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 Oggetto del messaggio: Re: Mr. President Trump
MessaggioInviato: 26/12/2017, 10:06 
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 Oggetto del messaggio: Re: Mr. President Trump
MessaggioInviato: 26/12/2017, 12:47 
Gerusalemme capitale

"Eurabia" schierata contro Trump e Israele

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L'approvazione all'Assemblea generale dell'Onu della risoluzione che condanna la decisione degli Stati Uniti di spostare l'ambasciata israeliana a Gerusalemme segna il più alto grado di divisione tra Stati Uniti e democrazie europee dall'inizio del scondo dopoguerra. Nessun paese del vecchio continente, tanto meno membro della Ue, ha votato contro. Tutti favorevoli salvo 6 dei 35 astenuti (tutti stati dell'Europa orientale: Bosnia, Croazia, Romania, Repubblica Ceca, Polonia e Ungheria) e qualche assente.

In passato anche quando la distanza tra le due sponde dell'Atlantico era sembrata allargarsi a dismisura – cioè in occasione dell'intervento armato degli Stati Uniti in Iraq deciso da George Bush Jr nel 2003 – alla posizione nettamente contraria presa da Germania e Francia aveva fatto da contraltare un appoggio netto alla linea di politica estera americana da parte degli stati europei aderenti alla cosiddetta "coalizione dei volenterosi – da Gran Bretagna, Spagna e (più cautamente) Italia ai paesi slavi e baltici. Successivamente, la politica di relativo disimpegno e di ambiguo leading from behind messa in atto da Barack Obama rispetto a Mediterraneo e Medio Oriente aveva attutito (o nascosto sotto il tappeto) i contrasti.

Ora, nel momento in cui Donald Trump – che all'inizio del suo mandato veniva ritenuto fautore di una linea isolazionistica e di un più stretto raccordo con la Russia putiniana – riafferma invece un atteggiamento classicamente presenzialista, da superpotenza attiva, sullo scacchiere mediorientale, rinsaldando i legami con Israele e cercando soprattutto di isolare l'Iran e i suoi emissari di Hebollah e Hamas, il dissidio riesplode nella forma più clamorosa. Anche il Regno Unito – archiviando definitivamente la special relationship con gli Stati Uniti - si è allineato al grosso dei paesi del vecchio continente e della Ue in un rifiuto condito di atteggiamenti persino sprezzanti (si veda per tutti il recente discorso del "ministro degli esteri" Ue Federica Mogherini davanti al premier israeliano Benjamin Netanyahu a Bruxelles).

A cosa è dovuto questo blocco da parte europea (senza considerare l'opposizione geopolitica costante della Russia di Putin, che secondo molti avrebbe dovuto essere appunto un interlocutore privilegiato della politica estera trumpiana) rispetto alla riaffermazione di una consolidata strategia statunitense rispetto all'area, più volte ribadita in passato anche durante i mandati di presidenti democratici come Bill Clinton? Perché l'Ue è sempre più lontana da Israele, che rimane l'unica democrazia liberale del Medio Oriente e accentua sempre più la propria centralità economica e culturale tra i paesi altamente industrializzati del mondo?

Naturalmente elementi di distanza dall'asse Usa/Israele e di vicinanza ai paesi arabo-islamici sulla questione mediorientale erano già presenti da lungo tempo nelle democrazie del vecchio continente. La vicinanza geografica, la preoccupazione per la propria sicurezza, il fabbisogno di fonti energetiche, i molteplici e radicati rapporti economici e commerciali, il retaggio di interessi coloniali e post-imperiali (nel caso di Francia e Gran Bretagna) spingevano senza dubbio fin dagli anni Quaranta e Cinquanta molte nazioni europee a guardare con preoccupazione ai conflitti legati alla nascita dello Stato ebraico, e a cercare per converso di costruire un ponte di dialogo con il mondo arabo. Ma nel periodo della guerra fredda queste spinte erano contenute dall'allineamento alla Nato, e dal fatto che anche in Medio Oriente si era andata riproducendo a grandi linee la polarizzazione tra Usa e Urss come "patroni" rispettivamente di israeliani ed arabi: una polarizzazione che obbligava ad una scelta netta di campo. Tuttavia, come nei confronti dell'Urss, anche verso il mondo arabo alcuni paesi (tra cui l'Italia) cercarono di ritagliarsi, all'interno di questo quadro, soprattutto un ruolo di mediazione.

