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 Oggetto del messaggio: Re: GAZA: la guerra infinita
MessaggioInviato: 24/07/2018, 14:47 
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 Oggetto del messaggio: Re: GAZA: la guerra infinita
MessaggioInviato: 24/07/2018, 21:37 
Radio militare israeliana la fonte?Attendibilita?Pensate,che gli stessi portavoci militari israeliani,confondono lanterne cinesi con micidiali armi aeree palestinesi....


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 Oggetto del messaggio: Re: GAZA: la guerra infinita
MessaggioInviato: 25/07/2018, 10:06 
La marcia della follia

URI AVNERY
zope.gush-shalom.org

Si può guardare ai fatti di Gaza con l’occhio sinistro o con l’occhio destro. Si può condannarli come disumani, crudeli e sbagliati, o si può giustificarli come necessari ed indispensabili. Ma c’è un aggettivo su cui non si può transigere. Essi sono stupidi.

Se la buonanima di Barbara Tuchman fosse ancora viva, potrebbe essere tentata di aggiungere un altro capitolo al suo testo fondamentale “La marcia della follia”: un capitolo intitolato “Ciechi a Gaza.”

L’ultimo episodio di questa epopea aveva avuto inizio alcuni mesi fa, quando gli attivisti indipendenti della Striscia di Gaza avevano organizzato, insieme ad Hamas, una marcia al confine con Israele. Era stata chiamata “La grande marcia del ritorno,” un gesto puramente simbolico per il milione e più di Arabi residenti [nella Striscia]che avevano dovuto fuggire o erano stati scacciati dalle loro case, da quel territorio che era diventato poi lo stato di Israele.

Le autorità israeliane avevano fatto finta di prendere la cosa seriamente. Al pubblico israeliano era stato presentato un quadro raccapricciante della situazione: 1,8 milioni di Arabi, uomini, donne e bambini in procinto di lanciarsi contro le recinzioni di confine, sfondarle in molti punti e mettere a ferro e fuoco le città e i villaggi di Israele. Terrificante.

Lungo il confine erano stati dispiegati cecchini israeliani con l’ordine di sparare a chiunque fosse sembrato un “capobanda.” Nei diversi venerdi successivi (il venerdì è il giorno della settimana sacro per i Mussulmani) erano stati uccisi più di 150 dimostranti disarmati, compresi molti bambini, ed altre centinaia feriti in modo grave dai colpi d’arma da fuoco, senza contare gli intossicati dai gas lacrimogeni.

La giustificazione israeliana era stata che le vittime erano state colpite mentre cercavano di “superare le recinzioni.” Però non è mai stato documentato un singolo tentativo del genere, anche se sui due lati del confine erano appostati centinaia di fotografi.

Di fronte alle proteste di tutto il mondo, l’esercito ha cambiato le regole d’ingaggio ed ora solo di rado uccide manifestanti disarmati. Anche i Palestinesi hanno modificato la loro tattica: il loro obbiettivo principale ora è quello di lanciare aquiloni incendiari ed appiccare il fuoco ai campi israeliani vicino alla Striscia.

Dal momento che il vento soffia praticamente sempre da ovest verso est, questo è un modo abbastanza facile per procurare danni ad Israele. Potrebbero farlo dei bambini, e lo fanno. Ora il Ministero dell’Educazione chiede che l’aviazione bombardi i bambini. Il Capo di Stato Maggiore si rifiuta, asserendo che una cosa del genere va “contro i valori dell’esercito israeliano.”

Al momento, la metà dei nostri giornali e delle nostre TV sono preoccupati per i fatti di Gaza. Tutti sembrano essere d’accordo che, prima o poi, laggiù scoppierà una guerra vera e propria.

La caratteristica principale di tutta questa agitazione è la sua completa stupidità.

Ogni azione militare deve avere un obbiettivo politico. Secondo il famoso detto del teorico militare prussiano Carl von Clausewitz: “La guerra non è altro che la continuazione della politica con altri mezzi.”

La Striscia è lunga 41 km. E larga dai 6 ai 12 km. E’ una delle località più affollate della Terra. Teoricamente appartiene all’altrettanto teorico Stato Palestinese che, come il West Bank, è occupato da Israele. Di fatto, la Striscia è governata dal partito radicale mussulmano Hamas.

In passato, folti gruppi di lavoratori palestinesi si trasferivano tutti i giorni da Gaza ad Israele. Ma, da quando nella Striscia è salito al potere Hamas, il governo israeliano ha imposto un blocco praticamente completo, in terra e sul mare. La dittatura egiziana, un fidato alleato di Israele nonché acerrimo nemico dell’Islam radicale, coopera con Israele.

E allora, che cosa vorrebbe Israele? La soluzione ideale sarebbe quella di affondare in mare la Striscia con tutta la sua popolazione. Non potendolo fare, che cosa rimane?

