Time zone: Europe/Rome [ ora legale ]




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 Oggetto del messaggio: Re: Sovranità italiana nulla, siamo gli zimbelli del mondo
MessaggioInviato: 05/04/2018, 15:15 
TheApologist ha scritto:
Eh... Ma la non vittoria di nessuno dipende dalla legge elettorale inculellum che hanno fatto... :D

In verità non del tutto: se la maggioranza degli italiani avessero votato 5 Stelle o Lega uno di questi due avrebbe comunque potuto governare a prescindere dalla attuale legge elettorale che fissa l'asticella al 51% cioè una percentuale difficile ma non certo impossibile da ottenere. Il 32% ai 5 Stelle e il 38% al Centrodestra evidenzia invece ancora una volta le spaccature di questo paese. Oltretutto tutti si lamentano del Rosatellum ma se avessimo avuto un premio di maggioranza più basso il mandato di governo lo avrebbe ottenuto il Centrodestra che col 38% risulta comunque la forza politica che ha preso più voti.

Tutto ciò si ricollega benissimo al discorso di prima sul non manifestare e sull'essere disuniti: lo siamo anche in politica oltre che in altre cose infatti in un paese unito chi vince governa, si rispetta l'avversario politico, e le somme si tirano a fine mandato. Da noi al contrario chi governa viene messo alla gogna mediatica e gli si fa le pulci per ogni cosa, cosa che certamente accadrà anche nel caso avessimo un nuovo governo a prescindere da chi lo presiederà perché è proprio nel costume italico sottoporre a critiche continue chi svolge determinate cariche.



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 Oggetto del messaggio: Re: Sovranità italiana nulla, siamo gli zimbelli del mondo
MessaggioInviato: 06/04/2018, 17:10 
A proposito di sovranità perduta...


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 Oggetto del messaggio: Re: Sovranità italiana nulla, siamo gli zimbelli del mondo
MessaggioInviato: 06/04/2018, 20:00 
[:290]

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Roma, 6 apr – “L’Islam è conquista e Roma è già conquistata” dice il rassicurante vegliardo intervistato da Marianna Canè in un servizio della trasmissione di Rete 4 “Dalla vostra parte” (Rete Quattro) sull’islamismo radicale in Italia.

L’interlocutore non si ritiene affatto un radicale e non dà valore a distinzioni che nascono all’interno delle affannose ermeneutiche occidentali del fenomeno: “Non c’è islam moderato o radicale. C’è l’islam”. Un altro intervistato più giovane ribadisce cosa sia per lui essere islamico: “Mangio come mangia il Profeta, dormo come dorme il Profeta, bevo come beve il Profeta” e in questa rigidità normativa si infrangono i tentativi europei di creare un euro-islam (che ricorda un po’ le patetiche rappresentazioni dell’euro-comunismo al tempo della cortina di ferro). La giornalista chiede all’anziano capo della congrega di integralisti che si sposta di moschea in moschea per richiamare i mussulmani residenti in Italia a una perfetta adesione al vero Islam come si comporterebbe di fronte a una donna che gira in abiti un po’ troppo succinti. La risposta è schietta: “Bisogna picchiarla, non dico di ucciderla, ma comunque di farle paura affinché capisca che ha sbagliato”.

Inutile stupirsi per queste frasi. Bisogna essere ingenui o in malafede per ritenere che l’islam del terzo millennio sia quello della miliardaria per connubio Afef. In realtà ovunque la presenza mussulmana si addensi nelle metropoli occidentali il risultato è grosso modo quello espresso dagli islamici intervistati. In una banda di oscillazione più o meno ampia si manifestano comportamenti che coerentemente si ispirano a modelli fissati nell’alto medioevo mediorientale.

