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MessaggioInviato: 24/04/2014, 19:49 
mi pare fosse stato già postato nel forum ad ogni modo ribadisco che nonostante sia un comunistaccio non gli sai può dar torto. La metafora del treno poi è azzeccatissima.



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MessaggioInviato: 27/04/2014, 12:19 
Grillo, a giugno referendum addio euro
Dobbiamo andare in Europa per cambiare l'Italia


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(ANSA) - ROMA, 26 APR - "Dobbiamo andare in Europa per cambiare l'Italia. Chiederemo (pretenderemo) l'abolizione del Fiscal Compact che dovrebbe sottrarre dai 40 ai 50 mld all'anno al bilancio dello Stato per vent'anni. Se queste richieste non saranno accettate lanceremo a giugno un referendum per l'uscita dall'euro". E' quanto scrive sul blog Beppe Grillo.

http://www.ansa.it/sito/notizie/politic ... b95f7.html


"Noi le vinciamo le elezioni e andiamo la in Europa e la rivoltiamo come un calzino questa c... di Europa o non né usciamo più". Lo ha detto Beppe Grillo al comizio M5S in corso davanti allo stabilimento ex Lucchini di Piombino.

"Non abbiamo bisogno di discutere ma di andare là e stracciare i trattati che ci stanno strangolando come il fiscal compact come strangolano il lavoro di tutta Italia".

Poi Grillo ha parlato della crisi della siderurgia e in particolare dell'azienda piombinese: "Qui stiamo facendo il funerale della mentalità tipica italiana, il funerale della politica. Qui celebriamo la morte dei sindacati. Se siamo qui è perché voi ci avete creduto, voi non dovete sperare più in questa gente".

http://www.ansa.it/sito/notizie/politic ... 9cdd9.html



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"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

"Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero". Proverbio Arabo

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MessaggioInviato: 27/04/2014, 13:03 
Cita:
Thethirdeye ha scritto:


Grillo, a giugno referendum addio euro
Dobbiamo andare in Europa per cambiare l'Italia


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(ANSA) - ROMA, 26 APR - "Dobbiamo andare in Europa per cambiare l'Italia. Chiederemo (pretenderemo) l'abolizione del Fiscal Compact che dovrebbe sottrarre dai 40 ai 50 mld all'anno al bilancio dello Stato per vent'anni. Se queste richieste non saranno accettate lanceremo a giugno un referendum per l'uscita dall'euro". E' quanto scrive sul blog Beppe Grillo.

http://www.ansa.it/sito/notizie/politic ... b95f7.html


"Noi le vinciamo le elezioni e andiamo la in Europa e la rivoltiamo come un calzino questa c... di Europa o non né usciamo più". Lo ha detto Beppe Grillo al comizio M5S in corso davanti allo stabilimento ex Lucchini di Piombino.

"Non abbiamo bisogno di discutere ma di andare là e stracciare i trattati che ci stanno strangolando come il fiscal compact come strangolano il lavoro di tutta Italia".

Poi Grillo ha parlato della crisi della siderurgia e in particolare dell'azienda piombinese: "Qui stiamo facendo il funerale della mentalità tipica italiana, il funerale della politica. Qui celebriamo la morte dei sindacati. Se siamo qui è perché voi ci avete creduto, voi non dovete sperare più in questa gente".

http://www.ansa.it/sito/notizie/politic ... 9cdd9.html



Ripetutamente chiedo a tutti gli "euristi" se sia davvero questo il mondo che vogliono e l'Europa che sognavano. Raramente ottengo risposte.

Ricordatevi che per salvare l'euro domani potrebbero essere le nostre figlie, le nostre mogli a dover scegliere la strada descritta nell'articolo sottostante... E per cosa?!

Per aver dovuto rispettare il fiscal compact, per rimanere sotto la soglia del 3% di rapporto deficit/PIL, per pagare gli interessi agli investitori esteri, per mantenere una moneta a un tasso di cambio non vantaggioso, etc.etc.etc.

Maggio è alle porte... la scelta è votare tra chi offre una possibilità e chi una drammatica certezza.

Io scelgo di credere a una possibilità... a una alternativa.

Prostituirsi per sopravvivere nell’inferno della Grecia: la sconvolgente inchiesta del NYT
http://www.investireoggi.it/attualita/p ... a-del-nyt/



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MessaggioInviato: 27/04/2014, 19:38 
le solite unitili chiacchiere propagandistiche del sistema :)



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MessaggioInviato: 27/04/2014, 19:53 
Cita:
MaxpoweR ha scritto:

le solite unitili chiacchiere propagandistiche del sistema :)


Perché dici questo? L'attuale, ti sembra un sistema antieuropeista? [8]



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MessaggioInviato: 28/04/2014, 13:58 
Eccolo il sistema... Ho pubblicato oggi sul mio blog il seguente post, a cui ho dato il titolo di Imp€uroNazista... Impero + Euro + Nazista.

Spero possa essere utile per ricordare contro chi e cosa combattiamo in vista delle prossime elezioni...

Una delle fonti è un articolo di G.Gattei, professore universitario.

Cita:
L'Imp€uroNazista...

Poveri "euristi" ingannati dal sistema... Questa in estrema sintesi il nesso di causa-effetto che sta dietro la moneta unica... ognuno ne tragga le conseguenze che vuole... io la mia decisione l'ho presa e a Maggio eserciterò il mio diritto di voto!

Checché ne dicano gli economisti di regime, anche gli angloamericani temono il disfacimento dell'euro, perché apprezzerebbe il dollaro sul mercato riducendo l'appeal economico da parte dei grandi acquirenti dello stesso (Cina in primis)... se l'euro svaluta, il dollaro apprezza... se il dollaro apprezza Cina e Russia non comprano più debito americano interrompendo un meccanismo che va avanti da decenni.

Per questo l'euro rimane artificiosamente vicino alla soglia di cambio a 1,40 che danneggia tutte le economie dell'Unione, quando sappiamo bene tutti che un euro a un tasso di cambio più basso sul dollaro (tipo 1,15 - 1,20) sarebbe un toccasana per l'economia italiana e anche francese. Si legga a tal proposito uno studio della Deutsche Bank sulle soglie del dolore sopportate dalle economie nazionali della UE.

