Time zone: Europe/Rome [ ora legale ]




Apri un nuovo argomento Rispondi all’argomento  [ 41 messaggi ]  Vai alla pagina Precedente  1, 2, 3
Autore Messaggio

Pleiadiano
Pleiadiano

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 4248
Iscritto il: 09/05/2012, 18:57
Località: roma
 Oggetto del messaggio: Re: Il Presupposto del NWO: il Patriarcato
MessaggioInviato: 07/02/2016, 13:53 
Atlanticus81 ha scritto:
Nel mio blog ebbi a scrivere che nei Misteri Antichi, la Donna e la Natura erano un’Unica Cosa …

« Ciò che si fa alla natura, si fa alle donne e ciò che si fa alla donne, si fa alla Natura. »

Da sempre, le donne sono state considerate le fedeli rappresentanti della Terra, nostra Madre Natura e origine feconda. Intuitivamente percepiamo questa analogia come vera, come qualcosa che incarna una realtà evidente e ci parla direttamente dell‟Essenza del Femminile…

Vi invito pertanto a leggere con mente aperta e con una visione di insieme più ampia il seguente articolo

La cultura dello stupro non è quello che pensate

Nel marasma di informazioni che riceviamo quotidianamente, un termine che ultimamente si sta ripetendo spesso tra stampa e opinione pubblica è quello della “cultura dello stupro”. Il problema è che, come succede per molti lemmi presi in prestito dalla letteratura di settore e trasportati in quella divulgativa generalista, non è chiaro a tutti cosa si intenda con questa perifrasi e il suo utilizzo finisce per generare dibattiti estenuanti, privi della minima cognizione di causa.

Che senso ha parlare di pere e mele, se non si è d’accordo sul macro-contesto di frutta? Nessuno, ovviamente. Eppure, non si può neanche pretendere che certi argomenti restino in una scatolina asettica in balia solo dei più criptici teorici: vanno date in pasto a tutti, nella speranza che suscitino per lo meno un promettente “ma che vuol dire?”

Che cosa si intende allora per cultura dello stupro? Da dove arriva questo termine e come si applica al mondo in cui viviamo oggi? Qual è il filo che lega Ovidio, Robin Thicke e i fatti di Colonia?

Immagine

“Il patriarcato fa leva su una forma di violenza di specifica natura sessuale e che prende forma completamente nel’atto dello stupro. [...] Nello stupro, le emozioni di aggressione, odio, disprezzo e il desiderio di spezzare o violare la personalità, assumono una forma appropriata alle politiche sessuali.”

Il concetto di “rape culture”—o, appunto, cultura dello stupro—viene coniato all’interno della letteratura femminista degli anni Settanta, corrente di pensiero che sposta l'analisi delle disparità sociali di genere sul piano specifico della sessualità e della sua interpretazione politica. Nel 1970, Kate Millett scrive il testo "Sexual Politics," come critica al patriarcato nella società e nella letteratura occidentale. In altre parole, introduce l'idea di una cultura patriarcale, che esercita il proprio dominio politico tramite una repressione della sessualità femminile. La cultura dello stupro definisce quindi un tipo di violenza di genere endemica e sistematica, al punto da far parte del tessuto culturale di una determinata società; Un tipo di violenza che non è incidentale, ma politica e normalizzata: dalle società in cui lo stupro non è considerato un reato a quelle in cui, nonostante lo stupro sia riconosciuto come un crimine dalla legge, viene sminuito, condonato e giustificato regolarmente.

Il primo caso—quello che riguarda paesi in cui lo stupro non è riconosciuto come un crimine—non è ciò che ci interessa analizzare in questo momento, banalmente perché non riguarda la cultura in cui viviamo tutti noi; la violenza sessuale, in Italia come in tutti i paesi occidentali, è punita per legge. Il problema, come in molte questioni politiche e legali, è il passaggio alla pratica. Ecco perché è il secondo caso a interessarci, quello più subdolo.

Il concetto di cultura dello stupro, abbiamo detto, è stato formulato all’interno della corrente di pensiero del femminismo di seconda ondata, un momento specifico del femminismo che discute la sessualità femminile su un piano politico, e che mette radicalmente in discussione i ruoli sociali di genere. Vale a dirsi, tutte quelle regole e definizioni strette come corsetti ottocenteschi che ci siamo imposti per chissà quale motivo—non è vero, i motivi sono stati teorizzati ampiamente, ma non mi lancerò in questa digressione ora—e che hanno tenuto separati i “doveri” delle donne da quelli degli uomini per secoli, finché la bolla non si è decisa ad esplodere e siamo arrivati alla rivoluzione dei sessi.

Questo è il macro-contesto che dobbiamo riconoscere per poter parlare delle presenti tematiche in modo sensato: è da circa cento anni che i ruoli di genere tradizionali subiscono una picconata dopo l’altra, cosa che, da un lato, ci sta faticosamente e finalmente portando a una società più equa—pensate alla legalizzazione dei matrimoni tra persone dello stesso sesso avvenuta quest’anno in tantissimi paesi, per dirne una—dall’altro comporta tutta una serie di risacche reazionarie secondo cui la rivoluzione dei generi sarebbe alla base di ogni male sociale, e che reiterano discorsi sessisti radicati più profondamente di quanto ci piace pensare.

Queste risacche sono giustificate dal fatto che determinati stereotipi, per quanto possano essere stati criticati, sono tutt’altro che superati. La corrente di pensiero che 40 anni fa ha teorizzato l’esistenza di una cultura dello stupro sostiene che la nostra sia ancora una società in cui il rispetto dovuto a un uomo è direttamente proporzionale alla sua forza e alla sua aggressività sessuale e personale, mentre per le donne è doveroso essere remissive, sia sessualmente che socialmente. Volendo essere molto pratici, l'esempio più immediato è quello delle riviste che sbrodolano consigli su come essere un vero uomo, un uomo migliore—dove “migliore” fa riferimento a un mix di prestanza fisica, rigore caratteriale e benessere economico—su come conquistare un uomo senza “spaventarlo” o su cosa intenda davvero una donna quando dice “no”.

Immagine

“Se una donna dice ‘no’, intende ‘forse’; se dice ‘forse’ intende ‘sì’; e se dice ‘sì’, non è una donna.” L’ansia. via
L’interpretazione del “no” di una donna sembra essere talmente difficile per certe persone, che qualcuno ha pensato fosse meglio risolvere il problema con una app. Per determinare il consenso di una persona ci affidiamo più volentieri a un mentore meccanizzato, che all’opinione di chi si trova effettivamente lì con noi. In altre parole, pur di evitare il dialogo e l’empatia tra esseri umani, arriviamo a delegare la questione alla burocrazia.

Ancora, pensate al giudizio comune associato a una ragazza che vive la propria sessualità in modo esplicito e disinibito—è promiscua, non tiene a se stessa, lo fa per guadagnarci qualcosa, nessun uomo la prenderà mai sul serio. La pretesa di un’interpretazione della sessualità femminile altra da “sono emeriti cavoli suoi” è propria di una cultura che considera ancora il corpo di una donna come proprietà altrui, il cui valore è inversamente proporzionale al “consumo” che si fa di esso.

Se pensate che il mio discorso non sia al passo coi tempi, che le cose siano diverse ora, che le donne occidentali siano ormai completamente emancipate, vi ricordo che il succo dell’educazione sessuale che ho ricevuto nelle laicissime scuole che ho frequentato era sempre lo stesso—tienitela stretta, meglio se fino al matrimonio—e che proprio nell’ultimo anno, il tentativo di portare nelle scuole un’educazione sessuale progressista è stato accolto molto duramente non solo dalle famiglie cattoliche più rigorose e dalle fazioni politiche di estrema destra, ma anche da docenti di scuole pubbliche.

Guarda su youtube.com

South Park, come sempre, centra il punto in pieno.

Per fare un esempio più “istituzionale”, prendiamo le affermazioni dell’ex ministro Giovanardi fatte un paio di anni fa, in riferimento alla violenza di gruppo su una minorenne, avvenuta a Modena: il suo discorso verteva sul fatto che non possiamo indignarci per una violenza del genere se lasciamo che il sesso per i giovani sia “semplice divertimento” e non un atto limitato a contesti di “amore e rispetto”. Il fatto che Giovanardi contrapponga il divertimento al rispetto è il vero problema di questa dichiarazione, come se la presenza di uno significasse l’assenza dell’altro, come se il piacere nel sesso fosse possibile solo in presenza di un sentimento d’amore beato quanto raro—da qui la necessità di confinare l’atto carnale a tali situazioni. La violenza è generata sì da una mancanza di rispetto, ma la faccenda non ha nulla a che vedere con una visione del sesso più aperta e priva di moralismi. Ha a che vedere con un’idea del corpo altrui come di qualcosa di cui è legittimo appropriarsi. Tutto un altro paio di maniche.

Sempre in Italia, nonostante la violenza sessuale sia punita come delitto contro la libertà personale, la sfiducia nelle istituzioni porta la maggioranza delle vittime a non denunciare i colpevoli. Nel 2003, la sentenza di un caso di stupro su una minore decretò che, poiché la vittima aveva già avuto rapporti prima dell’abuso, questo costituisse un trauma meno grave, perché i danni ricevuti sono “più lievi” se si è già attivi sessualmente.

Uno dei temi ricorrenti negli studi sulla cultura dello stupro riguarda l’attribuzione di una responsabilità totale o parziale alla vittima stessa di un abuso (altrimenti detto, victim blaming): le polemiche che scaturiscono ogni volta sui vestiti indossati da una persona che ha subito una violenza sono un esempio ridondante della cosa. “Se l’è andata a cercare,” è il ritornello che compare un po’ ovunque, come se, per evitare uno stupro, esistesse una formula matematica che qualche poveretta non ha ancora studiato. Allo stesso modo, anche il fatto di avere una vita sessuale attiva diventa una colpa e, contemporaneamente, un’attenuante per l’aggressore. Si legittima insomma un discorso implicito secondo cui, di nuovo, il sesso svilisce una donna, mentre l’integrità fisica diventa troppo spesso sinonimo di integrità morale.

L’idea di una violenza sessuale legittima, d’altronde, fa effettivamente parte delle radici della nostra cultura da sempre. Nell’Ars Amatoria, Ovidio spiega come le ragazze amino essere forzate al rapporto, perché la cosa fa parte dei meccanismi di seduzione. Un concetto su cui ancora sbattiamo la testa, grazie agli illuminati consigli forniti dalle riviste che ripropongono allo sfinimento il paradigma gatto-topo come unica dinamica seduttiva possibile.

Il sessismo—legato ovviamente a doppio filo con questa teoria—costella svariati aspetti della cultura pop in cui siamo immersi.

Tornando su un piano più internazionale, negli ultimi anni sono stati associati alla rape culture diversi casi, in cui comportamenti sessuali aggressivi o l’uso di termini sessisti sono apparsi all’interno di istituzioni—politiche o culturali—che dovrebbero condannarli.

L’avvocato di Donald Trump—candidato repubblicano alle prossime elezioni presidenziali—ha dichiarato, in seguito alle accuse di violenza formulate dalla ex-moglie di Trump, che all’interno di un matrimonio lo stupro non possa esistere. Questo assunto ha le sue radici nel concetto—proprio della cultura occidentale—di dovere coniugale, per cui il sesso è un diritto che una persona ha facoltà di esercitare sul proprio coniuge. Lo stupro maritale è diventato illegale negli Stati Uniti a partire dalla metà degli anni Settanta, ma non in tutti gli stati prima del 1993: la definizione di sesso come diritto assoluto all’interno di una coppia legata per via istituzionale, relega un corpo allo stato di bene materiale di cui fruire, in quanto merce “acquistata."

Questa visione del corpo (soprattutto di quello femminile) come soggetto a una proprietà altrui è ribadito anche dalle congreghe pro-vita: il diritto all'aborto è ancora un argomento molto discusso e in alcuni casi non ancora riconosciuto, tanto che un legislatore degli Stati Uniti nel 1990 è arrivato a dire, “se le donne hanno il diritto di abortire, perché gli uomini non dovrebbero poter imporsi su di loro con la forza? Almeno la ricerca di libertà sessuale di uno stupratore non porta (nella maggior parte dei casi) alla morte di nessuno.”

Per quanto a simili affermazioni possano seguire scandali nell’opinione pubblica e scuse ufficiali, offrono uno scorcio esplicativo su una forma mentis che è tutt’altro che estirpata e che dà, forse, il diritto di parlare di una effettiva cultura dello stupro.

