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 Oggetto del messaggio: Re: Le bufale sul fascismo che i nostalgici ripetono su inte
MessaggioInviato: 03/10/2019, 16:39 
sottovento ha scritto:
Ok, ma dovresti anche dirci quale sistema dovremmo adottare in sostituzione!


Morley ha scritto:
Ma ti senti proprio perso senza "sistemi"?

[:297]
Io sarei per il "sistema" Mauro Corona: baita nel bosco, natura incontaminata, damigiana di vino e niente rompiballe tra i piedi.
Finché campo, campo, e se mi ammalo, crepo. Amen.

I "sistemi", le bandiere rosse o con le stelline le lascio ad altri.



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“Questa crisi, questo disastro [europeo] è artificiale, e in sostanza questo disastro artificiale ha quattro lettere: EURO.”
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 Oggetto del messaggio: Re: Le bufale sul fascismo che i nostalgici ripetono su inte
MessaggioInviato: 03/10/2019, 21:38 
TheApologist ha scritto:
Io sarei per il "sistema" Mauro Corona: baita nel bosco, natura incontaminata, damigiana di vino e niente rompiballe tra i piedi.
Finché campo, campo, e se mi ammalo, crepo. Amen.

I "sistemi", le bandiere rosse o con le stelline le lascio ad altri.

Un grande Mauro Corona, un personaggio unico scampato al disastro del Vajont, un uomo ricco di virtù e di storia che non si è mai montato la testa rimanendo se stesso. Purtroppo sai però che la maggioranza degli uomini non è in grado vi viver così e per loro occorre un sistema di riferimento.

Nb: poi libero di andare a vivere nella baita con la tua damigiana di vino ma sarai sempre assoggettato alle leggi del paese dove vivi.



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 Oggetto del messaggio: Re: Le bufale sul fascismo che i nostalgici ripetono su inte
MessaggioInviato: 03/10/2019, 22:00 
sottovento ha scritto:
Nb: poi libero di andare a vivere nella baita con la tua damigiana di vino ma sarai sempre assoggettato alle leggi del paese dove vivi.

Era tra il serio e il (molto) faceto.
Anche perché sono astemio :D
Quindi niente damigiana... :(



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 Oggetto del messaggio: Re: Le bufale sul fascismo che i nostalgici ripetono su inte
MessaggioInviato: 04/10/2019, 13:21 
sottovento ha scritto:
TheApologist ha scritto:
Io sarei per il "sistema" Mauro Corona: baita nel bosco, natura incontaminata, damigiana di vino e niente rompiballe tra i piedi.
Finché campo, campo, e se mi ammalo, crepo. Amen.

I "sistemi", le bandiere rosse o con le stelline le lascio ad altri.

Un grande Mauro Corona, un personaggio unico scampato al disastro del Vajont, un uomo ricco di virtù e di storia che non si è mai montato la testa rimanendo se stesso. Purtroppo sai però che la maggioranza degli uomini non è in grado vi viver così e per loro occorre un sistema di riferimento.

Nb: poi libero di andare a vivere nella baita con la tua damigiana di vino ma sarai sempre assoggettato alle leggi del paese dove vivi.


Beh chi vieta di vivere così a chi vuol farlo? Nessuno. Io col cavol oche sto nella baita tra le pulci preferisco inquinare e sfruttare al meglio quanto la tencologia e la mente umana può mettermi a disposizione ^_^ quando il nostro ciclo sarà finito, se finirà amen. Tanto tranquilli non ci estingueremo, come no nsi sono estinti i neanderthal o i denisova, verremo assimilati da un modello migliore che prima o poi verrà immesso in natura da chi a suo tempo ha fatto lo stesso con noi.



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 Oggetto del messaggio: Re: Le bufale sul fascismo che i nostalgici ripetono su inte
MessaggioInviato: 24/06/2023, 20:30 
Le «scarpe di cartone» e tutte le bufale sul Regio Esercito nella seconda guerra mondiale


Roma, 24 giu – Quante volte abbiamo sentito, a scuola, all’università, in documentari televisivi o dalla voce di persone di nostra conoscenza, frasi come queste: “I nostri soldati avevano le scarpe di cartone!”, “Il Regio Esercito era male armato!”, oppure “Noi avevamo il fucile 91, del 1800!”, o letto nelle classiche memorie del fronte russo di Nuto Revelli o Rigoni Stern: “Noi avevamo i muli, i tedeschi i carri armati” e persino recentemente l’autolesionismo patrio, in una fiction riguardante uno degli eroi veri dell’Italia, Salvo d’Acquisto, è arrivato a un… “Guarda, i tedeschi hanno pure i caschi coloniali, e noi no!”, quando in realtà i soldati tedeschi dell’Afrika Korps preferivano le divise tropicali italiane o quelle inglesi catturate alle loro.



“I nostri soldati avevano le scarpe di cartone!”. In realtà gli scarponcini militari italiani erano in cuoio e pelle di buona qualità, certamente quando si devono fare indumenti in milioni di esemplari si prendono delle scorciatoie produttive: quindi si usano fibre artificiali, etc. Gli stessi tedeschi già dal 1939 accorciarono i loro famosi stivali per risparmiare cuoio, dal 1941 distribuirono alle reclute solo degli scarponcini bassi da portare con le ghette, e iniziarono presto a usare filati artificiali come il rayon nei capi d’abbigliamento e a usare bachelite, carta pressata e resine per fare bottoni o parti di equipaggiamento. Lo stesso equipaggiamento invernale italiano, consistente in cappotto in panno, guanti in lana, etc., seppur purtroppo inadeguato per l’inverno russo, era esattamente pari a quello tedesco del 1941; solo nell’inverno successivo la Wehrmacht introdusse delle tenute imbottite per i suoi soldati. Di nota anche il fatto che al Btg. Monte Cervino, inviato in Russia, furono consegnati scarponi dotati delle modernissime suole in gomma VIBRAM, altro che “cartone”!
Ma quali scarpe di cartone

