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Atlanticus81 ha scritto:
Possibili 'correnti' (e principali strumenti) con le quali leggere gli eventi della storia dell'uomo:
C1: strategia di dominio militare (guerre di conquista o coloniali)
C2: strategia di dominio economico (crisi economiche, neoliberismo, debito sovrano, signoraggio, molto in voga oggi)
C3: strategia di dominio culturale (strumentalizzazione religioni e filosofie)
C4: strategia di annientamento (olocausto nucleare, fame, carestie, malattie)
A proposito di “C2” e delle forze “C1” al seguito, propongo un estratto di questo interessantissimo libro:
http://www.ilgiardinodeilibri.it/libri/ ... umanti.php Ho scritto parecchie volte il pronome "loro". L'ho accompagnato a un sostantivo: "Superclan". Spiego cosa intendo dire con entrambe queste parole. Superclan è il titolo di un libro che pubblicai nel 2003 insieme a Marcello Villari. Un titolo contrastato perché mi fu imposto dalla casa editrice, che non aveva accettato la mia proposta di chiamare quel libro World Street. Rimpiango ancora oggi il mio titolo di allora, perché a posteriori mi sembra corrisponda perfettamente a quanto oggi sta accadendo. Era una specie di gioco di parole, che metteva in evidenza come Wall Street fosse ormai diventata una strada "mondiale", dalla quale molte, troppe cose della nostra vita dipendevano irrimediabilmente. L'editore preferì Superclan. Mi venne spiegato che non si poteva titolare un libro italiano in inglese. Per superare le mie resistenze si aggiunse che ci voleva un titolo a effetto, di più immediata percezione. Non so se avessero ragione o torto, ma poiché anche questo titolo aveva una sua logica, accettai. Associava i padroni del mondo a un clan mafioso, impenetrabile, misterioso, straordinariamente potente. Così era e così è, anche se i suoi componenti costituiscono una mafia che non sarà mai inquisita, mai processata, mai accusata da nessuna magistratura. Non esiste una magistratura che possa permetterselo. Ecco: i componenti di questo Superclan sono appunto "loro". Quanti siano, chi siano, non lo so con la necessaria precisione, e non lo sa nessuno, sebbene tra di loro si riconoscano sempre, al volo. Non credo che esista un elenco preciso da qualche parte. Diciamo che esistono diversi elenchi: quello della Trilaterale, per esempio, quello del Gruppo Bilderberg, quello della Bnai Britt, quelli di diverse logge massoniche, quello del Foro Economico Mondiale di Davos ecc.
Ma questi elenchi vanno presi con le molle, perché in ciascuno di essi compaiono molti, moltissimi nomi che nulla hanno a che fare con i componenti del Superclan, trattandosi di invitati occasionali, di testimoni temporanei, di esperti, di consulenti, di capi militari, di scienziati, di dittatori, di giornalisti che - in base al loro pedigree - dovranno poi essere promossi ad alte cariche nel mainstream mondiale. L'opinione di Luciano Gallino stima che quello che io chiamo Superclan - e che lui chiama "classe capitalistica transnazionale" - sia all'incirca di 10 milioni di persone (includendo famiglie e famigli). Provò a fare un calcolo molto approssimativo Aleksandr Zinoviev, in un suo volume assai poco tradotto all'estero, ma anch'esso largamente anticipatore. Compresi i componenti delle loro famiglie, i membri dei vari entourage, l'alone dei collaboratori, delle loro guardie del corpo dei loro agenti informatori, delle loro segretarie e segretari, dei loro medici curanti, dei membri dei loro consigli di amministrazione, Zinoviev valutò che, nel mondo, il Superclan accogliesse una cinquantina di milioni di persone.
Lui lo chiamava in un altro modo, e sicuramente anche questo Superclan "allargato" ha una sua logica: in fondo questa gente, per quanto strano possa sembrare, pensa anche ai propri figli, ai propri discendenti. In subordine, molto in subordine, talvolta pensa anche ai propri amici e a coloro dalla cui protezione dipende la loro sicurezza. Ma io penso che il loro numero, di membri che hanno il potere del denaro, sia di diversi ordini di grandezza minore. Il vero Superclan, quello altamente concentrato, è composto di qualche centinaio di persone.
La migliore descrizione di ciò che intendo segnalare, è stata fornita da un articolo apparso sulla prima pagina dell'«International Herald Tribune». Vi si raccontava che, ogni mese, in un posto non precisato di Manhattan, presumibilmente non lontano da Wall Street, si verifica un incontro assai riservato tra "nove banchieri".
