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Astronave
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MessaggioInviato: 19/07/2012, 18:57 
pazzia!!! creiamo una moneta che possa girare via internet e serva per acquistare cose prodotte da noi determiniamone un valore e ... potrebbe essere unj inizio per far capire che noi possiamo sopravvivere senza l'euro una specie di baratto insomma non so se sia possibile ma se qualcuno più afferrato di me di economia può svilupparla....



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MessaggioInviato: 19/07/2012, 20:19 
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estraterrestre ha scritto:

pazzia!!! creiamo una moneta che possa girare via internet e serva per acquistare cose prodotte da noi determiniamone un valore e ... potrebbe essere unj inizio per far capire che noi possiamo sopravvivere senza l'euro una specie di baratto insomma non so se sia possibile ma se qualcuno più afferrato di me di economia può svilupparla....



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http://www.ufoforum.it/topic.asp?TOPIC_ID=10413



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MessaggioInviato: 19/07/2012, 22:39 
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zakmck ha scritto:

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estraterrestre ha scritto:

pazzia!!! creiamo una moneta che possa girare via internet e serva per acquistare cose prodotte da noi determiniamone un valore e ... potrebbe essere unj inizio per far capire che noi possiamo sopravvivere senza l'euro una specie di baratto insomma non so se sia possibile ma se qualcuno più afferrato di me di economia può svilupparla....



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In alcuni paesi spagnoli i commercianti vendono la merce accettando le Pesetas, è una forna significativa di protesta.



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MessaggioInviato: 26/07/2012, 11:31 
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Messaggio di Thethirdeye

COME SI ESCE DALL'EURO? Intervista a Claudio Borghi

Ho visto il filmato con l'intervista a Borghi e mi pare che dica cose di buon senso.

Magari vedo di riassumere per chi non ha visto il filmato.

Sul perché questa situazione abbia creato squilibri e danni penso che qui dentro se ne sia discusso in abbondanza, quindi non insisto, però sono interessanti alcune sue osservazioni sul COME uscire dall'euro.

Premesso che ci saranno senz'altro disagi all'inizio e forse un po' di panico, Borghi dice e argomento sul fatto che la situazione, almeno per noi italiani, sarebbe assolutamente gestibile e tuttosommato non molto dissimile dall'uscita dallo SME del 1992.
Si stima una svalutazione della lira che per la realtà italiana potrebbe essere intorno al 20%, questo comporterà ovviamente un aumento del costo delle importazioni e una maggiore competitività delle nostre esportazioni.
Borghi tra l'altro, parlando ad esempio dei carburanti dice una cosa sensata... se il costo industriale sui carburanti oggi è all'incirca il 40-50% del costo totale stesso, ammettendo un piccolo rincaro del costo industriale lo si potrebbe calmierare o azzerare tranquillamente riducendo le accise... la ripartenza dell'economia compenserebbe tranquillamente il calo delle accise.

A parte il panico iniziale, ma qui sta alla politica gestire la situazione (e non si vedono certo "statisti" nel panorama politico-tecnico italiano, anzi...), l'economia potrebbe ripartire come per magia nel giro di pochissime settimane.
L'Italia come paese è in grado tranquillamente di assorbire internamente le produzioni che prima (e oggi) venivano affidate all'importazione... anche se il processo di deindustrializzazione del paese ha inciso profondamente, ci sono ottime possibilità di fare ripartire l'economia nazionale.
Per quanto Marchionne tenti di distruggere la Fiat in Italia... con auto Fiat che costano il 20% in meno... che auto pensate che comprerebbero gli italiani o anche gli europei? Il genio Marchionne, che tanta fretta ha di chiudere tutti gli stabilimenti italiani, sarebbe costretto ad aumentare i prezzi delle auto italiane per non guadagnare quote di mercato (perché pare che la strategia Fiat sia quella di perdere quote di mercato e chiudere baracca in Italia).
Ora allargate questo discorso a tutto il resto.

E' chiaro che non sono tanto le banche tedesche, francesi o inglesi a caXarsi sotto per la nostra uscita dall'euro (la "svalutazione" dei loro crediti), ma sono le industrie e le aziende in genere di questi paesi, che da un giorno all'altro si ritroverebbero con un taglio netto del loro export.

Altro discorso è invece la Grecia... qui secondo l'autore la svalutazione potrebbe superare il 50-60% e soprattutto il paese dipenderebbe completamente dalle importazioni avendo in gran parte smantellato quel poco di appato industriale (e primario)... la situazione sarebbe molto più difficile.

A questo punto ci si chiede... ma perché i politici italiani di csx e cdx continuano a NON FARE gli interessi degli italiani? Ce n'è abbastanza per un bel processo storico-politico o di altro tipo?

Ora certa sinistra propone PIU' EUROPA... ci dice la BCE deve fare come la FED e mettersi a stampare tonnellate di moneta e fare il prestatore di ultima istanza... questo come giustamente dice l'economista, servirebbe solo ad abbassare la febbre ma non inciderebbe minimamente sugli squilibri che sono alla base del disastro euro.
Diventeremmo la "Calabria" d'Europa (con tutto il rispetto dei calabresi), dipendente al 100% dalle economie del "nord" e incapace di sviluppare internamente la nostra economia.
Questo è l'ultimo imbroglio secondo me al quale stanno pensando, per fare in modo che le loro economie (nord) non vengano svantaggiate da una ripresa delle NOSTRE economie.

La soluzione? Innanzitutto uscire dall'euro ora, in modo organizzato, facendo tutto quello che va fatto per limitare i danni e la fuga dei capitali (chi sa e ha, ha già provveduto per tempo - vedere spread). In prospettiva occorre un ripensamento dell'impianto europeo, e soprattutto un coinvolgimento democratico, perché TUTTO CIO' che è stato fatto NON HA MAI previsto la consultazione dei cittadini europei.


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MessaggioInviato: 26/07/2012, 12:42 
Sottoscrivo quello che hai detto e aggiungo:

Cita:
iLGambero ha scritto:
Altro discorso è invece la Grecia... qui secondo l'autore la svalutazione potrebbe superare il 50-60% e soprattutto il paese dipenderebbe completamente dalle importazioni avendo in gran parte smantellato quel poco di appato industriale (e primario)... la situazione sarebbe molto più difficile.


Ok... noi ancora non abbiamo "smantellato" ma... la strada sembra essere proprio quella (comodo eh.. per chi sta orchestrando il "teatrino"). E allora.. perchè il mainstream italiano, fatto di servi dei burattinai (a parte RaiNews24, come dicevi tu giustamente), non fa altro che INTORTARCI con questa storia della svalutazione, in caso di ritorno alla Lira, portando quel dato del 20% addirittura al 50%?

