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Re: Le bufale sul fascismo che i nostalgici ripetono su inte

20/08/2015, 23:05

MaxpoweR ha scritto:Esatto, quindi è ora di finirla con le pantomime.

Se le vogliono fare le facciano anche quando si parla degli USA e degli altri poteri imperanti adesso che invece considerano UN ESEMPIO da seguire. non mi pare che Devor sia intervenuto nei topic in cui si parla degli USA (le rare volte in cui se ne parla bene) ad imporci la sua visione ed a vietarci di parlare perchè sono torturatori ed oprressori di popoli... Come mai? ah già in quel caso non è stato toccato il proprio orticello quindi chi se ne frega giusto? [:291]

Non rompano le scatole col le loro prediche perchè a differenza loro chi cerca di parlare oggettivamente in questo topic ha ben chiari i CONTRO, mai messi in dubbio tra l'altro, del fascismo ma ritiene opportuno per una sana analisi storica analizzare anche i pro. Ci sono altri invece che strumentalizzano anche i propri morti in chiave ideologica per darsi un tono e tirare acqua al proprio mulino. Qui per fortuna non attacca. E' di questo che bisognerebbe vergognarsi secondo me.


perfettamente d'accordo con te,e' giusto analizzarre in toto senza pregiudizi di sorte una parte importante della ns storia,senza steccati ideologici, solo cosi si potra'raggiungere una verita' e condivisione storica..................... [:290]

Re: Le bufale sul fascismo che i nostalgici ripetono su inte

21/08/2015, 00:04

Aztlan ha scritto:
MaxpoweR ha scritto:chi cerca di parlare oggettivamente in questo topic ha ben chiari i CONTRO, mai messi in dubbio tra l'altro, del fascismo ma ritiene opportuno per una sana analisi storica analizzare anche i pro.


Esattamente.

Ci sono altri invece che strumentalizzano anche i propri morti in chiave ideologica per darsi un tono e tirare acqua al proprio mulino. Qui per fortuna non attacca. E' di questo che bisognerebbe vergognarsi secondo me.


Per esempio mio nonno combattè in Africa e fu fatto prigioniero dagli inglesi,
ma (1) non l' ho usato come una clava per portare avanti la mia opinione
e (2) non mi causa un complesso che mi impedisce di riconoscere che la ragione stava ovviamente dalla parte degli Alleati.

Arriverà mai il giorno in cui in Italia si potrà riconoscere e analizzare la realtà storica come quella contemporanea per quella che è e non farne uno psicodramma personale o una crociata ideologica collettiva (con carrozzone del vincitore al seguito) [?]

Anche mio padre combattè in Africa (in Cirenaica),fu fatto prigioniero dopo che il suo battaglione è stato accerchiato nell'Oasi di Giarabub,resistendo agli Inglesi per 6 mesi con poche munizioni e armi obsolete per essere poi espugnato con bombe a mano e baionette e portato in un campo di concentramento in Sud Africa (Durban).Vi dirò che l'eroismo degli Italiani in questo scacchiere di guerra fu riconosciuto con onore dagli stessi Inglesi e oggi come oggi devo sorbirmi tutti i Film Holliwoddiani delle imprese Americane pompate dai loro Mass Media come se noi Italiani non fossimo esistiti e considerate che il Fascismo non è mai stato il mio ideale politico ma quello che è stato fatto lo dobbiamo riconoscere e farne dei Film di Guerra come fanno i pomposi Americani. [:306]

Re: Le bufale sul fascismo che i nostalgici ripetono su inte

21/08/2015, 00:31

La guerra l'hanno vinta loro, noi siano stati assimilati, quindi la storia\propaganda la decidono loro :)

Re: Le bufale sul fascismo che i nostalgici ripetono su inte

21/08/2015, 08:57

MaxpoweR ha scritto:La guerra l'hanno vinta loro, noi siano stati assimilati, quindi la storia\propaganda la decidono loro :)



hai perfettamente ragione,come gia' detto,se la guerra fosse stata vinta dall'asse,avremmo una memoria storica diametralmente opposta a quella che ci propinano ora,e si ricorderebbe il crimine dello sgancio delle atomiche,o il massacro delle fosse di katin,che oggi sembra non essere mai avvenuto,o i terrificanti bombardamenti di dresda praticamente a guerra terminata,tali da provocare venti simili ad un fallout nucleare................................tanto x citarne alcuno........ [:305] [:305]

