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 Oggetto del messaggio: Re: ILVA e l'incuria nel Golfo di Taranto
MessaggioInviato: 07/09/2018, 03:28 
ILVA, il miglior risultato possibile nelle peggiori condizioni possibili e ora operazione Fiato sul collo


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di Luigi Di Maio
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Quando siamo arrivati al Ministero dello Sviluppo economico, lo stabilimento Ilva era stato già venduto con un contratto sottoscritto nel 2017 e tenuto nascosto dal precedente Governo. Un contratto che prevedeva meno garanzie ambientali e non prevedeva l’accordo sindacale, mai visto un caso del genere. Un paradosso nel paradosso, perché dal 15 settembre 2018 l’azienda acquirente - che ci tengo a ribadire, si è sempre comportata correttamente - sarebbe comunque entrata in ILVA nonostante una gara viziata.

Vi avevamo promesso che avremmo accertato la legalità e così abbiamo fatto, vi avevamo promesso che qualora si fossero verificati i presupposti legali avremmo annullato la gara, che si è rivelata illegittima per eccesso di potere come dimostrato prima dall’ANAC e poi dall’Avvocatura dello Stato. Ma per l’annullamento non basta, per legge, l’illegittimità; serve un interesse pubblico concreto ed attuale che non si è verificato, in quanto i fatti risalgono a circa due anni fa. Due anni in cui è successo di tutto. I due anni del delitto perfetto.
Inoltre, se anche una sola azienda avesse chiesto di poter essere reintegrata nella gara, avremmo potuto annullarla per opportunità. Ma l’unica altra cordata che partecipò a questa gara, oggi, dopo due anni, non esiste più.

Il piano ambientale così come il piano occupazionale raggiunti rappresentano il miglior risultato possibile nelle peggiori condizioni possibili. Per quanto riguarda il primo, è stato ottenuto che l’aumento della produzione di acciaio oltre sei milioni di tonnellate annue sia condizionato alla dimostrazione da parte dell’azienda - documentata al Ministero dell’Ambiente - che le emissioni complessive di polveri dell’impianto non superino i livelli collegati alla produzione a 6 milioni. In conformità ai limiti che pone l’ARPA Puglia.

Un altro miglioramento riguarda il problema della diffusione delle polveri: rispetto alla scadenza iniziale del 2021, è stato ottenuto l’anticipo della copertura dei parchi minerari entro il 2019. Per la prima volta sono stati fissati anche i tempi intermedi per la copertura dei parchi: entro aprile 2019 l’azienda sarà obbligata a coprire il 50% della zona del parco più vicino al quartiere Tamburi.

Grazie all’introduzione dei termini intermedi e all’obbligo della presentazione della documentazione al Ministero dell’Ambiente, il Governo per la prima volta si è dotato di due nuovi strumenti per vigilare sul rispetto degli obblighi dell’azienda. Non faremo sconti a nessuno.

Sul piano occupazionale si partiva da 10000 assunzioni e centinaia di esuberi, si è arrivati a 10700 con zero esuberi: tutti i dipendenti riceveranno una proposta di lavoro. All’ILVA di Taranto non si applicherà il Jobs Act: gli operai saranno assunti mantenendo integro l’articolo 18 e tutti i diritti pregressi, anche quelli economici e di anzianità.

Questo accordo è il miglior risultato che si potesse ottenere nelle peggiori condizioni possibili. I miglioramenti che sono stati raggiunti durante le trattative dimostrano che, oggi come negli scorsi anni, i rilanci in materia ambientale e occupazionale erano possibili e anzi doverosi per garantire la tutela dell’interesse pubblico.

A proposito di futuro, quello di Taranto non dovrà essere ostaggio di una sola azienda. È questa idea miope di sviluppo ad aver reso Taranto un deserto. Sappiamo bene che lo Stato da oggi dovrà seriamente riconquistarsi la fiducia dei suoi cittadini. Io ci metterò la faccia. Questo Governo vigilerà ogni giorno per garantire che tutti gli impegni presi vengano rispettati, e come detto non faremo sconti a nessuno.

Taranto ha bisogno di una legge speciale per ripartire dopo decenni in cui si è giocato con la vita delle persone e dei lavoratori. Una vera riconversione economica, partecipata dai cittadini, che impegnerà il Governo nel destinare risorse straordinarie per il rilancio di questa città, già a partire dalla prossima Legge di Bilancio e con una serie di azioni legislative mirate.

Oggi si è fatto un passo, impegnando l’azienda a dare garanzie importanti che nessuno fino ad ora aveva preteso. Ma da oggi inizia l’operazione “fiato sul collo” per verificare che si mantengano gli impegni presi soprattutto sul versante ambientale.

Sono un cittadino della terra dei fuochi, ed è lì che ancora ogni giorno respira la mia famiglia, quindi posso capire che cosa provano i tarantini. Nella mia terra per anni ci hanno detto che erano stati firmati nuovi impegni ambientali, ma noi abbiamo sempre chiesto i fatti. Da semplice attivista del MoVimento 5 Stelle per la Terra dei fuochi e i cittadini campani mi sono battuto per anni per chiedere un vero diritto alla salute, mi batterò ora da ministro del MoVimento 5 Stelle perché l’Ilva non inquini davvero e i cittadini di Taranto possano tornare a respirare. La struttura commissariale agirà come un poliziotto ambientale, pronto a intervenire al primo allarme e sempre pronto a vigilare sugli obblighi da rispettare. E le porte del Ministero saranno sempre aperte ai comitati e ai cittadini.

Andiamo avanti insieme.
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 Oggetto del messaggio: Re: ILVA e l'incuria nel Golfo di Taranto
MessaggioInviato: 07/09/2018, 13:24 
Ottimo!! Davvero bravissimi, speriamo che sia l'inizio di un grande miglioramento per il nostro paese [:264] [:264] [:264]



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 Oggetto del messaggio: Re: ILVA e l'incuria nel Golfo di Taranto
MessaggioInviato: 16/09/2018, 01:56 
Ilva, nel referendum tra i lavoratori vince il sì all’accordo col 93%. Di Maio: “Miglior risultato nelle peggiori condizioni”


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I dipendenti dell'Ilva hanno approvato l’ipotesi di accordo sottoscritta lo scorso 6 settembre presso il Ministero dello Sviluppo Economico, tra le organizzazioni sindacali e Arcelor-Mittal. I sindacati: "Si chiude una delle vertenze più complesse del nostro Paese"
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I dipendenti dell’Ilva hanno approvato l’ipotesi di accordo sottoscritta lo scorso 6 settembre presso il Ministero dello Sviluppo Economico, tra le organizzazioni sindacali e Arcelor-Mittal. Lo annuncia un comunicato di Fim, Fiom e Uilm che riporta il risultato schiacciante: 93% dei lavoratori ha detto “sì” all’accordo, dopo una settimana di assemblee, 44 in totale, che hanno coinvolto circa 14.000 lavoratori del gruppo in Italia. “Esprimiamo grande soddisfazione per il risultato raggiunto, anche i lavoratori approvano l’intesa. Dopo sei anni dal sequestro dell’area a caldo, dodici decreti salva Ilva e decine di scioperi, con l’approvazione dell’accordo da parte dei lavoratori si chiude una delle vertenze più complesse del nostro Paese”, esultano i sindacati uniti. “Abbiamo ottenuto il miglior risultato possibile nelle peggiori condizioni”, ha commentato il ministro del Lavoro e dello sviluppo Economico, Luigi Di Maio.

Alle urne sono andati circa 8.894 lavoratori. I favorevoli sono stati 8.255, pari al 92,82%. I contrari, in tutti i siti Ilva, sono stati 596 pari al 6,70%, gli astenuti 43. L’intesa raggiunta, ricordano i sindacati, porterà complessivamente 4,2 miliardi di investimenti per il rilancio del siderurgico, 1,25 miliardi industriali, 1,15 miliardi ambientali a cui si sommano 1,2 miliardi sequestrati alla famiglia Riva per le bonifiche e l’ambiente.

