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La magia di Praga

http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/5/5d/Prague_-_Panorama_of_the_whole_city.jpg/1800px-Prague_-_Panorama_of_the_whole_city.jpg

C’è una storia ufficiale, documentata e scritta nei manuali, che elegge Praga a città magica, protagonista insieme a Torino e Lione del celebre triangolo europeo di magia bianca. Praga magica, città dalle cento torri, Praga: "la mammina che con i suoi artigli non ti lascia mai" – cosi si esprimeva Kafka. Sarà quel suo essere sospesa fra tre culture, quella slava, quella centroeuropea e quella ebraica; sarà quella particolare luce che al tramonto tinge d’oro tutti gli edifici, sarà la sua ricchezza di storia, che spesso sconfina nella leggenda, ma Praga è da sempre considerata una delle città più magiche d’Europa. Solo a Praga poteva trovarsi un Vicolo degli alchimisti, detto anche Viuzza d’oro, nome che gli deriva, ovviamente, da una leggenda.

E’ una storia che affonda le radici nel lontano ‘500, ai tempi di Rodolfo II, eccentrico sovrano con una passione per alchimia, l’arte che all’epoca univa la scienza e la magia. Nel 1583 la capitale del Sacro Romano Impero venne spostata da Vienna a Praga proprio ad opera di Rodolfo II d’Asburgo (1552 – 1612). Egli era due volte bisnipote di Giovanna la Pazza e questa singolare ascendenza contribuì significativamente al diffondersi della sua fama di folle. Tra coloro che gli predissero un avvenire tribolato ci fu anche Nostradamus che profetizzò al bimbo un destino catastrofico.

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Non sposato e amante dell’arte era assetato di sapere e fu ossessionato dall’alchimia tanto da invitare presso la sua corte tutti i più importanti maghi ed artisti dell’epoca e, rinchiuso nel castello di Hradschin sulla collina Hradcany, il sovrano si dedicò soprattutto al culto delle arti e delle scienze occulte. Personaggio particolare, si sentiva perseguitato dalla chiesa e dal clero e per questo non partecipava volentieri alle cerimonie religiose. Tra l’altro, gli era stato predetto che sarebbe morto a causa di un monaco. Rodolfo sembrava incarnare il mito stesso dell’alchimia ed in particolare della sua fase iniziale, la nigreto, il fuoco che brucia e demolisce la materia grezza. Tutti gli scienziati, esoteristi e ricercatori che cercavano il segreto della “Pietra filosofale”, la trasformazione simbolica del piombo in oro o la ricerca della formula dell’elisir di lunga vita, vennero alloggiati a corte.

Una leggenda narra che gli alchimisti erano costretti a stare in un strettissimo vicolo in anguste stanzette senza poter uscire, lavorando ossessivamente giorno e notte con guardie che li sorvegliavano. Tra le personalità eccentriche che il re assoldò e richiamò da tutta Europa vi furono gli astronomi e astrologi quali Tycho Brahe e Giovanni Keplero, John Dee, il sedicente medium Edward Kelley, l’alchimista Michael Sendivogius ma anche il nostro Arcimboldo, celebre per i suoi ritratti realizzati con frutti, ortaggi e fiori.

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John Dee fu uno dei più famosi esperti di arti magiche della storia inglese, professore a Cambridge che gettò le basi per il British Museum regalando 4000 volumi della sua collezione. Fu l’astrologo della regina Maria Tudor e poi di Elisabetta I. Nel 1582 l’alchimista sostenne di aver ricevuto dall’angelo Uriel una pietra rotonda e convessa simile ad un grosso cristallo nero detto “The shew stone” (la pietra delle visioni) che aveva la proprietà di mettere il mago in diretto contatto con altre dimensioni altrimenti invisibili ai comuni sensi umani. Queste presenze gli avrebbero anche rivelato i segreti celati nel criptico “Liber Logaeth”.

John Dee si serviva della magia angelica per interrogare gli angeli sui segreti della natura. Durante questi contatti angelici, gli avrebbero mostrato un libro magico scritto in una lingua sconosciuta: si sarebbe trattato del "Libro di Enoch". Gli spiriti gli avrebbero dettato la traduzione parola per parola e Dee riportò tutto in un libro che intitolò "Liber Logaeth" o "Liber Mysteriorum Sextus et Sanctus", che scrisse in una lingua sconosciuta, da lui definita “enochiano”. Tale libro è tuttora custodito nel British Museum di Londra, ma è illeggibile e incomprensibile, a parte risalire alle radici di qualche parola, nonostante si sia potuto estrapolare l’alfabeto utilizzato, che si compone di 21 lettere, e si sia capito che la scrittura si legge da destra verso sinistra.

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Il nome di questo singolare matematico-astrologo-alchimista-angelologo è legato anche alla leggendaria “Mano della Gloria”, la “Sigillum Emeth”, la più potente mai realizzata, che avrebbe fabbricato egli stesso e che sarebbe andata perduta subito dopo la sua morte, avvenuta a Mortlake (Londra) nel 1608.

Secondo vecchie credenze europee, costruendo una candela con il grasso di un malfattore finito sulla forca o con il dito di un bambino nato morto, accendendo la candela e infilandola nella Mano della Gloria come un candeliere, la Mano avrebbe paralizzato tutti coloro a cui fosse mostrata. Per questo motivo veniva talvolta usata dai ladri che sue capacità di trasmutazione avvenissero finalmente su larga scala. Per questo lo fece torturare espropriandolo di ogni bene ma Kelly non cedette anzi, tentò la fuga gettandosi dalla torre, spezzandosi una gamba che gli venne poi amputata. In prigione Kelley scrisse il suo trattato “Lapide philosophorum” (La pietra filosofale) che dedicò a Rodolfo II, ma il gesto non gli valse la libertà e si dice che nel 1597 si tolse la vita ingerendo un potente veleno. Qualcuno afferma, invece, che morì per le ferite provocate dalla caduta.

Ma uno dei più indecifrabili eventi che lega Dee, Kelley e Rodolfo riguarda quello che viene definito il più misterioso libro della storia, il leggendario “manoscritto Voynich” Si tratta di un piccolo libro di 22 x 16 cm. formato da 102 fogli con 204 facciate scritte ed illustrate ma non complete perché oltre 24 pagine sono state strappate nel corso dei secoli. Tutto il libro è coperto da una scrittura sconosciuta fatta da 250 mila caratteri che formano oltre 4000 parole ignote con illustrazioni altrettanto misteriose. Rodolfo comprò l’anonimo manoscritto dai due maghi per l’esorbitante cifra di 600 ducati d’oro (circa 70 mila degli attuali euro) e dal momento che che fino ad oggi nessun studioso è stato in grado di comprendere appieno quel linguaggio, nemmeno i computer della dei servizi segreti americani, è stato ipotizzato che Kelley creò il manoscritto al solo scopo d’imbrogliare l’imperatore Rodolfo.

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Rodolfo morì nel 1612 e prossimo alla morte fu costretto ad abdicare in favore del fratellastro Mattia. La salma dell’Imperatore riposa nella cattedrale di San Vito e la sua anima, invece, non riposa maledicendo la sua città per averlo rinnegato. Durante l’aggravarsi della sua malattia mentale egli infatti scrisse: Praga dannata Praga. Io ti ho resa famosa ed ora tu scacci il tuo benefattore. Che la vendetta si abbatta su di te e su tutta la nazione ceca

Il motivo per cui Rodolfo fece spostare la capitale del Sacro Romano Impero a Praga, rendendola poi una città magica, è anche da ricercare nella preesistente forza esoterica della sua architettura. Il vicolo dell’oro, il Ponte Carlo, il quartiere di Malá Strana o il ghetto ebraico, per esempio. Il Ponte Carlo (in ceco Karl#367;v Most), simbolo di Praga, è uno storico ponte in pietra sulla Moldava che collega la Città Vecchia al quartiere di Malá Strana. Lungo 516 metri la sua costruzione, iniziata nel 1357, fu commissionata da Carlo IV, allora Re di Boemia e Imperatore del Sacro Romano Impero, al misterioso architetto Petr Parlé#345; e per volere dei gesuiti esso fu ornato con 30 statue di santi, tra cui quella di Giovanni Nepomuceno, oggi protettore di Praga. Tale statua fu posta nel luogo esatto dove il santo fu gettato e fatto annegare dal re Venceslao IV di Boemia, nel 1313.

La leggenda vuole che il celebre Ponte Carlo seppe resistere alle numerose inondazioni della Moldava ma quando l’allora vicario generale dell’arcidiocesi di Praga, Giovanni Nepomuceno, vi fu gettato, l’arcata crollò proprio in quel punto . Inutili per anni i ripetuti tentativi di ricostruirla, l’opera dei muratori la notte crollava di nuovo. Il costruttore però si incaponì e, dopo una serie di fallimenti, scese a patti col diavolo promettendogli la vita di colui che per primo avrebbe attraversato il nuovo ponte. Per risparmiare un’anima innocente, però, pensò di ingannare il demonio liberando, all’alba del giorno dell’inaugurazione, un gallo all’imbocco del ponte. Ma il diavolo fu più furbo: si finse muratore, si precipitò dalla moglie del costruttore e le disse di correre al ponte perché a suo marito era capitato un brutto incidente.

Il costruttore non poté fermarla e la notte stessa la poveretta morì con il bambino che portava in grembo. Pare che l’anima del piccolo abbia volteggiato a lungo sopra il ponte, emettendo starnuti che i passanti riuscivano a udire. Fino a che un giorno qualcuno, d’istinto, gli rispose “Salute!” e inconsapevolmente liberò la giovane anima, che poté finalmente volare in cielo.

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Un’altra leggenda vuole che in uno dei pilastri del ponte sia murata parte dei tesori dei Templari come il martelletto d’oro di uno dei costruttori della Torre di Babele e un cristallo della corona del re Salomone. La relazione tra gli archi, la lunghezza e l’orientamento del ponte non sono casuali, tutto è in proporzioni astrologiche simboliche. Lo stesso dicasi per la torre della Città Vecchia, disposta in modo che il tramonto del solstizio d’estate illumini esattamente la lanterna della grande torre della cattedrale di San Vito, il punto preciso che conserva il cranio del santo. Inoltre, i lavori di costruzione, su indicazione dell’astrologo di corte, iniziarono esattamente nell’ano 1357 alle ore 5,31 del mattino. Una data palindroma che rivestiva un valore magico a protezione della città.

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D’altronde, tutto il quartiere di Nova Mesto, la Città Nuova fatta costruire da Carlo IV, riproduce la Gerusalemme celeste dove tutto il disegno urbano è una mappa astrologica. Per esempio la via “Jeruralemska” fu fatta orientare verso il punto in cui sorgeva il sole a Natale, al fine di creare una connessione tra cielo e e terra e tra simboli e stelle.

Rodolfo non fece molte opere urbane ma a lui è dovuta la misteriosa “Casa della stella” costruita secondo due triangoli che si intersecano e sormontata da una stella a 6 punte (Stella di Davide o sigillo di Salomone). La casa veniva usata per riunioni particolari con persone particolari.

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Secondo alcuni, il nome stesso della città di Praga (prah) indicherebbe il suo essere la porta di entrata per universi sconosciuti ed invisibili. Vi sono perfino alcune profezie che affermano che la città sarà fondamentale durante i giorni dell’Apocalisse e anche per questo, forse, Rodolfo voleva essere parte di questo luogo particolare.

Libuše è la leggendaria fondatrice della dinastia P#345;emyslide e principessa del Popolo Ceco. Secondo la leggenda, fondò Praga nell' VIII secolo, più esattamente nel 730 d.C. Un pomeriggio d’estate, Libuse, Premysl e il loro seguito osservavano il panorama dal castello di Vysehrad. Libuse predisse allora: “Vedo una bella e grande città, la cui fama arriverà fino alle stelle. Nel bosco c’è un uomo che sta scolpendo la soglia della sua casa. Lì farete costruire un grande castello e lo chiamerete Praha. Così come davanti alla soglia di una casa chinano il capo il re e tutti i principi, anche i più potenti, un giorno si inchineranno davanti al castello e alla città che crescerà sotto di esso”. Così fu: il castello di Praga fu fatto costruire in quel luogo e divenne sede dei principi e in seguito dei re boemi. Ancora oggi davanti alla bellezza della città che porta il suo nome, si inchinano persone di tutto il mondo…

Praga è stato anche un luogo di società segrete che ufficialmente nascono nel 1700 ma, vi sono molti esempi che indicano date precedenti.

All’interno della chiesa di Santa Maria della Vittoria è custodita un insolita reliquia da molti considerata molto potente. Si tratta della statua di un bambino di cera proveniente dalla Spagna e giunta a Praga nel 1628. Statua costruita da un eremita andaluso in seguito ad una apparizione di Gesù ed a cui sono attribuiti molteplici miracoli al punto che il bambino negli anni ha perfino ereditato titoli nobiliari e proprietà.

Infine, sotto l’altare vi sono delle catacombe, fredde ed umide sotterranei che contengono alcune salme che dopo più di 300 anni si sono misteriosamente mantenute intatte. Non vi sono spiegazioni certe e le ipotesi fatte finora sono tre. La prima di natura religiosa che santificando i corpi dei religiosi assurge al miracolo. La seconda di natura scientifica secondo la quale particolari situazioni ambientali e la presenza di enzimi avrebbero permesso la conservazione. La terza, infine, di natura esoterica che rivolge la sua attenzione ad una particolare energia. Essa segue la teoria che le vecchie chiese sono state costruite su particolari ponti di energia scaturiti dal centro della Terra. E quella della chiesa di Santa Maria della Vittoria sarebbe talmente forte da aver preservato i corpi dei religiosi e distribuirsi su tutta la città.

A Praga , alla fine del XVI secolo, visse anche il rabbino Jehuda Löw bar Beza-lel (meglio noto come Rabbi Löw) al quale la leggenda attribuisce la creazione del Golem.

Golem è una parola ebraica che significa "materia senz'anima", e il Golem era una gigantesca creatura antropomorfa, che il rabbino avrebbe creato plasmandola con l'argilla e alla quale avrebbe dato la vita ponendole nella bocca un rotolino di pergamena sul quale era scritto il nome impronunciabile di Dio. Compito del Golem era proteggere e aiutare la comunità ebraica perseguitata, e la creatura lavorava indefessamente a questo scopo settimana dopo settimana, riposando ovviamente nel giorno del sabbath, quando veniva lasciata ebraicamente riposare inanimata e priva del cartiglio tra le labbra che le dava vita.