Re: Le bufale sul fascismo che i nostalgici ripetono su inte

21/08/2015, 13:55

ubatuba ha scritto:
MaxpoweR ha scritto:La guerra l'hanno vinta loro, noi siano stati assimilati, quindi la storia\propaganda la decidono loro :)



hai perfettamente ragione,come gia' detto,se la guerra fosse stata vinta dall'asse,avremmo una memoria storica diametralmente opposta a quella che ci propinano ora,e si ricorderebbe il crimine dello sgancio delle atomiche,o il massacro delle fosse di katin,che oggi sembra non essere mai avvenuto,o i terrificanti bombardamenti di dresda praticamente a guerra terminata,tali da provocare venti simili ad un fallout nucleare................................tanto x citarne alcuno........ [:305] [:305]


Tra l'altro gli USA sono l'unico paese che di fatto abbia mai usato armi di distruzione di massa e questo gesto invece che stigmatizzato e condannato aspramente dalla storia viene addirittura considerato un atto eroico! siamo al paradosso. sganciare quegli ordigni è equivalente a rinchiudere le persone nei campi di concentramento o dell'approvazione di leggi razziali. Ma in questo topic non si dovrebbe parlare degli aspetti negativi ormai arci noti quindi m isa che siamo un pò off-topic :)

Re: Le bufale sul fascismo che i nostalgici ripetono su inte

21/08/2015, 14:51

Mi piacerebbe poter dare un'occhiata all'universo parallelo in cui il nazismo abbia vinto la guerra.

Non certo per gioirne sia chiaro! Ma solo per potere vedere come sarebbe stata raccontata la storia del secolo appena trascorso...

Re: Le bufale sul fascismo che i nostalgici ripetono su inte

21/08/2015, 16:50

Atlanticus81 ha scritto:Mi piacerebbe poter dare un'occhiata all'universo parallelo in cui il nazismo abbia vinto la guerra.

Non certo per gioirne sia chiaro! Ma solo per potere vedere come sarebbe stata raccontata la storia del secolo appena trascorso...


..come gia' detto la storia sarebbe stata l'opposto,e sarebberosttati posti all'attenzione tutti quei krimini cui poco sopra si e' detto,cmq in questo topic si stava discutendo di altro,solo,come solito,si e' voluto introdurre argomenti che non erano consoni alla discussione x deviarla................. [:305] [:305]

Re: Le bufale sul fascismo che i nostalgici ripetono su inte

21/08/2015, 20:06

Atlanticus81 ha scritto:Mi piacerebbe poter dare un'occhiata all'universo parallelo in cui il nazismo abbia vinto la guerra.

Non certo per gioirne sia chiaro! Ma solo per potere vedere come sarebbe stata raccontata la storia del secolo appena trascorso...


https://it.wikipedia.org/wiki/La_svastica_sul_sole

Re: Le bufale sul fascismo che i nostalgici ripetono su inte

03/11/2015, 13:05

Gli Usa e il Duce
La passione yankee per Mussolini


Immagine

Negli anni 20 e 30 l’America stravedeva per il dittatore, lo pensava come novello imperatore
romano e Hollywood lo celebrava con film campioni d’incassi. C’era anche un progetto di Frank
Capra (che però saltò)