E tuttavia al di là delle ovvie prese di posizioni etiche colpisce nel reportage l’insistenza su Roma e sulla sua conquista anche con argomentazioni logicamente fallaci. Dice il leader della congrega: “Roma è già conquistata perché lì abbiamo la più grande moschea d’Italia e vi sono altre nove moschee. Inoltre si può girare liberamente in abiti islamici e si possono fare feste islamiche in piazza”. Elementi di costume significativi ma che logicamente non dimostrerebbero un pieno possesso della capitale. Il vegliardo islamico aggiunge una chiosa che fa riflettere: “Le braccia degli italiani sono aperte all’Islam”.

Il mussulmano medio interpreta – e come dargli torto – l’accoglienza come sottomissione, la disponibilità come riconoscimento di una superiorità del mondo valoriale islamico. E “l’Islam è conquista” oggi come nell’ottavo secolo avanti Cristo. Meglio di mille interpreti occidentali, alla Cardini, l’integralista intervistato da Rete 4 spiega l’essenza di una religione squisitamente politico-militare.

Ma perché l’enfasi su Roma e sulla sua conquista? Abbiamo cercato, nel nostro piccolo, di spiegarlo in un saggio pubblicato a inizio 2018 dalle edizioni Solfanelli: “Profezie e Previsioni per il XXI secolo”. Nel saggio c’è un capitolo specifico intitolato “Roma Antiroma Terza Roma” in cui si dà ampio spazio ai detti del profeta che indicano la conquista di Roma (della “prima Roma”) come punto cruciale dell’affermazione mondiale dell’Islam.

Si potrebbe discutere a lungo sul contesto storico in cui quelle profezie furono elaborate e attribuite al profeta Maometto, ma in realtà il punto non è se quelle profezie siano realmente state pronunciate da Maometto. Il punto è che un miliardo di credenti le ritiene autentiche e infallibili. Nel saggio si cerca di dimostrare come il tema della “conquista di Roma” sia sentitissimo oggi dall’Isis – che ha costruito più di un video di propaganda su questo motivo – così come da certi ambienti di mussulmani moderati che magari si dichiarano lontani dal sedicente Stato Islamico o dagli eccessi di franchezza dell’integralista intervistato dalla Canè e che tuttavia si danno appuntamento davanti al Colosseo per una preghiera all’aperto che è una dimostrazione di forza di fronte alla pallide classi dirigenti italiane. Di forza proiettata alla conquista di Roma.

Il paradosso è poi che questi fervidi credenti attribuiscono alla Città una importanza storica che sfugge a quei politici che l’hanno ridotta a epicentro di intrighi parlamentari o a quei vescovi – italiani o argentini che siano – che l’hanno ridotta a zerbino delle proprie trame geopolitiche.

http://www.ilprimatonazionale.it/cultur ... lam-83017/


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 Oggetto del messaggio: Re: Sovranità italiana nulla, siamo gli zimbelli del mondo
MessaggioInviato: 07/04/2018, 17:06 
Lo sgambetto di Macron all’Italia



Di questi tempi, circa un anno fa, l’attenzione mediatica europea era concentrata sulla corsa all’Eliseo che avrebbe visto prevalere, nel mese di maggio, Emmanuel Macron, il cui partito La Republique En Marche! sarebbe stato poi premiato da una larga maggioranza alle elezioni legislative di giugno.

In Italia, il percorso di avvicinamento al voto presidenziale francese è stato caratterizzato dal compatto schieramento del sistema mediatico e della leadership politica nostrana a favore dell’ex ministro dell’Economia, percepito come homo novus capace di fermare la deriva populista incarnata dalla “fascista” Marine Le Pen e, in minore misura, dal radicale di sinistra Jean-Luc Mélenchon. I toni apocalittici e la lettura unidirezionale del confronto politico impedivano di comprendere un assunto fondamentale: che il tema centrale non era tanto la scelta tra Macron e Le Pen, quanto la constatazione che entrambi i front-runner incarnavano posizioni politiche che avrebbero prima o poi portato la Francia in diretta competizione con l’Italia.

Così è stato: già nel luglio scorso segnalavamo come le prime mosse del giovane inquilino dell’Eliseo sul fronte libico, la sua decisione di isolare l’Italia nella risposta all’emergenza migratoria e la sua interferenza nella questione dell’acquisizione dei cantieri navali di Saint-Nazaire da parte di Fincantieri rappresentassero la manifestazione di una netta ostilità nei confronti del nostro Paese.