Corollario: “Avevamo le pezze da piedi e le fasce mollettiere”. Le pezze da piedi erano considerate dai veterani come migliori e più durevoli delle calze, le fasce mollettiere erano, all’inizio guerra, adottate da molti dei contrapposti eserciti! “Noi avevamo il fucile 91, del 1800!” Una delle frasi dimostranti maggiore malafede: il fucile 91 fu in effetti adottato nel 1891… ma d’altronde i fucili usati nella seconda guerra mondiale delle altre nazioni erano molto più recenti? Vediamo: Germania, Mauser K98k, adozione 1898, Inghilterra, Lee Enfield, 1900, Russia, Moisin-Nagant, 1891, Giappone Meiji-Arisaka, 1897, USA, Springfield 1903… 1903! Il “vecchio” 91 era decisamente in buona compagnia!
Tutte le bufale sul Regio Esercito

“Il nostro esercito era male armato!”. Certamente dopo il 1942-1943 il divario tecnologico e industriale con le potenze Alleate o la Germania si ampliò effettivamente in modo irreparabile per il sistema industriale-militare, sociale e politico italiano ma sino al 1941-1942, se per esempio compariamo armi e mezzi italiani con quelli inglesi in Nord Africa, uno dei teatri che videro il maggior impegno delle FFAA italiane nella seconda guerra mondiale, troveremo delle sorprese: nelle armi individuali sostanziale parità, e se gli inglesi avevano una eccellente mitragliatrice leggera, il Bren, noi schieravamo una ottima mitragliatrice pesante, la Breda 37. Una nota dolente riguarda poi il famoso moschetto automatico Beretta MAB 38 A, eccellente arma da fuoco automatica camerata per una potente munizione da 9 mm: prodotta in decine di migliaia di esemplari già nei primi anni di guerra, fu però distribuita solo a pochi reparti e in pochissimi esemplati a causa della mentalità retrograda degli Uffici Armi del Regio Esercito che vedevano nella celerità di tiro dell’arma solo uno “spreco di munizioni”. Il risultato fu che prima della Repubblica Sociale Italiana il MAB finì in numeri maggiori nelle mani dell’Esercito Rumeno (che ne acquistò molti esemplari) e della Wehrmacht che ne requisì a magazzini interi dopo l’8 settembre 1943 controllandone poi la produzione che in quelle dei militari regi italiani. Nei corazzati, se noi allineavamo le giustamente vituperate “scatolette di latta”, i piccoli carri L3, anche gli inglesi non scherzavano con le loro “bare di fuoco”, i vari modelli di Light Tank (carri leggeri) armati di mitragliatrici; nei carri medi i nostri M13/40 e modelli M successivi tenevano bene, con il loro pezzo da 47 mm, contro il 40 mm dei carri Cruiser e Valentine inglesi, il cui cannone peraltro poteva sparare solo granate perforanti e non anche quelle esplosive, essenziali per ingaggiare a distanza i cannoni anticarro e la fanteria trincerata. I Matilda, carri pesanti inglesi, benché dotati di una massiccia corazzatura, erano pochi e lenti. E ad ogni modo, nelle azioni tattiche di corazzati sia gli italiani che gli inglesi sembrano dei novizi imbranatissimi al confronto dei tedeschi, capaci di sfruttare flessibilmente i loro Panzer appoggiati da aliquote di fanteria meccanizzata, artiglieria, genio e aviazione di supporto: anche in questo caso il confronto Italia-Inghilterra è quindi… pareggio! In effetti, quando inglesi e italiani si scontrarono in Nord Africa in condizioni di parità numerica, e senza i tedeschi di mezzo a rubare la scena, anche i Carristi italiani colsero degli allori, come la Divisione Ariete a Bir el Gobi il 19 novembre 1941, quando i suoi 130 carri M batterono i 150 carri Crusader della potente e esperta 22° Brigata Corazzata inglese, distruggendone 42 e perdendone 30. Sicuramente il nostro Esercito era però notevolmente inferiore nelle artiglierie controcarro, nelle comunicazioni, nella logistica e nelle forze meccanizzate, anche se in Nord Africa una buona parte delle unità di fanteria fu comunque dotata di automezzi, come pure le nostre Grandi Unità inviate in Russia con lo CSIR, che poteva allineare alcuni dei migliori reparti del Regio Esercito e dei Battaglioni M. Analizzando le performance di aerei e navi spesso arriviamo a un giudizio di non inferiorità dei nostri mezzi, per esempio anche l’utilizzo della Royal Navy del Radar e della decrittazione (non efficientissima, peraltro) dei messaggi italo-tedeschi nella guerra navale nel Mediterraneo, non deve mascherare gli incredibili errori tattici e la pavidità strategica degli Ammiragli italiani nel 1940-1943. Passando all’Aeronautica gli inglesi non avevano poi solo gli splendidi Spitfire: nel 1940-1941 i nostri antiquati biplani CR-42 erano coetanei dei biplani inglesi Gladiator, e gli Hurricane, una volta tropicalizzati per l’utilizzo in Nord Africa, avevano le stesse prestazioni dei nostri Macchi MC 200 Saetta… poi le famose “otto mitragliatrici” dei caccia inglesi, se paragonate alle sole due dei nostri caccia, potevano risultare superiori solo a chi non osservasse che le armi inglesi erano di piccolo calibro, 7.7 mm, mentre quelle dei nostri aerei erano le potenti Breda-SAFAT da 12.7 mm, sparanti proiettili incendiari di peso quadruplo rispetto ai proiettili inglesi. Il nostro Macchi MC 205 Veltro, inoltre, benché consegnato ai reparti in pochi esemplari nel giugno 1942, aveva caratteristiche pari ai più moderni aerei avversari.

