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MessaggioInviato: 25/03/2014, 20:55 
Inserisco ma non ho ancora visionato [:)]
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BABILONIA LA GRANDE PROSTITUTA – Video


25 mar 2014


Guarda su youtube.com

La Prima parte illustra i particolari fondamentali di Babilonia città e inizia a introdurre BABILONIA LA GRANDE descritta in Apocalisse, lasciando alcuni interrogativi a riguardo dell’identità di questa donna metaforica.

Guarda su youtube.com

Babilonia la grande prostituta, PARTE 2

La seconda parte spiega e porta alla luce altri aspetti di BABILONIA LA GRANDE. La collusione tra potere politico e potere religioso è una realtà antica come la storia del mondo. La chiesa cattolica è la parte preminente di questo impero globale di falsità spirituale.

Guarda su youtube.com

Babilonia la grande prostituta, PARTE 3

Nella terza parte si inizia ad esaminare la parte preminente della prostituta: la Chiesa Cattolica. Si inizia a mettere a confronto ciò che essa insegna con quanto è scritto nella Parola di Dio, oltre ad elencare tutta una serie di dottrine e dogmi inventati dall’uomo e inseriti all’interno del cristianesimo distorcendolo grazie ad una diabolica opera di apostasia.

Guarda su youtube.com

Babilonia la grande prostituta, PARTE 4

Quarta parte: Sempre protagonista è la chiesa cattolica; continua la lista delle pratiche e delle usanze che essa ha aggiunto “personalizzando” l’adorazione a Dio e distorcendo ciò che YHWH ci insegna tramite la sua Parola. E’ incluso un filmato che testimonia l’abuso su un fedele in cerca di conforto spirituale da parte di un frate.


Fonte: https://xena05.wordpress.com/2014/03/25/babilonia-la-grande-prostituta-video/


Ultima modifica di Wolframio il 25/03/2014, 20:58, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 26/03/2014, 23:15 
Wolframio scrive:
"Quarta parte: Sempre protagonista è la chiesa cattolica; continua la lista delle pratiche e delle usanze che essa ha aggiunto “personalizzando” l’adorazione a Dio e distorcendo ciò che YHWH ci insegna tramite la sua Parola"...

Le prime persone che ho udito far girare queste affermazioni identificando Babilonia la grande come la grande meretrice, ovvero, la chiesa cattolica, sono stati i testimoni di geova, mettendo in risalto le distorsioni della pratica cattolica confrontandole con i versetti biblici.. In un verso del vangelo, è evidente la messa in guardia verso l'apostasia, in questo particolare capitolo si dice che in determinati periodi di tempo alcuni avrebbero instillato false dottrine inducendo all'astensione da determinati cibi. Mi è rimasto impresso in quanto nella mia famiglia si praticavano le "vigilie" astenendoci dal mangiare carne. [8)] [8]

Se Yahweh è il tipo che descrive Biglino, mi sa che non serviva distorcere la sua parola per ottenere lo scempio che abbiamo..



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MessaggioInviato: 27/03/2014, 00:52 
beh magari serviva per farla bere a miliardo buono di fedeli ^_^



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MessaggioInviato: 15/10/2014, 18:22 
Riporto anche qui il seguente articolo poiché si parla al suo interno anche della Torre di Babele

Cita:
LA MACCHINA DELLA RESURREZIONE
La Grande Piramide e lo Zed: spina dorsale di Osiride o albero della vita?


Lo Zed è, per definizione, l’elemento più misterioso della Grande Piramide di Giza. Perfettamente integrato nelle simmetrie del monumento, esso è situato nel cuore della piramide che gli egittologi attribuiscono artificiosamente al faraone Cheope. Quale funzione abbia mai potuto avere non è stato definitivamente chiarito.

Eppure, le teorie sono numerose e ciascuna di esse sembra possedere una buona dose di attendibilità. Tuttavia, come spesso accade in queste occasioni, l’ipotesi “ufficiale” appare la meno accreditata.

Gli egittologi, infatti, considerando la particolarità dell’architettura, hanno destinato lo Zed ad una finalità meramente ingegneristica: le sue “camere”, infatti, avrebbero dovuto avere una funzione di “scarico” per smaltire il peso dei blocchi superiori alla cosiddetta Camera del Re, così da evitarne il collasso strutturale.

Un’analisi che è stata smontata pezzo per pezzo, con argomenti significativamente esaustivi, dagli studiosi indipendenti, soprattutto considerando che non vi è ‘contatto’ tra la struttura in granito dello Zed e il resto della piramide come vedremo in seguito e come ha dimostrato l’Ing.Pincherle nel corso dei suoi approfonditi studi in merito.

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Lo Zed è una torre di granito interrotta da 5 livelli che spesso viene raffigurata in molti dipinti egizi, composta da quattro ampie camere, una delle quali era la camera dei Re, con in mezzo una vasca di granito definita erroneamente “sarcofago”, ricavata da un un unico blocco di granito intagliato in modo assolutamente perfetto, talmente tale che alcuni antichi testi egizi raccontano che questa vasca, "fu tagliata da una luce divina", il che ci ricorda le applicazioni di quello Shamir di cui abbiamo tante volte parlato nel corso delle nostre ricerche.

Gli antichi egizi hanno descritto questa torre ricorrendo alla simbologia geroglifica della loro religione; spesso abbinato al simbolo dell’Ankh, lo Zed (o Djed) veniva associato alla figura di Osiride quale rappresentazione della sua spina dorsale. La comprensione della simbologia dello Zed e dell’Ankh all’interno del misticismo e dell’esoterismo egizio ci tornerà molto utile alla fine dell’articolo, specificatamente per i loro significati legati al ciclo vita-morte-resurrezione che permeava la religione egizia principalmente in riferimento al viaggio ultraterreno del faraone, appunto reincarnazione di Osiride.

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Osiride era un antico dio del grano. I suoi seguaci lo identificarono con una divinità pastorale di nome Anzti o Anedjti e si insediarono in tempi predinastici nella sua città nel Delta. Il loro simbolo di culto era appunto il pilastro djed, il cui significato non è ancora del tutto chiarito. Forse rappresentava un albero a cui furono tolti i rami, forse un cedro della Siria o del Libano che i seguaci di Osiride portarono dalla loro patria e per il quale chiamarono la loro città Djedu. Più tardi questo nome fu cambiato in Pa-Uzir, da User, il nome egizio di Osiride, e per i greci diventò Busiris.

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Il culto di Osiride si diffuse presto in molte regioni dell'Egitto. Egli diventò un dio della terra, della vegetazione e dell'agricoltura. Anche il legame del dio con i riti funebri provenne dai tempi antichi, visto che già durante la V dinastia egli aveva assorbito i dei funerari di Abydos (come Khenti-Amentiu) ed i faraoni defunti vennero identificati con lui. Questo aspetto funerario raggiunse una tale importanza, da elevare Osiride a dio supremo dell'Egitto. Nel concetto religioso dei primi tempi, la mitologia inseriva Osiride fra le divinità dell'enneade ermopolitana. Non fu difficile, vedere in questo dio della vegetazione un figlio di Geb, dio della terra e divinità dell'enneade che prima dei faraoni aveva regnato sull'Egitto. La dea Nut venne considerata sua madre e come fratelli ebbe Iside, Seth e Neftis.

Secondo il mito gli uomini in quei tempi remoti erano ancora dei barbari. Osiride gli insegnò il giusto modo di comportarsi, come coltivare la terra, la costruzione delle case e come venerare le divinità. Inoltre stabiliva per loro delle leggi. Nell’insegnamento Osiride ebbe l'aiuto del suo scriba Thot che creò l'arte e la scienza e diede un nome alle cose. Il governo di Osiride si basava sulla forza di persuasione e non sulla violenza.

Dopo la civilizzazione dell'Egitto, Osiride decise di portare i suoi insegnamenti anche al mondo circostante, usando gli stessi metodi.

Un comportamento, quello di Osiride, che noi del Progetto Atlanticus identifichiamo come equivalente a quello del Player B, spesso associato a Enki, Viracocha e anche a quegli Angeli Caduti, definiti come Vigilanti nel libro di Enoch, citato non a caso, in quanto strettamente correlato come vedremo con il tema dello Zed.

L'antico Libro di Enoch, un libro sacro che fu ritrovato nelle Grotte di Qumram, in Israele, racconta che il pilastro "Zed” è in realtà molto più antico della Grande Piramide, che oggi lo ospita, e che fu trasportato inizialmente da un luogo non meglio definito della Mesopotamia con un carro trainato da 600 buoi ed in seguito posto sulla cima della piramide di Saqqara prima di essere definitivamente smontato e nascosto all’interno della Grande Piramide di Giza.

La Piramide di Saqqara (o di Zoser) come forse quasi tutti sanno è una piramide a gradoni, la più antica delle piramidi egizie, sulla cui superficie dell’ultimo gradone è stata riscontrata dall’ingegnere e grande studioso Mario Pincherle una importante presenza di diorite. La diorite è un materiale molto duro il cui uso sul tetto della piramide avrebbe avuto poco senso in realtà, se non quello di sostenere un enorme peso. Sempre Pincherle evidenzia poi che la base in diorite della cima dell'antica piramide di Saqqara è proprio compatibile con le misure della base ed il peso del pilastro "Zed".

