LUCI E OMBRE DEI GESUITI
Quando il 13 marzo la fumata bianca annunciava l’elezione di un nuovo papa, contro ogni pronostico diveniva pontefice il cardinale argentino Jorge Maria Bergoglio, che sceglieva il nome di Francesco I e, per la prima volta nella storia del Papato, apparteneva all’ordine dei Gesuiti. La tempesta non smetteva di sferzare il Vaticano. Agli scandali di Vatileaks, la pedofilia, la corruzione e l’influenza della massoneria durante il mandato di Benedetto XVI, si sommavano ora le polemiche relazionate a un ordine il cui leader è conosciuto come il Papa Nero, organizzazione che in più di un’occasione mantenne una guerra aperta con lo stesso Papato, che ora dirige uno dei suoi membri. Passate poche ore dalla nomina, non tardavano a sorgere nella stampa internazionale voci che legavano il nuovo pontefice al collaborazionismo nella dittatura argentina, cosa che è stata prontamente smentita dal gesuita Franz Jalics, sequestrato nel 1976 dalla cupola militare argentina e residente in Baviera dal 1978, il quale ha affermato che il nuovo papa, allora provinciale dell’ordine gesuita a Buenos Aires, non lo consegnò alla giunta militare. Lo scandalo giungeva da vari fronti. E il fatto che il pontefice abbia fatto affermazioni come la seguente: «Come mi piacerebbe una chiesa povera e per i poveri» ha gettato ancora più benzina sul fuoco e non smette di ricordarci l’atteggiamento tenuto da Giovanni Paolo I e la sua tragica fine. Si fa fatica a credere che la Curia condivida le opinioni del papa sul costruire una chiesa povera, tenendo conto dell’opulenza del piccolo e potente stato, l’influenza dello IOR, la Banca Vaticana e le torbide faccende connesse al denaro nero che sono emerse. Al margine di ciò e senza ricorrere ai passati classici scandali vaticani, ci addentreremo nelle luci e nelle ombre dell’ordine gesuita e la ragione per cui l’elezione di papa Francesco ha provocato commozione in un ampio settore del cattolicesimo.
Origine dell’Ordine
La storia del fondatore della compagnia, il basco Ignacio de Loyola, nome che prese dal villaggio in cui nacque, è strana e affascinante. Prima soldato – lottò per la difesa di Pamplona contro i francesi, dove fu ferito a una gamba – presto sentì la chiamata della fede. Durante la sua convalescenza lesse vari libri religiosi che lo portarono a mettere in discussione tutta la sua vita. Dopo aver esperito una presunta visione della Vergine con il bambino Gesù, si produsse la sua definitiva conversione da uomo di armi a uomo di Dio. Quale cavaliere errante nascose le armi davanti all’altare di Nostra Signora di Montserrat, singolare enclave mistico, considerato uno dei rifugi del Santo Graal. Terminate le sue preghiere, Loyola lasciò la spada e il pugnale e si vestì con abiti poveri, sandali e un bastone, per dedicare la sua vita a Dio e alla predicazione. Fu a partire da questo momento che ebbe diverse visioni, apparentemente di tipo celestiale. Con questo abito giunse a Manresa, dove visse in una grotta meditando e digiunando. Dopo tale esperienza eremitica, nacquero i suoi Esercizi Spirituali, che vennero pubblicati anni più tardi, nel 1548, e che furono la base della filosofia gesuitica. Successivamente viaggiò a Roma e il 4 di settembre del 1523 a Gerusalemme, per rientrare in seguito a Barcellona. Più tardi apprese il latino e si iscrisse all’Università di Alcalà de Henares. Quindi si trasferì a Salamanca, dove cominciò a predicare sui suoi Esercizi, cosa che gli creò problemi con le autorità, che lo tennero incarcerato per molti giorni. Una volta libero, sentendosi minacciato nel continuare la sua predica, viaggiò a Parigi, nella cui università studiò per sette anni, circondandosi di sei seguaci. Allora aveva già chiaro quale fosse il suo progetto di vita e viaggiò prima nelle Fiandre e quindi in Inghilterra, per raccogliere denaro per la sua opera. Il 15 agosto 1534, in mezzo a un ambiente cerimoniale, Loyola e i suoi sei accoliti giurarono a Montmartre di «Servire il