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 Oggetto del messaggio: Re: I passi che condurranno alla terza guerra mondiale
MessaggioInviato: 20/04/2018, 14:05 
A ulteriore riprova di quello che ho scritto qualche post indietro...come si fa a concepire che i russi abbiano fornito alla Nato i piu grandi aerei da trasporto al mondo che, in caso di conflitto, gli porterebbero il nemico in casa?
[8D]
Cita:

La Russia interromperà le consegne alla NATO degli aerei da trasporto militari An-124

10:27 18.04.2018

La compagnia aerea cargo russa Volga-Dnepr prima della fine dell'anno interromperà le consegne degli aerei da trasporto An-124, scrive la pubblicazione francese Challenges con riferimento alle sue fonti.

Il discorso riguarda il progetto SALIS (Strategic Airlift International Solution), nell'ambito del quale nel 2006 è stata costituita una joint venture tra la società ucraina "Antonov Airlines" e la russa "Volga-Dnepr".

Complessivamente l'Alleanza Atlantica ha ricevuto 17 aerei da trasporto pesanti An-124 Ruslan.

Secondo la pubblicazione, la parte russa ha preso questa decisione in risposta al rafforzamento delle sanzioni statunitensi.

L'articolo sottolinea che la decisione di Volga-Dnepr sarà un colpo pesante per le forze armate francesi, in quanto sono strettamente dipendenti dagli aerei Ruslan per il trasporto di elicotteri e carri armati, nonostante la presenza degli Airbus A400M.

An-124-100 Ruslan è stato sviluppato nella prima metà degli anni '80 dall'ufficio di progettazione Antonov insieme ad importanti istituti di ricerca, imprese del settore aeronautico e ministeri. L'intera Unione Sovietica ha lavorato alla realizzazione di questo velivolo.


Fonte


https://it.m.wikipedia.org/wiki/Antonov_An-124_Ruslan



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 Oggetto del messaggio: Re: I passi che condurranno alla terza guerra mondiale
MessaggioInviato: 20/04/2018, 14:23 
Angel_ ha scritto:
A ulteriore riprova di quello che ho scritto qualche post indietro...come si fa a concepire che i russi abbiano fornito alla Nato i piu grandi aerei da trasporto al mondo che, in caso di conflitto, gli porterebbero il nemico in casa?
[8D]
Cita:

La Russia interromperà le consegne alla NATO degli aerei da trasporto militari An-124

10:27 18.04.2018

La compagnia aerea cargo russa Volga-Dnepr prima della fine dell'anno interromperà le consegne degli aerei da trasporto An-124, scrive la pubblicazione francese Challenges con riferimento alle sue fonti.

Il discorso riguarda il progetto SALIS (Strategic Airlift International Solution), nell'ambito del quale nel 2006 è stata costituita una joint venture tra la società ucraina "Antonov Airlines" e la russa "Volga-Dnepr".

Complessivamente l'Alleanza Atlantica ha ricevuto 17 aerei da trasporto pesanti An-124 Ruslan.

Secondo la pubblicazione, la parte russa ha preso questa decisione in risposta al rafforzamento delle sanzioni statunitensi.

L'articolo sottolinea che la decisione di Volga-Dnepr sarà un colpo pesante per le forze armate francesi, in quanto sono strettamente dipendenti dagli aerei Ruslan per il trasporto di elicotteri e carri armati, nonostante la presenza degli Airbus A400M.

An-124-100 Ruslan è stato sviluppato nella prima metà degli anni '80 dall'ufficio di progettazione Antonov insieme ad importanti istituti di ricerca, imprese del settore aeronautico e ministeri. L'intera Unione Sovietica ha lavorato alla realizzazione di questo velivolo.


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https://it.m.wikipedia.org/wiki/Antonov_An-124_Ruslan

Aerei con BUG "dormiente" nel SW, semplice. [:305]



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 Oggetto del messaggio: Re: I passi che condurranno alla terza guerra mondiale
MessaggioInviato: 20/04/2018, 19:27 
Qua, le mani, prudono a tutti ...! [:291]

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La notizia sta rimbalzando in queste ore sulle agenzie stampa ma i fatti sarebbero ascrivibili alla giornata di domenica 15 aprile: 3 navi della Reale Marina Australiana – 2 fregate e un rifornitore di squadra – mentre erano in navigazione nella contese acque del Mar Cinese Meridionale, sono state fatte oggetto di atteggiamenti di sfida da parte di unità della Marina Cinese.

Il Ministero della Difesa australiano ha confermato che le fregate Hmas Anzac e Hmas Toowoomba insieme al rifornitore Hmas Success sono state intercettate da unità navali della Marina del PLA mentre erano dirette verso le coste del Vietnam, per una visita di cortesia nel quadro dei rapporti bilaterali tra i due Paesi, provenienti da Subic Bay (Filippine) e da Kota Kinabalu (Malesia).

Lo stesso Ministero non si è espresso in merito alla natura dell’ingaggio tra le due flottiglie ma fonti anonime interne hanno definito quello cinese come un atteggiamento “provocatorio” e di “sfida”.

