime di Eurostat, in Svizzera il 13,8% della popolazione è a rischio di povertà. E dovrebbe essere a costoro che il reddito di base incondizionato si applicherà, se gli svizzeri lo vorranno. Tecnicamente, spiegano i promotori, «il Rbi si sostituisce alla maggior parte delle prestazioni sociali fino alla quota del suo ammontare (sussidi allo studio e familiari, aiuto sociale, assicurazione disoccupazione, ecc.). Le prestazioni sociali in contanti saranno mantenute per gli aventi diritto, per esempio nel caso della disoccupazione o delle prestazioni complementari».



Il governo della Confederazione si è schierato contro la proposta, perché porterebbe a un innalzamento delle tasse e a creerebbe disincentivi a lavorare. Secondo i sostenitori invece, versando a tutti un reddito di base incondizionato per coprire i bisogni di base, si abolirebbero la povertà e la dipendenza dall’assistenza sociale di chi non ha i mezzi di sussistenza, si permetterebbe a ognuno di scegliere un lavoro che piace dando così una spinta all’auto-imprenditorialità, si incentiverebbero la formazione e lo studio, la creatività e il volontariato, e ci sarebbe più tempo per accudire i figli o i familiari anziani o malati. In particolare il Rbi dovrebbe servire a tutelare i lavoratori che hanno perso o perderanno il lavoro a causa delle innovazioni tecnologiche che stanno rivoluzionando industria e servizi, a cominciare dal settore bancario, uno dei più radicati nel paese elvetico.

I costi sono in teoria esorbitanti: 208 miliardi di franchi, cioè un terzo circa del Pil dell’intera Svizzera, per garantirlo a tutti i cittadini. Ma in massima parte essi ricevono già direttamente o indirettamente tale somma, tra reddito da e prestazioni sociali dello Stato; secondo i promotori il saldo da finanziare sarebbe dunque di 18 miliardi di franchi all’anno. Per finanziarlo propongono un innalzamento dell’Iva e delle imposte dirette, una tassa sulla produzione automatizzata e una sull’impronta ecologica.

L’iniziativa è trasversale dal punto di vista politico, anche per questo è stata poco o nulla accolta dai partiti svizzeri. Tra i promotori dell’iniziativa Daniel Hani, imprenditore e regista svizzero che ha realizzato nel 2008 un film, «Il reddito di base, un impulso culturale» insieme con l’artista Enno Schmidt, e Oswald Sigg. già vicecancelliere della Confederazione e portavoce del governo federale dal 2005 al 2009. Tra i sostenitori internazionali del referendum si registrano personalità politiche come Robert Reich, economista e ex segretario del Lavoro degli Stati Uniti durante la presidenza Clinton, e l’ex ministro greco delle Finanza, Yanis Varoufakis.

Ma potrà mai passare la proposta? Dai sondaggi pubblicati dalla stampa svizzera e riportati anche su uno dei siti ufficiali dell’iniziativa, basicincome2016.org, la maggioranza degli svizzeri è per il «no»: ma per i promotori sarà stato comunque un successo che il referendum si sia tenuto e che il tema sia entrato nel dibattito pubblico e soprattutto popolare. Circa il 40% degli interpellati ha detto che voterebbe «sì» alla proposta. Meno chiaro è che cosa accadrebbe se la proposta passasse. Una prima rilevazione statistica, effettuata dall’istituto Demoscope lo scorso novembre, quando il referendum venne presentato, mostrava come «soltanto il 2% degli svizzeri smetterebbe di lavorare mentre oltre la metà di essi proseguirebbe la formazione e dedicherebbe più tempo alla famiglia».


http://www.corriere.it/economia/16_magg ... 04b3.shtml


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MessaggioInviato: 13/07/2016, 16:53 
Ohhoooooo ..... [8D] [8D] [8D] [8D]

Guerra in Iraq, è possibile incriminare Blair e Bush alla Corte penale internazionale?

blair_bush_675-675x275.jpg


http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/07 ... e/2897451/



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"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

"Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero". Proverbio Arabo

UfoPlanet Informazione Ufologica - Ufoforum Channel Video
thethirdeye@ufoforum.it
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MessaggioInviato: 23/09/2016, 16:46 
Il nuovo progetto di Haus Bartleby, il “tribunale del capitalismo”. Si tratta di una piattaforma online su cui ogni cittadino può indicare gli aspetti dell’attuale sistema economico che ritiene maggiormente patogeni e da superare.

