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MessaggioInviato: 16/04/2013, 23:02 
ci manca solo che si prendano il nostro oro poi siamo finiti. sempre che sia ancora lì dove stoccato e non sia stato girato a chi di dovere...



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la prima religione nasce quando la prima scimmia, guardando il sole, dice all'altra scimmia: "LUI mi ha detto che TU devi dare A ME la tua banana. (cit.)
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MessaggioInviato: 16/04/2013, 23:10 
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MaxpoweR ha scritto:

ci manca solo che si prendano il nostro oro poi siamo finiti. sempre che sia ancora lì dove stoccato e non sia stato girato a chi di dovere...





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MessaggioInviato: 16/04/2013, 23:12 
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MaxpoweR ha scritto:

ci manca solo che si prendano il nostro oro poi siamo finiti. sempre che sia ancora lì dove stoccato e non sia stato girato a chi di dovere...


ma la parte del ns oro che si trova nei caveau inglese e usa,prb e' gia'persa,in effetti non si sa se attualmente e'ancora in loco........[:(!]


"Ma dove sono le circa 2450 tonnellate d’oro, pari a circa 110 miliardi di euro, di riserve auree italiane? Presso Bankitalia? «Non certo tutte: una parte è custodita negli Usa e a Londra», spiega ancora Bottarelli. «Se la Bundesbank dieci anni fa ha deciso che era meglio tenersele vicine, non sarebbe il caso che, prima di discutere le proposte della Consob, qualcuno si prenda il disturbo di dare una controllatina?». E poi: in che percentuale le nostre riserve sono conservate all’estero? Esiste un regolare registro? Barre e lingotti sono contraddistinti con numeri seriali, dai quali si evince senza ombra di dubbio la proprietà italiana? «Non dico un’interrogazione parlamentare – conclude Bottarelli – ma una domandina almeno al question time del mercoledì qualcuno vorrebbe farla al ministro competente? Prima di fare conti, come quelli di Vegas, senza avere più il metallo»."

articolo su
http://www.libreidee.org/2012/11/noi-ri ... ellitalia/


Ultima modifica di ubatuba il 16/04/2013, 23:27, modificato 1 volta in totale.

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MessaggioInviato: 17/04/2013, 19:41 
DI TYLER DURDEN
zerohedge.com

La rapidità di caduta dell'oro è tanto impressionante quanto disordinata. Ci sono stati altri due casi simili in cui si è verificata una vendita frettolosa e disordinata negli ultimi cinque anni.
Nel luglio 2008, l'oro scese rapidamente del 21% - anticipando apparentemente la debacle di Lehman e il crollo del sistema bancario occidentale. Nel mese di settembre 2011, l'oro scese di nuovo del 20% in poco tempo – perché si scoprirono tutti i rischi dell'Europa, le riserve si ridussero notevolmente e fu necessario un intervento coordinato di tutte le banche centrali del mondo di una portata tale, che non si era mai vista prima.
Quindi osservando il calo quasi-record dell’oro in questi ultimi giorni, ci chiediamo che cosa deve succedere?

C'è una volatilità estrema dell’ oro e questo è sempre un grave problema per tutti.

Da un lato ci sono, ovviamente, i venditori sul mercato dell'oro, dall’altro c’è un drammatico calo della domanda da parte di chi cerca di proteggere quello che già possiede (ricordo che deve esserci un compratore per ogni venditore). Il prezzo dell’oro a breve termine (volatilità implicita) è schizzato, a 18 mesi, ad un massimo di oltre il 29%, ma questo è un rimbalzo creato dalla domanda per proteggere la struttura a termine della volatilità. La differenza tra la volatilità a un mese e quella ad un anno è quasi 10 volte - il più alto livello di inversione (rischio a breve termine superiore a quello a lungo termine) dalla crisi di Lehman. Sembra che il mercato abbia una estrema paura di una nuova volatilità nel breve termine, ma si preoccupa meno per quella a più lungo termine.

Quello che deve preoccupare è che le ultime due volte che l’Indice della Volatilità dall’Oro (Gold's VIX) è risultato molto superiore all’indice di volatilità di S& P (S&P's VIX) era giugno del 2006 (quando gli hedge fund iniziarono ad implodere con la crisi dei subprime) e settembre del 2008 (Lehman). Sembra che la volatilità dell'oro stia dando dei segnali sui timori per il rischio che percepiscono tutte le parti, ancora una volta.

La volatilità dell’oro a breve termine è ai livelli più alti rispetto alla volatilità a medio termine da quando la crisi di Lehman ha fatto mettere in moto tutte le misure di garanzia ...




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e sembra che le ultime due volte che si è rilevata una forte domanda di misure di protezione per l’oro relativamente alle scorte queste coincisero con i momenti in cui il rischio per le controparti stava crescendo ...



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42,97 KB

Poi ci sono state le due esplosioni durante la maratona di Boston che hanno ucciso diverse persone e ne hanno ferite più di un centinaio ma ci sono già centinaia di articoli e di immagini che parlano di questo argomento, quello che vogliamo mettere in evidenza è che finora non ci sono indicazioni né su possibili attacchi terroristici, né su presunte false flags anche se il panico della nazione è ai livelli dell’11 settembre, come si può capire dai tantissimi tweets del Boston Globe

http://www.comedonchisciotte.org/site/m ... &sid=11739


Ultima modifica di ubatuba il 17/04/2013, 19:43, modificato 1 volta in totale.

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MessaggioInviato: 18/04/2013, 06:36 
Crollo oro: ennesimo furto per mano delle banche

L'epico tonfo di venerdi' ha un motivo e un'origine. I media
sono complici, perche' non denunciano mai queste pratiche
malate: profitti facili per gli istituti di credito e un grosso
favore alle banche centrali.

http://www.wallstreetitalia.com/article ... anche.aspx



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"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

"Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero". Proverbio Arabo

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MessaggioInviato: 25/04/2013, 12:10 
Cita:
Thethirdeye ha scritto:

ECONOMIA: L'ARMAGEDDON E' IMMINENTE (?)

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George Soros sa che qualcosa di spaventoso è in arrivo. I Rockefeller sanno
che qualcosa di grande e orrendo sta per accadere. Quel qualcosa di grande
è il collasso di tutto il denaro stampato dal nulla che è in giro per il mondo.


http://www.vocidallastrada.com/2013/04/ ... nente.html

Di Dave Hodges

Fonte: http://www.activistpost.com/2013/04/eco ... inent.html

Nei loro incontri segreti del Bilderberg, i globalisti hanno pianificato la data esatta della nostra fine economica. Potete persino scommettere che “qualsiasi giorno nero” coinciderà con una data ironica che farà ridere sommessamente i globalismi, all’inizio pianificato di un prossimo evento ” false flag” (un falso evento).

Vi ricordate quando i lacchè globalisti fecero schiantare gli aerei contro il World Trade Center l’11 settembre? I globalisti pianificarono un evento 911… il 9/11 (la data scritta in modo americano, in cui prima c’è il mese e poi il giorno, ndt) . Capito?? 3000 morti non sono niente per i globalisti.

Nessuno, se non questi psicopatici criminali, riderà quando lanceranno il loro piano per il collasso finanziario. Purtroppo né io nè voi abbiamo un posto a tavola , quindi non abbiamo informazioni da un insider, per valutare quando il collasso finanziario è in arrivo. Tuttavia ci sono delle cose su cui possiamo fare attenzione.

La tempistica è tutto

Anche se la piu’ parte di noi non ha informazioni da un insider, ci sono tuttavia dei segni rivelatori che possiamo cercare e che potrebbero servire come avvisaglia per quando il collasso accadrà. E’ piu’ accurato aspettarsi che il collasso sia incernierato su eventi piuttosto che andare a pescare una data sul calendario.

Prima di tutto (ricordo comunque che sta parlando della realtà Americana ndt) cominceremo a vedere presto piu’ controlli sulla quantità di prelievi che si possono fare con i bancomat e dai conti risparmio, in aggiunta a cio’ che è già trapelato. Aspettatevi che aumentino le frodi delle ipoteche MERS, dato che i globalisti sicuramente tenteranno di rubare il piu’ possibile prima del crollo delle economie del mondo.

L’attacco sulle nostre pensioni si intensificherà come stiamo vedendo al momento in California

La Federal Reserve continuerà a comprare proprietà indigenti stampando denaro dal nulla al tasso di 40 miliardi di dollari al mese.

Tuttavia, il miglior segno premonitore del crollo incombente coinciderà con i globalisti che mettono all’angolo la maggioranza del mercato dell’oro su questo pianeta. Dopo che i globalisti avranno preso controllo sull’oro, vedremo allora un conto alla rovescia dell’ Armageddon economica, in cui tutte le valute andranno in iperinflazione prima di collassare. Allora l’umanità sarà alla mercè di persone che non avranno senso della decenza e del rispetto per la vita.

