Voli della morte. Parte IV
Inviato: 21/06/2009, 10:57
Voli della morte - Parte IV
di Carlo Sabatini
Nei mesi successivi all’11 settembre una sorta di ‘strano e inconfessabile dubbio’ cominciava ad affacciarsi nella comunità di Internet. Tale ‘dubbio’ si andava intensificando sempre di più nel periodo precedente l’invasione americana dell’Iraq, soprattutto alla luce di alcune ‘riflessioni’ fatte sulle immagini che riprendevano lo schianto dei due aerei. Nel caso del Flight 11 esiste un solo filmato, di qualità assai scadente, ripreso per caso da un cineoperatore francese che per caso si è trovato ‘ al posto giusto nel momento giusto’. Di tutti i fotogrammi quello ‘riuscito meglio’ [ovvero che contiene il maggior numero di dettagli sull’aereo…] è stato scattato un decimo di secondo prima dell’impatto e qui sotto ne potete vedere un dettaglio ingrandito…

Siamo tutti d’accordo sul fatto che non è granchè, ma altro non abbiamo. Sembra di primo acchito non dica molto ma provate ad osservare la seguente ‘ricostruzione’ di quello che si sarebbe dovuto vedere se l’aereo riprodotto nel fotogramma fosse stato un Boeing 767…

Tutto chiaro dunque?… Mah!... Lasciando che ognuno mediti di suo passiamo al Flight 175. Mentre l’impatto del Flight 11 sulla ‘Torre nord’ era arrivato del tutto inatteso e solo il caso ha voluto che un cineoperatore riuscisse quasi involontariamente a riprenderlo, l’impatto del Flight 175 sulla ‘Torre sud’ è stato osservato 'in diretta' da milioni di persone. Ed è proprio l’esame attento di foto e filmati ripresi in quella circostanza a sollevare alcuni ‘strani interrogativi’. Proviamo ad osservare la celebre foto scattata dalla cronista del New York Times Carmen Taylor e accanto ad essa un particolare ingrandito dallo scrivente…

Che cosa è quella specie di ‘oggetto di forma cilindrica’ collocato sotto la fusoliera dell’aereo?… qualunque cosa sia, è certo che non fa parte dell’equipaggiamento standard di un aereo di linea… A questo punto sorge il fondato sospetto che i due velivoli che hanno impattato contro le ‘Towers’ non sono i voli di linea Flight 11 e Flight 175 partiti dal Logan Airport di Boston. Questa ‘tesi’ tuttavia comporta una ‘domanda imbarazzante’ che esige una risposta adeguata: come si giustifica la ‘fantasiosa ipotesi’ con il fatto che per tutto il tempo in cui sono stati in aria le rotte del Flight 11 e del Flight 175 sono state tenute sotto osservazione dai radar del controllo di volo a terra?…
Per fornire adeguata risposta alla ‘domanda imbarazzante’ si dovrà fare una premessa parlando un poco di radar, e sicuramente la cosa mi produce un grande piacere in quanto mi fa tornare indietro di trent’anni allorché ero un giovane ufficialetto dell’Esercito e alle mani mie e di pochi altri ‘esperti’ era affidata la cura dei radar della contraerea. Suppongo sia opinione comune che il radar sia un oggetto dotato di proprietà in un certo senso ‘stregonesche’, i cui segreti sono geloso patrimonio di pochi. Ebbene non vi è nulla di più sbagliato!... In realtà un radar non è in sè molto più complicato di un qualsiasi apparecchio televisivo, i cui principi di funzionamento sono alla portata della maggior parte degli individui forniti di un livello medio di istruzione. Il Radio Detector and Racing [abbreviato in Radar] altro non è che un ricetrasmettitore radio che utilizza un'antenna per inviare impulsi a radiofrequenza e ricevere con la stessa echi riflessi da oggetti in volo. Dal momento che l'antenna è fortemente direttiva [ossia il fascio radio trasmesso e quello ricevuto hanno una ristretta angolazione…] è possibile individuare la direzione dell'oggetto e la sua distanza è deducibile dal tempo di andata e ritorno dell'impulso radio riflesso. Il segnale di ritorno o eco in gergo radaristico si chiama plot. I radar del tipo più tradizionale hanno un'antenne girevole che compie una scansione periodica sull'intero cerchio di 360° e ad ogni scansione il plot di un oggetto in movimento viene così aggiornato ed eventualmente memorizzato. Ogni eco viene poi visualizzato su di uno schermo elettronico chiamato Plan Position Indicator [PPI]. Un radar non sempre vede con certezza ad ogni scansione, ma è limitato ad una probabilità di detenzione che dipende da alcuni fattori. Il primo è la distanza. L'eco riflesso da un oggetto posto a notevole distanza giunge al ricevitore troppo attenuato ed è indistinguibile dal ‘rumore di fondo’ presente in tutti i ricevitori elettronici. Come molti di voi intuiranno poi la portata [ossia la massima distanza di un oggetto rilevabile da un radar] dipende molto anche dalle condizioni meteorologiche. Secondo fattore importante è la quota alla quale si trova l'oggetto. Ciò deriva dal fatto che la radiazione elettromagnetica si propaga bene nello spazio vuoto e viene molto attenuata e dispersa in prossimità del terreno o della superficie marina che tra l'altro creano falsi echi che oscurano lo schermo [il fenomeno è chiamato in gergo clutter]. Questo e' il motivo per il quale l'individuazione di un aereo che vola radente al suolo è solitamente più difficile. Terzo fattore è l'attitudine dell'oggetto a riflettere le onde radio, che in gergo e' chiamata sezione radar. Sono a tutti note le qualità gli aerei ‘invisibili’ F117 Stealth, progettati tra l'altro per avere minima superficie riflettente. I radar impiegati per l'osservazione dello spazio aereo sono di complessità diversa a seconda delle specifiche applicazioni. I radar impiegati per il controllo del traffico aereo civile normalmente hanno un grado di sofisticazione medio-basso. Forniscono le sole coordinate di un oggetto volante e non la quota e non sono dotati di specifiche contromisure nei confronti del clutter. Per facilitare il lavoro del controllo del traffico aereo quasi tutti gli aerei civili sono dotati di un'apparecchiatura chiamata transponder che emette costantemente un segnale indicante le condizioni di volo e la quota e che viene ricevuto a terra dallo stesso radar di controllo...
