ESCLUSIVA: la moderna deportazione di schiavi africani. Parte 1
"La mia missione è combattere con la penna per fermare questa immigrazione “forzata” di migliaia di giovani africani in Europa, un’immigrazione selvaggia che è diventata una vera e propria deportazione di massa organizzata su moderne “navi negriere” dove è in gioco, come in una roulette russa, la vita".
“Di quante altre tragedie in mare c’è bisogno per dire basta a tutta questa barbarie? E quante vite potremmo salvare se solo prendessimo la “questione immigrazione” per il verso giusto? Non si riesce davvero a convincere quei ragazzi a restare nella loro terra?”
Sono queste le domande che mi assillano. Per non dovermi pentire domani di non aver nemmeno tentato, provo a dare qualche risposta nei miei articoli che vengono regolarmente scartati dalle redazioni mainstream media per impedire di far sentire una voce diversa, libera e scevra da conflitti di interesse.
Perché l’Africa raccontata dagli africani è ben diversa da come viene dipinta oggi dai cosiddetti “africanisti occidentali”. Loro hanno sempre raccontato che l’Africa è brutta, povera e bisognosa di aiuti umanitari. Cosi fra 50 o 100 anni, le future generazioni impareranno a memoria solo quelle storie di genocidi, di colpi di stato, di guerre tribali, del ritorno al cannibalismo, di esodi di massa, di immigrazione clandestina, di trafficanti di esseri umani, di rifugiati e di richiedenti asilo.
E non è certo un bel narrare.
Io ci ho provato, finora inutilmente, a denunciare la loro mentalità ipocrita che, al grido di “Accogliamoli tutti!”, ha solo causato la morte di migliaia di innocenti. Dunque non basterà più parlare per slogan gridando: “Stop immigrazione! Stop deportazione!”, ma bisognerà riuscire a persuadere tutti gli attori principali anche e soprattutto quando questi lucrano sull’immigrazione e sono invischiati nel business dell’accoglienza.
L’immigrazione in Italia: più accoglienza meno integrazione
L’Italia è il porto d’accesso, ed è usata dai migranti come via di transito verso il Nord Europa poiché la maggior parte di chi sbarca sa già che qui non ci sono opportunità economiche e preferisce quindi continuare il suo viaggio. Infatti l’Italia non ha granché da offrire, nemmeno l’integrazione, inoltre l’alto tasso di disoccupazione dei suoi giovani costringe gli stessi italiani a scegliere, a loro volta, di emigrare altrove. In questi ultimi quindici anni, però, quello che più ha fatto scalpore è stata l’immigrazione dall’Africa e, oggi più che mai, questo problema ha diviso la popolazione in due gruppi distinti e distanti. Chi è pro e chi è contro. E come due tifoserie di ultras le due fazioni si combattono senza esclusione di colpi e, dalle rispettive trincee, finiscono spesso col dimenticarsi di quelle persone in balìa del mare. Oramai si respira un’aria così poco edificante che non permette di dibattere serenamente sulle cause reali del fenomeno migratorio, e tentare di trovare una qualche soluzione diventa pressoché impossibile. Nessuna delle due parti è così umile da ascoltare la voce degli africani senza strumentalizzarla e intanto rimane irrisolto il “problema immigrazione” che è finito per diventare una vera piaga dell’umanità e, se non si interverrà, resterà tale a tempo indeterminato. Dunque, bisognerebbe spostare l’attenzione fuori dai confini italiani e portarla direttamente in Africa, cioè a monte del problema.
Le vere cause dell’immigrazione
Cosa sta succedendo in Africa?
Gli africani che emigrano oggi verso l’Europa provengono soprattutto dai paesi sub sahariani, dal Corno d’Africa, dall’Africa centro-occidentale e dai paesi francofoni, cioè dalle ex colonie francesi. L’immigrazione che vediamo in televisione è solo la punta dell’iceberg. Chi c’è dietro a manovrare i fili? Quali sono le motivazioni che spingono i giovani a lasciare la loro terra?
A sentire la narrativa dei media occidentali si direbbe che la colpa di questo esodo sia esclusivamente degli stessi africani, dei loro governi dittatoriali, degli “Stati canaglia”, dei regimi corrotti e un pochino anche del climate-change e della siccità. Soprattutto i media a favore dell’immigrazione hanno usato in questi anni la formula della demonizzazione del paese da cui provengono i migranti sia per ammansire che per convincere l’opinione pubblica, così da renderla “più accogliente”.