In breve tempo sono arrivati sul sito già quattrocento “capi d’accusa” che toccano questioni molto diverse tra loro come l’austerity e il potere delle multinazionali, la distribuzione della ricchezza e la ripartizione sociale del lavoro.

«La vita? Non è solo lavoro»: a Berlino nasce il centro per il rifiuto della carriera

Perché lavoriamo?

Produciamo beni e servizi perché ne abbiamo realmente bisogno o solo perché possano tramutarsi in profitto? Ma soprattutto: chi ha stabilito che l’attuale mondo del lavoro debba fondarsi sull’ossessione per la carriera e sulla costante tensione verso l’automiglioramento? Queste e altre domande affollavano la mente di Alix Faßmann quando, circa due anni fa, decise di abbandonare il suo lavoro di giornalista e addetta stampa per la SPD (il partito socialdemocratico tedesco) e di intraprendere un viaggio chiarificatore in Sicilia.

Ed è stato lì che ha incontrato Anselm Lenz, autore teatrale presso l’Hamburger Spielhaus (uno dei teatri più prestigiosi di Germania) che, stanco a sua volta di sacrificare amicizie, passioni e tempo libero sull’altare della carriera, si era licenziato ed era partito alla volta dell’Italia. Lenz, affascinato dalle idee dell’allora 33enne Faßmann, la convinse a raccoglierle in un libro: fu così che, nella primavera del 2014, vide la luce Arbeit ist nicht unser Leben: Anleitung zur Karriereverweigerung (Il lavoro non è la nostra vita: guida al rifiuto della carriera).

Il libro fu una sorta di manifesto programmatico per Haus Bartleby, think tank che i due fondarono pochi mesi dopo a Berlino intendendolo come un Zentrum für Karriereverweigerung, “centro per il rifiuto della carriera”. Ma, soprattutto, come pensatoio che, pur non disponendo di teorie e modelli per il mondo di domani, ritiene indispensabile elaborare spunti critici verso la società tardocapitalistica e le sue modalità di lavoro.

Il centro.

Haus Bartleby, che ha sede a Neukölln, deve il suo nome a un romanzo di Herman Melville, Bartleby lo scrivano, il cui protagonista lavora come copista presso uno studio legale di Wall Street ma ad un tratto, dopo un periodo di attività intensissima, si rifiuta di continuare la sua ottundente mansione pronunciando la celebre frase I would prefer not to, che è appunto lo slogan del Zentrum berlinese. Haus Bartleby raccoglie professionisti dei settori più disparati, tutti accomunati dalla volontà di decostruire l’assunto in base al quale carriera e successo debbano determinare il valore di una persona.

Un progetto culturale che ha evidentemente intercettato un nervo scoperto della società tedesca: gli abbonamenti alla rivista del centro sono infatti in crescita costante, mentre diversi importanti quotidiani (tra cui Die Welt, Die Zeit, Huffington Post) si sono interessati alla creatura di Faßmann e Lenz, che nel frattempo ha continuato a sfornare pubblicazioni, a incassare l’appoggio di istituti importanti come il Club of Rome e la Rosa-Luxemburg Stiftung e a organizzare una serie di conferenze con filosofi ed economisti sul futuro del lavoro.

Tra i simpatizzanti dell’associazione, che ormai conta una decina di membri fissi e più di quaranta collaboratori esterni, ci sono anche Dirk von Lowtzow della celebre rock band amburghese Tocotronic e l’ex ministro delle finanze greco Yanis Varoufakis, entrambi autori di un saggio nell’antologia Sag alles ab!, pubblicata nel 2015.

La filosofia di Haus Bartleby.