Il rabbino Löw dimenticò però, un giorno, era la vigilia di un sabbath, di togliere la pergamena dalla bocca del suo Golem: questi, combattuto tra l'imperativo di lavorare e quello di osservare il rituale giorno di riposo, impazzì e prese a fare a pezzi la casa dell'incauto religioso. In quel momento, nella sinagoga, Löw stava facendo cantare il salmo 92. Tutti corsero all'aperto per vedere cosa stesse succedendo e il rabbino riuscì a fermare la creatura saltandole addosso e strappandole la pergamena dalle labbra.

Poi la condusse via, forse in una soffitta, dove alcuni sostengono che giaccia ancora, in attesa di prendere vita, mentre altri pensano che sia tornata alla polvere da cui era venuta. Resta il fatto che, da allora, nelle sinagoghe praghesi, ci si astiene scrupolosamente dal cantare il salmo 92, in ricordo della leggendaria vicenda.

Fonte: http://antveral.wordpress.com/2009/11/1 ... soteriche/



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MessaggioInviato: 01/11/2012, 23:29 
In Piemonte esiste un tranquillo borgo delle valli biellesi dove massoneria ed esoterismo sono protagonisti. Scopriamolo assieme

In mezzo alle valli piemontesi sorge l’enigmatica città di Rosazza, a prima vista simile a tanti altri paesi limitrofi, ma nel dettaglio ricca di simbologie che non si incontrano facilmente. Stelle a 5 punte, rose, scale, torri. Qui esoterismo e massoneria arricchiscono questo luogo di un fascino surreale, che i suoi creatori, Federico Rosazza Pistolet e Giuseppe Maffei hanno saputo plasmare. Una città “opera d’arte” per la sua originalità e unicità, arricchita da simbologie dai richiami profondi, percorrerne le vie significa seguire un percorso iniziatico spirituale che in pochi sanno riconoscere. Una passeggiata inusuale, qui si cammina non seguendo cartelli stradali, ma guardando ciò che ci indicano i segnali esoterico-massonici.

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Partiamo dal Municipio, la stessa casa dove Federico Rosazza nacque e morì dopo 86 anni, vivendo per la sua città e lasciando queste opere misteriose che ci interrogano ancora oggi. Sua madre per un felice gioco di parole si chiamava Anna Maria Mosca Belrosa. Egli fu Senatore del Regno, massone e membro della Giovine Italia di Mazzini. Diresse tutte le proprie energie e risorse economiche verso una rivoluzione urbanistica della propria città natale, con opere pubbliche a favore dei propri concittadini, fino ad ottenere l’insperata carica di Comune, che portò allo sviluppo economico dell’intera comunità.

Ci dirigiamo verso la piazza centrale costellata da pilastrini scolpiti come vegetali contorti, qui rose ed edere spuntano come piante dal ciottolato del sagrato. La rosa ricorre anche nello stemma del paese, l’edera è da sempre metafora dell’amicizia profonda, perché sa avvolgere qualsiasi cosa con un abbraccio vivo, più forte per ogni giorno che passa ed eterno perché difficile da tagliare. Ciottoli bianchi e neri sono distribuiti nel terreno a simboleggiare il bene e il male su cui ci si trova quotidianamente a camminare. Siamo inevitabilmente all’interno di un ambiente mistico, un “giardino” onirico, in cui i fiori sono simboli e le piante metafore. Sotto il portico si trovano le statue dei costruttori, persone che hanno voluto rimanere eterne nella pietra, anche se i loro nomi riecheggeranno comunque per sempre dentro il mattone di queste opere straordinarie.

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Ci dirigiamo verso la piazza centrale costellata da pilastrini scolpiti come vegetali contorti, qui rose ed edere spuntano come piante dal ciottolato del sagrato. La rosa ricorre anche nello stemma del paese, l’edera è da sempre metafora dell’amicizia profonda, perché sa avvolgere qualsiasi cosa con un abbraccio vivo, più forte per ogni giorno che passa ed eterno perché difficile da tagliare. Ciottoli bianchi e neri sono distribuiti nel terreno a simboleggiare il bene e il male su cui ci si trova quotidianamente a camminare. Siamo inevitabilmente all’interno di un ambiente mistico, un “giardino” onirico, in cui i fiori sono simboli e le piante metafore. Sotto il portico si trovano le statue dei costruttori, persone che hanno voluto rimanere eterne nella pietra, anche se i loro nomi riecheggeranno comunque per sempre dentro il mattone di queste opere straordinarie.

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Dinnanzi a noi si staglia una chiesa austera, povera di decorazioni, iniziata a partire dall’anno 1876 e terminata quattro anni dopo. Sotto i nostri piedi un tempo vi era il cimitero, spostato per dare luogo alla nuova chiesa, decisione di Federico Rosazza e Giuseppe Maffei che portò non pochi disappunti da parte della curia, anche se non pochi furono i complimenti nei confronti della magnificenza del nuovo Duomo. Ci avviciniamo percorrendo alcuni gradini, l’ultimo riporta la scritta “Desiderium peccatorum peribit” frase che significa “periranno i desideri dei peccatori”, di solito ci si ferma non appena si varca la soglia di un luogo sacro; qui il consiglio è di fermarsi addirittura prima di entrarvi, perché varcata la soglia ciò che apparirà ai nostri occhi farà dimenticare non solo il nostri desideri, ma anche tutti i nostri pensieri.

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Varchiamo la soglia. Ci colpisce immediatamente un immenso cielo stellato, non le classiche stelle che troviamo stilizzate nelle nostre chiese, perché qui abbiamo un autentico planetario dipinto. Orsa maggiore e minore, la via lattea, la Croce del Sud, un effetto quasi magico che dalla luce del giorno della piazza ci catapulta nella notte profonda dell’interno. Sembra di essere in un tempio a cielo aperto come quelli desiderati dal dio egizio Akhenaton, il faraone che più si è avvicinato alla religione cristiana, perché sostenitore dell’unico Dio, il Sole. Egli faceva costruire templi senza copertura per farvi scendere direttamente Dio. Mai come in questo luogo percepiamo l’immensità del creato, la meraviglia del cosmo. Non per nulla nello stemma della città compare la scritta “io Rosa avvolgo i rovi imitando gli astri”.

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Rose e stelle a 5 punte ci appaiono ovunque, sul terreno e nei capitelli delle colonne. Costeggiando la chiesa lungo il lato destro, ci si immette in un vicolo che, come un tunnel a cielo aperto, delimitato dalla chiesa sulla sinistra e da un alto muro sulla destra, ci fa abbandonare alle nostre spalle due importanti simbologie posizionate rispettivamente su due porte, una stella a 5 punte e una svastica. Questa figura, stravolta dai nazisti, nasce come simbolo propiziatorio di buon augurio per le religioni indiane, gianitiche, buddiste e induiste, ma comunque la sua presenza rimane un mistero sul muro di una chiesa. Per quale motivo si trova qui rappresentato, in un luogo antecedente al nazismo e che poco ha a che fare con le culture orientali?

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Dopo aver percorso il perimetro del duomo, ci rechiamo oltre il sagrato fermandoci ad osservare la bellissima fontana alle porte del parco comunale. E’ la “Fontana della Fede” con la statua della prima delle tre virtù teologali, alcune belle rose e un bassorilievo alla base con Adamo con la testa coronata di foglie di acacia (elemento maschile) ed Eva con in capo una rosa (elemento femminile). E’ scolpita la frase “come il cervo aspira/desidera le sorgente d'acqua, cosí l'anima mia sospira per voi, Dio mio”. Dio visto come acqua per gli assetati, ci rammenta che noi ci siamo recati a Rosazza per appagare una qualche sete di conoscenza, per ascoltare la voce sì della pietra, ma anche quella dell’acqua, la vita che proviene dalla terra (sorgente) e dal cielo (pioggia), che si rivolge a noi purificando pensieri e idee. L’acqua, elemento dal sapore di sapere.

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Entriamo nel delizioso parco comunale dalla vegetazione ben curata che si inerpica per la collina costeggiando il fiume che divide in due il paese. La Fontana della Pace ci da il benvenuto ma la Fontana della Valligiana ci accoglie nella natura del luogo. E’ una vera e propria cascata sulla cui sommità ci osserva la statua di una donna in abiti tradizionali da lavoro mentre regge un attrezzo utilizzato per il trasporto dell’acqua, dal quale sgorga un copioso getto. Questa e altre fontane disseminate per il paese, fanno parte di una prestigiosa opera idraulica ad opera di Federico Rosazza che nel 1872 diede la possibilità a tutti gli abitanti del luogo di avere a disposizione il prezioso liquido. Finanziò la costruzione di una serie di tubi in ghisa che prelevavano l’acqua dal serbatoio sopra il Campopiano. Fontane ricche di simbologie quali stelle e rose e contenitori del liquido che da sempre è stato ed è tutt’ora metafora della vita.

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Alla base della Fontana della Valligiana è appoggiato un lastrone di pietra su cui è scolpita una scritta enigmatica a lettere runiche che sarebbe stata incisa da Giuseppe Maffei a copia di un’antichissima tavola autentica ritrovata lungo il corso del Rio Cervetto. Nessuno l’ha mai decifrata, forse riporta una qualche formula magica impossibile da recitare, secondo le nostre conoscenze. Dinnanzi alla pietra una statua di un mite orso osserva la composizione, avrà forse intuito la soluzione?

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Proseguendo lungo il fiume giungiamo all’incredibile castello, dalla struttura originale, una costruzione definita dalla rivista Fenix la Rennes Le Chateaux d’Italia. Il complesso trasmette un senso di “abbandono” e di “rovina” per via dei muri e delle colonne sbrecciate, perchè trattati da Giuseppe Maffei con acido nitrico, a imitazione degli antichi templi di Paestum.

Purtroppo il castello è privato, motivo che ci obbliga a fermarci di fronte al cancello in ferro battuto che blocca il nostro desiderio di scoperta. Siamo colpiti dalle tre teste di donna poste a formare un triangolo attorno all’ingresso. Recano nei capelli ciascuna una stella a 5 punte, ci osservano, inesorabili guardiane di questo luogo magico ed invalicabile.

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Ci saranno sfuggiti molti particolari, forse a ripercorrerne le strade ne potremo vedere di nuovi e apriremo nuove domande nei confronti di questo percorso spirituale. Salutiamo la città portandoci nel cuore non la soluzione al grande enigma urbanistico, ma una nuova certezza… ovvero che il nostro splendido paese, dopo migliaia di anni di scoperte, ci sa ancora sorprendere, facendoci trovare sempre nuove oasi nascoste. Osserviamoci attorno, senza renderci conto siamo nati e viviamo nel luogo più incredibile del mondo.

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MessaggioInviato: 23/02/2013, 14:48 
Torniamo in terra di Francia...

Tra i Grandi Lavori progettati o realizzati durante la Presidenza di François Mitterrand, oltre alla Piramide del Louvre, la Grande Arche della Défense, il Parco della Villette, il Monumento dei Diritti dell’Uomo e tanti altri, vi è l’Axe Majeur di Cergy Pontoise, che forse è proprio il più strano e affascinante di tutti.

Il sito ci permette di ammirare un panorama dell’Île-de-France in un quadro che si potrebbe definire surrealista. Un cartellone all’inizio del percorso ne conferma la localizzazione ma segnala anche che il cantiere è ancora in corso. Da subito veniamo colti da un senso di meraviglia ma anche di totale incomprensione. Un asse? Ma al centro di che cosa? E per indicare quale direzione? Poi, perché un asse maggiore, ne esiste forse un altro minore?

Durante la passeggiata, il sito si trasforma ben presto in un rebus esoterico e simbolico. Un'altra tappa che riporta inspiegabilmente all’enigma di Rennes-le-Chateau. Cergy Pontoise è un Comune che conta circa 200 000 abitanti. Si tratta di un nuovo agglomerato che fa parte della banlieue (periferia) parigina. Situato a nord ovest della Regione Île-de-France, Cergy raggruppa 12 comuni e si estende su circa 8.000 ettari.

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Il sito è maestoso. L’altopiano domina Parigi, e da lontano, le 12 colonne bianche sembrano puntare verso il sud est.. ma per indicare quale luogo?

La spianata riflette la luce del Sole e sembra un immenso trampolo verso l’immensità del cielo parigino.
Da entrambi i lati si puo ammirare la campagna verdeggiante, in totale contrasto con la vita brulicante della moderna città di Cergy.

Iniziato nel 1975 dal presidente Valèry Giscard D’Estaing, nel 1980 il progetto Axe Majeur si concretizza e prosegue la sua realizzazione sotto la presidenza di François Mitterrand.

L’effetto è imponente. In alto della scalinata, le 12 colonne offrono una vista eccezionale con in primo piano, la Grande Arche della Dèfense poi l’Arco di Trionfo e molto più discretamente, il Monumento dei Diritti dell’Uomo.

Ci sono voluti 30 anni per far si che il progetto prenda forma e ancora non è terminato. Mancano molti elementi previsti nel progetto originale, ma quelli più importanti sono già presenti.

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In quest’opera faraonica, il numero 12 è onnipresente e dopo le 12 colonne, vi sono le 12 stazioni. Ecco le 12 stazioni partendo dal nord ovest verso sud est:

Stazione 1 - La torre Belvedère

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Si tratta in realtà di un obelisco alto 36 metri e largo di 3,60, situato al centro di una piazza circolare. Un anello formato da 360 lastre di pietra circonda il monumento. La piazza sembra un immenso quadrante solare con degli alti edifici posizionati in semi cerchio. Il tutto in uno stile neoclassico concepito dall’architetto Ricardo Bofil. La scala per raggiungerlo effettua 12 rotazioni.


Stazione 2 - La piazza delle colonne Hubert Renaud.

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Una piazza circolare nel cui centro si materializza la torre Belvedère.


Stazione 3 - Il frutteto o parco degli impressionisti

Cergy Pontoise è legato ai pittori impressionisti che venivano a cercare ispirazione sui bordi del fiume Oise. Fra qualche anno questa zona diventerà un immenso frutteto a simbolizzare le quatro stagioni.