Il Primo Ministro australiano, Malcom Turnbull, non si è espresso in merito ai dettagli dell’incontro in alto mare ma ha duramente ribadito il diritto dell’Australia alla libera navigazione nell’area del Mar Cinese Meridionale: “Manteniamo ed esercitiamo il diritto di libertà di navigazione e di sorvolo ovunque nel mondo, e, in questo contesto, incluso quello dei vascelli navali negli oceani, Mar Cinese Meridionale compreso, in accordo con le leggi internazionali”.

Gli fa eco anche Christopher Pyne, che presiede il dicastero australiano per l’industria della difesa, riaffermando il diritto internazionale ma nello stesso tempo cercando di minimizzare e smorzare i toni. Secondo il ministro infatti l’utilizzo del termine “sfida” per quanto avvenuto è una esagerazione dei tabloid per qualcosa che avviene molto regolarmente in quelle acque.

Di tono diverso è il Ministero della Difesa cinese che in una alquanto stringata nota fa sapere che i fatti si sarebbero svolti diversamente da quanto riportato dai media australiani.
“Il 15 aprile vascelli cinesi hanno incontrato navi della Marina Australiana nel Mar Cinese Meridionale. Le navi cinesi hanno usato un linguaggio professionale per comunicare con le controparti australiane. L’operato cinese è legale e conforme alle convezioni. E’ stato professionale e sicuro”.

Le navi australiane sono quindi incappate nella flotta cinese di ritorno dalle manovre militari tenutesi la settimana scorsa nelle acque contese del Mar Cinese Meridionale a cui ha assistito lo stesso presidente Xi Jinping e che ha visto la presenza di 76 cacciabombardieri e 48 vascelli tra cui la portaerei Lianonig e almeno un paio di sottomarini nucleari per un totale di circa 10 mila uomini coinvolto. E’ stata la prima volta tra i due Paesi si è avuto un “incidente” di questo tipo. Infatti, sebbene altri incontri ravvicinati tra cacciabombardieri delle due nazioni fossero già capitati in passato, non v’è traccia nelle cronache di un ingaggio simile tra il naviglio delle rispettive marine militari.

Sicuramente, ed al di là dei comunicati stampa di Pechino, il fatto rappresenta un ulteriore segnale dell’aggressività cinese che ormai vede quelle acque come facenti parte del proprio territorio nazionale e quindi sottoposte alla loro piena sovranità. Pertanto un’eventuale risposta debole da parte australiana o della comunità dei Paesi rivieraschi interessati dalla querelle, verrebbe interpretata da Pechino come il segnale di un “disinteresse” di fondo per la questione e quindi una implicita giustificazione del proprio operato; un segnale che le proprie rivendicazioni sono state tacitamente accettate anche e soprattutto grazie al lento ma costante lavoro di occupazione delle isole contese avvenuto con la trasformazione degli insediamenti artificiali là costruiti da civili a militari, nel disprezzo delle regole della comunità internazionale.

Più in generale i rapporti internazionali tra Australia e Cina non stanno vivendo una fase idilliaca in questo periodo: allo stesso Primo Ministro australiano è stato recentemente negato il visto di ingresso nel Paese in concomitanza con il Forum Boao che si tiene nella provincia di Hainan come risposta alla promulgazione di leggi speciali che, secondo Pechino, interferirebbero nella propria politica estera prevedendo la possibilità per Canberra di porre delle limitazioni all’ingerenza di altri Paesi nei propri affari interni.

Leggi che sono state varate a seguito dello scandalo che ha visto coinvolti alcuni politici australiani accusati di aver ricevuto fondi da parte di alcuni importanti imprenditori cinesi.

Già lo scorso febbraio Pechino aveva fatto sapere, da parte del portavoce del Ministero degli Esteri, che auspicava che la mentalità da “Guerra Fredda” fosse abbandonata da parte australiana auspicando che si potesse “lavorare insieme” cessando ogni tipo di “commento irresponsabile”.

La vera e propria “bacchettata” a quanto pare è arrivata un paio di mesi dopo e ha visto protagonista la flotta cinese, ormai sempre più protagonista nei mari del Pacifico occidentale.

http://www.occhidellaguerra.it/tensione ... ridionale/



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U.F.O. "Astronavi da altri Mondi?" - (Opinioni personali e avvenimenti accaduti nel passato): viewtopic.php?p=363955#p363955
Nient'altro che una CONSTATAZIONE di fatti e Cose che sembrano avvenire nei nostri cieli; IRRIPRODUCIBILI, per ora, dalla nostra attuale civiltà.
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 Oggetto del messaggio: Re: I passi che condurranno alla terza guerra mondiale
MessaggioInviato: 20/04/2018, 19:42 
Ecco l'Impero della menzogna e i Lacchè al soldo dei giornali subito a ribaltare il senso: [:303]
Chissà come si comporterebbe l'Australia se una intera flotta di navi da guerra Cinese gironzolasse attorno alle coste Australiane!. [:291]
Che è una passeggiata mattutina?. [:246]


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 Oggetto del messaggio: Re: I passi che condurranno alla terza guerra mondiale
MessaggioInviato: 20/04/2018, 20:47 
Ufologo 555 ha scritto:
...



