Quasi una filiale Deutsche Bank su tre smantellata, 200 sedi in meno su 700 entro il 2017.
Disimpegno dalle attività meno redditizie, come la vendita della quota di maggioranza in Deutsche Post e ulteriori risparmi di 3,5 miliardi di euro all'anno nei costi di gestione, fino al 2020, in cambio di investimenti per 1 miliardo di euro nelle tecnologie digitali.
Braccia e menti umane servono sempre meno al colosso bancario più grande di Germania, tra i maggiori istituti finanziari europei.
Specie se il gruppo - che ha in Italia il suo primo mercato dell'Ue dopo quello tedesco - esce con le ossa rotta dalle maxi multe e dai contenziosi legali internazionali, l'ultimo dei quali il cosiddetto scandalo Libor.
UTILI DIMEZZATI. La «nuova strategia di semplificazione» annunciata dai vertici è come minimo la risposta agli utili dimezzati nel primo trimestre del 2015 (559 milioni di euro contro gli 1,1 miliardi dello stesso periodo del 2014).
«Il 2015 è iniziato come un anno di ricavi record, circa +24%. Ma i profitti sono stati influenzati da spese legali pari a 1,5 miliardi di euro, per effetto della conclusione delle vicende giudiziarie, negli Usa e in Gran Bretagna, in materia dei tassi interbancari», hanno ammesso i due amministratori delegati Jürgen Fitschen e Anshu Jain.
AMMENDE PER 2,5 MILIARDI. Questa primavera a Deutsche Bank le autorità statunitensi e britanniche hanno comminato ammende di un totale di 2,5 miliardi di dollari per aver manipolato i tassi Libor, Euribor e Tibor che, oltre i prestiti tra banche, regolano mutui e altre operazioni commerciali verso i clienti.
Multa pesante, dopo l'ammenda nel dicembre 2013 di 1,7 miliardi di euro dalla Commissione Ue, sempre sul Libor e gli altri indici truccati, per il colosso tedesco e altre sei banche. Da lì la nuova cura dimagrante entro il 2020.
Ma sono anni che Deutsche Bank taglia investimenti e personale, per la crisi e i molti procedimenti legali conclusi o pendenti.2015, l'inchiesta sul derivato Santorini e le multe Usa sullo scandalo Libor
I crac sui titoli tossici - mutui subprime, derivati e altri «collaterali» - del 2007 e 2008 e la successiva congiuntura internazionale sono la conseguenza delle irregolarità commesse dai grandi gruppi bancari e finanziari negli anni delle cosiddette vacche grasse.
Anche Deutsche Bank è in questo vortice di denunce, inchieste e dibattimenti, con altri colossi come Goldman Sachs e Jp Morgan, per abusi del mercato: in parte dimostrati, in parti risultati essere falsi, in parte ancora da dimostrare.
Nel 2009, per esempio, due dirigenti dello storico gruppo finanziario tedesco furono rinviati a giudizio insieme con i manager di altre banche, nell'ambito dell'inchiesta sui derivati al Comune di Milano, con l'accusa di truffa aggravata.
LA PROCURA MILANESE INDAGA. Condannati in primo grado, nel 2014 la Corte d'Appello li avrebbe tutti assolti perché il «fatto non sussiste». Ma Deutsche Bank risulta tuttora indagata dalla procura di Milano per concorso in aggiotaggio e falso in bilancio, in merito al maxi derivato Santorini, confezionato su misura nel 2008 per il Monte dei Paschi di Siena e sottoscritto dalla sua vecchia gestione.
Per lo storico istituto bancario tedesco, dalla gestione molto americana, la grana più grossa era e resta comunque il conto da saldare con le autorità statunitensi, note nella giurisprudenza per i risarcimenti più duri inflitti.
«BUCO DOLOSO DI 12 MILIARDI». Oltre al licenziamento dei dipendenti colpevoli, il verdetto sulle manipolazioni dei Libor include 600 milioni di dollari da versare al New York Department of Financial Services (Nydfs), altri 800 milioni alla Commodities Futures Trading Commission, 775 milioni al Dipartimento di Giustizia degli Usa e i 340 milioni alla britannica Financial Conduct Authority.
Nel 2012 alla Securities and Exchange Commission (Sec), l'equivalente americana della Consob italiana, tre dipendenti silurati dal colosso tedesco indicarono anche un buco doloso - nascosto truccando i conti con un'operazione di finanza creativa - di 12 miliardi di dollari dell'istituto. Manipolazione sempre smentita dai vertici aziendali. La maxi retata nel 2012 per frode fiscale e la prima ristrutturazione
Se riportata in bilancio, stando al racconto, la maxi perdita avrebbe fatto precipitare il capitale al di sotto la soglia critica per il salvataggio di Stato, esponendo la Deutsche Bank all'onta della nazionalizzazione forzata, come nel 2009 toccò, in Germania, alle disastrate Hypo Real Estate e Commerzbank.
L'onta non ci fu. Ma nel dicembre 2012, con una spettacolare retata, 500 agenti della polizia federale e tributaria tedesca rastrellarono gli uffici delle torri gemelle di Francoforte e le sedi bancarie di Berlino e Düsseldorf, disponendo cinque ordini di arresto, per un totale di 25 indagati per frode fiscale e riciclaggio.
IN ROSSO DAL 2012. Patteggiate già multe con il Tesoro e l'autorità di controllo Usa per la bolla dei subprime, due anni anni e mezzo fa il rosso del gruppo tedesco viaggiava con perdite di oltre 2 miliardi di euro e una serie di colpi disastrosi all'immagine.
I profitti ripresi a crescere e i tagli di 4,5 miliardi di costi annui fino al 2015, con una sforbiciata di 1.400 posti di lavoro e la maxi ricapitalizzazione nel 2014 di 8 miliardi di euro, hanno mantenuto in piedi la Deutsche Bank
Ma anziché la ripresa, la nuova ristrutturazione dal 2015 al 2020 marca il periodo più nero dell'istituto tedesco, dalla crisi globale di ormai quasi 10 anni fa.
VERSO L'USCITA DA 10 PAESI. Ceduta Postbank (il ramo delle Poste tedesco acquistato di recente per 6 miliardi di euro), Deutsche Bank programma risparmi per 200 milioni nell'investment banking e l'uscita da «7-10 Paesi», ancora non precisati, con la riduzione da 70 a 63 delle sedi estere, e decisioni da prendere sul personale.
I dipendenti e i correntisti pagheranno per la gestione disinvolta e la finanza creativa dei manager, con speculazioni a rischio quali, per esempio, i bond ribattezzati «della morte».
Investimenti sono in cantiere solo in Cina e India e per l'automatizzazione del lavoro, verso una «banca digitale».
La parabola della Deutsche Bank è forse lo specchio di come, checché ripeta Angela Merkel, la ripresa in Europa non sia ancora in vista, nonostante le lezioni di moralità tedesche.