Decisamente più sofisticati sono invece, per intuibili ragioni, i radar militari. Essi sono in genere del tipo tridimensionale, ossia forniscono non solo le coordinate ma anche la quota dell'oggetto volante, ne determinano la velocità grazie all'effetto doppler, sono dotati di sofisticati algoritmi per la cancellazione del clutter e di sistemi di ‘autodifesa’ nei confronti delle tecniche di disturbo nemiche denominati ‘Contro-contromisure elettroniche’ [ECCM]. In più essi hanno la possibilità di ‘interrogare’ l'oggetto volante non identificato [UFO] con una apparecchiatura chiamata Identification Friend or Foe [IFF]. Lo stesso radar invia all'UFO un'interrogazione codificata alla quale deve seguire una precisa risposta. Se questa e' positiva la traccia viene classificata friendly, se no si avvia appropriata procedura. L'apparato IFF ovviamente e' qualcosa avente il livello di segretezza più elevato. Al tempo, oltre allo scrivente, solamente il comandante, il vicecomandante e due specialisti del reparto nel quale prestavo servizio avevano accesso all'IFF dei in dotazione allora alla contraerea. Queste sono [grosso modo…] le caratteristiche dei radar civili e militari anche ai nostri giorni…
Questa sia pur sommaria descrizione del radar ci consentirà di ‘intuire’ che cosa può essere accaduto la mattina dell’11 settembre sui cieli nel nord-est degli Stati Uniti. Un primo dato essenziale è che la ‘rotta’ [almeno la ‘rotta’ divulgata come ‘ufficiale’ …] di tutti i voli dirottati quel giorno è stata ricostruita sulla base dei tracciati dei radar del controllo di traffico aereo. Come già illustrato in precedenza quel giorno, vuoi perché ‘accecati’ da appropriate contromisure elettroniche, vuoi per qualsiasi altro motivo ‘sconosciuto’, i radar militari del NORAD non hanno fornito in pratica alcun dato utile. Anche se pochi sul momento se ne rendono conto, questo dettaglio è di importanza cruciale. Dal momento che, come descritto sopra, i radar del controllo di traffico aereo hanno un grado di ‘sofisticazione’ medio-basso, essi sono soggetti ad alcune significative limitazioni. In primo luogo operano di norma in due dimensioni, vale a dire forniscono due sole coordinate di un ‘oggetto volante’. Per la conoscenza sia della quota sia della ‘identità’ dell’oggetto in questione è necessario al centro di controllo del traffico aereo la ricezione del segnale del transponder. Questa prima limitazione può da luogo ad un ‘inconveniente’ assai significativo. Supponiamo un aereo di linea in volo con il transponder attivo e un altro ‘oggetto’ che viaggi esattamente ‘sopra o sotto’ l’aereo di linea alla sua stessa velocità. E’ evidente che i due ‘oggetti volanti’ produrranno, per un radar che opera in due sole dimensioni ovvero non è in grado di rilevare la quota, due echi assolutamente indistinguibili tra loro. Se questo ‘oggetto estraneo’ non è dotato di transponder o viaggia con il transponder spento, è chiaro che il centro di controllo di volo non è in grado di rilevarne la presenza. In questo caso di dice che l’aereo ‘pirata’ [chiamato in gergo ghost plane…] viaggia ‘coperto’ dell’aereo di linea. E’ chiaro che un radar militare, dotato della capacità di rivelare un oggetto in tre dimensioni, non sarebbe mai tratto in inganno da un ghost plane che usasse questo espediente. Come abbiamo già ‘sospettato’ tuttavia è assai verosimile che quella mattina i radar militari della Difesa aerea americana siano stati ‘accecati’ e pertanto su quanto ‘visto’ quel giorno da essi non possiamo fare eccessivo affidamento. In secondo luogo, non avendo alcuna contromisura efficace contro il clutter, i radar civili non sono in grado di ‘vedere’ un aeromobile che vola al di sotto di una certa quota. Anche sotto questo punto di vista dunque i radar militari sono superiori, ma purtroppo vale quanto detto sopra. A questo punto il ‘bagaglio’ di conoscenze acquisito dovrebbe consentire di riprendere il discorso. Il gentile lettore tuttavia spero mi permetterà un’altra breve ‘disgressione’ prima di tornare a parlare di 11 settembre. La sera del 27 giugno 1980 sui cielo sovrastante il tratto di mare compreso tra le isole di Ponza e Ustica si sono verificate circostanze nelle quali le ‘tecniche di occultamento’ che verranno ora descritte hanno giocato un ruolo decisivo. Un ghost plane, che con ogni probabilità era un jet supersonico MiG-23 armato di missili aria-aria Atoll, doveva compiere una missione assai particolare consistente nell’abbattimento di un aereo civile che doveva passare proprio lì ad un ben precisa ora. Il destino però ha voluto che l’aereo di linea Dc9 Itavia, partito da Bologna alla volta di Palermo con due ore di ritardo, si trovasse a passare proprio a quell’ora in quel luogo al posto della ‘vittima’, la quale era stata per tempo avvertita da un ‘uccellino’ e pertanto non era partita. Ignaro di questo, il ghost plane, arrivato in zona volando a bassa quota per evitare di essere avvistato dai radar del controllo aereo, avvistava l’aereo di linea che volava a quota molto superiore. Dopo aver guadagnato quota mantenendosi esattamente sotto il Dc9 Itavia e continuando così a sfuggire all’avvistamento radar, il ghost plane identificava la sua ‘vittima’, compiva una veloce manovra portandosi in posizione di attacco, lanciava una coppia di missili contro il suo ‘bersaglio’ e infine si dileguava nella notte. La manovra di attacco però portava per alcuni secondi il ghost plane fuori della ‘ombra radar’ del Dc9 e questo ha fatto sì che il radar del controllo aereo di Fiumicino ne rivelasse la presenza [vedi i plot contrassegnati con ‘-17’, ‘-12’, ‘2b’, ‘8b’, ‘13b’, ‘9b’ dell’immagine …]
E’ ovvio che la manovra del ghost plane non era sfuggita ai radar dell’Aeronatica Militare, i cui operatori quella sera hanno potuto assistere ‘in diretta’ all’abattimento del Dc9 Itavia. I tracciati radar della sera del 27 giugno 1980 sono andati poi distrutti e quello che rimane per documentare la ‘tragedia’ sono le conversazioni registrate degli operatori. In particolare nel momento in cui il ghost plane effettua la sua manovra di attacco uno degli operatori riferisce la frase divenuta poi famosa : ‘… ecco che quello mette la freccia e lo sorpassa…’. Per concludere la ‘disgressione’ una osservazione che è quasi ‘obbligatoria’ : pur su scala alquanto diversa, gli avvenimenti del 27 giugno 1980 e dell’11 settembre 2001 hanno molto in comune… soprattutto per quanto riguarda ‘coperture e depistaggi’…
Finita la ‘ricreazione’ torniamo ‘in tema’ cercando di arrivare pian piano alla ‘soluzione’ del giallo. Senza perdere tempo mettiamo nuovamente mano al diagramma riassuntivo della giornata, che ci è divenuto oramai del tutto ‘familiare’…