E per questo che Obama ha fretta di premere contro la Russia ... prima che la UE salti!!!

E per tenere l'euro a 1,40 sul dollaro è necessario proteggere la moneta, svalutando il lavoro, e garantendo i finanziatori del grande capitale (ed ecco perché fiscal compact, patto di stabilità, soglie del 3%) e conseguente morte delle economie reali nazionali...

Sembra che la Grande Germania, ritornata soggetto geopolitico egemone in Europa, stia realizzando attualmente la prospettiva immaginata dai politici e dagli economisti nazisti per il loro dopoguerra vittorioso: di rendersi esportatrice netta di merci verso una periferia monetariamente subalterna ad una moneta unica che allora sarebbe stato il marco e adesso è l’euro.

Immagine

Alla metà degli anni ’30 la stabilità degli scambi commerciali con l’estero era stata raggiunta in Germania mediante accordi bilaterali di clearing che consentivano di scambiare le merci senza “consumare” moneta perché le importazioni, non coperte da esportazioni, venivano contabilizzate in una “stanza di compensazione” e rinviate al futuro, senza interessi, in attesa d’essere saldate con esportazioni a venire.

A seguito dei successi militari del 1940 una sua evoluzione venne ritrovata nella compensazione multilaterale tra le nazioni progressivamente alleate o conquistate, così che se la Germania si trovava con un debito verso A ma pure con un credito verso B, B pagava A e la Germania era libera dal debito senza nessun movimento di valuta.

Nasceva in questo modo l’idea di costituire un Grande Spazio di scambi commerciali europei di cui la Germania sarebbe stata il centro, come nel 1940 spiegava una nota della Cancelleria del Reich: «i grandi successi della Wehrmacht tedesca hanno creato i fondamenti per il Nuovo Ordine Economico Europeo sotto il dominio tedesco. La Germania, dopo aver concentrato negli ultimi anni le proprie forze principalmente sul riarmo militare, potrà seguire in futuro anche la strada della crescita economica e dello sviluppo delle proprie forze produttive su ampia base e una grossa crescita del tenore di vita ne sarà la conseguenza»[1].

Questo Nuovo Ordine Economico Europeo sarebbe però nato asimmetrico perché gli stati aderenti si sarebbero collocati in due diversi gironi d’importanza: un «cerchio interno» composto dalla Germania allora impinguata dell’Austria e dei Sudeti, dal Protettorato di Boemia e Moravia, dal Governatorato Generale polacco e da Danimarca, Norvegia, Olanda, Belgio e Lussemburgo in quanto nazioni razzialmente affini ma pure economicamente omogenee, tanto da potersi pensare ad un unico livello dei prezzi, dei redditi e dei salari; ed un «cerchio esterno» in cui avrebbero gravitato Svezia, Svizzera e poi Portogallo, Italia, Grecia e Spagna (i PIGS, i paesi “maiali” già previsti!) con estensione all’Unione Sovietica (quando sconfitta), alla Turchia e all’Iran per proiettare il Grande Spazio fino al Pacifico e al Golfo Persico. Qui però prezzi e salari sarebbero stati mantenuti più bassi per favorire le esportazioni verso il cerchio interno. Il marco avrebbe dovuto diventare la moneta comune (in mancanza, «la fissazione di tassi di cambio stabili sarebbe assolutamente necessaria»), mentre sarebbe stata istituita una Banca Centrale Europea con sede a Vienna, che allora era tedesca, per il conteggio incrociato dei saldi tra i paesi associati «in cui, naturalmente, la Germania deve essere predominante».

Tanto progetto d’unificazione commerciale e monetaria europea non ha però mai visto la luce, travolto dal rovesciamento delle sorti della guerra dal 1942 in poi. Ma si può avanzare il legittimo sospetto che, dopo la costituzione della Unione Monetaria, la Germania post-1989 abbia ripreso con determinazione l’idea del Grande Spazio europeo partendo dall’adozione di una politica commerciale lucidamente “mercantilistica” per compensare con l’esportazione all’estero il rigore fiscale e la moderazione salariale interne (e qualcuno ha scritto che «se non ci fossero state le robuste esportazioni verso l’Europa periferica, la Germania sarebbe scivolata dalla bassa crescita alla stagnazione»[2]). Ma il disavanzo commerciale che si veniva a formare in periferia, non più correggibile con le “svalutazioni competitive” di un tempo per il vincolo della moneta unica, come sarebbe stato coperto? A sostenere la capacità di spesa dei paesi “maiali” sono intervenuti i prestiti di capitale dal centro per cui, se quelli s’indebitavano, questo otteneva il doppio vantaggio di guadagnare interessi sul denaro prestato assicurandosi contemporaneamente un mercato di sbocco privilegiato perché privo di rischio di cambio.

Il gioco non è tuttavia senza difetto perché, mentre la periferia si deindustrializza per l’invasione delle merci straniere, il centro si fa partecipe della sua progressiva instabilità finanziaria per quell’indebitamento crescente di cui è creditore. E così quando, e ai primi casi d’insolvibilità periferica (in Grecia, ma soprattutto a Cipro), il centro ha temuto che i propri crediti potessero venire “ripudiati”, è corso ai ripari richiedendone alla periferia il rientro, almeno in parte, coatto. Sta in questo il senso del Trattato per la stabilità, il coordinamento e la governance, sinteticamente noto come “Fiscal Compact”, approvato il 23 luglio 2012 dal Parlamento italiano. Con esso si sono a tal punto irrigiditi i vincoli di bilancio pubblico e di debito sovrano da poter essere giudicato, dopo il Trattato di Maastricht (1991) ed il Trattato di Lisbona (1999), come «il terzo atto della storia dell’euro che radicalizza in maniera inedita i principi neoliberisti che hanno caratterizzato fin dall’inizio la costruzione della moneta unica»[3] , anche a rischio di realizzare una forma di austerità perpetua che potrebbe fare esplodere l’Unione Monetaria Europea.