Con le azioni si USA, FRancia e GB si legittima qualunque stato a farsi i cavoli propri fregandosene del diritto internazionale ed hanno pienamente ragione. Perchè questi tre stati canaglia possono bombardare chi vogliono e gli altri no?

Un vera potenza globale da l'esempio non istiga e esacerba gli animi. Per fortuna gli USA sono al collasso penso che ne vedremo il crollo nella nsotra generazione e forse a quel punto il mondo sarà un posto leggermente più sereno.



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 Oggetto del messaggio: Re: I passi che condurranno alla terza guerra mondiale
MessaggioInviato: 20/04/2018, 22:33 
ma state tranquilli non scoppiera' nessuna guerra mondoale come LA intendevate nel 900..



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 Oggetto del messaggio: Re: I passi che condurranno alla terza guerra mondiale
MessaggioInviato: 21/04/2018, 07:31 
Un articolo interessante con considerazioni acute riguardo alla situazione, cosi come appare...anche se io penso sempre che ci possano essere delle variabili nascoste che lo potrebbero invalidare, almeno in parte...

Cita:
Ogni “click” ci porta un po’ più vicini al “bang!”

Davide 21 aprile 2018 , 5:30 Attualità, Notizie dal Mondo

DI THE SAKER

thesaker.is

Trump ha tirato il grilletto, ma, invece di un “bang”, quello che il mondo ha sentito è stato un modesto “click”. Considerando che stiamo parlando di un gioco estremamente pericoloso, una roulette russsa anglosionista, possibilmente nucleare, il “click” è davvero una buona notizia. Ma, per usare le parole di Nikki Haley, la “pistola” americana è sempre “carica e pronta”.

Ci sono diverse versioni su quanto accaduto veramente, ma io credo che la spiegazione più plausibile di quel “click” consista nella combinazione di due eventi.

1. Gli Americani hanno fatto di tutto per non dare neanche l’impressione di voler attaccare le forze russe o iraniane in Siria. Con regole di ingaggio di questo tipo, è stato facile per la contraerea siriana prevedere l’elenco degli obbiettivi e le traiettorie di volo dei missili statunitensi.

2. La difesa aerea siriana, integrata ora nella rete russa C4ISR e probabilmente migliorata, ha performato molto meglio di quanto si aspettasse la maggior parte della gente.
Francamente, non so chi negli Stati Uniti debba assumersi il merito di aver fatto la cosa giusta, ma questa persona(e) merita(no) la nostra gratitudine collettiva. Si dice che sia stato Mattis, altri indicano Dunford ed altri ancora lo stesso Trump (io ne dubito). Ribadisco, non so chi lo abbia fatto, ma questa azione merita degli applausi a scena aperta. Il fatto che questa (prevedibilmente) penosa performance sia stata camuffata con ridicole dichiarazioni, tipo “un attacco perfetto” e “tutti i missili hanno raggiunto gli obbiettivi” è procedura comune, un esercizio di base per tentare di salvare la faccia e placare i Neoconservatori, sempre assetati di sangue. La lezione più importante che si può ricavare da questi ultimi sviluppi è che nelle posizioni chiave degli Stati Uniti ci sono ancora uomini che hanno fatto quello che bisognava fare per evitare una escalation catastrofica in Siria. La domanda ora è: per quanto tempo queste “forze mentalmente sane” (in mancanza di un’identificazione migliore) continueranno a resistere ai “pazzi”?

Non c’è bisogno di dire che la lobby israeliana ed i Neoconservatori sono assolutamente furibondi. E, aggiungendo la beffa al danno, i Russi ora dicono di voler fornire ai Siriani le batterie di S-300 (con cui sarebbero in grado di seguire ed ingaggiare gli aerei israeliani praticamente fin dal decollo). Vorrei aggiungere che gli Israeliani si sono fatti tutto da soli, con i loro attacchi missilistici nel momento peggiore, ma il fatto che si siano dati da soli la zappa sui piedi non è, per loro, meno doloroso.
Il problema maggiore, però, è che questo risultato, in sé molto positivo, in realtà non risolve nulla.

Le problematiche-chiave non risolte sono:

1. C’è qualcuno, in particolare il Consiglio di Sicurezza dell’ONU e/o la Russia, che può porre il veto alle mosse egemoniche anglo-sioniste in ogni parte del pianeta? La posizione ufficiale degli Stati Uniti è un categorico “no!”. Quello che si è visto in Siria, però, spinge fortemente per un “si”.

2. Vorranno gli stati Uniti accettare il fatto che l’Egemonia non è riuscita a rovesciare il governo siriano e che i Siriani hanno vinto la guerra? Su questo argomento la posizione americana ha zigzagato numerose volte, ma direi che il campo dei “no” è molto più forte di quello dei “si”. L’atteggiamento attuale degli Stati Uniti in Siria fa chiaramente capire che non sono ancora pronti a “cantar vittoria e partire”.