Capisco che i nostri politici, non capiscono un acca di economia e che si facciano abbindolare pure loro dai tecnocrati, ma caxxo.... ce l'avranno un pò di voce in capitolo gli italiani su questo argomento (visto che stiamo parlando del nostro futuro), oppure no? [}:)]

Altra domanda: quale sarebbe la differenza tra uscire dall'Euro ORA e uscire dall'Euro quando l'Europa sarà già caduta a pezzi? Non se la pone nessuno (tra gli "esperti nostrani") questa banale domanda?



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"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

"Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero". Proverbio Arabo

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MessaggioInviato: 26/07/2012, 16:38 
Cita:
Thethirdeye ha scritto:
Ok... noi ancora non abbiamo "smantellato" ma... la strada sembra essere proprio quella (comodo eh.. per chi sta orchestrando il "teatrino"). E allora.. perchè il mainstream italiano, fatto di servi dei burattinai (a parte RaiNews24, come dicevi tu giustamente), non fa altro che INTORTARCI con questa storia della svalutazione, in caso di ritorno alla Lira, portando quel dato del 20% addirittura al 50%?

Perché mentono.
La cosa che non capisco, mettendosi nei panni degli imprenditori italiani (non parlo dei capitani della "finanza" nostrana)... ma perché LORO non chiedono di ripensare la nostra presenza nell'euro?
Pensando male, credo che sia perché questa situazione permette di fare le cd. "riforme", quindi togliere diritti ai lavoratori, abbassare i salari, e aumentare i loro profitti... ma ... e mi chiedo... non gli converrebbe di più fare ripartire l'economia del paese?
Mah... anche qui però un conto è intervistare il piccolo-medio imprenditore del Nord, che sa che cosa significa fare impresa, e altra cosa è sentire i soliti noti in tv che si spacciano per imprenditori e che sanno invece come fare soldi.


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MessaggioInviato: 28/07/2012, 14:00 
MES: prestiamo agli altri al 3% di interesse
quando per averli paghiamo il 6%


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http://www.nocensura.com/2012/07/mes-pr ... -3-di.html

Per l'immagine ad alta risoluzione, da condividere su Facebook clicca QUI
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"Se il MES non convince i tedeschi che ci guadagnano, figuriamoci gli italiani che ci rimettono!"
http://www.nocensura.com/2012/07/se-il- ... i-che.html

"Bank of Amerika" e "Merril Lynch": "Per l'Italia vantaggioso uscire dall'euro"
http://www.nocensura.com/2012/07/bank-o ... h-per.html

"L'Italia presta 20 miliardi alla Spagna a RIMESSA!"http://www.nocensura.com/2012/06/spagna-il-denaro-dei-cittadini-europei.html

"I drammatici effetti del "Fiscal compact" sulle nostre vite spiegati in modo semplice"
http://www.nocensura.com/2012/07/i-dram ... mpact.html

"Quello che devi sapere sul "MES" e le altre leggi dittatoriali dell'Unione Europea"
http://www.nocensura.com/2012/06/quello ... -e-le.html

*** ALTRI APPROFONDIMENTI ***

"Lo spread elevatissimo? Non c'è motivo, è solo speculazione per affossarci"
http://www.nocensura.com/2012/07/lo-spr ... ivo-e.html

"Tutti i regali di Monti a caste e poteri forti e perché vogliono confermarlo altri 5 anni"
http://www.nocensura.com/2012/07/tutti- ... oteri.html

"Stanno conquistando l'Italia: lo spread e le armi economiche al posto delle bombe"
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"Tra spread e interessi sul debito non potremo che andare a fondo..."
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Staff nocensura.com



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MessaggioInviato: 31/07/2012, 15:00 
USCIRE DALL'EUROPA SI PUO'! ECCO COME...
Postato il Domenica, 29 luglio @ 00:30:00 CDT di davide

Europa DI PAOLO BECCHI
byoblu.com

Uscire dall’Europa è impossibile? È forse uno “slogan falsità”, come cantava Lucio Battisti? Poiché, sul punto, vi è una certa confusione, forse è bene riassumere brevemente le procedure di “exit” definite dal Trattato di Lisbona.

Il diritto di “recedere” dagli obblighi assunti nel corso del processo di integrazione europea è sempre stato considerato, almeno implicitamente, compatibile con la natura volontaria dell’adesione, da parte degli Stati membri, alla Comunità.

Ciò che garantisce la “tenuta” del sistema europeo, del resto, sono decisioni di natura politica, prima ancora che giuridica: nulla può impedire che, con un atto di forza, uno Stato, rivendicando la propria piena sovranità, decida di “stracciare” un trattato.

Vorrei però concentrarmi soltanto sui profili “giuridici” relativi all’ “uscita” dall’Unione.

L’art. 50 del Trattato di Lisbona ha introdotto una particolare procedura “liberatoria”. Al primo paragrafo viene riconosciuto che «ogni Stato membro può decidere, conformemente alle proprie norme costituzionali, di recedere dall'Unione». Lo Stato, tuttavia, ha l’onere di notificare tale intenzione al Consiglio Europeo. Alla luce degli orientamenti formulati da quest’ultimo, «l’Unione negozia e conclude con tale Stato un accordo volto a definire le modalità del recesso, tenendo conto del quadro delle future relazioni con l’Unione». L'accordo è, infine, concluso a nome dell'Unione dal Consiglio, «che delibera a maggioranza qualificata previa approvazione del Parlamento europeo».

Secondo l’art. 50, pertanto, uno Stato che intenda uscire dall’Unione dovrebbe negoziare un accordo con quest’ultima attraverso una procedura che, per giungere ad un esito positivo, richiede non soltanto il consenso del Consiglio Europeo, ma anche l’approvazione del Parlamento Europeo. Vale la pena, però, notare che il paragrafo 3 prevede che «I trattati cessano di essere applicabili allo Stato interessato a decorrere dalla data di entrata in vigore dell'accordo di recesso o, in mancanza di tale accordo, due anni dopo la notifica di cui al paragrafo 2, salvo che il Consiglio europeo, d'intesa con lo Stato membro interessato, decida all'unanimità di prorogare tale termine».

Il recesso non richiede, pertanto, la conclusione dell’accordo previsto dai primi due paragrafi dell’art. 50: nel caso di fallimento dei negoziati, infatti, i trattati cessano comunque di avere efficacia per lo Stato membro che intenda “uscire” dall’Europa, con il solo limite temporale di due anni dalla notifica dell’intenzione di recedere.