Ora, complice la debolezza contrattuale di Roma e l’incapacità del nostro governo di imporre una definizione chiara e precisa degli interessi nazionali, la Francia è tornata a mettere sotto pressione l’Italia: Macron concepisce per sé un futuro da pivot del continente, e per l’Italia un ruolo da satellite, se non cliente, di Parigi. La doccia fredda, per i media e i politici nostrani che erano saltati sul carro del vincitore targato En Marche, è stata a dir poco brusca.
In Niger Macron non vede spazio per l’Italia

Un esempio di come l’attivismo di Parigi sia sistematicamente destinato al contenimento delle prospettive italiane è dato dalla complicata questione della missione in Niger approvata dal nostro governo nell’inverno scorso: le rimostranze di membri del discutibile governo di Niamey per l’impegno italiano nel Paese appaiono come la manifestazione dell’analogo scontento registrato a Parigi a causa della reticenza di Roma a inserire il contenuto contingente nazionale nei quadri delle truppe francesi stanziate in Niger.

Come scritto da Gianandrea Gaiani: “La Francia aveva fatto sapere di apprezzare l’impegno militare italiano in Niger, ma chiedeva che i nostri militari combattessero i jihadisti e che di conseguenza fossero posti sotto il comando francese. Non mancano quindi le ragioni che spieghino il tentativo francese di sgambettare la missione di Roma che paga anche la rinuncia ad affidare ruoli di combattimento ai militari contribuendo a rendere anche questa missione italiana marginale per i nigerini”.
Confini contesi

Macron, dopo la sua elezione, è stato presentato come il volto nuovo dell’europeismo, l’uomo capace di traghettare il progetto transnazionale a un nuovo stadio. Ciononostante, e anche comprensibilmente, il presidente ha puntato in primis ad ampliare lo spazio di manovra di Parigi in Europa.

I confini, perlomeno quelli tra Italia e Francia, non sono stanti superati, anzi: sono diventati l’oggetto del contendere. Il recente caso di Bardonecchia giunge a compimento di un lungo processo che ha portato la Francia di Macron a fare un uso strumentale dei confini con l’Italia per arginare sulla penisola le conseguenze dell’emergenza migratoria.

Ed è sintomatico come in una fase che ha visto il confine Italia-Francia far parlare di sé sia tornata d’attualità la questione del Trattato di Caen del 2015 sulla ridefinizione dei confini marittimi tra i due Paesi, di cui ha parlato Francesco Manta su Gli Occhi della Guerra: questione che ha allarmato osservatori interessati da parte italiana come l’ex deputato sardo e leader di Unidos Mauro Pili, critico del “piano strategico della Francia di annettere le porzioni più pescose delle acque internazionali davanti alla Sardegna”, e l’ammiraglio Giuseppe de Giorgi, che sul suo blog ha criticato l’inerzia del governo Gentiloni su un accordo mai ratificato dal Parlamento italiano.
Il futuro: l’attrazione fatale dei partiti italiani verso Macron

Un anno di evidenze concrete hanno mostrato l’ampiezza dei disegni francesi riguardanti il nostro Paese: Macron punta a un’Italia di seconda fascia, succursale geopolitica della Francia, e concepisce la sua strategia transnazionale come perno per scardinare l’egemonia tedesca.

In questo contesto, mentre il mondo mediatico si è raffreddato nel suo giudizio sul “presidente fanfarone”, la politica italiana mantiene un’attrazione fatale nei suoi confronti. Macron, uomo più di forma che di sostanza, sarebbe un perfetto prodotto della Seconda Repubblica sul viale del tramonto e se il Pd punta, in vista delle elezioni europee, sull’alleanza con La Republique En Marchè! per slegare il suo destino da quello della galassia socialista continentale, il Movimento Cinque Stelle la ritiene il viatico migliore per una sua presentazione negli “uffici del potere” continentale dopo la parentesi euroscettica iniziata nel 2014.

