Templari ed Ebrei Non bisogna invero faticare molto, una volta che si intuisca in quale direzione andare a cercare, per venire a sapere che il principe Enrico, il fondatore del Centro di Sagres, era Gran Maestro del ricco e potente Ordine dei Cavalieri di Cristo, e che aveva anzi utilizzato per il suo disegno il prestigio ed i beni dell'Ordine che dirigeva. A tale Ordine appartenevano anche Bartolomeo Perestrello, il padre della moglie di Colombo, e poi Vasco de Gama e (tutti?) i grandi esploratori portoghesi [Vedi ad esempio Quadros 1987, Vol. II, pp. 151 e segg.; de Freitas Treen 1989, pp. 8 e segg.; Ambrosoli 1973, p. 181. Altre informazioni e conferme interessanti si trovano in Baigent, Leigh 1989, p. 88.]. Ci imbattiamo cosi' in quel particolare della nostra storia che puo' forse fungere da elemento unificatore, tanto da far diventare la nostra narrazione una parte della storia del famoso Ordine dei Cavalieri Templari.
Questo Ordine, la cui storia e la cui tragica scomparsa sono cosi' no te che le ricorderemo appena, era stato in effetti dichiarato disciolto dal Papa Clemente V durante il Concilio di Vienne nel 1312, e quindi un secolo prima del periodo che stiamo studiando. Esso era stato fondato nel 1118, ai tempi della prima Crociata, con lo scopo dichiarato di difendere i pellegrini che si recavano nella Terra Santa, e l'origine della sua finale sventura fu una serie di accuse formulategli contro dal Re di Francia Filippo il Bello, 'grande elettore' del menzionato Papa 'avignonese', e francese di nazionalita', Clemente V. Come effetto della condanna che fu pronunciata contro i Templari, l'ultimo (almeno 'ufficialmente') loro Gran Maestro, Jacques De Molay, mori' sul rogo nel 1314. Dopo questo periodo non si hanno piu' informazioni 'certe' su un'eventuale sopravvivenza dell'Ordine, escludendo pero', come presto vedremo, il caso appunto del Portogallo. Tanto per dare qualche indicazione bibliografica, citiamo Partner 1987 e Lo Mastro 1990. Per quanto riguarda in particolare la storia dei Templari in Italia, si puo' consultare utilmente Bramato 1991.
Come abbiamo accennato, si afferma di solito [Vedi ad esempio Eco 1992.] che dopo la prima meta' del XIV secolo si perde ogni traccia 'materialmente documentabile' di una sopravvivenza dell'Ordine, fino al momento della nascita del 'mito templare' tra il '600 e il '700, quando molte societa' segrete (tra cui la Massoneria) proclamano una loro 'discendenza' piu' o meno diretta dai cavalieri medievali la cui triste sorte ha colpito e continua a colpire la fantasia romanticheggiante di molte persone. Ma le cose non stanno esattamente cosi', e, guarda caso, e' proprio in Portogallo, che abbiamo appena visto essere uno degli scenari piu' importanti, se non il piu' importante, dell'impresa colombiana (e poi anche di quella di Amerigo Vespucci), che i Templari sopravvissero come Ordine ufficialmente riconosciuto ed organizzato. Invero, l'Ordine di Cristo precedentemente nominato ed i Templari debbono essere considerati sostanzialmente come la stessa cosa, dal momento che i Cavalieri del Tempio portoghesi, aiutati dal Re dell'epoca, il famoso Don Dionigi citato anche nel Paradiso di Dante [Dante Alighieri, Paradiso, Canto XIX, v. 139. Sul problema delle relazioni tra Dante e i Templari, e sulla possibilita' che Dante fosse egli stesso un templare, vedi ad esempio John 1991. Bisognerebbe forse avvertire che i Templari, come peraltro i Francescani, possedevano un loro Ordine secolare, analogo appunto al Terzo Ordine Francescano, l'attuale Terzo Ordine Regolare, e che con l'espressione "templare" potrebbe essere indicato anche un appartenente a questo Ordine.], riuscirono a resistere alla persecuzione del Re francese Filippo il Bello e del Papa Clemente V utilizzando semplicemente l'espediente di cambiare il nome dell'Ordine, o piu' esattamente di riprenderne la denominazione originaria, che era appunto quella di (poveri) Cavalieri di Cristo. Con questo semplice escamotage l'Ordine conservo' in quel paese tutti i suoi possedimenti e le sue