Prima di andare avanti notiamo che sulla mappa dei quattro voli sono anche riportate alcune basi della US Air force, particolare la cui importanza risulterà presto chiara. Molto bene ragazzi!… Cominciamo allora dal Flight 11… Tutto inizia alle ore 8.13 a.m., quando il Boeing 767 della American Airlines devia dalla sua rotta puntando in direzione nord-ovest. Quattro minuti dopo il transponder cessa di funzionare. L’aereo [o più esattamente la sua traccia radar…] mantiene la rotta in direzione nord-ovest fino alle ore 8.28 a.m., quando improvvisamente compie una brusca virata a sud. Si è detto diverse volte della ‘stranezza’ della manovra che ha allontanato l’aereo dal suo obiettivo ma ancora non siamo riusciti a dare una spiegazione convincente del ‘perché’ tale manovra sia stata attuata. Senza star troppo a ‘tormentarci’ proviamo a dare un’occhiata alla rotta del Flight 175… Tutto inizia alle ore 8.42 a.m. , allorché il Boeing 767 devia dalla sua rotta puntando in direzione sud, nonostante che la città di New York sia ad est. Quattro minuti dopo [notare la somiglianza con quanto avvenuto sul Flight 11…] il transponder viene spento. Otto minuti dopo [anche qui la somiglianza con il Flight 11 è singolare…] l’aereo inverte bruscamente la rotta e punta a nord-est, esattamente in direzione di New York. Anche questa è una manovra ‘strana’ che attende di essere spiegata. Un indizio importante è dato naturalmente dal fatto che dal punto di vista dei ‘tempi di esecuzione’ le due manovre appaiono simili: ora x deviazione di rotta, ora x+4 minuti spegnimento del transponder, ora x+8 minuti nuovo cambio di rotta e via verso New York. Ciò suggerisce che si sia attuata in entrambi i casi una procedura studiata in precedenza nei minimi dettagli che richiedeva una ben precisa sequenza di operazioni. Ok ragazzi!… Altri indizi?… Osservando con pazienza la mappa riportata sopra [con la dislocazione delle basi aeree del Nord-est…] un altro ‘indizio’ lo si finisce per trovare. Osservate la stessa mappa modificata con due ipotetiche ‘rotte’ congiungenti alcune di queste basi aeree, una in direzione ovest-nord-ovest, l’altra in direzione sud-sud-est…
Si nota chiaramente che le ‘diversioni di rotta della durata di 8 minuti’ seguite dai due aerei coincidono con tratti di queste ipotetiche rotte, quasi che in quegli 8 minuti i due aerei abbiano volato ‘fianco a fianco’ con altri aerei per poi separarsi e procedere nella ‘missione’. Ricordando quello che è accaduto la ‘sera di Ustica’ proviamo ad ipotizzare una possibile maniera per ‘scambiare’ due aerei in volo senza che il controllo aereo se ne accorga. Una possibile ‘soluzione’ a questo bel problemino potrebbe essere la manovra i sei fasi illustrata nella figura che viene ora…

Fase 1 : l’aereo di linea vola sulla sua rotta ‘normalmente’ con il trasnsponder acceso. Il ghost plane, decollato da un certo ‘aeroporto X’, volando a bassa quota per non essere visto si porta ‘sotto’ l’aereo di linea e si infila sulla stessa rotta alla stessa velocità…
Fase 2 : mantenendosi sempre ‘sotto l’ombra’ dell’aereo di linea e quindi senza essere ‘visto’, il ghost plane guadagna quota e si porta ‘sotto la pancia’ di quest’ultimo…
Fase 3 : l’aereo di linea ‘spegne’ il transponder per non riaccenderlo più, così che d’ora in poi il controllo di volo conserverà la sua ‘traccia radar’ ma non saprà nulla della ‘quota’…
Fase 4 : l’aereo di linea si porta ‘sotto la pancia’ del ghost plane passando il più possibile vicino ad esso in modo che al radar del controllo di volo risulti un solo eco. Al termine della manovra è l’aereo di linea ad essere ‘sotto l’ombra’ del ghost plane…
Fase 5 : l’aereo di linea effettua la discesa mentendosi ‘sotto l’ombra’ del ghost plane fino a portarsi ad una quota alla quale non sarà più ‘visto’ dal radar del controllo aereo…
Fase 6 : l’aereo di linea, mantenendosi sempre a bassa quota, raggiunge un certo ‘aeroporto Y’ e il ghost plane, non dovendo più ‘oscurare’ i movimenti dell’aereo di linea, può ‘sganciarsi’ ed effettuare la sua ‘missione’…
Se l’intera manovra e ‘fatta bene’ [il che vuol dire che per essa servono dei piloti ‘con le palle’…] e non subentrano ‘ imprevisti’ si può star certi che gli operatori del controllo di volo, in perfetta ‘buona fede’, giureranno sulla propria madre che ‘mai e poi mai’, anche dopo lo spegnimento del transponder, l’aereo in questione è ‘sfuggito al loro controllo’. Che la manovra ora vista sia ‘geniale’ non c’è dubbio, come non c’è dubbio che tutto andrà per il meglio ‘se non capitano imprevisti’. Purtroppo per la ‘Organizzazione Y’, proprio come è successo qualche volta a Schumacker e alla sua Ferrari, ogni tanto ‘il diavolo ci mette la coda’ e qualche ‘fattore imprevisto’ , in un modo o nell’altro, finisce per guastare anche il piano ‘assolutamente perfetto’. Anticipando un poco le cose dirò che, mentre per quanto riguarda il Flight 11 e il Flight 175 le cose sono andate più o meno come la ‘Organizzazione Y’ aveva programmato, non così è stato per gli altri due voli, il Flight 77 [quello che secondo il Commission report si sarebbe schiantato sul Pentagono…] e il Flight 93 [quello che secondo il Commission report si sarebbe sfracellato in un campo di fagioli della Pensylvania…] le cose sono andate non tutte per il verso giusto…
Vediamo ora che cosa possiamo dire a proposito del Flight 77, valendoci ancora un volta della mappa di sopra. Il Flight 77, cui è stato assegnato come obiettivo il Pentagono, situato come noto nella periferia sud di Washington, decolla alle ore 8.20 a.m. dal Dulles Airport di Washington. Al momento del decollo la FAA è già in stato di allarme poiché il ‘dirottamento’ del Flight 11 si è verificato 8 minuti prima, alle ore 8.12 a.m. Ragione di più per i terroristi per agire ‘tempestivamente’, tanto più che l’obiettivo è proprio lì!… Invece l’aereo di linea non solo prosegue tranquillamente il suo volo in direzione di Los Angeles, ma anzi alle ore 8.48 a.m. esegue un ‘diversivo’ facendo prima rotta a nord, poi ad ovest, poi a sud per ritornare infine sulla rotta ‘regolare’ alle ore 8.51 a.m… quasi che volesse lasciar passare un minuto o due per il fatto di essere ‘in anticipo’ su una ben precisa ‘tabella di marcia’… Alle ore 8.50 a.m. si verifica l’ultimo contatto radio del Flight 77 allorché il pilota chiede il permesso di volare ad una quota più alta. Un minuto dopo non risponde ad una istruzione di routine. Nei minuti successivi sugli schermi radar del controllo di volo si osserva il Flight 77 invertire la rotta compiendo un ampio giro sopra il nord-est del Kentucky. Alle ore 8.56 a.m. il transponder del Flight 77 cessa la trasmissione e quasi nello stesso momento scompare anche l’eco sugli schermi radar del controllo di volo. Nei successivi 28 minuti del Flight 77 non si osserverà la minima traccia, al punto che qualcuno sospetterà sia esploso in volo. Solo alle ore 9.30 a.m. la traccia radar del [presunto] Flight 77 ricompare, quando l’aereo si trova a meno di 30 miglia da Washington. Naturalmente in assenza del transponder si tratta di una traccia radar ‘anonima’ e nessuno è in grado di dire che l’aereo misteriosamente ‘ricomparso’ fosse il ‘vero’ Flight 77. L’analisi accurata degli avvenimenti fino allo spegnimento del transponder indica che con ogni probabilità anche il Flight 77 è stato sostituito in volo. La sequenza iniziale della supposta manovra è abbastanza riconoscibile e assai simile a quella avutasi nei casi esaminati, quasi che il suo ideatore ci abbia messo la propria ‘firma’. Il ‘dirottamento’ del Flight 77 ha inizio alle 8.52 a.m. , poco dopo che l’aereo è passato nelle vicinanze di una base aerea [dalla quale può essere partito il ghost plane…], allorché i controllori di volo osservano sul radar l’inversione di rotta dell’aereo. Quattro minuti dopo [tempismo perfetto!