<h4>L'accordo bilaterale, pertanto, non esclude la possibilità di un recesso unilaterale, ma, al contrario, la presuppone. Si tende, solitamente, a leggere soltanto la prima parte dell’articolo 50 quando, in realtà, i negoziati non sono che il tentativo di evitare un’uscita unilaterale a cui l’Unione riconosce comunque di non potersi opporre, se non ritardandola per un biennio.</h4>

Dalla fossa dei leoni, uscire dunque si può.

Paolo Becchi (Professore ordinario di Filosofia del Diritto presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Genova.)



ma x fare questo grande passo,e' necessario avere una classe politica adeguata ed all'altezza del momento.....[;)]
Fonte: http://www.byoblu.com
Link: http://www.byoblu.com/post/2012/07/28/U ... -come.aspx


Ultima modifica di ubatuba il 31/07/2012, 15:19, modificato 1 volta in totale.

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MessaggioInviato: 07/08/2012, 03:23 
Perché tornare alla propria moneta?

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Il margine di manovra della politica monetaria va oltre ciò che consiste l’organizzare, influenzare e regolare un dominio specifico concernente l’economia di mercato. La moneta di un popolo rispecchia tutto ciò che la gente vuole, soffre, è. La condizione di una moneta “riflette l’intera vita sociale e politica [...], lo sviluppo e la regressione, le rivoluzioni, i successi e i fallimenti, lo stato della politica interna, la forza e la debolezza dei governi [...], la situazione geografica e politica di un popolo, le possibilità oggettive e soggettive della sua economia, il suo atteggiamento verso l’economia e il futuro, la sua morale e la sua energia, tutto ciò che i concetti di “spirito di un popolo” e “carattere di un popolo” esprimono. Niente mostra più chiaramente di che pasta è fatto un popolo se non la sua politica monetaria”.

4 Agosto 2012

http://www.riconquistarelasovranita.it/?p=166

Dall’articolo di Friedrich Romig Warum Rückkehr zur eigenen Währung?
http://www.zeit-fragen.ch/index.php?id=959

Tutti coloro che si dedicano alla riflessione sugli scambi, sul credito e sul sistema bancario pubblicandoli o che fanno parte di coloro che elaborano la politica, dovrebbero ricordare queste osservazioni di Joseph Schumpeter, uno dei grandi economisti che il nostro popolo ha generato. La cultura di un popolo e la sua valuta formano un insieme che non può essere diviso.

Questi legami risultano già dalla natura della moneta e del credito. Per sua stessa natura, la moneta è un prodotto del regime giuridico dello Stato. Lo Stato determina la costituzione della moneta e del credito. In questo modo, indica quella che è la moneta nel suo territorio e chi ha il potere di battere moneta e concedere crediti. La sovranità monetaria è parte dei diritti inalienabili dello Stato.

E’ una delle assurdità del nostro tempo il fatto che lo Stato non esercita tali diritti per sé, e li trasmette ad un organismo “privato” o “indipendente” non statale, sul quale non ha alcuna influenza e non si assume alcuna responsabilità a riguardo. La presunta indipendenza della banca centrale è sempre stata relativa. Se la volontà di perseguire una politica di monetaria e del credito viene a mancare, una banca centrale non ha alcun potere, a prescindere dal suo grado di indipendenza”.

La Bundesbank ha contestato invano la rinuncia del Marco. Attualmente, l’impotenza della FED o della BCE si manifesta di nuovo. Entrambe devono approvare e finanziare i programmi di salvataggio e di stimolo e misure economiche adottate dai responsabili politici.

La moneta, mezzo di pagamento riconosciuto dallo Stato

Secondo la “teoria monetaria” (GF Knapp, 1905) inconfutabile e quindi indiscussa, la moneta in senso stretto è il mezzo di pagamento, riconosciuto dallo Stato (monete, banconote). Riconoscendo la moneta in quanto tale, lo Stato dà un effetto liberatorio ai pagamenti corrispondenti ad «unità monetarie» e agli obblighi fiscali che determina. Grazie al suo riconoscimento da parte dello Stato, la moneta è un “mezzo circolante” tra gli individui. In generale, oggi sono le banche centrali, erette o riconosciute dallo Stato che emettono monete e banconote, “creando” così la moneta, in virtù dei poteri conferiti dallo Stato e sotto la sua supervisione.

Il credito genera tutta la moneta in senso stretto, come in senso più ampio. Come suggerisce il nome, si basa sulla “fiducia”. Grazie al sistema giuridico che crea e mantiene, “lo Stato è la moneta”. Se il decadimento del sistema giuridico e lo Stato perdono la fiducia nel mantenimento di questo sistema, la moneta perde il suo valore. Se lo stesso Stato collassa, i cittadini non accettano più la moneta come mezzo di pagamento. Dopo il crollo segnato dalla seconda guerra mondiale, la Germania e l’Austria hanno sperimentato la “moneta sigaretta“, il baratto si è diffuso. E’ importante capire che qualsiasi perturbazione di ordine civile e della pace sociale porta scioperi, sommosse, insurrezioni, disturbi, un ricorso a violenza, terrore, incendi, corruzione, gli scandali bancari e le truffe su larga scala riducono la fiducia nello Stato e nella sua moneta e conducono ad una perdita nei valori effettivi o nella valuta, ciò alimenta ulteriormente l’inflazione e riduce il valore della valuta estera (“tasso di cambio”). Il vigore del Marco tedesco, del fiorino olandese, del franco svizzero e dello scellino nei confronti delle valute del sud (Italia, Portogallo, Spagna e Grecia) è dovuto in gran parte all’istituzione di un regime pacifico, ad una politica di equalizzazione di collaborazione delle parti sociali, alla priorità dei fattori reali sulla lotta tra partiti. In un’unione monetaria, regimi diversi portano alla perdita di benessere e a tensioni tra gli Stati che, se sono in crescita, possono rompere l’unione.

Le differenze dei regimi e la perdita della sovranità spiegano perché Gran Bretagna, Danimarca e Svezia, anche se paesi dell’UE, sono rimasti lontani fin dall’inizio dall’unione monetaria e hanno rifiutato di adottare l’euro, nonostante i suoi “vantaggi” così popolari. Purtroppo, l’Austria non ha fatto così, è stata integrata all’unione monetaria dalle vuote promesse di Schüssel & Co., anche se Mock, ministro degli Esteri, aveva solennemente promesso di mantenere lo Schilling prima dell’adesione all’UE.

