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 Oggetto del messaggio: Re: Stato-Mafia, ci hanno messo 20anni..ma alla fine..
MessaggioInviato: 23/05/2019, 13:09 
ci hanno messo 20 anni..ma alla fine..... Nuttata persa e figghia fimmina!
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 Oggetto del messaggio: Re: Stato-Mafia, ci hanno messo 20anni..ma alla fine..
MessaggioInviato: 23/05/2019, 14:44 
Cita:
ArTisAll ha scritto:
Giovanni Falcone, i misteri della strage di Capaci 27 anni dopo. L’esplosivo, i mandanti, una donna nel commando


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Nonostante le sentenze abbiano condannato più di venti mafiosi, sull'attentato del 23 maggio 1992 restano ancora molte ombre. Buchi neri, dettagli mai chiariti, piste mai battute. E poi fantasmi che compaiono e scompaiono sullo sfondo del cratere aperto dall'esplosivo sull'autostrata tra Palermo e Capaci. Già, l'esplosivo: che tipo di esplosivo? E perché Riina non fa uccidere il giudice a Roma, dove girava spesso senza scorta? E ancora: c'era davvero una donna sul luogo della strage?
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Sulla carta è la”più ovvia“delle stragi. Il nemico numero uno di Cosa nostra ucciso da Cosa nostra. E invece di ovvio nella strage di Capaci c’è poco, molto poco. In 27 anni si sono celebrati quattro processi, con più di venti mafiosi condannati all’ergastolo. Un quarto di secolo d’indagini ha ricostruito passo passo la fase esecutiva dell’Attentatuni, il più grande attentato della storia di Cosa nostra. Eppure su quel botto spaventoso che uccise Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti di scorta Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani, restano ancora molte ombre. Buchi neri, dettagli mai chiariti, piste mai battute. E poi fantasmi che compaiono e scompaiono sullo sfondo del cratere aperto dall’esplosivo sull’autostrata tra Palermo e Capaci. Già, l’esplosivo: che tipo di esplosivo? “La verità che è stata accertata, mi sento di dirlo con cognizione di causa, è ancora una verità parziale“, ha dichiarato di recente il pm Nino Di Matteo ad Andrea Purgatori. In che senso una verità parziale? Cosa c’è che non sappiamo ancora del botto di Capaci? “La lettura analitica delle sentenze che sono state emesse ci porta a ritenere che è stato possibile – ma mi sento di dire altamente probabile – che insieme agli uomini di Cosa nostra abbiano partecipato alla strage, nel momento del mandato stragista, organizzazione ed esecuzione, anche altri uomini estranei alla mafia“, ha spiegato sempre il sostituto procuratore della Dna. Il riferimento è alle motivazioni del cosiddetto processo Capaci bis. È l’ultimo procedimento sulla strage del 23 maggio 1992, nato dopo la confessione di Gaspare Spatuzza che ha riscritto la fase esecutiva della strage. “Nel presente procedimento viene a formarsi un quadro, sia pure non ancora compiutamente delineato, che conferisce maggiore forza alla tesi secondo cui ambienti esterni a Cosa nostra si possano essere trovati, in un determinato periodo storico, in una situazione di convergenza di interessi con l’organizzazione mafiosa, condividendone i progetti e incoraggiandone le azioni”, hanno scritto i giudici della corte d’assise di Caltanissetta. Più di millecinquecento pagine di sentenza in cui i magistrati elencano anche i temi “suscettibili di ulteriori approfondimenti”. Sono i pezzi mancanti della strage di Capaci: i quesiti rimasti ancora senza risposta dopo 27 anni.
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Fonte



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In memoria di Giovanni Falcone


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di Luigi Di Maio
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27 anni fa, oggi, avveniva la maledetta strage di Capaci che ha causato la morte del giudice Giovanni Falcone, di sua moglie Francesca Morvillo e della scorta composta da Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani.

