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 Oggetto del messaggio: Re: I passi che condurranno alla terza guerra mondiale
MessaggioInviato: 18/07/2018, 15:44 
Cita:

Le elites globaliste temono la pace, vogliono la guerra



Talvolta, la realtà è più strana della fantasia. Quello che segue è talmente sbalorditivo che, per dargli credibilità, è necessario citare le fonti e riportare le frasi esattamente così come sono.

Un tipico esempio è questo titolo: “Cresce la paura per un possibile accordo di pace fra Trump e Putin”. Il Times, evidentemente, non teme una escalation militare in Ucraina, uno scontro armato in Siria, un finto avvelenamento in Inghilterra o una nuova Guerra Fredda. Il Times non ha paura dell’apocalisse nucleare, della fine dell’umanità, delle sofferenze di centinaia di milioni di persone. No, uno dei più autorevoli e rispettati quotidiani del mondo si preoccupa di una prospettiva di pace! Il Times teme che i capi di stato delle due superpotenze nucleari riescano a parlare fra di loro. Il Times ha paura che Putin e Trump siano in grado di raggiungere una qualche forma di accordo che possa allontanare il pericolo di una catastrofe globale. Questi sono i tempi in cui viviamo. E questi sono i media con cui abbiamo a che fare. Il problema del Times è che influenza l’opinione pubblica nel peggior modo possibile, confondendo, ingannando e disorientando i suoi lettori. Non è un caso che il mondo in cui viviamo sia sempre più scollegato dalla logica e dalla razionalità.

Anche se da questo meeting non scaturirà nessun passo in avanti significativo, la cosa più importante che si sarà ottenuta sarà il dialogo fra i due leaders e l’apertura di canali per futuri negoziati fra le due parti.

Nell’articolo del Times si da per scontato che Trump e Putin vogliano raggiungere un accordo riguardante l’Europa. L’insinuazione (dell’articolista) è che Putin stia manipolando Trump allo scopo di destabilizzare l’Europa. Per anni siamo stati inondati con menzogne del genere dai media, megafono degli editori e dei loro azionisti, tutti appartenenti al conglomerato del Deep State. I fatti hanno però dimostrato che Putin ha sempre voluto un’Europa forte ed unita, un’Europa che fosse integrabile nel sogno euroasiatico. Putin e Xi Jinping preferirebbero vedere un’Unione Europea più resistente alle pressioni americane e in grado di esprimere una maggiore indipendenza. La combinazione delle migrazioni di massa e delle sanzioni contro Russia ed Iran, che hanno finito con il danneggiare gli Europei, apre la strada a partiti alternativi, non necessariamente desiderosi di ottemperare agli ordini di marcia di Washington.

L’obbiettivo di Trump per questo meeting sarà quello di convincere Putin a fare ulteriori pressioni sull’Europa e sull’Iran, magari in cambio del riconoscimento della Crimea e della fine delle sanzioni. Per Putin e per la Russia questo è un problema strategico. Anche se le sanzioni sono un inconveniente, le priorità principali di Mosca sono sempre l’alleanza con l’Iran, la necessità di intensificare i rapporti con i paesi europei e la sconfitta del terrorismo in Siria. Forse solo una revisione del trattato ABM e il ritiro di queste armi dall’Europa sarebbe un’offerta che potrebbe interessare Putin. In ogni caso, la realtà ci insegna che il trattato ABM è un pilastro del complesso militare-industriale di Washington e che sono proprio le nazioni dell’Est Europeo a volere questi sistemi offensivi e difensivi nelle loro nazioni, come deterrente nei confronti della Russia.

Sono vittime della loro stessa propaganda, o ci sono milioni di dollari che arrivano nelle tasche di qualcuno? Sia come sia, in realtà, questo non ha importanza. Il punto cruciale per Mosca sarà il ritiro dei sistemi ABM Aegis Ashore, anche quelli imbarcati sulle navi da guerra. Ma questo è qualcosa che Trump non sarà in grado di negoziare con i propri capi militari. Per il complesso militare-industriale, il sistema ABM, grazie a manutenzione, migliorie e commissioni dirette ed indirette, è una miniera d’oro, che in tanti vorrebbero continuare sfruttare.