La moneta, standard di valore

La moneta non è solo un mezzo di mantenimento del valore, un mezzo di scambio, un mezzo di pagamento e un mezzo di circolazione, ma anche, in una posizione di rilievo, uno standard di valore per il quale sono calibrati tutti i beni e servizi e, di conseguenza, messi in relazione gli uni con gli altri. Questo standard si applica anche ad individui e gruppi di persone le cui prestazioni sono valutate e pagate sotto forma di salari, stipendi, tasse, bonus o premi. L’inserimento di individui e gruppi di persone nella valutazione monetaria dà generalmente alla moneta il suo carattere sociale. Come ha affermato Adam Müller, essa acquista così il suo carattere copulativo. Non permette solo ‘lo scambio di merce contro moneta”, non è solo un “mezzo di scambio “, ma facilita in molti modi, nell’economia, la “comunicazione” (N. Luhmann e Habermas) tra i membri della società. In ragione di questo contributo alla comunicazione, spetta allo Stato garantire la stabilità, la costanza di questo standard e, quindi, il mantenimento del potere d’acquisto della moneta. Se lo Stato non si assume alcuna responsabilità o fa riferimento a istituzioni non-statali, come la Commissione Europea, la BCE, il FMI, la troika o il gruppo Eurofin, accusa un fallimento politico, perdendo la sua influenza sulla sua moneta e sulla sua politica di credito.

Mantenere il potere d’acquisto

Al fine di valutare la grandezza di questa responsabilità per il mantenimento del potere d’acquisto, dobbiamo considerare, nelle operazioni di pagamento, la scarsa importanza della moneta sotto forma di monete e banconote, attualmente. In un’economia moderna, circa l’80-95% dei pagamenti sono effettuati senza contanti, dalle trascrizioni da conto a conto, da banca a banca. Si tratta di un fatto essenziale nella “creazione del credito”. L’essenza della creazione del credito si comprende meglio se si presume che l’economia ha una sola banca e che tutti i pagamenti sono effettuati senza contanti. Tutto il denaro sarebbe quindi scritturale. Il traffico Interbancario o “clearing” si avvicina molto a questa pratica. In un tale sistema economico, solo il sistema bancario e creditizio “crea il credito” con la concessione di diritti di prelievo o linee di credito, ai quali ricorrono i debitori (sono l’insieme di banche, i vari individui, le imprese, i Comuni e lo Stato) per i pagamenti al loro personale e ai loro fornitori. Il volume di moneta o di credito circolante è aumentato da qualsiasi credito per cui viene utilizzato. Ci si dovrebbe sbarazzare dell’idea ingenua che le banche sarebbero semplici “intermediari” che emettono credito il cui volume è pari ai depositi bancari dei clienti. Il compito delle banche è quello di creare moneta e credito. Esse generano essenzialmente la “fiat money” erroneamente denunciata. I depositi a risparmio sono il risultato della creazione di credito e non la causa del credito.

Limiti della creazione di credito

Questa idea è essenziale per determinare i limiti della creazione di credito.

Se l’aumento del volume del credito corrisponde alla crescita sostenibile dell’economia, non c’è niente di sbagliato nella creazione di credito da parte delle banche: è positivo.

Se la creazione del credito è in armonia con la crescita economica, il servizio del debito assicura il pagamento degli interessi, ma il prestito non viene mai rimborsato come aggregato della contabilità nazionale. Finché le imprese e i paesi prosperano, i crediti non vengono rimborsati, ma elargiti. Questo è ciò che mostrano le statistiche di quasi tutti gli Stati moderni. La diminuzione del volume del credito è di solito il risultato di un calo di dinamismo e produttività, di una cattiva distribuzione dei flussi di credito o di speculazioni irresponsabili che distruggono le attività delle banche e quindi i crediti in moneta. Se la distruzione di questa moneta è significativa, addirittura catastrofica, il sistema economico entra in crisi, come è accaduto più volte negli ultimi anni.

Per evitare le crisi, è estremamente importante che lo Stato si riservi il controllo dei volumi e gli obiettivi di creazione di credito e lo eserciti realmente. Può essere ottenuto mediante una rigorosa regolamentazione o dalla nazionalizzazione delle banche, la partecipazione dello Stato alle banche private o alla creazione di organismi di sorveglianza che controllano l’assegnazione dei crediti. Questo non ha nulla a che fare con un “espropriazione delle banche”. La situazione attuale in cui lo Stato consente agli istituti di credito di fare quello che vogliono facendosi garante dei loro “debiti marci”, delle loro cattive speculazioni e operazioni su derivati, non è giustificabile di fronte la comunità dei cittadini e dei contribuenti.

Lo Stato deve adottare preventivamente tutte le misure necessarie attuando tutte le norme necessarie per prevenire fallimenti bancari. Nulla è più disastroso per l’economia che il prosciugamento dei flussi di credito a causa della perdita di fiducia tra banche e risparmiatori. Una volta che la fiducia è stata scossa, la ripresa dei flussi di credito può costare cara allo Stato. I “piani di stimolo“, la preferenza accordata agli investimenti nelle infrastrutture, ecc. sono certamente una cattiva terapia per curare i difetti del sistema creditizio. Essi non fanno che minare la stabilità della moneta e, come dichiarato dal ministro Steinbrück “bruciano” fondi di bilancio. Ed è ancora più irresponsabile finanziare i consumi dello Stato con il credito. Questo è il modo garantito per fallire, come mostra alla perfezione l’esempio della Grecia.

Il denaro deve essere al servizio dell’economia del paese

Nell’interesse dell’economia del Paese, le banche dovrebbero concedere crediti esclusivamente ai mutuatari autoctoni e solo in casi eccezionali all’estero. Eccezioni particolari sono paesi come la Svizzera o il Lussemburgo, che essendo zone di rifugio e mancando di opportunità di investimento, non possono posizionare nel paese il massiccio afflusso di valuta estera. Per tutti gli altri paesi è necessaria la seguente regola: i crediti all’esportazione, con cui il governo garantisce il servizio del debito tramite una banca o il controllo della banca centrale, devono essere sottoposti a condizioni e criteri che garantiscano l’ammortamento e gli interessi. La garanzia all’esportazione per il salvataggio dei posti di lavoro non ha senso, l’era dell’”economia dei regali” (Bernhard Laum) è finita. Siate consapevoli che, ogni estensione del credito in un paese straniero significa esaurire il potere della propria economia.

Il finanziamento del bilancio

La rinuncia dello Stato alla creazione di credito per finanziare il suo bilancio mina anche l’interesse pubblico. Quando, a causa di questa rinuncia, lo Stato è costretto a prendere in prestito fondi a tassi elevati – ed eventualmente all’estero - che vengono acquistati dalle banche private in grado di rifinanziarsi presso la banca centrale o dalla BCE a bassi tassi d’interesse – offre alle banche un vantaggio ingiusto, poiché anche in questo caso è essa, vale a dire, la sua banca centrale, che procede alla creazione del credito.