ricchezze, continuando a ricoprire un ruolo estremamente influente nella politica portoghese. Ci sarebbe molto da dire sulla storia dei Templari in Portogallo, e notare come essi non rappresentassero in quei luoghi cosi' lontani da Roma un Ordine qualsiasi: il regno portoghese era stata fondato proprio da cavalieri templari al tempo delle guerre contro i Saraceni, e in mano templare, o comunque in stretta connessione con l'Ordine, si trovava da sempre il governo del Portogallo. Dobbiamo pero' andare avanti con la nostra ricostruzione, rinviando il lettore interessato ad approfondire maggiormente questo aspetto della storia a qualche testo specializzato [Cfr. ad esempio il gia' citato Quadros 1987.], non senza avere pero' almeno osservato che in mano templare troviamo un secolo dopo lo scioglimento ufficiale dell'Ordine l'organizzazione del grande progetto di esplorazione del mondo e di rinnovamento scientifico, e lasciato al lettore il compito di valutare se, con riferimento alla famosa ipotesi del pronunciamento di una 'vendetta templare' contro la Chiesa di Roma, che aveva distrutto l'Ordine in modo cosi' spettacolarmente drammatico, non appaia quanto meno verosimile che una tale impresa fosse animata anche dalla motivazione ideologica di demolire (cosa che poi di fatto avvenne) quella visione sacra del mondo su cui la Chiesa romana fondava la sua autorita' e la sua dottrina. Ed in effetti, anche se e' usuale alla gran parte dei commentatori ascrivere tutta la 'colpa' della distruzione dei Templari alla cupidigia di Filippo il Bello, del quale Clemente V sarebbe stato soltanto un semplice succube, sembra difficile credere davvero che il Papa fosse del tutto estraneo alla vicenda. Anzi, si sa ad esempio che al termine di un processo contro i Templari, tenutosi a Ravenna nel 1311, e conclusosi con l'assoluzione degli imputati da parte dell'Arcivescovo di quella citta', Rinaldo da Concorezzo, il Papa scrisse una durissima lettera a quel prelato intimandogli di riaprire il processo e di fare uso della tortura fino ad ottenere piena confessione da parte degli sventurati inquisiti. Del resto, come nel caso della persecuzione contro gli 'umanisti' nel XV Secolo di cui abbiamo parlato nel paragrafo prece dente, anche nel caso dei Templari le accuse di 'eresia' e di 'collusione con il nemico' non appaiono completamente infondate, ed e' di solito poco messo in evidenza il fatto che piu' o meno le stesse accuse di Filippo il Bello erano state gia' mosse contro l'Ordine dall'Imperatore Federico II [Vedi ad esempio Regine Pernoud, Les Templiers, Presses Universitaires de France, 1974, p. 120.].
Tornando a Colombo, questi ebbe dunque l'occasione di conoscere i Templari, la loro attivita' e la loro scienza. C'e' qualche altro indizio che possa ricollegare lui, o gli altri protagonisti della storia fin qui citati, agli ex-Templari, ora Cavalieri dell'Ordine di Cristo? Per quanto riguarda Colombo, abbiamo gia' detto che c'e' nelle sue parole un ricorrente riferimento al simbolo del 'Tempio' di cui si propone la 'ricostruzione', e sono certo interessanti anche le raffigurazioni che mostrano la "croce templare" nelle vele delle sue caravelle in tutta l'iconografia, anche coeva, che si riferisce alla vicenda. Un altro importante collegamento iconografico fra Colombo, Firenze e i Templari si puo' rintracciare in un affresco (XVI secolo) di Palazzo Pitti, nel quale il navigatore e' raffigurato, contornato da vari strumenti scientifici, mentre fa misurazioni rivolto ad un notturno cielo stellato. In alto, tra le varie costellazioni, e' dipinta una croce templare [Una riproduzione dell'affresco costituisce la copertina di Bartocci 1995, e si puo' trovare anche alla p. 43 di Lequenne 1992]. Corre l'obbligo di segnalare che c'e' chi sostiene possa trattarsi di Vespucci anziche' di Colombo, il che nulla toglierebbe alla nostra ricostruzione, anzi aggiungerebbe, mostrando in tal caso come anche Vespucci potrebbe eventualmente essere ricollegato alle vicende dei cavalieri templari successive allo scioglimento dell'Ordine.