Con questi presupposti, è lecito chiedersi: avrà il futuro governo la capacità di contrastare i disegni della Francia nei confronti dell’Italia? La risposta è ancora incerta, e passerà per la volontà del nuovo esecutivo di sviluppare un’idea chiara e definita del nostro interesse nazionale. Certi presupposti, in ogni caso, rendono legittimi dubbi notevoli in proposito.

http://www.occhidellaguerra.it/macron-u ... ellitalia/



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MessaggioInviato: 07/04/2018, 20:01 
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Roma, 7 apr – Macron come Sarkozy. E l’Italia ancora una volta china ad osservare, tentando di mettere pezze che sembrano sempre più tragicomicamente peggiori dei buchi che si vorrebbero coprire. Buchi come voragini lasciati dalla totale incapacità dei nostri vari ministri degli Esteri che si sono succeduti da Frattini (compreso) in avanti e che la Francia, che non ha mai nascosto le sue mire sul maghreb e l’intero mediterraneo, intende ora colmare con la sua ingombrante presenza.

Prima venne la Libia, con la scellerata decisione di appoggiare la primavera araba che ha – su input d’oltralpe e con il colpevole sostegno dato da Berlusconi – portato alla caduta di Gheddafi e alla sostanziale cancellazione del paese dalle mappe della recente geografia. Il motivo di quell’attacco? Altro che ragioni umanitarie: la Libia coltivava da tempo il progetto di sostituire il Franco Cfa, moneta dal sapore neocoloniale con il quale regolano i commerci varie nazioni dell’Africa equatoriale dal Camerun alla Repubblica del Congo, con una nuova valuta panafricana basata sul suo dinaro d’oro.

Tutto qui, finita con la balcanizzazione fra Tripoli e Bengasi? Neanche per l’idea. L’attacco di Sarkozy è stato solo il primo assaggio del nuovo attivismo francese volto ad espandere la propria influenza su tutto il nordafrica e non solo. Un attivismo ripreso con vigore con la presidenza Macron, che gioca le sue carte tutte a nostro discapito.

Senza scomodare – anche se è comunque compreso in tutta la vicenda – il trattato di Caen, i nuovi fronti sono, a questo giro, Niger e Tunisia. In entrambi i paesi sono state infatti dislocate missioni internazionali che vedono la presenza anche del nostro esercito. La motivazione ufficiale dell’intervento in Niger parla di lotta al terrorismo e contrasto all’immigrazione clandestina. Stesso discorso per quanto riguarda la seconda , che però ancora deve prendere avvio.

Al di là delle poco chiare regole di ingaggio – primo campanello d’allarme – a far pensare sono soprattutto le reazioni che governi locali. Sia il Niger prima che la Tunisia dopo hanno infatti storto il naso nell’apprendere della partecipazione italiana. Par dunque di capire che i nostri militari non siano per niente graditi. Merito, se così si può dire, della tela tessuta da Macron in quest’ultimo anno e che sta spingendo l’Italia ai margini dell’area. Una strategia che, come spiega Claudio Antonelli de La Verità, si basa su un documento redatto da Hakim El Karoui, consigliere del presidente. Questo documento mette nero su bianco le direttrici del nuovo sviluppo della politica estera della Francia verso sud facendo leva su immigrazione, economia e sicurezza. Proprio la Tunisia, ultima in ordine di tempo a far sapere di non approvare l’invio di soldati italiani nell’ambito della prossima ventura missione Nato, rivestirebbe un ruolo-chiave in tutta la nuova “dottrina” francese. Ecco allora spiegato, chiosa Antonelli, “perché i nostri militari non sono più benvenuti né in Niger, né in Tunisia. Finirebbe con il minare la nuova grandeur d’Oltralpe”. E così, se un tempo il mediterraneo poteva a buon diritto essere considerato come il nostro cortile di casa, oggi al più possiamo permetterci di fare i giardinieri. Per conto terzi.

http://www.ilprimatonazionale.it/esteri ... ica-83066/



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