Dicono: “Sono rifugiati e meritano di stare qui!”
Il trucco ha funzionato molto bene ma ora anche quelli più buoni stanno mostrando segni d’insofferenza. Non ne possono più!
Qualche anno fa pubblicai un articolo dal titolo: E se l’Africa non fosse come la raccontano in cui dicevo che il continente da cui fuggono molti giovani non è come ce lo descrivono qui in Europa: “Fuggono dalla guerra e dalla repressione”, “Scappano dall’Inferno sulla terra” dicevano ieri e oggi ripetono all’unisono: “Scappano dai Lager libici”. Hanno trasposto in Africa la parola tedesca “Konzentrationslager” per richiamare nell’immaginario collettivo le drammatiche scene dei campi di concentramento nazisti.
Ma non si potrà nascondere la verità a lungo, prima o poi dovremo aprire gli occhi e iniziare a fare una bella riflessione sulle vere ragioni di questo infame gioco al massacro.
Secondo la giornalista Marta Pranzetti sin dagli anni Cinquanta l’Africa ha conosciuto il maggior numero di colpi di Stato e rovesciamenti militari, circa 87, di cui in buona parte riusciti. Ovviamente, dietro a questi fatti storici c’è sempre la longa-manus dell’Occidente, cioè di quei Paesi che sono massicciamente presenti ed attivi sul suolo africano, in primis la Francia che per imporre i suoi interessi economici non esita dall’intervenire militarmente ovunque, così come ha fatto negli ultimi anni in Ciad, nel Mali, in Niger, in Libia e in Costa d’Avorio. Oggi, il franco CFA è diventato una causa del fenomeno migratorio. La valuta creata dalla Francia per conservare la sua influenza sulle sue ex colonie (ne fanno parte ben 14 paesi africani) in realtà è un sistema colonialista che strozza le loro economie. Si stima che ogni anno questi paesi paghino 500 miliardi di dollari di “tasse” alla Francia. Per reagire a questa moderna schiavitù, migliaia di africani scelgono di andarsene mentre altri protestano lanciando sassi contro i carri armati francesi in Africa.
La Francia dice che l’adesione al CFA è su base volontaria ma i leaders africani che contestano questo neocolonialismo francese vengono eliminati uno dopo l’altro. Dal 1963 ad oggi si contano 22 Capi di Stato assassinati, da Sylvanus Olympio (Togo), a Modibo Keita (Mali), a Thomas Sankara (Burkina Faso) fino a quel tragico ottobre del 2011 in cui fu barbaramente ucciso Muammar Gheddafi. Sei mesi prima, i militari francesi avevano fatto irruzione nella camera da letto del Presidente ivoriano Laurent Gbagbo (insediando al suo posto il loro fantoccio Alassane Ouattara). Gbagbo fu consegnato alla Corte Penale Internazionale e accusato di gravi crimini contro l’Umanità. La sua colpa era invece quella di voler cambiare il piano di indipendenza economica dalla Francia. Dopo sette anni di prigionia, quelle accuse sono state riconosciute infondate e il Presidente è stato prosciolto a metà gennaio 2019. Lo stesso si trova ancor oggi esiliato in Belgio. Oramai è lampante che la Corte Penale Internazionale sia diventata un tribunale razzista al servizio degli occidentali visto che né Bush, né Blair e nemmeno Sarkozy sono mai stati accusati di nessun crimine contro l’umanità.
Africom: comando africano degli Stati Uniti
Un altro Stato occidentale che sta destabilizzando l’Africa sono gli Stati Uniti, presenti in quasi tutti i paesi africani con AFRICOM (nato nel 2006 da un’idea del segretario alla difesa Donald Rumsfeld). Di fatto, si tratta di una militarizzazione del Continente con basi militari ovunque ed un arsenale bellico imponente. E tutto ciò serve per contrastare l’avanzata neocoloniale cinese. Ad agosto 2019 è stata inaugurata la più grande base per droni degli USA, si chiama Niger Air Base 201 e si trova nel deserto del Niger, nelle vicinanze di Agàdez. Oramai AFRICOM ha conquistato 52 Stati africani su 54. E la sua ingombrante presenza non aiuta certo a restare tranquilli nella propria terra soprattutto quando sai che la sua strategia recita: “La guerra del futuro è in Africa!”.