Il Fiscal Compact richiede all’articolo 3 che le spese statali vengano integralmente coperte da imposte e tasse (al netto di variazioni minimali emergenziali); in caso contrario è previsto «un meccanismo automatico di correzione» che di fatto priva i paesi colpevoli d’infrazione d’ogni potere decisionale proprio. L’articolo 4 impone invece il rientro del debito pubblico al 60% del PIL a partire dal 2015 (un impegno confermato dalla “Agenda Monti” del 24 dicembre 2013), il che significherebbe per l’Italia, che ha un debito pubblico del 134% su di un PIL di oltre 2000 miliardi di euro, un aggravio sul bilancio statale e per vent’anni di una quota di restituzione del debito di oltre 50 miliardi all’anno. Ma perché un simile provvedimento è stato introdotto? Chi l’ha pensato si è affidato a certe stime del Fondo Monetario Internazionale secondo le quali ad un punto di “contrazione fiscale” (più imposte e tasse e/o meno spesa pubblica) corrisponderebbe un calo del PIL dello 0,5%, e quindi una riduzione del rapporto Debito/PIL. Però all’inizio del 2013 lo stesso FMI ha convenuto che quella stima funziona soltanto in caso di crescita economica, perché in recessione la riduzione del PIL sale all’1,7%, aumentando (e non diminuendo) il rapporto Debito/PIL e quindi costringendo ad ulteriori interventi d’austerità che peggiorano il rapporto e così via seguitando[4] (come s’è visto in Italia con le manovre di riduzione del debito dei governi Monti e Letta che, invece di diminuirlo, lo hanno aumentato).

Ma se tutto questo succede in periferia, che capita al centro? Di fronte ad un eventuale collasso economico periferico, esso vedrebbe restringersi l’area privilegiata d’esportazione dovendo ricercare altri sbocchi fuori dalla zona-euro, dove però il rischio di cambio esiste. E qui, a fronte di un euro troppo rivalutato, la sostituzione delle esportazioni potrebbe non risultare “a somma zero”, come sta già succedendo alla Germania: calano le esportazioni verso i paesi UE, ma «Berlino sbaglierebbe davvero molto se d’ora in poi potesse pensasse di poter puntare tutte le sue carte solo sul resto del mondo. Con una domanda interna tendenzialmente debole e senza la vecchia Europa che torni a comprare il “made in Germany”, il suo attivo rischia di non correre più come quello di un tempo, sicché nel 2012 la somma del saldo complessivo UE ed extra-UE ha fatto segnare soltanto quota 185 miliardi, un livello ancora lontano, dopo cinque anni, dal record storico di 194 miliardi toccato nel 2007»[5].

Quale soluzione allora ci sarebbe per il centro se non quella di una svalutazione competitiva dell’euro per guadagnare maggiori quote di mercato? Ma questa decisione, favorevole agli industriali, danneggerebbe il sistema finanziario, che vedrebbe minacciato quell’euro forte difeso fino ad ora a spada tratta. Ecco perché non è da escludere l’alternativa di un arroccamento su di un euro del nord che abbandoni al proprio destino i paesi “maiali” per riciclare il centro come luogo privilegiato d’importazione di capitali invece che di esportazione di merci.

E’ quest’ultima una soluzione praticabile? L’antagonismo tra finanza e industria è un tema ricorrente nella storia economica.

Immagine

I partiti e i media, del sistema creato dalla grande finanza, ci dicono che l’uscita dall’Euro e dall’Europa delle banche sarebbe una sciagura, ma sanno benissimo di mentire; sono costretti a farlo perché questa è ormai la loro natura. La loro esistenza, funzione, organizzazione e finanziamento sono indissolubilmente legati ai servizi che sono chiamati a svolgere su input politico-culturale dei centri decisionali quali la Trilaterale, il Bilderberg, il CFR, l’Aspen …

Loro sanno benissimo che è tragicamente folle e suicida una ‘competizione’ con sistemi paese europei ed extraeuropei, politicamente e finanziariamente controllati dalla stessa grande finanza che ora ha in mano l’Europa e la BCE, in cui ci sono condizioni più ‘competitive’ (su costo del lavoro e dell’energia, nonché per via delle varie ‘regalie’ insediative, tributarie e ambientali, concesse loro da governi da loro gestiti) .

Il ‘divenuto’ Segretario del PD e Presidente del Consiglio che prima, tra le seconde e terze file, stava al gioco, è ora stato promosso per sostituire chi, essendo da tempo in prima linea, toglieva efficacia alle invenzioni mediatiche ed alle cortine fumogene con cui hanno programmato di condurci fiduciosi e speranzosi, verso il baratro.

Renzi, uscito dalla riunione in cui la BCE ha deciso di accreditarci altri miliardi di € di debito, che noi non vedremo nemmeno, poiché andranno al fondo necessario per coprire le spese del colpo di Stato in Ucraina (e per finanziare il banchiere messo alla sua Presidenza), ha avuto un incontro con Obama, l’Amministratore Delegato di USraele, che è la struttura istituzionale formalmente incaricata dalla grande finanza di gestire il disbrigo delle questioni politico-militari, e non ha battuto ciglio quando si è sentito dire che la “loro” libertà ha un costo.

Da ubbidiente scolaretto si è infatti impegnato a pagare quel costo ed a continuare con nuove Contro-riforme.

Avrebbe potuto dire che abbiamo già milioni di disoccupati e imprese chiuse o fallite, che milioni di italiani non avranno la pensione poiché non riusciranno mai ad avere 40 anni di contributi lavorativi, ecc., ecc., invece ha sorriso ed annuito. Avrebbe potuto dire che come servi fedeli, già paghiamo la metà dei costi delle 113 basi militari con cui loro occupano il nostro paese, che da quasi 70 anni compriamo le loro armi e facciamo tutte le loro guerre o che non è chiaro da quale ‘terrorismo’ ci dobbiamo difendere se è USraele, utilizzando anche la sua NATO e la sua Arabia Saudita, ad istruire, armare e finanziare le organizzazioni terroristiche salafite, di Al Qaeda e di al Nussra che loro hanno inviato in Siria per rovesciare un paese la cui banca centrale ha la colpa di essere della Siria e non dei Rothschild. Avrebbe potuto dire che sono la ‘loro’ globalizzazione e la ‘loro’ moneta debito che ci stanno strangolando e ci impediscono di avere la risorse pubbliche necessarie per difendere ed estendere l’occupazione e l’imprenditoria italiana.