3. Sono state sufficienti le (pseudo) chimiche false-flag degli Skripal e di Douma per riportare sotto il controllo dell’Anglosfera l’Unione Europea post-Brexit e sono riusciti gli Anglo-Sionisti a cementare un fronte unito per una “Crociata contro la Russia”? La maggior parte dei governi dell’UE ha avallato tutte le stupidaggini e le violazioni delle leggi internazionali con il pretesto della “solidarietà”, ma in questa apparente unità ci sono comunque delle frature.

In questo momento, la situazione è estremamente fluida e ci sono troppe variabili potenziali per poter fare una previsione che sia anche solo poco più di una congettura casuale. La sola cosa certa è che questo confronto fra l’Egemonia anglo-sionista e la Russia è lungi dall’essere terminata, sia in Siria che altrove (Ucraina).

In pratica, il nostro pianeta deve scegliere fra due ordini mondiali, che si escludono a vicenda.

In questo momento, l’”Occidente collettivo” è impegnato in uno sforzo veramente titanico per preservare l’Egemonia, ma i presagi sono ormai abbastanza chiari, da qui derivano tutte le stupide sceneggiate che vediamo fare da personaggi come Trump, la May e Macron. In questo contesto, la guerra in Siria è sopratutto una guerra, fatta dagli Americani, per mantenersi diritto di fare tutto ciò che si vuole, infischiandosene delle leggi internazionali, dei fatti, della logica ed anche del buon senso. Il messaggio di Nikki Haley al mondo è stato semplice, coerente e schietto in modo meraviglioso: “Noi siamo l’Egemone, noi siamo al di sopra di tutto e di tutti, al di sopra di voi e di tutte le vostre leggi e dei vostri principi. Siamo anche al di sopra dei fatti e della logica. Inchinatevi ed adorateci, altrimenti sarà peggio per voi!”.

Il problema per gli Anglo-Sionisti è che, se da un lato la maggior parte dei leaders occidentali ha accettato queste condizioni (questo è il significato odierno della “solidarietà”), il resto del mondo sta, in silenzio ma attivamente, cercando il modo per verificare la fattibilità di opzioni differenti e anche nazioni relativamente deboli e/o minuscole (la Bolivia, per esempio) sono disposte a rigettare pubblicamente questo diktat anglosionista. Per quanto riguarda Russia e Cina, esse stanno già di fatto creando un nuovo ordine mondiale, alternativo e multipolare, dove alll’Anglosfera sarà riconosciuto unicamente il ruolo di “uno fra molti”, non certo quello di razza padrona planetaria in cui si identificano i suoi leaders.

E’ interessante (notare) che la tattica principale scelta dall’”Occidente collettivo” per rispondere a queste sfide sia stata praticamente il rifiuto della realtà e la preoccupazione per le apparenze, piuttosto che per i fatti reali. Da qui l’”attacco perfetto”. Carl Rove l’aveva detto meglio quando aveva affermato: “Noi ora siamo un impero, e quando agiamo, noi creiamo la nostra stessa realtà. E mentre voi studierete quella realtà, e lo farete in modo giudizioso, noi agiremo ancora, creando altre nuove realtà, e potrete studiare anche queste, ed è così che saranno organizzate le cose. Noi siamo gli attori della storia… e a voi, a tutti voi, non rimarrà altro da fare che studiare quello che noi facciamo”.

Negli anni ‘90 c’era un detto popolare anonimo che diceva “non avete vinto fintanto che la CNN non dice che avete vinto”. Oggi vediamo qualcosa del genere, solo al contrario: non avete perso fintanto che la CNN non dice che avete perso. Ho avuto un inquietante déjà-vu quando Trump ha twittato “missione conclusa”, ripetendo le stesse identiche parole dette da Dubya sulla sua portaerei, un attimo prima che in Iraq si scatenasse veramente l’inferno (posso immaginare come abbiano rabbrividito a queste parole quelli del CENTCOM, che pare siano molto arrabbiati!). Penso che Marx avesse ragione, quando diceva che “la storia si ripete, prima come tragedia, poi come farsa”. Il Medio Oriente soffre da molto tempo ed ha sicuramente visto troppe tragedie, ma temo che ciò a cui abbiamo appena assistito, l’ultimo attacco americano alla Siria, sia stata la farsa e che la vera tragedia debba ancora arrivare.

I Neoconservatori si possono grossomodo divedere in due tipi: quelli abbastanza stupidi da credere che gli ultimi attacchi sono stati, veramente, un successo strepitoso e quelli abbastanza svegli da capire che è stato tutto un patetico flop. Il primo tipo sarà ringalluzzito dalla sensazione di totale impunità (e, difatti, gli Stati Uniti l’hanno fatta franca, nonostante questa grave violazione di tutte le norme del vivere civile e delle leggi internazionali), mentre il secondo tipo continuerà a chiedere attacchi ancora più massicci. Mettete insieme i due ed avrete la ricetta perfetta per una situazione esplosiva.