Immagine

Il sessismo—legato ovviamente a doppio filo con questa teoria—costella svariati aspetti della cultura pop in cui siamo immersi. Dalla musica italiana, al cinema passando per la letteratura e le serie televisive: opere dal grande successo internazionale come Twilight e 50 Shades of Grey reiterano il mito della vergine pura—e quindi degna—e di una violenza impari sul piano della sessualità che è necessaria al mantenimento di una relazione. Il fatto che questi casi siano normali agli occhi di un pubblico di massa, il fatto che percepiamo una forma di violenza sessuale in modo romantico o semplicemente accettabile rientrano nella definizione stessa di rape culture.

Blurred Lines di Robin Thicke, fino a qualche anno fa in rotazione nelle radio, ha scatenato un polverone considerevole sia per il contenuto del video della canzone—in cui modelle completamente nude sono assoggettate a uomini completamente vestiti—sia per il testo, il cui titolo di per sé è un rimando palese a quella difficoltà di cui parlavamo prima, per cui sembra che per gente come Thicke sia impossibile comprendere le dinamiche basilari del consenso sessuale (NO=NO). Il testo prosegue rinforzando l’idea che il sesso sia qualcosa con cui si addomestica una donna (che è un animale), qualcosa che lei non sa di volere finché non le viene somministrato, qualcosa che fa anche un male cane. Una sfilza di concetti progressisti, insomma. Thicke è stato accusato di promuovere una visione malsana e giustificatoria, mentre alcuni suoi difensori sostenevano che il video fosse effettivamente liberatorio per la figura femminile.

Il punto da chiarire qui è che una donna nuda, di per sé, non è né liberatoria né oggettificata. Ciò che determina la differenza tra un caso e l’altro è il discorso intorno al suo corpo. Ci sono video che esaltano pienamente la sessualità femminile e queer, anche in modo estremamente esplicito. Ci sono video che parlano della sua oggettificazione in modo provocatorio e critico. Ci sono video, come quello di Blurred Lines, che restano problematici nel contesto di una cultura—quella americana—che è ben lungi dal dichiarare la violenza di genere un problema passato. Ecco perché, se ragioniamo secondo il paradigma della cultura dello stupro, questo video non è solo una questione di cattivo gusto.

La cultura dello stupro è stata evocata anche in altre vicende: Elliot Rodger, responsabile del mass-shoting di Isla Vista, prima di commettere il massacro aveva pubblicato un video su YouTube e redatto un manifesto in cui attribuiva la responsabilità della propria miseria alle donne che lo avevano respinto—negandogli l’esperienza sessuale che sarebbe stato suo diritto fare—e in cui dichiarava intenti punitivi nei confronti del genere intero. Sono almeno tre i fattori in questo discorso che è possibile ricondurre al paradigma della rape culture: il primo, è l’idea che il sesso sia un diritto da esigere. Il secondo, che sia una responsabilità femminile risolvere la frustrazione sessuale maschile e diritto di un uomo punirne il mancato assolvimento. Il terzo, che il valore di un uomo nella società sia proporzionale alla sua esperienza sessuale. Una cultura che condona lo stupro come meccanica sociale “naturale”—perché il sesso è visto come un atto di conquista violenta e il corpo dell’altro come un bene di cui si può disporre a piacimento—è anche una cultura che promuove una visione della mascolinità esagerata e stereotipica, tossica, che non accetta l’evoluzione dei ruoli di genere in corso e la cui degenerazione è forse individuabile in esempi come quello di Rodger.

Immagine

Ancora, nel 2014 Twitter e il mondo della stampa videoludica sono stati monopolizzati dal #GamerGate, un caso in cui una facciata di plausibilmente sincero interesse per l’eticità nel giornalismo è stata grandemente strumentalizzata da un rancore di matrice sessista, con lo scopo di attaccare le donne (e non solo) coinvolte in modo critico nell’industria dei videogiochi.

Quando nel 2014 sono affiorate in rete centinaia di foto private trafugate dai profili iCloud di alcune celebrità, il discorso dominante per quell’occasione—oltre al parere privo di logica di un mio conoscente, secondo cui “se lo meritano perché sono ricche”—è stato “se non vuoi che qualcuno le trovi, non scattare foto di nudo” che, come al tempo ha sottolineato l’attrice e autrice Lena Dunham, suona terribilmente come “se non vuoi che ti mettano le mani addosso, non indossare una gonna.” Il problema è che il discorso della Dunham cerca di evidenziare la pochezza di un argomento paragonandolo a una situazione che dovrebbe essere scontata, ma che non lo è. Così, la critica mossa dalla Dunham, non condivisa da una massa che ha ancora grossi problemi di slut-shaming, cade con un tonfo sordo, rivelandoci anche qualcosa in più: non parliamo tutti la stessa lingua quando si tratta di violenza di genere.

Per parlare di dinamiche socio-culturali in maniera sensata, è necessario arrivare a un accordo comune su termini e strumenti. Ci vuole una auto-consapevolezza culturale, che, per esempio, non si illuda che la violenza sessuale e la violenza di genere siano retaggio soltanto di paesi lontani—la cui teorizzazione come “cultura dello stupro” sia solo furbamente strumentalizzata per fomentare forme di razzismo, come è stato per le vicende di Colonia di questo mese.

Il che non significa accettare una teoria a priori—una delle critiche principali mosse al concetto della rape culture, per esempio, è l’idea che la responsabilità dello stupro sia delegata eccessivamente a un sistema di norme culturali, che rende più difficile una persecuzione giudiziaria specifica. Che è qualcosa su cui vale la pena riflettere.

Non è necessario avere la stessa opinione su qualcosa, ma ammettere l’esistenza di un problema è il primo e più fondamentale passaggio per aprirsi alla sua interpretazione, anziché a disquisizioni sterili un commento sui social dopo l’altro. La nostra cultura è una cultura che giustifica—in modo esplicito o implicito—la violenza sessuale? Che ne nega spesso l’esistenza? Che ne fa ricadere la responsabilità sulle vittime? Quel che è certo è che è possibile individuare un elenco inquietante di esempi in cui sembra proprio che sia così.

http://motherboard.vice.com/it/read/che ... llo-stupro


Grazie Paolo per questo articolo..E' difficile leggerlo senza avere i conati di vomito misto ad altri brutti sentimenti! [V]
Sarà molto difficile eradicare la cultura del possesso se ancora oggi abbiamo scrittrici che esortano le donne a sposarsi ed essere sottomesse..
Oggi tra i giovani vige ancora l'idea che la donna attiva sessualmente chissà quali e quante perversioni ingloba..
Siamo davvero delle teste di ciolla... [V]



_________________
La scienza è solo una perversione, se non ha come fine ultimo il miglioramento delle condizioni dell'umanità.(Nikola Tesla)
Top
 Profilo  
 

Stellare
Stellare

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 12044
Iscritto il: 05/02/2012, 12:22
Località: Milano
 Oggetto del messaggio: Re: Il Presupposto del NWO: il Patriarcato
MessaggioInviato: 07/02/2016, 19:09 
HOBBES
A cura di Diego Fusaro

La condizione dell' uomo é una condizione di guerra di ciascuno contro ogni altro.

Gli interessi principali di questo pensatore non sono tanto metafisici , quanto politici . D' altronde la sua filosofia matura nel contesto della guerra civile inglese degli anni 40 del Seicento . Ebbe una vita particolarmente lunga ( circa novant' anni ) che coprì l' intero XVII secolo . La distinzione tra Hobbes e l' altro grande filosofo politico inglese del 1600 ( Locke ) deriva soprattutto dal diverso periodo storico in cui sono vissuti .
[img]
http://www.filosofico.net/hobbes1.jpg[/img]

Nell' Inghilterra , infatti , nel 1600 ci sono state ben due rivoluzioni , quella degli anni 40 ( é l' epoca in cui scrive Hobbes ) e quella degli anni 80 , detta " gloriosa " ( é l' epoca in cui vive Locke ) : mentre la prima é una vera e propria guerra civile , una vicenda traumatica , la seconda rivoluzione ( la " gloriosa " ) é considerata un fatto altamente positivo , l' atto con cui l' intera società inglese si é sbarazzata di una monarchia oppressiva e ha dato vita ad una monarchia costituzionale .

Il fatto stesso che Hobbes abbia maturato le sue idee e i suoi scritti nel corso della prima rivoluzione e Locke nella seconda , é significativo per capire le differenze tra i due . Per Hobbes la cosa che va evitata più di ogni altra é la guerra civile , per Locke la perdita della libertà . Hobbes mira alla sicurezza , Locke alla libertà . La prima opera importante di Hobbes é una traduzione inglese della Guerra del Peloponneso di Tucidide ; il che dimostra due cose : in primo luogo il suo interesse prettamente antropologico , storico e politico .

In secondo luogo dobbiamo tener conto che Tucidide non era uno storico qualunque : era fortemente pessimista e si curava di una storia attenta al diritto del più forte : Hobbes sarà molto influenzato da questa concezione della storia . Nella guerra civile Hobbes resta sempre legato alla monarchia e segue perfino la corte di Carlo II in esilio in Francia dopo la decapitazione di Carlo I . Hobbes é sì fortemente legato alla monarchia ( dalla quale , dopo il rientro in Inghilterra , riceverà la pensione che veniva data ai " fedeli " , con la quale potevano vivere senza lavorare ) , tuttavia da essa non sarà mai visto con troppa simpatia : egli é sì uno dei grandi teorici dello stato assoluto , ma non necessariamente della monarchia assoluta , verso la quale , comunque , Hobbes nutre grandi simpatie .

Esistono tuttavia due modi distinti di concepire la monarchia assoluta : uno , più tradizionale , che vede in Giacomo I , nei primi anni del Seicento , il grande teorizzatore : egli fondava il potere del sovrano sull' idea ( di origine medioevale ) che fosse attribuito direttamente da Dio ; ci sarà anche , sempre in questo ambito , chi arriverà a dire che il potere del sovrano non é altro che un' estensione del potere del padre sulla famiglia ad un intero stato : Dio ha dato ad Adamo un potere assoluto sulla famiglia e sui figli ; da Adamo il potere si é esteso ai patriarchi di Israele per poi arrivare ad investire intere strutture statali . Si tratta quindi di un' idea patriarcale e divina del potere assoluto .

Locke polemizzerà contro i sostenitori di questa teoria , in particolare contro un' opera scritta in quegli anni , intitolata " Il patriarca " . La posizione di Hobbes , che é comunque assolutista , é meno tradizionale rispetto a quella di Giacomo I ed é fondata in maniera laica : nello stato assoluto secondo Hobbes Dio non c' entra niente , il potere non deriva dall' alto , ma dal basso : gli uomini guidati dalla loro ragione decidono di associarsi e di rinunciare a porzioni della propria libertà in favore di un' istanza superiore ( il sovrano ) .

Con Hobbes concorderanno Locke , Spinoza e Rousseau : le differenziazioni tra questi pensatori nasceranno poi su come concepiranno l' idea di stare insieme . Tuttavia concorderanno tutti pienamente con Hobbes che non é Dio ad attribuire il potere al sovrano , ma é il popolo stesso guidato dalla propria ragione . Si tratta quindi di uno stato assoluto il cui fondamento primo é il consenso : esso é la base del potere anche quando si arriva a stati assoluti : é l' idea dominante per tutto il 1600 . L' interesse principale di Hobbes , come accennavamo , é la politica , tuttavia egli ritiene di dover fondare la politica su una base fisico - matematica .

Egli si fa portavoce , in altri termini , di una concezione riduzionista delle scienze : le scienze sono parecchie ( biologiche , umane , naturali , fisiche , ecc. ) e un sociologo per analizzare i problemi della società umana deve senz' altro tener conto della realtà fisica e biologica in cui il comportamento si svolge ; il presupposto biologico che le persone mangino , per dire , é presupposto fondamentale della sociologia , che indagherà su che cosa mangino e cose del genere .

Tuttavia non c' é riduzionismo , ossia non pensiamo che tutta la sociologia possa essere dedotta dall' ambito biologico e che l' ambito biologico possa essere a sua volta dedotto da quello chimico , il quale può essere dedotto da quello fisico , deducibile da quello matematico , riducendo così tutto ad una sola scienza : certo bisogna tener conto della biologia ( ad esempio ) studiando la sociologia , ma comunque quest' ultima non sarà riducibile solo a biologia . Invece Hobbes ha una concezione tipicamente riduzionistica : le scienze possono essere ridotte ad una sola ( la fisica ) : tutto ( la politica , l' etica , ecc ) può essere spiegato secondo le leggi della fisica matematizzata .