Non nove banchieri qualunque: i più potenti banchieri di tutto il mondo occidentale. Il giornale ne dava un elenco, dal quale emergeva appunto il carattere internazionale dell'incontro: J.P. Morgan, Bank of America, Goldman Sachs, Citigroup, Union des Banques Suisses, Barclays, Deutsche Bank, Credit Suisse e altre. Ma non minori. Il giornale americano rivela, per esempio, che la Bank of New York Mellon, che variamente amministra e gestisce più di 23 trilioni di dollari ha cercato di entrare nel club - Eugenio Scalfari più brutalmente lo definisce una "cupola", avvicinandosi di molto al termine Superclan - che amministra, organizza, dispone dei famosi derivativi di gran parte del mondo. Senza tuttavia riuscirci. Dunque questi nove signori dispongono di volumi finanziari di gran lunga maggiori. Vogliamo tentare un totale, per misurare la loro potenza e anche per capire cosa è successo nei sette anni di vacche grasse che dividono il 2001 dal 2008? Tentiamo una cifra? Ragiono un tanto a spanna, come uno qualunque dei miliardi di individui che vivono ai piani bassi della Torre del Sapere. Se i nove banchieri non prendono in considerazione i 23 trilioni della Bank of New York Mellon vuol dire che ciascuno di loro ne controlla molti di più. Diciamo il doppio? Probabilmente molto di più del doppio. Ma, anche se ci fermassimo al doppio, farebbe, grosso modo, 50 trilioni a testa. Moltiplichiamo per nove e farà 450 trilioni di dollari. In realtà questo volume è probabilmente - in base a valutazioni attendibili di altre fonti - da moltiplicare ancora per due. Cioè 900 trilioni. Questo potrebbe essere il volume reale dei derivativi che hanno inquinato tutta la finanza mondiale e che restano sul tappeto, portatori di violenza e di morte per i più deboli.
Con tutta la felpata cautela con cui si deve parlare dei veri potenti del mondo, il giornale forniva però molti altri elementi di valutazione. A quale scopo incontrarsi, segretamente, con quello speciale formato? Evidentemente per concordare strategie. Data la potenza di fuoco finanziario dei partecipanti, ovvio dedurne che le loro scelte, se coordinate, sono in grado di influire su tutti i mercati mondiali. In termine tecnico sembrerebbe di poter dire che questi signori hanno costituito un "cartello", anzi un "supercartello" insindacabile. E lo scambio di informazioni, e le conseguenti decisioni che vengono concordate, è assai simile, se non identico, a quell'attività criminale che nei codici penali dell'Occidente prende il nome di insider trading.
Decidere flussi di denaro delle proporzioni di quelli di cui dispongono questi giganti della finanza (ormai più grandi di quelle di molti stati sovrani del pianeta) significa decidere, per esempio, quanti milioni di disoccupati si conteranno in Europa nelle settimane e mesi successivi; significa varare editti segreti che stabiliranno, nelle loro conseguenze, quanti bambini moriranno di fame o di Aids in Africa; significa condannare e far cadere governi riottosi, o porre le basi per la nomina di importanti ministri in questo o quel paese. E così via dominando.
Non occorre essere aquile per rendersi conto che, in quella notizia del 13 dicembre 2010, è contenuto l'atto ufficiale di morte della democrazia liberale. Non solo perché quei nove banchieri non li ha eletti nessuno (naturalmente c'è stata, da qualche parte, in qualche capitale del mondo, un'assemblea di azionisti, ma la "democrazia" delle quote azionarie non ha molto a che fare con il criterio di "una testa un voto"), ma soprattutto perché loro direttamente, o i loro immediati sottoposti, controllano il flusso reale delle informazioni a disposizione dei subalterni più lontani. Per la quale cosa il tasso di democrazia, scendendo per i rami, non può ovviamente crescere, e l'insieme delle procedure democratiche, che un tempo costituivano l'orgoglio e il senso di superiorità dell'Occidente, si presenta per quello che sono divenute: cerimoniali senza contenuto, ammirabili per i paramenti di cui si ammantano i suoi sacerdoti, ma sberleffo supremo nei confronti dei sudditi. Dunque viviamo ormai da tempo sotto la guida di una oligarchia assoluta.