Ciò confermerebbe quanto descritto nel Libro di Enoch relativamente al trasporto dello Zed dalla mesopotamia, forse da Babilonia, fino a Saqqara. E’ possibile allora pensare che la storia dello Zed sia correlata anche alla costruzione della mitica torre di Babele, una torre, costruita per ergersi verso il cielo fino a “raggiungere” metaforicamente dio e sfidarlo.

Forse l’obiettivo poteva addirittura essere quello di muovere guerra contro gli dei tentando di uscire dalla tradizionale interpretazione monoteistica del testo aderendo maggiormente a una idea evemerista della figura del ‘divino’.

Un racconto biblico quello della torre di Babele che, come molti altri, presenta un importante parallelo in un poema sumerico più antico, “Enmerkar e il signore di Aratta” in cui si narra del conflitto, probabilmente reale, che aveva contrapposto le città di Uruk e appunto di Aratta, intorno al 3000 a.C.

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L’utilizzo della diorite nella costruzione della piramide di Saqqara e la titanica edificazione della torre di Babele di cui purtroppo poco sappiamo, non può che farci tornare alla memoria un altro luogo dove sono stati trovati incredibili blocchi di diorite e andesite sapientemente lavorati da mani che ragionevolmente erano in possesso di tecnologie a noi sconosciute.

Stiamo parlando di Puma Punku e dei suoi incredibili blocchi intagliati di cui abbiamo già fatto menzione in nostri precedenti articoli. Puma Punku è in grado di suscitare nel visitatore profondi interrogativi su chi abbia popolato questa regione e su chi e come abbia edificato le incredibili opere presenti sull’altipiano a pochi chilometri dal lago Titicaca, anch’esso carico di misteri. Chiunque abbia avuto la fortuna di visitare questo luogo è rimasto imbarazzato dinanzi alla peculiare lavorazione e forma dei blocchi di pietra disseminati nell’area. Le leggende locali ci indicano essere Tiwanaku un tempio, costruito in un antico passato dagli uomini del posto per commemorare l’arrivo degli dei del cielo nella vicina Puma Punku.

Il tempio principale del Puma Punku, affacciato su di una vasca cerimoniale o piazza sprofondata, perfettamente levigata, è una delle costruzioni in pietra più grandi del nuovo mondo, in cui a blocchi di pietra di 440 tonnellate ne seguono altri più piccoli, di 200, 100, e via via fino a quelli di 80 e 40 tonnellate.

Il Puma Punku colpisce per la dimensione dei blocchi, ma colpisce anche per la raffinatezza della decorazione scultorea. Ovunque giacciono sparsi al suolo parti di quelli che furono portali, finestre, nicchie o semplici blocchi di pietra. In nessun luogo del nuovo mondo, e probabilmente neppure del vecchio, si trova traccia di una lavorazione della pietra tanto precisa e raffinata. Come in un gigantesco gioco a incastri, ogni blocco era progettato per incastrarsi perfettamente con quelli adiacenti tramite un complesso sistema di indentature, incavi e morsetti metallici. Dai pochi frammenti rimasti, sembra che anche il tetto di questi straordinari edifici fosse costituito di enormi lastre di pietra.

Il rebus di Puma Punku sta tutto nella precisione millimetrica dei suoi blocchi di pietra, specialmente quelli a forma di H. Sono tutti della stessa grandezza come fossero stati prodotti in serie con una sorta di stampo, hanno linee perfette, scanalature levigate, fori di estrema precisione e, come gli altri blocchi, sembrano fatti per essere assemblati a incastro, al fine di creare megalitiche muraglie e insolite costruzioni.

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Molti ingegneri sono rimasti stupiti e ammirati da cotanta perfezione millimetrica, che sarebbe difficile da ottenere anche al giorno d’oggi con i moderni mezzi in nostro possesso. Questi enormi blocchi sono infatti composti di diorite, una pietra vulcanica dura quasi come il diamante, la stessa ritrovata sopra la piramide di Saqqara.

A questo punto possiamo quasi immaginare Puma Punku come il cantiere ‘edile’ in cui venivano prodotti i blocchi necessari all’edificazione delle opere antidiluviane come appunto potevano essere lo Zed o la Torre di Babele, sempre che i due non siano in realtà la medesima cosa.

Se questo fosse vero potremmo allora identificare due momenti diversi nella edificazione dello Zed e in quello della Grande Piramide ed effettivamente è interessante osservare come il pilastro in granito non sia congiunto con alcun punto della piramide, ma altresì separato da una intercapedine vuota che separa nettamente i blocchi di granito facenti capo alla misteriosa torre Zed dai blocchi di calcare che invece caratterizzano la struttura della Grande Piramide. Proprio come se la Piramide gli fosse stata costruita intorno!

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All'interno della Camera del Re, che viene a trovarsi sotto cinque enormi blocchi di granito, equivalenti ai piani alti dello Zed, è stato rinvenuto quello che viene ritenuto dall’archeologia tradizionale il sarcofago di Cheope, in granito rosso, un materiale ancora oggi dificilissimo da lavorare che, per le sue dimensioni e caratteristiche, ha fatto sorgere il dubbio in diversi ricercatori alternativi che potesse essere in realtà il contentore dell'Arca dell'Alleanza, visto che nessun corpo vi è mai stato ritrovato all’interno e neppure quello sfarzoso corredo funerario che le sepolture egizie ci hanno abituato a vedere.

Esattamente come viene descritto nella Bibbia nel libro dell’Esodo dove leggiamo:

Cita:
"Faranno un'Arca in legno di acacia: avrà due cubiti e mezzo di lunghezza, un cubito e mezzo di larghezza e un cubito e mezzo di altezza. La rivestirai d'oro puro: dentro e fuori la rivestirai. Farai sopra di essa un bordo d'oro tutto attorno. Fonderai per essa quattro anelli d'oro e li fisserai ai suoi piedi: due anelli su di un lato e due anelli sull'altro lato. Farai delle stanghe di legno di acacia e le rivestirai d'oro. Introdurrai le stanghe negli anelli sui due lati dell'Arca per trasportare l'Arca su di esse. Le stanghe dovranno rimanere negli anelli dell'Arca: non verranno ritirate di lì. Nell'Arca collocherai la Testimonianza che io ti darò."


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In questo contesto appare logico riflettere sulla figura del protagonista dell’Esodo ebraico dall’Egitto. Intorno al 1300 a.C. Akhenaton, passato alla storia come “il faraone ribelle”, contrappone un culto monoteista a quello politeista in vigore in tutto l’Egitto, forse continuando l’opera intrapresa da suo padre Amenophis III; fonda una nuova capitale ad Amarna, a circa 200 km a sud del Cairo; il popolo resta però in maggioranza fedele agli antichi dei. Seguaci di Akhenaton e del nuovo ed unico dio Aton saranno una esigua minoranza della popolazione egizia, alcune razze tipicamente africane e la quasi totalità degli hyksos, i discendenti delle tribù semite che intorno al XVII secolo a.C. avevano invaso il nord dell’Egitto dominandolo per due dinastie, prima di essere definitivamente sottomessi.

Dopo circa diciassette anni di governo Akhenaton scompare nel nulla e la restaurazione politeista si accanisce contro di lui con una accurata damnatio memoriae: quasi tutti i segni visibili del suo passaggio – iscrizioni, sculture, documenti – vengono distrutti; la stessa città di Amarna è rasa al suolo.

Secondo recenti ipotesi un’insurrezione della popolazione, guidata dal clero tebano, costrinse il faraone eretico ad abbandonare l’Egitto per stabilirsi in Palestina con tutti i suoi seguaci; a conferma di ciò esiste una lettera nella quale il governatore di Gerusalemme fa esplicito riferimento al divieto di abbandonare le terre dell’esilio. Inoltre va ricordata la forte somiglianza del Sal104, che canta la gloria di Dio nel creato, con l’Inno al Sole di Akhenaton, il faraone che nel XIV secolo a.C. introdusse il culto monoteistico del dio Aton.

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La presunta relazione tra il culto di Aton e Mosè potrebbe spiegarsi in due modi, mentre il caso che gli ebrei in Egitto seguissero tale culto è da escludere essendo all’epoca ancora fortemente politeisti: la cattività babilonese che avrebbe sancito la superiorità del culto di Yahweh sugli altri avviene soltanto nel VI sec. a.C.

Il periodo dell'Esilio fu di importanza fondamentale per la religione ebraica e di conseguenza per le religioni che ad essa si ispirano, come il cristianesimo e l'Islam. Privati del culto del Tempio, ormai distrutto, i sacerdoti giudei e gli intellettuali deportati assieme ad essi elaborarono una versione della loro religione (meno legata al rituale del culto e maggiormente legata ai valori interiori e spirituali) molto innovativa, tale da permetterle di sopravvivere alla catastrofe ed anzi da uscirne rafforzata. Al punto da riuscire ad imporsi come "vera" interpretazione del culto di YHWH non solo agli "am ha'aretz" di Giuda, ma addirittura ai fedeli di YHWH di Samaria, che arrivarono ad adottare come canonica la redazione del Pentateuco elaborata durante e dopo l'Esilio.