nostro Signore, abbandonando tutte le cose del mondo», fondando la Compagnia di Gesù, decidendo di porsi agli ordini del papa come soldati di Dio. Il pontefice Paolo III diede la sua approvazione e permise loro di essere ordinati sacerdoti a Venezia. Nel suo viaggio a Roma, per servire il successore di San Pietro, nella località di La Storta, Ignacio de Loyola visse un’altra esperienza spirituale, una visione all’apparenza trinitaria in cui «il Padre, rivolgendosi al Figlio, gli diceva: “voglio che tu prenda questo come tuo servitore” e Gesù, a sua volta, voltandosi verso Ignacio, gli disse: “Io voglio che tu ci serva”». Nel 1538 Loyola, accompagnato da due dei suoi uomini, tornò a Roma per l’approvazione della costituzione del nuovo ordine, autenticata da Paolo III mediante la bolla Regimini militantes, che limitava il numero di membri a sessanta, limitazione che venne revocata tre anni dopo mediante la bolla Injunctum nobis, che permetteva che la Compagnia di Gesù non avesse limiti, fino a raggiungere dimensioni impressionanti. Allora, Loyola fu eletto generale superiore della Compagnia, così da inviare i suoi seguaci come missionari in giro per l’Europa, creando scuole e seminari. Nel 1548, come già detto, si stamparono gli Esercizi Spirituali, che valsero a Loyola di essere portato davanti all’Inquisizione e di essere rapidamente liberato. Nel 1554 si adottarono le cosiddette Costituzioni Gesuite, elaborate dallo stesso Loyola, base di un’organizzazione monacale dai cui membri si esigeva assoluta abnegazione e obbedienza al papa. A partire da allora, la Compagnia si estese per tutto il mondo, essendo unicamente obbligata a rispondere delle sue azioni davanti al papa e al superiore dell’ordine, oggi conosciuto come il Papa Nero. Nasceva così uno degli ordini religiosi più potenti e controversi della storia. Ignacio de Loyola, il visionario, moriva il 31 luglio 1556, nella sua cella nella sede dei Gesuiti a Roma, per essere canonizzato nel 1622 da papa Gregorio XV.
La Santa Alleanza e la Controriforma
Pochi anni dopo la morte di Loyola, il cattolicesimo si trovava a fronteggiare, come mai prima, l’avanzare dell’eresia. Con la minaccia latente del protestantesimo, si sedette sul trono di San Pietro un papa che fu la guida della Controriforma. Il suo nome era Pio V, un sovrano con ampia esperienza sul fronte dell’Inquisizione, che fondò la cosiddetta Santa Alleanza, nel 1566, chiamata così in onore dell’accordo firmato tra il pontefice e la regina cattolica Maria Stuarda, un servizio di spionaggio vaticano, il cui fine era contrastare il pericolo protestante inglese. Una delle spie del papa fu David Rizzio, che divenne amante della regina scozzese, l’uomo di Roma nella corte inglese e finì per essere assassinato dal marito di questa, il re consorte Henry Darnley e altri cospiratori, tra cui James Stewart de Moray. In seguito sarebbe stato inviato nell’isola il gesuita Lamberto Macchi. In quel tempo, i suoi membri erano considerati i “soldati del papa”, poiché avevano un voto speciale di obbedienza al pontefice. Uomo di grande destrezza e schermitore abituale, non tardarono ad arrivare voci sull’abilità di Macchi alle orecchie del capo del servizio di spionaggio papale, Marco Antonio Maffei. Proprio il pontefice lo incaricò allora di uccidere gli assassini di Rizzio. Macchi partì verso l’Inghilterra insieme ad altri due gesuiti e al fratello della spia assassinata, Giuseppe Rizzio. Come nota il giornalista e scrittore Eric Frattini nel suo libro La Santa Alleanza, mesi dopo costoro uccisero Darnley strangolandolo, per poi finire uno per uno tutti i cospiratori. I gesuiti tentarono anche di uccidere Isabella d’Inghilterra, attentato evitato grazie agli uomini di Francis Walsingham, creatore del più efficiente servizio di spionaggio del suo tempo e braccio destro della regina inglese. La fine di Macchi è avvolta da ombre, occultata proprio dalla Santa Sede, precisamente per le implicazioni politiche che ebbero le sue azioni.