Per le dichiarazioni ufficiali si dovrà aspettare venerdì mattina, alle 9.30, quando inizierà la conferenza stampa sull’esito del referemdum alla quale parteciperanno i segretari territoriali di Fim, Fiom, Uilm e Usb. per adesso, solo commenti a caldo. “E’ un risultato straordinario di partecipazione e di consenso. Il 93% dei metalmeccanici ha convalidato l’ipotesi di accordo siglata con Arcelor-Mittal. Il risultato di una vertenza lunga e complessa”, ha commentato un’entusiasta Francesca Re David, segretario generale Fiom-Cgil. “Il sindacato ha tenuto ferme condizioni imprescindibili con il sostegno delle lavoratrici e dei lavoratori: diritti, salario, occupazione e ambiente. Questo accordo dimostra che le multinazionali possono investire nel nostro Paese conservando le tutele, a partire dall’articolo 18, dal mantenimento degli attuali livelli salariali e garantendo l’occupazione”, ha poi concluso.

Anche il leader della Uil, Carmelo Barbagallo, ha commentato l’esito del referendum: “Il sì all’accordo dei lavoratori dell’Ilva è un autentico plebiscito. È la prova più lampante sia della bontà dell’intesa, così faticosamente voluta e costruita dalla categoria, sia dell’altissimo livello di rappresentatività del sindacato. Questo eccezionale risultato è il degno esito della lunga lotta dei lavoratori per lo sviluppo, l’occupazione, la sicurezza e l’ambiente a Taranto e in tutto il Paese”.

Il risultato del voto ha portato anche i complimenti di Carlo Calenda e Luigi Di Maio. L’ex ministro del Lavoro, con un tweet, ha voluto fare i “complimenti a sindacati e ai lavoratori! Risultato straordinario. Finalmente Ilva riparte!”. Il suo successore Cinque Stelle dice che “per Ilva abbiamo ottenuto il miglior risultato possibile nelle peggiori condizioni possibili. Abbiamo lavorato per migliorare sia il piano ambientale sia quello occupazionale. Il risultato emerso dalle votazioni dei lavoratori conferma l’azione di questo Governo su una vicenda tanto delicata quanto quella dell’Ilva”.

“Sono sempre rimasto fuori dalla vertenza sindacale come giusto che fosse e non mi sento di commentare il risultato del referendum”, ha affermato il Sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, aggiungendo che “quello che posso fare è invece garantire l’impegno dell’amministrazione affinché quel posto di lavoro diventi un luogo sicuro nel quale vengano rispettate le misure ambientali”.
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Fonte



Ilva, Marcegaglia: "Calenda aveva fatto un buon lavoro, accordo di Di Maio è positivo"

Guarda su youtube.com



Hmmm Emmuccia forse pensa di fare l'occhiolino a Di Maio.
Le occorrono chilometri di tubi a buon prezzo?

Emma, Di Maio non è il bomba/Renzi.
Lasci perdere.

L'accordo di Di Maio è positivo?
Lei mah (se l'ILVA fosse ancora dei Riva e se esistesse ancora il governo Renzi, neanche accennerebbe alla questione ambientale, come ha fatto nel video qui sopra)!
Tutto positivo per lei, soprattutto se c'è anche solo la minima possibilità ti portare avanti i suoi affari.


Va' a ciapà i trolls!



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 Oggetto del messaggio: Re: ILVA e l'incuria nel Golfo di Taranto
MessaggioInviato: 14/10/2018, 04:53 
ILVA di Taranto


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Salvare i posti di lavoro o l'ambiente e la salute? Il falso dilemma della battaglia per la giustizia ambientale: non si può separare o alienare la vita dal lavoro.



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L’Ilva di Taranto, quarto polo siderurgico italiano, è stato costruito nel 1960 a carico dello Stato (ex Italsider) ed è stato inaugurato 4 anni dopo. La scelta di localizzare lo stabilimento, costituito da 5 altiforni più alti di 40 metri e con un diametro che va dai 10 ai 15 metri, presso la città di Taranto derivava da differenti considerazioni: la convinzione che sarebbe stata una spinta per lo sviluppo economico della città, la posizione privilegiata a causa della vicinanza del mare che avrebbe facilitato la logistica e il trasporto. Tutto ciò però andava a discapito della norma che, già dal 1934, imponeva la costruzione di stabilimenti industriali al di fuori delle aree abitate [1]. Inizialmente l’Italsider produceva 3 milioni di tonnellate l’anno di acciaio; arrivò a produrne 11,5 milioni nel 1975 con un numero di addetti pari a 43.000 nel 1981, quadruplicando la capacità produttiva. Tuttavia, l’aumento della capacità produttiva non è andato di pari passo con l’elaborazione di un piano strategico per l’area circostante: la conseguenza è stata la creazione di un’area completamente dipendente dalla siderurgia, facendo scomparire altre attività di sviluppo [1]. Per questo motivo, negli anni ‘80, con la crisi del settore siderurgico, c’è stato un rallentamento dello sviluppo della città con una riduzione dell’occupazione e una conseguente emigrazione verso altre aree [1]. Nel 1995 il Governo ha deciso di privatizzare l’Ilva, la quale è stata dunque acquisita dal Gruppo Riva che l’ha gestita fino al 2015.
Negli anni sono state attuate diverse azioni di fronte all’autorità giudiziaria contro le emissioni inquinanti dell’Ilva; alcune di queste azioni sono ancora in corso. Si tratta di accuse di inquinamento, disastro ambientale doloso e colposo, avvelenamento di sostanze alimentari, omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, danneggiamento di beni pubblici, sversamento di sostanze pericolose, inquinamento atmosferico [1]

In particolare nel 2005 è arrivata la prima condanna per violazione delle norme antinquinamento nei confronti del Gruppo Riva con sentenza passata in giudicato [2]; mentre nel 2012 la Procura della Repubblica di Taranto, oltre al sequestro preventivo senza facoltà d’uso degli impianti dell’area a caldo, ha disposto gli arresti per alcuni manager del gruppo ed esponenti politici. L’accusa è stata quella di aver prodotto un livello di inquinamento tale da causare la morte di migliaia di persone [3] e aver contaminato in modo spregiudicato l’ambiente, senza osservanza dei limiti di emissioni stabiliti. Tuttavia, a seguito della ordinanza di sequestro sono stati adottati diversi provvedimenti legislativi per far proseguire le attività lavorative [1]. Questo nonostante i provvedimenti emessi dalla Magistratura [4] che erano corredati da perizie le quali hanno accertato che presso lo stabilimento Ilva sono stati oltrepassati tutti i limiti previsti per polveri e agenti inquinanti, ignorando così qualsiasi normativa a tutela dell’ambiente e dei cittadini con conseguenze drammatiche per la salute di questi ultimi (Vedi conclusioni perizia chimica e epidemiologica [3]). La perizia epidemiologica ha infatti confermato, che l’aumento dei decessi e delle patologie tumorali è riconducibile al disastro ambientale dell’Ilva [5].

Il sequestro dello stabilimento del luglio 2012 ha scatenato la mobilitazione della società civile e la presa di coscienza collettiva rispetto al rischio sanitario per la popolazione tarantina [6]. Tuttavia si è venuto a creare uno scontro interno in cui da una parte, si è cercato di tutelare la salute, dall’altra l’obiettivo è stato preservare il lavoro dei tanti operai. Tante sono state le persone che hanno richiesto la definitiva chiusura dell’Ilva ma, allo stesso tempo, tanti altri cittadini si sono schierati a favore dello stabilimento che produce il 75% dell’economia tarantina, in termini di posti di lavoro e Prodotto Interno Lordo, bloccando così qualsiasi altra forma di sviluppo alternativo [7]. A partire soprattutto dal 2012 sono state presentate denunce, esposti e sono state organizzate le prime manifestazioni. Il Comitato Altamarea [8] è riuscito ad unire 20.000 cittadini che hanno manifestato per l’aria pulita e contro l’inattività dell’allora sindaco tarantino di fronte ai dati dell’Arpa Puglia. Tuttavia, le conseguenze in termini di esuberi e licenziamenti a seguito dell’eventuale chiusura dello stabilimento ha reso difficoltosa la scelta. I cittadini e gli stessi operai sono stati messi davanti alla necessità di scegliere tra la tutela della propria salute e quella dei propri figli o il lavoro.