L’ultima cosa che Israele vorrebbe è annettere la Striscia e la sua enorme popolazione, che non è possibile scacciare. Inoltre, Israele non vuole costruire insediamenti nella Striscia (i pochi che c’erano erano stati smantellati da Ariel Sharon, che riteneva non valesse la pena di mantenerli e difenderli).

La vera politica [israeliana] è quella di rendere la vita a Gaza così miserabile da far sì che gli stessi abitanti si ribellino ed estromettano i rappresentanti di Hamas. A questo scopo, la fornitura di acqua è stata ridotta a due ore al giorno, stessa cosa per l’energia elettrica. La disoccupazione è circa al 50%, le paghe sono sotto il minimo. E’ un quadro di totale miseria.

Dal momento che tutto quello che arriva a Gaza deve passare attraverso Israele (o l’Egitto), i rifornimenti vengono spesso bloccati per giorni interi come “punizione.”

Purtroppo, la storia dimostra che simili metodi di rado hanno successo. Riescono solo ad esacerbare gli animi. E allora, che cosa si potrebbe fare?

La risposta è incredibilmente semplice: sedersi, parlare ed arrivare ad un accordo.
Si, ma come si può colloquiare con un nemico mortale, la cui ideologia rifiuta totalmente uno stato ebraico?

L’Islam che (come tutte le religioni) ha una risposta per ogni situazione, riconosce un qualcosa chiamato “Hudna”, un armistizio di lunga durata, che può durare anche decenni ed è (religiosamente) rispettato. Sono molti anni ormai che Hamas fa capire di essere pronto per una lunga Hudna.

L’Egitto si è offerto volotario per fare da mediatore. Il nostro governo ha completamente ignorato l’offerta. Una Hudna con il nemico? Fuori questione! Dal punto di vista politico sarebbe terribilmente impopolare!

Ma sarebbe la cosa opportuna da fare. Cessare tutte le attività ostili da ambo le parti per, diciamo 50 anni. Abolire il blocco. Costruire un vero porto a Gaza. Permettere il libero scambio sotto il controllo di ispezioni militari di qualche genere. Stessa cosa per un aereoporto. Permettere ai lavoratori di trovarsi un impiego in Israele, invece di importare mano d’opera dalla Cina e dalla Romania. Trasformare Gaza in una seconda Singapore. Liberalizzare i trasferimenti fra Gaza e il West Bank con un ponte o un’autostrada extraterritoriale. Aiutare la riunificazione della Striscia di Gaza e del West Bank.

Perchè no? L’idea stessa è rifiutata d’istinto dall’Israeliano medio.

Un accordo con Hamas? Impossibile!!! Hamas vuole distruggere Israele. Lo sanno tutti. L’ho sentito dire molte volte, e ogni volta mi meraviglio per la stupidità della gente che lo ripete. Come può una popolazione di poche centinaia di migliaia di persone “distruggere” uno degli stati più potentemente armati del mondo, uno stato che possiede le bombe atomiche e i sommergibili per lanciarle? Come fa? Con gli aquiloni?

Sia Donald Trump che Vladimir Putin ci rendono omaggio, i dittatori fascisti e i presidenti democratici di tutto il mondo vengono a farci visita. Come può Hamas essere un pericolo mortale?

Perchè Hamas non cessa per primo le ostilità? Hamas ha dei concorrenti, anche più radicali. Non deve mostrare segni di debolezza.

Alcuni anni fa, il mondo arabo, su iniziativa dell’Arabia Saudita, aveva offerto ad Israele la [possibilità] di ottenere la pace a diverse condizioni, tutte quante accettabili. I vari governi israeliani non solo non le hanno accettate, le hanno del tutto ignorate.

In questo c’è una certa logica. Il governo israeliano vuole annettere il West Bank. Vuole scacciare la popolazione araba e sostituirla con i coloni ebrei. Porta avanti questa politica lentamente, cautamente, ma con efficacia.

Questa è una politica crudele, una politica detestabile, ma comunque ha una sua logica. Se veramente si vuole raggiungere questo abominevole obbiettivo, allora i metodi potrebbero essere inadeguati. Ma questi sistemi non si possono applicare alla Striscia di Gaza, che nessuno vuole annettere. Qui, metodi del genere sono pura follia.

Questo non significa che, complessivamente, la politica israeliana nei confronti dei Palestinesi sia in qualche modo più saggia. Non lo è.

Binyamin Netanyahu e i suoi selezionatissimi e stupidi ministri non hanno una politica. O così sembra. Infatti ne hanno una non dichiarata: l’annessione strisciante del West Bank. Questa procede più speditamente di prima. Le notizie di tutti i giorni danno l’impressione che tutta la macchina governativa sia ora concentrata su questo progetto.

Questo porterà direttamente ad uno stato basato sull’apartheid, dove una minoranza ebraica dominerà una maggioranza araba.

Per quanto tempo? Una generazione? Due? Tre?

Si dice che una persona intelligente sia in grado di districarsi da una trappola in cui una persona saggia non avrebbe neanche dovuto cadere.

Gli stupidi non riescono a districarsi. Non si accorgono neanche della trappola.