Man mano, poi, che il bipolarismo tra le due superpotenze si andò allentando, e che al contempo la situazione nel Medio Oriente si andò facendo più complessa con l'emergere dell'estremismo palestinese e l'affacciarsi dell'integralismo islamico, l'Europa di area comunitaria spostò sempre più l'asse della propria politica estera, pur non rinnegando ufficialmente la linea della Nato, verso una esplicita convergenza con la "causa palestinese" e con le classi dirigenti arabe. Fino ad arrivare all'aperta presa di distanze dalla superpotenza americana maturata dopo l'11 settembre 2001, la "war on terror" di Bush e il conflitto iracheno.

Ora, però, alla base dell'ulteriore approfondirsi del fossato che separa il nocciolo duro dell'Europa dall'altra sponda dell'Atlantico e da Israele c'è un fattore ulteriore oltre quelli già elencati, emerso nel frattempo con sempre maggiore evidenza: l'enorme incremento dell'immigrazione dai paesi islamici, che in molti paesi del Vecchio Continente ha raggiunto ormai percentuali rilevanti della popolazione; e la consapevolezza – per quanto dissimulata – che non soltanto nelle comunità provenienti da quei paesi l'integrazione con le società ospitanti non fa significativi passi avanti, ma anzi all'interno di esse si formano sempre più enclaves fanatiche ostili all'Occidente. Prima gli attacchi di Al Qaeda, poi negli ultimi anni la diffusione sanguinosa del terrorismo dell'Isis, ad opera soprattutto di immigrati di seconda e terza generazione, hanno precipitato i governanti europei in uno stato di costante paura, e li hanno convinti sempre più della necessità di non esasperare i contrasti con gli islamici residenti nel loro territorio. Da qui la tendenza a cedimenti sempre maggiori delle classi politiche europee su princìpi fondamentali come la libertà di espressione, le radici ebraico-cristiane del continente, e, appunto, la questione arabo-israeliana, usata spesso dalle frange integraliste per giustificare atteggiamenti violenti e intolleranti.

Insomma, ciò che non viene detto esplicitamente, ma è chiaro a chiunque voglia vedere dietro le posizioni supinamente anti-israeliane ostentate oggi dai governi europei (di varia estrazione politica: destre moderate come May e Rajoy; centristi come Merkel e Macron; sinistre come Gentiloni o il Ps portoghese) contro la decisione di Trump su Gerusalemme capitale dello Stato ebraico, è il fatto che si sta ormai realizzando la profezia di Oriana Fallaci sulla nascita dell'"Eurabia": un continente che sta perdendo la propria identità e i propri principi di umanesimo ebraico-cristiano e illuministico in nome della più relativistica secolarizzazione, ma al contempo è sempre più potentemente infiltrato dall'islamismo.

Unica eccezione a questo quadro – più flebile che all'epoca della "coalizione dei volenterosi" – è la già citata astensione di slavi e "orientali". E' una fiammella rimasta accesa, ma è anche per ora troppo poco per sperare in un rinsavimento, e in un ritorno dell'Europa al ruolo di presidio di civiltà che essa avrebbe il dovere di svolgere, innanzitutto per la propria sopravvivenza. Tale ruolo non potrebbe, infatti, prescindere da un raccordo organico con Israele, avamposto dell'Occidente in una regione del mondo che del modello occidentale di società, quando conforme alle sue migliori tradizioni, avrebbe un disperato bisogno.

https://www.loccidentale.it/articoli/14 ... -e-israele



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 Oggetto del messaggio: Re: Mr. President Trump
MessaggioInviato: 28/12/2017, 13:31 
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 Oggetto del messaggio: Re: Mr. President Trump
MessaggioInviato: 29/12/2017, 19:25 
Come da copione il presidente americano Donald Trump ha delegittimato anche il WTO, ovvero la World Trade Organization.

L’ultimo round del WTO si è risolto con un nulla di fatto

È successo lo scorso fine settimana nella capitale argentina di Buenos Aires, dove si erano radunati più di 160 delegati dei Paesi membri dell’Organizzazione Mondiale del Commercio. Sotto lo sguardo del Direttore dell’Organizzazione, i round della tre giorni di incontri si sono risolti oltre che con un nulla di fatto, anche con una messa in discussione della natura stessa dell’Organizzazione.
LEGGI ANCHE
Il dramma delle venezuelane che fuggono in Colombia

La colpa è stata, come di consueto avviene ultimamente, imputata agli Stati Uniti di Donald Trump. Per mezzo del Rappresentante al Commercio Robert Lighthizer gli USA hanno deciso di iniziare l’incontro di Buenos Aires ponendo una questione sul ruolo del WTO nel mondo. Una decisione che non dovrebbe sorprendere affatto, considerato che già durante la campagna elettorale, Donald Trump aveva espresso perplessità su un sistema di relazioni mulilaterali, ma soprattutto sull’assenza di protezioni commerciali per l’ingresso di prodotti esteri. I due punti su cui è nata e si basa proprio l’Organizzazione Mondiale del Commercio.