“Noi avevamo i muli, i tedeschi i carri armati”. Considerando che la Wehrmacht schierò contro la Russia nel 1941 più di centotrenta Divisioni e di queste solo una ventina erano Corazzate o Motorizzate, e tutte le altre appiedate e ippotrainate come nelle campagne napoleoniche… affermazioni come queste si possono spiegare solo con il ruolo “di parte” di scrittori come Revelli e Rigoni Stern nel dopoguerra. Le cattive prove di talune unità italiane nel periodo 1940-1942 non vanno quindi ricercate tanto nell’inferiorità dei materiali, ma nello scarso addestramento e coesione tra militari di truppa provenienti da regioni diverse, e non resi affiatati dai propri Ufficiali del Regio Esercito, i quali spesso si consideravano come superiori non solo di grado, ma anche di… casta, quindi incapaci di vincere il rispetto e guadagnarsi la fedeltà dei propri uomini. Inoltre gli Ufficiali Superiori stessi, spesso anziani, applicarono tattiche risalenti alla prima guerra mondiale in un contesto di guerra di movimento molto diverso, e invece di aggiornare le loro conoscenze d’arte militare preferirono dare la colpa dei loro fallimenti ai soldati o alle loro armi!


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 Oggetto del messaggio: Re: Le bufale sul fascismo che i nostalgici ripetono su inte
MessaggioInviato: 27/06/2023, 20:20 
vimana131 ha scritto:
Le «scarpe di cartone» e tutte le bufale sul Regio Esercito nella seconda guerra mondiale


Roma, 24 giu – Quante volte abbiamo sentito, a scuola, all’università, in documentari televisivi o dalla voce di persone di nostra conoscenza, frasi come queste: “I nostri soldati avevano le scarpe di cartone!”, “Il Regio Esercito era male armato!”, oppure “Noi avevamo il fucile 91, del 1800!”, o letto nelle classiche memorie del fronte russo di Nuto Revelli o Rigoni Stern: “Noi avevamo i muli, i tedeschi i carri armati” e persino recentemente l’autolesionismo patrio, in una fiction riguardante uno degli eroi veri dell’Italia, Salvo d’Acquisto, è arrivato a un… “Guarda, i tedeschi hanno pure i caschi coloniali, e noi no!”, quando in realtà i soldati tedeschi dell’Afrika Korps preferivano le divise tropicali italiane o quelle inglesi catturate alle loro.



“I nostri soldati avevano le scarpe di cartone!”. In realtà gli scarponcini militari italiani erano in cuoio e pelle di buona qualità, certamente quando si devono fare indumenti in milioni di esemplari si prendono delle scorciatoie produttive: quindi si usano fibre artificiali, etc. Gli stessi tedeschi già dal 1939 accorciarono i loro famosi stivali per risparmiare cuoio, dal 1941 distribuirono alle reclute solo degli scarponcini bassi da portare con le ghette, e iniziarono presto a usare filati artificiali come il rayon nei capi d’abbigliamento e a usare bachelite, carta pressata e resine per fare bottoni o parti di equipaggiamento. Lo stesso equipaggiamento invernale italiano, consistente in cappotto in panno, guanti in lana, etc., seppur purtroppo inadeguato per l’inverno russo, era esattamente pari a quello tedesco del 1941; solo nell’inverno successivo la Wehrmacht introdusse delle tenute imbottite per i suoi soldati. Di nota anche il fatto che al Btg. Monte Cervino, inviato in Russia, furono consegnati scarponi dotati delle modernissime suole in gomma VIBRAM, altro che “cartone”!
Ma quali scarpe di cartone

Corollario: “Avevamo le pezze da piedi e le fasce mollettiere”. Le pezze da piedi erano considerate dai veterani come migliori e più durevoli delle calze, le fasce mollettiere erano, all’inizio guerra, adottate da molti dei contrapposti eserciti! “Noi avevamo il fucile 91, del 1800!” Una delle frasi dimostranti maggiore malafede: il fucile 91 fu in effetti adottato nel 1891… ma d’altronde i fucili usati nella seconda guerra mondiale delle altre nazioni erano molto più recenti? Vediamo: Germania, Mauser K98k, adozione 1898, Inghilterra, Lee Enfield, 1900, Russia, Moisin-Nagant, 1891, Giappone Meiji-Arisaka, 1897, USA, Springfield 1903… 1903! Il “vecchio” 91 era decisamente in buona compagnia!
Tutte le bufale sul Regio Esercito