Uri Avnery
https://comedonchisciotte.org/la-marcia-della-follia/



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 Oggetto del messaggio: Re: GAZA: la guerra infinita
MessaggioInviato: 25/07/2018, 13:25 
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La missione è stata monitorata integralmente su Flightradar24.com. Della missione, durata poco più di un'ora, conosciamo praticamente tutto. L’Adir, registrato con il codice esadecimale statunitense AF351F, è decollato dalla base aerea di Nevatim facendo rotta a nord di Gaza. Successivamente, sorvolando la costa israeliana, ha fatto rotta verso Haifa prima di ritornare alla base. Flightradar24.com è un sito web che monitora gli aerei commerciali e militari tramite i loro transponder ADS-B incorporati. L'ADS-B ha lo scopo di fornire un flusso costante di informazioni che consentono ai controllori del traffico aereo, agli equipaggi degli aerei ed ai governi di monitorare i voli quasi in tempo reale. L'IDF ha dichiarato che l'F-35 ha già partecipato ad almeno due missioni di combattimento in Medio Oriente, non fornendo ulteriori dettagli.

Stealth non significa invisibilità

Le piattaforme a bassa osservabilità come la piattaforma tattica F-35 non sono ovviamente invisibili. Un profilo stealth è concepito per ritardare il rilevamento ed il tracciamento della sorgente nemica. L’F-35 è ottimizzato contro i radar a banda X, ma potrebbe essere rilevato da sistemi che utilizzano frequenze più basse. Tuttavia le capacità di guerra elettronica dell’F-35I dovrebbero garantirgli una certa impunità anche in contesti di ultima generazione. Sebbene l'F-35I sia basato sull'F-35A dell'Aeronautica USA, non conosciamo la reale configurazione e le funzionalità degli Adir. Tel Aviv, secondo prassi consolidata, è stata autorizzata ad implementare hardware indigeno e svariati sistemi di guerra elettronica nella sua flotta F-35.
Monitorare i voli online

I transponder ADS-B (sistema di sorveglianza cooperativa) trasmettono sulla frequenza di 1090 MHz il segnale radio, la posizione calcolata dal GPS, l'altitudine e la traiettoria di volo alle stazioni terrestri del controllo del traffico aereo, consentendo un tracciamento preciso in tempo reale (lo scarto è in realtà di qualche secondo). I transponder Modo S trasmettono periodicamente via data link ed in maniera broadcast tutte le informazioni necessarie per localizzare un target. Dietro richiesta ufficiale, Flightradar24 rimuove dal traffico aereo rilevato i velivoli segnalati.

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Ciò non impedisce ad altri ricevitori o servizi web di raccogliere le informazioni. L'unica vera contromisura è spegnere il transponder così da non svelare la posizione del velivolo ad una potenziale minaccia. La tecnica della multilaterazione (MLAT) utilizza il TDOA o Time Difference of Arrival. Il target viene localizzato tramite le differenze dei tempi di arrivo del segnale emesso a più stazioni riceventi. Allineando più sensori si incrementa la precisione della localizzazione.
Perchè le missioni di ricognizione sono visibili sulla rete?

Durante le fasi iniziali della guerra in Libia alcuni aerei della coalizione volarono con i trasponder accesi: furono ovviamente rilevati per l'intera durata della loro missione. Il profilo di volo per i velivoli militari in missione imporrebbe un basso profilo con alcuni accorgimenti come, ad esempio, il transponder spento ed il silenzio radio con il controllo ATC. In linea di principio i velivoli a cui è demandata la ricognizione persistente non dovrebbero essere rilevabili. Tuttavia parliamo di piattaforme strategiche chiaramente visibili dalle griglie di difesa standard, senza accorgimenti per ridurre la firma radar come avviene ad esempio sui sistemi RQ-180 e RQ-170 Sentinel. Gli RC-135 statunitensi, i Tu-214R russi, i Gulfstream IV che decollano da Trapani così come i Beech B350 dell’USAF da Pantelleria alla volta della Libia (area di Tripoli e Tobruk) volano con il transponder acceso. Stessa cosa per i Poseidon P-8A per missioni nel Mediterraneo ed i Dornier C-146A diretti in Tunisia che decollano da Sigonella, gli E-3A AWACS da Trapani e così via. Anche i droni RQ-4 Global Hawk che decollano da Sigonella per missioni ISR (Intelligence, Surveillance and Reconnaissance) a ridosso del territorio russo volano con il transponder attivato. Nonostante le sue eleganti linee, il Globak Hawk non è mai stato progettato per penetrare il territorio nemico. Tutte le sue missioni avvengono in aree permissive o a distanza di sicurezza dalla griglia di difesa nemica.

La maggior parte degli aerei di linea ed aziendali sono tracciabili, ma anche i velivoli militari sono dotati di transponder con capacità ADS-B.