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Stazione 4 - La spianata di Parigi

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E’ la parte più accessibile arrivando dalla D929 ed è costituita da un immensa piattaforma di cemento che collega il frutteto e le 12 colonne. Al centro, l’Axe Majeur è concretizzato dallo stesso nastro e lo stesso solco che corre dalla Torre Belvedère e fila dritto verso le colonne. I ciottoli del Louvre che sono stati tolti per costruire la piramide ora fanno parte della decorazione della spianata.

In mezzo al percorso, un iscrizione su una pietra ricorda la presenza di una faglia di acqua termale calda. Ma la fontana non ha mai funzionato.

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Stazione 5 - La terrazza

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Dietro alle colonne una grande scalinata permette di raggiungere l’Oise. Questa terrazza permette di ammirare su un ampio raggio il paesaggio dell’Ile de France. Le 12 colonne sono state inaugurate il 26 agosto 1989 e sono diventate il simbolo dell’Axe Majeur.


Stazione 6 - Il giardino dei Diritti dell’Uomo

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Qui François Mitterrand ha piantato un ulivo il giorno dell’inaugurazione, il 18 ottobre 1990.


Stazione 7 - L’anfiteatro

E’ situato di fronte all’Oise ed è formato da un semicerchio con raggi di 43 metri e può contenere fino a 600 persone.


Stazione 8 - Il palcoscenico

E’ costituita da un cerchio di 24 metri di diametro centrata sull’Axe Majeur.


Stazione 9 - La passerella

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Una passerella ancora incompleta permette di proseguire la visita attraversando il primo braccio dell’Oise. Quando sarà ultimata misurerà circa 200 metri.


Stazione 10 - L’isola astronomica

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Si tratta del vestigio di un antica cava e si compone di una cupola, attualmente utilizzata come rifugio dalla fauna dell’Oise, ma quando il sito sarà ultimato vi saranno costruite delle sculture per l’astronomia con l’istallazione di un quadrante solare e di diversi strumenti per facilitare la comprensione dell’astronomia.


Stazione 11 - La piramide

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Vicino all’isola astronomica, una forma geometrica molto simbolica, una piramide molto insolita, vuota e aperta da un lato. Un simbolismo molto carico, la geometria sacra di Cheope e della tradizione massonica.


Stazione 12 - Il crocevia di Ham

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E’ l’ultima stazione e la più misteriosa. Non fu svelata che alla fine del progetto e ad oggi non è stata data alcuna informazione sulla ragione della sua esistenza. Situata a 1,5 chilometro dall’isola astronomica segna l’intersezione di grandi arterie. Ma di quali arterie si tratta rimane un mistero.

Un raggio laser, emesso alcune sere dalla torre Belvedère, permette di vedere l’Axe Majeur nella sua totalità e questo raggio finisce proprio sul crocevia di Ham. Da questo punto si può vedere l’opera di Dani Karavan nel suo insieme.

Il crocevia di Ham è il primo bersaglio dell’Axe Majeur ed è una struttura metallica in forma di grande H. Questa strana scultura, persa in mezzo ad un terreno incolto e inaccessibile, non ha ancora trovato una spiegazione.

Si potrebbe dire che il sito dell'Axe Majeur rappresenti il mondo eterico sconosciuto e irrazionale, dello spirito o dell’anima a seconda delle credenze. Percorrendo l’Axe, si segue un cammino che va dall’Alfa all’Omega, l’inizio e la fine. Il crocevia potrebbe simbolizzare anche l’incontro tra varie civiltà.

L’Axe Majeur è stato concepito dall’architetto spagnolo Ricardo Bofil e dall’artista Dani Karavan. Sul depliant leggiamo che quest’opera si iscrive nella storia dei grandi tracciati..ma di quale tracciato si tratta? Perché è stato costruito, che cosa rappresenta?

E’ una grande sfida per chi cercherà di risolvere l’enigma.

Ecco la maquette completa dell’opera per chi vuole accettare la sfida

Immagine

http://mondodascoprire.myblog.it/archiv ... toise.html


Ultima modifica di Atlanticus81 il 23/02/2013, 14:56, modificato 1 volta in totale.


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Dopo quasi un anno di stop riprendo il thread delle "Città Esoteriche"

Croci templari nel cuore di Napoli

La basilica che i napoletani chiamano «Pietrasanta», alla fondazione venne intitolata alla Vergine con il nome di «Santa Maria Maggiore» e racchiude al di sotto un percorso affascinante e misterioso: sono state trovate dodici croci templari disposte in sequenza, come a delimitare un perimetro stretto e tortuoso, un luogo nascosto che la trasformazione della città lo ha posto a 37 metri al di sotto del manto stradale.

Immagine

La chiesa deve il suo nome ad una pietra forse di marmo, oggi purtroppo dispersa, su cui è incisa una croce e si dice che chiunque la baciasse avrebbe avuto l'indulgenza per tutti i peccati. La chiesa è una delle prime ad essere dedicata alla Vergine, si trova nei pressi della Cappella dei Pontano ed alla Chiesa dell'Arciconfraternita del Cappuccio alla Pietrasanta. La zona di Napoli in cui nasce è quella antichissima della prima fondazione e in quella zona si dice che fosse il tempio greco di Iside, la bella Dea dalla pelle nera. L'area della Chiesa in epoca romana era un tempio di Diana, che aveva accesso da vicolo della Luna oggi via del Giudice e che lascia la sua traccia nel capitello della fonte battesimale. Nel sesto secolo venne costruita una struttura paleocristiana sulla radice della struttura romana. Venne ricostruita nel Seicento i resti dell'antica basilica paleocristiana sono nella cripta e al di sotto si possono riconoscere i frammenti di un antico mosaico identificato di epoca romana.

Altri elementi antichi sono visibilissimi nel campanile poco distante.La chiesa venne rimaneggiata nel Rinascimento, distrutta nei bombardamenti della Seconda guerra mondiale e oggetto di lavoro di restauro fino agli inizi degli anni Ottanta.

Per questo stupisce ancora di più questa scoperta anche se Napoli ha ancora un territorio inesplorato nel suo interno.

Le croci si trovano nelle viscere della terra nelle aree più antiche, occorre attraversare tutta la cripta paleocristiana, occorre scendere uno strapiombo di venticinque metri, per poi, proseguire come in un viaggio nel tempo, nell'antica cisterna che si trova meno trentasette metri nell'antico acquedotto romano.

Qui si trovano vari segni di antico splendore: sono le croci ricrociate o potenziate da ulteriori croci, uno dei simboli utilizzati dai templari. Nel suo De sacro altaris mysticis Papa Innocenzo III, conferma questo quintuplice segno della croce come memoria delle cinque piaghe Sarà casuale il luogo?

La prima croce si trova all’altezza di un bivio della cavità, si trova all’ingresso della parte destra della forcella, dopo una serie di cunicoli il cammino diventa netto, senza curve e sembra collegare idealmente qualcosa all’altare della chiesa della Pietrasanta nel luogo dove c’è il «cemeterium» vale a dire la zona sotterranea della chiesa per preparare i cadaveri per la sepoltura. Le croci sono in quella incredibile zona, ma come mai un anello potenziato, si vuole indicare un percorso?

I templari hanno visitato questa zona di Napoli memori delle antica vestigia di Iside, divenuta Madonna nera del loro culto?

Alcuni ipotizzano invece, che le croci sono simboli molto più antiche di civiltà precedenti ai templari, per altri invece queste non sono altro che piantine, indicazioni per coloro che si rifugiavano nel ventre della terra per sfuggire ai bombardamenti e quindi di epoca recentissima.

C'è da dire che nel sottosuolo di Napoli, vari sono gli accessi alle stesse zone e si trovano svariate forme di croce create sia in epoca antica sia in epoca recente.

Ma allora qual è la verità?

[BBvideo]http://www.youtube.com/watch?v=T08forqi76o[/BBvideo]

[BBvideo]http://www.youtube.com/watch?v=MJ_z1B92G-g[/BBvideo]



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MessaggioInviato: 09/02/2014, 17:11 
Napoli è sicuramente una città esoterica. Uno dei luoghi più importanti da questo punto di vista, è sicuramente Cappella Sansevero
http://www.museosansevero.it/it/
Molte informazioni sono reperibili anche sul libro di Pier Tulip, Rum Molh, fermo restando alcune interpretazioni personali di Pier Tulip.
http://ilmiolibro.kataweb.it/community.asp?id=94145

C'è sempre una sorta di diffidenza nei confronti di certi insegnamenti e, sicuramente, la dottrina ufficiale della chiesa cattolica ha contribuito a "demonizzare", tutto ciò che è fuori dal suo controllo anche se poi le maggiori testimonianze del passaggio di esoteristi, templari e massoni si trovano proprio nelle chiese cattoliche.

Ultimamente, c'è una tendenza a fare un unico calderone di questi argomenti. Secondo me va fatta una distinzione, a seconda che l'elemento spirituale prevalga su quello materiale o meno. Sicuramente, c'è una differenza enorme tra l'utilizzo di simboli, formule e riti se usati per acquistare potere e dominare le anime. Da questo punto di vista, anche le religioni ufficiali sono fortemente negative, laddove si miri alla ricchezza e al potere. Così come pure nel caso della città di Astana. Dalla lettura e dall'interpretazione dei simboli, emerge spesso un percorso spirituale profondo, in cui la purificazione della materia diventa il punto di partenza per poter trasformarsi in tempio di Dio.



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MessaggioInviato: 09/02/2014, 20:53 
cari amici,
anche
NOVARA

.Il centro di Novara, quello esatto
Author Silvia Tavella Date 11/12/2013
Commenti: Commenta.

Se vi capita di passare da Novara, perdete 5 minuti del vostro tempo a cercare quello che è considerato il centro geodetico della città in piazza Cesare Battisti (già piazza delle Erbe). La piazza è completamente lastricata da sampietrini tra cui se ne distingue uno triangolare in granito bianco. Questo è considerato il centro della città.

Sì, lo ammetto, mi sono riempita la bocca di paroloni per fare la splendida. Ma geodetico, che vor dì? La spiegazione stringata e for dummies (quale io mi considero) è la seguente: centro geodetico = centro fisico. In questa sede non sto a dilungarmi sulla geodetica, anche perché non ne sarei assolutamente in grado (chi fosse interessato può dare un’occhiata a questo link), ma vorrei parlarvi di quello che è considerato non solo il centro geodetico (aridaje) di Novara, ma anche un vero e proprio luogo “magico” nonché il centro convenzionale della città: da qui vengono misurate le distanze chilometriche che separano Novara da altre località.

Legata a questa pietra è una storiella carina. Ad inizio gennaio 1992 si dice che sia stata rubata per ricomparire misteriosamente il 18 dello stesso mese. A trovarla all’interno di un confessionale fu un prete. La pietra, che poi non si ha la certezza sia quella originale, venne ricollocata nel selciato, ma in una posizione diversa e ciò le fece perdere tutta l’energia tellurica che sprigionava. Vera o falsa che sia questa storia, la pietra sempre lì rimane.
Come trovare il centro di Novara? Andate in piazza Cesare Battisti e cercatelo sul lato dove c’è una libreria, quasi nascosto dal gazebo del bar.

dahttp://www.tastingtheworld.it/il-cent ... vara/4710/

chi aveva interesse a modificare l'ortentamento della pietra [?]

ciao
mauro



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MessaggioInviato: 27/02/2014, 16:16 
cari amici,
fino a due gioni fa sapevo che il sisgnificato di NOVARA derivava da
nova ara= nuovo altare, tuttalpiù da "nubilaria " per via delle nebbie.
Invece ho ricevuto un "imput" su un altro significato:
NOVA-RA
per cui nova, può ache avere il valore di stella,(?) ma RA è sicuramente il Dio Egizio del sole, e mi è tornato in mente ciò che postai in un vecchio topic


http://www.ufoforum.it/topic.asp?TOPIC_ID=2795

da cui
http://www.cairomontenotte.com/abramo/antares/1222.html

in particolare

Cita:
Gli scavi archeologici, iniziati con una certa
frequenza solo negli anni 90, hanno portato alla
luce alcune tombe e diversi ritrovamenti tra cui
dei vasi decorati con sfingi alate e con scene di
uomini e animali con perfetta impostazione
egiziana.
E' dunque vero che l'antico Egitto, seppur
indirettamente, lasciò le sue tracce anche sul
lago Maggiore? La risposta è sì.


ciao
mauro



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ALBA FUCENS (AQ) - LA CITTA' - UNA CITTA' COSTRUITA IN ONORE AL SOLE
articolo di Isabella Dalla Vecchia - info@luoghimisteriosi.it
fotografie di Cooperativa Alba Fucens


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Ringraziamo la Cooperativa Alba Fucens per l'utilizzo delle foto necessarie per capire la bellezza e l'importanza di questo luogo sacro e misterioso

I capitoli di questa scheda sono:
• Una città costruita in onore al Sole
• L'"Alba" dopo il buio di eventi sfortunati
• Un autentico microcosmo

Una città costruita in onore al Sole

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Ai piedi del Monte Velino si trova Alba Fucens, un’antica colonia romana fondata nel 304 a.C. nel territorio degli EQUI in posizione strategica perché al confine con i Marsi. E’ un luogo sacro e misterioso principalmente per il suo stesso nome che richiama il sorgere del sole. E proprio da questo sito in cima ad una collina ogni giorno si poteva ammirare un ’alba piena e completa. Le mura esterne si sviluppano per circa tre chilometri e sono costituite da massi poligonali. All’interno vi è la città vera e propria con strade, edifici e gallerie sotterranee. Gli unici edifici completamente scomparsi sono i due Templi, uno dedicato ad Apollo e l'altro a divinità ignote, che dominavano l'urbe da due colline distanti. Solo al posto del Tempio di Apollo oggi sorge la chiesa di San Pietro, che si è sostituita ad esso, annientandolo e utilizzando i suoi resti. Il Tempio possedeva una grande alchimia con l'ambiente, essendo interamente dedicato al Sole e al suo nascere.