Invece, triplo salto mortale e rieccolo blaterare di Jobs act, che, manco a dirlo, sotto la terminologia anglosassone nasconde la solita ricetta globalizzatrice: precariato, contratti a termine, apprendistato e flessibilità, per ridurre diritti e costo del lavoro.

Poi vengono a dirci che uscire all’Euro e dall’Europa globalizzata dalla banche sarebbe un guaio per gli italiani.

Il dramma è che la loro potenza mediatica e clientelare, gli consente di ‘imbambolare’ e ‘ipnotizzare’ delegati sindacali in buona fede, attivisti politici di destra, centro e sinistra, in buona fede…che, come nella storiella della rana nella pentola…gli avessero detto nel 1993 che le loro famiglie e l’Italia si sarebbero ridotte nella attuale situazione avrebbero riso in faccia all’indovino, prendendolo per pazzo, mentre ora se ne stanno allineati e coperti dietro i loro capi partito, sindacato, associazione di CENTRODESTRASINISTRA, che ogni tanto allungano un ‘biscottino politico’.

Il ‘biscottino’ che ora va per la maggiore, essendo all’orizzonte l’appuntamento con le elezioni del parlamento europeo (sovrastruttura che non conta nulla in termini di potere politico, economico, finanziario e militare, ma che rischia di far emergere dalle urne un risultato contro l’€ e la ‘loro’ Europa, che potrebbe aprire nuovi scenari e/o complicare le ulteriori tappe globalizzatrici), è quello del cambiamento, “ora ci impegniamo davvero e vedrete che cambiamento”!

Ma poi a Obama, Draghi, Schultz e Merkel (che di recente ha fatto lo stesso giochino nelle elezioni in Germania), chiariscono che non va preso sul serio quello che stanno dicendo in campagna elettorale e che possono stare tranquilli e continuare a confidare sulla loro fedeltà.

Diranno “Le condizioni categoriche che porremo alla BCE , alle multinazionali della ERT e alla Commissione Europea, non potranno essere rifiutate perché noi siamo un paese europeista, che ha fondato l’Europa e siamo ancora una delle 20 economie più forti del mondo. Se le nostre richieste non verranno esaudite, allora si che usciremo dall’€ e dall’Europa , o autorizzeremo gli italiani a dirci, con un referendum, se dobbiamo star dentro o uscire!”, ma lo faranno perché siamo in campagna elettorale e se loro non catturano i voti delle vittime dell’Euro e dell’Europa delle banche c’è il rischio che il giochino si rompa.

Quando i partiti che governano e hanno governato (Renzi o Berlusconi, Tsipras o Fratelli d’Italia, Lega o Casini), vanno in TV e negli altri media a dire che ‘le cose in Europa debbono cambiare’ , che ‘loro lavoreranno per cambiarle’ .. nella migliore delle ipotesi ciò che hanno in mente per l’Italia è solo un guinzaglio più lungo, un riparo di fortuna e qualche osso, o i resti della tavola dei banchieri … almeno la domenica !

Quando CgilCislUil, tutti gestiti da persone del PD & complici, fingono di ‘difendere’ i posti di lavoro, le conquiste salariali ed i diritti acquisiti dai lavoratori italiani (salute, previdenza, normative rispettose dei diritti civili), sanno di svolgere una parte in commedia e che la china in cui ci hanno messo aderendo alla globalizzazione, all’Euro ed all’Europa delle banche ci porterà tutti sulle orme della Grecia, che è il primo paese europeo occupato e destrutturato dalla finanza globalizzatrice.

Tratto da un articolo di Giorgio Gattei
http://www.informarexresistere.fr/2014/ ... il-nostro/
e
http://www.informarexresistere.fr/2014/ ... le-banche/

http://www.progettoatlanticus.net/2014/ ... zista.html



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MessaggioInviato: 28/04/2014, 23:27 
Cita:
shighella ha scritto:

Cita:
MaxpoweR ha scritto:

le solite unitili chiacchiere propagandistiche del sistema :)


Perché dici questo? L'attuale, ti sembra un sistema antieuropeista? [8]


No, ma nessuno può nulla contro l'europa a prescindere dall'antieuropeismo vero o presunto è questa la cosa grave e che ancora si stenta a capire. Chiunque si prefigga di cambiare le cose dall'interno del sistema non si rende conto di far parte del sistema stesso nolente o volente usa le sue regole.



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MessaggioInviato: 29/04/2014, 04:01 
Elezioni Europee: l'unica possibilità per l'Italia.

[BBvideo]http://www.youtube.com/watch?v=C9b2R_mt_gg[/BBvideo]



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MessaggioInviato: 30/04/2014, 10:44 
Elezioni europee: rapporto shock, partiti populisti (incluso Grillo) al 30%"

Vittoria degli anti-euro e dell'anti-politica. Lo studio di Open Europe.
Marie Le Pen e Beppe Grillo. Secondo il sondaggio di Open Europe, i partiti populisti anti-euro potrebbero ottenere più del 30% di consensi.

ROMA (WSI) - - I partiti populisti anti-europei potrebbero ottenere più del 30 per cento dei voti alle elezioni europee. Lo rivela uno studio pan-europeo condotto dalla think tank britannica Open Europe.