Ed ora la notizia veramente brutta: le forze di terra degli Stati Uniti (l’esercito) sono praticamente inservibili, la marina e l’aviazione sono nei guai, in grossi guai: la flotta di superficie è diventata quasi obsoleta a causa del missile russo Kinzhal, mentre l’aviazione non sembra in grado di operare in presenza di moderni missili terra-aria russi. Nessuna di queste forze sembra in grado di fare qualcosa che non sia un enorme spreco di denaro o l’uccisione di un sacco di gente, sopratutto civili. Proprio come i suoi alleati israeliani e sauditi, le forze armate americane non sono semplicemente in grado di affrontare un nemico serio ed in grado di difendersi. C’è solo un settore delle forze armate americane ancora in grado di espletare appieno la sua funzione: la triade nucleare statunitense. Da qui tutti i tentativi dei pianificatori e degli strateghi militari americani per trovare una dottina che non solo giustifichi l’uso delle armi atomiche come deterrente, ma che le riconcettualizzi al rango di normali strumenti bellici (difesa antimissile, microatomiche, ecc.). Mettetela così: gli unici mezzi di aggressione credibili (nel mondo reale) rimasti all’Impero sono le armi atomiche. Molte (la maggior parte? delle) persone non se ne rendono (ancora) conto, ma, con il fallimento degli attacchi convenzioonali, questa realtà sarà sempre più difficile da nascondere.

Sarà in grado la gente, che questa volta è riuscita a sventare il piano dei Neocoservatori per un vero e duro attacco alla Siria e probabilmente anche contro la task force russa in Siria, ad avere successo una prossima volta? Non lo so. Ma non posso ignorare il fatto che ogni “cick” ci porta sempre più vicini al “bang”. E questo mi fa capire come l’unica, vera soluzione a questa situazione estremamente pericolosa sia quella di trovare il modo di togliere il dito dal grilletto o, meglio ancora, togliere la pistola al pazzo che ce la punta addosso.



The Saker

Fonte: https://thesaker.is

Link: http://www.unz.com/tsaker/each-click-br ... -the-bang/

20.04.2018



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 Oggetto del messaggio: Re: I passi che condurranno alla terza guerra mondiale
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Ufologo 555 ha scritto:
Qua, le mani, prudono a tutti ...! [:291]

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La notizia sta rimbalzando in queste ore sulle agenzie stampa ma i fatti sarebbero ascrivibili alla giornata di domenica 15 aprile: 3 navi della Reale Marina Australiana – 2 fregate e un rifornitore di squadra – mentre erano in navigazione nella contese acque del Mar Cinese Meridionale, sono state fatte oggetto di atteggiamenti di sfida da parte di unità della Marina Cinese.

Il Ministero della Difesa australiano ha confermato che le fregate Hmas Anzac e Hmas Toowoomba insieme al rifornitore Hmas Success sono state intercettate da unità navali della Marina del PLA mentre erano dirette verso le coste del Vietnam, per una visita di cortesia nel quadro dei rapporti bilaterali tra i due Paesi, provenienti da Subic Bay (Filippine) e da Kota Kinabalu (Malesia).

Lo stesso Ministero non si è espresso in merito alla natura dell’ingaggio tra le due flottiglie ma fonti anonime interne hanno definito quello cinese come un atteggiamento “provocatorio” e di “sfida”.

Il Primo Ministro australiano, Malcom Turnbull, non si è espresso in merito ai dettagli dell’incontro in alto mare ma ha duramente ribadito il diritto dell’Australia alla libera navigazione nell’area del Mar Cinese Meridionale: “Manteniamo ed esercitiamo il diritto di libertà di navigazione e di sorvolo ovunque nel mondo, e, in questo contesto, incluso quello dei vascelli navali negli oceani, Mar Cinese Meridionale compreso, in accordo con le leggi internazionali”.

Gli fa eco anche Christopher Pyne, che presiede il dicastero australiano per l’industria della difesa, riaffermando il diritto internazionale ma nello stesso tempo cercando di minimizzare e smorzare i toni. Secondo il ministro infatti l’utilizzo del termine “sfida” per quanto avvenuto è una esagerazione dei tabloid per qualcosa che avviene molto regolarmente in quelle acque.

Di tono diverso è il Ministero della Difesa cinese che in una alquanto stringata nota fa sapere che i fatti si sarebbero svolti diversamente da quanto riportato dai media australiani.
“Il 15 aprile vascelli cinesi hanno incontrato navi della Marina Australiana nel Mar Cinese Meridionale. Le navi cinesi hanno usato un linguaggio professionale per comunicare con le controparti australiane. L’operato cinese è legale e conforme alle convezioni. E’ stato professionale e sicuro”.

Le navi australiane sono quindi incappate nella flotta cinese di ritorno dalle manovre militari tenutesi la settimana scorsa nelle acque contese del Mar Cinese Meridionale a cui ha assistito lo stesso presidente Xi Jinping e che ha visto la presenza di 76 cacciabombardieri e 48 vascelli tra cui la portaerei Lianonig e almeno un paio di sottomarini nucleari per un totale di circa 10 mila uomini coinvolto. E’ stata la prima volta tra i due Paesi si è avuto un “incidente” di questo tipo. Infatti, sebbene altri incontri ravvicinati tra cacciabombardieri delle due nazioni fossero già capitati in passato, non v’è traccia nelle cronache di un ingaggio simile tra il naviglio delle rispettive marine militari.