…] il transponder cessa di funzionare. Da questo momento in poi però [e questo è del tutto diverso da quanto accaduto negli altri casi…] insieme al segnale del transponder scompare per una buona mezz’ora anche la traccia radar dell’aereo e tutto questo rende molto ardua, in mancanza di altri elementi, la ‘ricostruzione’ di quanto è accaduto in seguito al Boeing 757 della American Airlines e ai passeggeri. Tutto quello che possiamo asserire con ragionevole ‘certezza’ è che esso non è impattato contro il Pentagono. Altro per il momento non ci sentiamo di affermare. Almeno fino a quando non salteranno fuori altri ‘elementi’…
Passiamo ora all’ultimo dei voli dirottati, il Flight 93. Diciamo subito che la ‘vicenda’ del Flight 93 è al tempo stesso la più singolare e [in apparenza] la più ‘inspiegabile’ tra quelle accadute l’11 settembre. Questo però ci permetterà meglio di capire di quali risorse tecnologiche e organizzative si sia valsa la ‘Organizzazione Y’ per portare a termine il suo ‘piano’. Riassumiamo in breve gli eventi…
In seguito ad un ritardo alla partenza di ben 41 minuti [di cui nessuno ha mai spiegato i motivi.,..] il volo Newark-San Francisco della United Airlines decolla alle ore 8.42 a.m., vale a dire ad ‘emergenza’ già in corso da parecchi minuti, mezz’ora dopo il ‘dirottamento’ del Flight 11 e nel preciso istante del ‘dirottamento’ del Flight 175. Almeno in questo caso i ‘terroristi islamici’ dovrebbero far conto che qualche intercettore potrebbe essere stato mandato in volo per far fronte alla ‘emergenza’ in atto e che in tal caso potrebbero veramente avere i ‘minuti contati’. Invece niente di tutto questo. Passano oltre 40 minuti nel corso della quali entrambe le Twin Towers sono colpite e il Flight 77 è ‘dirottato’, prima che i terroristi ‘si decidano’ ad entrare in azione. Sono infatti le ore 9.27 a.m. allorché Tom Burnett chiama con il proprio telefono cellulare la moglie e annuncia il ‘dirottamento’ del Flight 93. Come nei precedenti casi, anche in questo i ‘terroristi islamici’ non sembrano avere una gran fretta e dopo il ‘dirottamento’ l’aereo, come se nulla fosse, continua tranquillamente la sua rotta verso ovest allontanandosi dal presunto obiettivo [Washington…]. Solo alle ore 9.36 a.m., allorché il Boeing 757 si trova nei pressi di Cleveland [Ohio], avviene la virata di 180 gradi in direzione di Washington, la quale però a questo punto dista oltre mezz’ora di volo. Lo spegnimento del transponder avviene alle ore 9.41 a.m., ma questo non impedisce al controllo di volo di seguire la rotta del Flight 93 fino allo ‘schianto finale’ non lontano da Nashville. Ad accrescere il ‘mistero’, nei minuti successivi tuttavia si verifica un altro scenario da ‘film giallo’. Alle ore 9.47 a.m. il controllo aereo di Cleveland segnala un ‘aereo non identificato’ che si sta dirigendo verso Pittsburgh. Due minuti dopo la FAA ordina l’evacuazione della torre di controllo di Pittsburgh. I motivi di questo ‘singolare ordine’ non sono mai stati resi noti. Sembra si possa ragionevolmente escludere che qualcuno abbia ipotizzato che la torre di controllo di Pittsburgh fosse l’obiettivo dei ‘terroristi suicidi’ e l’ordine intendesse salvaguardare la vita del personale che operava in quella torre. Quello che è certo è che nei minuti successivi è mancato qualsiasi controllo ‘visivo’ su quanto è accaduto nello spazio aereo di Pittsburgh. A questo ‘mistero’ poi se ne aggiunge un altro. Tra le ore 10.10 a.m. e le 10.45 a.m. di quel giorno all’aeroporto di Cleveland si è verificato un fatto ‘strano’. Pare che, mentre, in ottemperanza agli ordini della FAA, era in corso l’atterraggio del volo Delta 1989 un altro aereo sia atterrato 'abusivamente’ senza che di questo vi sia traccia nel registro aeroportuale. E’ ovvio che qui c’è parecchio materiale per il tenente Colombo!…
Nel caso del Flight 93 diciamo subito che il discorso si fà 'maledettamente complicato’. E’ probabile che in questo caso di ‘imprevisti’ ce ne debbono essere stati più d’uno. Il primo di essi è con ogni probabilità legato al misterioso ‘comunicato’ della FAA delle ore 9.16 a.m. nel quale si annunciava l’avvenuto ‘dirottamento’ del Flight 93… con venti minuti di anticipo rispetto a quando lo sarà veramente. Che cosa non abbia funzionato in quella circostanza non sappiamo. Certo che con migliaia di aerei in volo sopra gli Stati Uniti, per ‘indovinare’ in anticipo quale sarebbe stato dirottato è necessaria una notevole dose di… virtù profetica… Il dirottamento ‘vero’ ha inizio però in pratica alle ore 9.36 a.m., allorché nei pressi di Cleveland il Flight 93 compie una improvvisa virata in direzione sud-est. Lo spegnimento nel transponder avviene quattro minuti dopo [sempre questi ‘quattro minuti’…] e otto minuti dopo [anche qui la ‘coincidenza temporale’ con quanto successo sugli altri voli è praticamente perfetta…] l’aereo muta nuovamente rotta e si dirige verso Washington. Notiamo due cose a questo punto…
a) la sequenza temporale [cambiamento di rotta -> spegnimento del transponder dopo quattro minuti -> nuovo cambiamento di rotta dopo altri quattro minuti …] coincide perfettamente con quanto avveduto sugli altri voli
b) dal momento che la stessa precisa sequenza operazioni eseguita in tutti e quattro i casi non può essere considerata un ‘evento casuale’, si deve concludere che in tutti e quattro i casi è stata attuata una ben precisa manovra studiata in precedenza per operare lo scambio degli aerei in volo
A rendere ancora più certa tale ‘ricostruzione’ poi contribuiscono alcuni altri elementi. Se osserviamo ancora sulla mappa la rotta del Flight 93 prima delle ore 9.36 a.m. si vede che essa passa nelle vicinanze di una base aerea… è probabile che essa sia l’aeroporto X dal quale è decollato il ghost plane… Il cambiamento di rotta avviene alle ore 9.36 a.m. e quattro minuti dopo il transponder è spento… la ‘fase 3’ della famosa ‘manovra’… A questo punto però ‘decifrare’ lo scenario che si è venuto a creare dopo che il transponder è stato spento è un poco arduo, soprattutto per quanto riguarda l’identificazione dell’aeroporto Y. Alle ore 9.40 a.m. il ghost plane ha probabilmente effettuato la fase 6 della famosa ‘manovra’ [lo ‘sgancio’…] e presumibilmente si è diretto verso Nashville dove, volando a bassa quota in modo ‘irregolare’ , prenderà parte alla ‘sceneggiata’ abilmente creata dalla ‘Organizzazione Y’ per dare intendere della ‘caduta finale’ del Flight 93. Se questa ‘ipotesi’ è vera allora si spiega l’ordine ‘misterioso’ di evacuazione della torre di