I mercati finanziari stanno vedendo una forte discesa, artificialmente prodotta e che non ha precedenti, dei prezzi dell’oro e dell’argento.

Goldman Sachs ha appena parto i cancelli dell’inferno

I prezzi dell’argento sono grandemente scesi lunedi scorso (articolo scritto il 18 aprile 2013, giovedi) . Il panico di vendita ha dominato il Mercato, dato che gli investitori e le istituzioni finanziarie non hanno potuto scaricare abbastanza in fretta, quel che avevano in oro e argento.

Il Mercato indica chiaramente segni di manipolazione di massa da parte dei globalisti.

La miglior prova che i globalismi stanno manipolando il prezzo dell’oro, giunge dalla “Goldman Sachs che ripetutamente ha detto ai suoi clienti all’inizio di questo mese, di cominciare a fare una short COMEX nella posizione dell’oro.” (lo short è la vendita , si veda anche qui: http://www.deshgold.com/manipolazione-r ... del-comex/)

Ricordatevi per favore che questa è la stessa Goldman Sachs che ridusse le sue azioni l’11 settembre (9/11). La stessa che ha messo opzioni put sulla Transocean la mattina in cui c’è stata l’esplosione del pozzo di petrolio nel Golfo del Messico. La stessa Goldman Sachs che è stata pescata mentre vendeva sul Mercato immobiliare, in anticipo rispetto alla bolla immobiliare poi scoppiata.

Sostanzialmente, quando Goldman Sachs inizia a vendere, qualsiasi cosa sia, dovremmo tutti inquietarci, soprattutto se avete investimenti personali da qualche parte, nei beni che sono coinvolti nella vendita. Quando la Goldman Sachs inizia a vendere , qualsiasi cosa sia, è tempo di pigliare I vostri soldi e mettervi a correre su per la collina. Quel tempo potrebbe essere ora.

Perchè la Goldman Sachs abbasserebbe cosi tanto il prezzo dell’oro?

Se il dollaro e l’euro collassassero domani, che valuta resterebbe? La prima ed ovvia risposta sarebbe l’oro e poi l’argento. Fatevi questa domanda: se sapeste che le banconote in tutto il mondo stessero per crollare, che azione rappresenterebbe la vostra migliore opzione?

La risposta ovvia sarebbe quella di abbassare enormemente il prezzo dell’oro e dell’argento, se uno ha la possibilità di farlo, quindi comprarne il piu’ possibile. Goldman Sachs ha la capacità di farlo .

Tutto il resto… ha senso

Cosa farà la gente, quando la proverbiale … palta arriverà alla bocca e gli Americani non potranno ritirare il loro denaro dalle banche? Quando le pensioni non saranno piu’ pagate, che farà la piu’ parte della gente? In parole semplici … scenderanno nelle piazze.

Quando gli Americani cercheranno una qualche vendetta, che faranno? Potrebbe non avere importanza, perché incontreranno una DHS (Homeland Security, polizia interna) ben armata ed equipaggiata di munizioni e sostenuta da 2700 personale in carriera. Ci sarà una carneficina catastrofica nelle strade d'America e ci mancano solo delle settimane, pochi mesi, perché questo accada.

Ora.. cominciano o no, ad avere senso i false flag della sparatoria nella scuola (la Aurora Batman Shooting) di Sandy Hook e “l’attacco terroristico” alla maratona di Boston?

Tutti questi eventi sono programmati per condurre ad una confisca delle armi, perché cosi i globalismi possono continuare ad aver strada libera con la popolazione indifesa. Inoltre, questi eventi offrono buon teatro per una distrazione del pubblico americano, dal suo ladro rampante.

Nei prossimi giorni e settimane, ci saranno altre false flag, studiate per giustificare la confisca delle armi e per fornire il pretesto per la legge marziale.

Non sono Nostradamus, ma conosco l’agenda globalista e so che stanno andando verso lo sfascio e presto il gioco sara finito, se non vogliamo opporre resistenza.

Conclusione

C’è una speranza per la umanità?

Gli Americani posso preservare cio’ che è rimasto del loro futuro finanziario?

La sola opzione è “fare come l’Islanda con la Federal Reserve.” Se non ci impegnamo con volontà a far si che il governo arresti i criminali della Federal Reserve e Goldman Sachs, non abbiamo speranza di superare la marea finanziaria che sarà usata per renderci schiavi. Se l’America non sviluppa una spina dorsale, l’unica cosa che potete ancora fare al presente, è togliere il vostro denaro da queste banche criminali, cosa che ancora potete fare.

Di Dave Hodges





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MessaggioInviato: 25/04/2013, 17:58 
Come fai a sbagliare quando le regole del gioco le decidi tu?!

L'oro torna «rifugio» e Goldman incassa

L'oro è morto? Viva l'oro. Sono trascorsi poco più di dieci giorni da quando Goldman Sachs, con un clamoroso report che si concludeva con la parola «sell», sembrava aver decretato la fine dell'oro come bene rifugio. L'invito a vendere è stato immediatamente raccolto dal mercato, che in pochi giorni ha fatto precipitare il metallo giallo sotto la soglia tecnica di supporto dei 1.400 dollari.

Ma come (purtroppo) accade spesso con le banche di Wall Street, i consigli per gli acquisti e per le vendite vanno bene interpretati: a volte sono fondati, ma spesso si tratta di raccomandazioni che puntano solo a far sgonfiare delle bolle, a far crollare i prezzi per consentire il rientro a buon mercato e quindi sostanziosi guadagni per gli speculatori.

Ed è esattamente quanto accaduto con l'oro. Nelle ultime sedute il metallo giallo non solo è tornato sopra i 1.400 dollari, ma sembra essere persino cambiata radicalmente l'opinione di Goldman Sachs: ieri la banca d'affari americana è tornata a scrivere ai suoi clienti, indubbiamente soddisfatti, dicendo loro di chiudere le posizioni corte sull'oro, quelle cioè che si basano su una previsione di ulteriori ribassi. Il motivo? La banca ha spiegato che avendo recuperato quota 1.400 dollari, il prezzo dell'oro si sta avviando a una stabilizzazione. Goldman ha comunque ammesso qualcosa di più: che avendo ricomprato oro sui minimi della scorsa settimana, l'improvviso rimbalzo dei prezzi ha permesso alla banca di mettere in cassa un guadagno potenziale del 10,4%. Con una buona pace di chi, fidandosi del report del 10 aprile, ha venduto e non è più rientrato.

http://www.ilsole24ore.com/art/commenti ... fromSearch



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MessaggioInviato: 25/04/2013, 19:24 
Oramai manipolano tutto spudoratamente pur di far soldi rovinando la gente.



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MessaggioInviato: 21/05/2013, 01:36 
Cita:
L’ORO CUSTODITO DALLA BANCA D’ITALIA DI CHI È?

L’Italia è la terza potenza aurifera dopo gli Stati Uniti e la Germania, 2.451,1 tonnellate di oro 152 miliardi di dollari o, se preferite, 110 miliardi di euro. E non è del tutto chiaro di chi siano. Perché una nazione con queste riserve auree versa in queste condizioni?

Una somma enorme che, pur con qualche oscillazione, cresce tendenzialmente, anno dopo anno. Poco più di un decennio or sono, nel 1999 all’esordio dell’euro, l’ammontare era di 22 miliardi di euro; all’inizio dell’anno scorso erano 83 miliardi. Oggi si avvia a superare anche i 110 miliardi. Stiamo parlando delle riserve auree della Banca d’Italia: 2.451,1 tonnellate di lingotti d’oro, di cui circa un terzo (vedi “la Finanza” di novembre-dicembre 2010) sono custodite nei sotterranei della Federal Reserve, a New York; ulteriori piccole quote sono vincolate alla nostra partecipazione alla la Banca dei Regolamenti Internazionali ed alla BCE, la parte residua, cioè poco meno di due terzi, è conservata a Roma, nei sotterranei della Banca d’Italia.

Dire che non si sa bene di chi sia quella montagna d’oro può sembrare assurdo. Già il modo in cui la si definisce- riserve auree della Banca d’Italia – indicherebbe che quell’oro è della Banca d’Italia. Tant’è che il loro valore figura all’attivo del suo stato patrimoniale.

Ma quando, nel 2009, l’allora ministro dell’economia Tremonti, alla disperata ricerca di risorse, pensò di tassare “una tantum” le grandi plusvalenze che la Banca d’Italia aveva realizzato sulle riserve auree, la BCE avanzò tutta una serie di obiezioni e tra l’altro Jean Claude Trichet, che presiedeva allora la Banca Centrale Europea, osservò: “Siamo sicuri che l’oro sia della Banca d’Italia, e non del popolo italiano?”.

Trichet disse “popolo” per non dire Stato, che sarebbe stata la locuzione più precisa. Ed era evidente che se le riserve auree sono dello Stato, e non della Banca d’Italia, lo Stato che vuol tassare sé stesso sarebbe stata cosa assurda.