Ma oggi è un giorno, una ricorrenza. Io penso invece che commemorare la morte di uno degli eroi di questa nazione, non significhi limitarsi al minuto di silenzio che oggi giustamente gli tributeremo. Commemorare il giudice Falcone è, prima di tutto, per chi come me si ritrova a rappresentare lo Stato, una responsabilità. Lo dico perché, anche al governo, il nostro messaggio è sempre stato chiaro: le Istituzioni devono essere sempre intransigenti nei confronti di mafie e corruzione. Perché girarsi dall’altra parte, o tollerare questi fenomeni, significa essere complici!

Siamo grati al giudice Falcone e alle sue intuizioni nel contrasto alla criminalità organizzata. Dobbiamo rendere giustizia ogni giorno a chi ha lottato e lotta contro la criminalità per la libertà degli italiani. Ma dobbiamo anche ricordarci che le commemorazioni servono solo se seguite da azioni coerenti.

Il nostro impegno è difendere sempre i valori e la cultura della trasparenza e della legalità. Oggi, come sempre, è doveroso ricordare l’esempio di uomini e donne che hanno dato la vita per lo Stato. Questo, più di ogni altra cosa, significa far camminare le loro idee sulle nostre gambe.
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In memoria di Giovanni Falcone il nostro ministro dell'interno propone di ABOLIRE IL REATO D'ABUSO D'UFFICIO.

Che grande paese che siamo...



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 Oggetto del messaggio: Re: Stato-Mafia, ci hanno messo 20anni..ma alla fine..
MessaggioInviato: 23/05/2019, 14:48 
boh non capisco perchè ingloba il mio messaggio in quello di ArTisAll



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 Oggetto del messaggio: Re: Stato-Mafia, ci hanno messo 20anni..ma alla fine..
MessaggioInviato: 23/05/2019, 20:56 
Salvini dove era????
A dire stron.zate coem dice Giggino????



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 Oggetto del messaggio: Re: Stato-Mafia, ci hanno messo 20anni..ma alla fine..
MessaggioInviato: 24/05/2019, 00:52 
ORSOGRIGIO ha scritto:
Salvini dove era????
A dire stron.zate coem dice Giggino????



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 Oggetto del messaggio: Re: Stato-Mafia, ci hanno messo 20anni..ma alla fine..
MessaggioInviato: 24/05/2019, 13:30 
Cita:

Salvini vuol abolire il reato di abuso di ufficio... E depenalizzare la mafia no?

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di Giorgio Cremaschi*

Nella sua ultima esternazione Matteo Salvini propone di abolire il reato di abuso d’ufficio. Guarda caso il reato per il quale sono indagati, incriminati, arrestati diversi esponenti del suo partito...

Ma non c’è solo l’interesse privato in questa vergogna, ma una ideologia pubblica, quella che domina l’economia italiana, e mondiale, da più di trent’anni. Quella secondo la quale il libero mercato non può essere frenato da troppe regole, leggi, diretti. Salvini nel suo usuale modo ottuso e cialtronesco ha riproposto un modo di pensare e di agire che va ancora per la maggiore. Dobbiamo togliere lacci e lacciuoli su fisco, regole, diritti, lavoro, altrimenti chi viene in Italia ad investire? Dobbiamo stare attenti a non fare i fondamentalisti sull’ambiente e sulla salute, altrimenti le fabbriche se ne vanno. Basta giustizialismo sulla corruzione, altrimenti le opere pubbliche e gli appalti non si fanno. Quante volte abbiamo sentito esprimere e soprattutto praticare questi concetti da TUTTI i governanti italiani? Fino a Renzi che ha deciso l’impunità ambientale per l’ILVA e a Salvini e Di Maio, che nel decreto sblocca cantieri hanno sbloccato la peggiore giungla dei subappalti.

In fondo sono tutti più o meno berlusconiani i nostri governanti quando si parla di affari. Del resto non era ministro di Berlusconi quel Lunardi che candidamente ammise che in Sicilia, se si volevano portare avanti le opere, beh non si poteva essere fissati con la mafia?