Al contrario di ciò che si dice Trump non crede in un’ America chiusa, anzi. Da buon imprenditore crede invece fermamente negli accordi bilaterali, vis a vis, come il recente viaggio in Cina ha dimostrato. Per la nuova presidenza americana le riunioni multilaterali sono lunghe, inconcludenti, ma soprattutto costose, meglio, dunque, disimpegnarsi.
Trump è davvero un mercantilista?

Così a Buenos Aires il rappresentante USA si è poi opposto a un comunicato che intendeva sancire la centralità del WTO all’interno del sistema di accordi multilaterale e ha, infine, abbandonato la conferenza in maniera anticipata. La Casa Bianca intende snobbare dunque il WTO. Immediata è stata la reazione a livello mediatico, dove il gesto americano è stato descritto come “mercantilista”, “protezionista” e “nazionalista”. Termini usati dalla stampa con connotazione più che negativa. Secondo, per esempio, Bloomberg “il mondo continua ad aver bisogno del WTO” perché “il libero scambio è la più grande invenzione di prosperità economica che il mondo abbia mai visto”, mentre il mercantilismo si baserebbe sulla teoria “fallace”, per cui uno Stato guadagna solo se le esportazioni eccedono le importazioni.

In realtà la dottrina Trump non è ascrivibile alla corrente mercantilista, per diverse ragioni. Innanzitutto è impossibile per gli Stati Uniti, primo Paese importatore al mondo, pensare di sovvertire così la bilancia del commercio estero. In secondo luogo bilateralismo non è sinonimo di mercantilismo. I recenti accordi raggiunti con la Cina da Donald Trump intendono difendere il mercato del lavoro interno americano da un’eccessiva quantità di prodotti cinesi. Non vi è invece alcuna intenzione di spingere sulle esportazioni a discapito delle importazioni.
Quali sono stati i benefici del WTO?

Resta ora da discutere quale possa essere il ruolo del WTO in un mondo dove il multilateralismo sembra aver fallito. Critiche all’organizzazione sono infatti arrivate anche dall’India, il cui rappresentante Suresh Prabhu ha sottolineato come l’Organizzazione non rappresenti gli interessi delle economie emergenti. Prabhu ha poi espresso l’intenzione di organizzare un “mini meeting” sulla questione. Anche dall’India dunque si è convinti che una riunione così allargata di Stati non porti a niente e che quindi sia necessario organizzarsi in maniera più ristretta e mirata.

Se le istanze di alcune potenze mondiali sono cambiate, per comprendere un possibile futuro del WTO è doveroso anche guardarne i risultati. Dall’anno di introduzione del GATT, gli accordi da cui ha preso origine il WTO, la forbice del divario del PIL pro capite tra Stati Uniti ed Europa con il resto del mondo si è notevolmente allargata. Un effetto confermato da John Schmitt e Ben Zipperer, studiosi del Centre for Economic Policy Research, che hanno indicato proprio nella deregolamentazione del mercato una delle cause della crescita della disuguaglianza economica tra Paesi.
L’Organizzazione è destinata ad estinguersi

Il WTO ha poi creato polemiche circa la gestione di certe controversie tra Stati. Passata, ahinoi, alla storia è stata la guerra commerciale tra Unione europea e Stati Uniti sul commercio di carne agli ormoni di produzione americana. L’Unione europea, che dagli anni ‘80 aveva vietato l’importazione della carne agli ormoni, venne condannata proprio dal WTO e sottoposta al regime di sanzioni per 116,8 milioni di dollari all’anno. Questo nonostante le evidenze scientifiche portate da Bruxelles che dimostravano i danni causati dalla carne americana. Il WTO è dunque la copertina più adeguata per descrivere il fenomeno della globalizzazione. Un tempo annunciata come bene assoluto in grado di appianare qualsiasi ingiustizia, mentre oggi ha mostrato al mondo il suo grande bluff. Senza più il faro americano il WTO è dunque destinato a trasformarsi in una riunione tra politici senza più alcun peso nell’economia mondiale.

http://www.occhidellaguerra.it/donald-t ... anization/



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 Oggetto del messaggio: Re: Mr. President Trump
MessaggioInviato: 31/12/2017, 13:09 
Più occupazione negli Usa

Make America Great Again, Trump chiude in attivo il 2017

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La nuova America di Trump chiude il suo elettrizzante 2017 con 228mila nuovi posti di lavoro creati a novembre, un dato che come altri va oltre le previsioni degli esperti. Il Don sta realizzando il cuore del suo programma elettorale, MAGA, Make America Great Again, ridare lavoro agli americani.