L'"Alba" dopo il buio di eventi sfortunati

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Alba nasce come città EQUA poi conquistata dai romani dopo sanguinose battaglie nel 303 a.C. Venne affidata al consolato di LUCIO GENUCIO e SERVIO CORNELIO che la trasformarono in una delle più importanti colonie romane, come dimostrato dall’intensa densità degli abitanti. E' inoltre documentato che Roma gli inviò ben seimila coloni a riprova dell’importanza strategica che si otteneva dal controllo assoluto di questa città. Infatti aiutò l’Impero in più occasioni, nella battaglia di SENTINUM (nelle Marche) contro Galli, Sanniti e Umbri e contro Annibale e la sua avanzata. La colonia ospitò molti prigionieri importanti, tra cui re di stati sconfitti (SIFACE re di NUMIDIA, PERSEO re di MACEDONIA, BITUITO re degli AVERNI), responsabilità questa che le assegnava un'importante immagine dal punto di vista della fedeltà e dell’inespugnabilità. Alba visse così un periodo di grande ricchezza e fama a tal punto da riuscire ad implementare la città con monumenti grandiosi, quelli che in parte possiamo vedere ancora oggi... diciamo che almeno dal punto di vista archeologico, i soldi sono stati spesi bene. Purtroppo però dal III secolo d.C. iniziò una lunga decadenza a causa di terremoti e di invasioni barbariche che portarono un progressivo allontanamento dalla città.

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Fortunatamente vi fu una ripresa nell’epoca Medievale con la costruzione del borgo sul colle di San Nicola dove venne edificato anche il castello tra il XV e il XVI secolo. Divenne contea ma fu distrutta da CARLO D’ANGIO’, episodio che rilanciò la città in una seconda decadenza fino a che nel 1441 divenne possedimento della famiglia ORSINI che purtroppo la trascurò definitivamente, spostando persino le vie mercantili (prima Alba si trovava su di una via principale) e isolando il borgo a tal punto da divenire terra preda di brigantaggio. Come se non bastasse vi fu un terribile terremoto nel 1915 che rase al suolo l'intero paese.

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Ma questo evento catastrofico non è riuscito a cancellare l'immenso valore storico di questa città, per i suoi monumenti e per il ruolo fondamentale assunto nell'Impero Romano. Il suo stesso nome ALBA FUCENS, colei che guarda sorgere il Sole, è metafora di chi non perde mai la speranza, chi si chiama "rinascita" non può che sopravvivere a qualsiasi evento infausto. E' qui che prima di chiunque si può vedere l’inizio un nuovo giorno.

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Questi fatti sfortunati fanno emergere la luce del suo nome, anche perchè molto di ciò che venne distrutto fu ricostruito senza perdere il valore archeologico del posto.

Un autentico microcosmo

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L’antica città romana è stupenda, si trova all’interno di una cinta muraria lunga tre chilometri e con quattro porte alte cinque metri. Le porte si trovano posizionate sui quattro punti cardinali:
NORD - porta FELLONICA
EST - porta di MASSA o CORFINIO
SUD porta SUD
OVEST porta MASSIMA (larga dieci metri).

Sono mura ciclopiche. All’interno si trova tutto ciò che identifica una città romana come luogo prestigioso…teatro, templi, terme, TABERNAE, il Comizio e il DIRIBITORIUM per faccende politiche, un FORO, una BASILICA, una monumentale costruzione funeraria, l’ANFITEATRO, il SANTUARIO dedicato ad ERCOLE.
Vi è anche un acquedotto.

La basilica è di epoca SILLANA a tre navate ed è del II secolo a.C. con pavimenti e pitture parietali. L’anfiteatro molto grande (96 metri per 79 metri) ospitava gli spettacoli dei gladiatori, si possono ancora vedere i vani che chiudevano gli animali feroci. Le terme hanno un bel pavimento a mosaico e hanno una tecnologia avanzata per il riutilizzo delle acque ad uso lavanderia. Insomma una città di tutto rispetto.

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http://www.luoghimisteriosi.it/abruzzo_albafucens.html



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Venezia esoterica: Massoneria, cabala e...Giacomo Casanova
di Massimo Bencivenga

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Venezia è, insieme a Torino, Roma, Napoli e Firenze, una città magica

Continuiamo il nostro giro nelle città magiche ed esoteriche della nostra bella Italia. In un precedente post abbiamo visto, ed eletto, Torino quale “Capitale esoterica d’Italia” in quando città appartenente sia al triangolo di magia bianca (buona) Torino-Lione-Praga e sia al triangolo di magia nera (cattiva) Torino-San Francisco-Londra. Per la seconda piazza se la giocano diversi luoghi.

Difficile scegliere tra Napoli, Roma, Venezia e Firenze. Venezia è intrisa di leggende. Sin dal periodo della sua “nascita”, nessuno conosce con esattezza il periodo e le continue scoperte degli archeosub non aiutano di certo. Oggi farebbe un po’ ridere l’affermazione secondo la quale Venezia sia la città eletta da Dio, ma nel passato i veneziani non hanno certo trovato questa affermazione scorretta.

Quindi Venezia è stata sempre vista come la città di Dio e come la Gerusalemme celeste (secondo la profezia di Sant' Agostino). Venezia non è stata mai stata costruita. E’ sorta così dalle acque. Compiuta. La Repubblica di Venezia fu protagonista di numerose crociate, all’epoca aveva la forza geopolitica che oggi possiamo associare alla Francia di Sarkozy) dalle quali gli avventurieri ed i mercanti tornavano con lo spirito di quelle terre meravigliose. Quindi ci sono leggende che parlano di Venezia in relazione al Santo Graal ed ai Templari, più specificatamente seguendo il filone che vede il Santo Graal passare per Istanbul e per il “Corno d’Oro”, da dove poi sarebbe passata anche la Corona di Spine di Gesù che Luigi IX di Francia riuscì a sottrarre alla città per portarla in Francia, presso la Sainte Chapelle, qualcuno ritiene, ma siamo sempre nell’ambito delle leggende, che qualora fosse davvero esistito, il Graal nel suo mistico cammino fosse davvero giunto nella città.

La tradizione veneziana del Santo Graal lo vuole nascosto nel trono di San Pietro, ossia il sedile ove si sarebbe davvero seduto l’Apostolo durante i suoi anni ad Antiochia costituito da una stele funeraria musulmana e decorato con i versetti del Corano oggi presente nella chiesa di San Pietro in Castello.

Ma è dal punto di vista magico che Venezia offre il meglio di sé. almeno due palazzi sono ritenuti “stregati”: Ca’ Dario e Ca’ Mocenigo del Vecchia. Il primo (nella foto il retro di Ca' Dario) fu edificato, si ritiene su un antico cimitero templare, dal mercante Giovanni Dario e dedicato ad un non meglio precisato genio del luogo secondo l’iscrizione “Genio urbis Joannes Dario”, una scritta che secondo molti nasconderebbe, anagrammata, enigmatici quanto orribili segreti: “SUB RUINA INSIDIOSA GENERO”, cioè colui che abiterà sotto questa casa andrà in rovina.

Scritta così però l’anagramma non è perfetto.

C’è una U in meno ed una O in più. Occorre dire che bene bene la casa a molti non ha portato. Sono diverse le persone che l’hanno posseduta ad essersi suicidati o ad essere andati incontro a rovesci di fortuna clamorosi. Tra questi un ricco mercante turco, diversi manager e nobili italiani, un famoso impresario musicale e, solo per citare gli ultimi due, il tenore Mario Del Monaco e, udite udite, il tycoon della finanza nostrana anni ’80, l’uomo del “Moro di Venezia”: Raul Gardini, morto suicida in circostanze sospette e per motivi ancora da chiarire.
Gli esoteristi si sono sbizzarriti arrivando a parlare di energie negative intorno al palazzo, anzi si spingono a ritenere che l’intera città sia attraversata da una rete di correnti telluriche, positive e negative. Sempre gli stessi sostengono che il Canal Grande sarebbe la rappresentazione di quello che gli esperti del Feng shui chiamano il “grande drago” del sottosuolo, capace di influssi negativi e positivi. Iterando il discorso si può vedere il Canal Grande snodarsi come un serpente o un dragone visualizzando una “Caput Draconis” ed una “Cauda Draconis”.
La Caput Draconis ha valenza positiva; la Cauda Draconis ha ovviamente caratteristiche negative.

Per quanto riguarda invece Ca’ Mocenigo del Vecchia. I Moncenigo, i proprietari, cercarono di carpire a Giordano Bruno le sue conoscenze esoteriche e cabalistiche. Al rifiuto del filosofo nolano essi lo denunciarono come stregone, forse sarebbe più corretto dire “magus” in senso rinascimentale, alle autorità veneziane, la denuncia costrinse Giordano Bruno a riparare verso Roma, dove verrà giustiziato. La leggenda vuole che quell’edificio sia infestato dal fantasma dell’eretico bruciato a Campo dei Fiori. La pista Giordano Bruno porta necessariamente verso la sapienza ebraica della Cabala (Qabbaláh) e verso l’alchimia. In virtù degli stretti rapporti con il Medioriente, Venezia è stata da sempre un crogiuolo di culture, il toponimo del quartiere “Giudecca” sembrerebbe proprio segnalarci la presenza dei suoi primi abitanti, i giudei, da sempre maestri di alchimia e studiosi di Cabala.

Moltissime sono così le leggende presenti nell’antico e nuovo ghetto che riguardano gli rabbini e i loro studi di alchimia. La comunità ebraica di Venezia, prima di una delle tante persecuzioni, aveva un ruolo di rilievo nell’economia e nella cultura della città lagunare.

Giordano Bruno per Venezia ci è passato, ma un personaggio come Giacomo Casanova a Venezia è nato e cresciuto. E’ attestato anche il passaggio, per incontrare lo stesso Giacomo Casanova, e per scambiarsi formule e magici rituali per l’elisir di eterna giovinezza, di Cagliostro alias Giuseppe Balsamo. Così come la visita nella città dell’immortale Conte di Saint Germain. Giacomo Casanova, universalmente noto, al punto da diventare sinonimo di seduttore era in realtà anche uno studioso precoce ed acuto, un amante delle arti occulte. Giacomo Casanova fu iniziato alla massoneria a Lione (Lione vi ricorda qualcosa?) nel 1750. Casanova conobbe personalmente il fenomeno del ‘700, Wolfgang Amadeus Mozart. Wolfgang Amadeus Mozart era un altro affiliato alla massoneria e si ispirerà a Giacomo Casanova per il suo “Don Giovanni”.

E’ possibile scorgere, un po’ ovunque a Venezia, conoscenze alchemiche che possiamo far risalire agli arabi, alcuni elementi li troviamo nel quadrante della torre dell’orologio, laddove, tra simboli astronomici e astrologici, sono presenti raffigurazioni di mori. Più sconcertanti ed evidenti sono però le simbologie arabe presenti nelle vicinanze della porta della carta vicino la Basilica di San Marco. Qui sono rappresentati in un angolo i così detti “quattro mori”, i tetrarchi Diocleziano, Galerio, Massimiliano e Costanzo.

In realtà la tradizione lega queste figure all’alchimia come testimoniato da un fregio alla base dello stesso raffigurante due putti e due draghi intrecciati che portano un cartiglio con la scritta in veneziano arcaico “uomo faccia e dica pure ciò che gli passa per la testa e veda ciò che po’ capitargli”.

Sempre sullo stesso lato della Basilica sono presenti due colonne provenienti da Acri ove cultura cristiana e mora si mescolano in una mistica commistione di immagini tra le quali spiccano tre enigmatici criptogrammi per alcuni invocazioni al dio del musulmani Allah.

http://www.sullanotizia.com/rubriche/Ma ... sanova.asp



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MessaggioInviato: 05/06/2014, 14:31 
cari amici e caro Atlanticus,
da leggere anche:


Nobiltà Nera Veneziana: I Dominatori del Mondo

Per centinaia di anni, un piccolo gruppo di famiglie hanno pensato, organizzato e guidato ciò che accade in Europa e nel Mondo.

Tutto questo è iniziato a Venezia, quando un gruppo di famiglie ricche, hanno ‘creduto’ alle parole di Aristotele: “La schiavitù è un’istituzione necessaria perché alcuni sono nati per governare e gli altri per essere governati”. (Nota: è da questo che la parola Aristocrazia ha avuto origine?). Questi erano conosciuti a Venezia come la “Nobiltà Nera” (in pratica gli ebrei sionisti di oggi).

continua...
http://luniversovibra.altervista.org/no ... del-mondo/

ciao
mauro



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Bobbio esoterica

Il piccolo borgo medioevale di Bobbio in Val Trebbia, provincia di Piacenza, può essere definito senza timore di smentita una delle culle della cristianità occidentale. Buona parte di questo merito lo si deve a San Colombano, che giunto sino a questo remoto angolo di terra piacentina dalla lontana Irlanda, nel 614 vi fondò il monastero che porta il suo nome e la sua regola, destinato a grande fortuna.

La “regola colombiana” infatti, oltre al lavoro ed alla preghiera prevedeva anche un forte impegno da dedicare all’istruzione e all’assimilazione della conoscenza. Nello Scriptorium collocato presso l’Abbazia insieme alla biblioteca, già nel 982 erano conservati oltre settecento codici, facendo del monastero il centro di produzione libraria più importante dell’Italia centrale e settentrionale.

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Nella cittadina di Bobbio sono dunque numerosi gli edifici religiosi a cominciare dalla Chiesa di San Colombano del XV secolo di stile romanico-gotico con facciata tripartita e con alla base un nartece, detto anche portico del paradiso, formato da archi a sesto acuto sostenuti da colonne del XIV secolo.

Sono numerosi i misteri e le leggende che aleggiano intorno a Bobbio, a cominciare dal simbolo della città: il famoso Ponte Gobbo o Ponte del Diavolo. Si tratta di un imponente manufatto in pietra dall’aspetto ondulato e contorto sostenuto da undici arcate in pietra irregolari. Di probabile origine romana è documentato per la prima volta nel 1196. Secondo la tradizione fu costruito in una sola notte dal Demonio, al quale San Colombano offrì in cambio l’anima di chi per primo lo avesse percorso. Giunta l’alba ed ultimata l’opera, il Santo fece attraversare il ponte ad un cagnolino vecchio e malandato, impendendo in questo modo al Diavolo di prendersi l’anima di un cristiano. Andandosene inferocito per essere stato beffato, Lucifero prese a calci il ponte che da quel momento assunse la forma ingobbita ed irregolare che lo caratterizza ancora oggi.