Mario Draghi, che allora era governatore, confermò deciso, evitando però anche lui di usare la parola Stato,che in economia da tempo è parola politicamente scorretta. “Le riserve auree- affermò infatti – appartengono agli italiani, e non a via Nazionale”. Paradossalmente – Cicero pro domo sua- evitava così di pagare la tassa sulla plusvalenze negando che l’oro fosse suo, cioè della Banca d’Italia.

La realtà giuridica: un “pasticciaccio brutto”

Capitolo chiuso, dunque? Con tutto il rispetto per il dubbio di Trichet e per la convinzione di Draghi, essi hanno espresso opinioni personali. Autorevoli e lodevoli fin che si vuole, ma sempre opinioni personali. La realtà giuridica, l’unica che conta, sembra invece alquanto più ambigua. Anzi, per essere precisi, è una sorta di “pasticciaccio brutto”, che ha la sua origine nella privatizzazione delle banche, un tempo pubbliche o emanazioni di istituzioni pubbliche locali, partecipanti al capitale della Banca d’Italia, il cui Statuto allora specificava appunto con estrema chiarezza all’art.1 che “la Banca d’Italia è Istituto di diritto pubblico”, ed all’art 2 che le sue quote “non possono essere possedute se non da Casse di Risparmio (che a quel tempo erano emanazione di Istituzioni pubbliche locali), da Istituti di credito e da banche di diritto pubblico, da Istituti di previdenza (anch’essi pubblici), e da Istituti di assicurazione. Insomma: il carattere pubblico della Banca d’Italia, sia per le funzioni svolte che per la natura dei suoi soci partecipanti era fuori discussione.

Ma con la privatizzazione delle banche quel panorama è radicalmente mutato. La logica ed il buon senso avrebbe voluto che dalla privatizzazione fossero esplicitamente escluse le quote di partecipazione al capitale della Banca d’Italia, che per legge non potevano che essere detenute da Istituzioni economiche di natura pubblica. Ma ciò non è stato fatto: di qui l’attuale “pasticciaccio brutto” di una Banca d’Italia, che ancora viene dichiarato “Istituto di diritto pubblico”, i cui soci però sono nella stragrande maggioranza società private, cui ora – piaccia o no – a termini di legge appartiene oltre al suo capitale anche il suo patrimonio, immobili, e preziose collezioni d’arte e di monete comprese.

E le riserve auree e valutarie? La legge e lo Statuto nulla dicono.

Una situazione incongrua e per molti aspetti nebulosa e contraddittoria, che la reiterata modifica dello Statuto ha cercato vanamente di rabberciare, inserendo prima (Statuto del 2002) nell’elenco di coloro che possono detenere quote della Banca d’Italia le “società per azioni esercenti attività bancaria”, ed infine (Statuto del 2006) abolendo del tutto l’elenco e riconoscendo semplicemente (e lapalissianamente…) che la titolarità delle quote della Banca d’Italia “è disciplinata dalla legge”.

La quale legge, per la verità, l’anno precedente (legge 262 del 28-12-2005, promossa dal ministro Tremonti), nel tentativo di sanare l’evidente stortura che le privatizzazioni avevano determinato nella titolarità del capitale (e del patrimonio…) della Banca d’Italia, all’art. 10 sancisce testualmente: “Con regolamento da adottare ai sensi dell’art.17 della legge 23 agosto 1988 n.400 è ridefinito l’assetto proprietario della Banca d’Italia e sono disciplinate le modalità di trasferimento, entro tre anni dall’entrata in vigore della presente legge, delle quote di partecipazione al capitale della Banca d’Italia in possesso di soggetti diversi dallo Stato o da altri Enti pubblici”.

Dunque: le quote in mano a soggetti privati entro tre anni avrebbero dovuto essere trasferite allo Stato o ad altri Enti pubblici. Di anni da allora ne sono passati quasi sette, ma per quanto riguarda la titolarità delle quote della Banca d’Italia, nulla è cambiato. E’ stata disciplinata, con lo Statuto del 2006, non la proprietà, ma la eventuale cessione delle quote, stabilendo che essa avviene su proposta del Direttorio della Banca d’Italia e previo consenso del suo Consiglio Superiore “nel rispetto dell’autonomia e dell’indipendenza dell’Istituto e di una equilibrata distribuzione”. Raccomandazione, quest’ultima, che suona curiosa e involontariamente umoristica, considerato che due banche (Intesa e Unicredit) da sole hanno la maggioranza assoluta del capitale della Banca d’Italia.

Su patrimonio e riserve crescono gli appetiti

Per tentare di capire meglio quale sia la situazione giuridica in cui si trova oggi la nostra Banca Centrale, e soprattutto di chi sia legittimamente il suo patrimonio, ed in particolare le riserve auree, abbiamo sottoposto il quesito ad un giurista: il prof. Mario Esposito professore straordinario di diritto costituzionale presso la facoltà di giurisprudenza dell’Università del Salento,e nel prossimo numero de “la Finanza” ne pubblicheremo l’intervento.

Noi, da giornalisti, ci limitiamo a sottolineare alcuni recenti fatti significativi, che indicano chiaramente che sul patrimonio della Banca d’Italia da un lato e sulle sue riserve auree dall’altro si sono fatti manifesti espliciti appetiti.

Per quanto riguarda il patrimonio l’ultimo episodio è quello della tormentata cessione da parte del Monte dei Paschi alla Cassa di Risparmio di Asti della sua quota del 60,4% di Biverbanca, essendo il restante 40% circa in mano alle Fondazioni di Biella e di Vercelli. A bloccare per qualche tempo l’operazione era proprio la quota di Bankitalia detenuta da Biverbanca, eredità delle vecchie Casse di Risparmio di Biella e di Vercelli, dalla cui fusione appunto è nata Biverbanca, che ha in bilancio questo 2,1% di Bankitalia per 9 milioni di euro, mentre Montepaschi, che a sua volta detiene direttamente una quota del 2,5%, consolida il tutto in bilancio per complessivi 700 milioni. E già l’incongruenza tra le due cifre fa pensare.

La proposta originaria del Monte dei Paschi era quella di dividere, proporzionalmente, la quota di Bankitalia posseduta da Biverbanca (per cui la banca senese avrebbe potuto disporre del 60%) ma l’opposizione delle fondazioni di Biella e di Vercelli è stata inflessibile.

“Non possiamo dimenticare- sottolineava il presidente della Fondazione di Biella- che la quota in Bankitalia rappresenta un asset di assoluto rilievo, soprattutto nel caso in cui, come sembra, nei prossimi mesi agli azionisti verrà consentito di rivalutare ai valori reali le quote che posseggono”. La rivalutazione , secondo ipotesi circolate, potrebbe aggirarsi tra i cinque ed i dieci miliardi di euro. “Da sola questa quota -ha osservato Luigi Squillario, presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Biella- consentirebbe alla banca di raddoppiare il proprio patrimonio”.

E veniamo così al punto cruciale. Per rispettare i parametri patrimoniali quasi tutte le banche italiane hanno sete di nuovo capitale, che oggi scarseggia o latita. A ventilare l’idea che per rafforzare la loro base patrimoniale le banche, socie partecipanti della Banca d’Italia, avrebbero potuto rivalutare quelle loro quote è stato per primo Giovanni Berneschi, il quale lo scorso giugno al Congresso nazionale dell’Acri, a Palermo, aveva avanzato l’idea che la Banca d’Italia, per aiutare le banche sue socie, facendo leva sulle riserve disponibili avrebbe potuto varare un aumento di capitale a titolo gratuito, per un importo appunto oscillante tra i 5 ed i 10 miliardi di euro.

Sembrava una proposta un po’ peregrina. E invece, a quanto pare, sta facendo strada. Infatti è contemplando anche questa eventualità che Montepaschi ha trovato l’accordo con la Cassa di Risparmio di Asti, uscendo dallo stallo in cui l’avevano posta le Fondazioni di Biella e Vercelli. Accantonata infatti l’ipotesi di una scissione della quota di Bankitalia posseduta da Biverbanca, l’accordo con la Cassa di Risparmio di Asti prevede che se nei prossimi dieci anni sarà possibile valorizzare la quota di Bankitalia e inserirla nel patrimonio di vigilanza, il prezzo della cessione sarà integrato sino ad un massimo di cento milioni; se l’ipotesi si realizzerà entro tre anni, l’integrazione di prezzo potrà essere sostituita dal trasferimento di quote del capitale di Bankitalia.