Accusati di aver ucciso un pontefice
Uno dei più accesi detrattori dell’ordine dei gesuiti fu papa Clemente XIV in un secolo, il XVIII, in cui la Compagnia fu espulsa da vari paesi. Questo pontefice, cedendo alle pressioni dei governi di Francia e Spagna, promulgò il breve Dominus ac Redemptor, con cui dissolse la Compagnia, che allora era comandata da padre Lorenzo Ricci. Immersi nella sfera della cospirazione, che perseguitò sempre i gesuiti, alcuni personaggi accusarono i membri della Compagnia niente meno che della morte del pontefice «per aver sciolto l’Ordine di Gesù». I manoscritti da cui sono estratte tali accuse sembrano corrispondere a documenti di un cardinale anonimo, indirizzati all’epoca a un nobile signore della corte madrilena, in cui si chiede vendetta, «poiché, al contrario, ho visto che trionfano i più iniqui del mondo, che sono i Gesuiti e i loro accoliti, che compongono la fazione più potente che ci sia a Roma, per quanto si congiunga ad essa la maggior parte dei cardinali (…); posto che ora si dice per Roma che morirà di veleno il sovrano di Spagna. Tutta Roma è piena di queste voci, lo dicono gli ex gesuiti spagnoli nel caffè che si trova di fronte a Venezia e con loro lo dicono anche i loro terziari che lì accorrono ». Sicuramente non immaginavano, l’autore di queste lettere e altri detrattori dell’Ordine, che un gesuita, nel 2013, si sedesse nel medesimo trono di San Pietro. Le missive autorizzate, sebbene fino ad allora segrete, proseguono affermando che «Giovedì Santo del 1774 il papa ha preso una cioccolata a San Pietro e, bevuti pochi sorsi, ha proferito queste parole: “Sono morto!”; l’argomento che gli serviva per dimostrare che non c’era veleno. Si è preso il restante cioccolato e ieri è morto; non può essere stato l’autore, ritengo, ma credo che sia stata una mano più iniqua… ». Costruita una teoria della cospirazione, probabilmente senza altro fondamento che l’odio di questo personaggio anonimo verso i monaci-soldati, egli continua: «Già due giorni fa è stato necessario che i chirurghi sezionassero tutta quella carne che rimaneva del cadavere, introducessero calce nelle incisioni praticate e, insieme, balsami, per poi fasciarlo tutto; e poiché tutta Roma mormorava che il papa fosse morto di veleno, mettergli una maschera affinché restasse occulta l’iniquità dei signori cardinali, complici tutti del camerlengo… ».
La cospirazione massonica
Come può verificare il lettore, i gesuiti furono accusati di tutto dalla loro stessa fondazione. È nota l’avversione dei membri della Compagnia nei confronti della massoneria, che vedevano come uno strumento minaccioso verso la politica della Santa Sede e, tuttavia, c’era chi li accusava persino di essere massoni! Nel XVIII secolo, dopo la soppressione dell’Ordine, guadagnò forza la leggenda massonico- gesuita, quando si credette di scoprire che, tra i responsabili degli intrighi massonici in Germania, vi erano ex gesuiti che, dopo l’espulsione, non avevano abbandonato la lotta e nascondevano diligentemente le proprie attività. Già nel secolo XVII, alcuni protestanti avevano associato i gesuiti ai Rosacroce, essendo accusati di aver resuscitato la fraternità per servirsi di essa e poter così introdursi in diverse logge massoniche, fino al punto che alcuni massoni credettero di intravedere nelle iniziali S.I. che designavano i Superiores Incogniti un’allusione alla Societas Iesus. Un pubblicazione datata 1782 e apparsa a Berlino, con il titolo di La Rosa Croce messa a nudo, affermava che Rosacroce e Nuovi Templari erano «marionette manovrate dai gesuiti». Il sacerdote gesuita J.A. Ferrer Benimeli, uno dei maggiori esperti di massoneria spagnola, nel Dizionario storico della Compagnia di Gesù, nota che un altro dignitario della Stretta Osservanza, di nome Christophe Bode, redasse nel 1781 una Memoria a Weimar, in cui affermava che i Gesuiti nel secolo XVIII avevano inventato la massoneria simbolica, per lottare contro il protestantesimo trionfante in Inghilterra. Inoltre, segnalava che, dopo la seconda rivoluzione inglese (nel 1689), i gesuiti