Per Cartesio , invece , con la fisica si può arrivare a costruire la biologia ( dalle leggi fisiche all' animale macchina ) e studiare un corpo o un orologio , in fondo , per lui é la stessa cosa , tuttavia egli non estende la fisica alla politica e alla sociologia per il fatto che c' é la res cogitans che glielo impedisce .

Hobbes invece , affrontando il problema lasciato in eredità da Cartesio del rapporto tra res cogitans e res extensa , lo risolve annullandolo , ossia eliminando radicalmente la res cogitans ( la spiritualità ) : tutto ciò che esiste é materiale e anche quello che ci sembra spirituale ( la coscienza , la memoria , il dolore ) non é altro che una manifestazione della res extensa : la coscienza e il sentimento non sono altro che epifenomeni , ossia manifestazioni oggettive , appendici : é la materia che dà la parvenza di essere coscienza .

Ecco quindi spiegato perchè Hobbes fa derivare tutte le scienze dalla fisica e dedica ben due trattati alla fisica e alla metafisica , lui che si interessava di politica . Addirittura leggendo la sua opera principale , il Leviatano , ci si accorge di come egli , ancora prima di trattare della vera e propria politica , parta dalla concezione della materia per poi arrivare solo in un secondo tempo alla politica .

D' altronde per Hobbes la politica non é altro che una fisica particolarmente complessa : con il suo metodo riduzionistico si parte dalla fisica , si arriva alla biologia e poi alla sociologia ( la politica ) . La politica diventa allora una vera e propria fisica sociale . Sul piano storico é tipico che se una branca funziona particolarmente bene si finisce per farla diventare egemone in ogni campo : nel 1600 , neanche a dirlo , la branca egemone é la fisica matematizzata .

Tuttavia non é detto che tutti quelli che prendano a modello la fisica siano riduzionisti come Hobbes : Cartesio é un grande fisico , ma non é un riduzionista : lo é fin quando non arriva a parlare dell' uomo , in cui convivono res cogitans e res extensa . Tutto per Hobbes va investigato in termini fisici proprio perchè le uniche cose esistenti sono i corpi ( la materia , res extensa ) , la cui caratteristica é la misurabilità in termini matematici . Ecco allora che accanto ad uno scritto intitolato De cive ( il cittadino ) , ne troviamo un altro intitolato De corpore ( il corpo ) , quasi come se Hobbes volesse scrivere un' enciclopedia dello scibile umano in termini fisici .

E' poi interessante il fatto che sia Hobbes sia Cartesio cominciano a scrivere nelle lingue nazionali ( in inglese Hobbes e in francese Cartesio ) per diffondere il loro sapere : il Leviatano , l' opera più importante di Hobbes , é in inglese . Stranamente Hobbes , per cominciare lo studio della realtà in generale , parte da una definizione dell' essere data a suo tempo da Platone nel Sofista : Platone diceva che si può dire che é tutto ciò che può agire o subire un' azione ; certo Platone non intendeva dare una soluzione meccanicistica come farà Hobbes , tant' é che con questa definizione dimostrava l' esistenza delle idee : ciò che agisce o subisce un' azione esiste , quindi le idee che io penso , subendo l' azione dell' essere pensate , devono esistere .

Qualche tempo dopo Platone , gli stoici avevano ripreso in termini più rozzi questa definizione del Sofista dicendo che a subire e a compiere azioni sono solo le cose materiali . Hobbes la pensa come gli stoici e arriverà a dire che esiste solamente la realtà corporea . La realtà non é altro che un insieme di corpi e di movimenti di corpi . In una polemica con un vescovo arriverà a sostenere che anche Dio é realtà corporea e che non potrebbe essere altrimenti : se non fosse corpo non esisterebbe perchè tutto ciò che esiste é corporeo ; ma Dio esiste , quindi é materiale . Su questa fisica radicalmente meccanicistica Hobbes costruisce tutto il suo pensiero , elaborando una dottrina delle sensazioni e delle attività " spirituali " : molte sono le analogie tra Hobbes e Cartesio , però la vera differenza da tenere a mente é che per Hobbes la res cogitans non esiste .

Hobbes , per spiegare una sensazione , ricorre ad uno stimolo esterno che genera ( in termini meccanicistici ) un movimento dalla periferia del corpo verso il centro ( che per Hobbes può essere tanto il cuore quanto il cervello ) ; al centro si genera un altro moto che si identifica con la sensazione , che noi siamo soliti pensare come spirituale , ma che , spiega Hobbes , in realtà é puramente fisica e meccanicistica .

La sensazione non é altro che un movimento impercettebile degli organi centrali del corpo . Similmente egli spiega anche la memoria : come mai ci ricordiamo delle cose e , tuttavia , col tempo il ricordo tende a sbiadirsi ? Hobbes dà anche qui una spiegazione meccanicistica : quando vediamo , ad esempio , qualcosa i nostri sensi sono urtati e si innesca il movimento materiale tramite il quale vediamo la cosa che ci sta davanti ; quando poi la cosa non ci sta più davanti continuiamo a vederla perchè il moto innescatosi quando la osservavamo ( per la legge di inerzia ) perdura e così con la mente continuiamo a vedere l' oggetto che prima ci stava di fronte . Ecco allora che la memoria é un moto attenuato che permane in noi per un certo tempo .

Se ho ricevuto una sensazione che é diventata ricordo , poi , si tratta , come dicevamo , di un moto che dura per un pò e che sa mettere in moto la catena in senso opposto : al centro perdura il moto del ricordo , viene trasmesso alla periferia e vado a trovare una persona che da dieci anni non vedevo . Questa tesi hobbesiana é piuttosto ingenua , ma non é poi così profondamente diversa rispetto a quella fornita dalla biologia e dalla medicina attuali .

Quella di Hobbes risulta quindi essere una filosofia materialistica ; é interessante notare come la parola materialismo abbia sostanzialmente due significati : può voler dire che esiste solo la materia , riconducibile ad estensione e a movimento ( e così di fatto la intende Hobbes ) ma può anche voler dire che non esiste solo la materia , ma che comunque essa é la realtà fondamentale : così la intenderà Marx nell' Ottocento : ciò che chiamiamo non materia é solo una manifestazione secondaria ( un epifenomeno ) della materia . Il marxismo , non a caso , dirà che i fenomeni considerati come non materiali sono comunque dipendenti e derivati dalla materia : le concezioni culturali di una persona , allora , dipenderanno dalle condizioni storiche in cui essa vive . La posizione di Hobbes , però , é e resta rigorosa : tutto ciò che esiste é materia e le sensazioni stesse sono una forma di movimento microscopico . La filosofia di Hobbes é in buona parte un tentativo di superare le difficoltà create da Cartesio : se esistono una res cogitans ( spirito ) e una res extensa ( materia ) nettamente distinte che entrano in contatto tra loro ( la res cogitans anima decide di alzare il braccio e la res extensa braccio si solleva ) , come si spiega il contatto tra realtà materiale e realtà spirituale ?

Sì , perchè se si parla di contatto allora si parla di urti materiali , ma é assurdo parlare di urti materiali in una realtà metafisica quale é la res cogitans ! Ecco allora che Cartesio ricorreva alla ghiandola pineale dove avveniva il misterioso incontro tra res cogitans e res extensa . Hobbes elimina la res cogitans e riconduce tutto alla res extensa . Così però , se vengono superati i problemi connessi alla ghiandola pineale , ne vengono creati di nuovi , forse ancora più grossolani . Hobbes infatti non dice che le sensazioni sono prodotte da movimento , ma arriva a dire che le sensazioni sono movimento , il che é abbastanza assurdo . Sia che si tengano in gioco la res extensa e la res cogitans ( Cartesio ) , sia che si consideri solo la res extensa ( Hobbes ) si cade inevitabilmente in contraddizione : se dico che il movimento provoca la sensazione entro nell' aporia cartesiana : la res extensa si muove e genera un qualcosa che non é più res extensa ( la sensazione , che per Cartesio é res cogitans ) : é un qualcosa di materiale che , misteriosamente , produce qualcos' altro di spirituale . Se invece , sulle orme di Hobbes , dico che il movimento é sensazione cado in una contraddizione ancora più grossolana : la sensazione é sensazione , non é un movimento , ce ne accorgiamo tutti bene o male !

Pare quindi che non ci sia una via d' uscita : la scienza moderna tende a far vedere che non é la materia a generar la sensazione ( come diceva Cartesio ) ma che non può neanche essere accettata la teoria hobbesiana secondo la quale la materia é sensazione , bensì sottolinea come certi stati di coscienza corrispondano a certi stati di materia : a ogni stato della res extensa , spiega la scienza moderna , corrisponde uno stato della res cogitans ( della coscienza ) . Ma il problema non viene risolto : non viene cioè spiegato il rapporto tra res cogitans e res extensa . Che ci sia corrispondenza tra le due realtà era noto a partire da Cartesio , quel che non si sapeva era appunto il tipo di rapporto esistente tra le due sostanze .

In realtà la scienza del giorno d' oggi non si pone neanche più di tanto il problema perchè in fondo ( per dirla con Galileo ) le interessa più il come che il cosa e il perchè . Fatto sta che tutti possiamo cogliere la contraddizione di Hobbes , insita nell' affermazione stessa : la sensazione é il movimento . Dire che il movimento sia sensazione é assolutamente assurdo perchè una cosa é il movimento , un' altra cosa é la sensazione . Si torna quindi al problema cartesiano : che rapporto c' é tra le due res ( cogitans ed extensa ) , che tra loro qualche rapporto devono per forza averlo ( altrimenti come si spiega che quando metto la mano sul fuoco sento il calore ? ) .

Col cogito ergo sum cartesiano ho la certezza di esistere come soggetto pensante con tutte le idee presenti nella mia testa : l' idea di libro presente nella mia testa esiste , bisogna però chiarire se , oltre all' idea di libro presente nella mia testa , esista qualcosa di esterno ad essa da cui l' idea proviene . La coscienza che ho di esistere con il cogito ergo sum é effettivamente totalmente sganciata dal mondo fisico della res extensa : esisto come soggetto pensante , ma non so se esista il mondo esterno ( compreso il mio corpo ) . Però posso esser certo che l' idea di libro ( anche se il libro in carne ed ossa non esistesse ) esiste come oggetto della mia attività intellettuale , che ho dimostrato esistente ( cogito ergo sum ) . Anche se non ci fosse nulla al di fuori della mia attività intellettuale , l' idea di libro continuerebbe ad esistere come fatto della mia coscienza : quando poi scoprirò ( come fa Cartesio ) che esiste un mondo esterno all' idea di libro si aggiungerà il libro materiale , ma l' idea resterà invariata : essa é presente nella mia coscienza sia che il libro materiale esista sia che non esista .

Ecco allora che l' idea di libro , presente nella mia coscienza come sensazione , non é affatto moto di materia ( la materia potrebbe anche non esistere senza per questo influenzare l' idea ) : la tesi di Hobbes é stata confutata . Il materialismo comporta quindi due contraddizioni : il materialismo di Hobbes , il più rigoroso , sbaglia dicendo che gli stati di coscienza sono movimenti di materia ; il materialismo di Marx ( ed in parte di Cartesio ) sbaglia dicendo che un determinato stato di materia genera uno stato di coscienza . Ricapitolando : per Hobbes esiste solo ciò che può fare o subire un' azione , quindi esiste solo la res extensa ; la nostra stessa coscienza é riconducibile a materia , a corpo e a movimento : movimenti che dal centro ( cuore o cervello ) vanno verso la periferia e viceversa .

A questo punto interviene nel discorso di Hobbes l' etica , totalmente stravolta nella sua concezione di bene e male rispetto a tutte le filosofie precedenti . In tutte le filosofie il bene é sempre stato ciò verso cui si deve tendere e il male ciò verso cui non si deve tendere .

Certo i filosofi hanno individuato in modi differenti il bene e il male cui si deve o non si deve aspirare : per Epicuro il bene era il piacere , per Aristotele la felicità , per gli stoici la virtù , per Platone il Bene in sè , e così via . Tutti in fondo facevano un ragionamento di questo tipo : il bene é questo , dunque si deve tendere a questo .

Questi pensatori , in altri termini , vedevano il bene in termini teleologici , come il fine a cui tendere ; addirittura un materialista come Epicuro invitava i suoi discepoli a tendere al piacere , visto come sommo bene . Ora , in una filosofia meccanicistica e materialista quale é quella di Hobbes , il finalismo non può assolutamente essere accettato : non esistono cose buone ( stabilite a priori ) a cui aspirare . In base alle leggi meccaniche , ogni comportamento é legato ad azioni di tipo meccanicistico ( ricordiamoci che Hobbes é un riduzionista : tutto é riconducibile ai movimenti della materia e quindi tutto va spiegato in modo meccanicistico ) : a certi stimoli corrispondono determinate reazioni ; é come nelle macchine ( l' uomo stesso per Hobbes é una macchina ) in cui ad ogni imput corrisponde un output .