Per quanto riguarda i Medici ed Innocenzo VIII, e' ben noto che a Firenze nella prima meta' del XIV secolo erano particolarmente attive le societa' segrete con un programma anticattolico [Si vedano ad esempio Valli 1928 e Ricolfi 1939.], e che la fortuna dei Medici inizia proprio in quel periodo ed in quella citta', guarda caso sfruttando il sistema delle banche che troviamo profondamente collegato alla storia ed alle origini del successo dei Templari. E' del tutto inusuale trovare enunciati precisi collegamenti tra origine della Massoneria e Firenze (anche se non tra Massoneria e Templari), ma almeno in Lensi Orlandi Cardini 1988 (p. 57) si possono leggere le seguenti ispirate parole:
"La Massoneria 'figlia primogenita dell'intellettualismo settecentesco' non nacque in Inghilterra durante l'anelito preromantico al mistero che affonda le radici nella Tradizione e nello spirito medievale, com'e' stato scritto, ma testimone il cinquecentesco Studiolo di Francesco de' Medici, in Italia s'affermo' vari secoli prima di quel che fino ad oggi s'e' detto"
[Il lettore potra' essere interessato a sapere che nella reggia di Caserta, in una sala della Biblioteca, sono esposti dei quadri del XVIII Secolo, di chiara ispirazione massonica. In uno di essi un angelo alato impugna una fiaccola ardente con la quale scaccia delle figure con lunghe orecchie asinine: ai piedi dell'angelo, un vecchio e' sdraiato a terra, con un otre da cui fuoriesce un getto d'acqua chiaro riferimento simbolico ad una 'sorgente' e presso il vecchio un angelo scrive con il dito un nome su una pietra: Cosimo de' Medici. L'autore deve questa informazione alla Prof.ssa Rosanna Cioffi, dell'Universita' di Napoli.].
Sull'importante questione dei Templari banchieri, tesorieri ed esattori di imposte si possono consultare ad esempio i gia' citati Partner 1987 (p. 18) e Pernoud 1974 (pp. 74 e segg.), o Bordonove 1973 (p. 185).
Tra gli altri indizi che sentiamo di non minore suggestione e' il fatto che si tramanda che il principe Enrico il Navigatore non avesse mai toccato donna, come si conviene ad un Cavaliere del rango supremo dell'Ordine che abbia pronunciato il voto di castita', e che ritroviamo curiosamente tale circostanza riferita anche a quel Paolo del Pozzo Toscanelli, il geografo fiorentino vicino alla corte dei Medici di cui abbiamo gia' parlato [Secondo Pernoud 1974, p. 122, si tratta di chiari indizi di "catarismo]; oppure che, con riferimento al commercio del l'allume di cui abbiamo detto a proposito dei rapporti d'affari tra Lorenzo il Magnifico ed Innocenzo VIII, le miniere di allume sui monti della Tolfa, a nord di Roma, furono scoperte e sfruttate per la prima volta proprio dai Templari [Vedi Valentini 1993, in particolare l'appendice a questo studio: "I templari e l'allume romano".]!