Nella realtà storica e archeologica, invece, s'individua una serie di innovazioni importantissime, che caratterizzarono da quel momento in poi il giudaismo.

Il definitivo trionfo del monoteismo più intransigente e l'eliminazione definitiva di tutte le altre divinità del pantheon cananeo. Se la religione pre-esilica era stata fondamentalmente enoteista (riconosceva l'esistenza di altri dèi, ma riteneva lecito per Israele esclusivamente il culto di YHWH) quella post-esilica è intransigentemente monoteistica: YHWH è l'unica divinità esistente, è lui a muovere la Storia, al punto che anche un sovrano persiano può essere emissario della sua volontà, al punto da essere definito "Messia".

Concordanze storiche non meglio precisate fanno ritenere che dietro la figlia di faraone che adottò Mosè si celasse una nobildonna iniziata al culto di Aton, forse la regina Ankhesenamon, figlia di Akhenaton finita dopo varie vicissitudini in sposa ad Haremhab. L’ipotesi più certa diventa a questo punto che Mosè sia stato un cortigiano di Akhenaton, e dunque fu certamente seguace del culto di Aton; questa ipotesi è suffragata dalla data di nascita di Mosè secondo la tradizione il 7 Adar 2368 (corrispondente agli anni tra il 1391-1386 a.C.) che lo fa un contemporaneo del faraone Akhetaton vissuto nel XIV sec a.C.

Il collegamento tra il faraone ribelle ed esiliato col suo probabile sacerdote, il Mosè biblico dell’esodo ebraico, appare estremamente logica; sono infatti facilmente rintracciabili le numerose analogie storiche, circostanziali e cronologiche tra i due personaggi. Lo stesso nome di Mosè sembra di origine egiziana ed il mito della sua infanzia – salvato dalle acque ed educato alla corte dei faraoni, in perfetta analogia col precedente mito del sumero Sargon – appare come il tentativo di mascherare una realtà che non deve essere divulgata.

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Le motivazioni del perché tale storia non doveva essere divulgata tra le altre cose potrebbero avere motivazioni socio-politiche dirompenti.
Ma per capirlo dobbiamo arrivare al 1923, anno dell’apertura della tomba di Tutankhamon da parte di Lord Carnarvon e Howard Carter i quali avevano in realtà, già violato in segreto la tomba circa tre mesi prima dell’apertura ufficiale, trafugando una moltitudine di oggetti preziosi e suppellettili. Ad un primo rapido inventario tra gli oggetti “ufficialmente” ritrovati nella tomba sono presenti anche alcuni papiri dei quali si fa cenno nella corrispondenza privata dei due, in lettere inviate ad amici e colleghi.

Peccato che poco tempo dopo i suddetti papiri risultano inesistenti e cancellati dai successivi inventari. Interrogato in proposito, Carter dichiarerà trattarsi di un clamoroso errore: alcuni rotoli di lino presenti nella tomba erano stati sprovvedutamente scambiati per papiri.

Tale versione appare poco credibile, trattandosi di egittologi esperti. Carter, in particolare, ha alle spalle una lunghissima carriera, ma nessuno solleva obiezioni. Accade però che in un secondo momento le autorità egiziane prospettano la possibilità di togliere a Carter la concessione per continuare gli scavi. Questi allora si reca al consolato britannico e minaccia, nel caso in cui non gli fosse stata rinnovata la concessione, di svelare al mondo intero il contenuto dei famosi papiri¸”…fornendo il vero resoconto…dell’esodo degli ebrei dall’Egitto”

E’ pertanto perfettamente lecito, date tali premesse, supporre che la divulgazione del contenuto dei papiri avrebbe ottenuto effetti indesiderati a livello politico; ed è altrettanto lecito ipotizzare che i papiri narrassero la storia di Akhenaton e dell’esodo suo e dei suoi seguaci verso la Palestina.

Ricordando che era solo di pochi anni prima la famigerata Dichiarazione Balfour (il primo riconoscimento ufficiale delle aspirazioni sioniste in merito alla spartizione dell’Impero Ottomano, costituito da una lettera, scritta dall’allora ministro degli esteri inglese Arthur Balfour a Lord Rotschild – principale rappresentante della comunità ebraica inglese e referente del movimento sionista – con la quale il governo britannico affermava di guardare con favore alla creazione di un focolare ebraico in Palestina), si comprende come un documento che nella sostanza minava alla base i miti fondatori del movimento sionista – in particolare relativamente ad una presunta omogeneità razziale ed alla volontà di far ritorno alle terre dei propri presunti avi – avrebbe avuto nell’opinione pubblica mondiale un impatto dirompente, delegittimando definitivamente il movimento sionista stesso, che aveva già intrapreso a tappe forzate e con tutti i mezzi disponibili – non escluso il terrorismo – la colonizzazione della Palestina.

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Indirettamente questa vicenda rappresenta a mio avviso una conferma del fatto che il cosiddetto sarcofago di Cheope contenesse in realtà quell’incredibile manufatto rappresentato dall’Arca dell’Alleanza di biblica memoria trafugata da Mosè, sacerdote egiziano legato al culto di Aton, e pertanto in possesso di incredibili conoscenze esoteriche e tecnologiche. Quelle stesse conoscenze che gli consentirono quei prodigi per i quali ancora oggi è ricordato.

Arca dell’Alleanza il cui scopo e funzionamento doveva pertanto essere correlato alla torre Zed, oggetto del presente studio di ricerca, per motivi che ancora oggi ignoriamo, ma che, rifacendoci a quanto si diceva qualche pagina addietro, potrebbero essere legati al desiderio dell’Uomo di ‘raggiungere’ Dio, qualsiasi cosa significhi questo, descritto nel mito della Torre di Babele.

Come sostenuto da Robert Bauval in un suo recente convegno quando osserviamo la Grande Piramide è come se osservassimo una grande “macchina” che non sappiamo utilizzare e a cui forse manca l’energia per poter funzionare. Esattamente come un computer che diventa un pezzo di plastica se gli viene sottratta la corrente e la CPU, così lo Zed, contenuto in essa, potrebbe essere oggi soltanto un incredibile manufatto, retaggio di un tempo antidiluviano, di cui non sapremo mai nè il suo utilizzo, nè il suo funzionamento.

Nè il perché, aggiungo io, a un certo punto venne deciso da qualcuno, qualcuno che rimane ignoto, di provvedere al suo smantellamento da Saqqara per nasconderlo, o proteggerlo, all’interno della Grande Piramide.

Ancora una volta è il Libro di Enoch, e più specificatamente il decimo capitolo del secondo libro, ad aiutarci.

In esso leggiamo infatti che vi è scritto:

"... Allora il Signore, Altissimo santo e Immenso, mandò Uriele a Noè e gli disse: <<Parlagli a nome Mio, digli che si tenga nascosto, rivelagli che un terribile cataclisma si sta avvicinando. Tutta la Terra verrà spazzata da un diluvio che distruggerà tutto ciò che vive in essa. Avvertilo in che modo egli potrà scampare e come il suo seme potrà essere preservato per tutte le generazioni future del mondo>>. Poi il Signore disse a Raffaele: <<Prendi Azazel, il caprone nero, colui che procede alla rovescia nel tempo e legalo mani e piedi. Nascondilo nell'oscurità. Nascondilo nel vuoto e oscuro antro. Imprigionalo là dentro, così le immense pietre di granito, (ognuna delle quale avrà un lato ruvido e scabro), lo chiuderanno in uno spazio oscuro, entro il quale dovrà stare per lunghissimo tempo, lontano dalla luce, che non illuminerà il suo volto e il suo segreto>>, ..."[/quote]

Azazel, ricordiamolo, è uno degli angeli caduti che hanno insegnato agli uomini prediluviani le arti e i mestieri, ovvero tecnologie e saperi esoterici proprie della più alta gerarchia anunnaka e che per questo motivo sono equiparabili ai nostri Player B secondo la chiave di lettura presentata dal Progetto Atlanticus. Il caprone nero inoltre sembra un riferimento alla figura del Bafometto, adorato dai Templari proprio come simbolo di conoscenza.

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E’ possibile pertanto che lo Zed sia stato smantellato proprio poco prima dell’arrivo del Diluvio e ricostruito all’interno della Grande Piramide al fine di imprigionare “Azazel”, il caprone nero, o meglio il suo sapere, al fine di evitare che l’Umanità devastata dal grande cataclisma e quindi presumibilmente tornata allo stato di barbarie, non potesse usufruire del grande potere rappresentato da questi.