Lo Stato è il “padrone della moneta e del credito”: “E’ il sovrano a dare credito, non a riceverlo”. Non deve sottomettersi né ai mercati finanziari né alle banche, sono le banche che devono sottomettersi allo Stato. Non è lo Stato che deve pagare gli interessi alle banche, ma le banche allo stato. Quando John F. Kennedy ha voluto applicare tali principi che avrebbero fatto saltare il sistema della FED, è stato assassinato. Ma questo non toglie niente al valore dei principi.

Lo Stato è responsabile della moneta e della politica creditizia

Solo lo Stato è responsabile della sua moneta. Deve riprendere in mano la politica della moneta e del credito, perché è lo strumento più importante della sua politica economica e sociale. Rinunciare la sua politica monetaria e creditizia è un reato molto grave. In Germania, questo crimine è stato commesso dal ministro degli Esteri Genscher e dal Cancelliere Kohl, in Austria da Wolfgang Schüssel, Benita Ferrero-Waldner e Klaus Liebscher, ex presidente della banca centrale. In Austria, l’euro è stato introdotto nel 1999, anche se il ministro degli Esteri Mock e l’intero governo avevano ancora qualche giorno prima del referendum sull’adesione all’UE nel 1994, assicurarono che “lo scellino sarebbe stato preservato”. Oggi, tutti gli austriaci sanno che il governo e i media li hanno addestrati all’ UE e all’euro attraverso centinaia di bugie, inganni e promesse non mantenute. Questo ha scosso profondamente la fiducia nello stato e seriamente danneggiato il sistema politico della democrazia dei partiti. Oggi, secondo il quotidiano “Der Standard“, l’82% dei cittadini non si fidano più dei politici. Negli anni Trenta del secolo scorso, la perdita di fiducia e il crack bancario avevano portato ad un rovesciamento della politica.

L’euro è una moneta debole

Dietro l’euro, non esiste né uno Stato forte né un’unione politica che, secondo l’ex capo economista Otmar Issing della BCE, non esisterà mai in parte a causa del “principio democratico”. (“Frankfurter Allgemeine Zeitung” del 6/12/08, p. 11). Un’unione monetaria senza unione politica è destinata al fallimento. Questo è ciò che il premio Nobel Milton Friedman ci ha inculcato poco prima della sua morte (2006). L’economista di Harvard Martin Feldstein, che fu il consigliere economico del presidente Reagan ed ora presidente della National Bureau of Economic Research, nel quotidiano “Die Presse” (6/12/08, p. 4 ), ha posto molto seriamente la seguente domanda: “L’euro sopravviverà alla crisi?” Ha fatto riferimento alle cause pertinenti all’atteso fallimento, cause che l’ex presidente della Hessische Landesbank, l’economista W. Hankel, ha discusso in una conferenza a Vienna il 9 ottobre 2008: “Lo Stato e la moneta sono collegati e non dovrebbero essere separati”. Per Hankel (“Die Eurolüge”, 2008), l’unione monetaria ha avuto come conseguenza che l’ex blocco di monete forti (Germania, Austria, Benelux) “sovvenziona” ogni anno gli altri paesi dell’UE, per eccedenze della bilancia dei pagamenti di 250 miliardi di euro, salvandosi dalla svalutazione della propria valuta che imporrebbe un default.

Questa esorbitante “supporto” non figura in alcun bilancio dell’Unione Europea. Il “****ro” ha chiamato questo tributo una “Versailles senza guerra“. La stagnazione economica in Germania e l’aumento dei salari reali in Germania (e in Austria) sono dovuti a questi tributi. Essi indeboliscono non solo l’ex blocco di paesi con monete forti, le “locomotive”, ma l’intera Europa. Quando le locomotive non tirarano più il treno, questo si ferma. L’indebolimento è cominciato con l’unionemonetaria ed ora prosegue con l’euro. Il suo valore si scioglie come neve al sole. Dall’introduzione dell’euro nel 1999, il prezzo dell’oro – unico criterio affidabile per le valute deboli – è stato moltiplicato per 3,5. Ciò corrisponde ad un tasso di inflazione di circa il 10% all’anno. Questa stima coincide con le esperienze della massaia che va a fare la spesa tutti i giorni e per la quale gli indici manipolati non contano. Essa deve, come qualsiasi persona sensata, giungere alla conclusione che “la BCE non è in grado di lottare efficacemente contro l’inflazione“.

E’ un dato di fatto che la BCE lascia il volume del credito aumentare cinque volte più veloce di quanto non faccia il PIL. Come previsto da centinaia di economisti, il “Patto di stabilità e crescita” non valeva la carta su cui era scritto. Fin dall’inizio dell’unione monetaria, i criteri di stabilità non sono stati rispettati. E quando i paesi con monetaa debole come la Grecia hanno aderito all’Unione monetaria, non è stato più possibile fermare il crollo di quest’ultima. Oggi, ci troviamo con questa palla al piede e non possiamo sbarazzarcene.

La deformazione del sistema della moneta e del credito

Questo è il motivo per cui è urgente ritornare ai principi derivanti dalla natura della moneta e del credito. Essi richiedono una riforma dell’attuale sistema di moneta e credito e la reintroduzione delle monete nazionali. Dovremmo aver imparato dal disastro finanziario in cui l’Unione monetaria europea e la globalizzazione dei mercati finanziari ci hanno portato, e reintrodurre molto rapidamente le monete nazionali rafforzando il controllo delle banche e dei mercati finanziari. Sappiamo che un’inadeguata vigilanza bancaria può facilmente influenzare l’intera economia o essere la rovina di stati (come l’Islanda). Lo Stato ha l’obbligo di sorvegliare le banche e la finanza, se non altro per la necessità di controllare la creazione di credito. Il ritorno alle monete nazionali non causerà più problemi di quanti ne ha causati il passaggio all’euro. E il rafforzamento del controllo – che già esiste – di movimenti del capitale ed operazioni di pagamento con l’estero non dovrebbe incontrare difficoltà. Svolge comunque un ruolo importante in ogni caso per fermare la svendita dell’Austria da parte speculatori ed evitare le delocalizzazioni all’estero, che non sono nell’interesse generale dell’ Austria e obbligherebbe lo Stato ad essere un enorme garante per le banche, cosa che può portare al fallimento se dovesse essere attuato. In ogni caso, le grandi banche sono troppo importanti nello stato e nella società perchè gli sia permesso di fare ciò che vogliono.