Qual è allora la novità? Da dove viene la "loro" inquietudine? Quell'elenco rivela lo stato delle cose. Quei nove sono tutti occidentali. Essi non concentrano più in sé i poteri di tutto il mondo. Il Superclan è molto meno "super" di quanto fosse dieci anni fa. Le sue decisioni non sono più al di fuori e al di sopra di ogni istanza. C'è una serie di "revisori dei conti" molto occhiuta e, a suo modo, assai insofferente, come lo è il potere del denaro. Il primo e più importante dei quali si chiama Cina. Ed è un "revisore" molto diverso da quello gogoliano, che sta crescendo, sotto ogni angolo visuale, a velocità vertiginosa. Leggo le cifre, una più impressionante dell'altra. Da un lato il debito statunitense, che è l'unica cosa che cresce senza sosta: fino al punto che le stesse previsioni della Casa Bianca ammettono che, attorno all'anno 2012-2013 il debito pubblico degli USA supererà il 100% del PIL. Detto in altri termini, più franchi, significa che gli Stati Uniti non avranno "mai più" in futuro un bilancio in pari.
Dall'altra la crescita in atto del prodotto interno lordo cinese, attorno al 10% medio annuo, e le sue proiezioni nell'immediato futuro. E un semplice calcolo ci dice che in soli cinque anni l'Occidente e il mondo si troveranno di fronte, con l'applicazione dell'interesse composto, oltre "una Cina e mezza". Sarà il 2016. E allora mi tornano alla mente le previsioni che i neocon americani formularono alla fine degli anni '90, quando scrissero, nel Progetto per il Nuovo Secolo Americano (PNAC) che, nel 2017, la Cina sarebbe diventata la principale minaccia alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti d'America. Ecco cosa significa abitare nei piani alti della torre del potere, e del sapere: significa vedere lontano, cioè gettare un'occhiata là dove i comuni mortali non possono guardare. Nel futuro.
Ecco perché, tornando a riflettere sui dieci anni dopo l'11 settembre 2001, noi non riflettiamo sul passato ma sul futuro. Quei "nove", salvo qualche avvicendamento per ragioni anagrafiche, sono gli stessi che sedevano ai vertici del mondo anche dieci anni fa. Rappresentano gli stessi interessi, la stessa psicologia, la stessa sindrome da crescita infinita. Analizzando le loro mosse, a partire dal 2007, e quelle delle maggiori istituzioni finanziarie internazionali, il Fondo Monetario, la Banca Mondiale, l'Organizzazione Mondiale del Commercio, il Federai Reserve, la Banca Centrale Europea (emanazioni, epifanie dello stesso potere centrale) vediamo in perfetta trasparenza che non stanno facendo nulla per cambiare i meccanismi fondamentali che hanno portato a questo approdo devastante. Vediamo anzi, al contrario, che stanno affannosamente cercando di ripristinare ciò che è franato nel 2007. Ancora una volta hanno realizzato un gigantesco trasferimento di risorse simultaneamente in due direzioni: la prima all'interno del Superclan; la seconda dagli stati (oggi meno sovrani di ieri) al Superclan: le banche d'investimento sono state salvate, le società umane hanno pagato il conto; gli stati ex sovrani si sono indebitati presso coloro che hanno salvato dalla bancarotta e ora - strozzati dai beneficiari - non sono (e non saranno) più in grado di pagare. Cosa inventeranno i "nove", ora, per procrastinare il loro potere, quando è evidente che la crescita illimitata del denaro non è più compatibile con la capacità di sopportazione del pianeta? Quando la limitatezza delle risorse materiali ed energetiche impedisce il protrarsi dell'illusione della stessa crescita indefinita dei consumi nelle stesse società industrialmente dominanti?
E cosa faranno le élites politiche dell'Occidente quando sarà impossibile mantenere il prezzo della benzina nei confini attuali; e quando l'acqua diventerà più cara della benzina; e quando milioni di un tempo benestanti ceti medi saranno respinti ai margini da una distribuzione dei beni vitali sempre più selvaggiamente ingiusta; e quando l'afflusso di migranti (in fuga dalla miseria, dalla sete, dalle malattie) supererà le capacità culturali e strutturali di assorbimento delle società affluenti? C'è qualcuno che, con un minimo di buon senso, si aspetti che i nove banchieri diranno la verità ai loro sudditi?
Molto più probabile è che facciano ricorso alla forza: contro i propri poveri e contro i poveri esterni. Ecco perché dobbiamo essere altamente inquieti: perché questo quadro prelude alla guerra. A una guerra molto più grande di quelle che l'umanità ha conosciuto fino a ora, e con caratteristiche assai simili a quelle dell'antichità, in cui il vincitore sterminava il nemico dopo averlo sconfitto. Non era uno sterminio senza senso, puro prodotto della crudeltà. Un senso lo aveva: non c'erano risorse per tenere in vita il nemico. Anche adesso, nel corso di questa e della prossima generazione umana, non ci saranno risorse per tutti i viventi.