Ecco, perché Salvini non va al sodo e non propone direttamente di depenalizzare la mafia? Sai che affari! Bella proposta proprio nel giorno in cui si ricorda Falcone.

Per Salvini il solo reato da perseguire è l’immigrazione, tutti gli altri dipendono dal mercato.. È il fascioliberismo già messo in pratica in Brasile da Bolsonaro, grande amico e fratello del nostro capo della Lega. Il quale in fondo ha un merito, quello di portare alla superficie tutto il peggio accumulato da questo paese negli ultimi trent’anni. Egli rappresenta il massimo di tutto lo schifo reazionario e menefreghista che si è costruito e diffuso giorno giorno smantellando regole e diritti. Ora che questo schifo, con la sua sfacciata pretesa d’impunità, lo abbiamo davanti personificato in milioni di selfie, sarà più semplice combatterlo e alla fine spazzarlo via assieme a tutto ciò che lo ha causato e diffuso.

Fonte: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-salvini_vuol_abolire_il_reato_di_abuso_di_ufficio_e_depenalizzare_la_mafia_no/6121_28546/




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 Oggetto del messaggio: Re: Stato-Mafia, ci hanno messo 20anni..ma alla fine..
MessaggioInviato: 11/06/2019, 22:05 
Cita:


L'inchiesta sul depistaggio Strage di via D'Amelio, indagati pm che condussero l'inchiesta Nella strage morirono il giudice Paolo Borsellino e gli uomini della scorta. Il reato contestato è la calunnia in concorso con i tre poliziotti sotto processo a Caltanissetta -

Non è più a carico di ignoti l'indagine della Procura di Messina sul depistaggio dell'inchiesta sulla Strage di via d'Amelio, costata la vita al giudice Paolo Borsellino e agli agenti della scorta. I pm della città dello Stretto hanno iscritto nel registro degli indagati due magistrati del pool che indagò sull'attentato. Sarebbero Carmelo Petralia e Annamaria Palma. L'indagine, che ipotizza il reato di concorso in calunnia aggravato dall'avere favorito Cosa nostra, è condotta dal procuratore di Messina Maurizio De Lucia. In concorso con i 3 poliziotti sotto processo a Caltanissetta Annamaria Palma attualmente è avvocato generale a Palermo, mentre Petralia ricopre la carica di procuratore aggiunto a Catania. Nell'ipotesi accusatoria, in concorso con i tre poliziotti sotto processo a Caltanissetta (Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo), Palma e Petralia avrebbero depistato le indagini sulla strage. Un depistaggio definito clamoroso nella sentenza di primo grado del processo Borsellino quater, costato l'ergastolo a sette innocenti. Il reato contestato è la calunnia Il reato contestato ai magistrati e ai funzionari di polizia è la calunnia: i pm e i poliziotti avrebbero imbeccato tre falsi pentiti- costruiti a tavolino, tra cui Vincenzo Scarantino-, suggerendo loro di accusare falsamente dell'attentato persone a esso estranee. Ai magistrati si contesta, oltre all'aggravante di avere favorito Cosa nostra, anche quella che deriva dal fatto che dalla calunnia è seguita una condanna a una pena maggiore di 20 anni. A Palma e Petralia oggi è stato notificato dalla Procura di Messina, che indaga in quanto è coinvolto un magistrato in servizio a Catania, un avviso di accertamenti tecnici irripetibili. Stesso avviso è stato notificato ai sette condannati ingiustamente: Cosimo Vernengo, Gaetano La Mattina, Gaetano Murana, Gaetano Scotto, Giuseppe Urso e Natale Gambino, persone offese dal reato. Tranne Urso e Gambino, che non hanno nominato legali, gli altri sono difesi dagli avvocati Rosalba Di Gregorio e Pino Scozzola. Gli accertamenti tecnici irripetibili riguardano i nastri delle intercettazioni del falso pentito Scarantino Gli accertamenti tecnici irripetibili disposti dalla Procura di Messina riguardano le cassette con le intercettazioni delle conversazioni del falso pentito Vincenzo Scarantino registrate durante il periodo in cui questi era sottoposto al programma di protezione. Periodo in cui, secondo una ipotesi accusatoria, Scarantino sarebbe stato indotto, anche con la violenza dal pool di poliziotti che indagava sull'attentato, a mentire sulla fase esecutiva della strage, incolpando persone innocenti. Le cassette, molto risalenti nel tempo, potrebbero deteriorarsi, da qui la necessità di far partecipare agli accertamenti i consulenti degli indagati e delle persone offese. Del pool di investigatori che indagò sulla strage, guidati dall'ex capo della Mobile di Palermo Arnaldo La Barbera, poi deceduto, facevano parte i poliziotti sotto processo Bo, Ribaudo e Mattei.