La storica riforma fiscale passata di recente è destinata a creare nuovi investimenti e a far crescere l’economia Usa. Crescita, occupazione, investimenti. In mezzo ci sono stati il Russiagate, il presunto scandalo degli hacker russi. Le accuse di molestie sessuali e il caos di Charlottesville. Gli atleti che non cantano l’inno per protesta e il voto antiamericano dell'Onu contro Gerusalemme capitale di Israele.

Un’altra decisione storica di Trump, Gerusalemme Capitale, mettere in atto quello che i suoi predecessori avevano detto ma non fatto. Superare le fallimentari road map e ripensare il conflitto israelo-palestinese.

Dei meriti di Trump ancora non c’è traccia su autorevoli riviste dell’establishment americano, come The Atlantic, impegnate fino a ieri a fare una sintesi del primo anno di presidenza tutto schiacciato su russi e scandali vari. Doveva essere la fine dell’America, la presidenza Trump. Ma qualcosa ci dice che è solo l’inizio.

https://www.loccidentale.it/articoli/14 ... vo-il-2017



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 Oggetto del messaggio: Re: Mr. President Trump
MessaggioInviato: 31/12/2017, 14:34 
Quella di Trump è una bolla speculativa o meglio ancora una bolla illusoria. Trump nelle sue manovre ha di fatto favorito i ricchi a sfavore dei poveri.......
Cita:
Premi a ricchi e corporation, ecco la riforma fiscale di Trump

http://www.adnkronos.com/fatti/esteri/2 ... WB9PI.html

Del resto chi poteva favorire un ricco sfondato se non i suoi simili??? Ne riparleremo a fine mandato quando gli americani faranno i conti sulla reale qualità della loro vita e speriamo che nel contempo il parruccato non schiacci il bottone dell'atomica.



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 Oggetto del messaggio: Re: Mr. President Trump
MessaggioInviato: 31/12/2017, 16:55 
.. ecco; vedremo. [^]



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 Oggetto del messaggio: Re: Mr. President Trump
MessaggioInviato: 06/01/2018, 14:23 
Trump al contrattacco: «Mi accusano da ogni fronte dopo la bufala Russiagate»

Trump accusa i “Fake news media” e il “falso nuovo libro” di Michael Wolff di «attaccare ogni nuovo fronte immaginabile» dopo che la collusione con la Russia si sta rivelando a suo avviso una “bufala totale”. «Bene, ora che la collusione con la Russia sta dimostrando di essere una bufala totale e che l’unica collusione è tra Hillary Clinton e l’Fbi/Russia, i Fake News Media (Mainstream) e questo falso nuovo libro stanno attaccando ogni nuovo fronte immaginabile. Dovrebbero provare a vincere una elezione. Triste!». Donald Trump si prende poi il merito dei record di Wall Street e accusa i “Fake News media” di quasi ignorarli, sostenendo che con Obama sarebbe stata «la storia più’ grande sulla terra». «Il Dow Jones e’ andato da 18.589 del 6 novembre 2016 ai 25.075 di oggi, per il record di tutti i tempi. È balzato di 1000 punti nelle ultime 5 settimane. Il record di 1000 punti piu’ veloce nella storia. Tutto grazie all’agenda Make America Great Again! Lavoro, lavoro, lavoro Creato un valore di 6000 miliardi di dollari!».

http://www.secoloditalia.it/2018/01/tru ... ussiagate/



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 Oggetto del messaggio: Re: Mr. President Trump
MessaggioInviato: 07/01/2018, 19:37 
Trump pronto al rilancio del piano sulle infrastrutture

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La vittoria legislativa conseguita dall’amministrazione Trump sul terreno della riforma fiscale ha riaperto il dibattito su un altro, importante progetto che il Presidente aveva inserito nella sua campagna elettorale, ovvero lo sviluppo delle infrastrutture statunitensi.