Il terrorismo in Africa è diventato oggi un vero e proprio cavallo di Troia e l’operazione “War on terror”, la guerra al terrorismo, ha permesso a militari d’oltremare, armati fino ai denti, di poter entrare ovunque, senza permessi e senza alcun limite dei confini nazionali per dare la caccia ai cattivi. Eppure, per millenni, gli africani hanno vissuto senza nemmeno sapere cosa fosse “il terrorismo”, un fenomeno d’importazione che si è allargato a macchia d’olio in molti paesi strategici, vedi al-Shabaab in Somalia, Boko Haram in Nigeria, Al Qaeda nel Sahel e l’ISIS nel Magreb.
“Cui prodest?” come dicevano i Romani.
Migrazione coercitiva programmata
Kelly Greenhill, nel suo libro “Weapons of Mass Migration” (le armi di migrazione di massa) scrive della migrazione coercitiva programmata (MCP) ossia di quei movimenti di persone deliberatamente innescati o manipolati da entità statali o non statali, allo scopo di ottenere vantaggi politici, militari ed economici.
Ed è questo quello che è successo in Etiopia negli ultimi quindici anni dove è stata messa in atto una guerra di migrazione di massa creata ad arte per far fuggire migliaia di giovani eritrei verso l’Europa, una strategia pianificata e studiata a tavolino come ha confessato lo stesso Presidente Obama durante un discorso al Clinton Global Initiative nel settembre del 2012, un anno prima della tragedia di Lampedusa del 3 ottobre 2013: “Recentemente ho rinnovato le sanzioni su alcuni dei paesi più tirannici tra cui l’Eritrea” disse “Stiamo collaborando con i gruppi che aiutano le donne e i bambini a scappare dalle mani dei loro aguzzini, stiamo aiutando altri paesi ad intensificare i loro sforzi e vediamo già dei risultati”.
Per svuotare l’Eritrea dei suoi giovani e poterla invadere facilmente gli USA, alleati dell’Etiopia, l’hanno destabilizzata come non mai prima, con il proxy war (guerre per procura), il terrorismo, i tentativi di regime-change e le sanzioni che di fatto hanno colpito la popolazione più giovane. La colpa dell’Eritrea fu quella di aver rifiutato di ospitare una base militare statunitense nelle incontaminate isole Dahlak. Di fatto in Eritrea AFRICOM non c’è.
Ma chi sono quei “gruppi” di cui parlava Obama?
Tra gli attori protagonisti di questa migrazione coercitiva programmata, oltre alla Open Society Foundations di George Soros, Amnesty International, Human Rights Watch ed altri, c’è soprattutto l’UNHCR (l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati), un’organizzazione che riceve oltre l’80% dei suoi finanziamenti da Washington. Il suo ruolo è quello di continuare ad allestire in ogni Stato africano le sue tendopoli, autentiche prigioni a cielo aperto, per ospitare milioni di disgraziati in fuga dal paese limitrofo. Così, ogni paese africano ha costruito tendopoli per i suoi confinanti. In quei campi recintati dell’UNHCR si traffica di tutto, anche esseri umani. E la maggior parte di quei giovani che sono sbarcati o che sono annegati nel Mar Mediterraneo erano scappati proprio dalla protezione umanitaria dell’UNHCR. Scappavano forse perché non erano poi così al sicuro tra le braccia dei gilet azzurri? Oppure, come mi hanno confessato molti richiedenti asilo, venivano deliberatamente incoraggiati a proseguire il viaggio via deserto e mare? Per chi volesse approfondire sull’operato dell’UNHCR in Africa rimando al mio articolo.
È indubbio che le destabilizzazioni ad hoc creano un esodo. Senza correre il rischio di essere smentito posso affermare che il neocolonialismo si attua anche riducendo l’Africa ad una grande tendopoli per gli africani per poterne gestire meglio il flusso di migranti: più africani si potranno rinchiudere in nuovi campi rifugiati con i caschi blu a fare la guardia, più il conflitto d’interesse delle suddette organizzazioni umanitarie diventa plateale. Ci sarà un maggior numero di personale occidentale ben remunerato, più finanziamenti e raccolte di soldi facili.