Ad aprile del 2013 la popolazione tarantina è stata chiamata a esprimersi sulla chiusura della fabbrica con un referendum; il quorum però non è stato raggiunto: solo il 20% degli aventi il diritto hanno votato, l’80% dei quali si è comunque espresso a favore della chiusura dell’Ilva a Taranto [9].

Tra gli operai qualcuno ha addirittura deciso di denunciare le irregolarità e la mancanza di sicurezza all’interno dell’azienda; dopo poco tempo è arrivato il licenziamento, come accertato dal Fatto Quotidiano [10].

In seguito allo scandalo nazionale nel 2012 il Governo ha deciso di intervenire - sollevando non poche polemiche. Il primo dei numerosi provvedimenti adottati (DL 207/2012) stabiliva che il Ministero dell’Ambiente poteva autorizzare il proseguimento dell'attività produttiva (in quanto stabilimento di interesse strategico nazionale) per un periodo non superiore a 36 mesi nonostante il sequestro [1].

I successivi decreti (come il Decreto 61 del 2013, Decreto n. 136 del 2013,Decreto n. 1 del 2015, Decreto n. 98 del 2016) hanno avallato le decisioni già individuate. In particolare nel 2015, anno in cui - dopo il dichiarato fallimento da parte della famiglia Riva a causa del sequestro - l’ILVA è stata rinazionalizzata nell’attesa di un acquirente o di una chiusura dell’impianto (11), per mezzo del decreto n. 1 del 2015 si è stabilito che il commissario straordinario e i suoi incaricati avrebbero ricevuto immunità penale e amministrativa per quanto adottato in attuazione del piano ambientale previsto dall’autorizzazione integrata ambientale.

Nel 2016 (con il decreto 98) è stato esteso ulteriormente il termine ultimo per l’attuazione del piano ambientale; inoltre l’immunità per le condotte poste in essere in attuazione del piano è stata estesa anche agli acquirenti o affittuari e ai loro delegati [1].

Il 5 giugno 2017 il Ministero dello Sviluppo Economico (MiSE) ha firmato il decreto di aggiudicazione dell’ILVA al gruppo AM Investco Italy: tale gruppo è composto da Arcelor Mittal Italy Holding (51%), Arcelor Mittal SA (31%) e Marcegaglia Carbon Steel Spa (15%) [1].

Per quanto riguarda le azioni di protesta, nel 2017 è nato un altro comitato che riunisce i cittadini del quartiere Tamburi, separato dallo stabilimento dell’Ilva solo da una collina: i Tamburi Combattenti [12], che hanno iniziato a confrontarsi tra loro dopo l’ordinanza n° 39 del 24.10.2017 del comune di Taranto, la quale impone la chiusura delle scuole materne, elementari e medie presenti nel quartiere in occasione dei Wind Days, ovvero quando il vento soffiando da Nord-Ovest a un’intensità maggiore di 25 km/h disperde inquinanti di origine industriale (in particolare PM10 e benzo(a)pirene) provenienti dall’area industriale su alcuni quartieri, quali Tamburi e Paolo VI [13].

I Tamburi Combattenti si incontrano settimanalmente per confrontarsi sulla situazione della loro città soprattutto per quanto riguarda le tematiche della tutela della salute, della chiusura delle fonti inquinanti, della necessità di bonifiche dei terreni e delle falde acquifere e di sviluppare un programma di reimpiego dei lavoratori attualmente alle dipendenze dell’industria inquinante [12]

A seguito dell’ingresso in scena da parte del gruppo AM Investco Italy è stata aperta la procedura di negoziazione - prevista dalla normativa - tra i commissari e gli acquirenti. L’offerta presentata da Investco prevedeva un investimento di 1,25 miliardi di euro destinati all’attuazione del Piano Ambientale, il quale è stato criticato, tra gli altri, dall’Arpa Puglia: infatti tale Piano prevede lo spostamento al 2023 delle misure di risanamento ambientale; l’Arpa Puglia ha inoltre sottolineato i rischi inerenti alla proposta di riaccensione dell’altoforno n. 5, che è anche quello più cancerogeno [1].

Il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 29 settembre 2017 prorogava l’autorizzazione integrata ambientale fino al 23 Agosto 2023. Dunque, il 30 settembre 2017 le associazioni ambientaliste, i cittadini di Taranto, la Regione Puglia e il Comune di Taranto hanno chiesto, tramite istanza di sospensione, l’immediato spegnimento degli altiforni della fabbrica [1]. È stato allora indetto un tavolo negoziale dedicato all’Ilva di Taranto da parte del Ministro dello Sviluppo Economico. Il Governo ha poi emesso un protocollo d’intesa che prevedeva rafforzamenti della fase esecutiva del DPCM del 29 settembre 2017, e ha dato via libera al piano ambientale per l‘Ilva. La Regione Puglia e il Comune di Taranto hanno però presentato una proposta di accordo di programma contenente modifiche e integrazioni al Protocollo di intesa, ma tale proposta è stata dichiarata irricevibile [1].

Nel gennaio 2018 è stata poi emessa la sentenza n. 45/2018 della Corte d’Appello di Lecce che ha confermato la sentenza di primo grado accertando la sussistenza del diritto al risarcimento del danno da parte degli abitanti del quartiere Tamburi i quali hanno dovuto lasciare la propria casa a causa della vicinanza con l’Ilva e dello sversamento delle polveri prodotte da quest’ultima [1].

Il 28 settembre 2018 si è svolta una conferenza stampa indetta dal gruppo Tamburi Combattenti: al centro della discussione il gas radon rilevato in tre scuole del quartiere Tamburi. Tale gas legandosi agli agenti presenti nell’aria, una volta entrato a contatto con l’organismo, rilascia radioattività nelle cellule. Questa scoperta ha aggravato una situazione già nota da anni come critica per la salute degli abitanti del quartiere, e dei bambini in particolare [14].

Per questo motivo genitori e cittadini hanno chiesto l’immediato trasferimento di alunni e personale delle scuole in sedi più consone.

Sempre nello stesso mese, è stato chiuso l’accordo sindacale, dopo un anno di trattative con il nuovo azionista Arcelor Mittal, e sei anni dopo che l’Ilva è passata dalle mani dei Riva ai commissari di Stato. L’accordo prevede l’assunzione di 10 700 lavoratori, ovvero quelli che ora lavorano negli stabilimenti. Come spiega Alessandro Marescotti, ambientalista storico di Peacelink, con questo accordo però il danno ambientale e sanitario rischia si aumentare con l’incremento della produzione [15].
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Fonte



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"L’ILVA ci dà da mangiare...e ci uccide”



A Taranto, in Italia, gli operai hanno votato per il piano di recupero della loro fabbrica inquinante da parte di Arcelor Mittal.
25 settembre 2018 - Jérome Gautheret
Fonte: lemonde.fr - 15 settembre 2018



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TARANTO (Puglia) Inviato speciale

Sulle pareti esterne della chiesa di San Francesco de Geronimo, nel centro di Taranto (Puglia), sono state scritte in nero queste parole: “O l'acciaio o la vita, devi scegliere”. Da quanto tempo è là quella scritta? Un giorno, una settimana, un anno? Impossibile saperlo: nessuno dei passanti intervistati riesce a dirlo. Eppure essa riassume, in maniera clinica, il terribile dilemma col quale da anni deve confrontarsi questa città del Sud Italia di 200.000 abitanti, la cui principale risorsa è esattamente ciò che la fa morire.
In un certo senso, è a questa domanda impossibile che i 10.700 lavoratori dell’ILVA di Taranto hanno dovuto rispondere, in un referendum interno che si è tenuto dal 10 al 13 settembre. Il loro verdetto è stato quasi unanime, e non ha destato sorpresa. Per il 94% e con quasi il 70% della partecipazione, i votanti si sono pronunciati a favore del piano di recupero del sito formulato dal gigante della siderurgia ArcelorMittal, concluso grazie ad un accordo con il governo italiano, rappresentato dal vice-premier e ministro Luigi Di Maio (Movimento 5S), lo scorso 6 settembre. Comincerà nei prossimi giorni una lunga fase transitoria. Il sito dovrà restare sotto tutela pubblica fino al 2023. Almeno cinque anni di sospensione, 4 miliardi di euro di investimenti, impiego garantito per 10.000 persone, 100.000 euro di indennizzo per chi vuole andarsene...I dipendenti non potrebbero desiderare di più.