“Il nostro esercito era male armato!”. Certamente dopo il 1942-1943 il divario tecnologico e industriale con le potenze Alleate o la Germania si ampliò effettivamente in modo irreparabile per il sistema industriale-militare, sociale e politico italiano ma sino al 1941-1942, se per esempio compariamo armi e mezzi italiani con quelli inglesi in Nord Africa, uno dei teatri che videro il maggior impegno delle FFAA italiane nella seconda guerra mondiale, troveremo delle sorprese: nelle armi individuali sostanziale parità, e se gli inglesi avevano una eccellente mitragliatrice leggera, il Bren, noi schieravamo una ottima mitragliatrice pesante, la Breda 37. Una nota dolente riguarda poi il famoso moschetto automatico Beretta MAB 38 A, eccellente arma da fuoco automatica camerata per una potente munizione da 9 mm: prodotta in decine di migliaia di esemplari già nei primi anni di guerra, fu però distribuita solo a pochi reparti e in pochissimi esemplati a causa della mentalità retrograda degli Uffici Armi del Regio Esercito che vedevano nella celerità di tiro dell’arma solo uno “spreco di munizioni”. Il risultato fu che prima della Repubblica Sociale Italiana il MAB finì in numeri maggiori nelle mani dell’Esercito Rumeno (che ne acquistò molti esemplari) e della Wehrmacht che ne requisì a magazzini interi dopo l’8 settembre 1943 controllandone poi la produzione che in quelle dei militari regi italiani. Nei corazzati, se noi allineavamo le giustamente vituperate “scatolette di latta”, i piccoli carri L3, anche gli inglesi non scherzavano con le loro “bare di fuoco”, i vari modelli di Light Tank (carri leggeri) armati di mitragliatrici; nei carri medi i nostri M13/40 e modelli M successivi tenevano bene, con il loro pezzo da 47 mm, contro il 40 mm dei carri Cruiser e Valentine inglesi, il cui cannone peraltro poteva sparare solo granate perforanti e non anche quelle esplosive, essenziali per ingaggiare a distanza i cannoni anticarro e la fanteria trincerata. I Matilda, carri pesanti inglesi, benché dotati di una massiccia corazzatura, erano pochi e lenti. E ad ogni modo, nelle azioni tattiche di corazzati sia gli italiani che gli inglesi sembrano dei novizi imbranatissimi al confronto dei tedeschi, capaci di sfruttare flessibilmente i loro Panzer appoggiati da aliquote di fanteria meccanizzata, artiglieria, genio e aviazione di supporto: anche in questo caso il confronto Italia-Inghilterra è quindi… pareggio! In effetti, quando inglesi e italiani si scontrarono in Nord Africa in condizioni di parità numerica, e senza i tedeschi di mezzo a rubare la scena, anche i Carristi italiani colsero degli allori, come la Divisione Ariete a Bir el Gobi il 19 novembre 1941, quando i suoi 130 carri M batterono i 150 carri Crusader della potente e esperta 22° Brigata Corazzata inglese, distruggendone 42 e perdendone 30. Sicuramente il nostro Esercito era però notevolmente inferiore nelle artiglierie controcarro, nelle comunicazioni, nella logistica e nelle forze meccanizzate, anche se in Nord Africa una buona parte delle unità di fanteria fu comunque dotata di automezzi, come pure le nostre Grandi Unità inviate in Russia con lo CSIR, che poteva allineare alcuni dei migliori reparti del Regio Esercito e dei Battaglioni M. Analizzando le performance di aerei e navi spesso arriviamo a un giudizio di non inferiorità dei nostri mezzi, per esempio anche l’utilizzo della Royal Navy del Radar e della decrittazione (non efficientissima, peraltro) dei messaggi italo-tedeschi nella guerra navale nel Mediterraneo, non deve mascherare gli incredibili errori tattici e la pavidità strategica degli Ammiragli italiani nel 1940-1943. Passando all’Aeronautica gli inglesi non avevano poi solo gli splendidi Spitfire: nel 1940-1941 i nostri antiquati biplani CR-42 erano coetanei dei biplani inglesi Gladiator, e gli Hurricane, una volta tropicalizzati per l’utilizzo in Nord Africa, avevano le stesse prestazioni dei nostri Macchi MC 200 Saetta… poi le famose “otto mitragliatrici” dei caccia inglesi, se paragonate alle sole due dei nostri caccia, potevano risultare superiori solo a chi non osservasse che le armi inglesi erano di piccolo calibro, 7.7 mm, mentre quelle dei nostri aerei erano le potenti Breda-SAFAT da 12.7 mm, sparanti proiettili incendiari di peso quadruplo rispetto ai proiettili inglesi. Il nostro Macchi MC 205 Veltro, inoltre, benché consegnato ai reparti in pochi esemplari nel giugno 1942, aveva caratteristiche pari ai più moderni aerei avversari.

“Noi avevamo i muli, i tedeschi i carri armati”. Considerando che la Wehrmacht schierò contro la Russia nel 1941 più di centotrenta Divisioni e di queste solo una ventina erano Corazzate o Motorizzate, e tutte le altre appiedate e ippotrainate come nelle campagne napoleoniche… affermazioni come queste si possono spiegare solo con il ruolo “di parte” di scrittori come Revelli e Rigoni Stern nel dopoguerra. Le cattive prove di talune unità italiane nel periodo 1940-1942 non vanno quindi ricercate tanto nell’inferiorità dei materiali, ma nello scarso addestramento e coesione tra militari di truppa provenienti da regioni diverse, e non resi affiatati dai propri Ufficiali del Regio Esercito, i quali spesso si consideravano come superiori non solo di grado, ma anche di… casta, quindi incapaci di vincere il rispetto e guadagnarsi la fedeltà dei propri uomini. Inoltre gli Ufficiali Superiori stessi, spesso anziani, applicarono tattiche risalenti alla prima guerra mondiale in un contesto di guerra di movimento molto diverso, e invece di aggiornare le loro conoscenze d’arte militare preferirono dare la colpa dei loro fallimenti ai soldati o alle loro armi!


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Per favore non mi fare revocare tutto il racconto della guerra che ha fatto mio padre nel Nord Africa,farò una sintesi; mi raccontava che i Tedeschi con le loro divise, le loro armi ,la loro organizzazione erano soldati e gli Italiani in confronto sembravamo straccioni.
Fatto prigioniero dagli Inglesi dopo l'assedio di Giarabub che hanno resistito accerchiati se non ricordo male per sei mesi,fu anche ferito all'Anca da una scheggia di bomba a mano e in seguito trasferito nei campi di concentramento di Durban in Sud Africa. In seguito gli Inglesi dovendo fare una selezione fra chi era Fascista e chi no, mio padre non essendo Fascista lo portarono fuori dal campo a dirigere una azienda agricola e gli assegnarono una persona di colore alle sue dipendenze dicendogli che se disubidiva lo poteva anche uccidere senza che avrebbe avuto nessuna conseguenza.
La proverbiale umanità di mio padre non ebbe mai dissidi con questa persona anzi diceva che lo ha trattato quasi come un amico. [:305]
Dopo sei anni su liberato e rimpatriato.
In sintesi GLI ITALIANI NON ERANO PREPARATI AD INIZIARE QUESTA GUERRA.