Sicuramente, ed al di là dei comunicati stampa di Pechino, il fatto rappresenta un ulteriore segnale dell’aggressività cinese che ormai vede quelle acque come facenti parte del proprio territorio nazionale e quindi sottoposte alla loro piena sovranità. Pertanto un’eventuale risposta debole da parte australiana o della comunità dei Paesi rivieraschi interessati dalla querelle, verrebbe interpretata da Pechino come il segnale di un “disinteresse” di fondo per la questione e quindi una implicita giustificazione del proprio operato; un segnale che le proprie rivendicazioni sono state tacitamente accettate anche e soprattutto grazie al lento ma costante lavoro di occupazione delle isole contese avvenuto con la trasformazione degli insediamenti artificiali là costruiti da civili a militari, nel disprezzo delle regole della comunità internazionale.

Più in generale i rapporti internazionali tra Australia e Cina non stanno vivendo una fase idilliaca in questo periodo: allo stesso Primo Ministro australiano è stato recentemente negato il visto di ingresso nel Paese in concomitanza con il Forum Boao che si tiene nella provincia di Hainan come risposta alla promulgazione di leggi speciali che, secondo Pechino, interferirebbero nella propria politica estera prevedendo la possibilità per Canberra di porre delle limitazioni all’ingerenza di altri Paesi nei propri affari interni.

Leggi che sono state varate a seguito dello scandalo che ha visto coinvolti alcuni politici australiani accusati di aver ricevuto fondi da parte di alcuni importanti imprenditori cinesi.

Già lo scorso febbraio Pechino aveva fatto sapere, da parte del portavoce del Ministero degli Esteri, che auspicava che la mentalità da “Guerra Fredda” fosse abbandonata da parte australiana auspicando che si potesse “lavorare insieme” cessando ogni tipo di “commento irresponsabile”.

La vera e propria “bacchettata” a quanto pare è arrivata un paio di mesi dopo e ha visto protagonista la flotta cinese, ormai sempre più protagonista nei mari del Pacifico occidentale.

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"ovunque nel mondo"..

messa così suona u pò male..
ma lo sanno gli australiani che l'impero britannico
si è estinto da un pezzo??



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https://roma.corriere.it/notizie/politi ... 0b7e.shtml
Conte ripercorre le tappe della crisi: «Vorrei ricordare che con la parlamentarizzazione della crisi la Lega ha poi formalmente ritirato la mozione di sfiducia, ha dimostrato di voler proseguire, sono stato io che ho detto “assolutamente no”perché per me quell’esperienza politica era chiusa».


http://www.lefigaro.fr/international/mi ... e-20190923
il stipule que les États membres qui souscrivent à ce dispositif de relocalisation des personnes débarquées en Italie et à Malte s’engagent pour une durée limitée à six mois - éventuellement renouvelable. Le mécanisme de répartition serait ainsi révocable à tout moment au cas où l’afflux de migrants vers les ports d’Italie et de Malte devait s’emballer.
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 Oggetto del messaggio: Re: I passi che condurranno alla terza guerra mondiale
MessaggioInviato: 23/04/2018, 13:23 
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“Solo una guerra può fermare la Cina dal controllo del Pacifico”. Non usa giri di parole l’ammiraglio Philip S. Davidson commentando al Congresso degli Stati Uniti la potenza navale cinese.

Il comandante del United States Fleet Forces Command è molto sincero. La Cina ha raggiunto un tale livello di radicamento delle proprie basi navali in tutte le aree marittime disputate, che è sostanzialmente impossibile fare in modo che il controllo di quelle aree da parte cinese sia messo a repentaglio. Ed è in particolare il Mar Cinese Meridionale a preoccupare il comandante delle flotte statunitensi.

“Una volta occupato, la Cina sarà in grado di estendere la sua influenza a migliaia di chilometri a sud e proiettare la potenza in profondità fino in Oceania”, ha scritto l’ammiraglio Philip S. Davidson. “Le forze armate cinesi saranno in grado di utilizzare queste basi per sfidare la presenza degli Stati Uniti nella regione, e qualsiasi forza dispiegata dalla Cina nelle isole finirebbe facilmente per sopraffare le forze militari di qualsiasi altro pretendente sul Mar Cinese Meridionale”. Continua poi l’ammiraglio: “In breve, la Cina è ora in grado di controllare il Mar Cinese Meridionale in tutti gli scenari, al netto di una guerra con gli Stati Uniti“.

Le frasi di Davidson non sono da sottovalutare. Finora gli Stati Uniti e gli alleati del pacifico avevano parlato della Cina come superpotenza che metteva a rischio la libertà di navigazione. Il Pentagono ha sempre parlato della minaccia nelle rotte commerciali asiatiche e di pericoli derivanti dalla presenza militare cinese. Adesso l’ammiraglio Davidson dice qualcosa di diverso. In sostanza, ammette la sconfitta strategica degli Stati Uniti nel Pacifico.

