L’apertura di Donald Trump alla Russia per far rientrare Mosca all’interno del G-7 non deve sorprendere. La sua è una scelta pragmatica e molto meno legata alle accuse di essere filo-russo, come sostenuto dal filone d’indagine passato alla storia come Russiagate.
I suoi obiettivi sono molto meno ideologico e molto meno dietrologici di quanto si possa credere. Non ci sono valigette di soldi né presunti aiuti alla campagna elettorale. C’è uno scopo strategico: evitare che la Russia consolidi la sua alleanza con la Cina. Un incubo che a Washington iniziano a ritenere ancora più pericoloso di un eventuale blocco eurasiatico composto da Unione europea e Russia.
L’incontro in Cina fra Xi Jinping e Vladimir Putin ha mostrato che i tempi sono maturi per un consolidamento ulteriore dell’asse fra l’orso e il dragone. E le immagini provenienti da Pechino non devono avere lasciato dormire sonni tranquilli alla Casa Bianca, dove sono tutti consapevoli che l’isolamento nei confronti del Cremlino sta di fatto consegnando la Russia nelle mani della Cina.
La strategia americana è tradizionalmente ancorata su un solo fine: evitare che siano blocchi in grado di primeggiare e mettere a repentaglio la supremazia statunitense. Obiettivo pragmatico che a Washington hanno portato avanti per decenni. Ma che adesso, nella fase di transizione geopolitica che stiamo vivendo, rischia di sfuggire di mano.
Gli Stati Uniti hanno cercato, in questi ultimi anni, di isolare la Russia. Un percorso iniziato da anni e che ha avuto il suo apice in particolare con le sanzioni che hanno colpito gli interessi russi ed europei. Per anni, i partner del Vecchio Continente hanno seguito la politica americana. Ma adesso stanno ottenendo il risultato opposto: l’Europa si sta riavvicinando a Mosca mentre l’amicizia tra Putin e Xi rischia di consolidare un polo asiatico incredibilmente forte.
Gli Stati Uniti al bivio
L’idea che è adesso gli Usa si trovino a un bivio strategico e, in ogni caso, devono perdere qualcosa per cercare di guadagnare altro.
Se riaprono alla Russia, dandole modo di rientrare nel blocco “occidentale”, rischiano di dare di nuovo ossigeno alla partnership fra Mosca e Stati dell’Europa. Una convergenza di interessi che sta già ritornando, sulla spinta dell’incapacità europea di seguire la linea politica della nuova amministrazione americana.
Se non riaprono alla Russia, possono provare a fare di tutto per spezzare i rapporti fra il Cremlino e il blocco europeo, sperando nell’alleanza con i partner Nato. Ma il rischio è quello che sta già avvenendo: fare in modo che la Russia diventi definitivamente parte di un grande blocco asiatico edificato sull’impalcatura della Shangai Cooperation Organization voluta fortemente dalla Cina.
A lungo termine, bisognerà capire cosa interessa di più agli Stati Uniti. Attualmente, la Russia rappresenta un ostacolo a tutta la politica americana in Medio Oriente e Nordafrica. Ma a questo problema, si aggiunge anche la questione dell’Europa orientale, che dall’Ucraina al Baltico vede le forze Nato impegnate a rafforzare continuamente il confine con Mosca.
Tuttavia, c’è anche il fronte del Pacifico, anzi, dell’Indo-Pacifico, in cui è la Cina ad essere il vero grande problema dell’America. Una Cina che sta assumendo la leadership asiatica con la Nuova Via della Seta, che mette le sue radici anche in Europa, ma che soprattutto sta creando i presupposti per la supremazia del Pacifico occidentale, dalla Corea al Sudest asiatico.
Tra la Russia e la Cina, probabilmente è quest’ultima ad essere considerata il vero nemico strategico di Washington. Ed è un problema rilevato recentemente anche dall’ex segretario di Stato Madeleine Albright in un’intervista con il Washington Post .
Il gelo di Putin alla proposta di Trump
“La Russia è focalizzata su altri format”. È stata questa la risposta di Vladimir Putin mentre il presidente russo era in visita di Stato a Pechino, ospite del suo omologo cinese, Xi Jinping.
E su questa risposta si costruiscono tutti gli interrogativi del caso: al Cremlino interessa realmente rientrare nel blocco composto dalle cosiddette grandi potenze, e che tornerebbe ad essere di nuovo G-8? I dubbi rimangono. È chiaro che Putin cerchi di ottenere di nuovo una posizione riconoscitiva nel consesso internazionale anche ad Occidente.
Ma la situazione attuale impone a Mosca una serie di riflessioni. L’idea di Trump è allettante: la Russia tornerebbe perché invitata proprio dal Paese che l’ha estromessa. Ma gli “altri format” di cui parla Putin, come è ad esempio l’Organizzazione di Shanghai, rendono evidente che il Cremlino voglia prendere tempo. I piano sono diversi.
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