controllo di Pittsburgh. Dovendo infatti il ghost plane passare necessariamente non lontano di lì era ‘opportuno’ allontanare il personale ‘esperto’ che avrebbe potuto notare ‘qualcosa di strano nelle fattezze dell’aereo’. Fin qui lo ‘scenario’ che si riesce a ricostruire pare tutto sommato ‘convincente’. Per quanto riguarda invece l’identificazione dell’aeroporto Y [sul quale è atterrato il ‘vero’ Flight 93…] vi è qualche oggettiva difficoltà. Come si vede dalla mappa infatti sono almeno cinque le basi aeree ‘candidate’ a diventare l’aeroporto Y. A queste si aggiunge l’aeroporto civile di Cleveland, ricordando il ‘mistero’ dell’atteraggio ‘clandestino’ di un aereo ‘sconosciuto’ ivi avvenuto in un non ben precisato momento tra le ore 10.10 a.m. e le ore 10.45 a.m. Diciamo che il caso del Flight 93 devono essersi verificati degli ‘imprevisti’ [ricordiamoci che anche la ‘Organizzazione Y’ è pur sempre formata da esseri umani…] che hanno costretto a qualche ‘provvedimento di emergenza’ e che hanno un poco inciso negativamente sulla ‘totale riuscita’ del piano…
cordiali saluti
lupo grigio

di Carlo Sabatini
Nei mesi successivi all’11 settembre una sorta di ‘strano e inconfessabile dubbio’ cominciava ad affacciarsi nella comunità di Internet. Tale ‘dubbio’ si andava intensificando sempre di più nel periodo precedente l’invasione americana dell’Iraq, soprattutto alla luce di alcune ‘riflessioni’ fatte sulle immagini che riprendevano lo schianto dei due aerei. Nel caso del Flight 11 esiste un solo filmato, di qualità assai scadente, ripreso per caso da un cineoperatore francese che per caso si è trovato ‘ al posto giusto nel momento giusto’. Di tutti i fotogrammi quello ‘riuscito meglio’ [ovvero che contiene il maggior numero di dettagli sull’aereo…] è stato scattato un decimo di secondo prima dell’impatto e qui sotto ne potete vedere un dettaglio ingrandito…

Siamo tutti d’accordo sul fatto che non è granchè, ma altro non abbiamo. Sembra di primo acchito non dica molto ma provate ad osservare la seguente ‘ricostruzione’ di quello che si sarebbe dovuto vedere se l’aereo riprodotto nel fotogramma fosse stato un Boeing 767…

Tutto chiaro dunque?… Mah!... Lasciando che ognuno mediti di suo passiamo al Flight 175. Mentre l’impatto del Flight 11 sulla ‘Torre nord’ era arrivato del tutto inatteso e solo il caso ha voluto che un cineoperatore riuscisse quasi involontariamente a riprenderlo, l’impatto del Flight 175 sulla ‘Torre sud’ è stato osservato 'in diretta' da milioni di persone. Ed è proprio l’esame attento di foto e filmati ripresi in quella circostanza a sollevare alcuni ‘strani interrogativi’. Proviamo ad osservare la celebre foto scattata dalla cronista del New York Times Carmen Taylor e accanto ad essa un particolare ingrandito dallo scrivente…

Che cosa è quella specie di ‘oggetto di forma cilindrica’ collocato sotto la fusoliera dell’aereo?… qualunque cosa sia, è certo che non fa parte dell’equipaggiamento standard di un aereo di linea… A questo punto sorge il fondato sospetto che i due velivoli che hanno impattato contro le ‘Towers’ non sono i voli di linea Flight 11 e Flight 175 partiti dal Logan Airport di Boston. Questa ‘tesi’ tuttavia comporta una ‘domanda imbarazzante’ che esige una risposta adeguata: come si giustifica la ‘fantasiosa ipotesi’ con il fatto che per tutto il tempo in cui sono stati in aria le rotte del Flight 11 e del Flight 175 sono state tenute sotto osservazione dai radar del controllo di volo a terra?…
Per fornire adeguata risposta alla ‘domanda imbarazzante’ si dovrà fare una premessa parlando un poco di radar, e sicuramente la cosa mi produce un grande piacere in quanto mi fa tornare indietro di trent’anni allorché ero un giovane ufficialetto dell’Esercito e alle mani mie e di pochi altri ‘esperti’ era affidata la cura dei radar della contraerea. Suppongo sia opinione comune che il radar sia un oggetto dotato di proprietà in un certo senso ‘stregonesche’, i cui segreti sono geloso patrimonio di pochi. Ebbene non vi è nulla di più sbagliato!... In realtà un radar non è in sè molto più complicato di un qualsiasi apparecchio televisivo, i cui principi di funzionamento sono alla portata della maggior parte degli individui forniti di un livello medio di istruzione. Il Radio Detector and Racing [abbreviato in Radar] altro non è che un ricetrasmettitore radio che utilizza un'antenna per inviare impulsi a radiofrequenza e ricevere con la stessa echi riflessi da oggetti in volo. Dal momento che l'antenna è fortemente direttiva [ossia il fascio radio trasmesso e quello ricevuto hanno una ristretta angolazione…] è possibile individuare la direzione dell'oggetto e la sua distanza è deducibile dal tempo di andata e ritorno dell'impulso radio riflesso. Il segnale di ritorno o eco in gergo radaristico si chiama plot. I radar del tipo più tradizionale hanno un'antenne girevole che compie una scansione periodica sull'intero cerchio di 360° e ad ogni scansione il plot di un oggetto in movimento viene così aggiornato ed eventualmente memorizzato. Ogni eco viene poi visualizzato su di uno schermo elettronico chiamato Plan Position Indicator [PPI]. Un radar non sempre vede con certezza ad ogni scansione, ma è limitato ad una probabilità di detenzione che dipende da alcuni fattori. Il primo è la distanza. L'eco riflesso da un oggetto posto a notevole distanza giunge al ricevitore troppo attenuato ed è indistinguibile dal ‘rumore di fondo’ presente in tutti i ricevitori elettronici. Come molti di voi intuiranno poi la portata [ossia la massima distanza di un oggetto rilevabile da un radar] dipende molto anche dalle condizioni meteorologiche. Secondo fattore importante è la quota alla quale si trova l'oggetto. Ciò deriva dal fatto che la radiazione elettromagnetica si propaga bene nello spazio vuoto e viene molto attenuata e dispersa in prossimità del terreno o della superficie marina che tra l'altro creano falsi echi che oscurano lo schermo [il fenomeno è chiamato in gergo clutter]. Questo e' il motivo per il quale l'individuazione di un aereo che vola radente al suolo è solitamente più difficile. Terzo fattore è l'attitudine dell'oggetto a riflettere le onde radio, che in gergo e' chiamata sezione radar. Sono a tutti note le qualità gli aerei ‘invisibili’ F117 Stealth, progettati tra l'altro per avere minima superficie riflettente. I radar impiegati per l'osservazione dello spazio aereo sono di complessità diversa a seconda delle specifiche applicazioni. I radar impiegati per il controllo del traffico aereo civile normalmente hanno un grado di sofisticazione medio-basso. Forniscono le sole coordinate di un oggetto volante e non la quota e non sono dotati di specifiche contromisure nei confronti del clutter. Per facilitare il lavoro del controllo del traffico aereo quasi tutti gli aerei civili sono dotati di un'apparecchiatura chiamata transponder che emette costantemente un segnale indicante le condizioni di volo e la quota e che viene ricevuto a terra dallo stesso radar di controllo...