L' uomo reagisce sempre in maniera tale da sopravvivere , da autoconservarsi : reagendo così sceglierà certe cose e non altre , in altre parole opterà per tutto ciò che gli consentirà di sopravvivere ( a volte commetterà errori e non ce la farà ad autoconservarsi ) . E' evidente come il finalismo sia del tutto fuori luogo in una visione della realtà come quella di Hobbes . Ma che cosa sono il bene e il male ?

Per Hobbes il bene é ciò che l' uomo di fatto sceglie e il male é ciò che l' uomo di fatto evita : tutti gli uomini si comportano in una certa maniera e , di fatto , definiremo come bene ciò a cui essi tendono . Però il bene a cui essi tendono non é un qualcosa di stabilito a priori ( il bene cui si tende é la virtù , il piacere , la felicità , ecc. ) , ma é ciò a cui aspirano per inclinazione naturale . Per Hobbes l' uomo agisce così in modo meccanico e il modo in cui agisce , quello é il bene per l' uomo .

Il male viene allora ridotto a ciò che l' uomo non fa . La definizione stessa di bene dipende da ciò che l' uomo decide di fare e non é un qualcosa a priori . Va notato come in questi ragionamenti ci sia un evidente riallacciarsi alla matematica , imperante in tutto il 1600 : Hobbes stesso riteneva che pensare non fosse altro che operare e che ogni nostro pensiero fosse riconducibile ad operazioni di somma o di sottrazione : dire " la rana é verde " significa addizionare alla rana il verde ; dire " la rana non é verde " significa sottrarre alla rana il verde . Anche nell' etica Hobbes tende a matematizzare , riducendo il comportamento a definizioni geometriche " infondate " , e avvicinandosi così al pensiero di Spinoza .

In base alle leggi meccanicistiche l' uomo persegue le cose che gli garantiscono l' autoconservazione : proprio in esse é il bene . Sulla base di questo bene e di questo male appena spiegati si genera il comportamento individuale , ma a Hobbes, da politico , interessa maggiormente quello collettivo . Nella società civile il bene e il male per natura cedono il passo al bene e al male per convenzione . Tra le varie doti di cui l' uomo dispone vi é anche la ragione , fa notare Hobbes ; gli animali stessi , in qualche misura , sembrano averne : in Hobbes viene a cadere quella netta distinzione di stampo cartesiano tra uomo e animale proprio perchè manca la res cogitans , che era poi ciò che appunto differenziava l' uomo dalle altre creature : non essendoci la res cogitans , gli uomini sono macchine al pari degli animali .

Gli animali per Hobbes provano sensazioni ( a differenza di quanto diceva Cartesio ) , hanno l' intelletto , ma non la ragione , intesa come pensare in termini generali tramite il linguaggio : l' uomo grazie al linguaggio e alla ragione può attribuire nomi comuni alle cose e di conseguenza può parlare per categorie .

Ovviamente Hobbes é nominalista : le idee non esistono proprio perchè non esiste la sostanza spirituale : tutto ciò che esiste é materiale ; le idee sono solo flatus vocis e i nomi ci consentono di raggruppare tante cose in categorie . Gli uomini , proprio perchè dotati di ragione , sono in grado di stabilire che cosa é più utile per la loro sopravvivenza ; la ragione stessa li porta a vedere cosa é più utile per l' autoconservazione sul lungo termine e non solo sul momento : certo sul momento per autoconservarmi mangiare andrà bene , ma non basta , bisogna vedere sul lungo termine . Ecco allora che gli uomini ragionano su che cosa garantisca loro l' autoconservazione al di là del presente .

Ed é proprio quest' esigenza che li porta a far nascere lo Stato civile . In origine gli uomini , spiega Hobbes , vivevano nello stato di natura in cui vigeva una situazione nella quale ciascuno aveva diritto su ogni cosa : oggi ciascuno di noi ha diritto non su tutto , ma su qualcosa perchè così sanciscono le leggi in vigore nello Stato : é il diritto di proprietà . Ma nello stato di natura , in cui non c' é lo Stato civile e quindi non ci sono le leggi , tutti han diritto su tutto .

Ciascuno può cioè fare ciò che desidera per procurarsi ciò che gli serve : si potrà allora rubare e uccidere per sopravvivere e , proprio perchè finalizzato all' autoconservazione , questo sarà un bene .

Lo stato di natura quindi é uno stato di bellum omnium contra omnes , una condizione di guerra di ciascuno contro ogni altro dove ciascuno mira alla propria autoconservazione a discapito degli altri . Per Hobbes quindi l' uomo non é per natura incline ad essere socievole , come aveva sostenuto Aristotele a suo tempo definendo l' uomo come animale politico .

A questo punto interviene la ragione , la quale suggerisce che la situazione di guerra di ciascuno contro tutti gli altri nata dall' esigenza di autoconservarsi porta ad un risultato opposto a quello per cui era nata : infatti nel momento in cui tutti mirano alla propria autoconservazione a discapito degli altri , la vita di ciascuno diventa altamente insicura e neanche il più forte può vivere sicuro perchè ci sarà sempre qualcuno più forte e comunque anche i più deboli potranno in qualche modo minacciare la sua vita . La ragione , di cui tutti gli uomini dispongono nella stessa misura , suggerisce allora di uscire dal precario stato di natura . Prima di vedere come se ne esca , però , si possono fare alcune osservazioni sullo stato di natura .


In tutti gli autori ( Locke , Spinoza , Rousseau ) che ci ragioneranno sopra c' é l' idea di fondo che un reale stato di natura non sia mai effettivamente esistito nel corso della storia . Per quanto possano esserci state situazioni particolarmente retrograde e vicine allo stato di natura , un vero e proprio stato di natura non é mai esistito .

Il ragionamento di questi autori é più che altro teorico : vogliono cioè far vedere non tanto quello che c' é stato prima dello Stato civile , quanto piuttosto quello che succederebbe se venisse meno lo Stato civile . Non a caso il vero stato di natura radicato nella mente di Hobbes non é quello appena descritto , bensì quello della guerra civile inglese degli anni '40 del Seicento ( da lui vissuta in prima persona ) . Nella guerra civile infatti non vi é più lo Stato come autorità suprema e la guerra comporta un ritorno provvisorio al retrogrado stato di natura di lotta di ciascuno contro ogni altro .

Uscendo dallo stato di natura su incitamento della ragione si passa a quello civile , che é un superamento appunto dello stato di natura : all' interno dello Stato civile non ci sarà più la guerra di ciascuno contro ogni altro , ma essa perdurerà , secondo Hobbes , nei rapporti tra Stato e Stato : Hobbes non riconosce il diritto internazionale e vede il rapporto tra uno Stato e l' altro come quello tra uomo e uomo nello stato di natura . Va poi sottolineato il fatto che egli , parlando di guerra di ciascuno contro tutti gli altri , non intende dire che ciascuno combatte incessantemente una guerra contro tutti quelli che lo circondano ( il che sarebbe assurdo ) ; vuole piuttosto sottolineare come nello stato di natura vi sia una potenziale guerra di ciascuno contro tutti gli altri proprio perchè non ci sono le istituzioni che lo impediscono : ciascuno nello stato di natura é contemporaneamente e potenzialmente sempre aggresssore e aggredito .

Secondo Hobbes si esce dallo stato di natura per approdare a quello civile nel momento in cui ciascun individuo autolimita i propri diritti . La vera differenza nelle concezioni politiche tra Hobbes e Locke sta proprio nel come essi intendano l' uscita dallo stato di natura ; é proprio il modo in cui se ne esce che determina lo Stato civile che verrà originato . Per Hobbes la cosa più importante che debba essere garantita ai cittadini é la sicurezza , per Locke la libertà . Secondo Hobbes il principio fondamentale é l' autoconservazione ( la sicurezza ) e tutto il resto é secondario tanto da poter essere sacrificato pur di ottenere la sicurezza . Ma in concreto che diritti devo sacrificare per garantirmi la sicurezza ?

Secondo Hobbes qualsiasi diritto deve essere limitato proprio perchè la sicurezza é garantita dal fatto che si limitino fortemente tutti i diritti di tutti affidando un diritto coercitivo ad una sola persona che può decidere ciò che vuole . Ognuno si deve cioè privare dei suoi diritti in favore di un' istanza superiore che può tutto su chi si é tolto i diritti , tranne togliere il diritto di sicurezza : si é affidato il potere a questa persona proprio perchè lo garantisse . In altre parole , questa persona cui viene affidato il potere , deve essere investita di un tale potere da potere tutto tranne che togliere ai sudditi il diritto alla sicurezza . Sarebbe d' altronde ridicolo sacrificare anche il diritto di sicurezza : ho rinunciato a tutto perchè esso mi fosse garantito !

La ragione stessa , che ha condotto l' uomo fuori dallo stato di natura , gli detta alcune leggi di natura : innanzitutto ognuno deve evitare di aggredire gli altri purchè anche gli altri facciano altrettanto .

Non dobbiamo assolutamente fare violenza quando tutti sono d' accordo a non fare violenza . Esiste cioè un giusnaturalismo , ossia uno ius naturae , un diritto inscritto nella natura stessa delle cose , contrapposto allo ius positum ( diritto positivo , stabilito dai singoli Stati ) .

L' atto con cui si esce dallo stato di natura e dal giusnaturalismo per entrare nello Stato civile e nel giuspositivismo é l' emanazione di un contratto sociale , idea tipica del 1600-1700 : vari possono essere i tipi di contratti e , per esempio , quello di Hobbes é radicalmente diverso rispetto a quello di Locke : secondo Hobbes , dal momento che ad un certo momento tutti i membri di un gruppo , guidati dalla loro ragione , si rendono conto che bisogna uscire dallo stato di natura per potersi garantire la sicurezza e l' autoconservazione , ciascuno di loro rinuncia a tutti i diritti , fatta eccezione per quello alla sicurezza ( che é l' obiettivo della limitazione degli altri diritti ) ; tutti gli altri diritti naturali vengono abbandonati per garantire la sicurezza individuale e vengono affidati , come si suol dire , ad un terzo , il quale si trova a detenere un potere illimitato ( può tutto tranne negare la sicurezza ai cittadini ) e può quindi garantire la pace perchè ha poteri così grandi da comandare su ogni cosa . Nel momento in cui questo personaggio viene investito del potere , stabilisce le leggi con le quali decreta cosa é bene e cosa é male : a differenza dello stato di natura in cui bene era ciò che garantiva a ciascuno l' autoconservazione , nello Stato civile bene e male dipendono totalmente da ciò che il sovrano vuole : tra tutti i diritti di cui egli gode vi é anche quello di decretare che cosa sia bene e che cosa sia male .

Evidentemente una concezione di questo tipo fonda lo Stato assoluto , ossia la situazione in cui il sovrano ha diritti ampissimi che si estendono a tutto fuorchè alla vita dei cittadini . Ma va subito sottolineato come sovrano non sia sinonimo di monarca ; la sovranità , infatti , può essere detenuta da un' assemblea . A questo punto il sovrano può decretare ciò che é giusto e obbligare i cittadini a comportarsi di conseguenza .

Hobbes dichiara esplicitamente di nutrire grandi simpatie nei confronti della monarchia in quanto essa non porta a lotte di fazioni interne e , soprattutto , evita le guerre civili , favorendo la sicurezza . Possiamo a questo punto ricordare un' importante osservazione fatta dal filosofo novecentesco di ispirazione illuministica Norberto Bobbio : egli fa notare che in ogni epoca ci sono categorie di pensiero fondamentali che , talvolta , sono così forti da costringere a servirsi di esse anche chi non la pensa così perchè altrimenti non verrebbe compreso , visto che tutti si avvalgono di quelle categorie .

Bobbio , nel caso di Hobbes , nota come il pensatore seicentesco si serva di categorie giusnaturalistiche particolarmente in voga all' epoca per poi fornire un contenuto sostanzialmente giuspositivista ( giuspositivismo : non c' é alcun diritto naturale , ma solo diritti imposti dagli Stati ) ; in realtà Hobbes propugna tesi giuspositiviste camuffandole da giusnaturaliste : in ultima istanza ciò che é giusto o sbagliato lo é perchè lo decide il sovrano e non perchè di per sè sia giusto o sbagliato : se il sovrano decide che é giusto agire così , io suddito devo agire così senza far appello a leggi di natura . Per riprendere un interrogativo tipicamente platonico ( vedi Eutifrone ) : le cose sono sante perchè piacciono a Dio o piacciono a Dio perchè sono sante ? Hobbes , a differenza di Platone , opterebbe per la prima .