«Il lavoro, così come si dà oggi, è una malattia. La proprietà, nelle forme attuali, un crimine di dimensioni storiche», si legge sul sito del centro. Il j’accuse di Haus Bartleby è radicale, e si rifà chiaramente a un filone di pensiero da sempre molto vivo in Germania, che abbraccia analisi marxiana, anticapitalismo, teoria critica. Ma queste riflessioni provengono in primis dalle concrete esperienze di vita e di lavoro dei suoi fondatori.

Che, prima di mollare tutto, non erano manager stressati o precari sottopagati, ma professionisti con mansioni stimolanti, almeno in apparenza. Tra di essi, c’è anche Hendrik Sodenkamp, 27enne ex assistente personale di Carl Hegemann (affermato drammaturgo del Berliner Volksbühne) e studente di letteratura tedesca prima di imbattersi in Haus Bartleby. Anche lui, come Faßmann e Lenz, sentiva che qualcosa non funzionava: ne aveva abbastanza di lavorare 60 ore alla settimana, di sacrificare amicizie e tempo libero, di piegarsi a logiche improntate alla competizione, al continuo self improvement, al mantra anni ’80 del “lavoratore imprenditore di se stesso”, così come ai meccanismi di un’università strutturata soltanto su crediti, voti e «attenzione alle richieste del mercato».

E tutto questo per cosa? Per inseguire il mito della carriera, un’ambizione che costringe a vivere «costantemente proiettati nel futuro, nel prossimo step funzionale al successo, mentre nel “qui e ora” non facciamo mai quello che sarebbe giusto per noi», spiega Sodenkamp a Die Zeit. Ma, suona la domanda posta da Haus Bartleby, a chi serviamo quando ci dedichiamo alla promessa della carriera? Non a noi stessi, se il nostro lavoro è determinato soltanto dalla necessità economica di portare a casa uno stipendio o dalla pressione sociale che ci impone di raggiungere una posizione adeguata alle aspettative nostre o di chi ci circonda. Ma nemmeno agli altri e al mondo, se il risultato di tanti processi produttivi – materiali o intellettuali – è soltanto «aria fritta» – così definisce Alix Faßmann le sue mansioni alla SPD – o spesso addirittura nocivo.

Rifiuto della carriera, non elogio dell’ozio.

Ma questi “negatori della carriera”, in realtà, non rifiutano il lavoro in sé, come potrebbe a prima vista sembrare, bensì soltanto quello eterodiretto (un tempo si sarebbe detto alienato), non incentrato sulla realizzazione delle proprie passioni e dei propri bisogni. «Da quando ci siamo licenziati lavoriamo in realtà molto di più», ride Sodenkamp, «ma per qualcosa che riteniamo davvero utile, riflettere sulle disfunzioni del nostro modello sociale. Insomma, il lavoro è qualcosa di positivo, purché sia autodeterminato. Ma se lo si svolge solo sotto la pressione di imperativi economici e sociali, allora una vita buona diventa impossibile».

Certo, qualcosa bisogna pur mangiare, e così Faßmann, Lenz e tutti i collaboratori a tempo pieno si arrangiano con lavori part-time di vario genere per arrivare alla fine del mese. Ma, anche se i soldi sono pochi e la fatica tanta, sono soddisfatti perché riescono a non perdere il senso di quello che fanno: contribuire a immaginare un nuovo mondo del lavoro.

Il “tribunale del capitalismo”.

E in quest’ottica rientra anche il nuovo progetto di Haus Bartleby, il “tribunale del capitalismo”. Si tratta di una piattaforma online su cui ogni cittadino può indicare gli aspetti dell’attuale sistema economico che ritiene maggiormente patogeni e da superare. In breve tempo sono arrivati sul sito già quattrocento “capi d’accusa” che toccano questioni molto diverse tra loro come l’austerity e il potere delle multinazionali, la distribuzione della ricchezza e la ripartizione sociale del lavoro.