Il sapere posseduto dagli “Antichi Dei” e che i Player B (Osiride, Enki, i Vigilanti o Angeli Caduti di cui Azazel faceva parte) volevano condividere con i Sapiens. Un potere di cui invece il Player A, e forse non a torto, temeva lo sconsiderato utilizzo da parte dell’Uomo post-diluviano. Un potere, un sapere, un dono che forse possiamo provare a intuire se proviamo a collegare tutti i tasselli del mosaico che questa vicenda ci offre.

Perché è mia convinzione che ciò di cui stiamo parlando quando parliamo dello Zed sia quello stesso dono che ci fu negato all’alba dei tempi, quando fummo cacciati dal giardino dell’Eden: il frutto dell’albero della vita. Ovvero la vita eterna attraverso la trasfigurazione! Un dono che Azazel voleva condividere con la razza del Sapiens, assumendosi il rischio più grande: quello di essere scacciato anch’egli dalla schiera ‘celeste’.

Potremmo avere pertanto identificato i componenti necessari per il funzionamento della più strabiliante macchina che l’umanità possa mai conoscere: la macchina della trasfigurazione! Quella trasfigurazione raggiungibile anche attraverso un percorso più spirituale, così come manifestato dagli insegnamenti alchemico-gnostici che permisero al Cristo la trasfigurazione in corpo di luce sul monte Tabor.

Una macchina che per funzionare necessità di:

- Lo Zed (hardware)
- L’Arca dell’Alleanza (energia)
- L’Ankh (CPU)

seguendo la metafora suggerita da Bauval.

Il primo elemento l’abbiamo trovato all’interno della grande piramide. Il secondo componente è stato ritrovato, ma è andato smarrito, oppure gelosamente custodito ancora una volta dal Player A. Il terzo, per quel che ne sappiamo non è ancora stato trovato.

Come possiamo affermare questo? Partendo proprio dal significato simbolico che gli antichi egizi attribuivano allo Zed e all’Ankh.

Nella religione degli antichi Egizi, lo Zed (o Djed = "stabilità", "presenza") è la rappresentazione della spina dorsale del dio Osiride, re dell'Oltretomba. Per gli Egizi, la spina dorsale era sede del fluido vitale e inoltre Osiride è il Dio della resurrezione, e il Faraone, che durante la vita terrena rappresenta l'incarnazione di Horus, il divino falco, dopo l’esperienza materiale torna a trasformarsi in Osiride.
Osiride si identifica anche con la Costellazione di Orione, e le tre stelle della "Cintura di Orione" rispecchiano perpendicolarmente sulle tre piramidi di Giza la posizione che avevano nel cielo al tempo della loro costruzione, e rilevabile conoscendo il fenomeno della "Precessione degli Equinozi".

Ricordiamo inoltre che l'Egitto era "lo specchio del cielo": la via Lattea al posto del Nilo e le stelle al posto delle piramidi! Quasi che dal basso si potesse scrutare il cielo per riproporre la stessa cosa sulla terra. L’ermetico concetto del “Come in cielo, così in terra” e dell’infinitamente grande nell’infinitamente piccolo nella ricerca del ritorno all’Uno.

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Osiride è lo sposo di Iside, identificata con Sirio, la stella della vita stessa. Visto che il faraone è Osiride /Orione, e che la sua sposa è Iside/Sirio, e che dopo la morte il re si prepara a diventare come Osiride possiamo osservare un continuo balletto tra Faraone=Osiride, Uomo=Dio, e come questo sia di fatto l’allegoria di un continuo ciclo di reincarnazioni “vita->morte->nuova vita” del faraone in una continuità coscienziale che consente lui di fatto quella stessa immortalità propria degli dei.

I Faraoni in questo processo sono pertanto diverse rappresentazioni corporali del medesimo soggetto che compie un continuo viaggio tra aldiquà e aldilà, tra piano materiale e piano metafisico. Sapere e potere gestire questo processo, anche attraverso un meccanismo artificiale come potrebbe essere lo Zed, garantiva l’immortalità per colui che ne poteva usufruire, e di conseguenza, un enorme potere sul resto degli uomini.

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Ecco perché possiamo intendere la Grande Piramide come una macchina per la resurrezione, uno stargate verso il mondo metafisico: una macchina in grado di fornire all’Uomo quel dono che gli fu negato in Eden. Ovvero il segreto per diventare immortali a livello di coscienza, ovvero nell’anima e non nel corpo, e ‘raggiungere’ così il rango di divinità. Esattamente come poteva essere, probabilmente, l’obiettivo degli autori della Torre di Babele, di ieri e di oggi.
Un rischio che gli “Antichi Dei” non potevano e non possono permettersi.

Fonti:
http://spazioinwind.libero.it/popoli_an ... qqara.html
http://haeresis.weebly.com/lo-zed.html
http://www.strangedays.it/MisterinelPas ... amide.html
http://www.infopal.it/mose-ed-akhenaton ... ie-in-una/
http://it.wikipedia.org/wiki/Esilio_babilonese
http://ufoplanet.ufoforum.it/headlines/ ... LO_ID=9683
http://www.ufoforum.it/topic.asp?TOPIC_ID=14674
http://www.misteria.org/index_file/copi ... /dajed.htm

Ricordiamo il sito dell'autore
http://progettoatlanticus.net

E il podcast collegato
http://atlanticast.com[/quote]



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MessaggioInviato: 15/10/2014, 22:46 
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MaxpoweR ha scritto:

beh magari serviva per farla bere a miliardo buono di fedeli ^_^



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Noi siamo al tramonto, la notte è ancora tutta davanti, ma alla fine il sole sorgerà anche stavolta. Quello che cambia, è quello che i suoi raggi illumineranno. Facciamo che domani sotto il Sole ci sia un mondo migliore.
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MessaggioInviato: 22/11/2014, 14:10 
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Il mistero di Cholula, la piramide più grande del mondo

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Lo studio delle piramidi, costruite nel lontano passato da molti popoli che vivevano in differenti zone della Terra, è interesante non solo dal punto di vista storico e architettonico, ma anche per comprendere le loro usanze, le loro credenze religiose e la loro visione del mondo.

Le piramidi più conosciute sono certamente le egiziane, soprattutto quelle della piana di Giza.

Nel mondo però vi furono varie le culture antiche che costruirono piramidi, per esempio le piramidi cinesi di Xian, quelle peruviane di Caral o Tucumè e quelle mesoamericane, come le Maya di Tikal, Uxmal, Palenque, o le famose piramidi del Sole e della Luna di Teotihuacan.

Stranamente la pirámide di Cholula (detta anche Tlachihualtepetl), che è la più grande del mondo, è quasi ignorata sia nei programmi televisivi dove si divulga la Storia sudamericana che nelle riviste specializzate.

La piramide, che è alta 66 metri ed ha una pianta quadrata di 400 metri, è la più voluminosa del mondo: ben 4.450.000 metri cubi.
Per fare un paragone, la piramide di Cheope, ha un volume di “soli” 2.500.000 metri cubi.

Il nome Cholula significa “acqua che cade nel luogo della vita”. Secondo la mitología fu costruita dal gigante Xelhua, che riuscì a salvarsi dal diluvio universale.
Ecco un brano dell’opera Cholula 2000 tradizione e cultura dello scrittore Rodolfo Herrera Charolet (1995):

Nell’epoca del diluvio vivevano sulla Terra i giganti, però molti di essi morirono sommersi dalla acque, alcuni invece furono trasformati in pesci e solo sette fratelli si salvarono in alcune grotte della montagna Tlaloc. Il gigante Xelhua viaggiò fino al luogo che in seguito si chiamò Cholollan e con grandi mattoni fabbricati nel lontano Tlalmanalco, cominciò a costruire la pirámide in memoria della montagna dove si salvò. Siccome Tonacatecutli, il Padre degli Dei s’irritò vedendo quella immensa costruzione, che poteva arrivare alle nubi, lanciò delle lingue di fuoco e con un grande masso che aveva forma di rospo schiacciò molti lavoratori e scacciò i sopravvissuti, cosìcchè l’opera fu interrotta…

...

http://yurileveratto.com/it/articolo.php?Id=285


Alcune considerazioni sul passo evidenziato:

1) Abbiamo anche qui giganti e diluvi
2) Il racconto dell'edificazione non sembra un racconto analogo a quello della Torre di Babele, ivi compresa la rabbia degli dei nei confronti della stessa e l'esito nefasto del racconto?
3) Opere interrotte: Puma Punku, Baalbek e gli altri cantieri dello Zed?
4) I "grandi mattoni" del Tlalmanalco... che il termine Tlalmanalco fosse un altro modo per identificare Puma Punku?



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MessaggioInviato: 23/11/2014, 14:44 
Durante le guerre combattute dai nostri dei è ovvio che venissero distrutte le infrastrutture primarie e presumo che i "depositi dei carri celesti" come Baalbeck fossero obiettivi primari. Non mi stupirebbe se anche Puma Punku avesse una destinazione d'uso simile



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 Oggetto del messaggio: Re: La Torre di Babele. Linguaggio universale
MessaggioInviato: 10/05/2015, 19:52 
Nel thread si è presentata l'idea che quel linguaggio universale che venne confuso dagli dei nell'episodio biblico della Torre di Babele corrispondesse alla conoscenza di quelle leggi matematiche e geometriche universali connesse all'armonia della natura e alle energie del cosmo attraverso le quali l'uomo avrebbe potuto diventare uguale agli "dei".. cosa che quegli "dei" temevano più di ogni altra cosa al mondo dopo che l'uomo si era nutrito del frutto dell'albero della conoscenza...