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 Oggetto del messaggio: Re: Le bufale sul fascismo che i nostalgici ripetono su inte
MessaggioInviato: 02/07/2023, 09:43 
Per la gioia dei nostalgici del Fascismo: [:D]

Borgo.jpg



Borgo-Bonsignore-piazza-1024x576.jpg



Piazzetta-Borgo.jpg



BORGO BONSIGNORE (AG)
Borgo del periodo Mussoliniano in fase di restauro.


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 Oggetto del messaggio: Re: Le bufale sul fascismo che i nostalgici ripetono su inte
MessaggioInviato: 07/09/2023, 20:19 
Mattarella riscrive il passato per legittimare il Potere sul presente
Le curiose interpretazioni e reinterpretazioni storiche del Quirinale.
OpinionePolitica
By Redazione CDC On 27 Agosto 2023 23,213
Mattarella riscrive il passato per legittimare il Potere sul presente
Il capo dello Stato al Meeting Cl di Rimini (25.08.2023) - Foto Ansa
AVVISO PER I LETTORI: Abbiamo cambiato il nostro indirizzo Telegram. Per restare aggiornato su tutti gli ultimi nostri articoli iscriviti al nostro canale ufficiale Telegram .

Di Belisario per ComeDonChisciotte.org

Secondo Georg Friedrich Hegel, “la storia ci insegna che l’umanità non apprende niente dalla storia”.

Ad estensione di tale verità, per Giovanni Gentile “ogni interpretazione o reinterpretazione storica ha molto poco a che vedere con i fatti storici interpretati o reinterpretati, e quasi solo con le ideologie e gli interessi dominanti nell’epoca in cui l’interpretazione o la reinterpretazione viene effettuata”.

Pertanto, “ogni storia è storia contemporanea” (Giovanni Gentile).

Viviamo, ancora oggi, sotto la storia del Novecento e della Seconda Guerra Mondiale nella versione dei vincitori, in gran parte falsa, ed ovviamente anche per quanto concerne la storia del nostro Paese.

Per esempio,

perché l’Italia è militarmente crollata nel 1943?

La risposta è molto semplice, per chi conosce la storia reale: non certo per la sconfitta di Stalingrado nel febbraio 1943, ma a causa della definitiva sconfitta dell’ Afrika Korps in Tunisia nel maggio 1943. Dopo lo sbarco in Nord Africa delle truppe di USA e GB (novembre 1942), la collaborazione loro prontamente fornita dalle autorità della Francia di Vichy in Tunisia e Algeria e la definitiva sconfitta dell’ Afrika Korps con 250.000 soldati italiani e tedeschi presi prigionieri (maggio 1943), finalmente USA e GB ebbero a loro disposizione basi navali e aeree in Nord Africa dalle quali invadere la Sicilia e bombardare l’intera Italia.

Prima, infatti – come pochi sanno – i bombardieri di USA e GB erano costretti a decollare dalla Gran Bretagna, e molto a stento arrivavano in Nord Italia, in un pericolosissimo sorvolo AR su Germania e Francia occupate dall’ Asse.

Il crollo del fascismo si verificò con il bombardamento di Roma del 19 luglio 1943 da parte di 591 aerei USA della Northwest African Air Forces decollati dalle nuove basi aeree in Tunisia e Algeria (1), bombardamento che rese evidente la completa assenza di adeguate difese aeree e contraeree da parte dell’ Italia (2). Non a caso Mussolini il 21 luglio 1943 convocò, per la seconda volta nella sua storia, il Gran Consiglio del Fascismo, per la fatale seduta del 25 luglio 1943.

Alzi la mano chi tra i lettori era già al corrente di tale realtà storica: non penso più di 1 su 100. Ed alzi ancora la mano chi tra i lettori era al corrente del fatto che Mussolini e Ciano fin dall’autunno del 1942 (3) avevano ripetutamente manifestato a Hitler l’impossibilità per l’Asse di occupare la Russia, scongiurandolo di avviare negoziati di pace con l’URSS o di impostare una linea meramente difensiva, e di spostare ingenti risorse militari in Nord Africa, per la difesa del nostro Paese. Richieste che come al solito Hitler rifiutò in toto.

Il messaggio della sovraesposta analisi storica è chiarissimo:

le sorti militari dell’Italia nella Seconda Guerra Mondiale furono decise in Nord Africa, fatto incontrovertibile ma occultato dalla versione dei vincitori.

E sulla base di tale consapevolezza, anche le recenti vicende in Nord Africa assumono un significato molto diverso da quello che ci viene propinato, anche in questo caso, dalla versione dei vincitori.

Quando Berlusconi nel 2008 sottoscrisse l’accordo strategico con la Libia – ad onor del vero, in buona parte preparato dall’ex Ministro degli Esteri D’Alema – non aveva ovviamente alcuna intenzione di tentare di risfoderare i fasti dell’ Impero italiano nel Mediterraneo. L’accordo mirava solo a proteggere l’Italia dall’immigrazione e, attraverso l’impegno a costruire una autostrada litoranea dalla Tunisia all’Egitto, ad unire la Libia di fatto sempre divisa tra Cirenaica e Tripolitania in una infrastruttura assolutamente fondamentale e decisiva per il suo sviluppo economico e turistico, e per la nostra presenza nel Paese.

Sappiamo tutti com’è finita: nell’aggressione alla Libia, scatenata guarda caso dagli stessi protagonisti della campagna di Tunisia – Stati Uniti, Regno Unito e Francia – alla quale, grazie in particolare alla quinta colonna del PD ed al Presidente Giorgio Napolitano, non solo non ci siamo opposti, ma ci siamo alla fine anche uniti. Nel silenzio dei nostri media, infatti, la nostra Aereonautica Militare partecipò ai bombardamenti della Libia, andati di molto oltre lo stabilimento della No fly zone di cui alla risoluzione dell’ONU.