L’anno prossimo i temi più sentiti saranno presentati e dibattuti alla Haus der Kulturen der Welt. I Karriereverweigerer dicono di fare sul serio, di non proporre soltanto una provocazione estetica o un’utopia in stile paese di cuccagna, con benessere per tutti e lavoro soltanto per chi lo desidera. Certo, dopo la pars destruens, manca loro un progetto politico preciso. Ma, come mostrano le proteste di Nuit Debout (che Sodenkamp ha seguito da vicino), il malessere causato dal modello sociale vigente è forte. E qualcosa, prima o poi, dovrà cambiare. Chissà che i progressi nel campo dell’automazione e i dibattiti sul reddito di base non segnino la strada da seguire per una società libera dai feticci neoliberisti della carriera e della produttività a ogni costo.

http://berlinocacioepepemagazine.com/la ... -carriera/



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MessaggioInviato: 23/09/2016, 20:08 
Atlanticus81 ha scritto:

Perché lavoriamo?


Perchè la lavatrice lava i panni?


Facciamo ciò per cui siamo stati prodotti ^_^



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 Oggetto del messaggio: Re: Rinascita Sociale Globale
MessaggioInviato: 24/09/2016, 09:45 
MaxpoweR ha scritto:
Atlanticus81 ha scritto:

Perché lavoriamo?


Perchè la lavatrice lava i panni?


Facciamo ciò per cui siamo stati prodotti ^_^


Il lavoro nobilita l'uomo, entro i limiti della decenza e delle capacità umane.
E' il capitalismo e i modelli inculcati, che ci fanno credere che questo sia l'unico senso della nostra esistenza.



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MessaggioInviato: 24/09/2016, 10:39 
MaxpoweR ha scritto:
Atlanticus81 ha scritto:

Perché lavoriamo?


Perchè la lavatrice lava i panni?


Facciamo ciò per cui siamo stati prodotti ^_^


Meglio lavorare che andarsene in giro come un parassita, vivendo in un kibbutz (abolizione proprietà privata?), mangiando erba e passando la giornata ad accoppiarsi come animali con qualsiasi cosa si muova e respiri. Bisogna cambiare la mentalità e le cattive abitudini, non il Sistema stesso.
Il resto è la solita m.... New Age.

Thethirdeye ha scritto:
Il lavoro nobilita l'uomo, entro i limiti della decenza e delle capacità umane.
E' il capitalismo e i modelli inculcati, che ci fanno credere che questo sia l'unico senso della nostra esistenza.

Amen


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 Oggetto del messaggio: Re: Rinascita Sociale Globale
MessaggioInviato: 24/09/2016, 14:32 
Thethirdeye ha scritto:
MaxpoweR ha scritto:
Atlanticus81 ha scritto:

Perché lavoriamo?


Perchè la lavatrice lava i panni?


Facciamo ciò per cui siamo stati prodotti ^_^


Il lavoro nobilita l'uomo, entro i limiti della decenza e delle capacità umane.
E' il capitalismo e i modelli inculcati, che ci fanno credere che questo sia l'unico senso della nostra esistenza.


Io non credo che il lavoro nobiliti l'uomo, secondo me questa è una sciocchezza inculcata nella nostra cultura per giustificare la "schiavitù".

Io penso che sia l'uomo a nobilitare il lavoro. Perchè anche il lavoro più sporco e degradante diventa importante quando è un uomo a farlo. Mentre un uomo può fare il lavoro più importante del mondo ma non per questo, per il solo fatto di lavorare, questi sarà "NOBILE".

Non lavorare non vuol dire essere parassiti della società, soprattutto se è una scelta voluta. Anche inseguire i propri interessi è nobilitante a prescindere se ci sia qualcuno o meno che a fine giornata ti da una pacca sulla spalla e quantifica IL VALORE DEL TUO TEMPO con dei pezzi di carta.



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 Oggetto del messaggio: Re: Rinascita Sociale Globale
MessaggioInviato: 24/09/2016, 14:49 
Non lavorare non vuol dire essere parassiti della società


Mi spiegheresti come uno che non lavora possa campare e perchè non puo essere un parassita?.

Se mi dici che campa con il prodotto del suo orto, questo lavora già ed è nobile. Se è un santone che prega per gli altri e vive di offerte, idem.

Altro esempio di uno che non lavora senza essere un parassita?



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