Il lungo decorso in sede congressuale del fallito tentativo di smantellamento della Obamacare e della riforma fiscale hanno fatto sì che la presentazione del disegno di legge sulle infrastrutture, prevista da Trump per i suoi primi 100 giorni di governo, non avvenisse nel 2017. Secondo quanto riportato da Bloomberg, il mese di gennaio 2018 potrebbe essere propizio per tale proposta, dato che Trump potrebbe essere tentato di sfruttare a suo favore il vento favorevole al Congresso per avviare il piano di rilancio delle infrastrutture statunitensi.
L’idea di Trump sulle infrastrutture: un piano da mille miliardi di dollari

Nell’abbozzo inizialmente prospettato dai portavoce dell’amministrazione, il progetto sul rilancio infrastrutturale degli Stati Uniti prevedeva un investimento decennale dal valore complessivo di 1.000 miliardi di dollari da ripartire tra investimenti diretti degli enti pubblici federali, degli Stati e del settore privato e tagli d’imposta per 200 miliardi di dollari a attori di primo piano come il colosso dell’ingegneria AECOM, il cui CEO Michael Burke é tra i principali sponsor del disegno di legge.

La Casa Bianca e il Dipartimento del Tesoro hanno ritenuto impossibile un’approvazione in combinato disposto della riforma fiscale e del disegno di legge sulle infrastrutture, quindi ora sperano che il successo del primo traini il secondo, facendo sì che si possa assistere a un completo rilancio di numerosi settori economici statunitensi e alla creazione di centinaia di migliaia di posti di lavoro grazie ai benefici dello stimolo fiscale.

Resta da verificare, invece, l’esistenza di spazi di cooperazione con i democratici: dopo un anno di aspre divisioni e la completa balcanizzazione del panorama congressuale, non è detto che siano ancora valide le parole pronunciate poco dopo la vittoria di Trump dalla leader della minoranza democratica alla Camera,Nancy Pelosi, che vedeva nel piano sulle infrastrutture un terreno di comune lavoro con il Presidente.
Il rilancio dopo il disastro dell’Amtrak e le contraddizioni del bilancio

Dopo il disastroso incidente dello scorso dicembre nello Stato di Washington, causato dal deragliamento di un treno dell’Amtrak che ha portato alla morte di tre persone, Trump ha nuovamente sottolineato come il disegno di legge sulle infrastrutture avrebbe rappresentato la migliore garanzia contro il verificarsi di nuove tragedie dello stesso genere.

Mentre le infrastrutture statunitensi vanno a fondo, infatti, il governo federale, che propone nella loro riqualificazione un volano per lo sviluppo economico, ha tagliato i fondi a diverse compagnie di trasporto come la stessa Amtrak, costringendole a un’austerità di bilancio che ha alimentato inefficienze, disservizi e problematiche culminate con la tragedia di dicembre, come segnala la ABC.

La sfida per il rilancio della connettività infrastrutturale interna all’America sarà decisiva per dare sostenibilità ai progetti economici di Trump: il lavoro da fare non manca, e l’istanza sollevata da Trump è senz’altro legittima, sebbene vada incasellata in una serie di politiche coerenti che non può prescindere da un piano singolo di investimenti, per quanto esteso. Con 60mila ponti a rischio, il 32% delle strade con manutenzione carente e 31 miliardi di dollari di perdita annua stimata per la scarsa capacità degli aeroporti, sulle infrastrutture gli Stati Uniti si giocano una grande fetta del loro futuro.



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 Oggetto del messaggio: Re: Mr. President Trump
MessaggioInviato: 07/01/2018, 20:09 
[;)]

"Fire and Fury"
Quel geniaccio di Trump!


Vedrete che anche la storia di "Fire and Fury", il libro scandalo su “Trump lo scemo” che pare stia spopolando su Amazon appena è stato messo in vendita (con una spregiudicata operazione editoriale per anticipare le mosse del team legale del Don), nel giro di qualche giorno finirà nel dimenticatoio. Assieme a tutte le altre favole inventate sul presidente degli Usa più odiato dalla stampa, dai benpensanti e dall’elite colta o presunta tale americana e globale. Il Russiagate, il superscandalo per cui Trump sarebbe stato una marionetta nelle mani del russo Putin, si è afflosciato e adesso i nemici del Don sperano in un altro guizzo del superprocuratore Mueller che però non arriva e che nel recente passato, quand’è arrivato, più che altro si è rivelato un problema per i Democratici.