Oggi, grazie ad USA, GB e Francia, la Libia è un Paese distrutto e diviso, ed il nostro Paese è stato ridotto dall’immigrazione ad una colonia di ripopolamento dall’ Africa.

Ma continuiamo a far finta di niente.. .

Interpretazioni e reinterpretazioni storiche.. ma venendo ad oggi, dov’erano i nostri pacifisti cattolici e marxisti, quelli che ogni anno sfilano con il sorrisetto semi ebete, mano nella mano, con sandaletti e ramoscello d’ulivo, nella marcia per la pace di Assisi, o che si incontrano felici nella Comunità di Sant’Egidio a Roma, o nel convegno annuale di Comunione e Liberazione di Rimini, quando la NATO bombardava la Libia, o quando USA e GB invadevano l’Iraq, uccidendo circa 700.000 civili? Dove sono, oggi, mentre continuiamo ad armare fino ai denti l’Ucraina, in una guerra che non potrà mai vincere? Perchè non richiedono, quanto meno, un cessate il fuoco, e la definizione di nuovi confini russo-ucraini ritagliati sull’appartenenza nazionale, ossia la misura che pose fine alla guerra civile jugoslava?

In questi giorni, sono a Rimini, come sempre autoreferenzialmente contenti e beati. E come sempre, sono stati raggiunti dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Nessuna novità, si direbbe.

E invece no, la novità questa volta c’è eccome, e consiste nel discorso di Mattarella. Ne prendo solo il seguente passo testuale (4):

“E’ il valore della nostra Patria, del nostro straordinario popolo – tanto apprezzato e amato nel mondo – frutto nel succedersi della storia dell’incontro di più etnie, consuetudini, esperienze, religioni; di apporto di diversi idiomi per la nostra splendida lingua e diretto a costruire il bene comune”.

Chiunque rifletta un attimo su tale passo testuale, comprende che siamo veramente alla “nuova frontiera” del capitolo delle interpretazioni e reinterpretazioni storiche di gentiliana memoria.

Cominciamo dalla “nostra splendida lingua”. Da quando in qua, improvvisamente, sarebbe frutto dell’ “apporto di diversi idiomi”? Ma stiamo scherzando? L’italiano, come lo spagnolo ed il portoghese, deriva integralmente dal latino. Non è l’inglese, che pur essendo una lingua germanica, ha un vocabolario composto al 65% da termini derivanti dal latino.

Continuiamo: da quando in qua il popolo italiano sarebbe il frutto “dell’incontro di più religioni”? Dalla caduta dell’Impero romano fino ad oggi, l’Italia è sempre stata un Paese cristiano e cattolico, nel quale le altre religioni hanno sempre riguardato una quota trascurabile della popolazione. Non abbiamo avuto le guerre civili tra cattolici e protestanti, come in Germania ed in Francia.

E dulcis in fundo, la perla maxima: “il nostro straordinario popolo” come “frutto dell’incontro di più etnie”.

C’è veramente di che sprofondare, letteralmente, dalla vergogna. Ma gli augusti e strapagati barbagianni che scrivono i discorsi del Presidente Mattarella, hanno una qualche remota cognizione della differenza tra popoli e etnie? Qui si va ben oltre le interpretazioni e reinterpretazioni storiche, per entrare nel terreno della crassa e becera ignoranza nel migliore, e della falsificazione nel peggiore dei casi.

La scienza, e particolarmente la genetica, specialmente a seguito dalle ricerche avviate a seguito dell’isolamento del genoma umano nel 2003, attesta che il mondo è infatti popolato da diverse razze o etnie o – secondo il termine asettico utilizzato per evitare grane dal più importante genetista mondiale degli ultimi 50 anni, l’italiano Luigi Cavalli Sforza – da diversi “clusters”. Le maggiori e più importanti razze, etnie o clusters sono cinque: la bianca caucasica, l’africana, l’asiatica del Nord (Cinesi, Mongoli, Coreani e Giapponesi), la americana precolombiana e quella delle isole del Pacifico. Alcuni genetisti aggiungono anche Eschimesi e Aborigeni australiani come separate razze, etnie o clusters.

La scienza e la genetica attestano che il popolo italiano è il frutto dell’incontro di diversi popoli indoeuropei che si collocano tutti all’interno della razza, etnia o cluster bianca caucasica (5). Le ripetute, recenti ricerche genetiche effettuate sul genoma italiano attestano che aplogruppi e alleli estranei alla razza, etnia o cluster bianca caucasica rappresentano solo mere e trascurabili tracce (5).

Affermare che la lingua italiana deriverebbe dall’incontro tra più idiomi, e che il popolo italiano sarebbe il frutto dell’incontro tra più religioni ed etnie, non sta semplicemente né in cielo e né in terra, Presidente Sergio Mattarella.

Abbiamo tutti compreso come Lei voglia convincere il popolo italiano ad accettare obtorto collo l’invasione migratoria in corso, ma forse dovrebbe sorvegliare maggiormente chi Le prepara i discorsi, perchè il ricorso a simili, gigantesche falsità non può che esporre sia Lei che soprattutto il nostro Paese a pessime figure, nazionali e internazionali, specialmente negli ambienti accademici. Nessuno detiene il monopolio dell’accusa di demagogia e populismo.

Nel frattempo, come nel Gioco dell’Oca, non ci resta che tornare al punto di partenza:

“La storia ci insegna che l’umanità non apprende niente dalla storia”- Georg Friedrich Hegel.

“Ogni interpretazione o reinterpretazione storica ha molto poco a che vedere con i fatti storici interpretati o reinterpretati, e quasi solo con le ideologie e gli interessi dominanti nell’epoca in cui l’interpretazione o la reinterpretazione viene effettuata” – Giovanni Gentile.