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In epoca successiva Bobbio fu con ogni probabilità sede di magioni templari, e nella Cattedrale di Santa Maria Assunta è conservata una curiosa rappresentazione dell’Ultima Cena di autore ignoto, dove Giovanni addormentato è raffigurato in modo molto effemminato, quasi a voler confermare la tesi secondo cui sarebbe in realtà Maria Maddalena, come ha sostenuto Dan Brown nel suo romanzo campione di vendite Il Codice Da Vinci, riferendosi al ben più famoso affresco di Santa Maria delle Grazie a Milano.

Ma i collegamenti con Leonardo non finiscono qui. Secondo le ricerche compiute dalla storica dell’arte Carla Glori, la donna ritratta nel quadro più famoso del poliedrico e geniale artista, La Gioconda, sarebbe in realtà Maria Bianca Sforza ed il paesaggio disegnato alle sue spalle altro non sarebbe che la campagna circostante la città di Bobbio con ancora una volta il Ponte Gobbo in bella vista. Il panorama immortalato da Leonardo, secondo la studiosa, sarebbe quello che si poteva ammirare affacciandosi dalle finestre del castello Malaspina Dal Verme di Bobbio, che ancora oggi domina la vallata.

Ed è proprio il castello di Bobbio ad essere al centro di altre più cruente e inquietanti vicende. Secondo quanto si tramanda in paese, nel maniero edificato all’inizio del 1300 era stato costruito un pozzo del taglio, dentro al quale venivano gettati i condannati a morte, destinati a spirare dilaniati dalle lame che fuoriuscivano dalle pareti di questa crudele macchina di tortura. Diversi testimoni giurano di aver visto i fantasmi di questi sfortunati aggirarsi la notte lungo le mura del castello in cerca di pace.

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Concludiamo questa breve presentazione della Bobbio esoterica ricordando un altro personaggio storico leggendario: Gerberto di Aurillac, destinato a divenire Papa con il nome di Silvestro II, passato alle cronache anche come il Papa Mago.

Gerberto fu nominato abate del Monastero di San Colombano e della contea di Bobbio nel 982 dall’allora Imperatore del Sacro Romano Impero Ottone II. A quel tempo l’abbazia godeva di altissimo prestigio sia culturale sia morale, e la sua biblioteca era una vera miniera di conoscenze. Qui Gerberto poté consultare numerosi testi rari ed antichi come il Codex Arcerianus (VI-VII secolo), contenente frammenti in latino di autori romani e greci e di cui si servì, insieme con il De arte arithmetica di Boezio, per la stesura del suo trattato De geometria. Era uomo di grande cultura e diede un contributo importante per l’introduzione delle conoscenze arabe di aritmetica e astronomia in Europa e vi importò anche l’orologio a bilanciere. A lui sono attribuite l’invenzione di complicati strumenti musicali e soprattutto di una testa parlante in grado di rispondere in senso affermativo o negativo quando interrogata.

Il 2 aprile 999 fu nominato Papa dall’Imperatore Ottone III di cui era stato in precedenza il precettore. Le conoscenze e la cultura di Papa Silvestro II, erano tuttavia talmente grandi che attorno a lui iniziarono a fiorire le più variegate leggende al punto di attribuirgli poteri magici e rapporti con il demonio. Si ipotizzò che la testa parlante che aveva costruito fosse un Golem all’interno del quale aveva imprigionato un demone e, coincidenza significativa, durante il processo ai Templari di tre secoli dopo si parlò ancora di un Golem simile alla testa posseduta da Silvestro II. Secondo altri racconti Silvestro era entrato in possesso di un libro di magia nera. Ma l’apice della sua fama di Mago la raggiunse nella notte del 31 dicembre 999. Secondo la superstizione popolare la fine del millennio sarebbe coincisa con la fine del mondo. Ma Silvestro poco prima della mezzanotte spostò in avanti il calendario cancellando l’anno mille e salvando così il mondo dalla distruzione con un semplice trucco matematico.

Bobbio si trova a circa un ora di macchina da Podere Casale, ed è un luogo ricco di fascino e mistero che merita certamente di essere visitato.

http://www.poderecasale.com/bobbio-esoterica/



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MessaggioInviato: 30/11/2014, 17:03 
Tratto da "Mitologia e Simbolismo di Sirio, la Stella Fiammeggiante
di The Vigilant Citizen

http://www.anticorpi.info/2014/07/mitol ... io-la.html

Cita:
... Nelle logge massoniche Sirio è nota come la Stella Fiammeggiante. Basta osservare il simbolismo massonico per svelare quanto importante essa abbia nella massoneria. L'autore massone William Hutchinson scrisse su Sirio: "E' il primo ed il più rilevante oggetto che richiede la nostra attenzione nella Loggia." Proprio come illuminava le iniziazioni nella Grande Piramide, la sua luce è simbolicamente presente nelle logge della massoneria.

"Gli antichi astronomi associarono alle stelle tutti i grandi simboli della Massoneria. Sirio riluce all'interno delle nostre logge come la Stella Fiammeggiante." Albert Pike, Morals and Dogma

"(La Stella Fiammeggiante) indicava in origine Sirio, o Stella del Cane, che precorreva le esondazioni del Nilo. Poi divenne l'immagine di Horus, figlio di Osiride, simboleggiato anche dal Sole, autore delle stagioni e Dio del Tempo; il figlio di Iside, che era la natura universale, la materia primordiale, fonte inesauribile di vita, scintilla di fuoco increato, seme universale di tutti gli esseri. Ed era Hermes, Maestro dell'apprendimento, il cui nome greco è quello del dio Mercurio." Albert Pike, Morals and Dogma

In Massoneria si insegna che la Stella Fiammeggiante sia un simbolo di divinità, di onnipresenza (il Creatore è presente ovunque) ed onniscienza (il Creatore vede e sa tutto). Sirio è dunque il "luogo sacro" verso cui sono diretti tutti i massoni: è la fonte del potere divino e la destinazione delle persone divine. Concetto spesso rappresentato nell'arte massonica, come nell'immagine in basso.

Per raggiungere la perfezione è necessario che l'iniziato comprenda correttamente ed interiorizzi la duplice natura del mondo (bene e male, maschile e femminile, bianco e nero, ecc), mediante una metamorfosi alchemica. Tale concetto è simbolicamente rappresentato dall'unione di Osiride e Iside (i principi maschile e femminile) che dona vita ad Horus, la Stella-Figlio, figura simile a Cristo, l'uomo perfetto della Massoneria, equiparato alla Stella Fiammeggiante.

"Sole e Luna rappresentano i due grandi principi: il maschio e la femmina che riversano la loro luce sul frutto della loro unione: la stella fiammeggiante, o Horus." Albert Pike, Morals and Dogma
Nell'immagine in basso, il geroglifico egizio raffigurante Sirio contiene tre elementi: un obelisco 'fallico' (che rappresenta Osiride), una cupola 'ricevente' (che rappresenta Iside) ed una stella (che rappresenta Horus).

Immagine

Questo concetto è talmente importante nel simbolismo massonico da essere stato incorporato in alcune delle strutture più importanti al mondo.

Immagine
Il monumento presso la città di Washington, un obelisco egizio che rappresenta il principio maschile è direttamente collegato con la cupola del Campidoglio che rappresenta il principio femminile. Insieme producono Horus, energia invisibile rappresentata da Sirio.

[imh]http://3.bp.blogspot.com/-OFkDzfD8lN4/U9mKQB0zChI/AAAAAAAACcg/VPHLQKBk7Ps/s1600/piazza-san-pietro-simbolismo.jpg[/img]
Piazza San Pietro, Città del Vaticano

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MessaggioInviato: 15/01/2015, 18:26 
Un tempio misterico del Rinascimento napoletano
19 dicembre 2014 (12:35) | Autore: Stefano Arcella

Origini storiche e cenni generali

La Chiesa di S. Giovanni a Carbonara, nel centro antico di Napoli, è uno splendido tesoro artistico, testimonianza della fioritura dell’arte e della spiritualità neoplatonica a Napoli fra la prima metà 400 fino al ‘500. Essa è anche un mirabile scrigno di simboli leggibili su diversi piani di interpretazione, da quello allegorico-morale a quello più propriamente spirituale-esoterico.

Bombardata dagli Angloamericani durante l’ultimo conflitto mondiale – sorte comune ad altre chiese di Napoli come Santa Chiara – è stata chiusa al pubblico per molti anni nel dopoguerra ed oggetto di lunghi interventi di restauro che, in parte, sono ancora in atto. Iniziamo dalla sua storia.

Nel 1339, il nobile napoletano Gualtiero Galeota donò agli Eremitani di Sant’Agostino alcune case ed un orto fuori le mura, in un luogo chiamato “a Carboneto”, affinché i frati eremitani vi costruissero una chiesa da dedicare a S. Giovanni Battista. A tale donazione ne seguì un’altra, nel 1343, sempre da parte dello stesso nobile, che con un nuovo atto aggiunse altri orti vicini con case, sempre ubicati “a Carboneto’” affinché fosse edificato un luogo religioso in cui potessero dimorare dodici frati e un priore[1].

La chiesa venne edificata su un poggio che, a quel tempo, era collocato fuori le mura della città, poi ampliate e spostate dagli Aragonesi nella seconda metà del Quattrocento. Essa si trovava a quel tempo, poco fuori la porta di Santa Sofia, da dove poi, il 2 giugno del 1442, entrò vittorioso in Napoli l’esercito aragonese[2].,

Nell’area dell’attuale Via Carbonara, si svolgevano nel tardo Medio Evo, al tempo degli Angioini, tenzoni cavalleresche molto cruente, di cui ci dà notizia il Petrarca, in una lettera datata 1° dicembre 1343, in relazione la suo viaggio a Napoli.[3].

Immagine

La chiesa e l’ospedale della Pietatella

Per curare i feriti di questi tornei, fu edificato, sin dai primi decenni del Trecento, un piccolo ospedale, contiguo alla chiesa di S. Maria della Pietà (detta anche della “Pietatella”), che sorge ai piedi del complesso architettonico e cultuale di S. Giovanni a Carbonara.

Peraltro è poco noto che questo piccolo ospedale e l’annessa chiesa della Pietatella era gestito da una confraternita di laici ed era stato istituito per volere degli Angioini; esempio mirabile di quel fenomeno di avanguardia che fu la laicizzazione di alcune strutture ospedaliere nel regno di Napoli sin dal regno degli Angioini e senza ingerenza ecclesiastica, fatto peculiare non solo rispetto all’alto Medio Evo ma soprattutto rispetto all’Italia centrosettentrionale del Trecento, dove il controllo ecclesiastico sulle strutture ospedaliere continuava a perdurare e i tentativi di una sanità laica davano luogo a conflitti e ricorsi al Papa. Il Regno di Napoli si configurava così come un regno molto avanzato nel senso di una emancipazione dal tradizionale monopolio ecclesiastico delle strutture di sanità pubblica, che erano peraltro polifunzionali, perché comprendevano anche servizi di accoglienza, vitto e alloggio per i poveri e i pellegrini [4].

Un complesso di chiese

La chiesa sorge su un’altura alla quale si accede mediante una scenografica scalinata a tenaglia, progettata e costruita dall’architetto Ferdinando Sanfelice nel primo ‘700, che sostituisce la scalinata più antica ad una rampa visibile nella Mappa di Napoli di Antoine Lafréry del 1566 e lungo la quale sono presenti altre due chiese. Al primo livello, di poco sormontante il piano stradale, in una cavità del poggio (forse una grotta più antica?), si incontra la chiesa della Madonna Consolatrice degli Afflitti (Consolatrix afflictorum) cui, sin dal ‘600, si attribuiscono virtù miracolistiche e taumaturgiche e che ricorda, per le sue peculiarità, la dea Salus dell’antica religione romana.

Sul secondo livello, si ammira il portale della chiesa di Santa Monica, la cui architettura ricorda, in parte, lo stile normanno, le colonne laterali avendo la sembianza delle torri di un piccolo castello, quasi una fortezza posta a difesa di un centro di culto, meritevole di una particolare tutela.

Colpiscono le sculture – collocate verticalmente lungo le due colonnine del portale di Santa Monica – di figure femminili talvolta dalla corona turrita (analogia con la dea Cibele) e associate a simboli quali la croce solare, la torre, la palma o anche, sulla destra, simboli quali la tenaglia che rimandano alle corporazioni professionali del Medio Evo; sono presenti simboli di chiara risalenza pre-cristiana e “solare” intrecciati con simboli e motivi iconografici tipici dell’arte religiosa del cattolicesimo medievale (il rosone, la Madonna col bambino divino, infine il Cristo benedicente). Sulle peculiarità di questa chiesa avrò modo di fare un ulteriore approfondimento.

Orientazione della chiesa e stile architettonico

La chiesa di S. Giovanni a Carbonara nel suo attuale assetto è il frutto di un restauro ricostruttivo che ha parzialmente restituito la fisionomia originaria. Essa si sviluppa sull’asse longitudinale est-ovest, secondo una orientazione tipica di molte chiese medievali e che aveva un preciso senso, sia religioso (era volta verso Gerusalemme) sia di tipo spirituale-esoterico (era orientata verso il sole nascente, ossia aperta alla forza cosmica della Luce). Essa è costituita da un’unica navata centrale, sormontata da un soffitto a capriate lignee e illuminata, ai lati, da finestroni monofori. L’architettura è quella tipicamente gotica, connotata dallo slancio delle colonne del grande arco trionfale che collega la navata al presbiterio. Oltre all’effetto scenico, tale stile suscita nell’osservatore un senso di slancio animico, di elevazione, favorendo il rivolgersi della mente al divino.

Il portale d’ingresso, di stile classicistico, è decorato con lo stemma dei Caracciolo del Sole – un’antica famiglia nobile napoletana: una croce solare, ossia una croce equilatera inscritta in un cerchio, da cui si diramano raggi dalla forma serpentina che ricorda il motivo della spirale serpentina che troviamo anche nel Caducèo ermetico di Mercurio-Hermes nonché nella simbologia della fisiologia occulta dell’uomo nella tradizione indù, per limitarmi solo ad alcuni esempi.