Un pesante tributo

“In Italia, negli ultimi vent’anni, non ricordo esempi di piani così generosi”, conviene il responsabile sindacale Francesco Brigati (Fiom-CGIL), incontrato davanti ad uno degli ingressi dell’impianto industriale interdetto ai giornalisti. Da dove viene allora questa pesantezza che si avverte nell’aria? C’è che è difficile avere il cuore leggero, dato che nessuno può ignorare il pesante tributo che gli abitanti pagano per il mantenimento della più grande acciaieria d’Europa...
All’inizio c’era la piccola città di Taranto, fondata da esiliati spartani durante l’Antichità, che si era pian piano specializzata, nel corso dei secoli, nella pesca e nella costruzione di navi. La città crebbe lentamente, fino al momento in cui lo Stato italiano decise, all’inizio degli anni ‘60, di insediarvi una acciaieria senza pari. Nell’idea dei governanti, Taranto era chiamata a diventare la locomotiva di tutta la regione, il simbolo del decollo economico del Sud.
Con i suoi cinque altoforni e una produzione che è riuscita a raggiungere i 10 milioni di tonnellate all’anno, l’ILVA è un mastodonte. Per mere ragioni logistiche (l’accesso al mare, collegamenti più brevi), la parte più inquinante della fabbrica è stata costruita in prossimità immediata - appena 200 metri in linea d’aria - dal centro della città. Una scelta le cui conseguenze si sono rivelate drammatiche: oggi, secondo diverse associazioni, Taranto è senza mezzi termini la città più inquinata d’Europa.
Dalla città vecchia, i cui edifici per il 70% sono disabitati, l’inquietante silhouette della fabbrica è onnipresente, come un promemoria perenne della minaccia. E quando il vento soffia in senso sfavorevole (una ventina di giorni all’anno), una spessa nuvola grigio-rosa si abbatte su Taranto, posando dappertutto una pellicola sottile di polvere tossica. “È così, l’ILVA ci dà da mangiare, e allo stesso tempo ci ammazza”, constata con un sorriso fatalista Nicola Giudetti, 81 anni, ex operaio della fabbrica, che da trent’anni vende i suoi dipinti e le sue figurine scolpite in una minuscola bottega del centro.
Nel 2012, dopo anni di mobilitazioni delle associazioni ecologiste, la Giustizia dichiara il sequestro e il commissariamento dell’azienda, privatizzata negli anni ‘90, per “reato ambientale”. Subito la situazione si manifesta in tutto il suo orrore: secondo diversi studi, l’inquinamento ha provocato nella popolazione un aumento della mortalità dal 10 al 15 % e, nei bambini, un numero di tumori superiore del 54% alla media nazionale. Secondo i magistrati, almeno 400 morti sono direttamente da imputare all’ILVA. Per le associazioni si conterebbero almeno 10.000 vittime.
La società, dichiarata in fallimento, è rinazionalizzata nel 2015, nell’attesa di un acquirente o di una chiusura dell’impianto. Ormai sotto la tutela di un commissario nominato dallo Stato, la fabbrica ha visto calare la sua produzione, scendendo sotto i 5 milioni di tonnellate all’anno, molto al di qua del suo punto di equilibrio (intorno ai 7 milioni). Nell’accordo firmato con ArcelorMittal, la produzione dovrebbe innanzitutto risalire a 6 milioni di tonnellate, poi, dopo i lavori per limitarne le emissioni, essere portata a 8.
“Fino a 6 milioni di tonnellate, secondo gli esperti, il rischio è considerato ragionevole, ma superate le 8, invece, è insostenibile”, spiega il militante ecologista Alessandro Marescotti, presidente dell’associazione PeaceLink, molto critico sull’accordo concluso dal governo. “Le garanzie ottenute sono troppo deboli, denuncia. Mittal riuscirà ad aggirarle senza problemi. Quando pensiamo che qui i Cinque Stelle avevano promesso la chiusura degli impianti...”
Da anni il Movimento portava avanti la campagna per lo smantellamento della fabbrica, con parole durissime nei confronti del Partito Democratico al potere, che cercava ad ogni costo la prosecuzione dell’attività. Localmente, il discorso del Movimento ha incontrato una larga eco - il M5S ha ottenuto più del 48% dei voti a Taranto alle ultime elezioni. Dunque l’accordo con Mittal è vissuto come un tradimento da una buona parte della popolazione, al punto che diversi eletti locali hanno annunciato che abbandoneranno il Movimento.
Dal canto suo, il dirigente nazionale del M5S, Luigi Di Maio, era stato molto meno categorico rispetto ai militanti locali durante la campagna elettorale. Per rispondere alle critiche, Di Maio evidenzia le garanzie sociali e ambientali supplementari che lui dice di aver ottenuto, piuttosto che l’assenza di ogni minima prospettiva di riconversione, in caso di chiusura.
“Il vero problema è che nessun progetto serio è stato sviluppato in tutti questi anni, riconosce Angelo Cannata, operatore culturale nella città vecchia. Uno dei miei zii è stato sindaco, mio padre era militante sindacale. Spesso lui dice di essersi battuto a favore di ILVA e che, in fondo, tutto questo è colpa della sua generazione. Quello che penso io è che Taranto e l’ILVA siano due facce della stessa medaglia. Oggi è diventato impossibile immaginare l’una senza l’altra.”
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MessaggioInviato: 04/11/2018, 01:02 
Il monito dei medici italiani: stop carbone all’Ilva di Taranto


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La Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo), guarda con preoccupazione alla grave situazione sanitaria ed ambientale cui è esposta la popolazione di Taranto e provincia. “Urge implementare un patto per la decarbonizzazione dell’Ilva. Non può esistere diritto al lavoro senza diritto alla salute e viceversa. Insieme alla tutela dei posti di lavoro, a Taranto occorre riconvertire l’Ilva dall’utilizzo del carbone ad altre fonti meno inquinanti per garantire la tutela della salute dei tarantini”.


Lo afferma il presidente Filippo Anelli, dopo aver appreso della firma da parte della Regione Puglia del protocollo “Breathelife” dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e della presentazione di un Piano di decarbonizzazione, per combattere l’inquinamento dell’aria. Per la Federazione nazionale dei medici “non è più accettabile un progetto, un piano e una qualsiasi attività produttiva che non ponga il superamento dell’utilizzo dei combustibili fossili e, in primis del carbone, come obiettivo fondamentale per la tutela della salute negli ambienti di vita e di lavoro”. Secondo il presidente Anelli serve un intervento del Governo affinché l’eliminazione del carbone sia inserita tra le prescrizioni di tutela ambientale e siano riviste le soglie stabilite per legge per PM10 e PM2.5. “Taranto – dice – ha bisogno di un progetto di ampio respiro che rilanci le attività produttive nel rispetto dell’ambiente e della salute dei cittadini”.


“L’attenzione della FNOMCeO per Taranto, ma anche per tutti gli altri siti inquinati presenti in Italia – ricorda il presidente dell’Ordine dei medici di Taranto Cosimo Nume – è costante. Già nel 2013 il Comitato Centrale tenne una seduta straordinaria a Taranto su sollecitazione del nostro Ordine, a margine di un convegno scientifico che dedicammo all’argomento, per esprimere il particolare impegno della Professione sul rapporto tra ambiente e salute”.

Il dottor Nume fa sapere, inoltre, che l’attuale presidente Filippo Anelli è tra gli invitati all’evento di carattere internazionale “Diritto alla voce” che si svolgerà nella sede dell’Ordine di Taranto il prossimo 21 novembre. “Con questa iniziativa – ha detto il presidente dell’Ordine – Unicef Italia concluderà nella nostra città le celebrazioni annuali della Convenzione Onu sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza”.