La rivoluzione inglese nacque per questioni finanziarie : il re chiese ai contribuenti una tassa extra per poter fare una guerra . Venne allora coniato il motto nessuna tassa senza rappresentanza ( no taxation without rappresentation ) : sullo sfondo c' era l' idea che la proprietà privata dei cittadini non potesse venir toccata dal sovrano ; le tasse van bene solo se quando vengono stabilite noi sudditi possiamo essere rappresentati e dire la nostra .

In altri termini , lo Stato non potrebbe metter le mani sulla proprietà privata . Hobbes si schiera a favore dello Stato e contro i cittadini che difendono l' intoccabilità della proprietà privata da parte dello Stato : potrei dire che lo Stato non ha diritto di confiscarmi la proprietà se essa fosse un diritto che sta a monte dello Stato civile ; ma nello stato di natura non c' é proprietà e tutti han diritto su tutto . Essa nasce nello Stato civile e si fonda non sul diritto naturale , ma su quello stabilito dallo Stato : é il sovrano che ha varato leggi che garantiscono il diritto di proprietà .

Ma se é lo Stato stesso che stabilisce le leggi che garantiscono il diritto di proprietà , così come le ha stabilite , può anche abolirle e confiscare la proprietà ai cittadini . Certo non potrebbe se essa stesse a monte dello Stato civile , ma così non é . Il sovrano può tutto , tranne che toccare la mia esistenza , e di conseguenza così come ha elargito dei diritti ( quello alla proprietà ad esempio ) , può anche riprenderseli . Hobbes si schiera anche contro i diritti consuetudinari , di derivazione medioevale . Si tratta di quegli antichi diritti che non sono stati decretati dal sovrano , ma sono validi per tradizione .

Tipico diritto consuetudinario é quello secondo il quale uno Stato che si annetta un territorio , deve rispettare le leggi che in esso vigono . Hobbes non nega che il sovrano possa decidere di mantenere in vigore le leggi in vigore per tradizione nel territorio annesso , tuttavia dice che se il sovrano vuole , può cambiarle : se il sovrano con una sua libera decisione stabilisce di mantenere le leggi tradizionali di quel Paese , comunque la loro validità non dipenderà dal fatto che sono antiche e che quindi pure il sovrano deve attenervisi , bensì dal fatto che é il sovrano che decide di sua iniziativa di mantenerle valide . Esse non valgono per la loro antichità , tant' é che il sovrano può cambiarle quando e come gli pare e piace .

La rivoluzione inglese nasce nel momento in cui il parlamento rimprovera al sovrano di aver rinnegato alcuni diritti tradizionali : secondo il parlamento certi diritti neanche il sovrano poteva toccarli . Ma Hobbes si schiera dalla parte del sovrano sostenendo che egli possa tutto fuorchè mettere in pericolo lo Stato stesso e i cittadini : ma quando mette in pericolo lo Stato e i cittadini , la sovranità si disfa da sola proprio perchè non più in grado di garantire la sicurezza , obiettivo per cui era stata creata . Quindi Hobbes con le sue idee ha fondato il nucleo teorico dell' assolutismo affermando due cose :

1 ) che non esiste alcun diritto prima della costituzione dello stato civile : nello stato di natura , infatti , vige il diritto del più forte e ciascuno é nemico di tutti ( homo homini lupus , dice Hobbes riprendendo le parole di Plauto ) : lo Stato civile , per severo e intransigente che possa essere , é l' unica vera fonte del diritto e così come fornisce ai cittadini alcuni diritti può anche sottrarglieli senza dover rendere loro conto ( dovrebbe se questi diritti esistessero a monte dello Stato civile ) ; se Hobbes ragiona nell' ambito dello stato naturale , come dice Bobbio , lo fa solo per poter parlare del giuspositivismo in modo che tutti possano comprendere .

2 ) Le modalità del contratto sociale previsto da Hobbes sono il fondamento stesso dello Stato assoluto : il fondamento dello Stato per Hobbes é il consenso ( e per questo egli non risultava troppo gradito alla monarchia ) ; ma il contratto per Hobbes non viene stipulato tra il futuro sovrano e tra i futuri sudditi , come dirà invece Locke : per Locke , essendo stipulato tra sovrano e sudditi , entrambi hanno dei doveri e nel momento in cui il sovrano o il popolo li trasgrediscono si devono prendere provvedimenti ( se li trasgredisce il sovrano il provvedimento é la guerra civile ) . Ma nella concezione hobbesiana , a stipulare il contratto sono solo i cittadini , che decidono di privarsi di tutti i diritti per garantirsi quello alla sicurezza : il futuro sovrano non stipula alcun contratto , egli si limita a raccogliere dei diritti abbandonati senza stipulare contratti ; non avendo stipulato un contratto , egli non deve sottostare ai dettami di tale contratto , ai quali invece debbono obbedire i sudditi che l' hanno stipulato .

Ecco allora che il sovrano é assoluto ( dal latino absolvo ) , ossia slegato dagli obblighi che invece hanno i cittadini semplicemente per il fatto che lui non ha siglato alcun contratto , ma ha raccolto i diritti di cui il gruppo si é privato e gli ha ceduto affinchè lui , col suo potere smisurato , garantisca loro il diritto alla sicurezza : ed é l' unica cosa che il sovrano deve garantire , tutto il resto dipende dal suo arbitrio . Il fatto che il sovrano sia svincolato da ogni dovere porta Hobbes a proclamare il divieto di ribellione : il sovrano , proprio perchè non l' ha stipulato , non potrà mai rompere il contratto e ogni suo atto i sudditi devono considerarlo come se compiuto da loro stessi visto che essi hanno volontariamente delegato a lui i loro diritti .

La ribellione sarebbe una contraddizione logica al pari di quando si manda qualcuno a rappresentarci in un' assemblea di condominio e noi ci opponiamo alle scelte da lui prese : gli abbiamo delegato il nostro potere e il suo volere é quindi il nostro volere . Quando il sovrano fa qualcosa é come se lo stessi facendo io suddito che gli ho affidato il potere di mia iniziativa . Ribellarsi é una contraddizione logica : é come fare un qualcosa e non voler farlo .

L' opera più famosa di Hobbes , in cui egli esprime tutte le sue teorie politiche é il Leviatano , che prende il nome da un mostro mitologico dell' Antico Testamento ; é interessante notare che oltre al Leviatano , Hobbes scrisse un' altra opera ( meno famosa ) , intitolata Behemoth : anche Behemoth é un mostro biblico , però , a differenza di Leviathan , é fortemente negativo e simboleggia la ribellione che , come detto , per Hobbes é una contraddizione logica : quindi Behemoth , la ribellione , é un mostro distruttivo , che va assolutamente vinto .

Il Leviatano , titolo dell' opera , non é altro che lo Stato stesso : nel frontespizio della prima edizione dell' opera compare un curioso disegno : un grande uomo con la corona sul capo che é a sua volta composto da tanti piccoli omini ; lo Stato per Hobbes non é altro che un insieme di corpi e , poichè il corpo é spiegabile in termini meccanicistici , così deve essere spiegato anche lo Stato ( che é un insieme di corpi , un corpo gigante composto da corpi piccoli ) : ricordiamoci che Hobbes é riduzionista . Lo Stato , ossia l' aggregazione dei cittadini , viene presentato come un mostro positivo , come un " Dio in terra " : lo Stato é quella realtà , spiega Hobbes , dalla quale , subito dopo Dio , ci si devono aspettare i beni maggiori : é un vero e proprio Dio sulla terra . Ciò non toglie che questo Dio terreno venga presentato come un mostro , dipinto cioè in termini ambigui : é sì la realtà da cui ci si devono aspettare grandi beni , ma lo é proprio perchè dotato di potere immenso ( i cittadini gli cedono tutti i loro diritti ) e Hobbes non può nascondere che sia comunque un qualcosa di aggressivo e terribile .

Ma il fatto che sia terribile non implica che debba essere evitato : é e rimane l' unico mezzo per non piombare nello stato di natura , dove vige il diritto del più forte . Questo spiega , tra l' altro , perchè Hobbes apprezzasse un "rivoluzionario" come Cromwell : ciò che conta é che ci sia un potere forte , non importa di qual natura : il potere valido é quello che c' é , purchè sia potente e purchè ci sia .

http://www.filosofico.net/hobbes105.htm



_________________
Nessuno è così schiavo come chi crede falsamente di essere libero. (Goethe)
Top
 Profilo  
 

Stellare
Stellare

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 12044
Iscritto il: 05/02/2012, 12:22
Località: Milano
 Oggetto del messaggio: Re: Il Presupposto del NWO: il Patriarcato
MessaggioInviato: 17/02/2016, 13:48 
E siccome a molti ancora non è chiaro che, parlando di patriarcato e matriarcato ci si riferisce non al "genere", ma ad elementi di tipo diverso cito direttamente uno dei principi ermetici del Kybalion.

Se leggiamo il Kybalion nel suo principio di genere apprendiamo che ogni cosa ha un genere, maschile o femminile. Questo concetto non ha a che fare con il genere sessuale. Il genere mentale è infatti slegato e indipendente dal genere fisico, o sessuale, di una persona. Il genere maschile è attivo, proiettato verso l'esterno, e la sua parola chiave è "Volontà". Il genere femminile è ricettivo, crea nuovi pensieri e idee, e la sua parola chiave è "Immaginazione". Tra i due generi deve esserci equilibrio: il maschile infatti, se non è bilanciato dal femminile, agisce indiscriminatamente tendendo al caos.


Al riguardo apro una parentesi sul rapporto Uomo (maschile) Natura (non a caso definita 'madre' = femminile)...

[:305]



_________________
Nessuno è così schiavo come chi crede falsamente di essere libero. (Goethe)
Top
 Profilo  
 

Stellare
Stellare

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 12044
Iscritto il: 05/02/2012, 12:22
Località: Milano
 Oggetto del messaggio: Re: Il Presupposto del NWO: il Patriarcato
MessaggioInviato: 24/02/2016, 14:09 
Oggi ci scandalizziamo giustamente per le mutilazioni genitali femminili adottata e praticata in molte società dell'Africa, della penisola araba e del sud-est asiatico.

Sappiamo tutti che i rapporti sessuali, attraverso questa pratica, vengono impossibilitati fino alla defibulazione (cioè alla scucitura della vulva), che in queste culture, viene effettuata direttamente dallo sposo prima della consumazione del matrimonio. Le puerpere, le vedove e le donne divorziate sono sottoposte a reinfibulazione con lo scopo di ripristinare la situazione prematrimoniale di purezza. I rapporti diventano dolorosi e difficoltosi, spesso insorgono cistiti, ritenzione urinaria e infezioni vaginali. L'asportazione totale o parziale degli organi genitali femminili esterni è praticata con lo scopo di impedire alla donna di conoscere l'orgasmo derivante dalla stimolazione del clitoride, riservandolo al solo atto sessuale.

Non è anche questo una accezione possibile del termine FEMMINICIDIO?! Ovvero colpire una donna soltanto perché tale?

E non pensate che sia una questione che non riguardi anche la nostra cultura.

Alla metà del XVI secolo un professore di anatomia veneziano di nome Matteo Realdo Colombo incappò in una misteriosa protuberanza tra le gambe di una paziente, di nome Inès de Torremolinos, protuberanza che, se veniva toccata delicatamente, aumentava di dimensioni e produceva nella donna strani spasimi nervosi.

Dopo aver esaminato decine di altre donne, Colombo riferì con orgoglio al preside della Facoltà di Medicina la scoperta della clitoride.

Come narrato nel libro di Jonathan Margolis in O:storia intima dell'orgasmo il professore fu ricompensato di lì a pochi giorni con l'arresto e fu messo sotto processo con l'accusa di eresia, blasfemia, stregoneria e satanismo e i suoi manoscritti furono confiscati.

Con l'avvento della Santa Inquisizione, qualche decennio più tardi, il clitoride fu soprannominato “il capezzolo del diavolo” e se una donna o una ragazza fosse stata scoperta ad averne uno insolitamente grande, questo era sufficiente per farla condannare al rogo come strega.