Per questo pubblico anche qui il seguente articolo.

Il simbolismo della tartaruga: geometria sacra e architettura esoterica

Può essere utile rivolgere inizialmente lo sguardo ad Oriente e in particolare ad un pilastro del pensiero cinese: il concetto di Grande Triade , ossia Cielo, Terra, Uomo (Tien-Ti-Jen). Numerosi sono i simboli tradizionali che raffigurano l’Uomo come termine medio della Grande Triade, posto tra il Cielo e la Terra e in tal modo adempiente la sua funzione di ‘mediatore’. Ad esempio, le tre linee intere (yang) o spezzate (yin) di ciascuno degli otto trigrammi dell’I-King, il celebre ‘Libro dei Mutamenti’ dell’arte divinatoria cinese, corrispondono proprio ai tre termini della Triade: il tratto superiore rappresenta il Cielo, il tratto mediano l’Uomo e il tratto inferiore la Terra.

Parimenti, questi tre termini rappresentano uno dei molteplici significati del ‘Sigillo di Salomone ’ (noto come ‘Stella di David’, la ‘stella a sei punte’ simbolo dello stato ebraico): in questo caso, il triangolo diritto è la natura celeste e il triangolo rovesciato la natura terrestre, mentre l’insieme simboleggia l’ “Uomo Universale” che, unendo in sé le due nature, è appunto per questo il ‘mediatore’ per eccellenza (facciamo notare, per inciso, che – trasposto in termini cristiani – questo simbolismo rappresenta l’unione della natura divina e della natura umana in Cristo, che fa appunto da ‘mediatore’ tra gli uomini e Dio). Anche nel simbolismo massonico del ‘compasso’ e della ‘squadra’ ritroviamo tracce della Grande Triade: questi strumenti, infatti, corrispondono rispettivamente al cerchio (che si disegna appunto col compasso) e al quadrato (disegnato con la squadra) e, di conseguenza, al Cielo (di cui il cerchio è il simbolo) e alla Terra (di cui è simbolo il quadrato). Il maestro massone, che – per una nota formula massonica – “si trova sempre tra la squadra e il compasso”, rappresenta ovviamente l’Uomo, ancora una volta con funzione di mediatore.

Ma il simbolo estremo-orientale connesso con la Grande Triade che ci interessa maggiormente in questa sede è quello della Tartaruga, la quale è posta tra le due parti superiore e inferiore della sua corazza come l’Uomo fra il Cielo e la Terra! In tale raffigurazione, la stessa forma delle due parti è significativa almeno quanto la loro posizione: la parte superiore, che ‘copre’ l’animale, per la sua forma arrotondata corrisponde ancora una volta al Cielo e la parte inferiore, che lo ‘sostiene’, per la sua forma piatta corrisponde alla Terra. L’intera corazza è perciò un’immagine dell’Universo (in sintonia con il principio ermetico del ‘come in alto così in basso’) e la tartaruga, posta tra le sue due parti, rappresenta naturalmente il termine mediano della Grande Triade, ossia l’Uomo.

Inoltre, la sua ritrazione all’interno della corazza simboleggia la concentrazione nello ‘stato primordiale’, lo stato dell’“uomo vero”; tale concentrazione costituisce poi la realizzazione della pienezza delle possibilità umane perché, anche se in apparenza il centro è solo un punto senza estensione, in realtà questo punto contiene tutte le cose – come in una sorta di Ologramma cosmico o nell’Aleph cabalistico magistralmente descritto da Jorge Luis Borges –. Proprio per questo l’uomo vero racchiude in se stesso tutto ciò che è manifestato nello stato di esistenza con il cui centro esso si identifica. Per gli antichi cinesi, ovviamente, l’uomo vero si reificava nella figura dell’Imperatore o, più in generale, del Principe : ad esempio, il vestito degli antichi principi – in analogia con la tartaruga ma anche (!) col simbolismo massonico – doveva avere una forma rotonda in alto (cioè nel colletto) e quadrata in basso, a rappresentare appunto il cielo e la terra.

Ma se il suo vestito aveva un significato simbolico, lo stesso valeva per tutte le azioni della vita del sovrano che erano regolate esattamente secondo precisi rituali. Un esempio caratteristico di tali rituali era la circumambulazione dell’Imperatore nel Ming-tang. Il tetto di questo caratteristico edificio, residenza del sovrano, aveva una forma arrotondata, mentre la sua base aveva una forma quadrata o rettangolare: posto fra il tetto e la base, che richiamano evidentemente le due parti superiore e inferiore della corazza della tartaruga, l’Imperatore rappresentava appunto l’Uomo tra il Cielo e la Terra. Quest’ultima disposizione costituisce peraltro un modello architettonico che si ritrova con grandissima frequenza, e con lo stesso valore simbolico, in molte strutture tradizionali diverse, come lo stûpa buddista o la qubbah islamica.

E’ interessante notare che la pianta del Ming-tang era conforme alla suddivisione dell’impero cinese del terzo millennio avanti Cristo attribuita a Yu il Grande: comprendeva infatti nove sale disposte esattamente come le nove province dell’impero, secondo lo schema ispirato al cosiddetto diagramma Lo-chou o ‘Scritto del Lago’ che, così vuole la leggenda, era stato portato a Yu il Grande da una tartaruga (sempre e ancora lei!) e in cui i primi nove numeri naturali sono disposti in modo da formare quello che viene chiamato un ‘quadrato magico’. Nel quadrato magico (la cui caratteristica è quella di dare sempre 15 come risultato delle somme eseguite sugli assi e le diagonali) il centro è occupato dal numero 5, che sta anch’esso nel ‘mezzo’ dei primi nove numeri: analogamente nell’impero cinese la provincia centrale, che corrispondeva a questo numero e dove risiedeva l’imperatore, era chiamata ‘Regno del Mezzo’, da cui poi la denominazione sarebbe stata estesa all’intera Cina.

Il Ming-tang, inoltre, aveva dodici aperture sull’esterno, tre su ciascuno dei quattro lati, che corrispondevano ai dodici mesi dell’anno: quelle della facciata orientale ai tre mesi primaverili, quelle della facciata meridionale ai tre mesi estivi, quelle della facciata occidentale ai tre mesi autunnali e quelle della facciata settentrionale ai tre mesi invernali. Le dodici aperture formavano quindi uno Zodiaco: nel corso del ciclo annuale, l’Imperatore compiva nel Mingtang una circumambulazione in senso ‘solare’ arrestandosi successivamente in dodici stazioni corrispondenti alle dodici aperture, e da esse promulgava le ordinanze adatte ai dodici mesi. La circumambulazione si effettuava sempre con ritorno al centro, il quale centro individuava il punto di mezzo dell’anno.

Del pari, quando visitava l’Impero, il sovrano percorreva le province in un ordine corrispondente e poi tornava alla sua residenza centrale. In definitiva, il Ming-tang era un’immagine dell’Universo concentrata in un luogo che rappresentava l’Invariabile Mezzo. Ed effettivamente lo era, sotto il duplice aspetto dello spazio e del tempo, perché il simbolismo spaziale dei punti cardinali era messo in diretto rapporto con quello temporale delle stagioni nel ciclo annuale. In tutto ciò l’Imperatore appariva propriamente come il ‘regolatore’ dell’ordine cosmico stesso e questo faceva di lui la rappresentazione dell’ “uomo vero”.

La cosa interessante, a questo punto, è notare come il simbolismo della Tartaruga – cioè del Cerchio e del Quadrato – costituisca non solo un perfetto tramite tra la tradizione esoterica estremo-orientale e quella occidentale ermetico-alchemica ma, intrecciandosi ulteriormente con l’iconografia cristiana, con il simbolismo del Graal e con quello Templare (da cui tra l’altro deriva quello Massonico), ci porti direttamente a scoprire un mondo nascosto di analogie e correlazioni che legano matematica e arte, geometria e biologia, musica e architettura in una inscindibile unità… Iniziamo subito col sottolineare che l’ideogramma alchemico dell’ ‘Uno in Tutto’ è il cerchio; linea o movimento che si conchiude in se stesso e che in se stesso ha principio e fine.

Nell’Ermetismo questo simbolo esprime l’universo e, simultaneamente la Grande Opera. Il quadrato è il simbolo della terra, in opposizione al cielo, ma è anche, ad un altro livello, il simbolo dell'universo creato, terra e cielo, in opposizione al non-creato e al creatore; è l'antitesi del trascendente. Il quadrato è una figura antidinamica, ancorata sui quattro lati, rappresenta l’arresto o l'istante isolato. Il quadrato implica un'idea di stagnazione e di solidificazione, oppure di stabilizzazione . Mentre il movimento scorrevole è circolare e rotondo, l'arresto e la stabilità sono associati a figure angolose, con linee dure e a sbalzi.