Ma la circostanza forse piu' interessante e' che l'attenzione posta sulla storia dei Templari, o se preferite dei Cavalieri di Cristo, ci porta a notare una coincidenza che puo' forse spiegare in altro modo il per certi versi misterioso allontanamento di Colombo dal Portogallo nel 1484. Abbiamo detto che il governo del Portogallo e' stato sempre in qualche modo 'vicino' all'Ordine Templare, ma naturalmente questo stato di cose dipendeva anche dalla disponibilita' personale del Re. Ora sembra invece che Giovanni II avesse un carattere abbastanza autoritario ed accentratore, fatto sta che le cronache ci raccontano che proprio nel 1484 uccise personalmente a pugnalate (ne' era nuovo a prodezze del genere), un certo Don Diego, l'allora Governatore in carica dell'Ordine di Cristo [Cfr. Quadros 1987, Vol. II, p. 269.]. Forse proprio questo episodio potrebbe essere piu' di tanti altri una delle cause del fatto che furono gli spagnoli i primi europei ad arrivare e colonizzare il Nuovo Mondo! Resta il fatto che Colombo, pur da lontano in Spagna, sembra continuare ad 'avere le mani in pasta' in relazione alle esplorazioni portoghesi. Raccontando del ritorno di Bartolomeo Diaz a Lisbona nel dicembre del 1488, scrive: "in quibus omnibus interfui" [Tale postilla e' riportata in Varela 1991, p. 6.]. Molti studiosi interpretano queste parole pensando che Colombo si trovasse a Lisbona, e che ivi assistette personalmente al ritorno delle navi di Diaz. Altri, ipotizzando piu' verosimilmente che Colombo a Lisbona non fece mai ritorno durante il suo periodo spagnolo a causa dei precedenti contrasti con Giovanni II, sono costretti a pensare invece che questa nota non sia di mano del navigatore, ma del di lui fratello Bartolomeo, il quale avrebbe avuto una calligrafia assai simile alla sua. Sarebbe stato Bartolomeo, rimasto a Lisbona, ad assistere al ritorno di Diaz, e non Cristoforo. Nessuno dei commentatori sembra pero' porre particolare attenzione al fatto che Colombo scrive interfui, che piu' che ad una presenza di fatto (avrebbe forse usato adfui), potrebbe far pensare invece ad una partecipazione, ad una sovrintendenza all'intero affare che poteva avvenire anche da lontano pur se bisogna riconoscere, per la verita', che quest'espressione appartiene al comune gergo notarile medievale, e che quindi come tale avrebbe potuto essere utilizzata da Colombo, o da chi per lui, senza che l'uso di un verbo anziche' di un altro possa assumere un particolare significato.
Sempre sulla stessa lunghezza d'onda, e' forse piu' interessare notare che, ormai trionfatore, Colombo fa ritorno dal suo primo viaggio in America, e dove approda? In Spagna a raccogliere subito il meritato alloro? No, se ne va a Lisbona, e si giustifica poi con i Re spagnoli parlando di un forte vento contrario quando gia' si trovava nel mare di Castiglia. Ma come, dopo tanti mesi di navigazione intelligente e precisa, quasi miracolosa, in pieno Oceano, proprio alla fine incontra l'ostacolo a cui non sa resistere?! Lo sbarco in Portogallo non poteva non essere interpretato come assai poco gradevole presso la corte spagnola, e Colombo ricorda in effetti i pericoli che corse in quella circostanza: "Io credo che la signoria vostra ricordera' come, ormai privo di vele, la tempesta m'avesse sospinto fino a Lisbona, e come fossi falsamente accusato d'esser riparato cola' per regalare le Indie a quel Re" (corsivi aggiunti) [Vedi Varela 1991, p. 279.]. Diventa buffo notare che questa storia di dare colpa di tutto al vento non fosse del tutto originale, come abbiamo gia' accennato. Un rischio calcolato piuttosto, una mossa che doveva pur prevedere qualche 'ricompensa', fosse pure di natura esclusivamente psicologica. Fatto sta che a Lisbona Colombo incontra da vincitore, oltre a chi non sappiamo, il suo vecchio avversario, Giovanni, e sara' soltanto dopo la morte di questi, avvenuta nel 1495, che avra' luogo la spedizione portoghese di cui faceva parte Amerigo Vespucci, quel diretto dipendente dei Medici a cui Colombo per sua stessa ammissione ha raccontato 'tutto' [Vedi ancora Varela 1991, p. 376. Per quanto attiene in generale ai rapporti tra Colombo e Vespucci vedi ad esempio Luzzana Caraci 1988.].
