Massima solidarieta' ai malati e a chi sta manifestando in questio giorni, ma il sibilino e sfuggente Vannoni continua a non ispirarmi fiducia per niente. Ne' tanto meno il suo metodo (ne' tanto meno comitati scientifici governativi, naturalmente).
Un paio di articoli che provano a fare un po' di luce sul Vannoni, quello delle infusioni nei centri estetici. Infusioni pagate a suon di decine di migliaia di euro.
http://www.lastampa.it/2013/07/08/itali ... agina.htmlI soldi e gli interessi internazionali sul metodo Vannoni
valentina arcovio
milano
Mister Stamina non è solo. Dietro le quinte della battaglia intrapresa da Davide Vannoni e la sua Stamina Foundation si celano strutture e persone che nelle cellule mesenchimali hanno visto un proficuo business, prima di una potenziale terapia salva-vita ancora da accertare. Il primo tassello di questa intricata tela si chiama Medestea, una multinazionale farmaceutica che commercializza, tra le altre cose, prodotti cosmetici e integratori.
Il collegamento tra Medestea e Stamina è ormai pacifico. Lo stesso Vannoni, infatti, ha ammesso che la multinazionale farmaceutica si è impegnata a finanziare le attività della Fondazione Stamina. «Medestea doveva finanziare parte della nostra attività con due milioni di euro – dichiara Vannoni - ma è in crisi di liquidità, per cui ce ne ha dati solo 450mila. Speriamo che ci siano altri versamenti». Medestea, il cui presidente è l’industriale Gianfranco Merizzi, è una società che in passato ha già avuto a che fare con le autorità. Precisamente 14 anni fa, quando il pm torinese Raffaele Guariniello, ora impegnato a indagare su Stamina, ha messo sotto inchiesta il Cellulase, un prodotto anti-cellulite commercializzato da Medestea.
«Il coinvolgimento di una multinazionale con Stamina dimostra quindi che c’è un evidente interesse economico sul metodo di Vannoni», dice Elena Cattaneo docente all’Università di Milano e direttrice del centro di ricerca sulle cellule staminali UniStem. Interesse che avrebbe lo scopo di arrivare ad una vera e propria deregulation dell’uso delle cellule mesenchimali facendone passare l’utilizzo non come un farmaco, ma come un trapianto, come espressamente auspicato da Stamina e Medestea. In questo modo infatti l’uso delle staminali seguirebbe iter meno rigidi, eliminando alcune delle fasi della sperimentazione che sono invece necessarie per approvare un farmaco e per definirne la sicurezza ed efficacia. Anche il dibattito svolto in Parlamento per la conversione in legge del decreto Balduzzi - che avvia la sperimentazione a spese del pubblico (3 milioni di euro) ha risentito di questa azione.
Nel tavolo tecnico organizzato da Balduzzi, la stragrande maggioranza dei rappresentanti scientifici non ha nascosto le profonde perplessità verso Vannoni e il metodo Stamina. L’unica voce fuori dal coro, secondo chi ha partecipato ai lavori, sarebbe stata quella di Camillo Ricordi, docente all’Università di Miami, Florida, dove dirige il celebre Diabetes Research Institute (Dri) e la divisione del Centro Trapianti. «Nel suo intervento - riferisce Michele De Luca, direttore del Centro di Medicina Rigenerativa Stefano Ferrari dell’Università di Modena e Reggio Emilia - Ricordi ha spiegato perché a suo avviso le terapie a base di cellule staminali, quindi anche quelle di Vannoni, dovessero essere regolate come i trapianti e quindi non sottoposte alle fasi II e III della sperimentazione prima del loro ufficiale impiego. Inoltre ha sottoposto alla nostra attenzione un documento che, secondo lui, avrebbe dimostrato che la politica di Usa e Giappone sulle staminali stesse andando verso una deregolamentazione. In realtà, in quei documenti abbiamo letto solo una proposta che un certo Arnold Caplan voleva fare agli enti regolatori americani».
Arnold Caplan è presidente della Osiris Therapeutics, società americana che come Medestea è interessata alle staminali. Ricordi e Caplan avrebbero avuto rapporti, almeno stando a un post pubblicato su Facebook da Merizzi, in cui viene annunciata l’uscita di un articolo su Cell R4, in cui Caplan e Ricordi avrebbero sostenuto la deregulation delle terapie rigenerative. L’articolo è stato pubblicato, ma con la sola firma Ricordi, che qualche settimana prima aveva dichiarato di esser disponibile a testare le cellule di Stamina negli Usa. Solo due giorni fa la marcia indietro di Ricordi, che precisa: «non sono un collaboratore di Davide Vannoni, né un suo sostenitore». Al di là dei rapporti dei vari attori, c’è un dato di fatto che ha lasciato perplessa la comunità scientifica italiana. Una volta passato al Senato, nel decreto Balduzzi è apparso un emendamento in cui in pratica si stabiliva che le colture di cellule mesenchimali sarebbero state regolate dalla legge i trapianti. «Un emendamento che per fortuna è stato cancellato dalla legge approvata», dice De Luca. Ora però gli scienziati chiedono al governo di bloccare la sperimentazione. «Il caso Stamina – dice Paolo Bianco dell’Università Sapienza di Roma - è un problema di ordine pubblico, nel quale la politica ha avuto le sue responsabilità ed è venuto il momento che la politica se le assuma seriamente».