Benito Mussolini e gli Stati Uniti: storia di un mancato incontro. Benché spronato a scrutare all’orizzonte il nascente secolo americano, dalla sua amante ebrea Margherita Sarfatti, ben introdotta in tutti gli ambienti delle élite internazionali anche anglosassoni, il Duce non divenne mai un vero amico del Continente Nuovo. Ne diffidava anzitutto per ragioni culturali: la società dei consumi del colosso statunitense lo disgustava, e dopo il tonfo di Wall Street del 1929, che portò al collasso milioni di famiglie di salariati, prese il sopravvento in lui l’antico livore anticapitalistico e antiliberista del vecchio rivoluzionario operaista e classista. Ma, soprattutto, occorre dire, Mussolini, pur attratto dal dinamismo competitivo del modello Usa, rimase confinato entro schemi e orizzonti mentali eurocentrici, per di più viziati da un certo provincialismo. Nei suoi vent’anni di potere, non soltanto non volle compiere alcun viaggio oltreoceano, ma non si recò mai a Parigi, e sbarcò a Londra soltanto una volta: nel dicembre del 1922, poche settimane dopo essere divenuto capo del governo.

Al contrario, fu l’America a essere sedotta dal Duce. Nella seconda metà degli anni Venti, e lungo quasi tutto l’arco degli anni Trenta, larga parte del pubblico a stelle a strisce simpatizzò apertamente per il fascismo e per il suo leader. Il cinema, e, più in generale, tutto il circuito mediatico degli Stati Uniti, elaborò una vera e propria mitizzazione dell’uomo, dipinto come un novello imperatore romano. Nel 1933, la Columbia Pictures, una delle maggiori società di produzione per il grande schermo, lanciò nelle sale un film-documentario sul Duce e sull’Italia littoria, che divenne campione di incassi, scalando l’olimpo dei cult. Il lungometraggio, della durata di 74 minuti, si intitolava Mussolini speaks (Parla Mussolini). La prima curiosità è data dal fatto che i padroni della Columbia erano due fratelli ebrei, Harry e Jack Cohn: entrambi, dopo il 1940, compirono ogni sforzo per occultare le prove di quella loro operazione commerciale che fruttò un milione di dollari.

Harry Cohn viene ricordato come un tycoon privo di scrupoli, che governava la sua casa di produzione con metodi polizieschi. Il Duce lo invitò in Italia per premiarlo, dopo il trionfo ai botteghini di Mussolini speaks. Il produttore americano era talmente infatuato del dittatore, che dopo averne visitato lo scenografico studio a Palazzo Venezia, volle imitarlo, rimodellando il proprio ufficio sui canoni duceschi. Nel progetto di Mussolini speaks pare fosse stato coinvolto anche il regista siculo-americano Frank Capra, che fino alla fine degli anni Trenta lavorò per la Columbia.

Del resto, sono note le posizioni filofasciste di Capra, benché questi, nel dopoguerra, avesse provveduto a cancellarne le tracce. Il Duce stesso, d’altra parte, era un fan del cineasta d’origine italiana: a un certo punto, offrì addirittura alla Columbia un milione di dollari perché Capra dirigesse una sua biografia cinematografica. Cohn, questa volta, declinò. La realizzazione di Mussolini speaks costò ai fratelli Cohn centomila dollari, compresi i diritti di sfruttamento dei discorsi di Mussolini che furono acquistati a prezzi di mercato.