Molto ci sarebbe ancora da dire su tutta questa faccenda, mostrando come tanti altri dettagli possano diventare piu' comprensibili alla luce delle considerazioni sopra esposte quale ad esempio la strana insistenza dei portoghesi affinche', subito dopo il ritorno di Colombo dal primo viaggio, venisse spostata un po' ad Ovest (fino ad incontrare le terre del Brasile, per pura loro fortuna?!) la famosa linea che il Papa spagnolo Alessandro VI si era affrettato a tracciare per dividere il mondo in due parti (Maggio 1493) e per la prima volta nella storia in 'verticale', ovvero lungo un meridiano, anziche' in 'orizzontale' lungo un parallelo, con riferimento allora al Nord ed al Sud! Il Papa Borgia assegno' in tal modo le terre ad Occidente di tale linea alla Spagna, ed il confine cosi' stabilito, con qualche modificazione, verra' poi sancito nel susseguente trattato di Tordesillas (Giugno 1494). Ma vogliamo continuare a rimanere nella dimensione dell'accenno, e rivolgere quindi piuttosto l'attenzione ad un'altra importante questione. Come si possono raccordare la 'pista ebraica' di cui abbiamo precedentemente parlato ed il legame di Colombo con i Templari? Ebrei e Templari erano in qualche modo collegati, al di la' del fatto, d'altronde non trascurabile, che subirono la stessa persecuzione da parte del medesimo avversario?
Il secondo interrogativo apre spazi di riflessione immensi, una volta che si ricordi che i Templari avevano introdotto e fatto prosperare il sistema delle banche vero elemento unificatore internazionale e super nazionale ancora oggi, formidabile spina dorsale di ogni possibile pro getto 'mondialista' e che queste venivano gestite soprattutto da ebrei, visto che i cattolici trovavano non conforme alle indicazioni evangeliche occuparsi direttamente di affari di denaro. Inoltre, Templari ed Ebrei erano stati lungamente vicini in Terra Santa, e c'e' da pensare che tra i due gruppi si fossero creati legami di solidarieta' ed affinita' ideologica particolari [La letteratura pullula naturalmente di supposizioni piu' o meno fantastiche sul come mai un Ordine rigorosamente cristiano e cattolico possa poi essere eventualmente diventato cosi' spregiudicatamente 'aperto'. Ci sembra di far cosa utile al lettore citando almeno R. Ambelain, Jesus ou le mortel secret des Templiers, Ed. Robert Laffont, 1970 del quale circola una versione italiana a cura di G. de Turris e S. Fusco e, nella stessa direzione, l'inquietante Il ricatto della croce, di Andrea Frezza, Biblioteca del Vascello, Roma, 1995. Piu' storicamente documentato infine Fabio Giovanni Giannini, Templari La luce e l'ombra del Tempio, New Style Limited, Milano, 1997.]. Vale la pena di sottolineare che alla pagina 221 di Lo Mastro 1990 si trova un interessante articolo intitolato "Judios y musulmanes en relacion con los Templarios de Zaragoza", e che c'e' chi ha visto nel famoso crittogramma con cui Colombo usava far precedere la sua firma (di sapore decisamente iniziatico), e precisamente nelle tre lettere X M Y , un riferimento a Cristiani, Mori, Giudei, ovvero ad una sorta di unificazione ideale delle tre grandi religioni monoteiste, passo essenziale di una concezione 'mondialista' [Cfr. l'ampio Pistarino 1990, p. 78. Colombo firmava con le tre lettere greche Chi, Ro, Omicron seguite dalla parola latina Ferens, sicche' tutta questa parte starebbe per Christo Ferens, e disegnava al di sopra di queste parole una strana piramide composta da tre lettere .S. con una A al centro, subito al di sotto della quale venivano le tre lettere X M Y . Si puo' forse aggiungere che Colombo teneva molto a questo suo modo di firmare, tanto e' vero che ne prescrive l'adozione ai suoi eredi nel testamento del 22 Febbraio 1498, conosciuto come "Istituzione del Maggiorasco" (cfr. Varela 1991, p. 197).]. Questa ipotesi appare tra le tante particolarmente sensata, viepiu' alla luce di altre precise affinita' ideologiche (ad esempio con Nicola Cusano ed il gruppo degli 'umanisti' romani di cui abbiamo detto nel precedente paragrafo 5) che costituiscono un altro importante filo di Arianna nell'intricato labirinto delle congetture al quale non possiamo pero' qui neanche accennare, rinviando ancora una volta il lettore interessato ad ulteriori approfondimenti a Bartocci 1995.