Peraltro tale croce solare ha una significativa analogia con l’antichissimo simbolo della croce celtica, a dimostrazione dell’universalità e della perennità dei simboli, che rimandano ad archetipi, a modelli che Elémire Zolla definiva “energie formanti”, forze plasmatrici della realtà[5].

Cenni sul monumento a Re Ladislao

Appena entrati nella chiesa di S. Giovanni a Carbonara, il visitatore resta rapìto dallo scenografico monumento a Ladislao d’Angiò-Durazzo Re di Napoli (1386 o 1387-1414), edificato per volontà della sorella, la regina Giovanna II. Ladislao fu una delle prime figure storiche a tentare l’unificazione politica dell’Italia sotto un solo scettro, facendo di Napoli il centro propulsore di un processo politico che vide, per ben due volte, all’inizio del ‘400, la conquista della sede papale da parte dell’esercito del Regno di Napoli [6].

Il monumento è alto oltre 15 metri ed è stato definito “la massima espressione in scultura nell’Italia meridionale del Quattrocento” nonché “di impianto architettonico, tale è la mole dell’opera”; esso si articola in tre ordini e si svolge sia in verticale che in orizzontale lungo le pareti dell’abside, come “un enorme polittico dalle ali aperte”[7]. E’ poggiato sulle quattro Cariatidi che rappresentano le quattro Virtù platoniche (delle quali, qualche anno più tardi, parlerà Giorgio Gemisto Pletone nel suo Trattato delle Virtù) che testimoniano il fermento spirituale e culturale neoplatonico a Napoli quanto meno a partire dal terzo decennio del ‘400 (1420-1430), ben prima della fondazione dell’Accademia Alfonsina, poi diventata Accademia Pontaniana [8].

Le Quattro Virtù sono la Magnanimità, la Prudenza, la Fortezza e la Temperanza. Sono rappresentate come quattro figure femminili abbigliate al modo delle Vestali romane (ossia con vesti molto lunghe, un vero e proprio abito sacerdotale) e connotate ciascuna da elementi simbolici che si possono leggere su vari piani: quello morale e quello più propriamente interno, spirituale in senso realizzativo.

Sul piano morale, le Virtù indicano, complessivamente, che non può esservi elevazione interiore e avvicinamento al divino senza un perfezionamento morale che non è fine a sé stesso, ma propedeutico alla realizzazione spirituale. E’ un tema sul quale nel primo Novecento insisteva Rudolf Steiner allorquando diceva: “Un passo avanti nella realizzazione spirituale e tre passi nel perfezionamento morale”, poiché la moralità crea le condizioni di karma positivo (ossia di causa/effetto) per il fine più elevato di avvicinamento al divino[9].

La Magnanimità reca nella mano sinistra una conchiglia in cui spicca un putto alato che brandisce nella mano destra una piccola spada, mentre la mano sinistra è monca e non è quindi pienamente leggibile nel suo significato. Il simbolo della spada ricorda, per affinità iconografica, il Mithra fanciullo che nasce dalla roccia e che regge una spada nella mano destra. Questo simbolo può leggersi come riferimento all’ardore della volontà combattiva del ricercatore spirituale nel suo cammino di realizzazione, mentre la fiaccola che Mithra regge nella mano sinistra esprime il senso del fuoco interiore e della luce di cui il neofita ai Misteri deve essere portatore nel mondo[10].

Il putto alato può leggersi come la liberazione della Forza-Pensiero (ossia il pensiero nella sua radice eterica) dalla gabbia del pensiero dialettico; il pensiero libero dai sensi e dagli strati inferiori della psiche trasforma istinti e passioni nell’ardore della volontà combattiva, il che spiega il simbolo della spada recata nella mano destra del putto, forza che trasforma istinti e passioni in spinta, in slancio della volontà verso l’elevazione interiore.[11]

La Prudenza stringe nella mano sinistra un serpente, a simboleggiare le passioni e gli istinti che sono dominati e trasformati in energia al servizio di un processo di elevazione. E’ bene evidenziare che il serpente è raffigurato vivo, in movimento e ciò ha un preciso senso simbolico, a significare che non si distrugge nulla, ma tutto può essere trasformato e sublimato.

La Fortitudo regge fra le mani una colonna, simbolo di forza interiore e di centratura (è intuibile l’analogia con la fisiologia occulta dell’uomo sia orientale che occidentale, con riferimento al canale energetico centrale e, su un piano cosmologico, all’Axis Mundi). La Temperanza mescola il vino con l’acqua e una parte del liquido raggiunge il cuore, per esprimere il senso dell’integrazione delle due polarità – maschile e femminile – all’interno di ciascun essere umano.

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Tutto il monumento, nel suo sviluppo, è suscettibile di una duplice lettura; in apparenza, è solo una celebrazione encomiastica del Re di Napoli, ma, in realtà, è anche la rappresentazione figurata di un itinerario interiore, iniziatico, di morte e rinascita.

Al secondo ordine, vi è la rappresentazione ideale di Ladislao e di Giovanna II assisi in trono, avendo ai loro lati figure femminili che possono leggersi sia come Virtù morali (la letteratura storico-artistica le ha lette come la Speranza e la Giustizia a lato del Re, la Carità e la Fede a lato della Regina) sia come figure misteriche ed esoteriche di più profondo significato. In particolare, la prima statua sulla sinistra, a lato del Re, viene letta come la Speranza; essa ha le mani giunte solo sulle punte delle dita, gestualità che ricorda, per analogia, quella delle sacerdotesse dei Misteri antichi che col batter delle mani scandivano i ritmi rituali. Sulla manica destra è la data del 1428, già rilevata dal Celano nel ‘600.

La seconda scultura a lato del Re rappresenta una donna seduta che sembra stia per alzarsi, per sorgere in piedi, nel mentre la mano sinistra è posta su un un globo. La terza figura, al lato della statua di Giovanna, reca un bambino sul braccio sinistro (l’amore materno, la dedizione agli altri come nella karuna buddhista), mentre l’ultima a destra dell’osservatore, regge una coppa nella mano sinistra e porta la mano destra al cuore. Orbene, questi simboli – il globo, il cuore, la coppa – sono densi di significato, sia come sovranità regale e spirituale, sia come allusione al centro spirituale dell’uomo (il cuore, secondo le antiche dottrine tradizionali) ed alla coppa che allude alla “bevanda di Vita”, leggibile sia sul piano religioso (riferimento all’Ultima Cena) sia come coppa del Graal, tradizione che riprende antichi significati di risalenza celtica.

Sul terzo ordine, la scultura raffigurante la salma di Ladislao, deposta sul sarcofago, è benedetta dal vescovo (ma in realtà morì scomunicato avendo per ben due volte occupato la sede papale e sottomesso il Papa “manu militari”, con una determinazione che suscitò profonda impressione presso le corti di tutta Europa all’inizio del Quattrocento). Si tratta di una rappresentazione ideale ed encomiastica che forza la realtà della storia ma che, esotericamente, allude a quella fase di morte iniziatica ben nota in tutte le tradizioni spirituali d’Oriente e d’Occidente; coltivando le virtù e progredendo nel cammino d’elevazione interiore, si muore a tutto ciò che si era in precedenza.

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La monumentale rappresentazione artistica culmina nella statua equestre di Ladislao che sguaina la spada (raffigurazione insolita per una chiesa cristiana) e si muove verso la Luce, il cavallo essendo rappresentato bardato da parata e in movimento, con la zampa anteriore destra piegata in avanti. Il sovrano sembra congiungersi idealmente col vertice della cupola, quasi a simboleggiare l’unione col principio divino, la cupola essendo un simbolo della volta celeste.

Questo monumento merita, già di per sé, una specifica trattazione esoterica e simbolica, tale è la ricchezza di simboli e la pluralità dei modelli iconografici di chiara risalenza greco-romana, intrecciati a dipinti ed a simboli del cattolicesimo medievale, fra i quali la scultura dell’Arcangelo Michele, simbolo di attitudine guerriero-spirituale.

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Monumento a Ladislao – L’arcangelo Michele

E’ molto significativo che la base della statua equestre del Re rechi l’iscrizione “Divus Ladislaus”, ove Divus era il titolo degli imperatori romani defunti e divinizzati.

Alla base del secondo livello, sulla cornice esterna, vi è un’iscrizione – attribuita all’umanista Lorenzo Valla – in cui Ladislao viene definito “Lux Italum”, ossia Luce degli Italici e “Regni Splendor”. “Victor terraque marique” ossia Re vittorioso, sul modello delle grandi figure del mondo antico legate al culto ed al senso sacrale della dea Victoria.

La cappella Caracciolo del Sole. Cenni.

La cappella Caracciolo del Sole è uno splendido esempio dell’arte del Quattrocento. Essa si colloca alle spalle del monumento a Ladislao. L’ingresso è decorato con lo stemma di questa famiglia nobiliare – stemma di cui ho già descritto le caratteristiche – che ritroviamo sul pavimento maiolicato. La cappella è affrescata dagli artisti Leonardo da Besozzo e Perinetto da Benevento, il primo autore del “ciclo pittorico della Vergine”, nella parte superiore delle pareti, mentre il secondo dipinse il “ciclo della vita eremitica”.

Riservandomi d’intervenire con un successivo contributo sul senso simbolico-spirituale di questi dipinti, evidenzio, per il momento, il particolare simbolismo geometrico di questa cappella. I contrafforti esterni, visibili dal “giardino di Ladislao” a fianco alla chiesa, costituiscono una chiara forma ottagonale; la cappella all’interno ha una forma circolare, ma le colonne della cappella, se unite idealmente, formano a loro volta un ottagono iscritto nel cerchio e tale forma geometrica è chiaramente osservabile nelle piastrelle del pavimento maiolicato. Abbiamo quindi un ottagono in cui è iscritto il cerchio all’interno del quale è inscritto un secondo ottagono.

L’ottagono è una forma geometrico-simbolica che si ritrova nei battisteri paleocristiani ma anche nel Castel del Monte edificato per volere di Federico II di Svevia nel XIII secolo, nonché nelle basi degli stupa buddhisti. Si è in presenza di un simbolo universale che rappresenta un quadrato che ruota su se stesso; esso è quindi l’unione di cerchio e quadrato, il primo simbolo del Cielo (la trascendenza, il divino) il secondo simbolo della Terra. Pertanto l’ottagono rappresenta l’unione di cielo e terra, ossia il mondo intermedio, quel mondo di Entità mediatrici che fa da tramite fra divino ed umano[12]. In termini di numerologia simbolica corrisponde all’8, che simboleggia l’infinito ed è espresso graficamente da due zeri congiunti[13].

Di fronte all’ingresso si erge il monumento funerario a Sergianni Caracciolo, (Gran Siniscalco della Regina Giovanna II), la cui scultura – che domina il monumento funerario – lo rappresenta nel mentre contempla il dipinto che ha di fronte a sé, quello dell’Incoronazione della Vergine, di Leonardo da Besozzo, ricca di simboli in cui il diverso e non casuale cromatismo delle varie schiere di Angeli ed Arcangeli si coniuga con una pluralità di strumenti musicali, a indicare le diverse sonorità e vibrazioni proprie a ciascuna sfera angelica. E ciò rimanda alle schiere angeliche menzionate da Dionigi l’Aeropagita nonché la dottrina pitagorica dell’armonia delle sfere.

La cappella Caracciolo di Vico

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Se “Caracciolo del Sole” testimonia l’arte e la spiritualità neoplatonica ed esoterica del Quattrocento a Napoli, la cappella Caracciolo di Vico, cui si accede a fianco al monumento a Ladislao, esprime la ricchezza e la bellezza dell’arte e dell’architettura del primo Cinquecento a Napoli nonché lo spessore della spiritualità ermetico-alchemica partenopea nell’età del Rinascimento. Le simmetrie e le corrispondenze simboliche e geometriche fra la cupola e il pavimento nonché altri elementi figurativo-simbolici ci dicono del fermento di spiritualità ermetica nella Napoli del Cinquecento, in un ‘epoca in cui Marsilio Ficino aveva già tradotto – dal greco in latino – il Corpus Hermeticum di Ermete Trismegisto[14].

Note

[1] A. Delle Foglie, La cappella Caracciolo del Sole a San Giovanni a Carbonara, Milano, 2011, pp. 5-7.
[2] Guida alla Napoli sacra, Napoli.
[3] A. Delle Foglie, op. cit., pp. 7-8.
[4] G.Vitolo, Napoli angioino- aragonese, Salerno.
[5] E. Zolla, Archetipi, Venezia, 1995.
[6] Cfr. A. Cutolo, Ladislao d’Angiò-Durazzo Re di Napoli, Napoli, 1969.
[7] A. Delle Foglie, op. cit., pp.18-19.
[8.] G. Gemisto Pletone, Trattato delle Virtù, Rimini, 1999. Tale edizione risulta essere la prima traduzione ed pubblicazione in lingua italiana di questa piccola opera del ‘400!
[9] R. Steiner, L’Iniziazione, Milano, 2010. Il carattere propedeutico della morale per l’ascesi è posto in rilievo anche da J. Evola, La dottrina del risveglio. saggio sull’ascesi buddhista, Roma.
[10] S. Arcella, I Misteri del Sole. Il culto di Mithra nell’Italia antica, Napoli, 2002.
[11] Su questa lettura si rinvia il lettore a M. Scaligero, Tecniche della Concentrazione interiore, Roma, 2012.
[12] Per questo simbolo dell’ottagono si rinvia a R. Guénon, Simboli della Scienza Sacra, Milano, 2011.
[13] V.Mascherpa, Aritmosofia, Roma.
[14] Cfr. E. Garin, La cultura del Rinascimento, Milano, 1996.


http://www.centrostudilaruna.it/un-temp ... etano.html



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MessaggioInviato: 25/01/2015, 12:53 
Parigi: il Vascello di Iside

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Parigi ha una tradizione che risale all'XI secolo secondo la quale il suo nome deriva da Iside, cioè par-Isis che in greco significa "vicino a Iside" o "vicino al Tempio di Iside" che era situato non lontano dall'Ile de la Citè. Questo tempio era stato eretto probabilmente dai Romani nel IV secolo quando Giuliano l'Apostata era governatore di Parigi e devoto di Iside Pharia, ed è possibile che abbia chiamato questa regione col nome della Dea Egizia.