A provare a far passare il Don per un citrullo, e dunque “unfit”, incapace di governare, ci aveva già provato per una intera campagna elettorale quella cima della politica Usa che i posteri ricorderanno per aver rimediato una sonora sconfitta, Hillary Clinton, azzoppata lei sì da uno scandalo, quello vero, sulle email spedite senza ritegno o osservanza della sicurezza nazionale dal suo account di posta privata quando era segretario di Stato di Obama. Adesso arriva il bestseller tutto fondato sulle rivelazioni o presunte tali (pure queste) dell’inner circle o almeno così dicono trumpista (la Casa Bianca smentisce tutto), che spara a zero sul presidente dandogli del bambinone e dell’allocco. Dalle anticipazioni del libro emergerebbe, udite udite, che la first lady Melania è indispettita da questo marito che va a letto un po' troppo presto.

Da qui, cioè dal gossip puro, al giudizio politico trash, il passo è breve: inadatto a governare. Con tanto di dichiarazioni dell’ex braccio destro poi epurato, Steve Bannon, il “cervello” della vittoria trumpista, com'è stato presentato, che ora si unirebbe al coro dei sapientoni. Se così fosse crollerebbe un altro mito degli antitrumpisti, il Don presidente della "estrema destra" (tradotto dal politically correct, destra nazionalista). In ogni caso. Il Russiagate si sta rivelando una bufala. Il bestseller annunciato vedremo quante copie venderà. I media messi tutti insieme non riescono a star dietro a un semplice tweet di Trump, che essendo uno che risponde sempre alle polemiche alzando il livello dello scontro, si è limitato a rispondere: "io sono geniale", "sono smart", sono stato un finanziere e imprenditore, sono stato una star televisiva, adesso sono presidente. E voi?

Come ai tempi di Reagan, si cerca di far passare per uno stupido quello che invece è un eroe della classe media, il Lancillotto dei conservatori “blue collar”, dei democratici passati a destra perché non ne possono più di com’è stata gestita negli ultimi dieci, vent’anni la politica interna ed estera e la politica economica americana. Trump geniale per la sua riforma del fisco che fa scattare l’onda degli investimenti e della produzione in una economia già in forte ripresa. Trump geniale perché scarta rispetto a decenni di processo di pace in Medio Oriente riconoscendo Gerusalemme Capitale e andando all’attacco con la bravissima ambasciatrice Haley alle Nazioni Unite, Trump che dice parole chiare, che sono il contrario dell’appeasement obamiano, sulla libertà del popolo iraniano, sugli Stati Uniti che “vigilano”, su una America tornata grande che non teme i turbanti atomici.

Trump geniale. Se gli americani, non solo quelli che lo hanno votato, ci crederanno ancora, superato lo scoglio delle elezioni di midterm, potrebbe aprirsi un secondo mandato che permetterebbe al Don di realizzare su una vasta portata il suo storico disegno di un'America tornata grande, un ventunesimo secolo ancora americano e occidentale. Dopo il globalismo, dopo Obama, dopo i neocon, dopotutto c’è Trump. E i media e il popolo del teatrino internettiano mediatico politico e culturale assatanati per il nuovo bestseller del momento resteranno, di nuovo, delusi stupiti col becco chiuso. Del resto stupido è chi lo stupido fa, avrebbe detto qualcuno.

https://www.loccidentale.it/articoli/14 ... o-di-trump



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 Oggetto del messaggio: Re: Mr. President Trump
MessaggioInviato: 08/01/2018, 11:11 
avete sentito l'ultima? bannon sta ritirando tutto quello che ha scritto dicendo che supporterà sempre trump ecc... sono cose non vere. chi l'ha pagato o obbligato a fargli scrivere e dire qeulle cose? anche il direttore dell'fbi dice che sono balle.


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 Oggetto del messaggio: Re: Mr. President Trump
MessaggioInviato: 08/01/2018, 13:37 
Beh qualcuno dietro deve esserci e se fa i nomi magari vicini alla galassia Clinton viene fuori un bel polverone. Gli USA sono al totale collasso istituzionale ma soprattutto morale e sociale.



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 Oggetto del messaggio: Re: Mr. President Trump
MessaggioInviato: 08/01/2018, 13:40 
.. e questo lo riconosco anch'io (ci mancherebbe)!
Comunque, al resto, ci ha pensato Obama e la sua sguattera Hillary ... [:293]



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 Oggetto del messaggio: Re: Mr. President Trump
MessaggioInviato: 08/01/2018, 13:46 
Indagine sulla fondazione Clinton: presunta corruzione

La Clinton di nuovo sotto la lente dei federali. I media americani hanno dato notizia di una nuova inchiesta riguardante la fondazione dei coniugi DEM

Immagine

La fondazione Clinton è finita nuovamente sotto la lente d'ingrandimento dell'Fbi e dei federali, che stanno indagando su presunte ipotesi di corruzione.