Inoltre, per gli alchimisti e gli ermetismi, il quadrato sormontato dalla croce simboleggiava la pietra filosofale. Anche nella tradizione cristiana il quadrato, data l'uguaglianza dei suoi quattro lati, rappresenta il cosmo; i suoi quattro pilastri d'angolo indicano i quattro elementi. Il cerchio e il quadrato rappresentano i due aspetti fondamentali di Dio: l'unità è la manifestazione divina. Il cerchio esprime il celeste, il quadrato il terrestre, non in quanto opposto al celeste ma in quanto creato; nei rapporti fra il cerchio e il quadrato esiste una distinzione e una conciliazione: il cerchio sarà per il quadrato ciò che il cielo è per la terra e l'eternità per il tempo, ma il quadrato si inscrive in un cerchio vale a dire la terra è dipendente dal cielo. Il quadrato non è altro che la perfezione della sfera su un piano terrestre.

Per i cristiani il Cristo rappresenta l'umanità, egli verrà considerato come l'uomo quadrato per eccellenza. Da ciò non solo derivò la costruzione delle chiese ad quadratum ma anche l'uso di porre nelle chiese la Pietra Angolare come simbolo di Cristo Gesù. Nella Guida dei Pellegrini a San Giacomo di Compostela l'autore paragona la chiesa a un organismo umano, in cui la navata maggiore è simile a un corpo di cui i transetti costituiscono le braccia; le dimensioni vengono calcolate in funzione delle misure umane. L'uomo quadrato, con le braccia tese ed i piedi giunti, indica i quattro punti cardinali e in essi troviamo riuniti il significato della croce e delle quattro dimensioni che esso implica.

Questo simbolismo non può non riportare alla memoria la famosa figura dell’uomo di Vitruvio, studiata da Leonardo e composta da un cerchio che racchiude un uomo a mo’ di stella a cinque punte. Qui si tratta di un cerchio, ma lo stesso Leonardo aggiunge che l’uomo a braccia aperte ha le misure di un quadrato, perché, dice, "se la natura ha composto in questo modo il corpo dell’uomo che le membra rispondano con proporzione alla perfetta loro figurazione, pare che gli antichi con causa abbiano costituito che in tutte le perfezioni delle opere vi sia diligente misura e proporzione di ciascuna parte a tutta la figura" In realtà negli studi anatomici di Leonardo le proporzioni ubbidiscono a precisi rapporti i quali fanno quasi sempre capo ad uno degli oggetti più misteriosi ed affascinanti della geometria: la Sezione Aurea.

La sezione aurea di un segmento è la parte media proporzionale tra il segmento e la sua parte rimanente. In altre parole si ricava come soluzione del seguente problema: “Dato un segmento x + y, dividerlo in due segmenti x ed y tali che il rapporto che c'è tra il più piccolo ( x ) ed il più grande ( y ) sia uguale al rapporto tra il più grande e la somma dei due”. In termini matematici il tutto si traduce nella seguente proporzione: x : y = y : ( x + y ) dove come unità di misura può essere adottato sia l’intero segmento x + y che il segmentino più piccolo x. Nel primo caso si considera x + y = 1 , da cui si ricava x = 1 – y e dunque la proporzione diventa: ( 1-y ): y = y :1 y² + y -1 = 0 y = (√5 - 1 )/2 = 0,618... che ci dà il valore numerico della Sezione Aurea di un segmento unitario. Nel secondo caso si considera x = 1, da cui la proporzione diventa: y = 1,618... e si trova quello che è stato invece chiamato Numero Aureo F .

Il primo riferimento esplicito alla sezione aurea risale ai Greci, anche se ne ritroviamo l'uso già nelle proporzioni delle opere architettoniche dell'antico Egitto (ad es. nella Grande Piramide di Giza); in seguito fu riscoperta in epoca medioevale, e se ne occuparono, tra gli altri, Fibonacci, Leonardo da Vinci, Keplero e il fisico tedesco Ohm, anche se il primo a divulgarne le caratteristiche fu il frate Luca Pacioli.

Dal punto di vista matematico tanto la sezione aurea quanto il numero F sono dei numeri reali irrazionali, in cui cioè le cifre dopo la virgola sono infinite e si susseguono senza alcuna ripetizione periodica (a differenza di pi greco non sono però numeri trascendenti, in quanto – come si è visto – sono soluzioni di equazioni di secondo grado). Date le loro proprietà estremamente singolari, come vedremo tra un attimo, non stupisce che siano stati considerati "magici" sin dalla loro scoperta. La sezione aurea fu studiata dai Pitagorici i quali scoprirono che il lato del decagono regolare inscritto in una circonferenza di raggio r è la sezione aurea del raggio e costruirono anche il pentagono regolare intrecciato o stellato (la stella a 5 punte ripresa poi da Vitruvio), ottenuto dal decagono regolare congiungendo un vertice si e uno no.

I Pitagorici lo chiamarono pentagramma, lo considerarono il simbolo dell’armonia e lo assunsero come loro segno di riconoscimento. A questa figura è stata attribuita per millenni un’importanza misteriosa probabilmente per la sua proprietà di generare la sezione aurea da cui è nata. Infatti i suoi lati si intersecano sempre secondo la sezione aurea: AB : AC = AC : CB (manca il disegno!) La sezione aurea ha una funzione di grande rilievo nell’espressione della bellezza (è per questo che fu definita ‘aurea’ nel Rinascimento). Infatti, se disegniamo un rettangolo (ABED) in cui il rapporto tra dimensione maggiore (AB) e la minore (AD) sia la sezione aurea e al suo interno costruiamo un quadrato di lato pari alla dimensione minore del rettangolo, ripetendo ricorsivamente questa operazione si ottengono tanti rettangoli via via più piccoli in cui il rapporto tra le due dimensioni è sempre pari alla sezione aurea. Evidentemente questa peculiarità geometrica deve aver da sempre ispirato quella particolare sensazione di armonia che potrebbe spiegare la frequenza con cui la sezione aurea compare in arte e in architettura.

Gia intorno al 450 a.C. Policleto scolpì la figura del doriforo basandosi sul concetto di sezione aurea ed accompagnò il suo lavoro con un saggio teorico.

Il doriforo incarna l’idea stessa di classicità: la figura umana viene costruita armonizzando tutte le sue parti sulla base dell’unità di misura (cioè la testa che risulta 1/8 dell’altezza). La distanza dell’ombelico da terra è la sezione aurea dell’altezza del doriforo. Ma gli esempi di utilizzo della sezione aurea nell’arte sono numerosissimi, dalle dimensioni del Partenone (448-432 a.C) a molti capolavori di Michelangelo, Leonardo, Brunelleschi, Bramante e Tiziano. Un esempio illustre è il Palazzo Ducale di Venezia: dal disegno emerge che ogni tratto intero è la sezione aurea della somma del tratto intero più il tratto consecutivo tratteggiato.

Altro esempio è l’Apollo del Belvedere, dove la posizione dell’ombelico individua la parte aurea dell’altezza del corpo: in figura, A e B indicano le due parti in cui la sezione aurea divide il segmento A+B (una analoga proporzione si ritrova anche nel rapporto tra la distanza dall’ombelico ai piedi e l’altezza dell’uomo di Vitruvio, incontrato in precedenza). Ancora in riferimento alla stella a cinque punte inscritta in un pentagono regolare, così cara ai pitagorici, può essere curioso notare che il rapporto fra una qualsiasi diagonale del pentagono ed il suo lato è proprio uguale al numero aureo F , così come lo è anche il rapporto fra le parti in blu e quella in rosso della diagonale.

Si potrebbe andare avanti all'infinito, costruendo sempre altre diagonali nel pentagono che viene fuori al centro, ed i due rapporti rimarrebbero sempre uguali al numero aureo: si ottiene così una struttura geometrica ricorsiva! Rileviamo, infine, come il numero aureo si ritrovi stranamente connesso con la famosa “Successione di Fibonacci”.Questa successione, scoperta dal matematico Fibonacci quando lavorava alla corte di Federico II, è formata da numeri tali che ognuno di essi è la somma dei due precedenti: 1 - 1 - 2 - 3 - 5 - 8 - 13 - 21 - 34 - 55 - 89 - 144 - 233 - 377 ... Calcolando il rapporto fra ciascun termine ed il suo precedente, si ottengono risultati che si avvicinano sempre più al numero aureo, oscillando attorno ad esso con un'approssimazione sempre maggiore: 1/1=1; 2/1=2; 3/2=1.5 ; 5/3=1.66666... ; 8/5 = 1.6; 13/8=1.625 ; 21/13=1.615384615384…. 34/21=1.619047…..; 55/34=1.6176470588235941……. ; 89/55=1.6181818…… E’ anche interessante notare che ciascuno dei rapporti scritti sopra può essere ottenuto in successione attraverso due strane formule ricorsive autosomiglianti (… omissis…) dalle quali, al limite, si ottiene ancora una volta il numero aureo.