Sul caso Ilva interviene anche il coordinatore della Commissione Fnomceo su Ambiente e Salute Emanuele Vinci: “Non è assolutamente accettabile quanto deciso dal Governo in materia di monitoraggio dell’inquinamento a Taranto. Infatti, il Governo ha deciso che, al fine della tutela della salute dei cittadini, vada effettuata la Valutazione del danno sanitario, ovverosia una valutazione che si fa a posteriori, contando morti e malati, e solo quando si superano i limiti soglia degli inquinanti; purtroppo, tali limiti sono tuttora stabiliti dalle norme nazionali ed europee ad un valore spesso doppio rispetto a quelli proposti dall’OMS, che in particolare fissa a solo 20 μg/m3 il PM10 e a 10 mg/m3 il PM2. A Taranto, come in tutte le aree di crisi ambientali, va invece effettuata la Valutazione di Impatto sulla Salute, come indicato dall’OMS e dallo stesso Piano Nazionale della Prevenzione 2014-2018. Con la VIS si effettua la valutazione preventiva dei danni possibili alla salute sulla base degli inquinanti immessi indipendentemente dalle soglie minime previste dalle norme vigenti”.
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 Oggetto del messaggio: Re: ILVA e l'incuria nel Golfo di Taranto
MessaggioInviato: 22/11/2018, 00:45 
Ex Ilva, Unicef ‘adotta’ i bimbi di Taranto: “Simbolo dei diritti violati dell’infanzia. Patto trasversale per non lasciarli soli”


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La onlus chiude le celebrazioni per l'anniversario della Convenzione Onu sui diritti dei minori e raccoglie le lettere degli studenti con i loro desideri per la città: andranno a Mattarella e al Papa. Il portavoce per l'Italia, Andrea Iacomini: "Non rispettati i diritti costituzionali. Lanciamo un appello a tutte le istituzioni, alla società civile ai cittadini". La lettera di una bambina: "Provo a stare attenta all'aria che respiro, ma non ci riesco"
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Trascinata dalla necessità di risolvere il problema dell’occupazione e superare la crisi che stava prosciugando le casse del gruppo, la politica ha dimenticato i bambini dei quartieri Tamburi, Paolo VI e via così, fino all’altro capo della città. “Ma ora che il lavoro lo abbiamo sistemato, tocca a loro. Il caso Taranto non è chiuso”, denuncia l’Unicef che ha scelto il capoluogo jonico per chiudere le celebrazioni per l’anniversario della Convenzione Onu sui diritti dei minori. Un girotondo davanti alcune scuole primarie della città e un incontro con gli studenti dei licei: il primo passo dell’iniziativa con cui la onlus ‘adotta’ Taranto trasformando un problema industriale locale nel “simbolo internazionale dei diritti violati dell’infanzia” e chiedendo un “patto trasversale per non lasciare da soli i bambini”.

I wind days almeno per tutto il prossimo anno
Perché qui, a dispetto dei posti di lavoro salvati e del “miglior accordo possibile nelle peggiori condizioni possibili” con cui il governo ha celebrato il passaggio degli stabilimenti Ilva ad ArcelorMittal, la diossina continua a restare sospesa nell’aria, a entrare nei polmoni. E sarà così anche dopo la fine dei lavori di copertura dei parchi minerari, anticipata con l’addendum voluto dal ministro Sergio Costa alla fine del 2019. Un passo importante, che metterà fine ai wind days, i giorni in cui il vento spira dall’impianto verso la città sollevando le polveri degli spazi in cui sono stoccati i minerali necessari per la produzione dell’acciaio obbligando la popolazione a situazioni restrittive per prevenire possibili effetti sulla salute. Ma la diossina, quella no, al massimo diminuirà se tutti i protocolli ambientali previsti verranno rispettati.

La letterina: “Provo a stare attento all’aria che respiro”
Per almeno un altro anno, quindi, i bambini continueranno a considerare il vento “una cosa brutta come la tempesta di sabbia”, come si legge in una delle circa mille lettere scritte per l’occasione nelle scuole primarie. Nelle quali si racconta delle giornate “dietro la finestra, a pensare a quanto sarebbe bello uscire a giocare”. Perché “quando brontola, le polveri si sollevano e arrivano fino a casa mia – scrive un altro alunno – Si infilano nelle fessure, sui panni stesi, negli occhi. Poi tutto si ricopre di rosso. In quei momenti mi manca la scuola”. E c’è chi ricorda “la mamma che mi dice statt attind (stai attento, ndr)”, non agli sconosciuti nel tragitto verso scuola né a “non perdere i soldi per la merenda” ma all’aria. “Io ci provo ma non ci riesco”, conclude una bambina delle elementari.

“Nelle lettere per Mattarella e Bergoglio tragica consapevolezza”
“La metà delle letterine che abbiamo raccolto nelle scuole di Taranto inizia con un inquietante ‘quando apro la finestra’. Per questo la giornata mondiale dell’infanzia non è stata solo ieri ma inizia oggi (mercoledì, ndr) a Taranto”, spiega il portavoce di Unicef Italia, Andrea Iacomini, a Ilfattoquotidiano.it. “Ne ho ricevute centinaia da parte dei bambini che ho incontrato. Le consegnerò a papa Francesco e al presidente della Repubblica – aggiunge – Raccontano in maniera drammatica e sconvolgente di un mondo osservato dalla finestra con la paura del vento, di morire, di impotenza dei loro genitori. Mi ha colpito la loro tragica consapevolezza di poter morire. Questo è inaccettabile. Un bambino non può vivere così”.

I “diritti sospesi” dei bambini
Iacomini parla di diritti sospesi: “Dal gioco all’aria pulita fino a quello alla vita”. Per questo Unicef ha deciso di impegnarsi in città, raccogliendo quel grido che – sostengono i Genitori tarantini, l’associazione da sempre in prima fila assieme a Peacelink per risolvere il nodo ex Ilva – anche il governo Lega-M5s ha dimenticato, nonostante le rassicurazioni in campagna elettorale. Proprio martedì, in occasione delle celebrazioni della Giornata dei diritti dell’infanzia, i Genitori tarantini hanno scritto una dura lettera aperta al vicepremier Luigi Di Maio, accusato di aver “tradito la filosofia M5s” con la virata governativa sul destino del siderurgico.

La richiesta di Unicef: “Patto trasversale per non lasciarli soli”
“Non sono qui oggi a chiedere la chiusura dell’Ilva. Il diritto al lavoro non si discute”, mette come punto fermo Iacomini. La proposta di Unicef è più ampia, supera gli steccati della politica: “Lanciamo un appello a tutte le istituzioni, alla società civile ai cittadini. Questi bambini qui, non sono i bambini di Taranto. Sono bambini italiani ed è nostro dovere proteggere e ridare loro una vita normale – dice il portavoce della onlus – Chi è d’accordo? Chiedo un patto traversale fuori dagli schieramenti politici, tra esseri umani, per non lasciare soli questi bambini e i loro genitori a morire senza soluzioni”.

I testi anche al segretario generale dell’Onu
Intanto durante la giornata “Diritto alla voce” a Taranto – organizzato assieme alla Società Italiana di Medicina Ambientale (Sima), l’Istituto scientifico biomedico Euro Mediterraneo (Isbem), l’Ordine dei Medici e degli Odontoiatri della Provincia di Taranto, Confassociazioni e l’Ordine dei Geologi – l’Unicef ha anticipato che interpellerà Sergio Mattarella: “Chiediamo al presidente della Repubblica che siano ripristinati i diritti costituzionali e umani dei bambini e di tutti gli abitanti di Taranto, nonché quelli delle future generazioni il cui destino si ipoteca oggi”. Le letterine di Natale dei bambini di Taranto, con le richieste e i desideri espressi per la loro città, verrà consegnate non solo al Quirinale ma anche a papa Francesco e “specifici appelli” verrano indirizzati anche al presidente Oms, Tedros Ghebreyesus, e al segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres.