A riferirlo sono stati i media americani. Gli investigatori stanno verificando, inoltre, se ai tempi della segreteria di Stato i donatori abbiano in qualche modo avuto la possibilità di accedere con modalità privilegiate alle stanze di potere occupate da Hilary ai tempi e se ci siano stati casi di abusi nelle esenzioni fiscali. Il discusso ente fondato nel 1997 da Bill Clinton, insomma, è finito un'altra volta, non per meriti filantropici, al centro della scena giornalistica. E così, mentre l'attenzione della maggior parte dei media è concentrata sul caso di "Fire and Fury", questa notizia sta passando un po' in sordina.

Il sospetto è fondamentalmente questo: la Clinton potrebbe aver dispensato favori politici ai donatori della fondazione, utilizzando in qualche modo il dipartimento di Stato come mezzo di scambio. I dettagli sull'inchiesta, però, sono ad oggi sconosciuti. Alcuni quotidiani schieratisi contro Donald Trump stanno legando questa ennesima indagine sull'ex candidata democratica ad alcune recenti prese di posizione del presidente degli Stati Uniti, "insistenze" tramite le quali il tycoon aveva chiesto di far luce su "Uranium One": un caso che segnalerebbe la consistenza dei rapporti intercorsi tra l'azenda russa Rosatom e la Clinton Foundation. Come ha spiegato Roberto Vivaldelli in un articolo su Gli Occhi della Guerra: "Mentre i russi presero gradualmente il controllo di Uranium One in tre transazioni distinte dal 2009 al 2013, secondo il New York Times, il presidente canadese della compagnia con sede a Toronto, Ian Telfer, fece quattro donazioni diverse alla Clinton Foundation attraverso la fondazione di famiglia, per un totale di 2,35 milioni di dollari". Le perplessità, in questo caso, riguarderebbero le acquisizioni della Rosatom negli States, che sarebbero avvenute in contemporanea con le donazioni elargite in favore della fondazione. L'indagine dell'Fbi potrebbe riguardare proprio queste vicende rilanciate da The Hill nell'ottobre scorso.

Per i democratici, ovviamente, l'inchiesta è correlata ai tentativi del partito repubblicano di delegittimare l'azione politica degli avversari politici. Nel novembre del 2017, il ministro della Giustizia Jeff Sessions aveva accolto positivamente la richiesta proveniente tanto da Trump quanto dai repubblicani di aprire un'indagine speciale sulla fondazione dei coniugi dem: "Riporteranno direttamente al ministro della giustizia e al suo vice, raccomanderanno se aprire nuove inchieste, e se ci siano temi che meritano un procuratore speciale", aveva dichiarato il procuratore generale. Il presidente degli States, dal canto suo, aveva tuonato: "Tutti si chiedono perchè il Ministero di Giustizia e l’Fbi non investigano in tutti i casi di disonestà che avvengono dalle parti della corrotta Hillary (Crooked Hillary) e dei democratici". Il dipartimento di Giustizia, prima di allora, si era solitamente opposto alle mosse dell'Fbi. Adesso la musica sembra cambiata. Trump aveva contestato anche i vertici dell'Fbi, ipotizzando un legame del vicepresidente Andrew McCabe con la Clinton: "Il vicedirettore del Fbi Andrew McCabe sta contando le ore perché si ritiri a pieni benefit. Ancora 90 giorni perché se ne vada?!!!", aveva twittato il Tycoon il 24 dicembre scorso. I federali statunitensi, in ogni caso, sembrano aver deciso di squarciare il velo di Maya e indagare dettagliatamente sull'operato della Clinton Foundation. I democratici hanno derubricato la cosa etichettando l'inchiesta a mossa politica, ma le contestazioni potrebbero riguardare aspetti essenziali dell'indipendenza politica tanto cara agli americani.

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/ind ... 80729.html



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 Oggetto del messaggio: Re: Mr. President Trump
MessaggioInviato: 08/01/2018, 14:13 

Fondi sospetti e favori agli amici: ancora indagini sul clan della Fondazione Clinton


Washington, 7 gen – L’Fbi intende nuovamente compiere indagini sulla Fondazione Clinton, fatta nascere e retta dal 1997 dall’ex Presidente Bill Clinton, per presunti casi di corruzione. I quotidiani italiani riportano la notizia in modo ridotto, d’altra parte il giornalismo italiano ha scelto di schierarsi praticamente senza eccezioni con la Clinton ai tempi e sicuramente contro Trump ancora oggi, anzi insinuando che ci possa essere una pressione dell’attuale presidente che tenti in questo modo di delegittimare i propri avversari politici tramite le leve giudiziarie (tu quoque).