Dal punto di vista del Cremlino, la rimozione delle sanzioni rimane la condizione indispensabile per la ripresa di normali relazioni con l’Occidente. Ma questo è difficile da ottenere, dato che Mosca ha poco da offrire come contropartita a Washington. Gli strateghi del Pentagono chiedono il ritiro dalla Siria, la fine del sostegno al Donbass e la cessazione dei rapporti con l’Iran. Ci sono semplicemente troppe divergenze per arrivare ad un punto in comune. Inoltre, le sanzioni europee contro la Russia vanno a beneficio di Washington, ma, contemporaneamente, danneggiano la stessa Europa e perciò indeboliscono uno dei maggiori concorrenti commerciali degli Stati Uniti. Il ritiro degli Stati Uniti dall’Accordo per il Nucleare Iraniano – Joint Comprehensive Plan of Action (JCPOA) – può essere visto nella stessa luce: impedire agli alleati degli Stati Uniti di commerciare con l’Iran.

Putin terrà fede ai suoi accordi con la Siria e con i suoi alleati, riluttante a mancare di parola, anche di fronte ad un riconoscimento della Crimea. D’altro canto, come già menzionato, la sua priorità rimane la rimozione degli ABM e, mentre la Crimea è già sotto il controllo della Federazione Russa, la Siria continua ad essere un territorio instabile, che rischia di trasferire il terrorismo islamico al ventre molle della Russia, nel Caucaso. Per Mosca, l’intervento in Siria è sempre stato una questione di sicurezza nazionale, e continuerà ad essere così, anche di fronte alle irrealistiche offerte di Trump.

Bisogna tenere a mente che Putin lavora con una strategia di medio-lungo termine in Medio Oriente, dove Iran, Siria e l’intero arco sciita servono a controbilanciare l’aggressività e l’egemonia dei Sauditi e degli Israeliani. Questa strana alleanza si è dimostrata l’unico modo per scongiurare una guerra e ridurre le tensioni nella regione, e questo perchè le folli azioni di Netanyahu o di Mohammad bin Salman vengono controbilanciate dall’agguerrito esercito iraniano. Prevenire un confronto fra Iraniani e Sauditi/Israeliani significa anche non far apparire Teheran troppo debole o troppo isolata. Considerazioni del genere sembrano essere oltre la portata degli strateghi di Washington, non parliamo poi di quelli di Tel Aviv o di Riyadh.

Anche se sarà difficile che possa scaturire un risultato positivo dall’incontro fra Trump e Putin, è importante, in primo luogo, che ci sia un meeting, contrariamente all’opinione del Times. I media e il conglomerato di potere che ruota intorno al Deep State americano temono soprattutto la diplomazia. La stessa narrativa che aveva preceduto e seguito l’incontro fra Trump e Kim Jon-un viene ora riproposta, pari pari, alla vigilia del meeting fra Trump e Putin.

Washington basa il suo potere sulla forza, sia economica che militare. Ma questa forza è determinata, a sua volta, dall’atteggiamento assunto e dall’immagine proiettata. Gli Stati Uniti e il loro Deep State considerano le trattative con gli avversari sbagliate e controproducenti. Per loro, dialogo è sinonimo di debolezza, e ogni concessione è vista come una resa. Questo è il risultato di 70 anni di eccezionalismo americano e 30 anni di unipolarismo hanno dato agli Stati Uniti la capacità di decidere unilateralmente il destino degli altri.

Oggi, in un mondo multipolare, le dinamiche sono differenti, e perciò più complesse. Non si può sempre utilizzare una mentalità da somma zero, come fa il Times. Il resto del mondo capisce che un dialogo fra Putin e Trump è qualcosa di positivo, ma non dobbiamo dimenticare che, come è successo in Corea, se la diplomazia non porta ad un progresso significativo, allora i falchi che circondano Trump torneranno di nuovo alla carica. I compiti che spettano a Rouhani, Putin e Kim Jong-un sono complessi e abbastanza differenti l’uno dall’altro, ma hanno in comune la convinzione che il dialogo sia l’unico modo per evitare una guerra catastrofica. Ma, apparentemente, la pace non è il miglior risultato possibile per tutti.



https://comedonchisciotte.org/le-elites ... la-guerra/


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 Oggetto del messaggio: Re: I passi che condurranno alla terza guerra mondiale
MessaggioInviato: 19/07/2018, 19:52 
Cita:
Ultim’ora! La Terza Guerra Mondiale è finalmente terminata!