Il tracciamento ed il tracking dei target

Per le missioni ombra i transponder dovrebbero essere spenti così da non svelare la posizione del velivolo e la natura della stessa operazione ad una potenziale minaccia. Stranamente le operazioni segrete dei reparti speciali Usa che decollano dalla Sicilia e da Pantelleria sono regolarmente monitorate online.
Perché una piattaforma stealth dovrebbe trasmettere la sua posizione?

L'Adir è il primo F-35 operativo al mondo. Lo scorso maggio, nel confermare le due missioni di combattimento, l'IDF diffuse sul proprio canale social la foto di un F-35 su Beirut durante una missione di ricognizione. In realtà avevamo subito ipotizzato che i due velivoli (compreso quello da cui è stata scattata la foto) si trovassero nello spazio aereo internazionale. Tuttavia la cosa più interessante erano le Luneburg lens, esaltatori di RCS chiaramente visibili nella foto. Dettaglio di poco conto? mica tanto perchè l’Adir nella foto non era certamente in modalità stealth. Solitamente questi dispositivi sono installati a terra quando l'aereo non deve eludere i radar o per esaltare volutamente la sezione equivalente radar così da ingannare il nemico nel raccogliere dati sulla firma. E' anche vero che non tutte le missioni dell'Adir in Medio Oriente necessitano del profilo stealth. In merito all'F-35 monitorato lunedì scorso è difficile credere si sia trattata di una dimenticanza o di una strana coincidenza avvenuta nello stesso giorno in cui un aereo da guerra siriano (Sukhoi Su-22 o Su-24 Fencer) decollato dall'aerodromo militare T-4, è stato abbattuto dai Patriot PAC-2 israeliani. Il velivolo siriano sarebbe penetrato per un miglio nello spazio aereo di Israele, uno dei più difesi al mondo (a costi considerevoli).
La strategia di Israele

È possibile che il transponder dell'F-35 sia stato inavvertitamente lasciato acceso per il volo, ma è altamente probabile si sia trattato di un avvertimento rivolto ad Iran e Hezbollah. Tuttavia se così fosse, ci si chiede il perchè. L'Adir non è un segreto: Siria ed Iran sanno perfettamente che la piattaforma di quinta generazione è in servizio con Israele. Più che una svista, sembra una precisa strategia.



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 Oggetto del messaggio: Re: GAZA: la guerra infinita
MessaggioInviato: 01/08/2018, 09:00 
cari amici,
Israele: lezione di arabo per protesta contro la Legge dello Stato-Nazione


Cita:
Migliaia di israeliani hanno partecipato a Tel Aviv a quella che gli organizzatori non hanno esitato adefinire come "la più grande lezione di arabo al mondo".

L'evento è stato organizzato per protestare contro la Legge dello Stato-Nazione ebraico, che declassificherebbe l'arabo come una delle lingue ufficiali del Paese.

La lezione è stata un'iniziativa congiunta di un consorzio di organizzazioni della società civile israeliana.

Oltre ad apprendere nuove parole in arabo, la folla è stata partecipe di esibizioni di musicisti e artisti, ebrei ed arabi.


http://www.msn.com/it-it/notizie/other/ ... ar-BBLk89r

cosa dimostra questo?
che tutti i popoli vorrebbero convivere pacificamente, soltanto l'elit(come da copione enunciato qui)
ha tutti gli interessi di tenerci separati per dominare [;)]

ciao
mauro



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 Oggetto del messaggio: Re: GAZA: la guerra infinita
MessaggioInviato: 01/08/2018, 18:25 
.. e Arafat docebat ... [;)] TUTTI SUOI DANARI in Svizzera! E i boccaloni italiani sventolano la bandiera palestinese! [:246]



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 Oggetto del messaggio: Re: GAZA: la guerra infinita
MessaggioInviato: 01/08/2018, 18:34 
Ufologo 555 ha scritto:
.. e Arafat docebat ... [;)] TUTTI SUOI DANARI in Svizzera! E i boccaloni italiani sventolano la bandiera palestinese! [:246]

Secondo te i più ricchi della Terra allora sono Arafat,Castro,l'aiatollah Iraniano,ecc..tutti capi di nazioni Comuniste!. [:246] Ma ti rendi conto cosa dici?. [:302]


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 Oggetto del messaggio: Re: GAZA: la guerra infinita
MessaggioInviato: 01/08/2018, 18:50 
Come è risaputo, le grandi banche mondiali le multinazionali e i più grossi gruppi industriali sono in mano ai palestinesi e agli iraniani, camuffati da sionisti per non dare nell'occhio . :D

Ufò, vabbè il tifo, però dai... ;)



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 Oggetto del messaggio: Re: GAZA: la guerra infinita
MessaggioInviato: 01/08/2018, 19:22 
Ma quand'è che scendete dal fico ...? [:290]



I mille misteri dei (tanti) soldi di Arafat
Secondo una stima prudente, la somma totale posseduta da Arafat in vari luoghi del mondo si aggirerebbe attorno a un miliardo di dollari.

https://www.israele.net/i-mille-misteri ... -di-arafat

Come ha fatto Suha Arafat ad ammassare tutti questi milioni?