Secondo il rapporto, pubblicato dal Guardian di Londra, i partiti anti-europei, un raggruppamento che comprende formazioni politiche diverse tra loro come il partito di destra di Marie Le Pen in Francia, i populisti anti-immigrati di Gert Wilders in Olanda, gli indipendentisti dell'Ukip in Gran Bretagna, il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo in Italia e altri, conquisteranno almeno 218 dei 751 seggi del parlamento di Strasburgo, con un aumento complessivo delle loro forze dal 21 per cento nell'attuale legislatura al 30 per cento e oltre nella prossima.

Non tutti gli analisti concordano con la previsione di Open Europe, che comunque stima un indebolimento degli anti-europeisti moderati, come i conservatori britannici (i quali dovrebbero scendere da 53 a 39 seggi), cosicché nel prossimo parlamento ci sarebbe in ogni caso una solida maggioranza favorevole a mantenere l'integrazione europea o perlomeno lo status quo.

La crescita del populismo anti-europeo, tuttavia, non è un campanello d'allarme soltanto per il parlamento di Strasburgo: segnala pure il rafforzamento dell'anti-politica nei singoli paesi europei in vista delle elezioni legislative che vi si terranno nel prossimo futuro.

Il calcolo sul voto europeo segue del resto di pochi giorni un sondaggio secondo cui l'Ukip diventerà il primo partito britannico con il 31 per cento dei consensi alle europee del 25 maggio, superando laburisti (al 29 per cento), conservatori (al 24) e liberaldemocratici (al 9).

Un rilevamento che ha talmente spaventato il premier britannico David Cameron da indurlo a promettere di dimettersi se nel 2017 non manterrà l'impegno a svolgere un referendum sull'appartenenza del Regno Unito all'Unione Europea.

Il leader conservatore spera in tal modo di togliere voti all'Ukip, dimostrando di essere non meno anti-europeo, sebbene in realtà miri a far votare il proprio paese "sì" alla Ue nel referendum, a patto che la Ue riformi le sue leggi e restituisca alcuni poteri a Londra.

Una richiesta che però Bruxelles e i maggiori partner europei non sembrano intenzionati ad accontentare, per cui alla fine Cameron potrebbe essere costretto a fare campagna per il "no" all'Europa. Nel tentativo di indebolire l'Ukip, gli altri partiti britannici intendono lanciare una campagna per accusarlo di essere un partito "razzista".

http://www.wallstreetitalia.com/article ... al-30.aspx

i movimenti filo euro cercheranno in ogni modo di accusare gli anti delle + efferate sconcezze,e' necessario non cadere nel tranello,sarebbe come suicidarsi................[;)]


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Per me ci parlano del 30% poiché in realtà le forze anti-euro sono già oltre il 40%... solo che dovranno giustificare i loro brogli elettorali al ribasso...

[}:)]



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Cita:
Atlanticus81 ha scritto:

Per me ci parlano del 30% poiché in realtà le forze anti-euro sono già oltre il 40%... solo che dovranno giustificare i loro brogli elettorali al ribasso...

[}:)]


come gia' detto i filoeuro cercheranno in ogni modo,con qualsiasi stratagemma,di mattere in cattiva luce gli antieuro,gli elettori devono essere molto attenti di cio' e non farsi fuorviarvi........................ [;)]


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MessaggioInviato: 30/04/2014, 13:53 
Domani ci sarà l'ipocrita festa del lavoro organizzata da parte di chi il lavoro lo sta mortificando e svilendo...

A loro dedico il post del mio blog...

Euro e Lavoro

In economia esistono cinque diversi modi per poter fronteggiare uno shock asimmetrico: flessibilità dei salari, mobilità del lavoro, svalutazione/rivalutazione delle monete delle economiche che si trovano in tale situazione, aumento o diminuzione del tasso di inflazione e politiche di unificazione del bilancio di previsione (budget).

Immagine

Ecco perché dico sempre che "Quando non si può svalutare moneta si deve per forza svalutare il lavoro"

Scegliete voi, amici lettori da che parte stare... perché la dicotomia tra "destra" e "sinistra" oggi non esiste più... oggi esiste invece una dicotomia tra "finanza/moneta" da una parte e "economia reale/lavoro" dall'altra.

E se sono chiamato a scegliere tra svalutare una moneta e svalutare i miei diritti o quelli degli altri lavoratori, imprenditori compresi, io scelgo e sceglierò sempre di svalutare moneta!

Abbiamo deciso, visto la disinformazione a riguardo, di spiegare quali siano i costi ed i benefici della moneta unica nel modo più neutro possibile. Per dirla alla Friedman “vogliamo spiegare agli altri la realtà, senza prendere posizione perché preferiamo far ragionare"

Nel corso dei primo decennio (1999 -2008) dall’introduzione dell’Euro, si è assistito ad un “Europeizzazione” dei prezzi, del tasso di inflazione e del tasso di interesse a lungo termine. A partire dal 2009, però, a causa della grande crisi finanziaria, la situazione macro-economica europea è drammaticamente cambiata e, quello che fino al crollo di Lehman Brothers veniva riportato solo sui manuali di economia, si è trasformato in realtà. L’Euro, nato in seguito ad un lungo processo di stabilità monetaria, iniziato nel lontano 1979, incominciò a mostrare, oltre che i benefici, le sue debolezze.

I costi di transazione. Il primo, intuitivo, beneficio che l’introduzione dell’Euro ha portato è stato sicuramente l’eliminazione dei costi di transazione. Il vantaggio sarebbe traducibile nello 0,25% del Prodotto Interno Lordo dell’Intera Comunità Europe: una cifra tra i 13 ed i 20 miliardi di Euro. Per la Commissione Europea, qualsiasi cittadino avesse attraversato i paesi dell’Euro Zona prima dell’introduzione della moneta unica, avrebbe perso circa il 50% del valore della propria moneta. Tutto questo solo a cause dei tassi di cambi. Inoltre, bisogna tenere in considerazione come, a partire dal Novembre 2009, un altro importante costo di transazione sia venuto meno: l’integrazione del sistema di pagamento bancario. Un cittadino Italiano può così trasferire soldi da un paese all’altro senza alcun tipo di problema, come se muovesse soldi da una banca di Milano a una banca di Roma.