Per il sistema di alleanze degli Usa nel Pacifico, questa ammissione significa che è necessario uno sforzo maggiore da parte di tutti. L’obiettivo della nuova amministrazione targata Donald Trump è sempre stato quello di chiudere l’espansione cinese attraverso un maggiore coinvolgimento dei partner Usa in Estremo Oriente. Gli Stati Uniti stanno cercando di formare una sorta di Nato dell’Indo-Pacifico composta da Australia, Giappone e India, in via principale, proprio per avere un supporto in questo contenimento della Cina.

Il monito di Davidson è chiaro: la Cina ha una posizione di netto vantaggio. La militarizzazione delle isole artificiali del Mar cinese meridionale, unita a una politica di espansione della propria influenza, sta scalzando la presenza Usa nel Pacifico. Gli alleati non hanno ancora le capacità militari per fermare l’avanzata cinese. Lo potrebbe fare il Giappone, che però ha una costituzione pacifista che lo frena. L’Australia, dal canto suo, paga un gap militare notevole sia in fatto di uomini che di mezzi, pur avendo tecnologia e soldi adeguati. L’India è un caso a parte. Difficile definirlo alleato degli Stati Uniti: segue una sua linea politica autonoma in cui la Cina è sì un grande nemico, ma anche un partner che può rivelarsi fondamentale.

A questi problemi di natura strategica e diplomatica, gli Stati Uniti poi devono fare i conti anche con la crescita esponenziale della Cina. Una crescita che rende difficilissimo competere in termini strutturali con una potenza in piena fase espansiva. E l’era di Xi Jinping ha dimostrato che adesso Pechino vuole uscire dal suo enorme guscio asiatico per imporsi anche come potenza militarmente riconosciuta.
Il nodo Taiwan

Un esempio di questa difficoltà per gli Usa di scalfire la volontà cinese di imporsi sul Pacifico è l’isola di Taiwan. Xi Jinping ha già detto che non tollererà volontà di Taiwan di secedere definitivamente dalla Repubblica popolare cinese. Gli Stati Uniti finora avevano riconosciuto formalmente la dottrina di “una sola Cina”, ma i legami militari e politici fra Washington e Taipei non si sono allentati.

Nel caso in cui la Cina decidesse, in tempi più o meno brevi, di occupare l’isola di Taiwan, gli Stati Uniti sarebbero sostanzialmente costretti a osservarli. Non potrebbero intervenire senza scatenare una guerra. Una guerra che, vista l’elevata crescita del comparto militare cinese, sarebbe rischiosissima. Potrebbero sostenere militarmente il governo di Taipei, ma probabilmente con scarsi risultati.

Un editoriale del Global Times dai toni estremamente bellicosi deve far riflettere. “Benché la riunificazione pacifica con Taiwan sia la scelta ottimale, la riunificazione con la forza al continente viene seriamente considerata un’opzione. Spetta al popolo cinese decidere quando e come Taiwan sarà riunificata. Ciò dipende da quanto le autorità di Taiwan percorrano il sentiero dell’indipendenza, non da quanto gli Stati Uniti appoggino Taiwan. Infatti, più Washington sostiene i separatisti di Taiwan, prima vedranno arrivare il loro giorno del giudizio“.

Parole di fuoco, ma che sono un segnale molto chiaro della presa di coscienza da parte della Cina delle sue capacità militari. E l’ammiraglio Davidson, scrivendo al Congresso, lo ha reso evidente.

http://www.occhidellaguerra.it/cina-stati-uniti/



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 Oggetto del messaggio: Re: I passi che condurranno alla terza guerra mondiale
MessaggioInviato: 25/04/2018, 14:08 
[:291]


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Il modestissimo “The Post”, recente film di Steven Spielberg, nella sua retorica benpensante aveva almeno un merito: portava a galla il ricordo dei Pentagon Papers, ovvero dello studio che Bob McNamara, ministro della Difesa, aveva fatto preparare da una serie di analisti, e all’insaputa sia del presidente Johnson sia del segretario di Stato Rusk, e che conteneva una serie di verità scomode sulla guerra del Vietnam. I Papers, fotocopiati da un analista del Pentagono diventato pacifista, furono poi (come racconta, male, il film) pubblicati dal New York Times e dal Washington Post sollevando lo sdegno di molti americani che, attraverso di essi, scoprirono che i vertici del governo avevano mentito per anni sulla condotta e sulla natura di una guerra che era stata provocata ad arte per contenere la Cina e che nessuno pensava di vincere.

Al posto di esaltare il mito di giornali che, nel frattempo, sono diventati tra i più guerrafondai al mondo, i nostri intellettuali avrebbero dovuto occuparsi di quei Papers che spiegavano molto bene la natura della politica estera americana. E che, letti oggi, ci fanno capire che siamo tornati esattamente a quei tempi oscuri. Per fortuna ci sono i libri. In questo caso due, dello stesso editore Zambon. Il primo è Progetto apocalisse – I piani del pentagono per la guerra nucleare, presenta un lungo memoriale di Paul H. Johnstone, padre di Diana Johnstone (corrosiva biografa di Hillary Clinton) e, dopo la seconda guerra mondiale, per vent’anni membro di un gruppo di specialisti del Pentagono incaricati della pianificazione e analisi degli attacchi nucleari. Ma non solo: Johnstone era anche uno degli analisti che redassero i Pentagon Papers su richiesta di McNamara.