avevano costituito la massoneria scozzese e, in seguito, la massoneria templare, per lavorare per la restaurazione degli Stewart e ristabilire così l’egemonia della religione romana in Inghilterra. Oltretutto, avevano favorito la diffusione degli alti gradi scozzesi e templari nei paesi protestanti del continente «per nascondere i loro obiettivi contro la religione riformata». Bode trovò fedeli seguaci della sua assurda teoria niente meno che tra gli Illuminati di Baviera, concretamente nella figura di Adolph von Knigge, professore di diritto all’Università di Ingolstadt, che redasse vari articoli con titoli significativi come: Tentativi degli ex gesuiti per ristabilire in Baviera la barbarie e l’ordine gesuitico; Avvertimento ai principi tedeschi per metterli in guardia contro lo spirito e i pugnali dei gesuiti; Gesuiti, Framassoni e Rosa Croce tedeschi, che firmarono la falsa rubrica come Joseph Aloys Maier, antico membro della Compagnia di Gesù. Nella stessa linea, l’autore Friedrich Nicolaï pubblicava un’opera, nel 1783, in cui assicurava che i gesuiti tentarono di prendere la direzione della massoneria nel 1685, quando il sovrano Giacomo II succedette al trono inglese. Ancora, alcuni giornalisti protestanti sostenevano che i gesuiti, nel 1769, trovarono un rifugio nella massoneria per salvare la loro organizzazione e gran parte delle sue inversioni in Europa. Informazioni che non possono essere prese sul serio. Curiosamente e seguendo il lavoro di Benimeli, la massoneria, che era stata condannata da Clemente XII e Benedetto XIV, trovò il suo massimo difensore in un ex gesuita e massone, Karl Joseph Michaeler, rettore dell’Università di Innsbruck, che pubblicò nel 1782 Per tranquillità di un cattolico rispetto alla Bolla papale contro la massoneria. Inutile dirlo, questo ravvivò ancora di più il fuoco della cospirazione tra i nemici dell’ordine. Ciò nonostante, fu un altro ex gesuita il principale bastione del cospirazionismo contro la massoneria, Augustin Barruel, che affermò che i massoni fossero dietro lo scoppio della Rivoluzione Francese nella sua opera Memoria per servire la storia del Giacobinismo, pubblicata in quattro volumi tra il 1797 e il 1799. Nella stessa affermava che gli Illuminati di Baviera, fondati da Adam Weishaupt, volevano infiltrarsi nella massoneria con il fine di manipolarla contro la chiesa e la monarchia, una “cospirazione di filosofi” formata secondo lui da filosofi atei, framassoni e illuminati. Fu contemporaneo del protestante inglese John Robinson, che pubblicò alla fine del secolo XVIII un velenoso testo antimassonico e antigesuitico, in cui affermava che i gesuiti avevano partecipato con frequenza alla maggior parte delle innovazioni condannabili nella massoneria, introdotte dopo la dissoluzione dell’Ordine, convertendoli in una specie di “frati intriganti” che, attraverso i circoli massonici, pretendevano di distruggere tutti i sistemi religiosi e i governi europei. Con la venuta del XIX secolo, celebrandosi il centenario dell’espulsione dei gesuiti da Spagna, Francia e Portogallo, nacque la leggenda che tali espulsioni e la successiva condanna papale fossero opera dei massoni. Questo portò al fatto che membri dell’Ordine furono, d’altra parte, gli istigatori di molte pubblicazioni contro il mondo massonico in cui, seguendo la scia della frode orchestrata da Leo Taxil, si legava la massoneria al satanismo, come fu il caso del testo di padre Sébastian Louis Meurin, pubblicato a Parigi nel 1893 e intitolato La Francmaçonnerie Synagogue de Satan. Dopo il Concilio Vaticano II, nella seconda metà del XX secolo, tali accuse e reciproci rimbrotti si calmarono dopo il dialogo stabilito tra massoni di alto grado e alcuni gesuiti di vari paesi, preoccupati per la disputa. Oggi, su internet, ha preso corpo – soprattutto dopo l’elezione del nuovo papa – la teoria cospirazionistica secondo cui i gesuiti sarebbero i nuovi Illuminati, che pretendono di stabilire un Nuovo Ordine Mondiale. Far sedere uno di loro sul soglio pontificio sarebbe il primo passo per orchestrare questo piano…