http://www.infopal.it/come-ha-fatto-suh ... i-milioni/

Soldi, viaggi e abiti firmati first lady mai amata in Palestina

http://www.repubblica.it/2004/k/sezioni ... ilady.html

Arafat: un tesoro, tanti misteri
Come si mantiene e chi finanzia l'Anp

E� un fiume di denaro quello su cui vogliono mettere le mani in molti, palestinesi e non solo. Il fiume, volgarmente detto �il tesoro di Arafat�, � qualcosa da far rabbrividire se si pensa a quali siano stati e quali continuino ad essere i suoi �affluenti�. Dal valore ancora inestimabile e non tutto al sicuro in Svizzera, il tesoro di Abu Ammar - nome di battaglia del leader dell�Anp - si � ingrossato a dismisura nel corso degli anni e ora quello di Arafat � un capezzale a sei zeri, fondamentale per il destino della polveriera mediorientale. Sono parecchie le voci che alimentano quel �deposito�, alcune note da tempo, altre - molto - meno.

Di certo il patrimonio dell�Anp si basa su:
- contributi ufficiali degli Stati Arabi (ai quali si aggiunge una �tassa� su ogni barile di petrolio da loro esportato)
- la tassa per la liberazione della Palestina (ossia il 5% del reddito di ogni cittadino palestinese)
- entrate da investimenti finanziari legittimi e non
- donazioni da palestinesi abbienti, organizzazioni internazionali come Onu e Unione Europea ed enti di solidariet�
- estorsioni ai danni di imprese che potrebbero essere oggetto di attacchi terroristici
- traffico illegale di armi, droga e contraffazioni di marchi.

Su queste voci Arafat ha fondato il suo impero economico prima in nome dell� Olp, quindi dell�Autorit� Palestinese. L�Organizzazione per la Liberazione della Palestina, entit� classificata come terroristica dal 1964 fino alla vigilia degli accordi di Oslo (1993) ha ricevuto e continua a ricevere sostegni finanziari e politici dall�Unione Europea (Craxi e Andreotti sono stati sempre molto vicini alla persona di Arafat), dall�Unione Sovietica (Stati satelliti compresi), dai membri della Lega Araba e da numerosi Stati africani e del Centro America. Ovviamente l�Olp � rimasta pressoch� intatta, un colosso nel corso dei decenni che hanno visto sgretolarsi muri e finanziatori (vedi l�Urss). Con il denaro raccolto, l�Olp non solo ha pagato il terrorismo (si calcola che venga inviato in territorio israeliano un kamikaze ogni cinque giorni) ma una campagna di propaganda e di opinione sempre pi� a senso unico. Il fiume di denaro in entrata su cui ora in molti vogliono metter mano non arrivava solamente da �contributi� di Paesi stranieri. E� stato dimostrato che gli emissari dell�Olp hanno comprato e venduto armi, veicolato droga (pratica mutuata ormai da altre organizzazioni terroristiche come l�Ira, l�Eta, le Farc, Hamas, Hezbollah e frange di Al Qaeda�. E il modello di finanziamento e redistribuzione delle entrate � cos� ingegnoso che la stessa Al Qaeda l�ha preso ad esempio.

Tanti finanziamenti, nessuna contabilit�
Prendiamo qualche cifra trapelata dai registri di Arafat. Gli Stati Arabi hanno versato ad Arafat 45 milioni di dollari al mese dall�aprile 2001 all�aprile 2002, per salire a 55 dal maggio 2002 ad oggi. Dal giugno 2001 l�Unione Europea ha dato all�Anp 10 milioni di euro al mese. Armatevi di calcolatrice e scoprirete una fetta del tesoro di Arafat. Se l�impresa � ardua basti pensare che una stima al minimo quantifica in 4,5 miliardi di dollari la cifra raccolta dall�Anp solo dal giorno degli accordi di Oslo (1993). Gli stessi Usa hanno girato all�Anp come aiuti umanitari 548 milioni di dollari e addestrato (tramite la CIA) le forze di sicurezza palestinesi. Va da s� che la parola �contabilit�� non faccia rima con tesoro nemmeno in senso lato: nonostante l�Unione Europea abbia pi� volta messo come clausola per ottenere i finanziamenti un bilancio di entrate e usciti dell�Anp, nulla � mai stato messo realmente nero su bianco. Alla precisa richiesta ha risposto Yasser Arafat in persona nel luglio 1994: �Mi rifiuto e non accetter� mai una simile eventualit�. Rifiuto il controllo economico sulla Autorit� Palestinese tranne che quello dei palestinesi. L�occupazione militare non lascer� di certo il posto a quella economica�.

Yasser Arafat, nello stesso momento, � il leader dell�Autorit� Palestinese, il presidente dell�Olp e il capo dell�organizzazione terroristica Al Fatah (che comprende la Brigate dei Martiri di Al Aqsa e i Tanzim). Per questo, controlla tutti i fondi che vengono stanziati (da lui, ndr) per queste entit�.