https://comedonchisciotte.org/ultimora- ... terminata/



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 Oggetto del messaggio: Re: I passi che condurranno alla terza guerra mondiale
MessaggioInviato: 20/07/2018, 15:27 
Cita:
C’è un nuovo ordine mondiale: adesso è l’epoca dei leader

http://www.occhidellaguerra.it/nuovo-ordine-leader/

Io la interpreto così: gli Usa sono forti, la Cina è forte, la Russia è debole (economicamente parlando). Morale: Putin sa che non può competere con americani e cinesi quindi si allea con Trump. Trump dalla sua sa che Cina e Russia insieme sono per gli Usa un pericolo in caso di guerra quindi cosa fa? Si allea con Putin. Ergo, Trump trova un alleato contro i cinesi, Putin trova un alleato dal punto di vista economico ed entrambi ci guadagnano ma entrambi hanno un nemico comune che si chiama Unione Europea: a Trump rompono le scatole coi dazi e a Putin con le sanzioni quindi Putin e Trump alleandosi prendono due piccioni con una fava.

Bravi!!! Bella mossa.



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 Oggetto del messaggio: Re: I passi che condurranno alla terza guerra mondiale
MessaggioInviato: 20/07/2018, 16:14 
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Era il 4 ottobre del 2017 quando il Pentagono informò della morte di quattro Berretti Verdi in Niger, uccisi in un’imboscata di gruppi affiliati allo Stato islamico. Con quelle quattro morti, l’America comprese che i propri militari combattevano anche in Africa, al pari di Afghanistan, Iraq e Siria. E non era un impegno soltanto di assistenza, come detto più volte dai vertici della Difesa: gli uomini delle forze speciali combattevano insieme ai soldati degli Stati africani. E potevano morire.

Da quel momento, l’impegno degli Stati Uniti nel continente africano è stato analizzato e capito sotto un altro aspetto. I morti avevano gettato una nuova luce: le forze americane erano implicate direttamente in alcuni fra i peggiori teatri di guerra del mondo. E questo nonostante molti, nell’opinione pubblica statunitense, considerino quelle guerre come conflitti del tutto lontani dagli interessi nazionali.
La Sezione 127e

Un’inchiesta della rivista Politico ha deciso di scavare nel profondo di questo coinvolgimento militare in Africa, andando a capire esattamente dove e come operano le forze speciali Usa. La realtà scaturita da interviste a ufficiali che hanno mantenuto il più stretto anonimato, è che le truppe d’élite di Washington pianificano, dirigono e combattono in operazioni clandestine (e non) in almeno otto Paesi africani.

Sotto l’amministrazione di Barack Obama e Donald Trump, in particolare negli ultimi cinque anni, l’impegno è aumentato. “L’esercito ha fatto affidamento su partner in altri paesi per svolgere missioni cruciali contro sospetti terroristi, per evitare perdite americane dopo anni di massiccio coinvolgimento diretto in Iraq e Afghanistan”, spiega Politico. “Ma il fatto che gli americani pianifichino e mantengano il controllo operativo delle missioni conferisce loro una maggiore capacità di colpire rapidamente le minacce”. Questo comporta inevitabilmente che siano loro a dover essere coinvolti direttamente.

I programmi delle operazioni sono quasi tutti gestiti da un’autorità del Pentagono nota come come Sezione 127e. Una delle sezioni più importanti e allo stesso tempo sconosciute del panorama della Difesa americana. L’autorità non è di per sé classificata, ma i militari che hanno fatto riferimento ad essa nelle varie udienze al Congresso hanno sempre parlato di questa autorità come qualcosa di intoccabile. Sfiorata soltanto dalle interrogazioni parlamentari, la 127e opera in modo del tutto legittimo ma allo stesso tempo autonomo, intavolando negoziati e accordandosi direttamente con i partner africani.

Nel 2014, l’Ammiraglio William McRaven, allora comandante delle operazioni speciali più importanti dell’esercito, testimoniò che la Sezione 127e – allora nota come Sezione 1208 – è “probabilmente l’autorità più importante che abbiamo nella nostra lotta contro il terrorismo“. Un’idea confermata anche dall’attuale direttore, il generale Tony Thomas.
Dove e come operano le truppe americane

Alcune dei luoghi dove operano le truppe speciali Usa sono più o meno noti al grande pubblico, così come all’opinione pubblica americana. Libia e Somalia ad esempio sono fra i Paesi dove è più alta la concentrazione di raid e operazioni delle forze speciali. Ma sono almeno altri sei i Paesi in cui sono stati coinvolti i commando Usa. Si parla di Tunisia, Mauritania, Niger, Kenya, Camerun, Mali e un ufficiale intervistato dal magazine americano ha parlato anche del Ciad.