http://www.rainews.it/dl/rainews/artico ... refresh_ce


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 Oggetto del messaggio: Re: Stato-Mafia, ci hanno messo 20anni..ma alla fine..
MessaggioInviato: 12/06/2019, 10:48 
Stato-Mafia, ci hanno messo 20anni..ma alla fine.... hanno il Governo in mano!



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È Maria Cristina Ornano, segretario di Area, la componente di sinistra delle toghe italiane, a rendere incandescente il congresso della corrente. La sua relazione è un susseguirsi di giudizi affilatissimi: «La Lega, partito di matrice leaderistica, declina la sua offerta politica in chiave nazionalista, sovranista, populista, razzista e xenofoba». Ai 5 Stelle va un po' meglio: «Il Movimento 5 Stelle, non esente anch'esso da spinte leaderistiche, trova la sua legittimazione nella base della piattaforma Rousseau e su un consenso tutto giocato sul terreno di una politica populista».

Può parlare in questo modo un magistrato chiamato ad amministrare la giustizia in nome del popolo italiano? Tutto il popolo italiano? Eccome se può: questo è accaduto a Roma nei giorni scorsi, nell'adunata di quelle che un tempo si chiamavano le toghe rosse e oggi fanno capo ad Area. Ornano è inarrestabile e si produce in una serrata analisi del contratto di governo che regge l'inedita e traballante alleanza fra i due partner: «Nel nostro Paese abbiamo assistito ad un fenomeno nuovo, un contratto di governo, che a ben vedere pare un non senso politico». E perché mai? «Perché - è la pronta risposta - se la politica è mediazione e sintesi anche fra posizioni distanti e diverse, non è dato comprendere come questo possa accadere nella logica del do ut des».

Giudizio severo, ma la vera questione è un'altra: a che titolo un magistrato può dare voti, tutti naturalmente bassissimi, alla Lega, ai 5 Stelle e all'esecutivo?

Domanda posta in diretta da Claudio Rinaldi per Quarta Repubblica, il programma di Nicola Porro andato in onda lunedì sera; ma la replica, davanti alle telecamere è disarmante: «Le mie sono valutazioni tecnico giuridiche».

Un diluvio di scomuniche e anatemi accolti, a quanto sembra, senza particolari scossoni dalla folta platea proveniente da tutta Italia, anche se qualche imbarazzo si coglie nel servizio girato da Rinaldi. Avanti, dunque, con fulmini e saette: «Il parlamento appare essere sempre meno quel luogo, disegnato dalla Costituzione repubblicana, di confronto e di sintesi fra le diverse opzioni politico-culturali, per assumere sempre più spesso un ruolo notarile di ratifica di decisioni già prese dal Governo, o peggio, in taluni casi, altrove».

Ornano punta il dito contro il già bersagliatissimo Forum delle famiglie di Verona, poi infilza «buona parte delle politiche governative», bocciando una raffica di provvedimenti: «Decreto sicurezza, autodifesa legittima, riforma delle autonomie, sicurezza bis, decreto Pillon». Ma questa contrarietà, spiega il segretario di Area, non è preconcetta, ma nascerebbe dalla «problematica compatibilità costituzionale di questi interventi normativi».