Trasparenza prezzi. L’introduzione della moneta unica ha portato ad un “europeizzazione” dei prezzi. I consumatori europei possono controllare i prezzi nella stessa valuta. Tale beneficio, nel lungo periodo, dovrebbe eliminare la discriminazione dei prezzi – sino ad ora le difficoltà sono state molte -, e aumentare il livello di competizione tra le aziende Europee.

Tasso di cambio. Altro vantaggio si riscontra nel minore livello di rischio associato con il tasso di cambio. Insicurezza riguardo al futuro tasso tra due o più valute produce un effetto negativo sulle future entrate delle aziende. In un mondo come il nostro, formato principalmente da agenti avversi al rischio, il tasso di cambio risulta avere un costo sociale elevato. Questo avviene poiché le persone avverse al rischio preferiscono un rendimento futuro più certo a parità di guadagno. Se il guadagno a fine investimento sarà uguale le persone avverse al rischio tenderanno a assicurarsi tale rendimento puntando tutto sulla “scommessa” più certa. Di conseguenza, più il rischio è basso, più i benefici sociali saranno elevati.

Integrazione commerciale. Il quarto beneficio riguardo il livello di “apertura” di un economia. Secondo studi portati avanti da molti economisti, tra cui Peter Kenen, la moneta unica Europea ha migliorato sensibilmente il livello di integrazione commerciale tra gli stati membri. Andando contro la tesi di Krugman – il quale sostiene che esista una relazione inversa tra integrazione economica e benefici economici – questi sostengono come, ad una maggiore integrazione economica, corrisponda un più ampio livello di beneficio, dovuto proprio all’abolizione delle barriere al commercio tra i mercati. Baldwin, Nitsch, Persoon, Nordstrom e Rose, considerano il peso di tali benefici tra il 5% ed il 20%, pari a diversi punti percentuali del PIL dell’intera Zona Euro.

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Valuta internazionale. Diversi sono i vantaggi nell’avere una moneta internazionale. In primis questa viene utilizzata come mezzo di scambio. Fin dalla nascita l’Euro è stato considerato da moltissimi esperti il più valido “competitor” del Dollaro, l’unica valuta capace di combattere lo strapotere dei “verdoni americani”. Una valuta internazionale per prima cosa amplifica lo stato patrimoniale della Banca Centrale, che, aumentando i profitti, può rendere possibile l’abbassamento delle imposte per i cittadini da parte del governo. Il secondo vantaggio è che una valuta internazionale viene detenuta dalla maggior parte delle Banche Centrali di tutto il mondo. Tale situazione crea un vantaggio per la Banca Centrale Americana, poiché essa ha la possibilità di finanziare molto più facilmente il deficit di bilancio americano. Inoltre una valuta internazionale aiuta a promuovere e sostenere le attività del mercato finanziario domestico. Gli investitori stranieri sono invogliati ad investire in asset e ad emettere debito con quella valuta. Le banche domestiche, il mercato del credito e il mercato azionario attraggono ulteriori investitori ed imprenditori che di conseguenza fanno aumentare il know-how e i posti di lavoro.

Certo, per godere appieno di questi punti occorrerebbe una riforma strutturale della BCE e una maggiore integrazione politica ma, come abbiamo detto, questo è un punto imprescindibile per il futuro dell’Europa. I vantaggi fino ad ora elencati, infatti, sono tutti insiti dietro alla creazione di una moneta unica, ma serve poi sempre sia la dimensione politica ad agire per rendere tali benefici reali.

Ovvero nessuno di essi si è realizzato pienamente... Mentre invece si è realizzato pienamente quello che viene definito lo svantaggio supremo.

Shock asimmetrici: lo svantaggio supremo. Voltando pagina, invece, il primo, unico ma incredibilmente importante costo nell’adottare una moneta unica è quello legato agli shock asimmetrici. Secondo Robert Mundell, solamente i paesi con un alto livello di integrazione nel mercato del lavoro, possono, se vogliono, unirsi a formare un’unione monetaria. In economia esistono infatti cinque diversi modi per poter fronteggiare uno shock asimmetrico: flessibilità dei salari, mobilità del lavoro, svalutazione/rivalutazione delle monete delle economiche che si trovano in tale situazione, aumento o diminuzione del tasso di inflazione e politiche di unificazione del bilancio di previsione (budget). Nel caso di un unione monetaria come l’Euro, i paesi membri perdono la sovranità economica e quindi non possono più utilizzare gli strumenti monetari tipici della cosiddetta “sovranità monetaria”: svalutazione e/o rivalutazione della moneta e aumento e/o diminuzione del tasso d’inflazione.

Come affrontarli?. Senza queste due possibilità, in caso di “Shock Asimmetrico” bisogna quindi solo lasciar lavorare il mercato del lavoro oppure attuare politiche di unificazione del budget. Visto che solo 1% del Budget Europeo è “unificato”, in casi come quello attuale, i paesi che si trovano in uno shock asimmetrico (vedi Italia e Germania oggi) hanno come sola ed unica opzione quella, per l’appunto, di lasciar lavorare la mano invisibile del mercato del lavoro. Tale obiettivo risulta però essere molto difficile da raggiungere poiché, nonostante si parli di “mano invisibile”, ogni paese ha un suo proprio “mercato del lavoro” e le barriere in tale ambito sono molte.

Immagine

Senza unione politica, non è ottimale. Secondo Mundell, un’unione monetaria (qualunque essa sia) potrà funzionare nel caso in cui si raggiunga almeno una parziale unione politica, soprattutto in ambito di bilancio di previsione e nel mercato del lavoro. Senza un’unione politica quindi è impossibile, empiricamente, che un’unione monetaria possa sopravvivere a shock asimmetrici simili a quelli sperimentati oggi dall’Euro Zona.