“Le nostre forze speciali non solo consigliano e assistono e accompagnano le forze alleate, ma le dirigono anche”, ha detto il generale di brigata Donald Bolduc, che fino a giugno 2017 ha guidato la maggior parte delle operazioni delle forze speciali americane in Africa. Nella maggior parte dei casi, i Navy Seal o i Berretti Verdi operano insieme ai colleghi africani facendo lavoro di riconoscimento e tracciamento e aiutano a individuare e colpire le forze nemiche.

Ma altre volte, quando necessario, intervengono direttamente. Come nel caso dei quattro soldati uccisi in Niger. Una missione che ancora oggi inquieta i piani alti del Pentagono che si rifiutano di riconoscere la responsabilità del team coinvolto nell’assalto con le truppe nigerine.
L’impegno Usa in Africa

La presenza militare statunitense in Africa è in aumento. Dopo il lancio della Pan Sahel Initiative da parte di George W. Bush nel 2002, l’importanza che l’esercito americano è cresciuta a tal punto da creare un comando apposito, Africom, nel 2008. Da allora, il numero di paesi africani in cui esiste una sorta di presenza o cooperazione dell’esercito americano non ha smesso di aumentare. Oggi sono 53 i Paesi africani con cui gli Stati Uniti hanno un accordo di cooperazione o dove intervengono

Come spiegato da Analisi Difesa, Africom “annovera una rete di 46 installazioni, tra cui due siti operativi avanzati – Camp Lemonnier, a Gibuti ed un’altra sull’isola britannica di Ascensione, a largo delle coste dell’Africa occidentale – 13 strutture miste e 31 avamposti temporanei. Un aumento di 10 installazioni (+28%) in appena due anni”. Ci sono circa 6mila soldati delle truppe Usa attualmente schierati in tutto il continente africano. Mentre il numero delle forze speciali è di circa 1.300 unità.

La lotta al terrorismo islamico è sicuramente la priorità su cui si fondano queste operazioni. Ma c’è anche altro. L’Africa è un continente immenso dove Stati Uniti, Stati europei, mediorientali e Cina si contendono molte aree di influenza.
I rischi del terrorismo islamico, le grandi organizzazioni criminali, le immense risorse minerarie e la possibilità di accaparrarsi basi e posizioni strategiche in molti corridoi economici terrestri e marittimi, induce le potenze mondiali a un coinvolgimento sempre maggiore. È in corso una vera e propria sfida per il controllo dell’Africa.
E il Pentagono, anche per questo, non vuole che siano limitate le sue funzioni in tutto il continente. C’è da combattere una se non più guerra. Oscure ma tremendamente reali.

http://www.occhidellaguerra.it/usa-guerre-africa/



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 Oggetto del messaggio: Re: I passi che condurranno alla terza guerra mondiale
MessaggioInviato: 22/07/2018, 18:06 
Cita:
La nuova base navale dell’India mette la Cina con le spalle al muro

http://www.occhidellaguerra.it/lindia-a ... alla-cina/



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 Oggetto del messaggio: Re: I passi che condurranno alla terza guerra mondiale
MessaggioInviato: 23/07/2018, 11:25 
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L’Iran torna a minacciare la chiusura dello stretto di Hormuz come riposta alle ultime scelte degli Stati Uniti sulle sanzioni. Il governo iraniano è infatti tornato a paventare uno degli scenari più inquietanti per tutto il mercato petrolifero mondiale, la chiusura di quello stretto che permette l’esportazione non solo degli idrocarburi iraniani ma anche di tutti quelli del Golfo Persico. Una minaccia che ritorna ciclicamente e che è destinata a pesare (e molto) sulle prossime decisioni dei governi regionali e delle superpotenze impegnate in Medio Oriente.
“Non giocate con la coda del leone”

La possibilità di questo blocco è arrivata per bocca delle due figure più importanti del panorama politico iraniano: la guida suprema, l’Ayatollah Ali Khamenei, e il presidente, Hassan Rouhani. Il leader supremo ha dichiarato che, in caso di blocco alle esportazioni di petrolio iraniano, Teheran avrebbe fatto in modo di rendere impossibile le esportazioni di oro nero per qualsiasi altro Paese del Golfo. Non è stato specificato il mezzo usato: ma è chiaro che l’unica soluzione sarebbe chiudere quello spazio di mare che separa le terre iraniane dall’Oman.