Decisamente più sofisticati sono invece, per intuibili ragioni, i radar militari. Essi sono in genere del tipo tridimensionale, ossia forniscono non solo le coordinate ma anche la quota dell'oggetto volante, ne determinano la velocità grazie all'effetto doppler, sono dotati di sofisticati algoritmi per la cancellazione del clutter e di sistemi di ‘autodifesa’ nei confronti delle tecniche di disturbo nemiche denominati ‘Contro-contromisure elettroniche’ [ECCM]. In più essi hanno la possibilità di ‘interrogare’ l'oggetto volante non identificato [UFO] con una apparecchiatura chiamata Identification Friend or Foe [IFF]. Lo stesso radar invia all'UFO un'interrogazione codificata alla quale deve seguire una precisa risposta. Se questa e' positiva la traccia viene classificata friendly, se no si avvia appropriata procedura. L'apparato IFF ovviamente e' qualcosa avente il livello di segretezza più elevato. Al tempo, oltre allo scrivente, solamente il comandante, il vicecomandante e due specialisti del reparto nel quale prestavo servizio avevano accesso all'IFF dei in dotazione allora alla contraerea. Queste sono [grosso modo…] le caratteristiche dei radar civili e militari anche ai nostri giorni…
Questa sia pur sommaria descrizione del radar ci consentirà di ‘intuire’ che cosa può essere accaduto la mattina dell’11 settembre sui cieli nel nord-est degli Stati Uniti. Un primo dato essenziale è che la ‘rotta’ [almeno la ‘rotta’ divulgata come ‘ufficiale’ …] di tutti i voli dirottati quel giorno è stata ricostruita sulla base dei tracciati dei radar del controllo di traffico aereo. Come già illustrato in precedenza quel giorno, vuoi perché ‘accecati’ da appropriate contromisure elettroniche, vuoi per qualsiasi altro motivo ‘sconosciuto’, i radar militari del NORAD non hanno fornito in pratica alcun dato utile. Anche se pochi sul momento se ne rendono conto, questo dettaglio è di importanza cruciale. Dal momento che, come descritto sopra, i radar del controllo di traffico aereo hanno un grado di ‘sofisticazione’ medio-basso, essi sono soggetti ad alcune significative limitazioni. In primo luogo operano di norma in due dimensioni, vale a dire forniscono due sole coordinate di un ‘oggetto volante’. Per la conoscenza sia della quota sia della ‘identità’ dell’oggetto in questione è necessario al centro di controllo del traffico aereo la ricezione del segnale del transponder. Questa prima limitazione può da luogo ad un ‘inconveniente’ assai significativo. Supponiamo un aereo di linea in volo con il transponder attivo e un altro ‘oggetto’ che viaggi esattamente ‘sopra o sotto’ l’aereo di linea alla sua stessa velocità. E’ evidente che i due ‘oggetti volanti’ produrranno, per un radar che opera in due sole dimensioni ovvero non è in grado di rilevare la quota, due echi assolutamente indistinguibili tra loro. Se questo ‘oggetto estraneo’ non è dotato di transponder o viaggia con il transponder spento, è chiaro che il centro di controllo di volo non è in grado di rilevarne la presenza. In questo caso di dice che l’aereo ‘pirata’ [chiamato in gergo ghost plane…] viaggia ‘coperto’ dell’aereo di linea. E’ chiaro che un radar militare, dotato della capacità di rivelare un oggetto in tre dimensioni, non sarebbe mai tratto in inganno da un ghost plane che usasse questo espediente. Come abbiamo già ‘sospettato’ tuttavia è assai verosimile che quella mattina i radar militari della Difesa aerea americana siano stati ‘accecati’ e pertanto su quanto ‘visto’ quel giorno da essi non possiamo fare eccessivo affidamento. In secondo luogo, non avendo alcuna contromisura efficace contro il clutter, i radar civili non sono in grado di ‘vedere’ un aeromobile che vola al di sotto di una certa quota. Anche sotto questo punto di vista dunque i radar militari sono superiori, ma purtroppo vale quanto detto sopra. A questo punto il ‘bagaglio’ di conoscenze acquisito dovrebbe consentire di riprendere il discorso. Il gentile lettore tuttavia spero mi permetterà un’altra breve ‘disgressione’ prima di tornare a parlare di 11 settembre. La sera del 27 giugno 1980 sui cielo sovrastante il tratto di mare compreso tra le isole di Ponza e Ustica si sono verificate circostanze nelle quali le ‘tecniche di occultamento’ che verranno ora descritte hanno giocato un ruolo decisivo. Un ghost plane, che con ogni probabilità era un jet supersonico MiG-23 armato di missili aria-aria Atoll, doveva compiere una missione assai particolare consistente nell’abbattimento di un aereo civile che doveva passare proprio lì ad un ben precisa ora. Il destino però ha voluto che l’aereo di linea Dc9 Itavia, partito da Bologna alla volta di Palermo con due ore di ritardo, si trovasse a passare proprio a quell’ora in quel luogo al posto della ‘vittima’, la quale era stata per tempo avvertita da un ‘uccellino’ e pertanto non era partita. Ignaro di questo, il ghost plane, arrivato in zona volando a bassa quota per evitare di essere avvistato dai radar del controllo aereo, avvistava l’aereo di linea che volava a quota molto superiore. Dopo aver guadagnato quota mantenendosi esattamente sotto il Dc9 Itavia e continuando così a sfuggire all’avvistamento radar, il ghost plane identificava la sua ‘vittima’, compiva una veloce manovra portandosi in posizione di attacco, lanciava una coppia di missili contro il suo ‘bersaglio’ e infine si dileguava nella notte. La manovra di attacco però portava per alcuni secondi il ghost plane fuori della ‘ombra radar’ del Dc9 e questo ha fatto sì che il radar del controllo aereo di Fiumicino ne rivelasse la presenza [vedi i plot contrassegnati con ‘-17’, ‘-12’, ‘2b’, ‘8b’, ‘13b’, ‘9b’ dell’immagine …]

E’ ovvio che la manovra del ghost plane non era sfuggita ai radar dell’Aeronatica Militare, i cui operatori quella sera hanno potuto assistere ‘in diretta’ all’abattimento del Dc9 Itavia. I tracciati radar della sera del 27 giugno 1980 sono andati poi distrutti e quello che rimane per documentare la ‘tragedia’ sono le conversazioni registrate degli operatori. In particolare nel momento in cui il ghost plane effettua la sua manovra di attacco uno degli operatori riferisce la frase divenuta poi famosa : ‘… ecco che quello mette la freccia e lo sorpassa…’. Per concludere la ‘disgressione’ una osservazione che è quasi ‘obbligatoria’ : pur su scala alquanto diversa, gli avvenimenti del 27 giugno 1980 e dell’11 settembre 2001 hanno molto in comune… soprattutto per quanto riguarda ‘coperture e depistaggi’…
Finita la ‘ricreazione’ torniamo ‘in tema’ cercando di arrivare pian piano alla ‘soluzione’ del giallo. Senza perdere tempo mettiamo nuovamente mano al diagramma riassuntivo della giornata, che ci è divenuto oramai del tutto ‘familiare’…