Le sue opinioni e il suo racconto, dunque, vengono dall’interno della macchina politico-bellica degli Usa degli anni Cinquanta e Sessanta e sono per questo preziosissimi. Perché confermano due aspetti sostanziali della politica di potenza americana. Il primo (che non riguarda solo gli Usa) è che la pianificazione di un conflitto, e ancor più di un conflitto nucleare, è basata quasi solo su ipotesi e stime, che possono ovviamente essere adattate alla bisogna. Quindi, le decisioni ad alto e altissimo livello sono basate su informative fatte apposta per per sostenere le decisioni stesse.

Il secondo è l’ossessione bellicista anti-russa maturata dopo la seconda guerra mondiale, in particolare dopo che Truman ebbe impiegato la bomba atomica contro il Giappone anche se tutti i più alti esponenti delle forze armate (tra i quali anche Eisenhower e McArthur) avevano dato parere contrario. L’esaltazione per il possesso di una tale forza distruttiva diede alla Casa Bianca lo slancio per dare inizio alla Guerra Fredda e mandare a monte ogni possibile intesa con Stalin.

Johnstone scrive che “l’opinione dominante al Pentagono era che i russi avrebbero potuto scagliare le loro orde contro l’Europa occidentale praticamente in qualsiasi momento”. E ancora, ricordando le relazioni del Gruppo Studi Speciali diretto da Steve Possony, l’emigrato ungherese che fu il mentore di Kissinger e Brzezisnsky: “…ogni anno tale analisi prevedeva per l’anno seguente un massicico attacco terrestre russo contro l’Europa occidentale. Molti di noi dopo un po’ iniziarono a riderci sopra”.

Ma la paranoia anti-sovietica di allora non corrisponde all’ossessione russofobica di oggi, così cara proprio ai giornali che nel 1971 rivelarono invece i Pentagon Papers? La minaccia di un’invasione russa, allora agitata dagli emigrati dei Paesi dell’Est, non è identica a quella di cui tanto parlano, oggi, i politici dei Paesi dell’Est non più sovietizzati e i loro interlocutori della Nato, per non parlare dei politici e degli intellettuali neo-con da decenni dominanti negli Usa? Su questo sfondo politico e culturale va letto l’altro libro di Zambon, Guerra nucleare – Il giorno prima di Manlio Dinucci.

Esperto di politiche del riarmo, Dinucci racconta gli “scenari dell’Apocalisse”, ovvero ciò che gli Usa e la Russia hanno fatto per prepararsi a quel confronto nucleare che Reagan e Gobaciov avevano cercato di disinnescare e che è tornato con prepotenza al centro delle rispettive dottrine belliche. Il libro ci guida negli arsenali e ci prepara alle strategie che potrebbero essere impiegate sia per il first strike sia per il conseguente conflitto, compresi il terrorismo nucleare e l’utilizzo delle più moderne tecnologie informatiche. Chiude il libro un’analisi accurata della strategia dell’impero americano d’Occidente e della dimensione planetaria della sua macchina bellica.

Non resta che confermare l’impressione iniziale. Letti insieme, questi due libri dimostrano che ben poco è cambiato nel tempo. Il secondo dopoguerra somiglia proprio a questo tempo nostro che sa tanto di anteguerra.

http://www.occhidellaguerra.it/quegli-s ... sa-russia/



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 Oggetto del messaggio: Re: I passi che condurranno alla terza guerra mondiale
MessaggioInviato: 01/05/2018, 10:04 
avete visto e sentito il discorso delirante del giudeo natanhyau contro l'iran? patetico. dite apertamente che è l'ultimo paese che vi rimane da conquistare con la siria per la banca centrale rothschild, almeno ci mettiamo l'anima in pace.


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 Oggetto del messaggio: Re: I passi che condurranno alla terza guerra mondiale
MessaggioInviato: 01/05/2018, 13:22 
Se sia delirante o no dipende dai punti di ... vista. [:291]
E' l'Iran che ha sempre detto di voler cancellare dalla cartina lo Stato di Israele, non il contrario ... [:291]



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 Oggetto del messaggio: Re: I passi che condurranno alla terza guerra mondiale
MessaggioInviato: 01/05/2018, 21:41 
ma non mi pare, si sa benissimo perchè tocca all'iran. che facciano in fretta sto nwo e non ne parliamo più.


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 Oggetto del messaggio: Re: I passi che condurranno alla terza guerra mondiale
MessaggioInviato: 02/05/2018, 12:56 
Bah; insomma, ognuno dice la sua. Per questo non dovremmo mai commentare nulla! [:291]



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 Oggetto del messaggio: Re: I passi che condurranno alla terza guerra mondiale
MessaggioInviato: 02/05/2018, 13:13 
comunque ho letto che la ue e altri non credono al siparietto fatto da nethanyau. vedremo come andrà a finire.


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