Il film-documentario era narrato dallo scrittore, attore e sceneggiatore statunitense Lowell Thomas. Nel ruolo di direttore di produzione venne indicato ufficialmente Jack Cohn, ma pare che poi al montaggio della pellicola fosse stato delegato Edgar G. Ulmer. Il lungometraggio è incentrato sui successi del regime fascista, e utilizza, quale fulcro narrativo, un discorso tenuto da Mussolini, a Napoli, all’apertura del Decennale della Marcia su Roma, nell’ottobre del 1931. Il tono del filmato, sia nei commenti sia nel suo assemblaggio, è enfatico. A livelli imbarazzanti. Forse neanche il Minculpop sarebbe giunto a tanto, nel magnificare i fasti imperiali del Cesare di Predappio. Si esordisce con un panegirico sulle origini del Duce, e sul suo genio: «un capo che forgia la storia», «un uomo d’azione fornito di un dono rarissimo: il magnetismo personale », un condottiero «instancabile che lavora incessantemente». Si passa poi a celebrare i trionfi della rivoluzione degli squadristi, che rappresentarono «l’elemento più giovane della nazione»: il loro inno, Giovinezza, è «una melodia, un canto di gioia». Neanche mezza parola, ovviamente, sui loro crimini: Matteotti, don Minzoni, Amendola, Gobetti, per gli americani sono destinati a
rimanere sconosciuti. Il manganello e l’olio di ricino, strumenti di lotta contro l’anarchia e il bolscevismo, non sono neppure evocati. Il Duce viene descritto come un mago, il quale, per sortilegio, riesce a piegare «i fannulloni e i facinorosi» che infettano la nazione: «Con questi metodi [quali? Il narratore non lo dice] Mussolini fa sparire per sempre il disordine, la demagogia, il settarismo». Quando si introduce il successo ottenuto dal fascismo con la firma dei Patti Lateranensi, Lowell Thomas giunge a paragonare il Duce a Carlo Magno, Richelieu, Napoleone, Bismarck. Si passano poi in rassegna i vari altri capitoli delle realizzazioni del regime. La nuova Stazione centrale Milano, «superba mole di marmo bianco, lucente», è il segno tangibile della ricerca della bellezza, da parte del dittatore, al cui semplice cenno pare materializzarsi la nuova spiaggia di Ostia. Si ripercorrono poi le note conquiste del Ventennio: l’ammodernamento infrastrutturale del Paese, le bonifiche, la battaglia del grano, le politiche sociali e demografiche. L’apoteosi celebrativa rasenta il grottesco quando si accenna ai meriti del Duce nel miglioramento delle razze equine italiche.
Insomma, Benito è il «moderno Cesare», che «fa rivivere la gloria antica», con tanto di corollario iconico: «le linee scultoree della sua testa ricordano i tratti di un imperatore romano». Si esaltano anche le liturgie collettive del regime e le manifestazioni della sua potenza guerresca: la formazione paramilitare dei fanciulli, i voli transoceanici di Balbo. «I ragazzi avanguardisti hanno un’ottima educazione: del corpo e dello spirito». Nessuno pare sospettare che quelle «centurie alate» e quei ragazzi potrebbero diventare braccia e armi per la guerra domani.


Immagine

La locandina del lungometraggio «Mussolini speaks!»



http://www.avvenire.it/Cultura/Pagine/MUSSOLINI-.aspx

Re: Le bufale sul fascismo che i nostalgici ripetono su inte

03/11/2015, 13:17

vimana131 ha scritto:
Gli Usa e il Duce
La passione yankee per Mussolini


Immagine

Negli anni 20 e 30 l’America stravedeva per il dittatore, lo pensava come novello imperatore
romano e Hollywood lo celebrava con film campioni d’incassi. C’era anche un progetto di Frank
Capra (che però saltò)

Benito Mussolini e gli Stati Uniti: storia di un mancato incontro. Benché spronato a scrutare all’orizzonte il nascente secolo americano, dalla sua amante ebrea Margherita Sarfatti, ben introdotta in tutti gli ambienti delle élite internazionali anche anglosassoni, il Duce non divenne mai un vero amico del Continente Nuovo. Ne diffidava anzitutto per ragioni culturali: la società dei consumi del colosso statunitense lo disgustava, e dopo il tonfo di Wall Street del 1929, che portò al collasso milioni di famiglie di salariati, prese il sopravvento in lui l’antico livore anticapitalistico e antiliberista del vecchio rivoluzionario operaista e classista. Ma, soprattutto, occorre dire, Mussolini, pur attratto dal dinamismo competitivo del modello Usa, rimase confinato entro schemi e orizzonti mentali eurocentrici, per di più viziati da un certo provincialismo. Nei suoi vent’anni di potere, non soltanto non volle compiere alcun viaggio oltreoceano, ma non si recò mai a Parigi, e sbarcò a Londra soltanto una volta: nel dicembre del 1922, poche settimane dopo essere divenuto capo del governo.