Prima di andare avanti notiamo che sulla mappa dei quattro voli sono anche riportate alcune basi della US Air force, particolare la cui importanza risulterà presto chiara. Molto bene ragazzi!… Cominciamo allora dal Flight 11… Tutto inizia alle ore 8.13 a.m., quando il Boeing 767 della American Airlines devia dalla sua rotta puntando in direzione nord-ovest. Quattro minuti dopo il transponder cessa di funzionare. L’aereo [o più esattamente la sua traccia radar…] mantiene la rotta in direzione nord-ovest fino alle ore 8.28 a.m., quando improvvisamente compie una brusca virata a sud. Si è detto diverse volte della ‘stranezza’ della manovra che ha allontanato l’aereo dal suo obiettivo ma ancora non siamo riusciti a dare una spiegazione convincente del ‘perché’ tale manovra sia stata attuata. Senza star troppo a ‘tormentarci’ proviamo a dare un’occhiata alla rotta del Flight 175… Tutto inizia alle ore 8.42 a.m. , allorché il Boeing 767 devia dalla sua rotta puntando in direzione sud, nonostante che la città di New York sia ad est. Quattro minuti dopo [notare la somiglianza con quanto avvenuto sul Flight 11…] il transponder viene spento. Otto minuti dopo [anche qui la somiglianza con il Flight 11 è singolare…] l’aereo inverte bruscamente la rotta e punta a nord-est, esattamente in direzione di New York. Anche questa è una manovra ‘strana’ che attende di essere spiegata. Un indizio importante è dato naturalmente dal fatto che dal punto di vista dei ‘tempi di esecuzione’ le due manovre appaiono simili: ora x deviazione di rotta, ora x+4 minuti spegnimento del transponder, ora x+8 minuti nuovo cambio di rotta e via verso New York. Ciò suggerisce che si sia attuata in entrambi i casi una procedura studiata in precedenza nei minimi dettagli che richiedeva una ben precisa sequenza di operazioni. Ok ragazzi!… Altri indizi?… Osservando con pazienza la mappa riportata sopra [con la dislocazione delle basi aeree del Nord-est…] un altro ‘indizio’ lo si finisce per trovare. Osservate la stessa mappa modificata con due ipotetiche ‘rotte’ congiungenti alcune di queste basi aeree, una in direzione ovest-nord-ovest, l’altra in direzione sud-sud-est…

Si nota chiaramente che le ‘diversioni di rotta della durata di 8 minuti’ seguite dai due aerei coincidono con tratti di queste ipotetiche rotte, quasi che in quegli 8 minuti i due aerei abbiano volato ‘fianco a fianco’ con altri aerei per poi separarsi e procedere nella ‘missione’. Ricordando quello che è accaduto la ‘sera di Ustica’ proviamo ad ipotizzare una possibile maniera per ‘scambiare’ due aerei in volo senza che il controllo aereo se ne accorga. Una possibile ‘soluzione’ a questo bel problemino potrebbe essere la manovra i sei fasi illustrata nella figura che viene ora…
Fase 1 : l’aereo di linea vola sulla sua rotta ‘normalmente’ con il trasnsponder acceso. Il ghost plane, decollato da un certo ‘aeroporto X’, volando a bassa quota per non essere visto si porta ‘sotto’ l’aereo di linea e si infila sulla stessa rotta alla stessa velocità…
Fase 2 : mantenendosi sempre ‘sotto l’ombra’ dell’aereo di linea e quindi senza essere ‘visto’, il ghost plane guadagna quota e si porta ‘sotto la pancia’ di quest’ultimo…
Fase 3 : l’aereo di linea ‘spegne’ il transponder per non riaccenderlo più, così che d’ora in poi il controllo di volo conserverà la sua ‘traccia radar’ ma non saprà nulla della ‘quota’…
Fase 4 : l’aereo di linea si porta ‘sotto la pancia’ del ghost plane passando il più possibile vicino ad esso in modo che al radar del controllo di volo risulti un solo eco. Al termine della manovra è l’aereo di linea ad essere ‘sotto l’ombra’ del ghost plane…
Fase 5 : l’aereo di linea effettua la discesa mentendosi ‘sotto l’ombra’ del ghost plane fino a portarsi ad una quota alla quale non sarà più ‘visto’ dal radar del controllo aereo…
Fase 6 : l’aereo di linea, mantenendosi sempre a bassa quota, raggiunge un certo ‘aeroporto Y’ e il ghost plane, non dovendo più ‘oscurare’ i movimenti dell’aereo di linea, può ‘sganciarsi’ ed effettuare la sua ‘missione’…
Se l’intera manovra e ‘fatta bene’ [il che vuol dire che per essa servono dei piloti ‘con le palle’…] e non subentrano ‘ imprevisti’ si può star certi che gli operatori del controllo di volo, in perfetta ‘buona fede’, giureranno sulla propria madre che ‘mai e poi mai’, anche dopo lo spegnimento del transponder, l’aereo in questione è ‘sfuggito al loro controllo’. Che la manovra ora vista sia ‘geniale’ non c’è dubbio, come non c’è dubbio che tutto andrà per il meglio ‘se non capitano imprevisti’. Purtroppo per la ‘Organizzazione Y’, proprio come è successo qualche volta a Schumacker e alla sua Ferrari, ogni tanto ‘il diavolo ci mette la coda’ e qualche ‘fattore imprevisto’ , in un modo o nell’altro, finisce per guastare anche il piano ‘assolutamente perfetto’. Anticipando un poco le cose dirò che, mentre per quanto riguarda il Flight 11 e il Flight 175 le cose sono andate più o meno come la ‘Organizzazione Y’ aveva programmato, non così è stato per gli altri due voli, il Flight 77 [quello che secondo il Commission report si sarebbe schiantato sul Pentagono…] e il Flight 93 [quello che secondo il Commission report si sarebbe sfracellato in un campo di fagioli della Pensylvania…] le cose sono andate non tutte per il verso giusto…
Vediamo ora che cosa possiamo dire a proposito del Flight 77, valendoci ancora un volta della mappa di sopra. Il Flight 77, cui è stato assegnato come obiettivo il Pentagono, situato come noto nella periferia sud di Washington, decolla alle ore 8.20 a.m. dal Dulles Airport di Washington. Al momento del decollo la FAA è già in stato di allarme poiché il ‘dirottamento’ del Flight 11 si è verificato 8 minuti prima, alle ore 8.12 a.m. Ragione di più per i terroristi per agire ‘tempestivamente’, tanto più che l’obiettivo è proprio lì!… Invece l’aereo di linea non solo prosegue tranquillamente il suo volo in direzione di Los Angeles, ma anzi alle ore 8.48 a.m. esegue un ‘diversivo’ facendo prima rotta a nord, poi ad ovest, poi a sud per ritornare infine sulla rotta ‘regolare’ alle ore 8.51 a.m… quasi che volesse lasciar passare un minuto o due per il fatto di essere ‘in anticipo’ su una ben precisa ‘tabella di marcia’… Alle ore 8.50 a.m. si verifica l’ultimo contatto radio del Flight 77 allorché il pilota chiede il permesso di volare ad una quota più alta. Un minuto dopo non risponde ad una istruzione di routine. Nei minuti successivi sugli schermi radar del controllo di volo si osserva il Flight 77 invertire la rotta compiendo un ampio giro sopra il nord-est del Kentucky. Alle ore 8.56 a.m. il transponder del Flight 77 cessa la trasmissione e quasi nello stesso momento scompare anche l’eco sugli schermi radar del controllo di volo. Nei successivi 28 minuti del Flight 77 non si osserverà la minima traccia, al punto che qualcuno sospetterà sia esploso in volo. Solo alle ore 9.30 a.m. la traccia radar del [presunto] Flight 77 ricompare, quando l’aereo si trova a meno di 30 miglia da Washington. Naturalmente in assenza del transponder si tratta di una traccia radar ‘anonima’ e nessuno è in grado di dire che l’aereo misteriosamente ‘ricomparso’ fosse il ‘vero’ Flight 77. L’analisi accurata degli avvenimenti fino allo spegnimento del transponder indica che con ogni probabilità anche il Flight 77 è stato sostituito in volo. La sequenza iniziale della supposta manovra è abbastanza riconoscibile e assai simile a quella avutasi nei casi esaminati, quasi che il suo ideatore ci abbia messo la propria ‘firma’. Il ‘dirottamento’ del Flight 77 ha inizio alle 8.52 a.m. , poco dopo che l’aereo è passato nelle vicinanze di una base aerea [dalla quale può essere partito il ghost plane…], allorché i controllori di volo osservano sul radar l’inversione di rotta dell’aereo. Quattro minuti dopo [tempismo perfetto!…] il transponder cessa di funzionare. Da questo momento in poi però [e questo è del tutto diverso da quanto accaduto negli altri casi…] insieme al segnale del transponder scompare per una buona mezz’ora anche la traccia radar dell’aereo e tutto questo rende molto ardua, in mancanza di altri elementi, la ‘ricostruzione’ di quanto è accaduto in seguito al Boeing 757 della American Airlines e ai passeggeri. Tutto quello che possiamo asserire con ragionevole ‘certezza’ è che esso non è impattato contro il Pentagono. Altro per il momento non ci sentiamo di affermare. Almeno fino a quando non salteranno fuori altri ‘elementi’…