I dati dello studio Sentieri
Perché il caso Taranto non è chiuso, come dimostra lo studio nazionale Sentieri: “Nel periodo 1995-2018, ha evidenziato per Taranto nei confronti delle altre città della Puglia un eccesso di circa il 30% nella mortalità per tumore del polmone in entrambi i sessi – ricorda Iacomini – un aumento compreso tra il 50% per gli uomini e il 40% tra le donne di decessi per malattie respiratorie acute e un eccesso di circa il 15% tra gli uomini e 40% nelle donne di morti per malattie dell’apparato digerente”. Da un altro studio dell’Istituto Superiore di sanità, spiega l’epidemiologo Isbem Prisco Piscitelli, emerge che in città i bambini “mangiano e respirano diossina”: quella “assunta con l’alimentazione è di 2,5 volte superiore a quella inalata e i due effetti peraltro si sommano”.

“Cambiamo il vento a Taranto”
Il via libera finale del governo, ha puntualizzato, “deve rappresentare un nuovo punto di partenza per mettere attorno a un tavolo tutti gli attori del progresso scientifico e tecnologico, perché oggi produrre acciaio in modo pulito è possibile oltre che doveroso. Arrivare a questo significa trovare il punto di equilibrio tra il diritto al lavoro e quello alla salute e all’ambiente, a tuttoggi ancora negati ai tarantini”. Le soluzioni, insiste l’Unicef, “esistono e i bambini le conoscono bene”, per questo “dobbiamo ascoltarli”. Per Iacomini, quei minori sono “straordinari” e “supereroi” e hanno le idee “molto chiare” sulle condizioni della loro città: “Una cosa è certa, questa generazione salverà questa città perché è consapevole sulla propria pelle di ciò che sta accadendo – aggiunge il portavoce di Unicef – Tocca a noi adulti ora cambiare il vento a Taranto. Si può fare. Unicef non è qui di passaggio ma oggi adotta idealmente la città dove i diritti dei bambini sono quotidianamente violati”.
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 Oggetto del messaggio: Re: ILVA e l'incuria nel Golfo di Taranto
MessaggioInviato: 06/02/2019, 02:10 
Taranto, sequestrate le colline ecologiche. Contengono rifiuti


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Si chiamano colline ecologiche, ma di ecologico hanno ben poco. Clamorosa scoperta dei carabinieri del Noe di Lecce diretto dal maggiore Dario Campanella.


Secondo quanto accertato dai militari del Nucleo operativo ecologico, quei cumuli posti intorno al quartiere Tamburi come protezione all’inquinamento atmosferico, non sono altro che un’enorme discarica abusiva di grandi quantità di rifiuti industriali provenienti dal ciclo siderurgico.


Loppa, scorie d’altoforno e altri materiali che “esposti agli agenti atmosferici – riferiscono i carabinieri – hanno riversato nei terreni e nell’ambiente circostante sostanze altamente tossiche e cancerogene come diossine, furani, idrocarburi e metalli vari”.

Stamattina è scattato il sequestro preventivo d’urgenza di un’area di 9 ettari che comprende le tre collinette in questione. Il provvedimento è stato emesso dalla Procura della Repubblica di Taranto a seguito di indagini iniziate nel secondo semestre del 2018, suffragate dalle analisi effettuate da Arpa Puglia.
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 Oggetto del messaggio: Re: ILVA e l'incuria nel Golfo di Taranto
MessaggioInviato: 06/02/2019, 13:33 
I responsabili di questo schifo andrebbero dati in pasto ai porci.



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 Oggetto del messaggio: Re: ILVA e l'incuria nel Golfo di Taranto
MessaggioInviato: 06/02/2019, 13:41 
Cita:
Taranto, sequestrate le colline ecologiche. Contengono rifiuti

Saranno rifiuti ecologici.



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 Oggetto del messaggio: Re: ILVA e l'incuria nel Golfo di Taranto
MessaggioInviato: 06/02/2019, 13:48 
Ovviamente si. [:)]



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 Oggetto del messaggio: Re: ILVA e l'incuria nel Golfo di Taranto
MessaggioInviato: 10/02/2019, 02:21 
Ilva, il giudice invia gli atti alla Consulta: “L’immunità penale per i vertici vìola 7 articoli della Carta”


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Il giudice Benedetto Ruberto che ha sollevato questione di legittimità costituzionale sui diversi provvedimenti emessi dai Governi per salvare lo stabilimento siderurgico. Il magistrato del tribunale di Taranto ha emesso un’ordinanza di ben 33 pagine nelle quali chiede alla Consulta di pronunciarsi sulla violazione degli articoli 3, 24, 32, 35, 41, 112 e 117 della Costituzione
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Sono ben 7 gli articoli della Costituzione italiana violata dai decreti Salva Ilva che hanno consentito e consentiranno alla fabbrica di produrre e quindi di inquinare fino all’agosto 2023, termine indicato come periodo di ultimazione dei lavori di adeguamento del Piano ambientale per il risanamento della fabbrica tarantina. Ne è convinto il giudice Benedetto Ruberto che ha sollevato questione di legittimità costituzionale sui diversi provvedimenti emessi dai Governi per salvare lo stabilimento siderurgico. Il magistrato del tribunale di Taranto, chiamato come giudice delle indagini preliminari, su una serie di fascicoli che riguardano la fabbrica ionica, ha emesso un’ordinanza di ben 33 pagine nelle quali chiede alla Consulta di pronunciarsi sulla violazione degli articoli 3, 24, 32, 35, 41, 112 e 117 della Costituzione.

Ed è in particolare su due aspetti che il gip Ruberto ha focalizzato l’attenzione. La prima è lo spostamento costante della data di ultimazione dei lavori di risanamento della fabbrica e la seconda è l’immunità concessa ai vertici della fabbrica (prima i commissari e ora i nuovi gestori di Arcelor Mittal) in attesa del completamento dei lavori.

Il primo decreto “salva Ilva” voluto nel 2012 da Corrado Clini, ministro dell’ambiente del Governo Monti, autorizzava l’attività produttiva dell’Ilva anche in presenza “di deficienze impiantistiche che potevano determinare emissioni nocive, a condizione che venissero rispettate le prescrizioni temporali per gli adeguamenti degli impianti previsti dalla nuova autorizzazione integrata ambientale”. In quel provvedimento Clini imponeva alla fabbrica di risanare gli impianti entro il 31 luglio 2015. “In sostanza – scrive il gip Ruberto – con tali norme, lo stabilimento Ilva era stato, per legge, autorizzato a continuare la produzione per un periodo di soli trentasei mesi, rispettando le prescrizioni della nuova Aia”. Un provvedimento su cui si era espressa anche la corte costituzionale stabilendo che “la stessa assicurasse un ragionevole contemperamento di interessi riguardanti beni di rango costituzionale (la salute e l’ambiente, da un lato, l’occupazione e la libertà di impresa coinvolgente un settore strategico dell’economia nazionale, dall’altro) entro un periodo temporale contenuto, pari a trentasei mesi”.

Ed è proprio su questo punto che per il giudice, a colpi di decreti, è venuto meno questo bilanciamento tra diritto al lavoro e diritto alla salute: “Appare dunque doveroso accertare – scrive il magistrato – se quelle norme che hanno autorizzato lo stabilimento a proseguire, nonostante le deficienze impiantistiche, ben oltre l’originario termine di 36 mesi” non abbiano “clamorosamente violato i precetti costituzionali e quei paletti che la stessa Consulta aveva posto per ritenere non viziate le disposizioni della prima legge Salva Ilva”. Insomma per il gip di Taranto “corre l’obbligo di evidenziare come il Giudice costituzionale avesse tracciato, in quella sede, dei precisi paletti” per realizzare nell’arco temporale di tre anni “il difficile equilibrio tra valori costituzionali di pari rango, quali la tutela della salute e dell’ambiente, da una parte e la tutela dell’occupazione e dell’attività economica di una impresa ritenuta strategica per la nazione, dall’altra”. Ma a distanza di sette anni dal quel decreto “questi paletti, sostanziali e temporali, vengono, ad avviso dell’odierno giudicante, disinvoltamente oltrepassati, in prima battuta con la dilatazione dell’attività autorizzata ben oltre il limite di 36 mesi”. Se la scadenza infatti posticipata al 2023 per il magistrato viene da chiedersi se “il legislatore abbia finito con il privilegiare, con le ultime norme contenute nei cosiddetti decreti ‘salva Ilva‘, in modo eccessivo l’interesse alla prosecuzione dell’attività produttiva, trascurando del tutto le esigenze di diritti costituzionali inviolabili quali la salute e la vita stessa, nonché il diritto al lavoro in ambiente sicuro e non pericoloso”.