Al contrario, fu l’America a essere sedotta dal Duce. Nella seconda metà degli anni Venti, e lungo quasi tutto l’arco degli anni Trenta, larga parte del pubblico a stelle a strisce simpatizzò apertamente per il fascismo e per il suo leader. Il cinema, e, più in generale, tutto il circuito mediatico degli Stati Uniti, elaborò una vera e propria mitizzazione dell’uomo, dipinto come un novello imperatore romano. Nel 1933, la Columbia Pictures, una delle maggiori società di produzione per il grande schermo, lanciò nelle sale un film-documentario sul Duce e sull’Italia littoria, che divenne campione di incassi, scalando l’olimpo dei cult. Il lungometraggio, della durata di 74 minuti, si intitolava Mussolini speaks (Parla Mussolini). La prima curiosità è data dal fatto che i padroni della Columbia erano due fratelli ebrei, Harry e Jack Cohn: entrambi, dopo il 1940, compirono ogni sforzo per occultare le prove di quella loro operazione commerciale che fruttò un milione di dollari.

Harry Cohn viene ricordato come un tycoon privo di scrupoli, che governava la sua casa di produzione con metodi polizieschi. Il Duce lo invitò in Italia per premiarlo, dopo il trionfo ai botteghini di Mussolini speaks. Il produttore americano era talmente infatuato del dittatore, che dopo averne visitato lo scenografico studio a Palazzo Venezia, volle imitarlo, rimodellando il proprio ufficio sui canoni duceschi. Nel progetto di Mussolini speaks pare fosse stato coinvolto anche il regista siculo-americano Frank Capra, che fino alla fine degli anni Trenta lavorò per la Columbia.

Del resto, sono note le posizioni filofasciste di Capra, benché questi, nel dopoguerra, avesse provveduto a cancellarne le tracce. Il Duce stesso, d’altra parte, era un fan del cineasta d’origine italiana: a un certo punto, offrì addirittura alla Columbia un milione di dollari perché Capra dirigesse una sua biografia cinematografica. Cohn, questa volta, declinò. La realizzazione di Mussolini speaks costò ai fratelli Cohn centomila dollari, compresi i diritti di sfruttamento dei discorsi di Mussolini che furono acquistati a prezzi di mercato.

Il film-documentario era narrato dallo scrittore, attore e sceneggiatore statunitense Lowell Thomas. Nel ruolo di direttore di produzione venne indicato ufficialmente Jack Cohn, ma pare che poi al montaggio della pellicola fosse stato delegato Edgar G. Ulmer. Il lungometraggio è incentrato sui successi del regime fascista, e utilizza, quale fulcro narrativo, un discorso tenuto da Mussolini, a Napoli, all’apertura del Decennale della Marcia su Roma, nell’ottobre del 1931. Il tono del filmato, sia nei commenti sia nel suo assemblaggio, è enfatico. A livelli imbarazzanti. Forse neanche il Minculpop sarebbe giunto a tanto, nel magnificare i fasti imperiali del Cesare di Predappio. Si esordisce con un panegirico sulle origini del Duce, e sul suo genio: «un capo che forgia la storia», «un uomo d’azione fornito di un dono rarissimo: il magnetismo personale », un condottiero «instancabile che lavora incessantemente». Si passa poi a celebrare i trionfi della rivoluzione degli squadristi, che rappresentarono «l’elemento più giovane della nazione»: il loro inno, Giovinezza, è «una melodia, un canto di gioia». Neanche mezza parola, ovviamente, sui loro crimini: Matteotti, don Minzoni, Amendola, Gobetti, per gli americani sono destinati a
rimanere sconosciuti. Il manganello e l’olio di ricino, strumenti di lotta contro l’anarchia e il bolscevismo, non sono neppure evocati. Il Duce viene descritto come un mago, il quale, per sortilegio, riesce a piegare «i fannulloni e i facinorosi» che infettano la nazione: «Con questi metodi [quali? Il narratore non lo dice] Mussolini fa sparire per sempre il disordine, la demagogia, il settarismo». Quando si introduce il successo ottenuto dal fascismo con la firma dei Patti Lateranensi, Lowell Thomas giunge a paragonare il Duce a Carlo Magno, Richelieu, Napoleone, Bismarck. Si passano poi in rassegna i vari altri capitoli delle realizzazioni del regime. La nuova Stazione centrale Milano, «superba mole di marmo bianco, lucente», è il segno tangibile della ricerca della bellezza, da parte del dittatore, al cui semplice cenno pare materializzarsi la nuova spiaggia di Ostia. Si ripercorrono poi le note conquiste del Ventennio: l’ammodernamento infrastrutturale del Paese, le bonifiche, la battaglia del grano, le politiche sociali e demografiche. L’apoteosi celebrativa rasenta il grottesco quando si accenna ai meriti del Duce nel miglioramento delle razze equine italiche.
Insomma, Benito è il «moderno Cesare», che «fa rivivere la gloria antica», con tanto di corollario iconico: «le linee scultoree della sua testa ricordano i tratti di un imperatore romano». Si esaltano anche le liturgie collettive del regime e le manifestazioni della sua potenza guerresca: la formazione paramilitare dei fanciulli, i voli transoceanici di Balbo. «I ragazzi avanguardisti hanno un’ottima educazione: del corpo e dello spirito». Nessuno pare sospettare che quelle «centurie alate» e quei ragazzi potrebbero diventare braccia e armi per la guerra domani.