Questa successione non solo è importante ai fini matematici, ma viene considerata ormai da lungo tempo un principio fondamentale nella struttura degli organismi vegetali e animali: e Probabilmente il ruolo giocato dal numero aureo nella generazione della successione di Fibonacci è alla base del successo di quest’ultima non solo in campo matematico ma anche nell’individuazioni dei principi strutturali fondamentali degli organismi vegetali o animali.

Ad esempio, nelle pigne, nei capolini di girasole e nei tronchi delle palme si trovano disposizioni a spirale o ad elica che implicano l’interpenetrazione di spire destrorse e sinistrorse, dove il numero di righe per i due tipi di spire sono numeri di fibonacci successivi. Una disposizione analoga si può trovare in diversi tipi di conchiglie (come ad esempio il Nautilus in figura, la cui spirale logaritmica si incastona perfettamente nel ‘rettangolo aureo’ visto in precedenza), nelle configurazioni frattali ed autosimili degli elementi delle foglie degli alberi e addirittura nei ‘microtubuli’ del citoscheletro cellulare, dei quali i numeri di Fibonacci sembrano favorire la capacità di processare informazione e di comportarsi come automi cellulari (vedi Koruga, Hameroff e Penrose).

Infine, la sezione aurea e i numeri di Fibonacci sembrano rivestire una particolare importanza anche in campo musicale: la strutturazione a nautilus della coclea dell'orecchio umano, situata alla fine dell'orecchio interno, segue infatti le leggi della sezione aurea e così pare faccia anche l’organo del Corti. Inoltre, calcolando il valore decimale approssimato dei vari termini della successione dei rapporti di Fibonacci vista in precedenza, troviamo: 1; 2; 1,5; 1, 666; 1,6; 1,625; 1,615; 1, 619; 1, 617; 1, 6181; 1, 6180 ecc. che corrispondono agli intervalli musicali: unisono=1 ; ottava=2 ; quinta=1,5 ; sesta maggiore=1,666 ; sesta minore=1,6 (di cui gli ultimi sono i complementari degli intervalli di terza minore e maggiore). Se poi applichiamo la serie di Fibonacci alle sovrarmoniche e alle sottoarmoniche di un suono di riferimento (ad es. il DO) avremo che i numeri in successione aurea 3, 5,e 8 superiori al suono dato corrispondono ai suoni MI, SOL e Do acuto e i numeri 3, 5 e 8 inferiori allo stesso suono corrispondono al LAb, FA e DO grave.

Abbiamo così l'harmonia maggiore e minore. Non a caso, evidentemente, la sezione aurea è un punto di riferimento per la costruzione delle canne degli organi e di altri strumenti musicali, quali ad esempio i violini. Ma le sorprese relative alla sezione aurea non finiscono certo qui…

La tradizione del Santo Graal racconta che “Tre tavole sostenevano il Graal: erano tonda, quadrata e rettangolare. Ciascuna aveva lo stesso perimetro e il numero delle Tre era Due-Uno”. Questa ambigua descrizione delle Tavole è servita a perpetuare l’immagine del Graal sotto forma di oggetto, come una coppa o un piatto. Le Tavole stesse sono state paragonate a quelle di re Artù, del Castello del Graal e dell’Ultima Cena. Tuttavia la specifica 2:1 è una proporzione tabulare della sezione aurea e ha poco a che fare con le tavole in senso pratico. Infatti il numero aureo si può ricavare come semi-somma della diagonale e del lato minore di un rettangolo che sia costituito da due quadrati uguali di lato unitario affiancati (il cosiddetto ‘doppio quadrato’ di proporzione 2:1): si ha cioè (√5+1)/2= 1,618.... = F A partire da F, elevandolo al quadrato e moltiplicandolo per il rapporto 12/10, si può ottenere il numero Pi (pi-greco, emblema del cerchio) attraverso il cosiddetto ‘calcolo aureo’: F² x(12/10) = 3,1416…. = Pi

E a questo punto è effettivamente possibile calcolare la circonferenza della Tavola Rotonda del Graal partendo dal suo equivalente quadrato di uguale perimetro (come afferma la tradizione) moltiplicando mezzo lato del quadrato per la radice di F (da cui si ottiene il raggio della circonferenza) e poi il risultato per 2Pi (provare per credere!). Notiamo per inciso che il fattore 12/10, che compare nel calcolo di ?, non è affatto casuale: infatti 10 è il doppio di 5, che – dal punto di vista esoterico – è il ‘numero della Terra’, e 12 il doppio di 6, che è il ‘numero del cielo’.

Inoltre la misura naturale delle linee rette (e, in generale, la misura dello spazio) si effettua mediante una divisione decimale mentre quella delle linee circolari mediante una suddivisione duodecimale (che è anche la suddivisione preferenziale dei cicli temporali): il rapporto 12/10 mette dunque simbolicamente in relazione il ternario Cielo-Cerchio-Tempo col ternario Terra-Quadrato-Spazio, ed entrambi con la sezione aurea e con il ?. Il che non è poco! Ma l’uso della geometria del Graal che più impressiona e ispira un timore reverenziale lo troviamo ancora una volta nel campo dell’arte, e più precisamente nell’architettura gotica (non per niente Louis Charpentier, che più di ogni altro ha sviscerato i segreti del calcolo tabulare in relazione al Graal, ha intitolato la sua opera principale “I misteri della cattedrale di Chartres”). Il nome gotico, come noto, deriva dal greco goetic (azione magica) e dal celtico Goatique (la legge degli organismi vegetali). La caratteristica principale degli edifici gotici è l’arco a sesto acuto, l’ogiva, che apparve per la prima volta intorno al 1130 subito dopo il ritorno dei Cavalieri Templari dalla Crociata in Terra Santa.

I Templari e i loro alleati cistercensi, sotto la guida di Bernardo di Chiaravalle, ebbero un ruolo determinante nell’introduzione e lo sviluppo dell’architettura gotica (oltre che nella diffusione delle leggende del Graal). Come ubicazione, usarono espressamente i siti della Dea Terra, cioè quei luoghi (nodi) dove le correnti telluriche (legate alle linee di forza del campo energetico terrestre) si intrecciavano e si concentravano maggiormente (in epoca megalitica tali siti venivano rafforzati con l’uso dei Dolmen – come quelli di Stonehenge). Questi luoghi, inoltre, venivano considerati come ‘accumulatori’ ed ‘amplificatori’ del suono (più precisamente delle cosiddette ‘risonanze telluriche’).

Di conseguenza, ecco che nell’architettura gotica l’ogiva assume la funzione di un ‘dinamico vibratore sonoro’: a differenza degli altri stili di costruzione, la sua forza cosmica trascina in alto, trasportando la corrente tellurica verticalmente attraverso le persone sottostanti.

L’azione delle onde sonore all’interno di un’ogiva può infatti essere controllata come il suono prodotto da canne d’organo di lunghezza diversa o dai vari tasti di uno Xilofono. I gradi di risonanza mutano con le specifiche delle singole ogive e le costruzioni gotiche sono spesso accordate nella stessa maniera, diciamo, di un pianoforte. L’ogiva a croce, usata nei soffitti e nei contrafforti volanti, consente di raggiungere un grado di sintonia ancora maggiore trainando l’edificio ancora più in alto e facendo sì che le persone assumano una posizione più eretta. In un ambiente così ben studiato, certi suoni musicali possono accrescere la forza terrestre ascendente, così come il canto gregoriano venne ideato a questo scopo entro confini più pesanti e meno elastici. Dato che la geometria del Graal era insita nella costruzione delle cattedrali, è interessante notare che il fattore di moltiplicazione di 12/10 (di cui si è già discusso) è anche l’intervallo di una ‘terza’ in musica (6/5), cioè l’intervallo fra una scala maggiore e una minore.

La musica, dunque, appare sostanzialmente come geometria espressa sotto forma di suoni: contiene infatti le stesse armonie che appaiono nella sacra proporzione architettonica. Come vi sono scale geometriche , così vi sono scale musicali, che si possono disegnare come triangoli rettangoli con le intersezioni al vertice dell’ipotenusa rapportate alle frequenze tonali delle verticali.

Se si traspongono queste figure musicali alla base e al culmine interno agli edifici, si possono tracciare le relative note di una scala sui montanti. Quindi, uno spazio interno può essere costruito musicalmente secondo una certa scala e le sue qualità armoniche saranno direttamente legate al modello architettonico. D’altra parte questo concetto era stato espresso molto tempo già fa dallo stesso Pitagora (ancora lui!), il quale affermava che le scale numericamente gradevoli all’orecchio sono le stesse che deliziano l’occhio e la mente. E gli faceva eco Platone, che usava esempi musicali come misura di armoniosa proporzione in tutte le cose.

Per concludere, poiché pare che i Templari trasmisero i loro segreti architettonici ai maestri muratori che in seguito confluirono nella Massoneria Scozzese, ecco che il cerchio si chiude e il simbolismo della Tartaruga, sotto le già incontrate sembianze della squadra e del compasso massonici, conferma ancora una volta il suo ruolo di perfetto filo conduttore per il nostro viaggio nell’affascinante mondo dell’esoterismo...