Sembrano passati centinaia di anni dall'orrore dell'Inquisizione, eppure, prima ancora della guerra alla droga, al terrorismo, o al cancro, molte delle risorse della nostra opulenta società patriarcale post-agricola sono investite nella guerra alla libertà e al desiderio sessuale, in particolare a quello femminile.

E' una guerra che dura da migliaia di anni ed è forse la madre di tutte le guerre, e non può neppure essere vinta, perché il nemico dichiarato è una forza della natura, è come combattere la legge di gravità, o i cicli lunari o lo scorrere del tempo.

Ed è ancora una volta la donna a sostenere i costi più elevati di questo assurdo conflitto e a dover reprimere la naturale tendenza verso una sessualità libera e soddisfacente.

Quelle poche donne che hanno avuto il coraggio di rinunciare alla schiavitù del decoro e della pudicizia socialmente imposte sono state e sono tutt'oggi umiliate, insultate, abbandonate, picchiate e uccise dai loro compagni, separate dai loro figli, bandite, bruciate come streghe, patologizzate come isteriche, sepolte fino al collo nella sabbia del deserto e lapidate.

Nel trattato Psychopatia Sexualis pubblicato nel 1886 il neurologo tedesco Von Krafft-Ebing dichiara: “Se la donna è normalmente sviluppata mentalmente e bene educata, il suo desiderio sessuale è scarso. Se così non fosse il mondo intero diventerebbe un bordello e il matrimonio e la famiglia impossibili!”

Articolo ampiamente tratto dal libro In principio era il sesso di Christopher Ryan e Cacilda Jethà


Non la vedete l'opera del patriarcato in questo tipo di ragionamenti?

Non lo vedete l'effetto nefasto che ha prodotto nel mondo a livello antropologico-culturale tale per cui alcuni nemmeno sono più in grado di riconoscerlo nei propri comportamenti quotidiani e/o atteggiamenti?



_________________
Nessuno è così schiavo come chi crede falsamente di essere libero. (Goethe)
Top
 Profilo  
 

Galattico
Galattico

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 22325
Iscritto il: 08/07/2012, 15:33
 Oggetto del messaggio: Re: Il Presupposto del NWO: il Patriarcato
MessaggioInviato: 24/02/2016, 19:39 
Io ci vedo solo tanta stupidità. E' gente che mai e poi mai dovrebbe avere diritto di tramandare i proprio corredo genetico alle successive generazioni continuando ad infettare la nostra specie :)



_________________
la prima religione nasce quando la prima scimmia, guardando il sole, dice all'altra scimmia: "LUI mi ha detto che TU devi dare A ME la tua banana. (cit.)
Top
 Profilo  
 

Stellare
Stellare

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 12044
Iscritto il: 05/02/2012, 12:22
Località: Milano
 Oggetto del messaggio: Re: Il Presupposto del NWO: il Patriarcato
MessaggioInviato: 29/02/2016, 16:33 
Pochi libri ci obbligano a ripensare un intero periodo storico. "Calibano e la strega" è uno di questi. Ripercorrendo da un punto di vista femminista tre secoli di storia - dalle lotte contadine e i movimenti eretici del medioevo alla caccia alle streghe del XVI e XVII secolo in Europa e nel 'Nuovo Mondo' il libro offre una nuova visione sintetica dei fattori che hanno portante all'avvento del capitalismo, evocando un mondo di eventi, politiche e soggetti sociali assenti nella visione marxista della 'transizione' e ponendo allo stesso tempo le basi per una nuova lettura dei contemporanei processi della globalizzazione.

http://www.ibs.it/code/9788857530291/fe ... donne.html

Colpire le donne è colpire la comunità
http://comune-info.net/2016/02/colpire- ... -comunita/



_________________
Nessuno è così schiavo come chi crede falsamente di essere libero. (Goethe)
Top
 Profilo  
 

Stellare
Stellare

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 12044
Iscritto il: 05/02/2012, 12:22
Località: Milano
 Oggetto del messaggio: Re: Il Presupposto del NWO: il Patriarcato
MessaggioInviato: 02/03/2016, 14:26 
Vi segnalo all'interno di questo thread il seguente evento a cui ho intenzione di assistere...

Sabato 26 Marzo 2016 e.v. alle ore 21,15 presso i locali del Centro Studi e Ricerche C.T.A. 102 - Via Don Minzoni 39, Bellinzago Novarese (NO) - nell’ambito delle serate dedicate ai “Dialoghi di Esoterismo”, la nostra Associazione ha il piacere di proporvi un interessantissimo incontro con CORINNA ZAFFARANA (Soror A.X.E.L.), la quale parlerà sul tema:

“LA DONNA IN THELEMA E NELLE TRADIZIONI ESOTERICHE”

_n.jpg



Lo status della donna, nel passaggio del mondo della collettività al mondo dell'individuo, muta. Cosi, alcune Tradizioni Iniziatiche europee - pur professandosi distaccate dalle influenze della società del tempo per puntare a un cammino aristocratico - hanno, nei secoli, ripercorso la dissociazione della donna dalla possibilità di una evoluzione spirituale, facendo di essa solamente un simbolo (a volte positivo, a volte negativo) e mai riconoscendone la semplice umanità.

Molte altre Tradizioni, soprattutto non europee, non sono invece cadute nell'errore di confondere la Coscienza con una conformazione biologica ed hanno da tempo immemore aperto parimenti le loro porte all'evoluzione di ogni essere umano, indipendentemente dalla razza o dal genere.

Thelema, sintesi elevatissima di Esoterismo europeo, tradizioni orientali e sciamanismo, fin dalla sua origine riconosce la Donna come parte del Divino ma, concependo il Divino nel cuore di ogni Individuo e non all'esterno di esso, non si limita a cristallizzarla in un veicolo divino e allegorico, ma ne riconosce nel suo stato umano la dinamicità dell'evoluzione e la potenzialità iniziatica, senza distinguere il suo diritto, il suo dovere e le sue possibilità da quelle di un maschio.

Da cosa nasce la discriminazione della donna? Da cosa nasce la sua emancipazione nella società odierna occidentale? Qual è l'aspetto divinizzato della donna in Thelema? Qual è il senso dell'Eone di Iside e dell'Eone di Maat, nella filosofia della storia di Thelema? A queste e altre domande cercheremo di rispondere tramite una conferenza tenuta da Corinna Zaffarana (Soror Axel), iniziata del ramo italiano dell'A∴A∴-S∴O∴T∴V∴L∴- docente di storia e studiosa di storia dell'Esoterismo.

Anche questa una volta il nostro Centro si pregia di invitarvi ad un incontro straordinario a cui, naturalmente, non dovete assolutamente mancare!

La partecipazione a questa serata è soggetta a Tesseramento A.S.I. ed è obbligatoria la prenotazione da effettuarsi chiamando il numero 3803149775 o scrivendo a: cta102@cta102.it

Si precisa inoltre che la sola adesione all’evento effettuata su Facebook non è considerata una prenotazione valida.

Per i nostri Associati che volessero seguire la conferenza a distanza sarà naturalmente disponibile il collegamento in streaming video.



_________________
Nessuno è così schiavo come chi crede falsamente di essere libero. (Goethe)
Top
 Profilo  
 

Stellare
Stellare

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 12044
Iscritto il: 05/02/2012, 12:22
Località: Milano
 Oggetto del messaggio: Re: Il Presupposto del NWO: il Patriarcato
MessaggioInviato: 03/03/2016, 10:39 
Le culture indigene: il ruolo della donna, la relazione con la natura

Due dei relatori del convegno internazionale "Culture indigene di pace", di cui Italia Che Cambia è media partner, ci anticipano i temi della rassegna, soffermandosi in particolare sul ruolo della donna e sul rapporto paritario e armonioso con la natura di questi popoli con radici lontane.

«Le società matriarcali sono culture di pace, sostenibili, egualitarie e orizzontali», un modo diverso di vivere, in armonia con la natura, con la Madre Terra e tutti gli esseri viventi. In vista del prossimo convegno internazionale Culture indigene di pace: i sentieri della Terra, organizzato dall’associazione Laima, che si terrà a Torino dal 18 al 20 marzo, ne abbiamo parlato con Daniela Degan, responsabile del laboratorio introduttivo al convegno “Un passo oltre” e della chiusura dell’evento, e con Alberto Castagnola, che terrà una relazione su “Donne e Uomini gilanici per una società radicata nella Terra. Avviare la transizione”. Entrambi collaborano da anni con l’associazione Laima.

Immagine

Parlando della relazione fra umanità e natura, quali sono gli aspetti principali su cui bisognerebbe intervenire oggi per riequilibrare tale rapporto?

Alberto Castagnola: «È necessario rivolgerci nuovamente alla Natura nella quale siamo inseriti e percepire nuovamente l’attrazione dei sistemi vitali che la compongono. Si tratta di interrompere, magari all’inizio solo per brevi momenti, i ritmi frenetici che ci travolgono e riscoprire i rumori, i suoni, i colori, le atmosfere di un bosco o di un corso d’acqua, di una spiaggia o di una collina, di un parco urbano o di una strada alberata. E cominciare a porci delle domande, molto elementari: cosa ci piace? Abbiamo voglia di toccare o di immergere una mano? C’è qualcosa che sta per fiorire? Cosa posso fare con le foglie cadute?

Se prendiamo l’abitudine di passare del tempo nel verde o di fare una passeggiata in montagna, possiamo cominciare a intravedere l’avvicendarsi delle stagioni e i mutamenti di colori e profumi. In alcuni posti non lontani dai luoghi delle nostre attività, si possono talvolta avvistare dei nidi o dei piccoli animali. Altre domande possono venire in mente: so riconoscere il nome di un albero o di un fiore? Qualche pianta è commestibile o ha effetti medicamentosi? Cosa si può portare a casa e cosa si deve lasciare intatto al suo posto? Ho dello spazio per far crescere una pianta in casa o sul posto di lavoro?

Se decidiamo di andare due o tre volte ogni mese a visitare territori particolarmente caratterizzati da preesistenze naturali attraenti (un parco o una riserva, una villa con un giardino storico, la zona di una produzione tipica, un’isola poco abitata), oppure di frequentare famiglie amiche che vivono fuori città, i nostri orizzonti naturali possono espandersi e magari abbiamo intenzione di leggere una poesia o un libro, che illustrano piante o descrivono animali selvatici. La nostra sensibilità, così stimolata, dovrebbe cogliere la complessità e la delicatezza dei processi biologici di riproduzione ed evoluzione, cercare le immagini delle danze di corteggiamento dei grandi vertebrati e la struttura multiforme degli organismi pluricellulari che abitano nei mari e nei terreni. Molti potrebbero finalmente cogliere le affinità che ci legano agli altri animali e il ruolo essenziale che svolgono colture come i cereali o le frutta nella nostra esistenza.

Ora siamo coscienti che ogni cibo di cui abbiamo bisogno ha origini in Madre Natura, anche se poi le trasformazioni industriali continuano a far aumentare i rischi derivanti da alimenti che possono contenere residui di pesticidi, da carni lavorate piene di conservanti, da frutta trattate con prodotti chimici. Intervenire sulla qualità dei cibi e sulla assoluta sicurezza che deve essere garantita comporta una serie di azioni protratte nel tempo, ma è un compito che ciascuno può cominciare a svolgere e al quale deve essere attribuita la massima priorità.

Immagine

Ma come sarà ben presto evidente, è l’intera gamma delle relazioni che può mutare radicalmente, sia tra gruppi di persone che nei confronti di tutto l’ambiente nel quale si vive e si lavora. Il riequilibrio dei meccanismi biologici e naturali non può avvenire senza una partecipazione attiva di tutte le popolazioni coinvolte. Possono cambiare anche le relazioni familiari, ad esempio con i figli che si assumono la responsabilità di garantire i comportamenti innovativi e corretti. Anche il tessuto economico può esserne profondamente mutato, con una parte crescente degli scambi che può diventare non più monetizzata (prevalere dei doni, del baratto e della cura reciproca e intergenerazionale) e con il diffondersi di logiche di scambio non più dominate dalla ricerca del profitto ma tendenti a favorire in ugual misura tutti i partecipanti alla produzione e al consumo.