La difesa della Costituzione giustificherebbe quindi una serie di plateali interventi a gamba tesa. Ornano anticipa eventuali obiezioni: la linea dura «non intacca la nostra imparzialità e terzietà perché ci rende leggibili». E può quindi lanciare la scomunica finale: «L'opzione securitaria porta con se un progetto e una visione di società in cui noi magistrati progressisti non possiamo riconoscerci perché é un progetto che postula una società chiusa». Non è una sentenza. È una condanna.



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 Oggetto del messaggio: Re: Stato-Mafia, ci hanno messo 20anni..ma alla fine..
MessaggioInviato: 16/07/2019, 16:51 
Cita:

"Scorta solo di mattina, così muoio di pomeriggio"


"Dobbiamo avere garantita la presenza degli autisti giudiziari per tutto l'arco della giornata. Di pomeriggio c'è una sola macchina per quattro magistrati e sistematicamente vado con la mia macchina personale ed esco alle 21 o alle 22 per tornare a casa". E' la denuncia del giudice Paolo Borsellino, nell'audizione davanti alla Commissione antimafia desecretata (ASCOLTA). Sono oltre 1.600 i documenti per la prima volta riordinati in un unico sito, materiali e atti dal 1963 al 2001 de-secretati che diverranno accessibili a tutti.

"Nonostante la mattina con strombazzamenti il magistrato viene accompagnato in auto, poi il pomeriggio non lo può più fare" dice ancora Borsellino. E davanti al deputato che gli parla di "libertà" di andare con la propria auto replica: "La mia libertà la riacquisto, ma poi sono libero di essere ucciso la sera...".

IL COMPUTER - E ancora: "Il computer è finalmente arrivato, purtroppo non sarà operativo se non fra qualche tempo. E' stato messo in un camerino e stiamo aspettando" dice nell'audizione inedita davanti alla Commissione antimafia il giudice Paolo Borsellino. "E' un computer della Honeywell ed è diventato indispensabile perché la mole dei dati contenuti anche in un solo processo è tale che non è più possibile usare i sistemi tradizionali delle rubrichette".

I PROBLEMI - In una seduta dalla Commissione nazionale antimafia, prima di essere ucciso, Paolo Borsellino denunciò A Palazzo San Macuto la "gravità dei problemi, soprattutto di natura pratica, che dobbiamo affrontare tutti i giorni", "sottolineando soprattutto che, con il fenomeno della gestione dei processi di mole incredibile, perché un solo processo è composto da centinaia di volumi e riempie intere stanze, è diventato indispensabile l'uso di attrezzature più moderne di queste rubriche e degli appunti".

SECONDO AUDIO - Il boss poi pentito Tommaso Buscetta, mentre era latitante, incontrava i capimafia in via Ruggero Settimo a Palermo, strada centralissima del 'salotto' della città, in pieno giorno. A raccontarlo alla Commissione nazionale antimafia prima di essere ucciso era stato Paolo Borsellino: a Marsala, dove il giudice lavorava, non c'era una volante "che potesse assicurare l'intero arco delle 24 ore", raccontava Borsellino. "E siccome ricordavo che Buscetta mi aveva detto che gli era stato presentato il capomafia di Bagheria mentre passeggiava in via Ruggero Settimo e io gli chiesi come faceva a passeggiare e lui mi rispose: "Nel nostro ambiente si sapeva che tra le 14 e 16 c'era la 'smonta' delle volanti e noi latitanti ci facevamo la passeggiata".

MARSALA - A Marsala, quando il Procuratore era Paolo Borsellino, mancava una volante; così il magistrato poi ucciso da cosa nostra fece la proposta di dimezzarsi la scorta: "E così facemmo la volante" raccontava lo stesso Borsellino durante l'audizione davanti alla Commissione antimafia. "Io ero molto stanco e volevo andare e dissi di dimezzarmi la scorta e solo così avemmo la volante".