La passione per il sapere
Uno dei caratteri distintivi dei membri della Compagnia di Gesù è la sua ampia formazione in diversi campi del sapere, richiesta dall’Ordine, basandosi sul fatto che l’educazione è assunta come una partecipazione nella missione evangelizzatrice della Chiesa. I gesuiti hanno fondato centri educativi nei cinque continenti. Sebbene si siano occupati di ogni tipo di disciplina, non pochi dei suoi membri si sono interessati alle scienze occulte e, negli ultimi decenni, alla parapsicologia. Si interessarono di magia, astrologia e cabala, al punto che furono i gesuiti che composero un Pontificale chronologicum kabalisticum per l’elezione di Innocenzo XI come papa. Un notabile erudito gesuita fu Athanasius Kircher (1601-1680). Nato a Geisa, abbazia di Fulda, Germania, cominciò a studiare materie umanistiche nel collegio gesuita della sua città natale e a 16 anni entrò nel seminario di Paderborn, essendo ordinato sacerdote della Compagnia nel 1628. Presto dominò il greco e l’ebraico e approfondì i suoi studi, divenendo uno degli scienziati più importanti del barocco. Uomo di grandi inquietudini, studiò a Trapani e Palermo i fossili di “elefanti antidiluviani” – mammut – nonché le eruzioni dell’Etna e dello Stromboli e l’importante eruzione del Vesuvio del 1630, arrivando a emulare Plinio il Vecchio nel 79 d.C., discendendo attaccato a una corda il suo cratere. Nel 1638 studiò presso lo Stretto di Messina, dove richiamò la sua attenzione il rumore sotterraneo, che lo portò a realizzare i primi studi della teoria sulla Terra Cava, pubblicando il libro Il Mondo Sotterraneo. Fece ricerche anche sul magnetismo, la luce e i fenomeni ottici. Fu il primo ad avventurarsi nella decifrazione dei geroglifici egizi e studiò il noto Manoscritto Voynich. Un altro celebre gesuita che si occupò di temi eterodossi fu padre Martin del Rio che, oltre a lavorare per l’Inquisizione, si specializzò in magia demoniaca. Più recentemente, si sono distinti lo scomparso padre José Maria Pilon, pioniere della parapsicologia in Spagna e fondatore del gruppo Hepta; Salvador Freixedo, celebre ufologo; il brasiliano Oscar Gonzalez Quevedo, fondatore del Centro Latinoamericano di Parapsicologia.
Teologi della Liberazione
Quando il 25 maggio 1965 venne eletto Preposto Generale della Compagnia di Gesù il basco Pedro Arrupe, i gesuiti si schierarono dalla parte dei più poveri, avvicinandosi alla cosiddetta Teologia della Liberazione, i cui teologi ribelli furono stroncati dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, presieduta allora da Joseph Ratzinger, futuro papa Benedetto XVI. Il nuovo stile che Arrupe impresse all’ordine gesuita, con frasi come «L’educazione è indispensabile per risolvere il problema della miseria» o «Il mondo è saturo di parole e discorsi, ciò che serve sono i fatti », dandogli un’impronta marcatamente politica, lo rese inviso al Vaticano. Allora divenne papa Paolo VI, che non vedeva di buon occhio lui e i gesuiti finché, il 5 ottobre 1981, il nuovo papa Giovanni Paolo II nominò Paolo Dezza delegato personale per governare i gesuiti, esautorando la guida di Arrupe. Il contorno di Giovanni Paolo II, che fu uno dei maggiori detrattori della Teologia della Liberazione, probabilmente divulgò i sospetti di una nuova cospirazione della Compagnia. Sulla scia della nuova Teologia, la accusavano di essere l’agente di infiltrazione del comunismo sovietico in America Latina. Il principale sospettato fu Ignacio Ellacuria, che diede la sua vita per i poveri e fu uno dei sei gesuiti assassinati il 16 novembre 1989 a El Salvador. Poco prima la Santa Sede aveva fatto redigere due studi, Libertas Nuntius (1984) e Libertatis Conscientia (1986), dove si argomentava contro i postulati marxisti della Teologia della Liberazione, incompatibili con la dottrina cattolica. La Santa Sede negava di accettare venti di rinnovamento, mentre al suo interno nasceva ogni tipo di complotto, finendo per provocare un autentico cataclisma nel cuore della fede cattolica. Vedremo cosa ci aspetta ora.
Articolo di Oscar Herradon