Sintesi della tesi

La moneta nasce dal credito e il credito dalla fiducia.

- “Lo Stato è la moneta” Esso determina, per definizione del suo regime giuridico, ciò che è la moneta e ciò che “è considerato” moneta da parte di coloro che hanno fiducia in esso.

- Attraverso la sua politica monetaria e del credito, lo Stato deve rispettare la fiducia datagli dai cittadini e assicurare il mantenimento del potere d’acquisto.

- “Lo Stato e la moneta sono legati e non devono essere separati” (Hankel). Abbandonare la sua moneta nazionale, significa rinunciare alla sovranità dello Stato.

- Non è lo Stato che deve essere sottomesso alle banche, ma le banche allo stato. Non è lo Stato che deve pagare gli interessi alle banche, ma le banche allo Stato.

- “E’ il sovrano a dare credito, non a riceverlo” Fa parte del sistema creditizio dare allo Stato il diritto di creare credito e sottoporlo al controllo dello Stato stesso. Invece di emettere obbligazioni, lo Stato dovrebbe avere il diritto di finanziare i suoi deficit di bilancio utilizzando il credito franco d’interessi della banca centrale.

- Una politica monetaria e creditizia basata sul bene comune richiede l’abbandono dell’euro e della BCE e il ritorno alle valute nazionali.

Nella prima metà del XX secolo, una buona teoria della finanza, della moneta e del credito ha già prodotto risultati inconfutabili che non dovrebbero essere ignorati impunemente dai politici. Prima dell’euto di Maastricht, circa 700 economisti avevano messo in guardia. Il disastro attuale non è una sorpresa per loro, ma i responsabili di questo fallimento sono le politiche che hanno creato l’euro, non vogliono riconoscere il fallimento di questa moneta e fanno sparire nel fumo quelle che sono parti importanti della ricchezza Nazionale.


Friedrich Romig insegna economia politica e politica economica. Ha sempre cercato di parlare sulla stampa circa i vani tentativi di salvare l’Unione monetaria europea.


http://www.andreas-unterberger.at/2012/ ... i/?s=Romig

http://www.andreas-unterberger.at/2011/ ... j/?s=Romig

http://www.andreas-unterberger.at/2011/ ... n/?s=Romig

http://www.andreas-unterberger.at/2011/ ... e/?s=Romig

http://www.andreas-unterberger.at/2011/ ... t/?s=Romig

http://www.andreas-unterberger.at/2011/ ... t/?s=Romig

http://www.andreas-unterberger.at/2010/ ... t/?s=Romig

http://www.andreas-unterberger.at/2010/ ... j/?s=Romig

Traduzione di Alba Canelli - Voci Dalla Strada
http://www.vocidallastrada.com/2012/08/ ... oneta.html



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"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

"Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero". Proverbio Arabo

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Un referendum per dire no all'euro è possibile?

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settembre 2012 - 09.49

di Paolo Becchi

http://www.byoblu.com/post/2012/09/06/U ... erto!.aspx

Il picco di caldo raggiunto in questa estate che sta volgendo al termine è stato segnato dalle voci di una possibile iniziativa referendaria diretta a chiamare i cittadini italiani ad esprimersi sulle sorti dell’euro. È stato Roberto Maroni che, per primo, il 16 agosto ha annunciato di voler presentare «in Cassazione una proposta di legge di iniziativa popolare per abbinare alle politiche del 2013 un referendum consultivo nel quali i cittadini italiani possano esprimersi sull’euro».

Tipica provocazione leghista, dettata dalla necessità, per un partito in profonda e forse irreversibile crisi, di rinserrare le fila? Forse. Eppure, inaspettatamente, la proposta viene rilanciata direttamente da un rappresentante del governo, il ministro per gli Affari Europei Enzo Moavero Milanesi, il quale dichiara che «sulla nuova Europa bisogna consultare i cittadini». Applausi bipartisan. Dal PD, Arturo Parisi insiste: «ha ragione il Ministro Moavero. Il futuro dell’Unione dovrà essere deciso da un voto popolare». Poi la prudenza del governo: con l’arrivo del vento freddo, la questione passa nuovamente sotto silenzio.

Il sospetto, però, è che nessuno abbia molto chiaro cosa sia questo “voto popolare”, cosa significhi “consultare” i cittadini. Va da sé che dall’euro l’Italia non potrebbe certo uscire tramite un referendum abrogativo: non soltanto, infatti, l’art. 75 della Costituzione vieta esplicitamente che possa svolgersi un simile referendum sulle leggi di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali ma, secondo una consolidata interpretazione della Consulta, non sarebbe mai possibile interferire, attraverso referendum, con l’ambito di applicazione delle norme comunitarie e con gli obblighi assunti dall’Italia nei confronti dell’Unione Europea. Né, occorre precisare, è possibile nel nostro ordinamento proporre lo svolgimento di referendum consultivi, al di là delle espresse previsioni della costituzione (articolo 132).

Per questo Maroni parla di “proposta di legge di iniziativa popolare” e di “referendum consultivo”. Per uscire dal “blocco” che la costituzione pone all’intervento diretto del popolo in materia di rapporti con l’Europa, egli sembra infatti richiamare il precedente che si ebbe nel 1989, quando, con legge costituzionale (3 aprile 1989, n. 2), fu indetto un “referendum di indirizzo” (ossia consultivo) sul conferimento di un mandato al Parlamento Europeo per redigere un progetto di Costituzione europea (fu un plebiscito a favore dell’Europa, con l’88% dei sì). Fu necessaria, allora, una legge di iniziativa popolare promossa dal Movimento federalista europeo – successivamente sostituita dalla proposta di legge costituzionale presentata dal partito comunista – la cui approvazione richiese la doppia lettura in entrambi i rami del Parlamento, secondo l’iter necessario per le leggi costituzionali.

La Costituzione non prevede, nella sua lettera, un’ipotesi simile, ma nell’89 i partiti furono concordi nell’approvare questo strumento atipico (il “referendum di indirizzo”) mediante una legge costituzionale ad hoc, formalmente “in deroga” o “rottura” di quanto previsto dall’art. 75 della Costituzione, per legittimare con il ricorso al voto popolare l’accelerazione del processo di integrazione europea. Come è stato correttamente notato da parte della dottrina, limitandosi semplicemente all’indizione di quella singola consultazione, la legge costituzionale non ha introdotto nel nostro ordinamento il referendum di indirizzo, il quale è per così dire, una volta svoltesi le operazioni di voto, «uscito dallo scenario costituzionale», facendo così svanire «la temporanea “rottura della Costituzione”». Che sia questo o meno l’obiettivo di Maroni, esso costituisce l’unica soluzione tecnicamente possibile – anche se in “deroga” alla Costituzione – per ritenere ammissibile un referendum consultivo attraverso il quale gli italiani possano esprimere il proprio giudizio sull’euro.