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La locandina del lungometraggio «Mussolini speaks!»



http://www.avvenire.it/Cultura/Pagine/MUSSOLINI-.aspx



ma gli yanchees amano molto i dittatori,
mussolini, pinochet, ecc.
soprttutto fino a quando fanno i loro interessi..

scommetto che quando il suddetto
passò dalla parte dei tedeschi
cessò di essere un idolo..

Re: Le bufale sul fascismo che i nostalgici ripetono su inte

03/11/2015, 13:26

mik.300 ha scritto:
vimana131 ha scritto:
Gli Usa e il Duce
La passione yankee per Mussolini


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Negli anni 20 e 30 l’America stravedeva per il dittatore, lo pensava come novello imperatore
romano e Hollywood lo celebrava con film campioni d’incassi. C’era anche un progetto di Frank
Capra (che però saltò)

Benito Mussolini e gli Stati Uniti: storia di un mancato incontro. Benché spronato a scrutare all’orizzonte il nascente secolo americano, dalla sua amante ebrea Margherita Sarfatti, ben introdotta in tutti gli ambienti delle élite internazionali anche anglosassoni, il Duce non divenne mai un vero amico del Continente Nuovo. Ne diffidava anzitutto per ragioni culturali: la società dei consumi del colosso statunitense lo disgustava, e dopo il tonfo di Wall Street del 1929, che portò al collasso milioni di famiglie di salariati, prese il sopravvento in lui l’antico livore anticapitalistico e antiliberista del vecchio rivoluzionario operaista e classista. Ma, soprattutto, occorre dire, Mussolini, pur attratto dal dinamismo competitivo del modello Usa, rimase confinato entro schemi e orizzonti mentali eurocentrici, per di più viziati da un certo provincialismo. Nei suoi vent’anni di potere, non soltanto non volle compiere alcun viaggio oltreoceano, ma non si recò mai a Parigi, e sbarcò a Londra soltanto una volta: nel dicembre del 1922, poche settimane dopo essere divenuto capo del governo.

Al contrario, fu l’America a essere sedotta dal Duce. Nella seconda metà degli anni Venti, e lungo quasi tutto l’arco degli anni Trenta, larga parte del pubblico a stelle a strisce simpatizzò apertamente per il fascismo e per il suo leader. Il cinema, e, più in generale, tutto il circuito mediatico degli Stati Uniti, elaborò una vera e propria mitizzazione dell’uomo, dipinto come un novello imperatore romano. Nel 1933, la Columbia Pictures, una delle maggiori società di produzione per il grande schermo, lanciò nelle sale un film-documentario sul Duce e sull’Italia littoria, che divenne campione di incassi, scalando l’olimpo dei cult. Il lungometraggio, della durata di 74 minuti, si intitolava Mussolini speaks (Parla Mussolini). La prima curiosità è data dal fatto che i padroni della Columbia erano due fratelli ebrei, Harry e Jack Cohn: entrambi, dopo il 1940, compirono ogni sforzo per occultare le prove di quella loro operazione commerciale che fruttò un milione di dollari.