“Ogni storia è storia contemporanea”- Giovanni Gentile.

Di Belisario per ComeDonChisciotte.org


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 Oggetto del messaggio: Re: Le bufale sul fascismo che i nostalgici ripetono su inte
MessaggioInviato: 21/09/2023, 19:21 
vimana131 ha scritto:
Mattarella riscrive il passato per legittimare il Potere sul presente
Le curiose interpretazioni e reinterpretazioni storiche del Quirinale.
OpinionePolitica
By Redazione CDC On 27 Agosto 2023 23,213
Mattarella riscrive il passato per legittimare il Potere sul presente
Il capo dello Stato al Meeting Cl di Rimini (25.08.2023) - Foto Ansa
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Di Belisario per ComeDonChisciotte.org

Secondo Georg Friedrich Hegel, “la storia ci insegna che l’umanità non apprende niente dalla storia”.

Ad estensione di tale verità, per Giovanni Gentile “ogni interpretazione o reinterpretazione storica ha molto poco a che vedere con i fatti storici interpretati o reinterpretati, e quasi solo con le ideologie e gli interessi dominanti nell’epoca in cui l’interpretazione o la reinterpretazione viene effettuata”.

Pertanto, “ogni storia è storia contemporanea” (Giovanni Gentile).

Viviamo, ancora oggi, sotto la storia del Novecento e della Seconda Guerra Mondiale nella versione dei vincitori, in gran parte falsa, ed ovviamente anche per quanto concerne la storia del nostro Paese.

Per esempio,

perché l’Italia è militarmente crollata nel 1943?

La risposta è molto semplice, per chi conosce la storia reale: non certo per la sconfitta di Stalingrado nel febbraio 1943, ma a causa della definitiva sconfitta dell’ Afrika Korps in Tunisia nel maggio 1943. Dopo lo sbarco in Nord Africa delle truppe di USA e GB (novembre 1942), la collaborazione loro prontamente fornita dalle autorità della Francia di Vichy in Tunisia e Algeria e la definitiva sconfitta dell’ Afrika Korps con 250.000 soldati italiani e tedeschi presi prigionieri (maggio 1943), finalmente USA e GB ebbero a loro disposizione basi navali e aeree in Nord Africa dalle quali invadere la Sicilia e bombardare l’intera Italia.

Prima, infatti – come pochi sanno – i bombardieri di USA e GB erano costretti a decollare dalla Gran Bretagna, e molto a stento arrivavano in Nord Italia, in un pericolosissimo sorvolo AR su Germania e Francia occupate dall’ Asse.

Il crollo del fascismo si verificò con il bombardamento di Roma del 19 luglio 1943 da parte di 591 aerei USA della Northwest African Air Forces decollati dalle nuove basi aeree in Tunisia e Algeria (1), bombardamento che rese evidente la completa assenza di adeguate difese aeree e contraeree da parte dell’ Italia (2). Non a caso Mussolini il 21 luglio 1943 convocò, per la seconda volta nella sua storia, il Gran Consiglio del Fascismo, per la fatale seduta del 25 luglio 1943.

Alzi la mano chi tra i lettori era già al corrente di tale realtà storica: non penso più di 1 su 100. Ed alzi ancora la mano chi tra i lettori era al corrente del fatto che Mussolini e Ciano fin dall’autunno del 1942 (3) avevano ripetutamente manifestato a Hitler l’impossibilità per l’Asse di occupare la Russia, scongiurandolo di avviare negoziati di pace con l’URSS o di impostare una linea meramente difensiva, e di spostare ingenti risorse militari in Nord Africa, per la difesa del nostro Paese. Richieste che come al solito Hitler rifiutò in toto.

Il messaggio della sovraesposta analisi storica è chiarissimo:

le sorti militari dell’Italia nella Seconda Guerra Mondiale furono decise in Nord Africa, fatto incontrovertibile ma occultato dalla versione dei vincitori.

E sulla base di tale consapevolezza, anche le recenti vicende in Nord Africa assumono un significato molto diverso da quello che ci viene propinato, anche in questo caso, dalla versione dei vincitori.

Quando Berlusconi nel 2008 sottoscrisse l’accordo strategico con la Libia – ad onor del vero, in buona parte preparato dall’ex Ministro degli Esteri D’Alema – non aveva ovviamente alcuna intenzione di tentare di risfoderare i fasti dell’ Impero italiano nel Mediterraneo. L’accordo mirava solo a proteggere l’Italia dall’immigrazione e, attraverso l’impegno a costruire una autostrada litoranea dalla Tunisia all’Egitto, ad unire la Libia di fatto sempre divisa tra Cirenaica e Tripolitania in una infrastruttura assolutamente fondamentale e decisiva per il suo sviluppo economico e turistico, e per la nostra presenza nel Paese.

Sappiamo tutti com’è finita: nell’aggressione alla Libia, scatenata guarda caso dagli stessi protagonisti della campagna di Tunisia – Stati Uniti, Regno Unito e Francia – alla quale, grazie in particolare alla quinta colonna del PD ed al Presidente Giorgio Napolitano, non solo non ci siamo opposti, ma ci siamo alla fine anche uniti. Nel silenzio dei nostri media, infatti, la nostra Aereonautica Militare partecipò ai bombardamenti della Libia, andati di molto oltre lo stabilimento della No fly zone di cui alla risoluzione dell’ONU.

Oggi, grazie ad USA, GB e Francia, la Libia è un Paese distrutto e diviso, ed il nostro Paese è stato ridotto dall’immigrazione ad una colonia di ripopolamento dall’ Africa.

Ma continuiamo a far finta di niente.. .