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La Dea Iside/Isis è stata anche immortalata nella Statua della Libertà, opera a lei ispirata fin dal primo progetto del suo plasmatore, il massone francese Auguste Bartholdi. Quest'artista aveva concepito di scolpire una colossale statua di Iside con la torcia in mano da collocare all'ingresso del canale di Suez, che all'epoca l'ingegnere Ferdinand de Lasseps, suo ottimo amico, stava progettando di scavare per unire Mar Rosso e Mar Mediterraneo. Per mancanza di fondi la scultura, che avrebbe dovuto rappresentare l'idea dell'Egitto che illumina l'Oriente, non fu fatta, però Bartholdi non rinunciò al proprio sogno e cercò di realizzarlo altrove: a New York, dove su suo progetto la statua fu costruita da Alexandre Gustave Eiffel, l'ingegnere che avrebbe poi creato la celeberrima torre parigina.

Bartholdi convertì il progetto originale per l'Egitto proponendolo per New York come Statua della Libertà che illumina il mondo. A tal fine nel 1875 venne fondata l'Unione franco-americana, che si occupò di raccogliere i fondi necessari. Come c'era da aspettarsi, numerosi membri dell'Unione franco-americana appartenevano alla Massoneria, fra cui lo stesso Bartholdi; la statua era legata al culto della Libertà o culto della Ragione della Rivoluzione francese, entrambi connessi, nella mentalità dei repubblicani, agli ideali della Massoneria e le figure che rappresentavano la Libertà e la Ragione erano spesso modellate sulla Dea egizia Iside.

Prima che la Statua della Libertà venisse collocata nel porto di New York, Bartholdi si riferiva ad essa con il termine Pharos e aveva addirittura progettato una base uguale a quella che si riteneva avesse sorretto l'antico Pharos di Alessandria. Bartholdi, che aveva trascorso un lungo periodo in Egitto e aveva studiato le origini di quest'antica "meraviglia del mondo", era di sicuro al corrente del legame tra il Pharos e la Dea Iside e per estensione la sua stella, Sirio. Sotto questo punto di vista è molto probabile che la sua statua gigantesca di donna avvolta in un drappo che teneva alta una torcia, potesse essere stata immaginata come l'Iside Pharia del Faro di Alessandria.

Lo scopo delle società iniziatiche francesi doveva essere quello di restituire a Parigi il suo primato spirituale, che nel 1884 era minacciato dalla presenza di troppe "società straniere", perché Parigi era, onomanticamente, "Bar-Isis", il Vascello di Iside, ovvero la culla dell'iniziazione. La parola egiziana bar ha il senso di recinto, ricettacolo, qualsiasi oggetto capace di contenere nel suo seno, vascello ecc. Bar-Isis è dunque la traduzione in druido dotto della parola volgare Lutezia che aveva esattamente lo stesso significato. La radice Lo o Lu designa in celtico le acque, i fiumi, e Tec, in celtico, come in latino e in greco, significa riparo, nascondiglio, arca, vascello (nel senso di ciò che contiene). Lutetia o Lutezia è l'antico nome romano della capitale francese. Nello stemma araldico della città di Parigi compare, oltre al Fleur-de-Lys, la figura di un vascello a forma di falce di Luna, un ben noto simbolo di Iside.

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La tragedia della nave Costa Concordia è avvenuta guarda caso sull'isola del Giglio, il simbolo per eccellenza delle casate toscane e che rappresenta anche la squadra di calcio della Fiorentina, provate a immaginare le origini simboliche da cui risalgono...

Iside Pharia o Signora del Mare era anche considerata genio della navigazione a cui venne attribuita l'invenzione della vela, ecco spiegata l'evidente connessione nello stemma della città di Parigi che rappresenta appunto un vascello: Il Vascello di Iside!

La simbologia cristiana vede nei suoi tre petali stilizzati un'allusione alla Trinità divina e nella base orizzontale la figura di Maria (o Iside?), di fondamentale importanza per comprendere il mistero trinitario in quanto fu da lei che, attraverso l'intervento divino del Padre, s'incarnerà il Figlio, e dai due emana lo Spirito Santo. Questo concetto si trasformerà successivamente con il diffondersi delle teorie pseudo-storiche associate al Santo Graal ed alla discendenza di Cristo. Il "Fleur-de-Lys" viene così associato alla "Stirpe Reale": la base del simbolo rappresenterebbe, secondo questa nuova concezione, Maria Maddalena mentre i tre petali non sono altro che i figli che essa ebbe da Gesù: Tamar, Joshua e Josephes.

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Il tema della "Linea di Sangue Reale" venne per la prima volta presentato ad un pubblico più vasto nel 1982, con l'uscita del saggio "Il Santo Graal" di Baigent, Leigh e Lincoln. Nelle loro teorie, la linea di sangue passerebbe per i sovrani Merovingi, e questa "origine divina" è alla base della leggenda che vedeva il re Meroveo, dal cui nome derivò quello della dinastia, generato da un mostro marino uscito dal mare.

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A causa del simbolismo sparso ovunque, nelle strade, nei palazzi e nei vicoli, e per l'atmosfera magica che circonda e caratterizza Parigi, la capitale francese può ben definirsi una delle città più esoteriche d'Europa, in grado di rivaleggiare con Torino, Lione, Praga, Barcellona o Londra.

- Il sottosuolo della città vanta una fitta rete di gallerie sotterranee, divise tra linee del metrò, antiche Catacombe visitabili anche dai turisti e una vasta rete di cunicoli meno noti, che formano una città nella città, in larga parte inesplorata o conosciuta da pochi, popolata di figure sfuggenti, abitatori della notte e delle profondità della terra che si fanno chiamare “Cataphiles”.

- Le connessioni con le importanti dinastie dei Merovingi (molti dei quali sono sepolti nella Chiesa di St-Denis), i Cavalieri Templari (che avevano in Parigi il Quartier Generale principale fino ad arrivare alla Cattedrale di Rennes le Chateu), il Meridiano Zero di Francia (che attraversa la Chiesa di Saint-Sulpice, al centro di numerosi misteri), famosi alchimisti come Nicolas Flamel, o occultisti come Papus, ma anche Martines de Pasquallyed Eliphas Levi.

- La città è attraversata da est ad ovest dal famoso Axe Historique, un asse ideale lungo il quale sono allineati i maggiori monumenti di tutta Parigi e che ha un'importanza simbolica senza pari.


I sotterranei di Parigi

I parigini la chiamano "Les Catacombs", le Catacombe, ma la sterminata serie di gallerie che trafora come un gruviera il sottosuolo di Parigi è stata originata, sin dai secoli più antichi, dalle necessità più varie. Con i suoi circa 300 km complessivi, sviluppati fino a tre livelli ad una profondità che va dai 5 ai 30 metri sotto il livello stradale, il sistema delle Catacombe fa retrocedere persino la fitta rete della metropolitana, che con le sue 16 linee dall'estensione complessiva di circa 215 km è considerata la terza rete per estensione nell'Europa occidentale, dopo quelle di Londra e di Madrid.

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I primi scavi risalgono addirittura ai tempi dei Romani, quando il sottosuolo venne usato come cava di materiali ai tempi della costruzione dell'antica Lutetia, ampliamento dell'insediamento originario instaurato su un'isola al centro della Senna, l'odierna Île-de-la-Cité. Nel corso dei secoli vennero scavate fognature, depositi di materiali, cripte, ossari e bunker, e questo labirinto di cunicoli ha favorito nel tempo traffici illeciti, incontri clandestini per società segrete, rifugio per criminali e ricercati e luogo ideale per cospirazioni, come quella ordita dalla Cagoule, falange armata di estrema destra che nel 1937 progettò un golpe nel quale i sotterranei ebbero parte importante.

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Di questa rete attualmente solo una piccola parte è visitabile (circa 3 km), e l'accesso avviene da Place Denfert-Rochereau. Il pezzo forte di questo tour è, senz'altro, l'Ossario di Parigi, nel quale furono accumulate, tra il 1786 e il 1859, le ossa di migliaia e migliaia di morti prelevate dai cimiteri parigini, in seguito ad un'ordinanza emanata per rimediare al sovraffollamento dei cimiteri e limitare i rischi di epidemie. Le ossa vennero accumulate in questo luogo ed accatastate in macabre composizioni che ricordano, in una certa parte, la famosa Cripta dei Cappuccini in Via Veneto, a Roma.

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Tutto il resto dei sotterranei è chiuso al pubblico, e inoltrarsi al suo interno è considerato illegale dal 1955. Incuranti del divieto, un nutrito gruppo di persone frequenta clandestinamente i sotterranei di Parigi da allora. Si fanno chiamare "les Cataphiles", i "Catafili": questo gruppo comprende semplici appassionati del sottosuolo, senzatetto, studiosi del mistero, artisti, musicisti e hippie di ogni genere. Sono persone ben organizzate, con torce e mappe dettagliate, frutto delle loro esplorazioni e, cosa più importante, sono dei ricercati. A causa del loro numero sempre crescente, infatti, la Polizia francese ha addirittura istituito uno speciale corpo di agenti, i cosiddetti "cataflics" (da noi si potrebbe chiamarli "catapoliziotti" o "catasbirri"…), addestrati nella speleologia urbana e incaricati di perlustrare i condotti e di multare o arrestare i trasgressori.


Parigi e i Templari

Il Quartiere del Tempio di Parigi, dove aveva sede il Quartier Generale dell'Ordine più ricco e potente di tutto il Medioevo, è localizzato nella zona centrale di Parigi (III Arrondissement) ed è segnalato da una fermata della metropolitana che i Parigini, in imitazione di quanto era già avvenuto per Londra, chiamarono "Temple" e che ancora oggi è una delle pochissime a conservare ancora l'insegna dell'epoca della costruzione (inizio 1900).

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Il Vascello di Iside anche nella Rue du Temple!

Poco oggi rimane di quei tempi gloriosi, se non il nome di alcune vie nella topografia stradale. Questo luogo fu teatro, in quel famigerato Venerdì 13 Ottobre 1307, del primo grande arresto di massa, ordito in segreto dal re Filippo il Bello di Francia che intendeva sbarazzarsi dell'Ordine ed appropriarsi dei suoi beni. Esistono alcuni luoghi ancora legati all'Ordine del Tempio, se non altro dal punto di vista simbolico, come la Chiesa di Santa Elisabetta, traboccante di simbolismo, oppure quella di St. Merri, sul cui portale è incastonata una figura demoniaca comunemente additata come "Bafometto".

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Templari a Parigi significa anche, notoriamente, parlare di Pont-Neuf: questo ponte sovrasta l'isolotto sul quale, il 18 Marzo del 1314, venne arso al rogo Jacques De Molay, l'ultimo Gran Maestro dell'Ordine, insieme a Geoffrey de Charnay, Gran Precettore di Normandia nonché Tesoriere del Tempio. Il sito esatto è ancora oggi ricordato da una lapide commemorativa sotto il ponte ed è meta (quasi di "pellegrinaggio") dei tanti appassionati di Templari).

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Parigi e la Via Turonense

Da Parigi partiva la Via Turonense, uno dei quattro cammini principali di pellegrinaggio in territorio francese. Questi percorsi raccoglievano i viaggiatori da ogni parte di Europa e li immettevano verso il Cammino di Santiago, raccordandosi tutti a Saint-Jean-Pied-de-Port (Cammino Francese), oppure al Passo del Somport (Cammino Aragonese), prima di addentrarsi in territorio spagnolo. La Via Turonense era così chiamata perché aveva una delle sue tappe principali a Tours, la città legata al culto di San Martino, ed era in particolare usata dai viaggiatori provenienti dal nord della Francia, nonché dall'Inghilterra, dal Belgio e dal nord della Germania.

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Oltre ai Cavalieri Templari, dunque, troviamo in città le mansioni o commanderie di numerosi altri ordini monastici e assistenziali dell'epoca. In particolare, l'ordine ospitaliere per eccellenza, quello dei Cavalieri di San Giovanni (in seguito diventato, attraverso successive trasformazioni, Ordine dei Cavalieri di Malta) aveva in Parigi una imponente commanderia che nei documenti più antichi è menzionata semplicemente come "maison de l'Hôpital". Il suo territorio era delimitato da Place de Cambrai, Rue Saint-Jacques, Rue des Noyers e Rue de Saint-Jean-de-Beauvais. Dopo la soppressione dell'Ordine Templare (XIV sec.), gli Ospitalieri ne ereditarono i beni, e fecero dell'ex Quartiere del Tempio la loro nuova sede principale. L'antica commanderia rimase in utilizzo con il nome di Ancien Hôpital, per distinguerla da quella nuova. Talvolta la si trova indicata anche come Saint-Jean-de-Latran (ossia, "San Giovanni in Laterano", come l'omonima basilica romana), ma non se ne conosce il motivo...

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In Rue Saint-Jacques si era stabilito anche un altro importante ordine, quello dei Cavalieri di Altopascio, detti anche Cavalieri del Tau per il simbolo distintivo che portavano cucito sopra il mantello: la Croce del Tau. Nato in Italia all'inizio dell'XI secolo, nel piccolo borgo di Altopascio, vicino Lucca, l'ordine raggiunse presto un notevole prestigio che mantenne per tutto l'arco dei due secoli successivi. Dopo aver instaurato numerose mansioni in Italia, soprattutto in località posizionate lungo la Via Francigena, l'Ordine cominciò ad espandersi anche all'estero. La mansione parigina venne fondata dopo il 1180, nella zona situata all'incrocio tra Rue Saint-Jacques e Rue de l'Abbé de l'Épée.

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Oggi vi troviamo la splendida Chiesa di Saint-Jean-de-Haut-Pas. La chiesa a ppartenne ai Cavalieri fino al XV sec., quando l'Ordine venne sciolto. Caterina de' Medici, nel 1572, ne decise l'assegnazione ai Benedettini espulsi dall'Abbazia di Saint-Magloire, che ivi traslarono le sue reliquie.

Può un gruppo sedicente integralista islamico chiamarsi Isis/Iside? Evidentemente: no! E’ l’ennesimo tributo in codice che il potere occulto offre alla sua dea di riferimento.