Tutti i processi fin qui sommariamente descritti sono stati ispirati dalla visione di una presenza delle donne nei rapporti sia sociali che economici e con la Natura, ben diversa di quella attuale, ma che senza dubbio caratterizzava epoche storiche e preistoriche più lontane, quando la produzione industrializzata ancora non esercitava i suoi perniciosi effetti. Molte sono le prove e le evidenze che nella fase precedente a quella che si è convenuto di chiamare storica (diciamo fino al 3000 p.e.c), le donne svolgevano compiti essenziali per la sopravvivenza analoghi a quelli assunti dagli uomini. Molte invenzioni sono state con ogni probabilità opera delle donne, molto impegnate a garantire l’alimentazione, in particolare quella dei figli, e quindi in contatto continuo con l’ambiente naturale e le sue molteplici risorse che attendevano di essere individuate e sperimentate. Molti archeologi descrivono società pacifiche, che lavoravano già i metalli ma non forgiavano armi, che vivevano in villaggi con migliaia di abitanti».

Immagine

In che modo vi proponete di incidere sulla vita quotidiana delle donne e degli uomini in Italia?

Daniela Degan: «Penso che il mio compito sia narrare ciò che è stato tenuto nascosto, una società egualitaria e solidale che è esistita ma che la storia non ci ha raccontato. Siamo state abituate a far iniziare lo studio della storia a partire dagli assiri e da lì in poi le figure fondamentali sono gli eroi, i guerrieri e poi i re. Invece delle archeologhe, in primis Marija Gimbutas, hanno avuto l’intuizione di andare a studiare le società del neolitico nelle quali i reperti archeologici ci dicono che è esistita una società matrilineare e matrifocale nella quale il ruolo delle donne non era ancora quello imposto dal sistema patriarcale. Si tratta di società fondate sul principio della solidarietà, della nonviolenza, in cui non esistevano la gerarchia, l’autorità, il principio dell’accumulazione e si rispettavano le risorse.

Il mio immaginario mi porta a credere che, se questo è stato, se l’umanità è stata in grado di vivere senza l’aggressività, è ancora possibile trovare una giusta distanza dalla guerra e dalle violenze degli uomini su altri uomini e su tutte le donne. Sapere che questo, nel passato dell’umanità, è stata la realtà di vita quotidiana mi porta ancora più fortemente a credere che ci sia bisogno della consapevolezza degli individui di farsi carico di questa necessaria e straordinaria trasformazione. La crisi diventa quindi solo una interruzione della ossessione del consumare illimitato e di conseguenza una occasione preziosa (di portata storica, direi, vista la necessità urgente di salvare il pianeta dall’uso smisurato delle risorse naturali) per reintrodurre una visione al femminile nei tanti modelli di vita sensata. Posso mostrare quest’altra ipotesi attraverso i laboratori, gli incontri in radio, gli scritti, il pensiero e l’azione, consapevole tuttavia che non necessariamente potrò incidere quantitativamente».

http://www.italiachecambia.org/2016/03/ ... na-natura/



_________________
Nessuno è così schiavo come chi crede falsamente di essere libero. (Goethe)
Top
 Profilo  
 

Stellare
Stellare

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 12044
Iscritto il: 05/02/2012, 12:22
Località: Milano
 Oggetto del messaggio: Re: Il Presupposto del NWO: il Patriarcato
MessaggioInviato: 06/03/2016, 12:14 
Sciamane e Sacerdotesse

Immagine

Una donna conscia del suo ciclo, delle sue energie, acquisisce consapevolezza dei livelli invisibili della vita. Ella mantiene un collegamento intuitivo con le energie della vita, della nascita, della morte e percepisce la divinità nella terra e in sé stessa.
Per mezzo di questa consapevolezza la donna interagisce non solo con ciò che è visibile e di questo mondo ma anche con gli aspetti invisibili e spirituali della vita. Era attraverso questo stato alterato di coscienza mensile che le sciamane, le donne di medicina, e più tardi le sacerdotesse, portavano energia, ispirazioni e unione tra il divino e il mondo manifesto e la comunità. Guarigione magia, profezia, insegnamento, ispirazione e arte della sopravvivenza provenivano dalla sua capacità di percepire entrambi i mondi, di viaggiare e fare esperienze nell'uno e nell'altro.

L'aumento del predominio maschile nella società, nella religione, portò al declino dello status della donna sciamana e della sacerdotessa al punto che gli uomini si sostituirono completamente in questi ruoli. La figura della sacerdotessa fu repressa in modo così sistematico e completo che la posizione attiva della donna nelle religioni istituzionalizzate sparì completamente.

Il lavoro di queste donne sagge o streghe continuò in modo sotterraneo rappresentando l'ultimo legame con le antiche religioni matriarcali. La strega del villaggio conosceva la magia della natura, l'arte di guarire in delle giuste relazioni ed era in grado di interagire con il suo ciclo mestruale, il periodo del suo sé intuitivo e interiore. Ella offriva aiuto e guida nel passaggio dalla vita alla morte, iniziava e trasformava attraverso i riti di passaggio e conduceva rituali estatici per attirare e trasmettere fertilità,ispirazione e unità alla sua gente. La strega del villaggio bilanciava la società e la religione dominate dai maschi, con la coscienza e l'energia femminile.

Sfortunatamente i poteri femminili erano visti come una chiara minaccia alla struttura maschile della società e infatti le persecuzioni medioevali distrussero quasi completamente la tradizione magica delle "donne sagge" o streghe. Attaccando le streghe i persecutori si resero conto che esse avevano realmente dei poteri ma la vera distruzione della loro tradizione derivò, piuttosto, dalla negazione, che avvenne in seguito da parte della società, di questi poteri. La strega divenne oggetto di scherno, ritratta nei libri per bambini e nel periodo di Halloween come personaggio grottesco e comico.

Le punizioni inflitte nei tempi antichi e, in seguito, l'indottrinamento indotto con la paura e la vergogna, indussero le donne a non mostrare le capacità e le aspirazioni che avrebbero potuto portare a un risveglio della tradizione. Le conseguenze della caccia alle streghe si ritrovano ancora oggi nella mancanza pressoché totale di insegnamenti spirituali riconosciuti, di archetipi e di tradizioni che facciano conoscere alle donne la natura e l'energia del femminile nella mancanza di indicazioni per il loro uso.

Il risultato derivante dall'aver negato alle donne la pratica attiva nella spiritualità, è l'accettazione, da parte delle stesse donne,della religione strutturata e dominata dai maschi, senza più avere alcun riferimento o una vaga idea della loro innata spiritualità. Per diventare conscia di questa spiritualità una donna dovrebbe rimanere al di fuori della religione maschile riconosciuta e dalla maggior parte delle comunità religiose, cosa alquanto difficile se è cresciuta in un simile contesto senza alcun concetto alternativo; sarebbe un'esperienza piuttosto alienante per mancanza totale di guida e di tradizioni.

La disgregazione della spiritualità femminile è relativamente recente rispetto alla storia dell'umanità, ma fu così profonda che se ne possono trovare tracce soltanto nel folklore occidentale, nei reperti archeologici, nei miti e nelle leggende.

Nel ventunesimo secolo il riconoscere alle donne uno stato sociale sempre più parificato a quello dell'uomo, ha portato con sé un accresciuto bisogno di esprimere la spiritualità al femminile in una forma riconosciuta. A causa della pressione delle donne, alcune Chiese cristiane le hanno accettate nel ruolo di sacerdote; ma anche se ciò riconosce a esse la coscienza spirituale, nega loro la femminilità.

L'uso del termine "donna sacerdote" invece di quello di sacerdotessa rende la donna un "maschio onorario", non tenendo in considerazione la natura femminile e i poteri che incarna. Una donna non può essere un prete in virtù della sua femminilità ma è proprio questa che la lega alla coscienza del divino, ai ritmi della vita e dell' universo. Il sacerdozio offre alle donne un ruolo spirituale riconosciuto ma non conferisce nulla di più. Esistere come essere spirituale è una qualità innata nella natura e nel corpo di una donna. La capacità della sacerdotessa, della donna saggia, della sciamana o della strega di mediare i poteri del divino, è insita, in potenza, in tutte le donne e deriva dalla coscienza di sé.

Diventare sacerdotessa significa cercare dentro. L'immagine della donna che tiene un calice ha un significato diverso da quello dell'uomo nella stessa posizione,che ciò venga riconosciuto consciamente o inconsciamente; forse è questo che spaventa gli uomini quando pensano che le donne li potrebbe sostituire nei ruoli della “loro” religione. C'è il bisogno di risvegliare entrambe le polarità, che dovrebbero essere equilibrate e compatibili, accettate entrambe nei loro diritti. Il mito del maschio e il mito della femmina non sono uguali ma neanche separati; sono, anzi, legati strettamente assieme in armonia ed equilibrio.

Nel passato la natura lunare delle donne era riconosciuta come dimostrazione del legame tra queste e l'universo. Attraverso il suo corpo la donna sperimentava inconsciamente l'unità di tutto il creato, la mancanza di distinzione tra il divino e la creazione e i cicli della vita e della morte e della rinascita. Questa presa di coscienza manca nella società moderna ed è difficile comprenderla a meno di sperimentarla direttamente attraverso il corpo per le donne e attraverso le donne per gli uomini. Nella società di oggi non c'è posto per le danze estatiche, per la spiritualità espressa con la sensualità e il corpo, per gli oracoli e per le profezie.

La società è tagliata fuori dai poteri del femminile, dall'ispirazione e dall'empatia che portano con sé crescita e comprensione, il superamento della paura della morte e l'unità di mente, corpo, creato e il divino. La recente conquista del mondo maschile da parte delle donne ha portato a loro solo un progresso intellettuale svuotato della comprensione intuitiva e della creatività che e la base della loro natura. Non ci sono archetipi o tradizioni a guidare le donne nei loro bisogni e nelle loro capacità all'interno delle nuove aree di lavoro ed esperienza. E’ quindi di importanza vitale che le donne rimedino a questa lacuna e acquistino riconoscimento nella società per tutti gli aspetti della loro natura.

Lo sviluppo e la comprensione di ogni singola donna e importante e quindi e altrettanto importante che essa sia guidata nel passaggio dall'infanzia alla maturità. La società moderna ha perso molti dei suoi riti di passaggio, perciò se la società intende riappropriarsi dei doni del femminile è necessario ripristinare i riti di iniziazione della pubertà, i riti stagionali e lunari e quelli di trasformazione per la nascita e per la morte. Se vogliamo che la tradizione delle donne venga ristabilita è necessario scrivere storie e creare nuovi miti, cantare canzoni e far nascere nuovi archetipi. Questo risveglio potrebbe riconnettere le donne con la loro natura completa e offrire consapevolezza alle future generazioni, nella speranza che non si perdano mai più. Tuttavia la cosa essenziale è creare un posto nella società per la donna sciamana, la donna saggia, la sacerdotessa dell'oracolo, la strega, la donna di medicina.

Nel racconto "Il risveglio", Eva capisce di appartenere a due mondi e di avere la capacità di viaggiare tra essi. Portando il velo rosso delle mestruazioni acquisisce i poteri e la natura del divino femminile e questa responsabilità accompagna il suo risveglio alla comprensione della sua vera natura. Per le donne moderne che non hanno la comprensione del loro ciclo, le mestruazioni sono una scusante per comportamenti considerati anomali ma persino quelle che lo comprendono sono incapaci di accettare la responsabilità che ne deriva perché la società non lascia comunque esprimere la loro vera natura.

http://www.iltempiodisophialuna.it/scia ... cerdotesse



_________________
Nessuno è così schiavo come chi crede falsamente di essere libero. (Goethe)
Top
 Profilo  
 

Stellare
Stellare

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 12044
Iscritto il: 05/02/2012, 12:22
Località: Milano
 Oggetto del messaggio: Re: Il Presupposto del NWO: il Patriarcato
MessaggioInviato: 08/03/2016, 13:12 
In principio le madri. Heide Goettner-Abendroth, Le società matriarcali. Studi sulle culture indigene del mondo
di Maria Cecilia Barbetta

Heide Goettner-Abendroth, Le società matriarcali. Studi sulle culture indigene del mondo, Roma, Venezia, 2013 (Collana Le Civette Saggi)

Il termine “matriarcato” è spesso accompagnato da molti malintesi, in riferimento sia alla parola stessa sia alle culture che descrive. Data la somiglianza linguistica, le società matriarcali sono spesso intese come immagini speculari di quelle patriarcali, considerate come “dominio”: un dominio che fa sì che una minoranza si sostituisca ad un’intera cultura, esercitando un potere che deriva da strutture impositive, proprietà privata, conquiste coloniali, conversioni religiose.

Società matriarcali di tal genere non esistono e non sono mai esistite. “Matriarcato” non significa “dominio di donne”; indica, invece, società create dalle donne: sono società egualitarie di genere, dove la funzione delle donne è centrale, ma è la collaborazione sociale dei due sessi che regola il funzionamento generale della società stessa e la libertà dei due generi. Il sapere economico, politico, sociale e culturale di queste società create da donne è mantenuto, sviluppato e tramandato da donne e uomini in egual misura.