I finanziamenti illeciti
Premessa: i soldi sono tutti a disposizione del solo Arafat. Lui, Abu Ammar, � l�unico titolare della firma su qualsiasi assegno bancario che attinge al tesoro. Ad esempio � lui che sigla i documenti per l�Ente per i figli dei martiri palestinesi (nota come Samed), un�organizzazione finanziaria guidata sin dal giorno della nascita (1970) da Abu Ala (primo ministro, ora uno dei candidati ad ereditare potere e dollari). La Samed ha svariati conti bancari intestati non all�ente ma, tra gli altri, anche a s� stesso. Al
momento della firma dei patti di Oslo il giro d�affari della Samed (gestisce aziende agricole, industrie, fabbriche di armi e vestiti, immobiliari, giornali, duty free e partecipazioni in compagnie aeree) si aggirava sui 10 miliardi di dollari (fonte British National Criminal Intelligence Services). Nel dicembre 1999 un gruppo di hacker ha attaccato il sistema informatico della Samed trovando le tracce di �almeno cinque miliardi di sterline in depositi bancari a Zurigo, Ginevra, New York� e tracce minori in giro per l�Europa, l�Asia e il Nord Africa. �Nessun conto era registrato all�Olp mentre sono emerse �partecipazioni nelle Borse di Parigi, Tokyo e Francoforte�, comprese azioni della Mercedes-Benz. Da non sottovalutare gli introiti legati alla contraffazione di marchi e supporti musicali (cd, dvd, abbigliamento, cosmetici); la contraffazione della moneta corrente in Israele, Kuwait e Giordania; alla corruzione a livello di pubblici ufficiali, ricettazione d�automobili (il commissario Ghazi Jabali, accusato di aver messo in circolazione migliaia di auto rubate a settemila euro l�una, � stato promosso advisor della polizia, ndr)

La Palestina e il commercio
La Compagnia dei Servizi Commerciali � guidata da Mohamed Rashid, consulente finanziario di Arafat e ha il monopolio in settori come quello automobilistico, del cemento, del legname, dei tabacchi e � scontato � del petrolio. Controllava il casin� di Jerico fino alla sua chiusura, ha il 30% dell�azienda della telefonia mobile e via di questo passo. Valore stimato: 345 milioni di dollari.

Che fine fanno i soldi
Documenti trovati a Ramallah e in altri punti della Striscia di Gaza provano che:
- l�Autorit� Palestinese mantiene una doppia contabilit� per i salari palestinesi (ufficialmente spende 60 milioni di dollari al mese, in realt� nelle tasche dei diretti interessati ne arrivano 40,5)
- si applica una valuta diversa sui soldi provenienti dall�estero e l'Anp incamera la differenza
- l�Anp preleva dagli stipendi dei poliziotti un tassa d�adesione ad Al Fatah pari a una cifra tra l�1,5 e il 2% dell�ammontare lordo (� l�Unione Europea a finanziare indirettamente questo fondo, �paragonando Al Fatah a un "organizzazione sindacale europea�)
- l�Anp finanzia membri di Al Fatah coinvolti direttamente in episodi di terrorismo (Barghouti, leader di Al Fatah, accusato di una trentina di omicidi, � su libro dell�Anp per 2500 dollari al mese)

La propaganda a scuola
I soldi servono anche per foraggiare stampa e propaganda.
Su un libro di testo scolastico palestinese, si chiede: Secondo voi a cosa corrisponde l�espressione �morte con onore�
- Morte per malattia
- Morte improvvisa
- Morte da martire per difendere la propria terra natale

http://www.tgcom24.mediaset.it/mondo/ar ... 8566.shtml



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MessaggioInviato: 01/08/2018, 19:24 
Devo continuare?