Come disse lo stesso Mundell durante una recente intervista “questo costo è talmente importante che rischia di nascondere tutti i benefici che una moneta unica (l’Euro) introduce in un economia integrata (l’Unione Europea)”.

http://www.europinione.it/costi-e-benefici-dell-euro/



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Secondo le rilevazioni interne del Pd con la distribuzione degli indecisi Movimento 5 stelle sarebbe il primo partito alle europee. E Matteo Renzi avrebbe la strada ancora in salita, mentre Silvio Berlusconi supererebbe quota 20% e il quorum sarebbe ottenuto da Lega Nord, lista Tsipras e Ncd

Il sondaggio segreto sarebbe arrivato anche ai piani alti del Partito democratico. Parola di Velina Rossa, che assicura di averlo visto e di avere verificato l'attendibilità del documento: "è stato effettuato ridistribuendo gli indecisi dallo stesso che ci avvertì un anno fa del crollo di Pierluigi Bersani a cui aveva mangiato gran parte dei voti Beppe Grillo. La fonte è ben conosciuta da Massimo D'Alema". Secondo Velina rossa (alias Pasquale Laurito), che da anni racconta la pancia e le notizie segrete della vecchia guardia Pci-Pds-Ds-Pd, quella rilevazione avrebbe fatto suonare l'allarme rosso a palazzo Chigi. Contrariamente a quanto indicato dai sondaggi ufficiali, il Pd infatti sarebbe ben al di sotto del 30% dei consensi. Oscillerebbe al momento fra il 26 e il 27%, mentre il Movimento 5 stelle avrebbe superato in queste settimane il 27%.

Si profilerebbe insomma un inatteso testa a testa Grillo-Renzi alle europee. Sempre secondo la stessa rilevazione Forza Italia sarebbe di poco sopra il 20%, mentre il quorum alle europee sarebbe superato di sicuro da Ncd (intorno al 6-7%), dalla Lega Nord (sopra il 5%) e dalla lista Tsipras (5-6%) che avrebbe eroso soprattutto nel Sud molti voti del Pd. Velina rossa non è propriamente un supporter di Renzi (che ha ribattezzato "il taverniere fiorentino"), ma spesso ci azzecca. E che non sia del tutto fuori strada appare anche dall'ultime dichiarazioni non proprio trionfali di Renzi, per cui il Pd festeggerebbe ogni "punto sopra il 25%"...

di Franco Bechis

http://www.liberoquotidiano.it/news/pol ... l-Pd-.html


probabilmente gli italiani,anzike' crepare x l'euro,se deve accadere preferiscono deciderlo motu proprio..........................[;)]


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Cita:
Atlanticus81 ha scritto:

Domani ci sarà l'ipocrita festa del lavoro organizzata da parte di chi il lavoro lo sta mortificando e svilendo...

A loro dedico il post del mio blog...

Euro e Lavoro

In economia esistono cinque diversi modi per poter fronteggiare uno shock asimmetrico: flessibilità dei salari, mobilità del lavoro, svalutazione/rivalutazione delle monete delle economiche che si trovano in tale situazione, aumento o diminuzione del tasso di inflazione e politiche di unificazione del bilancio di previsione (budget).

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Ecco perché dico sempre che "Quando non si può svalutare moneta si deve per forza svalutare il lavoro"

Scegliete voi, amici lettori da che parte stare... perché la dicotomia tra "destra" e "sinistra" oggi non esiste più... oggi esiste invece una dicotomia tra "finanza/moneta" da una parte e "economia reale/lavoro" dall'altra.

E se sono chiamato a scegliere tra svalutare una moneta e svalutare i miei diritti o quelli degli altri lavoratori, imprenditori compresi, io scelgo e sceglierò sempre di svalutare moneta!

Abbiamo deciso, visto la disinformazione a riguardo, di spiegare quali siano i costi ed i benefici della moneta unica nel modo più neutro possibile. Per dirla alla Friedman “vogliamo spiegare agli altri la realtà, senza prendere posizione perché preferiamo far ragionare"

Nel corso dei primo decennio (1999 -2008) dall’introduzione dell’Euro, si è assistito ad un “Europeizzazione” dei prezzi, del tasso di inflazione e del tasso di interesse a lungo termine. A partire dal 2009, però, a causa della grande crisi finanziaria, la situazione macro-economica europea è drammaticamente cambiata e, quello che fino al crollo di Lehman Brothers veniva riportato solo sui manuali di economia, si è trasformato in realtà. L’Euro, nato in seguito ad un lungo processo di stabilità monetaria, iniziato nel lontano 1979, incominciò a mostrare, oltre che i benefici, le sue debolezze.

I costi di transazione. Il primo, intuitivo, beneficio che l’introduzione dell’Euro ha portato è stato sicuramente l’eliminazione dei costi di transazione. Il vantaggio sarebbe traducibile nello 0,25% del Prodotto Interno Lordo dell’Intera Comunità Europe: una cifra tra i 13 ed i 20 miliardi di Euro. Per la Commissione Europea, qualsiasi cittadino avesse attraversato i paesi dell’Euro Zona prima dell’introduzione della moneta unica, avrebbe perso circa il 50% del valore della propria moneta. Tutto questo solo a cause dei tassi di cambi. Inoltre, bisogna tenere in considerazione come, a partire dal Novembre 2009, un altro importante costo di transazione sia venuto meno: l’integrazione del sistema di pagamento bancario. Un cittadino Italiano può così trasferire soldi da un paese all’altro senza alcun tipo di problema, come se muovesse soldi da una banca di Milano a una banca di Roma.

Trasparenza prezzi. L’introduzione della moneta unica ha portato ad un “europeizzazione” dei prezzi. I consumatori europei possono controllare i prezzi nella stessa valuta. Tale beneficio, nel lungo periodo, dovrebbe eliminare la discriminazione dei prezzi – sino ad ora le difficoltà sono state molte -, e aumentare il livello di competizione tra le aziende Europee.

Tasso di cambio. Altro vantaggio si riscontra nel minore livello di rischio associato con il tasso di cambio. Insicurezza riguardo al futuro tasso tra due o più valute produce un effetto negativo sulle future entrate delle aziende. In un mondo come il nostro, formato principalmente da agenti avversi al rischio, il tasso di cambio risulta avere un costo sociale elevato. Questo avviene poiché le persone avverse al rischio preferiscono un rendimento futuro più certo a parità di guadagno. Se il guadagno a fine investimento sarà uguale le persone avverse al rischio tenderanno a assicurarsi tale rendimento puntando tutto sulla “scommessa” più certa. Di conseguenza, più il rischio è basso, più i benefici sociali saranno elevati.