Passiamo ora all’ultimo dei voli dirottati, il Flight 93. Diciamo subito che la ‘vicenda’ del Flight 93 è al tempo stesso la più singolare e [in apparenza] la più ‘inspiegabile’ tra quelle accadute l’11 settembre. Questo però ci permetterà meglio di capire di quali risorse tecnologiche e organizzative si sia valsa la ‘Organizzazione Y’ per portare a termine il suo ‘piano’. Riassumiamo in breve gli eventi…
In seguito ad un ritardo alla partenza di ben 41 minuti [di cui nessuno ha mai spiegato i motivi.,..] il volo Newark-San Francisco della United Airlines decolla alle ore 8.42 a.m., vale a dire ad ‘emergenza’ già in corso da parecchi minuti, mezz’ora dopo il ‘dirottamento’ del Flight 11 e nel preciso istante del ‘dirottamento’ del Flight 175. Almeno in questo caso i ‘terroristi islamici’ dovrebbero far conto che qualche intercettore potrebbe essere stato mandato in volo per far fronte alla ‘emergenza’ in atto e che in tal caso potrebbero veramente avere i ‘minuti contati’. Invece niente di tutto questo. Passano oltre 40 minuti nel corso della quali entrambe le Twin Towers sono colpite e il Flight 77 è ‘dirottato’, prima che i terroristi ‘si decidano’ ad entrare in azione. Sono infatti le ore 9.27 a.m. allorché Tom Burnett chiama con il proprio telefono cellulare la moglie e annuncia il ‘dirottamento’ del Flight 93. Come nei precedenti casi, anche in questo i ‘terroristi islamici’ non sembrano avere una gran fretta e dopo il ‘dirottamento’ l’aereo, come se nulla fosse, continua tranquillamente la sua rotta verso ovest allontanandosi dal presunto obiettivo [Washington…]. Solo alle ore 9.36 a.m., allorché il Boeing 757 si trova nei pressi di Cleveland [Ohio], avviene la virata di 180 gradi in direzione di Washington, la quale però a questo punto dista oltre mezz’ora di volo. Lo spegnimento del transponder avviene alle ore 9.41 a.m., ma questo non impedisce al controllo di volo di seguire la rotta del Flight 93 fino allo ‘schianto finale’ non lontano da Nashville. Ad accrescere il ‘mistero’, nei minuti successivi tuttavia si verifica un altro scenario da ‘film giallo’. Alle ore 9.47 a.m. il controllo aereo di Cleveland segnala un ‘aereo non identificato’ che si sta dirigendo verso Pittsburgh. Due minuti dopo la FAA ordina l’evacuazione della torre di controllo di Pittsburgh. I motivi di questo ‘singolare ordine’ non sono mai stati resi noti. Sembra si possa ragionevolmente escludere che qualcuno abbia ipotizzato che la torre di controllo di Pittsburgh fosse l’obiettivo dei ‘terroristi suicidi’ e l’ordine intendesse salvaguardare la vita del personale che operava in quella torre. Quello che è certo è che nei minuti successivi è mancato qualsiasi controllo ‘visivo’ su quanto è accaduto nello spazio aereo di Pittsburgh. A questo ‘mistero’ poi se ne aggiunge un altro. Tra le ore 10.10 a.m. e le 10.45 a.m. di quel giorno all’aeroporto di Cleveland si è verificato un fatto ‘strano’. Pare che, mentre, in ottemperanza agli ordini della FAA, era in corso l’atterraggio del volo Delta 1989 un altro aereo sia atterrato 'abusivamente’ senza che di questo vi sia traccia nel registro aeroportuale. E’ ovvio che qui c’è parecchio materiale per il tenente Colombo!…
Nel caso del Flight 93 diciamo subito che il discorso si fà 'maledettamente complicato’. E’ probabile che in questo caso di ‘imprevisti’ ce ne debbono essere stati più d’uno. Il primo di essi è con ogni probabilità legato al misterioso ‘comunicato’ della FAA delle ore 9.16 a.m. nel quale si annunciava l’avvenuto ‘dirottamento’ del Flight 93… con venti minuti di anticipo rispetto a quando lo sarà veramente. Che cosa non abbia funzionato in quella circostanza non sappiamo. Certo che con migliaia di aerei in volo sopra gli Stati Uniti, per ‘indovinare’ in anticipo quale sarebbe stato dirottato è necessaria una notevole dose di… virtù profetica… Il dirottamento ‘vero’ ha inizio però in pratica alle ore 9.36 a.m., allorché nei pressi di Cleveland il Flight 93 compie una improvvisa virata in direzione sud-est. Lo spegnimento nel transponder avviene quattro minuti dopo [sempre questi ‘quattro minuti’…] e otto minuti dopo [anche qui la ‘coincidenza temporale’ con quanto successo sugli altri voli è praticamente perfetta…] l’aereo muta nuovamente rotta e si dirige verso Washington. Notiamo due cose a questo punto…
a) la sequenza temporale [cambiamento di rotta -> spegnimento del transponder dopo quattro minuti -> nuovo cambiamento di rotta dopo altri quattro minuti …] coincide perfettamente con quanto avveduto sugli altri voli
b) dal momento che la stessa precisa sequenza operazioni eseguita in tutti e quattro i casi non può essere considerata un ‘evento casuale’, si deve concludere che in tutti e quattro i casi è stata attuata una ben precisa manovra studiata in precedenza per operare lo scambio degli aerei in volo
A rendere ancora più certa tale ‘ricostruzione’ poi contribuiscono alcuni altri elementi. Se osserviamo ancora sulla mappa la rotta del Flight 93 prima delle ore 9.36 a.m. si vede che essa passa nelle vicinanze di una base aerea… è probabile che essa sia l’aeroporto X dal quale è decollato il ghost plane… Il cambiamento di rotta avviene alle ore 9.36 a.m. e quattro minuti dopo il transponder è spento… la ‘fase 3’ della famosa ‘manovra’… A questo punto però ‘decifrare’ lo scenario che si è venuto a creare dopo che il transponder è stato spento è un poco arduo, soprattutto per quanto riguarda l’identificazione dell’aeroporto Y. Alle ore 9.40 a.m. il ghost plane ha probabilmente effettuato la fase 6 della famosa ‘manovra’ [lo ‘sgancio’…] e presumibilmente si è diretto verso Nashville dove, volando a bassa quota in modo ‘irregolare’ , prenderà parte alla ‘sceneggiata’ abilmente creata dalla ‘Organizzazione Y’ per dare intendere della ‘caduta finale’ del Flight 93. Se questa ‘ipotesi’ è vera allora si spiega l’ordine ‘misterioso’ di evacuazione della torre di controllo di Pittsburgh. Dovendo infatti il ghost plane passare necessariamente non lontano di lì era ‘opportuno’ allontanare il personale ‘esperto’ che avrebbe potuto notare ‘qualcosa di strano nelle fattezze dell’aereo’. Fin qui lo ‘scenario’ che si riesce a ricostruire pare tutto sommato ‘convincente’. Per quanto riguarda invece l’identificazione dell’aeroporto Y [sul quale è atterrato il ‘vero’ Flight 93…] vi è qualche oggettiva difficoltà. Come si vede dalla mappa infatti sono almeno cinque le basi aeree ‘candidate’ a diventare l’aeroporto Y. A queste si aggiunge l’aeroporto civile di Cleveland, ricordando il ‘mistero’ dell’atteraggio ‘clandestino’ di un aereo ‘sconosciuto’ ivi avvenuto in un non ben precisato momento tra le ore 10.10 a.m. e le ore 10.45 a.m. Diciamo che il caso del Flight 93 devono essersi verificati degli ‘imprevisti’ [ricordiamoci che anche la ‘Organizzazione Y’ è pur sempre formata da esseri umani…] che hanno costretto a qualche ‘provvedimento di emergenza’ e che hanno un poco inciso negativamente sulla ‘totale riuscita’ del piano…
cordiali saluti
lupo grigio