E’, evidente, tuttavia, come la reale posta in gioco non sia, oggi, quella di ripetere l’esperienza del 1989 (ipotesi piuttosto inverosimile), quanto quella di “sfidare” a venire allo scoperto quella maggioranza silenziosa di italiani che si vocifera da tempo abbia ormai assunto posizioni radicalmente euroscettiche. Per questo Maroni promette di raccogliere “milioni di firme” (quando, per presentare una proposta di legge di iniziativa popolare ne basterebbero 50.000). Anche se, come qualcuno ha notato, l’istituto del “referendum consultivo” di cui parla Maroni non esiste nella nostra Costituzione, ciò non significa che una iniziativa legislativa popolare non possa, in realtà, costituire una mossa politica determinante per l’avvenire di questo Paese. È un appello a contarsi, a schierarsi, a prendere posizione, a far sentire finalmente la propria voce, che potrebbe coinvolgere tutti coloro che vogliono dire no alla moneta europea, che potrebbe finalmente trasformare l’euroscetticismo, da vaga sensazione che si respira oggi nell’aria, in una vera forza politica.



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Cita:
Thethirdeye ha scritto:


FUORI DA QUESTA EUROPA
Intervista a Bruno Poggi


Claudio Messora lo intervista su Byoblu.com.

Qualche giorno fa vi ho raccontato che in Cassazione sono state appena presentate due proposte di legge popolare: una per uscire dall'Europa (e rientrarvi negoziando condizioni migliori) e l'altra per seperare le banche d'affari da quelle commerciali. A depositarle è stato il neonato Movimento Libera Italia, guidato da Bruno Poggi. L'ho intervistato per voi: guardate il video.



Fonte: http://www.byoblu.com/post/2012/09/09/F ... Poggi.aspx



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Con moneta sovrana (Lira) il debito è ricchezza dei cittadini,
con l'Euro invece debito distruttivo


Intervista a Warren Moesler di Paolo Barnard, così comprendiamo meglio il vero funzionamento della moneta sovrana (come lo era la Lira) contro la moneta unica (Euro), come funziona una Banca Centrale moderna, la fiscalità (le tasse) e la gestione dei bilanci e del debito.




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Italia fuori dall'euro e 'criminali dell'inflazione'

Nel corso della trasmissione "Cominciamo bene" su Rai 3 il deputato dell'Idv Antonio Borghesi ha litigato vivacemente con il prof. Paolo Becchi di Genova, filosofo, simpatizzante del Movimento 5 Stelle, fautore dell’uscita dell’Italia dall’Euro. Ecco il VIDEO (credit: Claudio Messora) in cui altri economisti, tra cui Alberto Bagnai (vedi articolo sotto) e Claudio Borghi, definiscono Borghesi "criminale dell’inflazione". Che ne pensate?

http://www.wallstreetitalia.com/article ... zione.aspx

Cita:
Mercoledì 29 agosto ho partecipato alla trasmissione "Cominciamo bene" in diretta su Rai 3. Nel corso della trasmissione ho vivacemente contestato le tesi economiche del prof. Becchi di Genova, filosofo, simpatizzante del Movimento 5 Stelle e che propugnava l’uscita dell’Italia dall’Euro. Qualche giorno dopo ha iniziato a circolare nella rete un video nel quale vengo definito "criminale dell’inflazione" o anche semplicemente "criminale" per i giudizi espressi in quella occasione.

Il video qui sotto e' di byoblu, il blog di Claudio Messora:




Vorrei oggi confutare in modo argomentato quanto dichiarato nel video ed in particolare segnalare le omissioni che gli economisti Bagnai e Borghi commettono nel paragonare la situazione attuale a quella del 1992.

Nel 1992 (periodo di Tangentopoli) l'imperativo categorico era recuperare un minimo di credibilità sui mercati, alleggerire il peso degli interessi che cresceva a ritmo esponenziale facendo volare il deficit. Una spirale infernale, poiché l'alto debito costringeva il Tesoro a offrire rendimenti sui propri titoli che superavano il 12,5 per cento. In questa situazione di grande fragilità partì l'attacco alla lira. L'antipasto venne servito il 10 luglio con una manovra correttiva da 30mila miliardi delle vecchie lire, con tanto di patrimoniale del 6 per mille sui depositi bancari e postali. Il 4 settembre, all'apertura del mercato dei cambi, la lira crollava a quota 765,50 contro il marco (poi avrebbe raggiunto quota 800). Vano anche l'ennesimo tentativo della Banca d'Italia che portava il tasso di sconto al 15%, un livello mai raggiunto dal 1985.

Domenica 13 settembre 1992. Il presidente del Consiglio, Giuliano Amato, annuncia in tv la svalutazione della lira. Dopo un' intera estate di tensioni e dopo una estenuante, costosa battaglia per difendere il cambio, la moneta italiana perde il 7 per cento del suo valore, frutto di una svalutazione del 3,5 per cento e di una rivalutazione di egual misura di tutte le altre monete europee. L' indomani la Bundesbank agisce. Ma sui mercati le tensioni non si placano. Tre giorni più tardi, un vertice notturno convocato d' urgenza a Bruxelles cerca di trovare i rimedi per riportare ordine nei cambi. E' una seduta drammatica: la sterlina esce dallo Sme; la lira deve autosospendersi.
Quali le differenze tra la crisi del 1992-1993 e quella del 2008-2009? (come emerge da uno studio della Banca d’Italia).

La crisi del 1992-93 è "endogena": si tratta del redde rationem di oltre due decenni di politiche economiche figlie della temperie sociale e politica iniziata alla fine degli anni Sessanta e proseguita per tutto il decennio Settanta. Dal momento in cui il debito pubblico che ne risulta inizia a essere collocato presso investitori stranieri, verso la metà degli anni Ottanta, parte un conto alla rovescia Il sistema politico detto della Prima Repubblica, ormai corroso dall’interno, implode rovinosamente pochi mesi dopo.

La crisi del 2008-09 è certamente "esogena": è una crisi statunitense, figlia di errori politici protrattisi per molti anni in quel paese nel governo della moneta e nella regolazione della finanza, una crisi che contagia il resto del mondo con rapidità fulminea, traducendosi per tutti nella paralisi dei mercati monetari e, di conseguenza, in un irrigidimento dei circuiti finanziari. Le conseguenze sull’economia reale sono inevitabili e acute.