S’è

aperta la caccia al tesoro di Arafat, Il Sole-24 Ore, 27/11/2004
New York. Da una parte il popolo palestinese, inchiodato nella povertà più assoluta dei suoi campi profughi. Dall’altra il suo leader, Yasser Arafat, con montagne di soldi nascosti tra casinò, conti cifrati e fondi di investimento segreti. Il contrasto non potrebbe essere più forte. E imbarazzante per la leadership palestinese.
Con la morte di Arafat - anzi sin dai giorni della sua agonia finale - tutti i giornali del mondo hanno annunciato l’inizio della caccia al suo tesoro. Di quanti soldi si tratti nessuno è in grado di dirlo con precisione. Si sa solo che la cifra è enorme. Secondo fonti israeliane citate dalla rivista americana ”Time”, al momento della morte Arafat aveva accumulato un patrimonio personale per un valore di un miliardo di dollari.
Anche Jaweed al-Ghussein, che fino al 1996 è stato tesoriere dell’Olp, concorda su quella cifra. «C’è probabilmente un miliardo di dollari che non si sa dove sia finito» ha dichiarato a ”The Guardian”.
Questo enorme tesoro, si è letto, potrebbe addirittura determinare il successo o il fallimento del tentativo di riavviare il processo di pace. Se finisse nelle mani sbagliate potrebbe finanziare anni e anni di Intifada e terrorismo. Se fosse recuperato dalle autorità palestinesi potrebbe contribuire a finanziare lo sviluppo e la pace.
Il fatto che Arafat si sia sempre sentito e comportato da padre-padrone di al Fatah, dell’Olp e della stessa Autorità palestinese, ovviamente non aiuta. Il rigore contabile non era certamente il suo forte. Al contrario: i soldi sono stati per decenni gestiti nel massimo della segretezza e col massimo della disinvoltura. Per questo, dicono tutti, non sarà facile trovare il tesoro.
Ma potrebbe esserci anche un’altra ragione: che il tesoro in realtà non c’è affatto. O perlomeno non c’è più un tesoro del valore di cui si parla. «Il patrimonio di Arafat, come del resto quello dell’Olp, è sempre rimasto avvolto nel mistero e nella mitologia» dice Edward Abington, ex console generale Usa a Gerusalemme e numero due della divisione di Intelligence del Dipartimento di Stato. «Il sospetto e la voce che Arafat avesse ammassato centinaia e centinaia di milioni in conti svizzeri circola da sempre. Ma non c’è mai stata alcuna informazione dettagliata che lo confermasse. La mia impressione è che ormai ci sia comunque rimasto ben poco».
Abington non è l’unico a essere scettico sulla vicenda del tesoro nascosto. Lo è anche Jim Prince, presidente di Democracy Council, l’organizzazione non-govemativa di Los Angeles che monitorizza attività e conti del Palestine Investment Fund, il fondo di investimento in cui sono stati trasferiti i beni dell’Autorità palestinese e dello stesso Arafat: «Un tempo Arafat aveva effettivamente il controllo quasi assoluto su beni e finanziamenti enormi, ma quei giorni sono ormai andati».
Che Arafat abbia avuto modo di accumulare un patrimonio immenso, nessuno lo mette in dubbio. Per decenni a partire dagli anni 60, sia l’Olp che al Fatah hanno goduto di due forti introiti: la tassa del 5% sui redditi dei palestinesi che lavoravano nei Paesi del Golfo e le donazioni annuali fatte dalle casse pubbliche di quegli stessi Paesi (che pare siano arrivati a una punta di 250 milioni di dollari, dopo il secondo shock petrolifero del 1979). In entrambi i casi ingenti somme di denaro dirette al movimento palestinese erano di fatto sotto il controllo esclusivo di Arafat.
A partire dal 1993, dopo l’accordo di pace di Oslo, si sono poi aggiunte altre due nuove fonti di introiti: i finanziamenti per lo sviluppo di Unione europea, Giappone e Usa per un totale di circa cinque miliardi di dollari, e il gettito fiscale dei Territori occupati. Anche in questo caso è documentato che fondi formalmente destinati a un’istituzione - la nuova Autorità palestinese - vennero gestiti da una persona, Arafat. Nel caso delle entrate fiscali palestinesi, pari a oltre 200 milioni di dollari all’anno, furono addirittura gli stessi israeliani a decidere di trasferirle direttamente sul conto di una banca di Tel Aviv gestito personalmente da Arafat. Motivo: speravano che Arafat usasse quei soldi per combattere Hamas e i nemici del processo di pace.
Ma Arafat non era né un contabile né un finanziere. A gestire e disporre dei fondi a sua disposizione era in realtà il signor Khaled Salam, meglio noto col nome di battaglia di Mohammad Rashid. Per 25 anni, questo signore, che non è palestinese bensì curdo, è stato il money manager di Arafat e dell’intero movimento palestinese. Ex giornalista, Rashid conobbe Arafat a Beirut sul finire degli anni 70 e col tempo divenne il suo braccio destro finanziario. Dopo l’invasione israeliana del Libano, Rashid seguì il leader dell’Olp prima a Tunisi e poi a Gaza, rimanendo sempre responsabile degli investimenti sia privati che istituzionali di Arafat attraverso una holding chiamata Palestinian Commercial Services Company (Pcsc).
A parte Arafat, per oltre due decenni Rashid non dovette dar conto a nessuno dei suoi investimenti. E fu libero di aprire conti in giro per il mondo, investire in fondi di investimento off-shore e acquistare partecipazioni azionarie nei settori più disparati, dall’imbottigliatore della Coca Cola di Ramallah alla società biofarmaceutica canadese Bioniche Life Sciences, dal casinò di Gerico al fondo di investimento americano SilverHaze Partners.
La grande abbuffata subì un primo, duro colpo nel 1991, quando Arafat ebbe la malaugurata idea di appoggiare Saddam Hussein durante la prima guerra del Golfo. L’immediata rappresaglia dei Paesi del Golfo fu di sospendere, definitivamente le loro sovvenzioni annuali all’Olp ed espellere buona parte della popolazione palestinese, prosciugando così le loro rimesse.
Nel 2000 ci fu poi la grande svolta sul fronte della trasparenza contabile. Prima in aprile, quando gli israeliani decisero di smettere di trasferire le rimesse fiscali palestinesi sul conto di Arafat e poi a luglio, quando Rashid fu costretto a rendere noti i dettagli del portafoglio di investimenti della Pcsc.
Due anni dopo, su pressione del Fondo monetario internazionale e dei donatori internazionali, Arafat fu costretto a creare il Palestine Investment Fund (Piv) e trasferirvi i beni suoi e della Pcsc. Gli auditor internazionali appositamente assoldati impiegarono mesi per rintracciare conti bancari e investimenti sparsi per il mondo, dalle Cayman Islands al Lussenburgo, arrivando alla fine a individuare un patrimonio totale di 800 milioni di dollari.
«I beni rintracciati sono stati trasferiti nel Piv, la cui creazione ha dato alla Autorità palestinese un grado di trasparenza contabile e responsabilità finanziaria senza precedenti nel mondo arabo» dice Jim Prince, di Democracy Council.
Ma 800 milioni di dollari sono molto meno di quanto si pensa Arafat abbia accumulato nel corso dei decenni. Che fine ha fatto il resto del suo patrimonio? A giudizio di Prince, in parte è stato perso in investimenti improduttivi (incluso fondi high-tech americani) e in parte speso o dissipato dalla nomenklatura palestinese.
Per quel che riguarda il sospetto che Arafat abbia avuto modo di stornare parte dei finanziamenti ottenuti dopo l’accordo di Oslo per fini personali o peggio per finanziare il terrorismo, il 6 febbraio 2003 l’Ufficio anti-frode dell’Unione europea ha aperto, un’inchiesta. L’indagine è tuttora in corso, ma il 10 agosto scorso sono stati resi noti alcuni risultati preliminari: «I nostri investigatori hanno raccolto, analizzato e raffrontato informazioni ottenute da fonti differenti, incluso il Fmi, la Banca Mondiale, rappresentanti di Paesi terzi nel Medio Oriente, società di revisione di conti, società private e servizi di intelligence dei Paesi membri della Ue. A oggi, la valutazione degli investigatori è che non ci sia prova che fondi europei siano stati usati per finanziare attività illegali».
Tutto ciò non significa che Arafat non abbia lasciato conti cifrati o beni di cui non si è ancora trovata traccia. L’anno scorso gli investigatori del ministero delle Finanze palestinese hanno scoperto che il padre della patria ogni mese incassava una tangente di due milioni di dollari proveniente dalla vendita di benzina nei Territori occupati. Tra il luglio 2002 e il luglio 2003, le autorità bancarie francesi hanno inoltre notato trasferimenti di denaro dalla Svizzera su un conto intestato a Suha, moglie di Arafat, per un totale di 11,5 milioni di euro. Insomma è più che probabile che qualcosa di nascosto ci sia ancora. Ma non sarà certo il tesoro di cui si fantastica.