Harry Cohn viene ricordato come un tycoon privo di scrupoli, che governava la sua casa di produzione con metodi polizieschi. Il Duce lo invitò in Italia per premiarlo, dopo il trionfo ai botteghini di Mussolini speaks. Il produttore americano era talmente infatuato del dittatore, che dopo averne visitato lo scenografico studio a Palazzo Venezia, volle imitarlo, rimodellando il proprio ufficio sui canoni duceschi. Nel progetto di Mussolini speaks pare fosse stato coinvolto anche il regista siculo-americano Frank Capra, che fino alla fine degli anni Trenta lavorò per la Columbia.

Del resto, sono note le posizioni filofasciste di Capra, benché questi, nel dopoguerra, avesse provveduto a cancellarne le tracce. Il Duce stesso, d’altra parte, era un fan del cineasta d’origine italiana: a un certo punto, offrì addirittura alla Columbia un milione di dollari perché Capra dirigesse una sua biografia cinematografica. Cohn, questa volta, declinò. La realizzazione di Mussolini speaks costò ai fratelli Cohn centomila dollari, compresi i diritti di sfruttamento dei discorsi di Mussolini che furono acquistati a prezzi di mercato.

Il film-documentario era narrato dallo scrittore, attore e sceneggiatore statunitense Lowell Thomas. Nel ruolo di direttore di produzione venne indicato ufficialmente Jack Cohn, ma pare che poi al montaggio della pellicola fosse stato delegato Edgar G. Ulmer. Il lungometraggio è incentrato sui successi del regime fascista, e utilizza, quale fulcro narrativo, un discorso tenuto da Mussolini, a Napoli, all’apertura del Decennale della Marcia su Roma, nell’ottobre del 1931. Il tono del filmato, sia nei commenti sia nel suo assemblaggio, è enfatico. A livelli imbarazzanti. Forse neanche il Minculpop sarebbe giunto a tanto, nel magnificare i fasti imperiali del Cesare di Predappio. Si esordisce con un panegirico sulle origini del Duce, e sul suo genio: «un capo che forgia la storia», «un uomo d’azione fornito di un dono rarissimo: il magnetismo personale », un condottiero «instancabile che lavora incessantemente». Si passa poi a celebrare i trionfi della rivoluzione degli squadristi, che rappresentarono «l’elemento più giovane della nazione»: il loro inno, Giovinezza, è «una melodia, un canto di gioia». Neanche mezza parola, ovviamente, sui loro crimini: Matteotti, don Minzoni, Amendola, Gobetti, per gli americani sono destinati a
rimanere sconosciuti. Il manganello e l’olio di ricino, strumenti di lotta contro l’anarchia e il bolscevismo, non sono neppure evocati. Il Duce viene descritto come un mago, il quale, per sortilegio, riesce a piegare «i fannulloni e i facinorosi» che infettano la nazione: «Con questi metodi [quali? Il narratore non lo dice] Mussolini fa sparire per sempre il disordine, la demagogia, il settarismo». Quando si introduce il successo ottenuto dal fascismo con la firma dei Patti Lateranensi, Lowell Thomas giunge a paragonare il Duce a Carlo Magno, Richelieu, Napoleone, Bismarck. Si passano poi in rassegna i vari altri capitoli delle realizzazioni del regime. La nuova Stazione centrale Milano, «superba mole di marmo bianco, lucente», è il segno tangibile della ricerca della bellezza, da parte del dittatore, al cui semplice cenno pare materializzarsi la nuova spiaggia di Ostia. Si ripercorrono poi le note conquiste del Ventennio: l’ammodernamento infrastrutturale del Paese, le bonifiche, la battaglia del grano, le politiche sociali e demografiche. L’apoteosi celebrativa rasenta il grottesco quando si accenna ai meriti del Duce nel miglioramento delle razze equine italiche.
Insomma, Benito è il «moderno Cesare», che «fa rivivere la gloria antica», con tanto di corollario iconico: «le linee scultoree della sua testa ricordano i tratti di un imperatore romano». Si esaltano anche le liturgie collettive del regime e le manifestazioni della sua potenza guerresca: la formazione paramilitare dei fanciulli, i voli transoceanici di Balbo. «I ragazzi avanguardisti hanno un’ottima educazione: del corpo e dello spirito». Nessuno pare sospettare che quelle «centurie alate» e quei ragazzi potrebbero diventare braccia e armi per la guerra domani.