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Il simbolo rappresenta la stella di Israele ed il gruppo dell'Isis è una creazione sionista

Nel 1890, gli occultisti dell'Ordine cabalistico della Rosa-Croce, Papus e Chamuel lanciano la rivista "Le Voile d'Isis". Nel 1892 Chamuel diventa "vescovo" della chiesa gnostica, incaricato della diocesi di Saintes e La Rochelle, e adotta a questo scopo il patronimico Tau Bardesane.


Parigi e il Priorato di Sion

Strettamente connessi alla capitale francese sono anche molti luoghi legati al Priorato di Sion, la fantomatica Società Segreta nata ai tempi di Goffredo il Buglione, secondo un mito ben orchestrato dove la finzione e la mistificazione ha spesso preso il sopravvento sulla realtà. Tutto ebbe inizio, alla fine del XIX sec., dalle vicende legate al piccolo paese francese di Rennes-le-Château ed alle scoperte del parroco Berengér Saunière. In questo mito, Saunière dopo aver trovato le pergamene cifrate nascoste nel pilastro che sorreggeva l'altare nella Chiesa della Maddalena, si è recato a Parigi, presso Saint-Sulpice, per far tradurre le pergamene, e poi alMuseo del Louvre, per acquistare le copie di alcuni quadri di Nicolas Poussin e David Teniers. Nel famoso libretto esoterico denominato "Le Serpent Rouge", il "Serpente Rosso", ci sono indizi che coinvolgono il Meridiano di Parigi e due chiese del centro: l'Abbazia di Saint-German-des-Près e quella di Saint-Sulpice. Anche se tutta questa mitologia creata attorno al Priorato è frutto di una mistificazione, i luoghi che abbiamo citato esistono davvero e sono molto interessanti dal punto di vista simbolico.

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L'alchimista Nicolas Flamel, che viene indicato come 8° Gran Maestro del Priorato tra il 1398 e il 1418, realmente visse ed operò a Parigi durante quegli anni, e la sua abitazione, ancora oggi visibile in Rue de Montmorency, 51, sebbene trasformata in una taverna, presenta numerosi bassorilievi di carattere simbolico i quali, secondo la leggenda, se si riuscisse a decifrali descriverebbero il processo di trasformazione dei metalli vili in oro puro. Victor Hugo, altro presunto Gran Maestro (il 24° nell'elenco, in carica dal 1844 al 1885) descrisse nei suoi romanzi alcuni luoghi chiave del simbolismo parigino, come le già citate Catacombe e la gotica Cattedrale di Nôtre-Dame, che descriveremo approfonditamente in articoli separati. Da non dimenticare, infine, la superba Basilica di Saint-Denis, che conserva le tombe di alcuni re Merovingi, che sono considerati i discendenti per linea di Sangue da Gesù stesso.

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Parigi e la Massoneria – L'Axe Historique

Il famoso Axe Historique, l'asse viario che attraversa la capitale da est ad ovest ed è costellato dai più famosi monumenti della città, come la Torre Eiffel, l'Arco di Trionfo, l'Obelisco e il Museo del Louvre, è un compendio di simbolismo senza pari. Entreremo nei dettagli simbolici dell'Asse in un articolo approfondito, dove ci occuperemo, tra l'altro, dell'importanza della Torre nelle teorie dellaRadionica, di cosa c'è di vero sulle leggende sorte attorno alla "Piramide" di Pei nel cortile del Louvre, dell'allineamento con la levata eliaca della stella Sirio e dei rapporti di quest'asse con quello omologo che si trovava nell'antica città di Tebe. È interessante osservare quanto attorno a questi argomenti ruoti, in un modo o nell'altro, la Massoneria.

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Massone era l'ingegnere Gustaive Eiffel che progettò la Torre, così come Massone era uno dei progettisti che collaborò alla realizzazione dell'Asse. Troviamo simbologia massonica sparsa ovunque in tutta Parigi, come quella attorno al Ponte dell'Alma, dove trovò (per caso...) tragica morte in un presunto incidente d'auto la Principessa Diana d'Inghilterra ed il suo compagno Dodi Al-Fayed. Al centro del ponte è stata costruita una statua (la fiamma di Nimrod), in omaggio a Lady D, ma in realtà è l'ennesimo omaggio alla Dea Iside che è anche chiamata Diana. L'opera artistica del Ponte dell'Alma rappresenta inoltre la stessa fiamma che tiene in mano la Statua di Iside, soprannominata dai massoni la Statua della (Loro) Libertà!

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http://freeondarevolution.blogspot.it/2 ... iside.html


Ultima modifica di Atlanticus81 il 25/01/2015, 12:56, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 21/07/2015, 15:28 
LA PIETRA DI BOLOGNA

Si può vivere un’intera vita a Bologna, senza conoscere la famosa “Pietra di Bologna”, altrimenti detta anche “L’enigma di Aelia Laelia Crispis”!

L’unica consolazione è la certezza che non sono il solo bolognese a non aver mai sentito parlare di ciò, anzi credo proprio che questa sia una cosa nota a pochissimi. Ma vediamo di che cosa si tratta. Dico subito che si tratta di una pietra, una lapide rettangolare con la seguente iscrizione, che qui sotto riporto nella versione originale latina con a lato la traduzione italiana. Il motivo della sua divisione in due parti lo chiarirò più avanti:

« D M

Aelia Laelia Crispis
Nec uir nec mulier nec androgyna
Nec puella nec iuuenis nec anus
Nec casta nec meretrix nec pudica
sed omnia sublata
Neque fame neque ferro neque ueneno
Sed omnibus
Nec coelo nec aquis nec terris
Sed ubique iacet
Lucius agatho priscius
Nec maritus nec amator nec necessarius
Neque moerens neque gaudens neque flens
Hanc nec molem nec pyramidem nec sepulchrum
Sed omnia
Scit et nescit cui posuerit »

« D.M.

Aelia Laelia Crispis (Elia Lelia Crispi)
né uomo ne donna, né androgino
né bambina, né giovane, né vecchia
né casta, né meretrice, né pudica
ma tutto questo insieme.
Uccisa né dalla fame, né dal ferro, né dal veleno,
ma da tutte queste cose insieme.
Né in cielo, né nell'acqua, né in terra,
ma ovunque giace,
Lucio Agatho Priscius (Lucio Agatone Prisco)
né marito, né amante, né parente,
né triste, né lieto, né piangente,
questa / né mole, né piramide, né sepoltura,
ma tutto questo insieme
sa e non sa a chi è dedicato. »


«Hoc est sepulchrum intus cadaver non habens
Hoc est cadaver sepulchrum extra non habens
Sed cadaver idem est et sepulchrum sibi»


«Questo è un sepolcro che non contiene alcuna salma
Questa è una salma non contenuta in alcun sepolcro
ma la salma e il sepolcro sono la stessa cosa»


Iscrizione che si trovava almeno fin dal XVI secolo su una parete del cosiddetto Complesso di Santa Maria di Casaralta (Bologna) che era di proprietà dei Volta, la famiglia di quel Camillo che fu l’ultimo Gran Maestro dei Frati Gaudenti.

Il Complesso era infatti stato eretto nel XIII secolo con la funzione di priorato dell’Ordine Cavalleresco di questi Frati.

Si tratterebbe in sostanza di una falsa iscrizione funeraria dedicata da un immaginario Lucius Agatho Priscius (in italiano: Lucio Agatone Prisco) ad una misteriosa Aelia Laelia Crispis (in italiano: Elia Lelia Crispi).

Le lettere iniziali D.M. hanno un significato sia cristiano (Domine Maximo, cioè rendiamo grazie a Dio), che pagano (Dis Manibus, cioè agli Dei Mani): a ciò si era indotti a pensare nel clima di riscoperta dei classici, tipico dell’Umanesimo.

Ne parlò per primo, in un documento del XVI secolo (1567), l’erudito belga Giovanni Torre (probabilmente Jaen Tours), che era ospite a Casaralta di Marcantonio Volta e che ne inviò il testo ad un collega inglese. Da allora furono parecchi gli ospiti dei Volta che citarono la curiosa iscrizione, che si trovava sul muro della chiesa, accanto alla villa.

In quegli anni (1550) il Complesso diventò commenda e fu assegnato ad Achille Volta (allora Gran Maestro dei Gaudenti) il quale provvide ad ampliarlo e a dotarlo di particolari misteriosi, come un caminetto fatto in forma di enorme maschera, la cui bocca di tre metri costituiva il piano di fuoco, un dipinto riproducente un rinoceronte con la scritta in spagnolo “No vuelo sin vincer” (Non volo senza vincere), un bassorilievo di marmo con sotto la misteriosa scritta“Asotus XXX”e altre stravaganze.

Dopo lo scioglimento dell’ordine (1589, col citato Gran Maestro Camillo Volta), il Complesso fu affidato da Papa Sisto V al Collegio di Montalto, anche se la famiglia Volta ebbe il privilegio di continuare ad usufruirne. Nel XVII il senatore Achille Volta, omonimo del suo avo, fece ricopiare il testo, divenuto illeggibile, su una nuova lapide in marmo rosso ed è questa che oggi viene detta “Pietra di Bologna”, quella attualmente conservata presso il lapidario del Castellaccio del Museo Civico Medievale che ha sede a palazzo Ghislardi-Fava, insieme ad un’altra piccola lapide che ricorda questa nuova trascrizione.

Va detto inoltre che la lapide uscì indenne da un bombardamento aereo del 1943, che distrusse in parte il Complesso, e che fu restaurata nel 1988. C’è da dire infine che il rifacimento di Achille Volta manca di tre versi i quali invece comparivano nella versione originale e che io ho qui riportato a seguito dei 16 della prima parte del testo.

Quanto al significato ed alle interpretazioni di questa scritta…c’è da discutere!

Certo è uno dei misteri più noti (benché misconosciuto ai più) della Bologna esoterica: si tratta di una delle tante iscrizioni misteriose, immersa in un contesto architettonico pure misterioso che alimentano l’inesauribile fantasia degli uomini. Così d’acchito, tanto per restare a Bologna, mi viene in mente la lapide di San Procolo oppure, tanto per stare in Italia, il misterioso significato del castello federiciano di Castel del Monte, ma sono tanti e tanti gli oggetti e i luoghi che hanno scatenato superstizioni e fantasie, specie nei tempi passati, quando tutti erano disposti a credere a tutto!

E’ un testo che potrebbe essere stato concepito in un clima da cenacolo umanistico, in qualche modo vicino a tutto ciò che è mistero, allegoria ed esoterismo. Secondo lo studioso Richard White (ma anche secondo la studiosa Maria Luisa Bellelli), gli ultimi tre versi sarebbero la traduzione di un epigramma attribuito all’autore greco del VI sec. a.C. Agatia lo Scolastico, che fu poi latinizzato da Decimo Magno Ausonio ed infine riportato dal Poliziano. In ogni caso il “Mistero di Aelia Laelia Crispis” ha sempre suscitato interesse e curiosità, specie in ambito alchemico.

Lo stesso White ipotizzò la figura di Niobe (XVI sec.), lo scienziato bolognese Ulisse Aldrovandi, una delle amadriadi, le ninfe delle querce (XVI sec.) e Michelangelo Mari l’acqua piovana (XVI sec.). E’ poi inevitabile che a certe cose venga data anche troppa importanza: il letterato e gesuita torinese Emanuele Tesauro (XVII sec.), ebbe a dire che la lapide “sarebbe bastata da sola alla fama di Bologna” e lo storiografo Calindri (XIX sec.) analogamente affermò che “celebre ed insigne sarebbe stata Bologna se altro ancora non avesse avuto e contenuto in se stessa, che questa enigmatica lapide”. Direi…un poco esagerati! Comunque l’argomento fu ripreso anche da Carl Gustav Jung, da Gerard de Nerval, che citò Aelia Laelia nei suoi due racconti Pandora e Le Comte de St. Germain ed anche da Walter Scott.: tutti evidentemente attratti dal sottile fascino di questa lapide.

E’ la vana ricerca d’una soluzione improbabile che ha scatenato la fantasia d’illustri pensatori, eruditi, storici, intellettuali e soprattutto cultori d’esoterismo e di alchimia.

Numerose e controverse sono state, nel tempo, le ipotesi d’interpretazione, come del resto è accaduto per molti altri “misteri” come quello del celebre quadrato magico del Sator, iscrizione che si trova sul muro del duomo di Siena, leggibile in tutti i sensi, dal significato sibillino di “Il seminatore del campo tiene le ruote dell’opera”, che in fondo significa tutto e niente:

S A T O R
A R E P O
T E N E T
O P E R A
R O T A S

Ma oggi che siamo più disincantati, si è più propensi a credere che l’Aelia Laelia non sia altro che un gioco umanistico, uno scherzo antico, un raffinato gioco verbale, un virtuosismo fine a se stesso, un’invenzione erudita per fare impazzire i posteri. Per alcuni richiama alla memoria le statue del famoso Parco dei Mostri di Bomarzo (VT), per altri è invece un’importante verità esoterica, un principio d’arte ermetica, messa sotto forma di arcano: c’è perfino chi è arrivato ad affermare che, interpretando quel testo, si potrebbe addirittura arrivare a sintetizzare la famosa Pietra Filosofale, cioè al sospirato compimento della Grande Opera Alchemica, nel qual caso Aelia Laelia rappresenterebbe la cosiddetta Materia Prima, cioè lo stadio iniziale e ogni successione di termini, ciascuno che nega il precedente, sarebbe l’evoluzione attraverso la trasmutazione…ma qui entriamo nel difficile, perciò lascio perdere!

Ma se fosse vera questa ipotesi, si potrebbe dedurre che l’Ordine dei Frati Gaudenti costituisse una sorta di setta segreta, addetta ai misteri esoterici, come del resto fu ipotizzato per i Templari, ordine per molti versi affine, ma ho già detto che era abbastanza facile in passato credere possibile l’impossibile e magico l’incomprensibile! In ogni caso c’è da dire che l’esempio della Pietra di Bologna non è unico, infatti la stessa iscrizione appare anche nel Palazzo San Bonifico di Padova, nel castello dei Principi di Condé a Chantilly in Francia e in una lapide conservata nel museo di Beauvais, capitale dell’Oise francese.

http://ilbolognese.blogspot.it/2008/10/ ... logna.html



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