http://www.cinquantamila.it/storyTeller ... 0000115237

La moglie di Arafat ha finito i soldi. Organizzata una colletta [:302]

https://www.rightsreporter.org/la-mogli ... -colletta/


Ubatuba (che legge insieme a me) dice che lo sa anche il suo ... cane! [:302]



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MessaggioInviato: 01/08/2018, 20:15 
E..... basta!.... le fonti sono sempre quelle e il tuo cervello BEVE. [:302]


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MessaggioInviato: 01/08/2018, 20:25 
bleffort ha scritto:
E..... basta!.... le fonti sono sempre quelle e il tuo cervello BEVE. [:302]




Ammetti! Te faccio fa sempre ... FIGURE!
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MessaggioInviato: 01/08/2018, 21:11 
Goldman, Sachs, Lehman, Sassoon, Warburg, Kuhn, Loeb, Shiff, Rockefeller, Rothschild, Lazare, Davison, Soros...

Quanti miliardi fanno girare questi? E che cosa finanziano? Altroché il miliardino del fu Arafat... :)

" Perchè guardi
la pagliuzza
che è nell'occhio
del tuo fratello
e non ti accorgi
della trave che è
nel tuo occhio?"
(Luca 6,41) [^]



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MessaggioInviato: 01/08/2018, 21:26 
bleffort ha scritto:
Secondo te i più ricchi della Terra allora sono Arafat,Castro,l'aiatollah Iraniano,ecc..tutti capi di nazioni Comuniste!. [:246] Ma ti rendi conto cosa dici?. [:302]

Non saranno i più ricchi del pianeta ma dovrebbero almeno dare l'esempio e invece....conti in svizzera, mega ville con toilette d'oro, yacht, auto di lusso, jet privati, caviale, champagne etc.

Del resto.........
https://www.tempi.it/premiata-arafat-spa#.W2IJBOkd5jo



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MessaggioInviato: 01/08/2018, 21:32 
sottovento ha scritto:



"Incredibile ma vero: di giorno si fanno la guerra, di notte rubano insieme!"

Sempre pensato, la ruota deve girare... Altroché pace, a chi serve? La guerra perenne rende molto di più. [:305]



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