Immagine

La locandina del lungometraggio «Mussolini speaks!»



http://www.avvenire.it/Cultura/Pagine/MUSSOLINI-.aspx



ma gli yanchees amano molto i dittatori,
mussolini, pinochet, ecc.
soprttutto fino a quando fanno i loro interessi..

scommetto che quando il suddetto
passò dalla parte dei tedeschi
cessò di essere un idolo..


E' sempre stato così alla faccia degli "esportatori di democrazia".

Ottimo contributo, sapevo della questione, ma non la conoscevo in un dettaglio così grottesco.

Re: Le bufale sul fascismo che i nostalgici ripetono su inte

03/11/2015, 18:21

pure da churchill,gandhi,etc,fu tenuto in considerazione,solo che con la guerra persa,certe cose vogliono essere dimenticate................ [:306] [:306]

Re: Le bufale sul fascismo che i nostalgici ripetono su inte

03/11/2015, 19:12

... ecco; siamo chiari ... [^]

Re: Le bufale sul fascismo che i nostalgici ripetono su inte

01/09/2016, 13:26

Roma, scoperto 'elogio al fascismo' nascosto sotto obelisco Foro Italico

Un testo in latino di 'elogio al fascismo', nascosto sotto l'obelisco Mussolini del Foro Italico di Roma, getta nuova luce sul regime e su come questo voleva essere tramandato alle generazioni future. La scoperta del testo, scritto su pergamena, è opera di due studiosi olandesi dell'Università di Groninga, che lo hanno trovato sepolto insieme a monete d'oro nel basamento del monumento, realizzato nel 1932 in occasione dei 10 anni dalla marcia su Roma.

Un testo dimenticato, di cui nessuno fino ad oggi conosceva l'esistenza. Gli studiosi Bettina Reitz-Joosse e Han Lamers sono stati i primi a tradurre e studiare in dettaglio il 'Codex Fori Mussolini' (questo il nome che è stato dato al testo) che rappresenta un elogio del fascismo e di Mussolini e di ciò che hanno fatto per l'Italia, scritto in 1.200 parole dallo studioso classico Aurelio Giuseppe Amatucci.

"Il testo non era stato pensato per i contemporanei" ha spiegato Bettina Reitz-Joosse alla Bbc. "L'obelisco era un monumento importante e imponente, ma l'esistenza del testo era sconosciuta. Ciò vuol dire che nel testo era stato pensato per non essere letto in quell'epoca ma dalle generazioni future".

L'elogio è suddiviso in tre parti. Nella prima vi è un racconto dell'ascesa del fascismo e di come Benito Mussolini abbia preso in mano un paese che dopo la Prima Guerra Mondiale si trovava sull'orlo del disastro e lo abbia fatto rinascere grazie alle sue doti di superuomo. Secondo Hans Lamers, Mussolini viene ritratto come un nuovo imperatore romano, con toni epici e quasi biblici, descrivendolo come il salvatore del popolo italiano.

La seconda parte del testo elogia invece le organizzazioni giovanili fasciste e il loro programma per il futuro. La terza parte, invece, racconta della costruzione del Foro Italico, all'epoca con il nome di Foro Mussolini (nome cambiato in seguito alla caduta del fascismo).

Infine, la lingua scelta, il latino non è una scelta casuale. Questa lingua - spiega ancora Reitz-Joosse - era largamente usata nella propaganda e nei monumenti del fascismo, proprio per porre il regime in continuità con i fasti dell'impero romano. I fascisti - conclude - stavano tentando anche di riportare il latino come lingua internazionale. Progetto poi fallito.



http://www.adnkronos.com/fatti/cronaca/ ... refresh_ce

Re: Le bufale sul fascismo che i nostalgici ripetono su inte

01/09/2016, 20:31

dvx mea lvx
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