__________________________________________________________________________
http://www.lastampa.it/2013/07/06/itali ... agina.html“Così Stamina mi ha rovinato la vita”
Il primo centro è stato aperto circa dieci anni fa a via Giolitti a Torino: ci lavoravano due medici ucraini
È andata così, anche se fa male crederci. «Mi hanno prenotato l’impianto delle cellule staminali in un centro estetico di San Marino. All’ingresso la prima cosa che ho notato è stata la pubblicità di un trattamento dimagrante. C’erano i dottori Ferro e Fungi, una bellissima infermiera di Alba. Il ragazzo che stava facendo le pulizie, a un certo punto si è messo il camice ed è entrato con noi in una stanza. Li ho visti trafficare con un siringone pieno di un liquido biancastro. Mi hanno fatto sedere su un tavolo. Il ragazzo delle pulizie mi ha abbracciato con un cuscino e mi ha tenuto le gambe, mentre loro iniettavano nel midollo spinale».
Nelle carte dell’inchiesta di Torino, lui è la vittima numero 52. Una di quelle ritenute più significative per capire cosa sia veramente l’associazione «Stamina Foundation» di Davide Vannoni. Si chiama Carmine Vona, 54 anni, commerciante ambulante, abita in un paese tranquillo fra i campi di mais. Dal 3 aprile 2008 ha la parte sinistra del corpo semi paralizzata per colpa di un ictus. Il trapianto di cellule staminali non l’ha fatto guarire, come promesso da Vannoni in persona. Neppure migliorare. Ma è soprattutto quello che è successo dopo il trattamento ad averlo convinto a sporgere denuncia. «Mi avevano prenotato una stanza all’hotel Passepartout di San Marino. Mi avevano assicurato che sarei stato tenuto sotto osservazione nelle ventiquattro ore successive all’intervento. Stavo guardando un film western alla televisione, quando mi sono sentito male. Ho avuto una crisi epilettica: la prima della mia vita. Schiumavo dalla bocca. Stavo per morire. Mi ha salvato un amico che mi ha accompagnato nel viaggio della speranza».
Il signor Vona si risveglia all’ospedale civile di San Marino. Cerca i medici che lo avevano operato al centro estetico, per capire cosa fosse successo, ma erano già in viaggio all’altezza di Bologna. Li convince a tornare indietro: «Erano imbarazzatissimi - ricorda - hanno negato di avermi fatto un trapianto di cellule staminali».
La storia della vittima numero 52 ha molti punti di contatto con le altre. Partono tutte da un sogno di guarigione. Un miraggio che all’improvviso sembra a portata di mano. «La prima volta che ho telefonato a Vannoni, mi ha assicurato che sarei guarito, subito, al cento per cento». Subito. Senza dubbi né sfumature.
Ecco la trafila. Visita di cinque minuti dal neurologo Leonardo Scarsella con studio a Moncalieri. Successivo appuntamento nello studio della «Stamina Foundation», uno scantinato in via Giolitti, nel centro di Torino. «C’erano una scrivania e un computer. Chiamavo Vannoni dottore, perché pensavo che lo fosse. Solo più tardi ho saputo che, in realtà, è un professore di psicologia. In effetti parlava bene, in maniera molto convincente. Ci ha fatto vedere due video impressionanti sul suo computer. Un ballerino quasi paralizzato, che dopo le staminali tornava a danzare alla grande. Un signore anziano in sedia a rotelle, che ricominciava a camminare. Il primo prezzo per il trattamento era di 27 mila euro. Visto che io e mia moglie eravamo titubanti, Vannoni ci ha proposto uno sconto fino a 21.600 euro».
Silvia e Carmine Vona, tenendosi per mano, accettano: «In quei momenti sei fragile, faresti qualsiasi cosa per guarire». E così, prima del viaggio a San Marino, la vittima numero 52 si sottopone al prelievo: «Sono andato nella clinica privata Lisa di Carmagnola. Mi hanno preso un pezzo di osso con un carotaggio. Ricordo il medico, un ragazzo alto di Torino, che alla fine, con una valigetta in mano, mi fa: “Vado subito a coltivare le sue cellule”. Mi hanno chiamato dieci giorni dopo». Era il 2009.
Carmine Vona, difeso dagli avvocati Stefano Castrale e Luisa Scotta, ancora aspetta, soffre e si indigna: «Ogni volta che vedo Vannoni in televisione mi arrabbio moltissimo. Fa affari sulla pelle dei malati».
Le vittime del metodo Stamina solo a Torino, secondo il procuratore Raffaele Guariniello e i carabinieri del Nas, sono 62. L’inchiesta è alle fasi finali. Si va verso un rinvio a giudizio per associazione a delinquere finalizzata alla truffa e alla somministrazione di farmaci pericolosi per la salute. Sarebbero dieci le persone coinvolte, fra cui due ricercatori ucraini. Carmine Vona aspetta di poter dare il nome esatto al trattamento ricevuto. «Ho cercato tante volte Vannoni al telefono, ma non mi ha più risposto». Se ne va zoppicando: «La cosa peggiore è che quando sono stato male, proprio Vannoni ha cercato in tutti i modi di convincermi a firmare una liberatoria. Voleva che mi assumessi io la responsabilità. Insisteva. Ho capito che erano arrabbiati con me, perché avevo parlato troppo».
Il fatto è che certe volte i miracoli non riescono. Proprio di questo parla l’inchiesta della procura di Torino. Anche la signora Font ha pagato 27 mila euro: «Mio padre aveva il Parkinson, non riusciva più a camminare, avremmo voluto aiutarlo in tutti i modi. Ma dopo l’iniezione stava malissimo, delirava. Quando abbiamo cercato spiegazioni, ci hanno sbattuto il telefono in faccia. Questa è la cosa che mi tormenta ancora. Che mio padre si sia sentito preso in giro poco prima di morire».