Un punto sul quale, diversi anni fa, anche il gip Patrizia Todisco che firmò il sequestro degli impianti nel 2012, aveva evidenziato in uno dei suoi provvedimenti. Ma non è tutto. Perché come spiega ancora il gip Ruberto nulla vieta di postare ancora oltre la data di ultimazione dei lavori lasciando così operai e cittadini in balia di emissioni nocive che la legge non potrà perseguire. Non solo. La legge non potrà perseguire nemmeno i responsabili grazie all’immunità penale concessa per legge ai vertici della fabbrica. La questione di legittimità, infatti, è stata sollevata quando la procura di Taranto ha chiesto l’archiviazione per due dirigenti dello stabilimento accusati di emissioni nocive legate al ciclo produttivo, ma di inquinamento della falda acquifera per le operazione di ampliamento della discarica interna alla fabbrica.

Il salvacondotto concesso dal Governo italiano negli anni passati, infatti, impedisce alla procura di perseguire i responsabili. Ma per il gip Ruberto anche questo “esonero di responsabilità non è temporalmente delimitato” perché il legislatore potrebbe come detto ulteriormente prorogare il termine di attuazione del Piano ambientale e quindi anche lo scudo penale nei confronti dei responsabili, ma così facendo si rischia “di lasciare la popolazione jonica ed i lavoratori dello stabilimento nell’assurda duratura esposizione a livelli davvero intollerabili di inquinamento”. Anche su questo, quindi, la parola passa nuovamente alla Consulta che dovrà nuovamente decidere, a distanza di quasi 6 anni, del futuro di una fabbrica e di una città.

Sulla vicenda è intervenuto Angelo Bonelli dei Verdi, autore di uno degli esposti che ha portato oggi a sollevare la questione di legittimità costituzionale, affermando che si tratta di “una notizia importante che apre la porta per avere giustizia in questo paese. Spiace constatare che ancora una volta debba essere l’autorità giudiziaria a farsi carico dei diritti dei cittadini e cittadine di Taranto e della loro salute. Sia il governo di Matteo Renzi e quello attuale con Luigi Di Maio hanno confermato una norma scandalosa che è una vera e propria barbarie giuridica. In nessun parte del mondo esiste uno stabilimento industriale che opera in regime di immunità penale e civile”. La richiesta alla Consulta è una “buona notizia” anche per il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, che invita “l’attuale maggioranza parlamentare, con un sussulto di dignità” ad intervenire “per via legislativa” per “porre fine a questa indecenza giuridica prima che si pronunci la Consulta”.
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 Oggetto del messaggio: Re: ILVA e l'incuria nel Golfo di Taranto
MessaggioInviato: 13/02/2019, 00:30 
Piano ambientale ex Ilva, si pronuncerà il Consiglio di Stato


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Sono legittime le modifiche al piano ambientale dell’ex Ilva che hanno protratto sino al 2023 l’adeguamento degli impianti? L’interrogativo è oggetto di un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica su cui si pronuncerà il Consiglio di Stato.


L’iniziativa legale è stata promossa da Lina Ambrogi Melle, ecologista, già consigliere comunale di Taranto e vi hanno aderito altri cittadini e associazioni ambientaliste. “I legali dello studio legale internazionale Saccucci di Roma – spiega in una nota stampa – che hanno rappresentato 130 cittadini di Taranto davanti alla Corte dei Diritti dell’Uomo che ha condannato l’Italia per la questione Ilva, hanno depositato il 27 gennaio 2018 un ricorso straordinario al presidente della Repubblica per l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia, del decreto del presidente del consiglio dei ministri (Dpcm) del 29 settembre 2017 che ha nuovamente modificato il piano ambientale azzerando le diffide Ispra (che avrebbero portato al fermo degli impianti dell’area a caldo dell’ex Ilva secondo l’art. 29 decies del Codice dell’Ambiente) e rinviando un’altra volta l’attuazione degli interventi previsti sugli impianti fino al 2023”.


“Il Ministero dell’Ambiente e l’Ilva S.p.A. in amministrazione straordinaria – aggiunge Lina Ambrogi Melle – hanno trasmesso il 13 aprile 2018 la propria relazione istruttoria e le deduzioni difensive. Nel mese di settembre 2018 il siderurgico è stato ceduto alla società AMInvestCo. Il 10 ottobre 2018 i legali dei ricorrenti hanno trasmesso in risposta una memoria di replica unitamente ad una richiesta di sollecita trattazione dell’istanza cautelare volta alla sospensione del Dpcm del 29 settembre 2017”.

Il 24 gennaio 2019 è stata pubblicata la sentenza della Corte dei Diritti dell’Uomo che ha accertato che le autorità italiane non hanno adottato le misure necessarie a garantire la protezione effettiva del diritto alla salute dei residenti nei comuni limitrofi allo stabilimento Ilva di Taranto a causa dell’inquinamento prodotto che prosegue ancora oggi mettendo in pericolo la salute della popolazione residente nei Comuni a rischio.

“Poiché sussiste uno stretto collegamento tra le violazioni lamentate nel predetto ricorso straordinario al Presidente della Repubblica per l’annullamento del Dpcm del 29 settembre 2017 e quelle accertate dalla Corte dei Diritti dell’uomo ed è trascorso un anno dalla data di deposito del ricorso unitamente alla richiesta di sospensiva del DPCM del 29 settembre 2017, ma nessuna decisione è stata assunta sinora dal Consiglio di Stato, i legali hanno depositato in data 30 gennaio 2019 una ulteriore richiesta per sollecitare la trattazione urgente dell’istanza di sospensione del provvedimento impugnato per la situazione di inaccettabile esposizione al rischio sanitario da ultimo accertata dalla Corte dei Diritti dell’Uomo con la sentenza del 24 gennaio 2019”.


I ricorrenti esprimono “grande apprezzamento per il rinvio alla Consulta della legge sull’Immunità ad opera del gip Benedetto Ruberto, che nelle motivazioni ha fatto riferimento anche alla sentenza della Cedu. Tale richiesta di rinvio alla Consulta della immunità è contenuta anche nel nostro ricorso straordinario al Presidente della Repubblica unitamente ad una richiesta di rinvio pregiudiziale di tale norma alla Corte di Giustizia di Lussemburgo. Siamo fiduciosi che presto ci sarà giustizia anche per Taranto e che il Governo italiano sarà costretto a porre rimedio ad una gravissima situazione di pericolo per la salute di tutti noi tarantini”.
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 Oggetto del messaggio: Re: ILVA e l'incuria nel Golfo di Taranto
MessaggioInviato: 20/02/2019, 00:31 
I primi passi per il futuro di Taranto


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di Alessandra Ermellino, Giovanni Vianello, Gianpaolo Cassese
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Il tradimento che ha subìto Taranto ha origini remote e per questo va ricercato nelle scelte politiche degli ultimi 60 anni. I nostri obiettivi sono la chiusura progressiva delle fonti inquinanti e la riconversione economica del territorio per migliorare la qualità della vita dei cittadini. Siamo al lavoro da mesi per risolvere il nodo dell’esimente penale, per costruire alternative concrete a favore di un territorio che fino ad oggi ha visto solo carbone, acciaio, petrolio e rifiuti. Elenchiamo gli atti concreti fin qui realizzati: nella legge di Bilancio sono stati stanziati i fondi per insediare in città il Tecnopolo del Mediterraneo, istituire presso il MiSE la Commissione speciale per la riconversione economica di Taranto, fare nuove assunzioni di personale tecnico negli Arsenali e negli stabilimenti industriali della Difesa, di cui Taranto è il centro più grande, garantire per l’anno corrente la cassa integrazione straordinaria per i lavoratori ex Ilva. Con il dl Semplificazioni è stato inserito un emendamento che interviene a tutela anche del golfo di Taranto, sospendendo numerosi procedimenti tra istanze e permessi già rilasciati di prospezione e ricerca di idrocarburi. Tra le misure a favore del territorio anche la firma da parte del MEF ai decreti che regoleranno la pubblicizzazione dell’istituto musicale Giovanni Paisiello, la candidatura di Taranto ai Giochi del Mediterraneo del 2025 e l’approvazione della risoluzione che impegna il Governo per istituire l’Area Marina Protetta delle Isole Cheradi e del Mar Piccolo.