Interpretazioni e reinterpretazioni storiche.. ma venendo ad oggi, dov’erano i nostri pacifisti cattolici e marxisti, quelli che ogni anno sfilano con il sorrisetto semi ebete, mano nella mano, con sandaletti e ramoscello d’ulivo, nella marcia per la pace di Assisi, o che si incontrano felici nella Comunità di Sant’Egidio a Roma, o nel convegno annuale di Comunione e Liberazione di Rimini, quando la NATO bombardava la Libia, o quando USA e GB invadevano l’Iraq, uccidendo circa 700.000 civili? Dove sono, oggi, mentre continuiamo ad armare fino ai denti l’Ucraina, in una guerra che non potrà mai vincere? Perchè non richiedono, quanto meno, un cessate il fuoco, e la definizione di nuovi confini russo-ucraini ritagliati sull’appartenenza nazionale, ossia la misura che pose fine alla guerra civile jugoslava?

In questi giorni, sono a Rimini, come sempre autoreferenzialmente contenti e beati. E come sempre, sono stati raggiunti dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Nessuna novità, si direbbe.

E invece no, la novità questa volta c’è eccome, e consiste nel discorso di Mattarella. Ne prendo solo il seguente passo testuale (4):

“E’ il valore della nostra Patria, del nostro straordinario popolo – tanto apprezzato e amato nel mondo – frutto nel succedersi della storia dell’incontro di più etnie, consuetudini, esperienze, religioni; di apporto di diversi idiomi per la nostra splendida lingua e diretto a costruire il bene comune”.

Chiunque rifletta un attimo su tale passo testuale, comprende che siamo veramente alla “nuova frontiera” del capitolo delle interpretazioni e reinterpretazioni storiche di gentiliana memoria.

Cominciamo dalla “nostra splendida lingua”. Da quando in qua, improvvisamente, sarebbe frutto dell’ “apporto di diversi idiomi”? Ma stiamo scherzando? L’italiano, come lo spagnolo ed il portoghese, deriva integralmente dal latino. Non è l’inglese, che pur essendo una lingua germanica, ha un vocabolario composto al 65% da termini derivanti dal latino.

Continuiamo: da quando in qua il popolo italiano sarebbe il frutto “dell’incontro di più religioni”? Dalla caduta dell’Impero romano fino ad oggi, l’Italia è sempre stata un Paese cristiano e cattolico, nel quale le altre religioni hanno sempre riguardato una quota trascurabile della popolazione. Non abbiamo avuto le guerre civili tra cattolici e protestanti, come in Germania ed in Francia.

E dulcis in fundo, la perla maxima: “il nostro straordinario popolo” come “frutto dell’incontro di più etnie”.

C’è veramente di che sprofondare, letteralmente, dalla vergogna. Ma gli augusti e strapagati barbagianni che scrivono i discorsi del Presidente Mattarella, hanno una qualche remota cognizione della differenza tra popoli e etnie? Qui si va ben oltre le interpretazioni e reinterpretazioni storiche, per entrare nel terreno della crassa e becera ignoranza nel migliore, e della falsificazione nel peggiore dei casi.

La scienza, e particolarmente la genetica, specialmente a seguito dalle ricerche avviate a seguito dell’isolamento del genoma umano nel 2003, attesta che il mondo è infatti popolato da diverse razze o etnie o – secondo il termine asettico utilizzato per evitare grane dal più importante genetista mondiale degli ultimi 50 anni, l’italiano Luigi Cavalli Sforza – da diversi “clusters”. Le maggiori e più importanti razze, etnie o clusters sono cinque: la bianca caucasica, l’africana, l’asiatica del Nord (Cinesi, Mongoli, Coreani e Giapponesi), la americana precolombiana e quella delle isole del Pacifico. Alcuni genetisti aggiungono anche Eschimesi e Aborigeni australiani come separate razze, etnie o clusters.

La scienza e la genetica attestano che il popolo italiano è il frutto dell’incontro di diversi popoli indoeuropei che si collocano tutti all’interno della razza, etnia o cluster bianca caucasica (5). Le ripetute, recenti ricerche genetiche effettuate sul genoma italiano attestano che aplogruppi e alleli estranei alla razza, etnia o cluster bianca caucasica rappresentano solo mere e trascurabili tracce (5).

Affermare che la lingua italiana deriverebbe dall’incontro tra più idiomi, e che il popolo italiano sarebbe il frutto dell’incontro tra più religioni ed etnie, non sta semplicemente né in cielo e né in terra, Presidente Sergio Mattarella.

Abbiamo tutti compreso come Lei voglia convincere il popolo italiano ad accettare obtorto collo l’invasione migratoria in corso, ma forse dovrebbe sorvegliare maggiormente chi Le prepara i discorsi, perchè il ricorso a simili, gigantesche falsità non può che esporre sia Lei che soprattutto il nostro Paese a pessime figure, nazionali e internazionali, specialmente negli ambienti accademici. Nessuno detiene il monopolio dell’accusa di demagogia e populismo.

Nel frattempo, come nel Gioco dell’Oca, non ci resta che tornare al punto di partenza:

“La storia ci insegna che l’umanità non apprende niente dalla storia”- Georg Friedrich Hegel.

“Ogni interpretazione o reinterpretazione storica ha molto poco a che vedere con i fatti storici interpretati o reinterpretati, e quasi solo con le ideologie e gli interessi dominanti nell’epoca in cui l’interpretazione o la reinterpretazione viene effettuata” – Giovanni Gentile.

“Ogni storia è storia contemporanea”- Giovanni Gentile.

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I vecchi pacisfisti Cattolici e marxisti sono in maggioranza morti o qualcuno che è rimasto o si è allineato al Sistema o si è arricchito. [:D]
Poi Il pres. Mattarella sbaglia quando ha detto che la Lingua Italiana e frutto del miscuglio di tante Lingue per il fatto che si è confuso con l'originale Lingua Siciliana la quale è nata e "costruita" con il miscuglio di parole e frasi per le decine di invasioni di popoli stranieri che ha subito la Sicilia. [:246]


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