Integrazione commerciale. Il quarto beneficio riguardo il livello di “apertura” di un economia. Secondo studi portati avanti da molti economisti, tra cui Peter Kenen, la moneta unica Europea ha migliorato sensibilmente il livello di integrazione commerciale tra gli stati membri. Andando contro la tesi di Krugman – il quale sostiene che esista una relazione inversa tra integrazione economica e benefici economici – questi sostengono come, ad una maggiore integrazione economica, corrisponda un più ampio livello di beneficio, dovuto proprio all’abolizione delle barriere al commercio tra i mercati. Baldwin, Nitsch, Persoon, Nordstrom e Rose, considerano il peso di tali benefici tra il 5% ed il 20%, pari a diversi punti percentuali del PIL dell’intera Zona Euro.

Immagine

Valuta internazionale. Diversi sono i vantaggi nell’avere una moneta internazionale. In primis questa viene utilizzata come mezzo di scambio. Fin dalla nascita l’Euro è stato considerato da moltissimi esperti il più valido “competitor” del Dollaro, l’unica valuta capace di combattere lo strapotere dei “verdoni americani”. Una valuta internazionale per prima cosa amplifica lo stato patrimoniale della Banca Centrale, che, aumentando i profitti, può rendere possibile l’abbassamento delle imposte per i cittadini da parte del governo. Il secondo vantaggio è che una valuta internazionale viene detenuta dalla maggior parte delle Banche Centrali di tutto il mondo. Tale situazione crea un vantaggio per la Banca Centrale Americana, poiché essa ha la possibilità di finanziare molto più facilmente il deficit di bilancio americano. Inoltre una valuta internazionale aiuta a promuovere e sostenere le attività del mercato finanziario domestico. Gli investitori stranieri sono invogliati ad investire in asset e ad emettere debito con quella valuta. Le banche domestiche, il mercato del credito e il mercato azionario attraggono ulteriori investitori ed imprenditori che di conseguenza fanno aumentare il know-how e i posti di lavoro.

Certo, per godere appieno di questi punti occorrerebbe una riforma strutturale della BCE e una maggiore integrazione politica ma, come abbiamo detto, questo è un punto imprescindibile per il futuro dell’Europa. I vantaggi fino ad ora elencati, infatti, sono tutti insiti dietro alla creazione di una moneta unica, ma serve poi sempre sia la dimensione politica ad agire per rendere tali benefici reali.

Ovvero nessuno di essi si è realizzato pienamente... Mentre invece si è realizzato pienamente quello che viene definito lo svantaggio supremo.

Shock asimmetrici: lo svantaggio supremo. Voltando pagina, invece, il primo, unico ma incredibilmente importante costo nell’adottare una moneta unica è quello legato agli shock asimmetrici. Secondo Robert Mundell, solamente i paesi con un alto livello di integrazione nel mercato del lavoro, possono, se vogliono, unirsi a formare un’unione monetaria. In economia esistono infatti cinque diversi modi per poter fronteggiare uno shock asimmetrico: flessibilità dei salari, mobilità del lavoro, svalutazione/rivalutazione delle monete delle economiche che si trovano in tale situazione, aumento o diminuzione del tasso di inflazione e politiche di unificazione del bilancio di previsione (budget). Nel caso di un unione monetaria come l’Euro, i paesi membri perdono la sovranità economica e quindi non possono più utilizzare gli strumenti monetari tipici della cosiddetta “sovranità monetaria”: svalutazione e/o rivalutazione della moneta e aumento e/o diminuzione del tasso d’inflazione.

Come affrontarli?. Senza queste due possibilità, in caso di “Shock Asimmetrico” bisogna quindi solo lasciar lavorare il mercato del lavoro oppure attuare politiche di unificazione del budget. Visto che solo 1% del Budget Europeo è “unificato”, in casi come quello attuale, i paesi che si trovano in uno shock asimmetrico (vedi Italia e Germania oggi) hanno come sola ed unica opzione quella, per l’appunto, di lasciar lavorare la mano invisibile del mercato del lavoro. Tale obiettivo risulta però essere molto difficile da raggiungere poiché, nonostante si parli di “mano invisibile”, ogni paese ha un suo proprio “mercato del lavoro” e le barriere in tale ambito sono molte.

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Senza unione politica, non è ottimale. Secondo Mundell, un’unione monetaria (qualunque essa sia) potrà funzionare nel caso in cui si raggiunga almeno una parziale unione politica, soprattutto in ambito di bilancio di previsione e nel mercato del lavoro. Senza un’unione politica quindi è impossibile, empiricamente, che un’unione monetaria possa sopravvivere a shock asimmetrici simili a quelli sperimentati oggi dall’Euro Zona.

Come disse lo stesso Mundell durante una recente intervista “questo costo è talmente importante che rischia di nascondere tutti i benefici che una moneta unica (l’Euro) introduce in un economia integrata (l’Unione Europea)”.

http://www.europinione.it/costi-e-benefici-dell-euro/

Bell'articolo, un motivo in + per non votare PD e PD-L


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MessaggioInviato: 30/04/2014, 20:41 
Cita:
ubatuba ha scritto:

Elezioni europee: rapporto shock, partiti populisti (incluso Grillo) al 30%"

Vittoria degli anti-euro e dell'anti-politica. Lo studio di Open Europe.
Marie Le Pen e Beppe Grillo. Secondo il sondaggio di Open Europe, i partiti populisti anti-euro potrebbero ottenere più del 30% di consensi.


http://www.wallstreetitalia.com/article ... al-30.aspx



Che spettacolo........ [:D]

Ma i TIGGI' DI REGIME, che fanno? Tacciono??? [:255] [:261]



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"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

"Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero". Proverbio Arabo

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