Fonte : segnidalcielo.it
UNA CME SOLARE, RAGGIUNGEREBBE IL NOSTRO PIANETA IN
90 SECONDIImmagine:
15,62 KBIl 5 maggio scorso il bordo nord orientale del sole si è messo in luce grazie ad una
massiccia espulsione di massa coronale (CME), alla base della quale, probabilmente, vi
è stato a un flare di modesta intensità. A detta degli esperti della NASA quello osservato
quattro giorni fa è stato l'evento più importante degli ultimi 12 mesi. 90 secondi sarebbe il tempo stimato per il percorso che farebbe una CME diretta verso il nostro pianeta.
Se questa CME o tempesta solare avrebbe colpito la Terra, un collasso elettrico globale
con conseguenze inimmaginabili per l'economia e le tecnologie da cui
dipendiamo, avrebbe catapultato all'età del medioevo la nostra società Il 5 maggio scorso il bordo nord orientale del sole si è messo in luce grazie ad una massiccia espulsione di massa coronale (CME), alla base della quale, probabilmente, vi è stato a un flare di modesta intensità. A detta degli esperti della NASA quello osservato quattro giorni fa è stato l'evento più importante degli ultimi 12 mesi e pertanto può far ben sperare per il prossimo futuro. Secondo alcuni ricercatori, infatti, l'esplosione potrebbe essere il primo passo verso una graduale ripresa dell'attività solare. La prudenza è comunque d'obbligo, non solo perché gli altri parametri continuano a mantenersi estremamente bassi, ma anche perché l'attuale minimo ci ha abituati a clamorosi dietrofront.
Nei prossimi giorni ne sapremo sicuramente di più, specie quando l'area responsabile del CME sarà completamente visibile.
Comunque il 2009, con i suoi 108 spottless days ed una media giornaliera di macchie pari a 1.2, risulta fin'ora uno dei peggiori anni del secolo per quanto concerne l'attività solare. Eppure proprio l'anno in corso potrebbe sancire la fine dell'attuale minimo o, quantomeno, inaugurarne la fase discendente. Questo è quanto auspicano alcuni scienziati della NASA, dopo aver osservato la più intensa espulsione di massa coronale degli ultimi 12 mesi. Quest'ultima, registrata il 5 Maggio scorso sul bordo nord orientale del sole, è riconducibile al magnetismo del 24° ciclo e con molta probabilità è stata prodotta da un modesto flare. Ancora non sappiamo se alla base di questo evento vi sono dei sunspots, poiché l'area in oggetto non risulta ancora completamente visibile; per adesso né SIDC né NOAA hanno ufficializzato macchie, mantenendo per l'attività solare la dicitura 'very low'.
L'estrema prudenza dei principali centri di osservazione, unita alla totale empasse degli altri parametri, non può che raffreddare le speranze, seppur timide, della NASA. Di fatto a 48h dall'evento il flusso solare continua a mantenersi al di sotto delle 70 unità, mentre i venti non superano i 400km/s. Non solo, secondo l'SIDC e la NOAA le attuale condizioni non dovrebbero mutare almeno fino al 9 maggio; in parole povere l'espulsione di massa coronale, per quanto notevole, potrebbe non aver prodotto i risultati attesi. L'evento del 5 maggio rappresenterà una vera svolta solo se nei prossimi 2-3 mesi ne seguiranno altri di pari intensità e magnetismo; è bene ricordare, infatti, che nel mese di Aprile i rari e deboli flares sono stati quasi sempre prodotti da sunspots riconducibili al 23° ciclo.
Premessa di Massimo Fratini - articolo di Giulio Betti (3 B Meteo)