Toni durissimi anche da parte del presidente Rouhani.”Non si può provocare il popolo iraniano contro la propria stessa sicurezza e interessi”, ha avvertito in un discorso trasmesso in televisione. “Abbiamo sempre garantito la sicurezza di questo stretto” ha detto il presidente, ricordano l’assoluta libertà di transito assicurata dal governo iraniano, ma “non giocate con la coda del leone, o lo rimpiangerete per sempre”, ha sottolineato il capo di Stato. E ha definito un possibile conflitto con l’Iran come “la madre di tutte le guerre”.
L’importanza di Hormuz

Lo stretto di Hormuz è uno dei choke-point fondamentali del mercato petrolifero mondiale, i cosiddetti “colli di bottiglia”. Per uscire dal Golfo Persico e giungere ai mercato asiatici ed europei, le petroliere devono per forza transitare attraverso quello stretto. Di fatto, l’Iran ha le chiavi per il controllo del traffico petrolifero mondiale. Le stime del 2012 dello Us Energy Information Administration (Eia) parlavano di un traffico nello stretto che rappresentava il 35% del commercio via mare di petrolio a livello mondiale. Il 20% del traffico petrolifero totale, incluso quello terrestre.

Il fatto che nel Golfo Persico siano presenti gli Stati che da soli posseggono circa la metà delle riserve mondiali di petrolio, fa capire meglio di ogni altro punto e dato il motivo per cui la chiusura di Hormuz è da considerare di fondamentale importanza. Se già le tensioni fra Paesi del Golfo ed Iran sono altissime, la chiusura di un porto da cui dipende un terzo del mercato mondiale di petrolio e soprattutto la sopravvivenza economica di tutti i Paesi della regione che esportano gas e oro nero,inciderebbe in maniera sensibile sulla fragile stabilità del Medio Oriente.

Non a caso, gli Stati Uniti non solo hanno sempre temuto la possibilità che Teheran decidesse questa soluzione drastica. Ma hanno basi in tutta la costa arabica del Golfo proprio per fare in modo che quel passaggio, anche in caso di escalation militare, sia sempre garantito. E infatti, in queste ultime settimane, il Pentagono è tornato a parlare di invio di navi da guerra vicino a Hormuz.
Uno scenario plausibile?

È difficile prevedere le scelte dell’Iran in questo delicato periodo di transizione geopolitica.Tendenzialmente, i governi iraniani hanno sempre minacciato la chiusura di Hormuz nei momenti di maggiore tensione con il mondo occidentale. Ma si sono spesso (e fortunatamente per tutti) fermati alle minacce senza azioni reali.

Come ricorda Ispi, “già nel2012 Teheran minacciò di chiudere lo Stretto in risposta al nuovo round di sanzioni Usa e Ue relative al programma nucleare iraniano. Tuttavia, anche dopo l’entrata in vigore nel luglio di quell’anno dell’embargo Ue sul petrolio, Teheran non dette seguito alla minaccia”.

Gli interessi iraniani, di fatto, impediscono allo stesso governo di chiudere lo Stretto. Farlo andrebbe contro la sua stessa possibilità di esportare petrolio e gas. Ma soprattutto andrebbe incidere sulla stabilità regionale, sulla credibilità politica ottenuta in questi anni e sull’economia di un alleato utilissimo come la Cina, che vive anche delle importazioni di energia del Golfo Persico.

Ma se tutto sembra andare verso una definizione del problema senza mosse rivoluzionarie di Rouhani, è anche vero che oggi viviamo in un’epoca diversa rispetto a qualche anno fa. La guerra all’Iran esiste, anche se per ora essa è fatta sotto forma di conflitti esterni (Siria e Yemen) e a livello economico. Ma l’Iran sta già subendo i risultati delle azioni di altri Paesi, Israele e Stati Uniti in testa.