COMMISSIONE - Gli audio pubblicati on line sono stati desecretati, insieme ad atti e documenti dei lavori della stessa Commissione Antimafia, che ha deciso all'unanimità di desecretare tutto il materiale. Il presidente Nicola Morra ha illustrato il nuovo sito istituzionale che, anche grazie a un motore di ricerca, permetterà a chiunque di consultare i documenti. "Questo è un segnale di ulteriore democratizzazione del Paese" ha detto. "La desecretazione è accompagnata ad un'opera ancor più rilevante di digitalizzazione dei materiali che erano solo su cartaceo e di pubblicazione di documenti, ora pienamente fruibili" ha aggiunto, sottolineando che si tratta di un lavoro importante per "tutti coloro che tengono alla giustizia".





https://www.adnkronos.com/fatti/cronaca ... eLTjP.html


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 Oggetto del messaggio: Re: Stato-Mafia, ci hanno messo 20anni..ma alla fine..
MessaggioInviato: 19/07/2019, 13:30 
Thethirdeye ha scritto:
Trattativa Stato-Mafia: Mancino indagato per falsa testimonianza


Vedi, TTE, il mafioso è un burocrate, non un pistolero, e accade che quando sguazza in un regime democratico ha la legge dalla sua parte.
Il cinghiale è forse l'ultimo dei mafiosi, certo se si aprisse la caccia al burocrate con sparo libero finirebbe ogni mafia, anche quella USA e della Kabala.



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 Oggetto del messaggio: Re: Stato-Mafia, ci hanno messo 20anni..ma alla fine..
MessaggioInviato: 11/10/2019, 10:59 
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Certo che a Strasburgo ci si droga forte.

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 Oggetto del messaggio: Re: Stato-Mafia, ci hanno messo 20anni..ma alla fine..
MessaggioInviato: 23/05/2020, 14:55 
Strage di Capaci. Pino Arlacchi: L'Eredità di Giovanni Falcone ed i rischi del presente


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“Potrei fare a meno di tanti colleghi, ma non potrei mai fare a meno di Pino Arlacchi”
Giovanni Falcone


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Il 23 maggio del 1992, con un terrificante attentato, la Mafia mise fine alla vita del giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre uomini della scorta, Antonio Montinaro, Rocco Di Cillo e Vito Schifani. Pino Arlacchi, in esclusiva per l'AntiDiplomatico, amico e strettissimo collaboratore di Falcone, racconta, fuori da ogni retorica, la figura del Giudice che ha segnato ed ancora rappresenta un simbolo, un faro nella lotta alla mafia.
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Di Pino Arlacchi

23 maggio 2020
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L’anniversario di Capaci non merita di annegare nella retorica. I valori colpiti il 23 maggio del 1992 con l’assassinio di Giovanni Falcone, di Francesca Morvillo e della loro scorta, sono oggi perfettamente attuali. Non solo in Italia, ma nel mondo.

Ma in che cosa consiste l’eredità di Falcone, la ragione principale per la quale lo ricordiamo a quasi trent’anni dalla sua scomparsa?

Sono stato il suo più stretto collaboratore e amico al di fuori dell’ambiente giudiziario, e provo qui ad esporre i miei pensieri sul tema.

La memoria di Falcone è viva non solo e non tanto per le doti di coraggio e di umanità che lo contraddistinguevano. Esistevano allora molti altri uomini di legge coraggiosi ed onesti, che
esercitavano la propria professione con scrupolo ed imparzialità, combattendo per ciò stesso il malaffare. E Falcone era senza dubbio uno di loro, un servitore della legge senza pretese di
straordinarietà. Chi lo ha conosciuto davvero sa quanto «normale» e discreta fosse la persona.

No. La differenza tra Falcone e tutti gli altri stava in un talento professionale al confine con la genialità. Non si spiegherebbe altrimenti la solidità dei processi da lui istruiti, tutti conclusisi con condanne severe a feroci capimafia.

E non si spiegherebbe il fatto che le misure antimafia da lui propugnate siano diventate lo standard mondiale in materia. E sono fiero di aver dedicato gran parte del mio mandato all’ ONU a realizzare il sogno più grande di Giovanni Falcone: far nascere un trattato universale antimafia.