Il boccone più grosso: le riserve auree

Ma veniamo ora al boccone di gran lunga più grosso: quello delle riserve auree. In fatto di oro delle riserve l’Italia è una potenza di primissimo piano: escludendo il Fondo Monetario Internazionale, siamo al terzo posto nel mondo, dopo gli Stati Uniti (8.133,5 tonnellate) e la Germania (3.401 tonnellate), e un soffio sopra la Francia (2.435,4 tonnellate). Cina e Svizzera superano di poco le mille tonnellate; Russia e Giappone sono alquanto al disotto di mille tonnellate. L’Inghilterra con 310,3 tonnellate ha poco più di un decimo delle riserve auree dell’Italia. Dei Paesi emergenti (BRICS), a parte la Russia nella graduatoria dei primi 25 Paesi figura solo l’India, con 557,7 tonnellate. E quanto infine ai Paesi meridionali dell’area dell’euro, martoriati dal debito e dalla speculazione internazionale, il Portogallo ha 382,5 tonnellate; la Spagna 281,6; la Grecia non figura nella graduatoria.

Abbiamo sottolineato questi confronti, tratti dalle statistiche più recenti del Fondo Monetario Internazionale, per sottolineare il ruolo di assoluta rilevanza che ha l’Italia quanto a riserve di oro, e un misto d’irritazione e di cupidigia che ciò suscita in taluni che vorrebbero assimilare l’Italia ai Paesi sotto attacco dell’area meridionale dell’euro. Un bene, l’oro, che l’ideologia dominante di questo ultimo mezzo secolo, d’ispirazione anglosassone, avrebbe voluto fosse demonetizzato, ma che nei fatti si è invece incessantemente rivalutato, dai 35 dollari l’oncia del prezzo fisso in vigore sino all’inizio degli anni settanta ai quasi 1.800 di oggi. E che nel disordine monetario internazionale e nella crescente sfiducia per le monete carta ha rappresentato e rappresenta uno dei pochi ancoraggi sicuri. Non a caso l’Opec, pur continuando ad esprimere in dollari il prezzo del petrolio, da tempo di fatto lo ha ancorato al prezzo dell’oro. E non a caso, quando nel 1976, nel pieno di una nostra crisi economica, la Bundesbank prestò due miliardi di dollari al governo italiano, volle in pegno 540 tonnellate di oro. Oro che di dollari oggi ne vale più di 29 miliardi e che il governatore Baffi, appena possibile, si affrettò a disimpegnare e di cui il governatore Fazio non volle vendere neppure un grammo.

E non a caso infine, benché per decenni fosse “politicamente scorretto” (cioè sgradito agli Stati Uniti…), da più parti si torna ad ipotizzare il ritorno ad una qualche forma di “gold standard”, cioè il ritorno a pieno titolo dell’oro quale punto di riferimento (e di garanzia…) di una moneta internazionale.

La nuova corsa all’oro delle Banche centrali

Ma ancor più delle proposte e delle intenzioni, valgono i fatti. Non pochi Paesi stanno cercando, riservatamente ma quasi affannosamente, di ricostituire una forte riserva aurea. Innanzi a tutti la Cina, la cui Banca Centrale sta attuando una aggressiva politica di acquisto di oro, con l’obbiettivo, secondo alcuni autorevoli osservatori, di sestuplicarle nel giro di pochissimi anni, portando le riserve auree a seimila tonnellate, a supporto di una futura convertibilità dello yuan e di un suo ruolo nel sistema monetario internazionale.

C’è da ricordare che la Cina, con una produzione annua salita a 314 tonnellate, è divenuta anche il primo Paese produttore, seguita dall’Australia (216 tonnellate) e da Nord America, Russia e Sud Africa, che hanno una produzione annua di poco superiore alle 200 tonnellate ciascuna.

Secondo il direttore del World Gold Council (la fonte più autorevole di statistiche sul mercato dell’oro) lo scorso anno la Cina ne ha comprato almeno altre 70 tonnellate. E secondo l’Ufficio doganale di Hong Kong lo scorso novembre di oro ne sono entrate in Cina quasi 102 tonnellate, ed altre 102 circa nell’aprile di quest’anno. A giudizio dell’Agenzia Reuters la Cina potrebbe concludere il 2012 con importazioni nette di oro per quasi 500 tonnellate. Il che significa, detto per inciso, che il governo cinese, con la segretezza che gli è consueta, e con la necessaria gradualità, sta cambiando in oro le sue gigantesche riserve in dollari.

Ma non è solo la Cina a comprare oro: molte Banche Centrali in passato avevano ceduto quote di riserve auree, ma dallo scorso anno il “trend” si è invertito. Ora anche varie Banche Centrali sono orientate a rafforzare le riserve in oro, e alcuni Paesi che hanno le riserve custodite all’estero cominciano a preoccuparsi di rimpatriarle. Abbiamo già riferito (vedi “la Finanza” novembre-dicembre 2010) di notizie secondo cui il cancelliere Merkel avrebbe richiesto indietro la quota delle riserve auree tedesche detenuta negli Stati Uniti, incontrando non poche difficoltà. E se la notizia è esatta, dovrebbe essere questo un campanello d’allarme per l’Italia che, come già accennato, ha anch’essa circa un terzo delle sue riserve auree custodite negli Stati Uniti, e nelle relazioni internazionali non ha certo il peso della Germania.

Ma per quanto riguarda il rimpatrio dell’oro l’ultimo recentissimo episodio è quello del presidente venezuelano Hugo Chavez, che ha nazionalizzato la produzione di oro (sinora in concessione a società private, con la possibilità di esportarne il 50%) ed ha ordinato il rimpatrio delle 211 tonnellate di riserve auree che nel 1988 e nel 1989 il governo venezuelano di allora aveva dato in garanzia a fronte di prestiti concessi dal Fondo Monetario Internazionale. Quel debito era stato cancellato da anni, ma l’oro era rimasto all’estero: il 59,9% in Svizzera, il 17,9% in Inghilterra, l’11,3% negli Stati Uniti ed il 6,4% in Francia.

Pressioni tedesche sull’Italia affinché venda il suo oro

Un ultimo esempio di come l’oro chi ce l’ha se lo tenga stretto: davanti all’ipotesi avanzata di inserire nell’attivo dell’EFSF (il Fondo salva Stati ) anche l’oro, la Bundesbank ha subito risposto picche, ed anche la Banca d’Italia, per la verità, ha avanzato mille riserve.

La Bundesbank il suo oro se lo tiene stretto, ma a quanto pare vorrebbe che l’Italia invece se lo vendesse. Secondo il quotidiano britannico “The Indipendent” infatti all’inizio di quest’anno era in atto una forte pressione tedesca affinché la Banca d’Italia mettesse sul mercato una parte delle sue riserve auree.

Qualche mese prima, a novembre 2011, il presidente della Commissione per l’Europa del Parlamento tedesco, Gunther Krichbaum, aveva affermato che “per ridurre il debito pubblico l’Italia deve mettere in vendita una parte delle riserve auree”. E Michael Fuchs, vicecapogruppo della CDU (il partito della Merkel) al Bundestag aveva detto ancor più brutalmente: “Gli italiani debbono mettere a posto i conti, quindi o portano a termine le privatizzazioni, oppure vendono le loro riserve d’oro”. Insomma: o cedete le ultime industrie pubbliche che vi sono rimaste (Eni, Enel, Finmeccanica) o cedete l’oro.

Questa volta è l’Italia che deve rispondere picche. Non si deve cedere né una sola industria, né un solo grammo d’oro. E semmai sarebbe necessario risolvere, una volta per tutte, il “pasticciaccio brutto” che la privatizzazione delle banche ha determinato nella titolarità delle quote del capitale della Banca d’Italia, ridando allo Stato quel che allo Stato è stato indebitamente tolto.

Fonte: alessandrosicurocomunication.wordpress.com


http://www.nexusedizioni.it/economia/lo ... -di-chi-e/


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Svizzera, lo yuan al posto del dollaro

C’era una volta il dollaro. La moneta di riferimento nelle transazioni internazionali e che negli ultimi anni ha dimostrato di avere il fiato corto in conseguenza dell’enorme debito pubblico federale e dell’altrettanto enorme debito commerciale degli Stati Uniti. Un ruolo, quello del dollaro, che viene sempre più messo in discussione ma che continua a far sentire il suo peso soprattutto in conseguenza della forza degli Usa come prima potenza militare mondiale. Quindi come una moneta di occupazione in tutti quei Paesi dove sono presenti militari a stelle e a strisce. Ma la supremazia economica Usa viene oggi messa in forse dalla crescita della Cina che sta gettando le premesse per un sorpasso, dopo di che anche lo yuan potrà svolgere un nuovo e più decisivo ruolo.
Un segnale significativo in tal senso è venuto dalla Svizzera. Il governo di Berna, dopo aver ratificato un accordo di libero scambio con Pechino potrebbe avviare una collaborazione valutaria, grazie alla quale lo yuan rosicchierebbe non poco spazio al dollaro nei forzieri delle banche svizzere. Un pericolo non da poco per gli Usa perché la Svizzera potrebbe divenire un fondamentale punto di transito per i capitali cinesi in grado di trasformare la piazza di Zurigo nel primo mercato borsistico europeo. Con il grande vantaggio di non dover sottostare ai vincoli imposti dall’Unione europea, dalla quale la Svizzera è ben intenzionata a rimanere fuori.
La svolta si è avuta con l’iniziativa del consigliere nazionale Markus Hutter (del partito libero-radicale) che ha proposto che le esportazioni verso la Cina non vengano più pagate in dollari ma direttamente in yuan. La proposta non ha suscitato grande entusiasmo in base alla considerazione che il rischio di cambio verrebbe trasferito da una moneta ad un’altra. Oltretutto lo yuan non è ancora pienamente convertibile all’estero, in tutti i Paesi del mondo. E di conseguenza, vi sarebbero grandi rischi e maggiori costi nelle transazioni internazionali. In ogni caso, il sasso è stato gettato. C’è poi da tenere conto che gli Usa, per tutelare i propri paradisi fiscali, non perdono occasione di attaccare la Svizzera, come crocevia delle peggiori malefatte finanziarie. Il classico bue che dà del cornuto all’asino. Ma la finanza internazionale vive e prospera di queste contraddizioni.