La differenza di approccio fra l’attuale amministrazione di Donald Trump e del governo di Benjamin Netanyahu rispetto ai loro predecessori, così come la poca capacità politica dei leader europei, consegnano un quadro molto diverso del Medio Oriente. La speranza, ancora una volta, poggia sulla strategia iraniana di evitare azioni che facciano scattare l’offensiva israeliana e statunitense, con l’appoggio dei sauditi, ma anche che evitino di indispettire chi vive grazie a quel petrolio e che per Teheran sono partner fondamentali: Cina, India ed Unione europea.

http://www.occhidellaguerra.it/iran-hormuz/



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 Oggetto del messaggio: Re: I passi che condurranno alla terza guerra mondiale
MessaggioInviato: 23/07/2018, 11:27 
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Il presidente ha detto all'amministrazione americana di "non giocare con la coda del leone", parlando di un possibile conflitto contro l'Iran come "la madre di tutte le guerre".

A queste parole, è arrivato il duro commento di Donald Trump attraverso il suo profilo ufficiale di Twitter: "Non minacciare mai più gli Stati Uniti o ne pagherete le conseguenze come pochi nella storia ne hanno sofferte. Non siamo un Paese che tollererà più le vostre stupide parole di violenza e morte. Fate attenzione".

Parole durissime che rischiano di portare ancora di più il Golfo Persico verso il baratro della guerra. Un tono troppo diverso da quello utilizzato dal segretario di Stato Mike Pompeo in un convegno con i dissidenti iraniani. Il capo della diplomazia Usa ha accusato i leader iraniani del fatto che "il livello di corruzione e ricchezza tra i leader del regime dimostra che l'Iran è guidato da qualcosa che assomiglia alla mafia più che a un governo". E poi ha continuato: "A volte sembra che il mondo sia diventato insensibile davanti all'autoritarismo del regime all'interno del Paese e alle sue campagne di violenza all'estero, ma l'orgoglioso popolo iraniano non resta in silenzio sui molti abusi del suo governo".

Pompeo ha poi lanciato un appello: "Chiediamo a tutti i Paesi che sono stanchi del comportamento distruttivo della Repubblica islamica di unirsi alla nostra campagna di pressione, e questo riguarda in particolare i nostri alleati in Medio Oriente ed in Europea, dove ci sono persone che sono state terrorizzate per decenni dall'attività violenta del regime". E questa campagna di pressione riguarda soprattutto la volontà degli Stati Uniti di bloccare completamente le esportazioni di petrolio iraniano.

La minaccia sull'export di petrolio è stata la miccia che ha fatto esplodere l'incendio nelle alte sfere di Teheran e che rischia di creare un circuito difficilissimo da interrompere. Rohuani e l'Ayatollah Ali Khamenei sono concordi nel ritenere questa politica di blocco dell'export petrolifero come un vero e proprio atto di guerra. E l'Iran, di conseguenza, ha minacciato la chiusura dello stretto di Hormuz, dove però transita il petrolio non solo iraniano, ma anche di tutto il Golfo Persico. Bloccare lo stretto equivale quindi a bloccare l'intero traffico mondiale di oro nero.

La Repubblica islamica ribolle. Le sanzioni hanno già colpito duramente la classe media e le frange più estreme della politica, in particolare quelle più conservatrici e quelle legate ai Guardiani della Rivoluzione, attraggono quelle fette di popolazione e di funzionari che sentono che la politica diplomatica di Rohuani non ha portato ad alcun miglioramento. La netta virata di Israele e Stati Uniti nei confronti di Teheran sta cambiando la situazione in Medio Oriente.

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/ten ... 56638.html



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 Oggetto del messaggio: Re: I passi che condurranno alla terza guerra mondiale
MessaggioInviato: 27/07/2018, 19:32 
Cita:
Iran, media: Trump potrebbe attaccare siti nucleari già ad agosto

http://www.askanews.it/esteri/2018/07/2 ... 727_00036/

Quella con la Corea del Nord ce la siamo evitata ma con l'Iran secondo me una guerra ci sarà anche perché ora Trump spera di avere l'appoggio di Putin. In tal caso Trump potrebbe lasciare la Siria ai russi e togliere di mezzo (con le bombe) il regime degli Ayatollah.



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 Oggetto del messaggio: Re: I passi che condurranno alla terza guerra mondiale
MessaggioInviato: 27/07/2018, 19:41 
[:D] (Visto che fa caldo, un bell'inverno nucleare ....) [:306]



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 Oggetto del messaggio: Re: I passi che condurranno alla terza guerra mondiale
MessaggioInviato: 27/07/2018, 19:55 
Dai siamo seri... Se Trump attacca l'Iran avrà un crollo di popolarità verticale: gli americani sono stufi di mandare i loro figli a crepare. Per cosa poi? Per il petrolio? Non credono più alle balle che gli raccontano, come noi del resto.