Quello firmato proprio a Palermo nel dicembre del 2000 da 124 paesi.

Tra il 1982 - data dell’assassinio Dalla Chiesa e del varo della prima legge di reale contrasto della mafia - e la Conferenza di Palermo, l’Italia è stata il laboratorio più avanzato della lotta contro la criminalità transnazionale. Assieme a un gruppo di colleghi e collaboratori che hanno poi proseguito quell’impegno, Giovanni Falcone ha creato una serie di tecnologie giuridiche
d’avanguardia dimostratesi di micidiale efficacia ovunque esse siano state applicate.

I pool antimafia, la confisca dei beni, la protezione dei testimoni, l’abolizione del segreto bancario, la specializzazione delle polizie e l’unificazione degli spazi giuridici sono alla base della
Convenzione di Palermo e sono oggi il linguaggio comune delle polizie e dei pubblici ministeri di tutto il pianeta.

Concepire tutto ciò nella realtà di 30-40 anni addietro, quando ancora molti si chiedevano se la mafia esistesse davvero, e quando tutti gli altri paesi europei guardavano all’Italia come
l’ammalato cronico del continente, è equivalso ad una piccola rivoluzione. Diventata poi una medaglia del nostro paese. Medaglia pagata a caro prezzo. E uno dei prezzi più cari è stato proprio il sacrificio di Giovanni Falcone.


E la mafia? Come ha reagito Cosa Nostra al post-Capaci?

La risposta dello Stato alle stragi del ‘92 e il ricambio politico avviato da Mani Pulite hanno costretto la mafia dentro una posizione difensiva che dura tuttora. Cosa Nostra è riuscita a
sopravvivere alla grande offensiva del post-Capaci e post- Via d’ Amelio (l’assassinio di Paolo Borsellino), ma ha subito una sconfitta di storiche proporzioni.

Le mafie non sono scomparse, evvero, ed affliggono ancora larghe zone della Sicilia e dell’Italia del Sud. Ma sono state costrette a ridurre al minimo l’ uso della violenza, e ad inabissarsi nella società civile e nella politica regionale e comunale. I boss si sono integrati quasi ovunque nelle reti della corruzione politica dominate dai gattopardi locali.

Non sono più in grado di far cadere i governi, ma hanno moltiplicato le estorsioni, i racket ed il controllo delle risorse degli enti pubblici.

Queste attività non hanno però compensato la diminuzione delle entrate del mercato internazionale della droga e l’esclusione dai nuovi business mondiali. I fatturati criminali di oggi
sono una modesta frazione di quelli dell’epoca d’oro del malaffare.

Perché la mafia riacquisti quella sicurezza in se stessa necessaria per rientrare a pieno titolo nei piani alti del palazzo occorrono tre cose.

In primo luogo occorre una iniezione straordinaria di risorse paragonabile a quella ottenuta a metà degli anni 70 con il monopolio della rotta transatlantica dell’eroina. Ed è possibile che
l’occasione venga fornita dall’ iniezione di spesa pubblica post- COVID e dai fondi europei per la ricostruzione.

In secondo luogo occorre una spallata agli apparati investigativi antimafia che abbiamo costruito assieme a Falcone lungo gli anni 90. E non vedo segnali rilevanti in questa direzione.

Ma ciò che più conta è l’atteggiamento del governo centrale verso le mafie. I colpi subiti dalla mafia siciliana dopo il 1992 in poi sono stati quasi letali. La Commissione regionale e le
Commissioni provinciali di Cosa Nostra sono in disarmo da decenni. La pressione del popolo mafioso sulla società è rimasta pervasiva, ma non si è formata una nuova leadership. Una «testa» capace di ribaltare l’attuale subordinazione alla politica. Se dalla politica corrotta arrivassero nuovi segnali di incoraggiamento, Cosa Nostra potrebbe abbandonare il basso profilo e ritornare alla ribalta.

Se ciò avvenisse senza adeguata opposizione, vorrebbe dire che Capaci non ci ha insegnato niente.
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