[align=right]Source: Svizzera, lo yuan al posto del...otidiano di Sinistra Nazionale [/align]


Ma come sono contento [:)]



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MessaggioInviato: 19/07/2013, 13:12 
http://www.altrogiornale.org/news.php?extend.8686.10

"Da dove viene l’oro? Probabilmente dai fenomeni conseguenti alla collisione tra due stelle di neutroni. Questa la conclusione di ricercatori dello Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics che hanno studiato un lampo breve di raggi gamma e la sua peculiare emissione residua"

Gli alchemici hanno trovato la propria pietra filosofale!!
I lampi Gamma; pare che l'ultimo di essi abbia creato oro pari a un paio di masse lunari.
Forse che gli "Dei" estraggano l'oro tanto caro facendo collidere stelle di neutroni? ;-)


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MessaggioInviato: 23/07/2013, 11:42 
L'ORO ALLA PATRIA...L'ORO CHE GARANTIVA LA MONETA CIRCOLANTE...L'ORO AMMASSATO IN USA, UK E SVIZZERA PER SALVARLO DAI COMUNISTI...L'ORO PER LE ASTRONAVI !

Recentemente l'Oro è tornato ad essere un tema rilevante e strategico nel dibattito mondiale. “La notizia che la Germania vuole rimpatriare parte delle sue riserve auree dagli Usa e dalla Francia – scrive Robert Lenzner, ex banchiere e oggi analista di Forbes – fa molto preoccupare, perché è il primo grande segnale che la fiducia tra le Banche Centrali del mondo si sta deteriorando” E quando la fiducia si incrina non si sa mai come va a finire.

L'episodio non è isolato. Sono tanti i Paesi che negli ultimi 50 anni hanno ricoverato il loro oro nei grandi caveau americani e inglesi, ma ora lo rivorrebbero indietro. Tra questi Paesi ovviamente non poteva mancare l'Italia. “Sembra però” che ci siano dei problemi.

Dopo aver trascorso 50 anni in casa straniera oggi l'Oro della Germania vorrebbe tornare in patria: per lo meno il 50% . Lo ha deciso recentemente la Bundesbank, la seconda grande proprietaria di riserve auree nel mondo. Perché e perché ora ? Ci sono diverse ragioni. In parte perché una lobby di economisti, legali e uomini d'affari tedeschi sta esercitando pressioni, ma non solo. La storia ha inizio lo scorso ottobre quando la Corte dei Conti tedesca ha richiesto un'ispezione presso i forzieri delle Banche Centrali che custodiscono il loro oro all'estero. Non era mai successo prima e ciò ha da subito innescato un'atmosfera da thriller internazionale. Inoltre c'erano precedenti ambigui. Secondo il magazine Der Spiegel : “nel 2007, dopo numerose richieste, alcuni ispettori della Bundesbank erano stati autorizzati ad entrare nel caveau della FED americana , ma … solo nell'anticamera ! Quattro anni dopo, in maggio 2011 gli ispettori fecero una seconda visita e stavolta ebbero modo di entrare in uno dei 9 compartimenti dove si trovava l'oro tedesco. Qualche lingotto venne pesato, ma l'esito di tali verifiche fu, su richiesta della FED, posto sotto segreto. Ahi, ahi, ahi!

Da quel momento si comincia ad elaborare un piano settennale di restituzione che avrebbe avuto inizio nel 2013 e si sarebbe dovuto concludere nel 2020. Oggetto: il trasferimento di 54.000 lingotti dai caveau di New York a quelli di Francoforte. Un'operazione (apparentemente ) senza effetti collaterali sul mercato. In realtà tale da innescare un effetto domino.

Gli olandesi, che hanno solo il 10% del loro oro in casa e il resto nei caveau di New York, Ottawa e Londra, si sono agitati e hanno chiesto anche loro ispezioni e resoconti . Altri paesi si stanno disponendo a fare altrettanto.

Ovviamente in tale scena gioca un ruolo anche la crisi dell'Euro. Secondo Peter Krauth, analista di Money Morning, “la Germania si sta preparando in caso di dissoluzione dell'area Euro e vuole il suo oro, eventualmente per sostenere un nuovo Deutsche Mark“. Questa ipotesi, che riporterebbe le lancette della storia monetaria indietro di 40 anni, è sostenuta anche da altri analisti e Autorità Monetarie.

A questo punto si pone un dubbio? Ma l'Oro è ancora lì dove dovrebbe essere? Se così fosse perché ci vogliono 7 anni per farlo rimpatriare? Steve Scacalossi, vicepresidente della TD Security, dice che l'Oro “is allocated outside” , cioè la FED lo ha “prestato” o “dato in leasing” a qualcun'altro , quindi non si può restituire in tempi brevi perché ciò influirebbe negativamente sugli interessi che la FED percepisce da chi lo sta usando.

Keith Barron però, un geologo responsabile di imponenti ricerche minerarie, va giù più duro : “Credo che la maggior parte delle riserve auree del mondo occidentale, che dovrebbero essere nei caveau delle Banche Centrali Custodi, sia in realtà in mano di privati in India e ciò che rimane continua ad essere inoltrato verso l'Asia. Pertanto la maggior parte dell'oro occidentale “è sparito “ (has been vanished) dai caveau ed è ora solo una voce di registro. Queste Banche Centrali e le Bullion banks (una bullion bank è una banca d'affari che funziona come trader all'ingosso di grandi quantità d'oro, ndr.) semplicemente “rollano” i contratti di locazione e l'oro non torna mai nelle nazioni d'origine.”

A conferma delle affermazioni di Barron c'è un tragico precedente.

Nel 1990 Drexel Burnham Lambert, una delle maggiori Banche d'Affari del tempo, andò in bancarotta coinvolta nello scandalo dei famosi junk bonds di Michael Milken. Pochi sanno che la Banca del Portogallo le aveva “prestato” 17 tonnellate d'oro. Oro che semplicemente evaporò. A quel tempo l'oro quotava 380 dollari per oncia. Qualche mese fa l'oro volava verso i 2000 dollari l'oncia … e questo valore fa la differenza. In questa nuova scena parlare di 7 mesi per la restituzione sarebbe anche pensabile, ma 7 anni no! Un tale periodo genera sospetti inevitabili. Sarebbe questo un tempo utile a “buy back” l'oro dato in prestito? E come si fa a #8220;ricomprare” a 2000 dollari l'oncia un bene che in passato valeva molto, molto meno? Le Banche Custodi che incautamente hanno fatto circolare “fuori casa” l'oro che era stato loro affidato, oggi dovrebbero dissanguarsi per riottenerlo e restituirlo. E dovrebbero anche cancellarlo dai loro libri contabili.

Fra l'altro, se la Germania insiste e si tira dietro altre nazioni, il mercato dell'oro fisico potrebbe reagire in modi impensabili. Le Banche Centrali di molte nazioni emergenti (come vedremo) stanno acquistando come mai in passato. Il prezzo potrebbe andare alle stelle. In ogni caso la parola d'ordine che sta circolando è “ridateci il nostro oro fisico” .

Non ostante il dialogo tra i vari gestori dei Forzieri sia da sempre piuttosto “riservato” oggi cominciano a trapelare informazioni alimentate da un sospetto : “Vuoi vedere che c'è meno oro nelle casse delle Banche Centrali Custodi di quanto viene riportato ufficialmente ?”.

Cerchiamo di ricostruire un po' di questa storia misteriosa. Una storia che vede protagonista un metallo tanto nobile quanto losco. Un metallo che ha reso schiavi milioni di uomini nelle miniere, che ha provocato guerre e distruzioni, che ha creato ricchezze oscene...