Il significato più antico della parola greca ᾀρχή (arché) è “inizio”, “principio”, “cominciamento”. Da non confondersi con l’altro significato, che pure ha, di “dominio”, “comando”, “governo”, “signoria”, “regno”. I due concetti sono distinti e non possono essere sovrapposti.

“Matriarcato” significa dunque “all’inizio le madri”, «alludendo con ciò sia al dato biologico che le donne generano l’inizio della vita tramite il parto, sia al dato culturale che l’inizio della civiltà è stata creata da loro» (p. 8). Le madri danno origine al gruppo, alla generazione futura e dunque alla società: «le madri sonochiaramente l’inizio; nel matriarcato non hanno bisogno di imporre il loro ruolo con la dominazione» (ibid.). Non, dunque, un rovesciamento del patriarcato, come spesso erroneamente si intende, ma società basate su valori materni, come il prendersi cura, il nutrimento, la pace attraverso la mediazione. Sono valori che valgono per tutti: per chi è madre e per chi non lo è, per le donne e per gli uomini, per gli esseri umani e per la natura di cui fanno parte. Società orientate verso il bisogno, invece che verso il potere.

Con questa premessa limpidamente chiarificatrice inizia il libro della filosofa tedesca Heide Goettner-Abendroth: Matriarchal Societies. Studies on Indigenous Cultures across the Globe (New York, Peter Lang Publishing, 2012. Il libro era stato pubblicato per la prima volta in lingua tedesca, nel 1988-2000, da Kohlhammer Verlag, Stuttgart), il primo dell’Autrice che sia stato ora tradotto in italiano (trad. di Nicoletta Cocchi e Luisa Vicinelli).

Heide Goettner-Abendroth, nata nel 1941, dopo aver conseguito il Dottorato di ricerca in Filosofia nel 1973 presso l’Università di Monaco, con una tesi nell’ambito della teoria della scienza, ha insegnato per dieci anni Filosofia moderna presso la stessa sede universitaria. Ma si sentiva costretta in un mondo ed in una lettura del mondo che non la includeva come donna: quel sistema filosofico euroccidentale che si riflette anche nell’uso linguistico, dove “essere umano” e “uomo” sono interscambiabili, presupponendo la valenza anche per l’identità femminile e, di fatto, escludendola totalmente.

Fu sorpresa nel rintracciare nell’epoca storica che ha preceduto la civiltà europea greca e romana un mondo ed un modo di pensare che includesse la donna ed iniziò ad analizzare i modelli sociali e mitologici delle culture prepatriarcali europee, mediterranee e mediorientali. Ma di quelle antiche culture dell’Europa, del Mediterraneo e del Medio Oriente restano solo frammenti, spesso distorti da interpretazioni relativamente recenti.

Il suo interesse, più che storico, è invece per la vita attuale e contemporanea; le sue indagini sono «focalizzate su come la gente vive e si comporta, fa festa e politica nelle società matriarcali» (p. 11). Iniziò dunque a considerare, ed a frequentare, altre popolazioni, geograficamente distanti dall’Europa e dal Mediterraneo, dove trovò numerose testimonianze di società matriarcali. Si recò presso il popolo dei Mosi, nel sud-ovest della Cina, i Khasi, nell’India nordorientale; in alcune zone del Nepal, del Tibet, della Corea, in alcune isole del Giappone, in Indonesia, in Oceania e in Polinesia, presso alcuni popoli del sud, centro e nord America; nell’Africa centrale e occidentale e presso i Tuareg del nord.

Lentamente, viaggio dopo viaggio, iniziò a delinearsi in lei una prospettiva molto diversa della società e della storia: dalla descrizione strutturale delle società che andava conoscendo emergevano delle linee fondanti di quello che lei definisce il paradigma del matriarcato. Un paradigma che non è circoscritto alla condizione delle donne e non alimenta antagonismi essenzialisti; si rivolge invece alla struttura complessiva della società: donne e uomini, vecchi e giovani, natura umana e non umana.

In questo libro Heide Goettner-Abendroth non solo racconta le sue conoscenze storico-culturali, maturate vivendo all’interno delle società indigene di cui parla, scoprendone la struttura profonda, ma inizia anche a costruire una teoria, una forma teoretica che consenta di riconoscere una società matriarcale quando la si incontra, che consenta dunque di descriverla in modo adeguato.

Dopo un’introduzione generale sulla filosofia e metodologia degli studi matriarcali moderni ed un capitolo di storia critica del pensiero sul matriarcato, il libro si dipana in altri 17 capitoli, ognuno dei quali è dedicato all’analisi di una specifica società e termina con un paragrafo invariabilmente intitolato «Per comprendere la struttura delle società matriarcali (continua)». Qui vengono messe in evidenza alcune linee fondamentali, in relazione alla singola popolazione considerata, in considerazione dell’aspetto economico, di quello sociale, di quello culturale, politico, religioso. Una sorta di “costruzione teoretica” che si forma a puntate, basandosi su racconti ed esperienze concrete, che è fondata su lunghi anni di ricerca sistematica, ma è tuttora “aperta”, destinata a svilupparsi ulteriormente [come indica esplicitamente la parola «continua» posta anche al termine dell’ultimo capitolo di testo (p. 632)]. Segue, prima della Bibliografia, un ampio Glossario(pp. 637-655), di specifico e particolare interesse.

Si delinea così la “definizione strutturale” di matriarcato, una definizione chiara e sistematica che si sviluppa in modo induttivo a partire dall’indagine analitica di queste società.

Alcuni degli elementi fondanti, comuni alle diverse società, possono essere così parzialmente sintetizzati: a livello economico, le società matriarcali creano un’economia bilanciata; le donne distribuiscono i beni e ricercano sempre la mutualità economica; è un’economia che ha caratteristiche in comune con “l’economia del dono”. Vengono perciò definite società di mutualità economica basate sulla circolazione dei doni.

A livello sociale, sono società orizzontali, non gerarchiche, di discendenza matrilineare.

A livello politico, si basano sul consenso, che produce uguaglianza non solo di genere, ma nell’intera società. Vengono definite società egualitarie di consenso.

A livello religioso e culturale sono caratterizzate da una profonda attitudine spirituale che permea ogni aspetto della vita; tutto il mondo è considerato divino ed ha origine nel divino femminile; questo dà vita a una cultura sacra. Vengono perciò definite società e culture sacre del divino femminile.

Sulla base delle indagini condotte su specifiche società, viene quindi sviluppata e continuamente ampliata una definizione strutturale che formuli le interrelazioni intrinseche che connettono tutte le parti di quella data società, le interconnessioni interne e la loro integrazione, restituendone un insieme coerente. È un lavoro interdisciplinare, dall’antropologia, all’insieme delle scienze umane e sociali, ad alcune branche delle scienze naturali, alla filosofia; qui l’accento non viene posto sulla specializzazione, bensì sul riconoscimento e l’integrazione delle connessioni storiche e sociali.

Di grande interesse, e in parte complementari, sono gli studi dei ricercatori indigeni che analizzano la loro società avanzando motivate critiche al modo frammentario e degradante con cui la scienza coloniale si è spesso rapportata alle loro culture e mettendo il loro sapere al servizio delle lotte per l’autodeterminazione dei popoli, l’identità culturale, i diritti alle terre. In tali contesti, la tradizione orale non è da meno delle fonti storiche scritte e delle testimonianze archeologiche.

Sono molteplici, dunque, le prospettive di approccio per le quali l’originale ricerca di Heide Goettner-Abendroth riveste un interesse vivissimo. Non ultimo il punto di vista politico, per cui si intreccia con gli intenti di vari movimenti alternativi all’ideologia patriarcale nei suoi tentacolari aspetti: dal femminismo, presente in ogni continente, con la considerazione delle donne come soggetti agenti nella società e nella storia; a tutte le concezioni alternative alle politiche del profitto e della globalizzazione capitalista, alternative alla crescente violenza e militarizzazione delle nostre società.

Si tratta di un cambiamento completo di prospettiva: non da una teoria “universale” alla sua applicazione, ma una struttura teoretica, fondata sulle strutture di base, che apre una molteplicità di compiti ulteriori e che può essere perciò ulteriormente e proficuamente sviluppata da altri. Un nuovo campo della conoscenza che tocca il contenuto di tutte le scienze culturali e sociali; uno strumento scientifico per una rivisitazione della storia culturale del genere umano che, eliminando le distorsioni apportate dal pregiudizio patriarcale, consenta di sviluppare una nuova interpretazione della storia umana: non una storia di dominio, una storia vista dall’alto, dalla prospettiva dei dominatori, ma una prospettiva dal basso, dalla storia delle donne, delle classi più basse, dei popoli indigeni: storia delle subculture e delle culture marginali, che si combina con una economia del dono e di sussistenza locale e regionale che dà indipendenza economica alle persone.

Affinché una nuova visione del mondo, basata sulle più antiche e durevoli tradizioni matriarcali, entri a far parte della coscienza pubblica, per rendere la saggezza matriarcale, basata sulla cura reciproca e l’amore, uno stile di vita fruibile per il presente. Ciò che è stato, ciò che ancora è, sia pure in forma minoritaria, potrà ancora essere, se si studia e si lavora in questa direzione; sfuggendo alla crescente frammentazione e competizione delle nostre società, ad un’economia basata sull’ulteriore aumento della grande industria, delle espansioni militari, del profitto: una direzione, questa, che sta portando solitudine ed infelicità per i singoli, potenziale distruzione per l’intera vita sulla terra.

http://www.diotimafilosofe.it/larivista ... del-mondo/



_________________
Nessuno è così schiavo come chi crede falsamente di essere libero. (Goethe)
Top
 Profilo  
 

Stellare
Stellare

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 12044
Iscritto il: 05/02/2012, 12:22
Località: Milano
 Oggetto del messaggio: Re: Il Presupposto del NWO: il Patriarcato
MessaggioInviato: 23/09/2016, 14:47 
Riporto all'attenzione questo topic, che per me è molto significativo per i presupposti indicati nel post di apertura, con la seguente riflessione, tratta dall'articolo suggerito al termine.

Le grandi religioni risentono dell’epoca, dei luoghi in cui sono nate. Di regola, epoche lontane ma ugualmente maschiliste, per usare una terminologia odierna. I grandi fondatori delle religioni, dal Profeta a Gesù Cristo, in più modi mostrano di voler mutare la situazione. Propongono nuovi spunti interpretativi, danno alle donne più dignità e più spazio. Però questi orientamenti si perdono. Il ruolo delle donne vive una forte discriminazione. Come mai?

Io credo che ciò avvenga perché subentrano poi diversi comunicatori di queste verità, in una prima fase, subito dopo la “rivelazione”; comunicatori che sono, appunto, prevalentemente uomini. Seguirà poi una serie di esegeti, di interpreti: di regola, tutti uomini, nell’ambito dell’Islām come del Cristianesimo: dagli evangelisti ai principali comunicatori come un S. Paolo, il cittadino romano che scrive a popolazioni lontane e comunica con grande efficacia il nuovo credo. Un San Paolo che fa sì che una piccola religione locale divenga, col tempo, una grande religione universale. Un Paolo di Tarso per il quale le donne sono, nel migliore dei casi, in quanto mogli, un rimedio alla concupiscenza: la sessualità è spesso temuta, all’interno delle religioni. Esorcizzata, per quanto possibile. E le donne arretrano. Perdono centralità e visibilità. Sono, ancora una volta, spinte ai margini. Sottomesse a un’ottica interpretativa prevalentemente, se non esclusivamente, maschile e maschilista

La marginalizzazione delle donne. La vuole Dio o la vogliono gli uomini?
http://www.istitutoeuroarabo.it/DM/la-m ... #more-9322



_________________
Nessuno è così schiavo come chi crede falsamente di essere libero. (Goethe)
Top
 Profilo  
 
Visualizza ultimi messaggi:  Ordina per  
Apri un nuovo argomento Rispondi all’argomento  [ 41 messaggi ]  Vai alla pagina Precedente  1, 2, 3

Time zone: Europe/Rome [ ora legale ]


Non puoi aprire nuovi argomenti
Non puoi rispondere negli argomenti
Non puoi modificare i tuoi messaggi
Non puoi cancellare i tuoi messaggi
Non puoi inviare allegati

Cerca per:
Vai a:  
Oggi è 19/04/2024, 17:46
© 2015 UfoPlanet di Ufoforum.it, © RMcGirr83.org