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 Oggetto del messaggio: Re: La Torre di Babele. Linguaggio universale
MessaggioInviato: 16/05/2015, 15:07 
Se la matematica è il linguaggio universale di DIO, i frattali sono la migliore rappresentazione della natura dell'universo e del principio alchemico del "come in alto così in basso" (ovvero come nel infinitamente grande così nell'infinitamente piccolo)

http://it.wikipedia.org/wiki/Insieme_di_Mandelbrot

L'insieme di Mandelbrot o frattale di Mandelbrot è uno dei frattali più popolari, conosciuto anche al di fuori dell'ambito matematico per le suggestive immagini multicolori che ne sono state divulgate.

È l'insieme dei numeri complessi c per i quali la successione definita da:

Immagine

è limitata. Nonostante la semplicità della definizione, l'insieme ha una forma complessa il cui contorno è un frattale. Solo con l'avvento del computer è stato possibile visualizzarlo.

Immagine

L'insieme prende il nome da Benoît Mandelbrot, colui che nel suo libro Les Objects Fractals: Forme, Hazard et Dimension (1975) rese popolari i frattali.

L'insieme di Mandelbrot si colloca nel campo della dinamica complessa, il cui studio inizia con i matematici francesi Pierre Fatou e Gaston Julia all'inizio del XX secolo. I primi disegni dell'insieme di Mandelbrot risalgono al 1978 e fanno parte di uno studio di Robert Brooks e Peter Matelski riguardante i gruppi kleiniani; è Benoît Mandelbrot nel 1980 a visualizzare per primo la forma che oggi porta il suo nome e a riconoscere che si tratta di un frattale.

Lo studio approfondito di questo insieme comincia nel 1984 con il lavoro dei matematici Adrien Douady e John H. Hubbard, che ne scoprono molte fondamentali proprietà e gli danno il nome di Mandelbrot.

Immagine

L'articolo di copertina del numero di Scientific American dell'agosto 1985, tradotto in italiano su Le Scienze nell'ottobre dello stesso anno, rappresenta un'immagine creata da Benoît Mandelbrot, Heinz-Otto Peitgen e John H. Hubbard; in quell'articolo l'insieme è definito "l'oggetto più complesso esistente in matematica" e, grazie anche alle colorate immagini che accompagnano l'articolo, inizia la popolarità dell'insieme anche presso il grande pubblico. I matematici Heinz-Otto Peitgen e Peter Richter diventano famosi promuovendo l'insieme con fotografie, libri e raccolte d'immagini.

Il lavoro di Douady e Hubbard coincide con una grande crescita d'interesse nella dinamica complessa e lo studio dell'insieme di Mandelbrot è subito un elemento centrale di questo campo. Una lista completa di tutti i matematici che da allora contribuiscono alla comprensione di questo insieme è al di là degli scopi di questa voce, ma una tale lista includerebbe senz'altro ai primi posti Mikhail Lyubich, Curt McMullen, John Milnor, Mitsuhiro Shishikura e Jean-Christophe Yoccoz.

Una rappresentazione matematica rigorosa dell'insieme di Mandelbrot M. I punti che appartengono all'insieme sono colorati di nero, i restanti di bianco.

L'insieme di Mandelbrot M è definito a partire da una famiglia di polinomi quadratici complessi:

Immagine

nella forma:

Immagine

dove c è un parametro complesso.

Per ogni c si considera il comportamento della successione

Immagine

ottenuta iterando f_c(z) a partire dal punto z = 0; questa può o divergere all'infinito oppure essere limitata. L'insieme di Mandelbrot è definito come l'insieme dei punti c tali che la corrispondente successione è limitata.

Più formalmente, se f^n_c(z) indica l'n-esima iterata di f_c(z) (cioè f_c(z) composta con sé stessa n volte), l'insieme di Mandelbrot è il sottoinsieme del piano complesso dato da:

Immagine

Dal punto di vista matematico, l'insieme di Mandelbrot è semplicemente un insieme di numeri complessi. Ogni numero complesso c può appartenere a M oppure no. Una rappresentazione grafica rigorosa dell'insieme di Mandelbrot si ottiene colorando tutti i punti c che appartengono a M di nero e gli altri di bianco.

Le multicolori immagini che si vedono sono generate colorando i punti esterni all'insieme in dipendenza di "quanto velocemente" la sequenza |f^n_c(0)| diverge all'infinito. Il minimo valore di n per cui |z_n| > 2 è un indice di quanto "lontano dal contorno" si trova un punto e viene utilizzato per la rappresentazione "a colori". Paradossalmente, i punti colorati che conferiscono il fascino al frattale di Mandelbrot sono proprio quelli che non appartengono all'insieme.

L'insieme di Mandelbrot permette di indicizzare gli insiemi di Julia. Ad ogni punto del piano complesso corrisponde un diverso insieme di Julia; tale insieme è connesso se il punto in questione appartiene all'insieme di Mandelbrot, ed è invece non connesso se il punto non vi appartiene.

Intuitivamente, gli insiemi di Julia più interessanti (ovvero quelli dalle forme meno banali) corrispondono a punti che si trovano vicino al bordo dell'insieme di Mandelbrot, mentre punti molto all'interno generano insiemi di Julia dalle forme geometriche semplici e i punti esterni, lontani dal bordo, generano insiemi di Julia formati da molti piccoli insiemi connessi.

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 Oggetto del messaggio: Re: La Torre di Babele. Linguaggio universale
MessaggioInviato: 16/05/2015, 15:14 
Cita:
Numero complesso
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Con l'espressione numero complesso si intende un numero formato da una parte immaginaria e da una parte reale. Può essere perciò rappresentato dalla somma di un numero reale e di un numero immaginario (cioè un multiplo dell'unità immaginaria, indicata con la lettera i). I numeri complessi sono usati in tutti i campi della matematica, in molti campi della fisica (e notoriamente in meccanica quantistica), nonché in ingegneria, specialmente in elettronica/telecomunicazioni o elettrotecnica, per la loro utilità nel rappresentare onde elettromagnetiche e correnti elettriche ad andamento temporale sinusoidale.

In matematica, i numeri complessi formano un campo (nonché un'algebra reale bidimensionale) e sono generalmente visualizzati come punti del piano, detto piano complesso. La proprietà più importante che caratterizza i numeri complessi è il teorema fondamentale dell'algebra, che asserisce che qualunque equazione polinomiale di grado n ha esattamente n soluzioni complesse, non necessariamente distinte.

L'unità immaginaria[modifica | modifica wikitesto]
Nel corso dei secoli gli insiemi dei numeri sono andati man mano allargandosi per rispondere all'esigenza di dare soluzione a equazioni e problemi sempre nuovi.

I numeri complessi sono un'estensione dei numeri reali nata inizialmente per consentire di trovare tutte le soluzioni delle equazioni polinomiali. Ad esempio, l'equazione

x^2=-1
non ha soluzioni reali, perché in questo insieme non esistono numeri il cui quadrato sia negativo.

Si definisce allora il valore i, chiamato anche unità immaginaria, che gode della seguente proprietà:

i^2=-1
I numeri complessi sono formati da due parti, una parte reale ed una parte immaginaria, e sono rappresentati dalla seguente espressione:

a + ib
dove a e b sono numeri reali, mentre i è l'unità immaginaria.

Le leggi della somma algebrica e del prodotto nei numeri complessi si applicano facendo i conti nel modo usuale e sapendo che i^2 = -1 .

Come i numeri reali sono in corrispondenza biunivoca con i punti di una retta, quelli complessi sono in corrispondenza con i punti del piano, detto piano complesso (o di Argand-Gauss): al numero complesso a+ ib si associa il punto di coordinate cartesiane (a,b) .


Ad integrazione del tuo articolo.

I frattali mi hanno sempre affascinato, non so perchè sinceramente ma ho come la sensazione che siano la chiave di tutta la nostra natura.



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 Oggetto del messaggio: Re: La Torre di Babele. Linguaggio universale
MessaggioInviato: 16/05/2015, 15:18 
MaxpoweR ha scritto:

I frattali mi hanno sempre affascinato, non so perchè sinceramente ma ho come la sensazione che siano la chiave di tutta la nostra natura.


E pure io ho la stessa sensazione. Della nostra, di quella dell'universo... di quella di quel concetto che siamo soliti chiamare DIO.

Infatti ne farò menzione nella mia prossima conferenza.

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MessaggioInviato: 16/05/2015, 17:16 
Atlanticus81 ha scritto:
MaxpoweR ha scritto:

I frattali mi hanno sempre affascinato, non so perchè sinceramente ma ho come la sensazione che siano la chiave di tutta la nostra natura.


E pure io ho la stessa sensazione. Della nostra, di quella dell'universo... di quella di quel concetto che siamo soliti chiamare DIO.

Infatti ne farò menzione nella mia prossima conferenza.

[^]


Questa la discussione sui frattali:

viewtopic.php?t=9442



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