Negli ultimi 4 decenni lo svuotamento dei caveau sarebbe avvenuto in 2 modi: attraverso aste e operazioni segrete.

Le aste erano il modo più semplice e ufficiale. Un primo dato comparve nel 1975, quando venne rivelato che le riserve auree totali di tutte le nazioni e organizzazioni internazionali del mondo ammontavano a 36.700 tonnellate. Il Global Finance Power decise di mandarle all'asta e di “ottimizzare” le procedure di cessione, scambio, leasing. Il processo, su grande scala, era stato innescato dall'abolizione del gold standard dollar, effettuata da Nixon nel 1970-71. Dopo secoli, l'Oro perdeva il suo ruolo di massimo garante del valore della carta moneta circolante, mantenendo peraltro quello di metallo per gioiellieri, dentisti e costruttori di raffinati marchingegni tecnologici, anche aerospaziali. A questo punto era una materia prima come un'altra. “Vendete !” tuonò il Dio mercato. “Rollate questo immenso valore ovunque sia possibile.”

Tutte le aste d'oro delle riserve ufficiali possono essere suddivise in tre categorie:

1) Le prime aste: dalla seconda metà degli anni 1970 fino all'inizio degli anni 1980, organizzate dal Ministero del Tesoro USA e dal Fondo Monetario Internazionale;

2) Le Aste da parte delle Banche Centrali, nell'ambito del cosiddetto “Washington Gold Agreement” siglato nell'autunno del 1999, e 3) Aste isolate da parte di singole Banche Centrali e organizzazioni internazionali in anni diversi.

Negli anni 70, gli USA hanno “ceduto” a diversi soggetti 530 tonnellate e il FMI ha “ceduto” 732 tonnellate - per un totale di 1.262 tonnellate. Negli 80, l'attività è continuata in sordina. Negli anni 90, le vendite nette di oro dei paesi economicamente sviluppati raggiungono la considerevole somma di 2.900 tonnellate. Alla fine del 2000, le riserve auree ufficiali del mondo contenevano 3.600 tonnellate in meno di oro rispetto al 1975.

Come accennato, nel settembre 1999 era stato firmato il 1° WGA – Washington Gold Agreement, tra 17 Banche Centrali, compresa la Banca Centrale Europea. Regolava le vendite di oro nel corso dei successivi cinque anni e ufficialmente mirava a non far cadere il mercato. “In realtà - secondo Valentin Katasonov , analista di Global Research- il suo obiettivo era il contrario: obbligare le Banche Centrali a vendere le riserve per mantenere bassi i prezzi dell'oro.” Anche Marco Saba, Direttore della Ricerca del Centro Studi Monetari, conferma : “ C'è tra le Banche Centrali una continua manipolazione attiva. Fanno operazioni in perdita sui futures”. Vennero stabilite delle «Quote» per i singoli paesi per un totale complessivo di 2.000 tonnellate. Nel settembre 2004, l'accordo è stato aggiornato con nuove regole. (WGA-2). Infine, nel settembre 2009, venne siglato il « 3° accordo di Washington» (WGA-3) .

Dal 2001 al 2009 i maggiori venditori sono stati : Svizzera (1.300 tonnellate), Francia, Gran Bretagna e Paesi Bassi. Seguiti da Spagna e Portogallo. Il volume medio annuo delle vendite delle Banche Centrali è stato pari a 385 tonnellate. Nel 2009, tuttavia, al culmine della crisi finanziaria, c'è stata una inversione di rotta nelle politiche delle Banche Centrali, specialmente quelle asiatiche. Perché ? Può essere considerata anche un manifesto segno di sfiducia nel Dollaro Usa ? “Anche di più della semplice sfiducia – afferma Saba – potrebbe essere il primo passo di un progetto antagonista per creare nuove valute garantite dall'oro”

In ogni caso: complessivamente, nei 40 anni successivi all'abolizione del gold standard, un totale di 6.500 tonnellate di oro sono state vendute, prestate, “allocate”. Secondo i dati ufficiali, le riserve auree sono ora solo poco più di 30.000 tonnellate.

Stranamente un' analisi dettagliata di molte delle operazioni di vendita di oro da parte delle Banche Centrali Custodi mostra che le cessioni sono state eseguite quando erano più vantaggiose per il compratore e non per il venditore. Un esempio classico di “privatizzazione”. Ecco un paio di casi .

Tra il 1999 e il 2002, quando il mercato dell'oro mondiale era al suo punto più basso rispetto ai precedenti 20 anni, la Banca d'Inghilterra ha venduto nel corso di 17 aste, 400 tonnellate d'oro, più della metà delle proprie riserve auree. La decisione di vendere fu presa dal Ministro delle Finanze, Gordon Brown. Prima delle aste c'erano 715 tonnellate di oro britannico nei caveau, alla fine, ne rimasero poco più di 300 tonnellate. I proventi delle vendite di oro vennero convertiti in dollari, euro e yen. Valute che oggi si trovano tutte in sofferenza .

Anche qui , come riporta il sito Disinformazione.it, c'è da annotare un episodio interessante “tra il 2000 e il 2001, la Bundesbank avrebbe ridotto le sue detenzioni d’oro a Londra da 1440 tonnellate a 500 tonnellate, ufficialmente «perché i costi di stoccaggio erano troppo alti». A quel punto, il metallo fu trasportato per via aerea a Francoforte. ...Perché questa mossa? Semplice, per evitare che l’oro andasse in giro e non tornasse più”.

Nella primavera 2010 Londra chiese un'indagine : il prezzo dell'oro si era moltiplicato più di quattro volte rispetto al prezzo di vendita di 10 anni prima (1.250 dollari per oncia troy contro 256-296 dollari). Si scoprì che le “perdite” derivanti da quella incauta vendita ammontavano a 7 miliardi di sterline. E 'interessante notare che tra il 1999 e il 2001, il Segretario del Tesoro degli Stati Uniti era Larry Summers, che era in stretto contatto con Gordon Brown e che aveva esercitato pressioni per decidere le cessioni d'oro.

L'altro esempio è la Svizzera. Nel 1999, le riserve auree ufficiali della Svizzera erano pari a 2.590 tonnellate (era il secondo posto dopo gli USA). Tra il 2000 e il 2005, la Banca Nazionale Svizzera ha venduto un totale di 1.300 tonnellate di oro. Il prezzo medio dell'oro a quel tempo era 350 dollari per oncia troy (oscillava tra 250 e 450 dollari). Nell'autunno del 2012, il prezzo dell'oro sui mercati mondiali si stava avvicinando al valore di 1.800 dollari, quindi più di cinque volte superiore al prezzo medio del periodo 2000-2005. Si calcolò pertanto che le perdite di questa operazione ammontavano a 60 miliardi di dollari. Circa 9 volte le perdite derivanti dalla vendita delle riserve auree inglesi. Una vera stranezza .

Questi esempi dimostrano che le aste d'oro non sono andate a favore delle autorità monetarie o dei popoli della Gran Bretagna e Svizzera, ma a favore degli acquirenti, che ovviamente preferiscono restare anonimi. Se poi ci si chiede come mai quei “volponi” degli Inglesi e degli Svizzeri abbiano commesso un tale errore. La risposta, ancora secondo Marco Saba è: “ Chi ha facoltà di stampare moneta se ne frega del prezzo dell'oro”

Nel 1990 le Banche Centrali hanno iniziato attivamente a fornire oro in leasing. Secondo Katasonov “Queste operazioni sono state tenute nascoste al pubblico, ai legislatori e ai governi. Uno degli obiettivi principali di queste pratiche segrete era abbassare il prezzo dell'oro, che indirettamente continuava a rivaleggiare con il dollaro USA. A quel tempo, l'oligarchia finanziaria aveva bisogno di un dollaro forte per attività di buy-up in tutto il mondo”. Molti analisti rivelarono i piani segreti della finanza globale, che aveva asservito la maggior parte delle Banche Centrali di tutto il mondo ai propri interessi. Venne istituito il GATA (Gold Anti-Trust Action) con l'obiettivo di scoprire le operazioni segrete del «Cartello dell'oro», un'associazione di fatto costituita da : Federal Reserve Bank, Banca d'Inghilterra, Banche di Wall Street (in primo luogo Goldman Sachs), e una serie di altre banche e società finanziarie, anche europee, tra cui la Bundesbank e la Banca Nazionale Svizzera. Nel “cartello” figuravano anche le aziende di estrazione dell'oro. Una di loro, la Gold Fields Mineral Services (GFMS), ha riconosciuto che all'inizio del 21 ° secolo “quasi 5.000 tonnellate di oro, elencate nei bilanci delle banche centrali, si trova “fuori dai caveau” .

Secondo James Turk, analista finanziario autore di “The collapse of dollar” : “se si studiano le statistiche doganali di Gran Bretagna e Stati Uniti si può concludere che solo in questi due paesi, la fuoriuscita segreta di oro dalle riserve ufficiali, tra il 1991 e il 2002, ammonta a 7.287 tonnellate” .