Questi i provvedimenti varati in soli otto mesi di governo. Un gruppetto di soliti noti legati anche ad altre forze politiche che da tempo portano avanti un campagna contro il Movimento 5 Stelle, hanno inscenato una protesta per fini elettorali.
La mancata chiusura dell’Ilva di Taranto è diventata per questi contestatori il filo conduttore per sostenere le proprie velleità politiche autoreferenziali ‘utili’ solo a contestare l’attuale assetto di Governo.

Nelle passate campagne elettorali non abbiamo mai utilizzato la formula “Ilva chiusa” per accaparrarci voti, davanti alle portinerie del siderurgico in piazza abbiamo sempre ribadito che avremmo lavorato per dare a Taranto un futuro al di là del siderurgico. Da qui, il percorso di riconversione economica del territorio, per cui giorno e notte ci stiamo spendendo con il supporto del governo e le iniziative non sono finite qui.

Il Movimento 5 Stelle a Taranto è vivo più che mai. In città ha cinque rappresentanti in Parlamento e non ci siamo mai negati al confronto.

Il nostro obiettivo è quello di accogliere anche l’esasperazione di chi oggi ci critica. Noi puntiamo al risultato finale, è di sicuro un percorso arduo perché subiamo sessant’anni di scelte scellerate fatte sulle spalle del nostro territorio ma questo, non significa che ci arrenderemo. Difendiamo l’interesse dei cittadini, la loro salute e l’ambiente. Chi lo nega è in malafede.
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 Oggetto del messaggio: Re: ILVA e l'incuria nel Golfo di Taranto
MessaggioInviato: 27/02/2019, 02:30 
Ex Ilva, migliaia in corteo a Taranto per ricordare bimbi morti per inquinamento. Peacelink: ‘Emissioni aumentate nel 2019’


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A un mese dall'ultimo decesso di un minorenne, Taranto scende in piazza per ricordare tutte le vittime di malattie riconducibili all'inquinamento. In migliaia hanno sfilato per le vie della città in silenzio: "Tutto l'acciaio del mondo non vale la vita di un solo bambino". Peacelink diffonde dati Arpa Puglia delle emissioni inquinanti: a gennaio-febbraio aumento del 195% degli Ipa, 150% di benzene, 111% di idrogeno solforato
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Una fiaccolata silenziosa, le croci bianche al centro del corteo, i negozi aperti ma con le luci spente, le facce con i nomi dei bimbi morti e le scritte “Io dovevo vivere” e “Tutto l’acciaio del mondo non vale la vita di un solo bambino”. Ci sono i volti di Siria e Lorenzo, 4 anni, Ambra di 6 e Alessandro di 16: colpiti da neuroblastomi, fibrosi e tumore al cervello. A un mese dalla morte di Giorgio Di Ponzio, il ragazzo di 15 anni morto dopo tre anni di lotta contro un sarcoma, Taranto scende in piazza, guidata dai genitori che si considerano “orfani”, per ricordare tutte le vittime di malattie riconducibili all’inquinamento.

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In migliaia hanno sfilato per le vie della città in silenzio, a poche ore da quando Peacelink ha diffuso gli ultimi dati delle emissioni inquinanti dell’ex Ilva, ora gestita da ArcelorMittal. Numeri drammatici, raccolti da Arpa Puglia nella centralina della cokeria del siderurgico a gennaio-febbraio, che raccontano di un incremento del 195 per cento degli Ipa, 150% di benzene, 111% di idrogeno solforato e di incrementi superiori al 20% per Pm10 e Pm2,5 rispetto agli stessi mesi del 2018.

Mentre Luigi Di Maio, quando firmò l’accordo con il colosso europeo dell’acciaio per la cessione degli impianti, ricorda Peacelink, aveva detto: “Abbiamo installato tecnologie a Taranto che riducono del 20% le emissioni nocive”. I fatti, denuncia l’associazione ambientalista ricordando come nelle scorse settimane si sia aperto anche il fronte delle collinette anti-inquinamento davanti al quartiere Tamburi, “dimostrano l’esatto contrario”.

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Così nella città in cui il M5s aveva promesso la chiusura delle fonti inquinanti e ora non ha più rappresentanti in Consiglio comunale – con l’ex operaio Ilva Massimo Battista che ha abbandonato il gruppo e il candidato sindaco nel 2017, Francesco Nevoli, che ha rassegnato le dimissioni nelle scorse settimane – i cittadini tornano in strada in autonomia, anche se il governatore Michele Emiliano ha partecipato alla fiaccolata. Alla vigilia della manifestazione, gli organizzatori avevano spiegato che non sarebbe stata gradita la presenza dei rappresentanti di partiti politici, sindacati e istituzioni, ritenuti “complici” dell’emergenza ambientale e sanitaria a Taranto, dove oggi il sindaco Rinaldo Melucci ha proclamato un lutto cittadino simbolico.

Una protesta che si è riaccesa dopo la pronuncia della Corte europea dei diritti dell’uomo sulla mancata tutela della salute da parte dello Stato e la richiesta avanzata dal giudice Benedetto Ruberto alla Consulta di pronunciarsi sulla legittimità costituzionale dell’immunità penale, garantita dai governi precedenti a Ilva in amministrazione straordinaria e confermata dall’attuale esecutivo ad ArcelorMittal.
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 Oggetto del messaggio: Re: ILVA e l'incuria nel Golfo di Taranto
MessaggioInviato: 27/02/2019, 12:36 
ArTisAll ha scritto:
Ex Ilva, migliaia in corteo a Taranto per ricordare bimbi morti per inquinamento. Peacelink: ‘Emissioni aumentate nel 2019’

A un mese dall'ultimo decesso di un minorenne, Taranto scende in piazza per ricordare tutte le vittime di malattie riconducibili all'inquinamento. In migliaia hanno sfilato per le vie della città in silenzio: "Tutto l'acciaio del mondo non vale la vita di un solo bambino". Peacelink diffonde dati Arpa Puglia delle emissioni inquinanti: a gennaio-febbraio aumento del 195% degli Ipa, 150% di benzene, 111% di idrogeno solforato


Che dramma assurdo... [V] si piangono morti ma sono tutti in pericolo i bimbi.

Ascoltavo da poco in una puntata di Presadiretta ( ringrazio Cat per averla segnalata in chat ) che a Taranto, per capire se i metalli neurotossici prodotti dalle aree industriali abbiano contaminato i bambini, è iniziato uno studio di biomonitoraggio. Sono stati raccolti e studiati per ora campioni biologici di circa 300 soggetti in età scolare, elementari e medie, e si è visto che contengono arsenico, manganese, piombo ( !!! )... [V]

In associazione a questi esami, sui bimbi, suddivisi per quartiere, sono stati fatti dei test intellettivi e psicologici. Quello che emerge è che una diminuzione del quoziente intellettivo man mano che ci si avvicina a quartieri più vicini alle industrie.
Mi viene in mente una notizia di qualche anno fa in cui si era cercato di incolpare la povertà, come se non fosse ovvio che si trattava di distorsione. Il problema sono le fonti che emettono interferenti endocrini pericolosi, la povertà delle famiglie c' entra indirettamente solo perché se avessero i mezzi si sposterebbero da Tamburi, mentre se non li hanno sono condannate !!
E non si parla solo di diminuzione del quoziente intellettivo, ma di disturbi dell' attenzione e dell' apprendimento, ansia, depressione, potenziale autismo.
Sempre per la serie... “ se rovini i giovani... “ e se ora addirittura si legge che le emissioni sono aumentate... [B)]



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