Prima di ritornare specificatamente alla questione colombiana, osserviamo che, nello scenario che abbiamo costruito, l'obiezione relativa al perche' tutta questa vicenda non sarebbe entrata a fare parte esplicita della storiografia ufficiale, sembra naturalmente dissolversi. In effetti, chi da una parte dello steccato capi' la vera posta del gioco che si stava svolgendo, cerco' di dissimulare il piu' possibile le vittorie degli avversari, anzi di impadronirsene. Quelli che stavano dall'altra parte invece, non avevano ancora sufficiente potere per contrastare apertamente i loro antagonisti, e non avevano interesse a scoprirsi e ad andare incontro a dei 'guai' (come Giordano Bruno, Tommaso Campanella e Galileo Galilei ancora cento anni dopo); e questo tanto piu' che avevano ormai sperimentato che restando in segretezza potevano agire con grande disinvoltura e maggiori probabilita' di successo. A questo riguardo, c'e' chi pensa ancora oggi ad esempio che la Massoneria non voglia rinunciare ad una sua certa 'riservatezza' non tanto per mantenere il silenzio su certi suoi particolari iniziatici 'segreti', quanto piuttosto per una sorta di tradizione storica che risale, secondo queste nostre supposizioni, a tempi abbastanza vecchi, ma neanche poi troppo. E' chiaro che cosi' dicendo suggeriamo che sia corretta l'interpretazione di quegli storici di solito dileggiati dai colleghi piu' 'prudenti' i quali sostengono che le origini di questa 'moderna' societa' segreta sia no da ricercarsi proprio nell'Ordine Templare e nelle sue vicissitudini.
Torniamo ad occuparci di Colombo, chiedendoci se e' possibile formulare un'ipotesi sulla sua persona che renda coerente tutto quello che abbiamo detto finora: in che modo egli potrebbe essere collegato tanto agli Ebrei quanto ai Templari? Naturalmente, trovare questo collegamento non e' strettamente necessario, pero' esso costituirebbe indubitabilmente un altro indizio della fondatezza del quadro generale che abbiamo qui edificato. Per risolvere tale questione, affrontiamo un problema finora rimandato: quale valore assegnare ai famosi 'documenti' genovesi, che danno a detta di alcuni tutte le informazioni biografiche che si possono desiderare? Si tratta di fonti che si possono in qualche modo conte stare, o il "giallo" colombiano ha una possibile soluzione, piu' nascosta e raffinata, ma comunque compatibile con tutta questa documentazione? Bene, abbiamo gia' detto che Colombo risulta da queste carte figlio di una certa Susanna, il cui padre si chiamava Giacobbe, e che tali nomi bastano da soli a mettere sulla pista dell'ebraicita' del nostro eroe. Ma la cosa piu' interessante e' che la famiglia di Susanna viene detta originaria del Piacentino [Vedi ad esempio Taviani 1982, p. 232.], e che guarda caso proprio da Piacenza, nel 1385, un tal nobile Filippo Pallastrelli si era trasferito in Portogallo con la moglie Caterina Visconti [Vedi ad esempio de Freitas Treen 1989, p. 30.], e li' il cognome della sua famiglia era diventato, ormai e' facile indovinarlo, Perestrello!
