Trump gela Obama e rilancia su immigrazione e lavoro
Che fosse Obama il capo della opposizione a Trump lo si era capito quando il primo era ancora presidente e cominciò a intervenire a gamba tesa in campagna elettorale, dicendo agli americani che votare il Don era una pazzia. Lo fece più volte, con diverse dichiarazioni, soprattutto dopo che Hillary iniziò a perdere terreno nei sondaggi, e anche dopo l’incubo del disastro democratico alle elezioni.
Dicono che mai un presidente americano abbia fatto una cosa come quella di ieri, Trump – i suoi lo raccontano furioso – che spara a zero sul suo predecessore alla Casa Bianca, accusando Obama di averlo spiato durante la campagna elettorale e annunciando una inchiesta in proposito. Esagerazioni? Le intemperanze che ormai conosciamo bene? Che dire allora di Obama il quale, dopo aver rafforzato i programmi di intercettazione su larga scala negli Usa, e mentre Hillary stava per essere sconfitta, imbracciò il bazooka e sparò la notizia sui presunti hacker russi implicati insieme a WikiLeaks nel manomettere le elezioni (noi diremmo scoperchiare le malefatte del partito democratico in campagna elettorale...). Secondo Obama c'era una specie di piano russo per far vincere a Trump le elezioni. Teorema rimasto senza una evidenza concreta che portasse al Cremlino.
Chi oggi si lamenta della veemenza del Don contro Barack lo spione, dicendo che Trump non ha portato prove a sostegno delle accuse rivolte al suo predecessore ("mi ha fatto intercettare"), dimentica che è stato Obama il primo a giocare sporco; ma com'è normale in un sistema mediatico deviato dal politicamente corretto, quando era Obama ad accusare Trump di flirtare con gli hacker russi giornaloni ed emittenti televisive davano enorme risalto a queste storie; oggi che invece è Trump a denunciare la spiata obamiana, subito si contestano le “verità alternative” della Casa Bianca. Che alternative quanto vuoi appaiono comunque verosimili.
Del resto, la inglese BBC, non l'ultimo sito di bufale, ha parzialmente dato credito agli scoop circolati in rete su possibili ordini, diramati dalla Casa Bianca di Obama, d’accordo con l’FBI e l’intelligence, per ‘monitorare’ la campagna elettorale di Trump, seguire e ascoltare gli uomini del suo entourage, e magari, aggiungiamo noi, colpire, com’è già avvenuto dopo l’insediamento del Don, prima costringendo alle dimissioni qualche pezzo grosso dell’amministrazione, poi puntando al bersaglio dell’impeachment presidenziale.
Solo che, come accadde in campagna elettorale, gli avversari di Trump continuano a sottovalutare la capacità che ha il nuovo presidente di rilanciare in continuazione, di far saltare come una santabarbara i media, conoscendone fin troppo bene le dinamiche: l’accusa a Obama, sei uno spione, è stata una delle tipiche deflagrazioni mediatiche trumpiste. E dopo la Cia, il Don apre un altro fronte conflittuale con l’FBI, guidata da quel Comey, nominato da Obama, che, in campagna elettorale, sul Clintongate diventato Russiagate non si è mai capito bene fino in fondo che ruolo ha giocato.
Lo scontro istituzionale continua, ma Trump, appunto, rilancia: il nuovo ordine che blocca l’immigrazione dai Paesi sponsor del terrorismo è stato firmato, Iraq escluso (“è un nostro alleato nella lotta all’ISIS), né verranno toccate le carte verdi. Il 52 per cento degli americani approva le restrizioni, secondo un sondaggio dell'agenzia di stampa Associated Press (Ap) e del NORC Center for Public Affairs Research. Il gigante Exxon, intanto fa sapere che investirà 20 miliardi di dollari negli Usa, America First. E Obama, insieme al tetragono Comey, si trova nell’imbarazzante situazione di dover spiegare agli americani se le accuse sono vere o false, visto che Trump insiste e scomoda un nuovo Watergate con protagonista Barack Hussein.
Stavolta ai Democratici non basterà evocare i fantasmi del Cremlino, quell’aria da maccartismo dilagata negli Usa subito dopo la vittoria di Trump. Ma adesso alla Casa Bianca c'è il Don e il castello di carte costruito dall’ex presidente rischia di crollargli addosso, a Obama, a chi se no.
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