Poi la Cina ha un sacco di interessi la, così come i russi. Pensate che rinunceranno ai loro affari per fare felici gli Usa?

Ma anche senza aiuti esterni, l'Iran è un osso duro, non è l'Iraq ne la Libia.

Vogliono fargli la guerra? Facciano... PERÒ POI SI PRENDANO I PROFUGHI!!



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 Oggetto del messaggio: Re: I passi che condurranno alla terza guerra mondiale
MessaggioInviato: 27/07/2018, 20:01 
TheApologist ha scritto:
Ma anche senza aiuti esterni, l'Iran è un osso duro, non è l'Iraq ne la Libia.




Bah ... Militarmente discutendo, l'Irak (sbaragliato tutt'e due le volte in poco tempo) ha combattuto 10 anni con l'Iran rimanendo sempre ..."0 a 0"; anzi, l'Iran mandò più di 10 mila bambini a ..."sminare" i campi di battaglia per far passare il loro "eroico" esercito!



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 Oggetto del messaggio: Re: I passi che condurranno alla terza guerra mondiale
MessaggioInviato: 27/07/2018, 20:10 
E le conseguenze politiche?
L'europa stavolta non li seguirà...

E come reagiranno i muslim in giro per il mondo?
Ma tanto gli usa sono lontani, semmai verranno a farsi saltare in aria da noi...

Mah io questo pericolo dell'Iran non lo vedo, è la solita scusa per andarsi a prendere il petrolio. Stavolta non glielo permetteranno.. Già in Siria hanno trovato dei "paletti", per l'Iran sarà uguale.



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 Oggetto del messaggio: Re: I passi che condurranno alla terza guerra mondiale
MessaggioInviato: 27/07/2018, 20:30 
TheApologist ha scritto:
Dai siamo seri... Se Trump attacca l'Iran avrà un crollo di popolarità verticale: gli americani sono stufi di mandare i loro figli a crepare.

Niente eserciti sul campo, solo droni, missili da crociera e caccia.
TheApologist ha scritto:
Per cosa poi? Per il petrolio?

No, per dimostrare che gli Usa fanno sul serio, è una questione innanzitutto di principio e un monito per altri eventuali avversari incluso Kim qualora cambiasse idea.
TheApologist ha scritto:
Poi la Cina ha un sacco di interessi la, così come i russi. Pensate che rinunceranno ai loro affari per fare felici gli Usa?

Ai russi e ai cinesi importa solo di fare i loro affari, che in Iran ci siano gli Ayatollah o altri poco gli importa, business is business.
TheApologist ha scritto:
Ma anche senza aiuti esterni, l'Iran è un osso duro, non è l'Iraq ne la Libia.

Vogliono fargli la guerra? Facciano... PERÒ POI SI PRENDANO I PROFUGHI!!

I profughi sono il vero problema ma non solo quelli poiché è facile che di ripicca l'Iran se attaccato, colpisca a sua volta Israele che quindi colpirebbe preventivamente l'Iran unitamente agli Usa, cui si aggiungerebbero certamente Francia e Regno Unito e un enorme giro d'affari per l'industria bellica.



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 Oggetto del messaggio: Re: I passi che condurranno alla terza guerra mondiale
MessaggioInviato: 27/07/2018, 20:39 
Ma cosa dovrebbero dimostrare, di grazia?
Non sono bastate le "dimostrazioni" in Afghanistan, Iraq, Libia e Siria?

Mi piace che facciate tanto i sovranisti, poi però quando gli Usa partono per le loro guerre (-sempre giuste-ovviamente) il vostro pensiero si allinea come per magia a quello del cosiddetto establishment. :)

Avete paura che i persiani facciano la bua ai giudei? In ogni caso sarebbero volatili per diabetici per tutti...
https://www.google.it/amp/s/it.sputnikn ... o-Oriente/


Ultima modifica di TheApologist il 27/07/2018, 21:29, modificato 1 volta in totale.


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 Oggetto del messaggio: Re: I passi che condurranno alla terza guerra mondiale
MessaggioInviato: 27/07/2018, 21:27 
Ricordo bene l'esercito iracheno in tutta la sua manifestazione di potenza.....pensate,i suoi temibili fanti della temutissima Guarda Repubblicana,si arrendevano ai giornalisti.....eh si,bei tempi quelli.....


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