Le stime di Frank Veneroso, che ha pubblicato un rapporto eccezionale sul mercato dell'oro dal titolo «Il 1998 Gold Book Annual», sono ancora più drammatiche. Nel suo rapporto, Veneroso giunge alla conclusione “che la vendita di oro da parte delle Banche Centrali (4.000 tonnellate annue ) ha artificialmente soppresso il volume totale della domanda di oro (circa 1.600 tonnellate l'anno).” Secondo i calcoli di Veneroso “invece di 33.000 tonnellate le Banche Centrali avevano ufficialmente nel 1998, solo 18.000 tonnellate”. Al di fuori delle Banche Centrali, circolavano dunque 15.000 tonnellate di oro consegnate a organizzazioni esterne per mezzo di operazioni di aste, leasing e credito. In linea di principio, le stime di Veneroso non contraddicono quelle di James Turk. Sono più grandi, in quanto tengono conto non solo della rimozione di oro ufficiale da Gran Bretagna e Stati Uniti, ma anche della maggior parte delle altre principali Banche Centrali.

Al centro della storia delle Riserve Auree c'è una questione “grossa e pelosa” : ma di Chi sono i lingotti che erano/sono ammassati nelle Banche Centrali e che poi sono stati dati in gran parte in leasing alle Bullion Banks ?” Dipende dalla proprietà delle Banche Centrali stesse. In ogni caso che siano esse “private” sin dall'origine o che siano esse state “privatizzate” in più riprese, la proprietà delle riserve auree non è mai stata chiara. Specialmente nel secondo caso. Cioè se una Banca Centrale Nazionale, posseduta da Banche Pubbliche, viene privatizzata, siamo sicuri che nel passaggio di proprietà si sia calcolato per bene il valore delle riserve auree trasferite ? Da qui deriva una certa fumosa cautela che, per esempio in Italia, come vedremo, sconfina con una aspra riservatezza.

Secondo un documento della BCE sul trattamento delle riserve internazionali dell'Eurosistema, le linee guida di rendicontazione non richiedono di differenziare tra l'Oro nelle casseforti e l'Oro locato o scambiato con un'altra parte. Il documento afferma che, "le operazioni reversibili in oro non hanno alcun effetto sulla quantità di Oro monetario, indipendentemente dal tipo di transazione (ad esempio swap su oro, pronti contro termine, depositi o prestiti), in linea con le raccomandazioni contenute nelle linee guida del FMI» . Quindi, le Banche Centrali hanno il permesso di continuare a annotare l'Oro fisico nel loro bilancio, anche se lo hanno scambiato o allocato all'esterno.

Pochissime Banche Centrali chiariscono, nelle loro relazioni, esattamente qual è la percentuale delle loro riserve auree ufficiali memorizzate come metallo fisico e quale percentuale invece è stato ceduto in prestito o scambiato, e così via. Sarebbe difficile sostenere la reputazione di una Banca Centrale, se ammettesse di aver affittato le proprie riserve d'oro ad una bullion bank intermediaria che lo rivendeva, per esempio alla Cina o alla Russia, anche negli anni della Guerra Fredda.

Tuttavia, le cifre fanno supporre, ancora secondo l'analista Valentin Katasonov “che questo è esattamente ciò che è accaduto. E' più che probabile che l'Oro delle Banche Centrali sia scomparso e che le bullion bank che l'hanno venduto non hanno alcuna reale possibilità di ricomprarlo”. Il traffico di oro da parte delle banche centrali continua

L'ipotesi è sostenuta anche da Erik Sprott, miliardario e noto investitore con 35 anni di esperienza nei mercati finanziari, nonché grande conoscitore dei meandri del commercio dell'oro. Sprott ritiene “che i dati ufficiali non tengono pienamente conto della domanda effettiva di oro sul mercato mondiale (stimata dal World Gold Council tra 4.000 e 4.500 tonnellate all'anno)”. Secondo i suoi calcoli “la domanda effettiva sarebbe stata superiore di 2.300 tonnellate negli ultimi dieci anni e l'offerta ufficiale, attraverso nuove operazioni di estrazione e di rottami d'oro, non sarebbe sufficiente a soddisfare la domanda d'oro reale del mondo”.

Esisterebbe pertanto una fonte segreta di oro che copre un fabbisogno non contabilizzato di circa 2.300 tonnellate l'anno. Ancora secondo Sprott :” i volumi di oro offerti ufficialmente sul mercato dai Forzieri delle Banche Centrali non sono sufficienti.” Dall'inizio del 21 ° secolo, forniture supplementari sono state dunque fornite in segreto dalle Banche Centrali Custodi e dal Fondo Monetario Internazionale.


Se l'affermazione di Sprott è corretta le riserve auree delle banche centrali dei paesi economicamente sviluppati sono state disponibili per soddisfare la domanda aggiuntiva non contabilizzata. Quindi, già da un paio d'anni, i caveau delle banche centrali di quei paesi sarebbero molto meno pieni di quanto affermano. Inoltre, vale la pena ricordare che questi forzieri erano già mezzi vuoti nel '98, secondo le stime di Veneroso “Già nel 1998, quasi la metà delle riserve auree ufficiali di tutte le banche centrali erano fuori dai caveau”

In questa ipotesi non solo alcuni Banchieri Centrali avrebbero ceduto il “proprio oro”, ma anche quello che custodivano per conto di altre nazioni. Ricordiamo che le Banche Centrali di alcuni paesi non solo utilizzano i loro depositi per elencare l'oro nei loro bilanci, ma anche oro appartenente a paesi stranieri che per motivi “politici” sono stati invitati ad affidarglielo. Come ad esempio l'Italia che ha, in passato, affidato un terzo delle proprie riserve alla FED per metterlo al riparo dalla minaccia comunista.

In connessione con la richiesta inevasa della Germania per rimpatriare il suo oro, si scopre dunque che del totale tedesco, pari a circa 3.400 tonnellate, più di due terzi, 1.536 tonnellate, si trova nelle casse della Federal Reserve Bank di New York ; 374 tonnellate sono nei sotterranei della Banca di Francia e 450 tonnellate nel caveau della Banca d'Inghilterra. Ma quei lingotti ci stanno ancora o sono stati tramutati in altro ?

Vediamo la questione dall'osservatorio di quei paesi che giocano il ruolo di magazzinieri. I grandi custodi dell'oro del mondo sono : Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Svizzera detti anche “the Golden Billion Group”. Inoltre, in Svizzera, il ruolo di custode non è solo giocato dalla Banca Nazionale, dal momento che la Svizzera è anche la sede della Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI).

Secondo dati rilasciati a ottobre del 2012 : l'oro di proprietà Usa ammonterebbe a 8.133 tonnellate e quello custodito in Usa a 6.200 tonnellate; mentre l'oro di proprietà inglese ammonterebbe a sole 310 tonnellate, una quantità irrisoria rispetto a quello custodito in UK che sarebbe pari a 5.067. tonnellate

Nei sotterranei della Federal Reserve Bank di New York e della Banca d'Inghilterra dovrebbero esserci dunque più di 11.000 tonnellate di oro estero. Da notare che solo in Gran Bretagna la quantità di oro estero è 16 volte superiore a quella di oro britannico. Mentre negli Stati Uniti, l'oro straniero costituisce solo il 76% delle riserve Usa.

La Banca d'Inghilterra “custodisce” l'oro dei vari paesi del Commonwealth (Australia, Canada, India, ecc.) e oggi svolge un ruolo importante anche per i paesi dell'Europa continentale. L'Austria, per esempio, le ha affidato l'80% delle sue riserve auree, l'Olanda il 18% e la Germania 13%. Ci sono anche “clienti” di altri paesi. La Banca Centrale del Messico, per esempio, affida agli inglesi il 95 per cento del suo oro.

Oggi però l'intero castello traballa a causa di alcune impreviste accelerazioni della Storia

1) Secondo una recente ricerca dell'OMFIF - Official Monetary and Financial Institutions Forum, “la domanda di oro crescerà sospinta dal bisogno di creare un nuovo sistema di riserva multimonetaria, in cui la valuta cinese tenterà di giocare un ruolo importante, tale da equilibrare l'instabilità del dollaro e dell'euro” .

2) La domanda cinese di oro è dunque in rapida ascesa. Il tasso di crescita delle importazioni di oro in Cina è senza precedenti. L'importazione di oro, attraverso Hong Kong, è stata pari a 45 tonnellate nel 2009, a 431 tonnellate nel 2011 e nel 2012 ha superato 834 tonnellate. La Cina intende continuare i propri acquisti sui mercati mondiali per soddisfare le crescenti esigenze del settore orafo, la crescente domanda di investimenti e per costituire una propria riserva aurea statale.