In realtà la puzza di marcio è tanta e solo l’enorme influenza dei Clinton sta impedendo che indagini del genere possano ricevere l’attenzione che meritano (e che avrebbero meritato anche in passato). Oggi però i Clinton cominciano ad avere i propri nemici anche nelle file del proprio partito: agli occhi di molti infatti, il fatto che la Clinton non si faccia decisamente da parte sta penalizzando il partito in vista delle prossime sfide politiche e il sistema dei seggi Usa, basato sullo spoils system, rende i senatori poco disposti a perdonare ad un leader di essere un perdente o peggio, un peso per il partito. Pertanto le indagini potrebbero anche avere una conclusione diversa stavolta.

Anche perchè innegabilmente di materiale su cui indagare c’è n’è parecchio: ad uso del lettore ne riportiamo una frazione.

Già nell’agosto del 2016 arrivarono alla stampa un dossier composto da mail provenienti dalla stretta collaboratrice di Hillary, la nota Huma Abedin (esatto, quella sposata con il promettente candidato democratico alla carica di Sindaco di New York Anthony Weiner la cui carriera si è conclusa con una condanna a 21 mesi di carcere per aver mandato, tra le altre delicatezze, foto dei propri “gioielli di famiglia” ad una ragazzina di quindici anni) dal quale sembrava ipotizzabile il fatto che fare donazioni alla Fondazione Clinton fosse una procedura preferenziale per accedere a colloqui e incontri al Dipartimento di Stato retto dalla moglie Hillary.

Vero? Falso? non lo sappiamo, vi lasciamo un paio di numeri su cui riflettere: su 154 incontri personali o telefonici non con membri del governo Usa avuti dalla Hillary nello svolgimento dei propri compiti al Dipartimento ben 85 sono avvenuti con donatori della Fondazione. Un po’ elevata come correlazione per non essere sospetta.

Lo stretto rapporto tra uffici del Dipartimento, finanze della fondazione e uomini dello staff della Clinton conosce altre sovrapposizioni: nel 2012 la stessa Abudin è stata contemporaneamente assunta al Dipartimento di Stato, alla Fondazione Clinton, responsabile dello staff personale della Clinton, dipendente di una società di consulenza di proprietà dei Clinton: una non separazione tra cerchia amicale/famigliare e uffici governativi più tipica ai cari amici sauditi ed al loro stato patrimonio della famiglia Saud che alla tradizione statunitense.

Il Washington post notò che il fratello di Hillary, Tody Rodham, era membro del consiglio di amministrazione di una società mineraria molto fortunata che riuscì ad ottenere uno dei soli due permessi di estrazione concessi da Haiti negli ultimi 50 anni, ma che qualche maligno avrebbe potuto correlare la cosa coi miliardi dei contribuenti americani che Hillary aveva fatto avere ad Haiti nello stesso periodo.

Tutto questo senza neanche toccare la questione più grave: quella legata ai vari contributi ottenuti dalle varie aziende e personalità coinvolte a vario titolo con lo scandalo Urarium One, scandalo del quale in qualche modo anche i giornali, obtorto collo, hanno dovuto parlare.

Il materiale su cui indagare è infinito: i semplici costi delle conferenze tenute dal buon Bill Clinton, non appena la moglie è diventata Segretario di Stato, sono lievitati e qualcuno ha trovato sospetti alcuni incarichi in particolare: come le conferenze da mezzo milione di euro tenute presso banche legate al Cremlino ad esempio.

Ci fermiamo, ma è chiaro che si tratta solo della punta di un iceberg dal quale, al minimo, traspare una concezione politica da “ancien régime” dove una famiglia mescola risorse statali con obiettivi privati in modo talmente smaccato che ricorda l’assolutista “l’Etat, c’est moi” : qualcosa che, anche se si dovesse scoprire che formalmente è stata rispettata ogni legge, dovrebbe comunque spaventare gli elettori americani ed occidentali.

In ogni caso ci permettiamo di sospettare che ad indagini compiute l’Fbi non faticherà a trovare illegalità e che l’esito di queste ricerche dipendano ancora più dalla forza del clan Clinton che dalla loro onestà.

http://www.ilprimatonazionale.it/esteri ... ton-78038/


Capito perché i DEM ce l'avevano tanto con Donald ....? [8D] [;)]



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