Bene, non si puo' forse ipotizzare che Colombo, e Bartolomeo, fossero figli, probabilmente illegittimi, nati da questa Susanna e da qualcuno della famiglia Pallastrelli che era rimasta a Piacenza? Ecco allora che Colombo si troverebbe ad essere per circostanze di nascita tanto ebreo quanto 'templare'. E se si nota che pure un fratello di Filippo Pallastrelli rimasto a Piacenza si chiamava Bartolomeo, non viene da osservare che ci sono in effetti un po' troppi Bartolomei in questa storia?! Sta di fatto che il nome Giovanni del padre del preteso padre di Colombo (che si chiamerebbe Domenico, secondo i detti documenti genovesi), appare dato a un figlio di Domenico nato (dopo?) Cristoforo (forse non un figlio di Susanna, ma un figlio di Domenico nato da un precedente matrimonio di questi?), mentre quello del nonno materno, nella forma Giacomo, viene attribuito non a colui che risulterebbe il terzo figlio della coppia, Bartolomeo, ma al quarto, nato intorno al 1470. Non si puo' allora pensare che Cristoforo e Bartolomeo, ebrei per parte di madre, si rechino a Lisbona a cercare qualche forma di appoggio presso dei parenti? Il matrimonio con la figlia di Bartolomeo Perestrello diventerebbe di conseguenza molto piu' comprensibile, uno di quei matrimoni 'in famiglia' ai quali si assiste spesso ancora oggi. Ed il povero Domenico Colombo, con il quale peraltro Cristoforo non ebbe mai particolari rapporti di affetto, pur essendo questi sopravvissuto fin quasi alla fine del secolo, mentre ne ebbe sia con Bartolomeo che con il nominato Giacomo, colui che viene citato nei documenti genovesi come marito di Susanna, sotto che ruolo dobbiamo considerarlo? Il primo atto notarile che si riferisce insieme a Domenico e a Cristoforo, redatto nel 1470, quando Colombo aveva 19 anni (secondo le cronologie piu' accreditate) prova sol tanto che lui era il marito di Susanna in quell'anno, ma forse solo da poco tempo, tanto e' vero che dispone con quell'atto di una parte della dote della moglie, e Colombo e' chiamato appunto a controfirmare per approvarne l'azione. Ci sembra estremamente interessante sotto quest'ottica citare un passo del poema in lingua latina che Lorenzo Gambara dedico' a Cristoforo Colombo nel 1581 [De navigatione Christophori Columbi libri quattuor; vedi Baldacci 1992, p. 32. Come dice bene questo autore, "Il poema merita di essere considerato con una certa serieta'", e del resto il Gambara dice di seguire quel Pietro Martire d'Anghiera di cui parleremo nel prossimo paragrafo (p. 117 della Editio Copiosior, 1585, dell'opera in parola, Romae, Ex Typographia Bartholomei Bonfadini).]: "Colombo che ha preso origine dai Pellestrelli di Piacenza, che e' nobile famiglia, ed e' nato a Cugureo, che e' castello in territorio genovese ha condotto a termine impresa tanto insigne" (corsivo aggiunto).
E' interessante forse osservare che l'indicazione relativa al collegamento tra Colombo e la famiglia Pellestrelli sopra riportata si trova nella lettera di dedica al Cardinale Antonio Perenotto premessa all'edizione del poema del 1583, ma che essa e' stata soppressa, chissa' per quale motivo!, nella edizione del 1585, che pure e' detta copiosior (in essa e' del resto ancora presente la lettera di dedica) [Si puo' informare che una recente riedizione del poema con traduzione in italiano a fronte (Gagliardi 1993) riproduce l'edizione del 1583, ma alla lettera dedicatoria si presta cosi' poca attenzione che essa non e' stata neppure tradotta!].
In definitiva, ecco che molti particolari troverebbero una collocazione piu' razionale senza dover rivoluzionare quasi nulla dal punto di vista documentario, come gli storici di professione pretenderebbero, senza pero' valutare appieno, a quanto pare, l'enorme distanza che corre tra i 'documenti' e la loro interpretazione, che il passaggio dai primi alla seconda e' di solito tutto fuorche' univoco, ed infine che e' presso che' impossibile parlare in qualsiasi modo di storia senza intrecciare indissolubilmente ed inevitabilmente gli uni con l'altra (ne' appare sempre infondato il rimprovero che viene mosso agli 'storici' nel loro complesso di non riuscire a sfuggire al conformismo delle interpretazioni interessate della loro epoca).
http://www.geraldini.com/new/la_storia_ ... mplari.asp