Fra il 1991 e il 1995 la lira perde quasi un terzo (svalutazione =33%) del suo valore esterno, cioè della sua quotazione media sui mercati dei cambi. Nello stesso periodo, il valore interno della lira, cioè il potere d’acquisto dei consumatori italiani, si riduce solo di un sesto (inflazione =17%). È, questo, un evento inusuale. In occasione dell’altro ciclo di acuta svalutazione del cambio della nostra moneta, dal 1972 al 1976, la relazione fra le due variazioni fu opposta: a una perdita di valore esterno di poco più di un terzo (svalutazione=33%)corrispose una perdita di valore interno molto maggiore, quasi pari alla metà(inflazione=50%).

Che cosa ha impedito, all’indomani della crisi valutaria del 1992, la trasmissione amplificata degli impulsi di svalutazione del cambio ai prezzi interni? Tre elementi:

una profonda recessione della domanda interna, «da sfiducia»;
il favore dei prezzi internazionali;

la moderazione salariale, in particolare il tempestivo disinnesco delle indicizzazioni.

Nel quadriennio fra il 1991 e il 1995 le retribuzioni pro capite in termini reali diminuiscono del 3,3 per cento nel complesso dell’economia; restano immutate nell’industria, dove la produttività progredisce quasi dell’8 per cento. In termini nominali, il costo complessivo del lavoro per unità di prodotto nell’industria aumenta in quattro anni solo di poco più del 2 per cento. Vent’anni prima, nell’altro quadriennio di drammatico indebolimento del cambio della lira, dal 1972 al 1976, quella stessa variabile era cresciuta del 94 per cento! In più il governo Amato che avvia una manovra di 95.000 miliardi di lire (in moneta odierna sarebbero 150.000 miliardi di lire o 80 miliardi di euro. Il debito pubblico era il 105% del Pil.

L’inflazione tra il 92 ed il 93 risulta del 4,7% e poi inizia a calare e nel mese di giugno scende sotto il 4%. Il rendimento di un titolo dello Stato a dieci anni è del 5,7 per cento per i Btp italiani e del 5,3 per i bund tedeschi.

In conclusione:

1992-94 Svalutazione concordata 33% con profonda recessione della domanda interna, prezzi internazionali in calo, salari reali in calo, debito pubblico 105% Pil, spread 40, manovra da 80 miliardi di euro. Interessi sui Buoni del tesoro 12,5%. Risultato inflazione 4%

2012-14 Recessione domanda interna, prezzi internazionali crescenti (anche a causa del deprezzamento dell’euro rispetto al dollaro), salari non più comprimibili (anzi forte richiesta per una loro crescita causa elevatissima pressione fiscale, debito pubblico 120% Pil, spread 400-500, nessuna manovra prevista. Cosa è lecito aspettarsi? E’ evidente che non potrà che esserci che un alto tasso di inflazione (anche del 20-30%) come già avvenuto nel quadriennio 1972-76 (quando fu del 50%).

Bagnai mi definisce criminale per questa mia posizione evidentemente perché non ha argomenti per contrastare questo punto di vista.

Quanto a Borghi sostiene che l’alto tasso di disoccupazione sarebbe un antidoto alla crescita dell’inflazione. Come dire che se usciamo dall’euro, ad esempio passando dall’attuale 10% di disoccupazione al 20%, forse non avremo inflazione. Alla faccia dei disoccupati!



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MessaggioInviato: 11/09/2012, 17:43 
L'articolo di Sergio Di Cori Modigliani pubblicato oggi sul blog, è tutto da leggere: http://goo.gl/FIIQG
Vi riporto uno stralcio molto interessante:
"Il 3 agosto, con un anticipo rispetto alla scadenza di 16 mesi, la presidente della Repubblica Argentina, Cristina Kirchner, si presenta alla sede di Manhattan del FMI con il suo ministro dell’economia e il ministro degli esteri ecuadoregno Patino, in rappresentanza di “Alba” (acronimo che sta per Alianza Laburista Bolivariana America), l’unione economica tra Ecuador, Colombia e Venezuela. La Kirchner si fa fotografare e riprendere dalle televisioni con un gigantesco cartellone che mostra un assegno di 12 miliardi di euro intestato al FMI con scadenza 31 dicembre 2013, che il governo argentino ha versato poche ore prima. “Con questa tranche, l'Argentina ha dimostrato di essere solvibile, di essere una nazione responsabile, attendibile e affidabile per chiunque voglia investire i propri soldi. Nel 2003 andammo in default per 112 miliardi di dollari, ma ci rifiutammo di chiedere la cancellazione del debito: scegliemmo la dichiarazione ufficiale di bancarotta e chiedemmo dieci anni di tempo per restituire i soldi a tutti, compresi gli interessi. Per dieci, lunghi anni, abbiamo vissuto nel limbo. Per dieci, lunghi anni, abbiamo protestato, contestato e combattuto contro le decisioni del FMI che voleva imporci misure restrittive di rigore economico sostenendo che fossero l’unica strada. Noi abbiamo seguito una strada opposta: quella del keynesismo basato sul bilancio sociale, sul benessere equo sostenibile e sugli investimenti in infrastrutture, ricerca, innovazione, investendo invece di tagliare. Abbiamo risolto i nostri problemi. Ci siamo ripresi e siamo in grado di saldare l’ultima tranche con 16 mesi di anticipo. Le idee del FMI e della Banca Mondiale sono idee errate, sbagliate. Lo erano allora, lo sono ancor di più oggi. Chi vuole operare, imprendere, creare lavoro e ricchezza, è benvenuto in Argentina: siamo una nazione che ha dimostrato di essere solvibile, quindi pretendiamo rispetto e fedeltà alle norme e alle regole, da parte di tutti, dato che abbiamo dimostrato, noi per primi, di rispettare i dispositivi del diritto internazionale.”. Subito dopo la Kirchner ha presentato una denuncia formale contro la Gran Bretagna e gli Usa al WTO, coinvolgendo il FMI grazie ai file messi a disposizione da Wikileaks, cioè Assange. L’Argentina ha saldato i debiti, ma adesso vuole i danni. Con gli interessi composti."


http://www.facebook.com/beppegrillo.it/ ... 9676536545


notizia che dimostrerebbe che possono essere seguite politiche non vessatorie sia in fatto di tassazione sia nel sociale,x uscire dalla crisi,e trovo alquanto strano che nessun tipo di informazione abbia accennato a questo evento,solo nella serata di ieri nel programma quinta colonna,qualkuno ne ha parlato....


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