3) Dopo la prima ondata della crisi finanziaria un certo numero di Banche Centrali ha iniziato attivamente a comprare oro sul mercato mondiale.

4) All'inizio del 2013 il processo è stato definito la “febbre gialla”. La corsa all'oro è il segnale che misura la paura. Un gesto che accomuna piccoli risparmiatori, bottegai improvvisati che esibiscono grandi cartelli “Compro Oro” e Autorità monetarie. L'Oro ridiventa un rifugio.

5) Nei primi 11 mesi del 2012 le Banche Centrali di diversi paesi emergenti hanno messo in cassaforte 350 tonnellate d'oro (dato World Gold Council) . Al primo posto tra i compratori la Turchia con quasi 80 tonnellate, dietro la Russia con 55 tonnellate che vanno ad aumentare una riserva già ben nutrita di 900 tonnellate, al terzo posto le Filippine con 35 tonnellate seguite di un soffio dal Brasile. Le sorprese arrivano da Kazakhstan e Iraq che si piazzano al quinto e sesto posto con una trentina di tonnellate ognuno . Messico, Corea del Sud, Paraguay e Ukraina chiudono la classifica.

6) E' stata dimezzata la fornitura di oro sotto forma di rottami metallici. In media, nel corso del primo decennio del 21 ° secolo, le dimensioni di questo tipo di alimentazione era pari a 1.700 tonnellate. Oggi è pari a 850 tonnellate.

7) Un certo numero di paesi in tutto il mondo vuole “rimpatriare” le riserve ufficiali di oro dall'estero. Oltre alla Germania , Paesi Bassi, Ecuador e Azerbaigian hanno iniziato i preparativi per il rientro del loro oro. Tutto ciò potrebbe tradursi in un grande panico se , come certe fonti affermano, non c'è più oro nei caveau dei paesi “guardiani” .

Secondo Valentin Katasonov analista di Global Research “ L'oro potrebbe esaurirsi da un momento all'altro. Forse è già finito. Uno dei segnali sono gli scandali sempre più frequenti che continuano a divampare sul «tungsteno oro»”. Il tungsteno oro sarebbero le barre di tungsteno con le quali sarebbero state sostituite le barre d'oro all'interno di Fort Knox. Al riguardo sono in corso diverse inchieste da parte di membri del Congresso Usa,tra cui brilla l'iniziativa di Ron Paul , Presidente della Commissione Affari Monetari. Rod Kirby nel suo sito “The market Oracle” così si esprime : “ Circa 15 ani fa – durante l'amministrazione Clinton – tra 1.300.000 e 1.500.000 barre di tungsteno da 400 once furono prodotte in USA. Successivamente 640.000 di queste barre sono state ricoperte d'oro e inviate a Fort Knox dove sono tutt'ora.” E' superfluo sottolineare che se ciò fosse vero ci si troverebbe di fronte alla truffa più grossa della Storia.

E in Italia ?

A questo punto sarebbe interessante capire qual'è la situazione in Italia, visto che ufficialmente la nostra nazione possiede una quantità d'oro che ci colloca al Quarto posto nella classifica mondiale, dopo USA, Germania e FMI.

(Tralasciamo in questa sede di affrontare quella parte di dibattito che si interessa al come utilizzare le riserve auree per diminuire il debito pubblico perchè ci si imbatte in una giungla di affermazioni contrapposte nella quale districarsi, senza una vera bussola politica (che non c'è), è impossibile). E cerchiamo qualche dato.

Il valore delle riserve auree italiane sarebbe “Centodieci miliardi di Euro, pari a 2.451 tonnellate di lingotti d'oro, di cui circa un terzo custodite nei sotterranei della Federal Reserve, a New York; ulteriori piccole quote sono vincolate alla nostra partecipazione alla Banca dei Regolamenti Internazionali e alla BCE. La parte residua, cioè poco meno di due terzi, è conservata a Roma , nei sotterranei della Banca d'Italia”.

Questi dati sono forniti a febbraio 2013 da Giorgio Vitangeli , direttore di “La finanza sul web”. Agoravox parlava di 2.697 tonnellate a ottobre 2009. In un delizioso e ossequioso “Passaggio a Nord Ovest, Alberto Angela in visita a Palazzo Koch fornisce, nell'ottobre 2010, un dato estroso “ nel 2005 – ci dice – il valore delle riserve auree ammontava a ben 20 miliardi di euro”. Poi una voce fuori campo fa sapere che 8.000 lingotti pari a 100 tonnellate sono finiti a Francoforte nei caveau della BCE.

Secondo Wikipedia la quantità totale sarebbe invece, a dicembre 2011, 2700 tonnellate. Il sito “NO Censura” a marzo 2012 riporta un controvalore di 98,123 miliardi di Euro. Eugenio Benetazzo, economista indipendente, conferma il dato delle 2.452 tonnellate ma dice che valgono 109 miliardi di Euro e chiarisce che : “60 tonnellate sono nella disponibilità della BCE “. Altre fonti “girano” attorno alle 2400 tonnellate. Cercando i dati si scopre inoltre che il 19.1.2012 , due parlamentari del PDL, Fabio Rampello e Marco Marsilio, inoltrarono a Mario Monti un'interrogazione con risposta scritta nella quale chiedevano (candidi !), di far chiarezza sulle riserve auree italiane. La risposta non c'è mai stata.

Allora ho inoltrato via email alla Divisione Stampa e Relazioni esterne di Palazzo Koch una serie di domande : E' vero che : 1) il valore delle riserve auree era pari nel 1999 a 22 MLD di Euro e oggi si avvia a superare i 110 MLD di Euro ? 2) I lingotti d'oro sono 2.451,1 tonnellate e circa un terzo sarebbe custodito dalla Federal Riserve in Usa ? 4) Una quota ( quale ?) sarebbe vincolata alla nostra partecipazione alla Banca dei Regolamenti Internazionali e alla BCE ? 5) Non esiste risposta certa alla domanda "A Chi appartengono le riserve auree custodite da Banca d'Italia"" ?

(Nel 2009 l'allora Ministro dell'Economia Giulio Tremonti pensò di tassare una tantum le plusvalenze sulle riserve auree. La BCE obiettò e nell'occasione … )

6) Jean Claude Trichet disse "Siamo sicuri che l'oro sia della Banca d'Italia e non del popolo italiano? (nella stessa occasione) 7) L'ex Governatore Mario Draghi affermò "Le riserve auree appartengono agli italiani e non a via Nazionale"? 8) (Se è vero) Come si devono interpretare queste affermazioni ? 9) E' stata richiesta alla FED la restituzione delle Riserve auree italiane e tale richiesta non ha ottenuto un seguito adeguato ?

Ho ottenuto una sola risposta : “In riferimento alla domanda 1 si informa che al 30.6.2013 il valore delle Riserve Ufficiali in Oro della Banca d'Italia era pari a Euro 71,838 miliardi”. Miracolo ! E dove sono finiti gli altri 30-40 miliardi stimati nei diversi anni dalle varie fonti ? Chissà ? Forse ci vorrebbe, almeno, un'altra interrogazione parlamentare.

Fonte: http://glaucobenigni.blogspot.it

Link: http://glaucobenigni.blogspot.it/2013/0 ... va-la.html
19.07.2013

http://www.comedonchisciotte.org/site// ... &sid=12110



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MessaggioInviato: 06/08/2013, 22:26 
Portato a Singapore l’oro di Deutsche Bank e JP Morgan

Singapore nuova meta per le banche che vogliono mettere al sicuro le proprie riserve d’oro. Nel piccolo Stato, che lo scorso anno ha eliminato una tassa del 7% sugli investimenti nel mercato metalli preziosi, sono stati inaugurati due nuovi caveaux nei giorni scorsi nei quali possono essere stipate circa 50 tonnellate di oro e almeno 200 di argento. Uno dei due riconduce all’Anz, l’Australia & New Zealand Bank. L’istituto ha fatto anche sapere di aver intenzione di aprirne di nuovi anche in altre zone dell’Asia.

Altro nuovo oro custodito a Singapore è di proprietà di Ubs, che raggiunge quello già portato nello Stato dalla Deutsche Bank e da JP Morgan. Obiettivo quello di diventare un nuovo hub dell’oro mondiale, passando dal 2% al 15% la quota di lingotti in transito sul suolo nazionale.

http://www.imolaoggi.it/?p=58353



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Se questo significherà una fuga di oro da Fort knox, l'unico modo per fermarla è un false flag, diciamo che la solita al qaida farà saltare un ordigno radioattivo nei pressi. cosi per i prossimi 1000 anni l'oro dovrà rimanere li. [:)]



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Fondamentalmente appena questo sistema economico aleatorio, bastato sulla FIDUCIA (di chi in cosa?) crollerà e si tornerà ad una moneta su base concreta (l'oro) che ne disporrà detterà legge.



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