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 Oggetto del messaggio: Re: La Cina è vicina a darci scacco matto
MessaggioInviato: 07/05/2020, 13:36 
Un bell'asteroide nooo???? [:291]



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 Oggetto del messaggio: Re: La Cina è vicina a darci scacco matto
MessaggioInviato: 07/05/2020, 15:09 
ORSOGRIGIO ha scritto:
Un bell'asteroide nooo???? [:291]

Si libera terreno.
Gli africani ex proprietari di tanti territori ritornano proprietari di tanti pezzi di casa loro.
S rivalutano e diventano competitive le manifatture mondiali.
Cicciobello o chi per lui smette di rompere.
E noi a lavorare per ricostruire l'ex IMPERO CELESTE. [:306] [:306] [:306] [:306]



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 Oggetto del messaggio: Re: La Cina è vicina a darci scacco matto
MessaggioInviato: 07/05/2020, 18:22 
MaxpoweR ha scritto:
Cita:
Covid-19. Il mondo come la Cina: il sogno delle multinazionali

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Leggi qui: https://comedonchisciotte.org/covid-19-il-mondo-come-la-cina-il-sogno-delle-multinazionali/


L'articolo è lunghetto conviene leggerselo direttamente dal sito.

Se gli americani dal 46 in poi non si avessero dedicato a guerre di conquista e a voler esportare "democrazia" a suon di bombe avessero pensato di conquistare il mondo con il metodo Cinese, non avrebbero perso la loro importanza.


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 Oggetto del messaggio: Re: La Cina è vicina a darci scacco matto
MessaggioInviato: 21/05/2020, 13:52 
Cita:
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La Cina aggiorna l’arte della guerra (ibrida)

Pepe Escobar
asiatimes.com

Nel 1999, Qiao Liang, all’epoca colonnello dell’aviazione dell’Esercito di Liberazione Popolare (PLA), e Wang Xiangsui, anch’egli colonnello, avevano provocato un grosso scalpore con la pubblicazione di Unrestricted Warfare: China’s Master Plan to Destroy America [Guerra senza limiti: il piano generale della Cina per distruggere l’America].

Unrestricted Warfare era essenzialmente un manuale del PLA per la guerra asimmetrica: un aggiornamento dell’Arte della guerra di Sun Tzu. Al momento della pubblicazione, con la Cina ancora lontana dal suo attuale peso geopolitico e geo-economico, il libro era stato concepito come un approccio difensivo, ben lungi dal sensazionalista “distruggere l’America,” aggiunto al titolo dell’edizione statunitense del 2004.

Ora il libro è disponibile in una nuova ristampa e Qiao Liang, come generale in pensione e direttore del Consiglio per la Ricerca sulla Sicurezza Nazionale, è riapparso in un’intervista abbastanza rivelatrice, pubblicata nell’ultimo numero della rivista di Hong Kong, Zijing (Bauhinia).

Il generale Qiao non è un membro del Politburo autorizzato a dettare la politica ufficiale. Gli analisti con cui ho parlato concordano però sul fatto che i punti chiave che egli sottolinea a titolo personale sono abbastaza rivelatori della linea di pensiero del PLA. Rivediamo alcuni dei punti salienti.

Ballando con i lupi

La parte centrale della sua argomentazione si concentra sulle carenze del settore manifatturiero americano: “Come possono oggi gli Stati Uniti voler condurre una guerra contro la più grande potenza manifatturiera del mondo, quando la loro industria è stata svuotata?”

Un esempio, riferito al Covid-19, è la capacità di costruire ventilatori polmonari: “Dei 1.400 pezzi necessari per realizzare un ventilatore, più 1.100 devono essere prodotti in Cina, compreso l’assemblaggio finale. Questo è il problema degli Stati Uniti di oggi. Hanno una tecnologia all’avanguardia, ma non i metodi e le capacità produttive. Quindi devono fare affidamento sulla produzione cinese.”

Il generale Qiao non crede nella possibilità che Vietnam, Filippine, Bangladesh, India ed altre nazioni asiatiche possano sostituire la forza lavoro a basso costo della Cina: “Pensate a quale di questi paesi ha maestranze più qualificate della Cina. Quante risorse umane di medio ed alto livello sono maturate in Cina negli ultimi 30 anni? Quale paese sta educando oltre 100 milioni di studenti a livello liceale ed universitario? Le potenzialità di tutte queste persone devono ancora concorrere allo sviluppo economico della Cina.”

Riconosce poi che la potenza militare degli Stati Uniti, anche in tempi di epidemie e di difficoltà economiche, è sempre in grado di “interferire direttamente o indirettamente nella questione dello stretto di Taiwan” e di trovare il pretesto per “bloccare e sanzionare la Cina ed escluderla dall’Occidente.” Aggiunge che “come paese produttore, non possiamo ancora soddisfare l’industria manifatturiera con le nostre risorse e fare affidamento sul mercato interno per il consumo dei nostri prodotti.”

Di conseguenza, sostiene, è una “cosa buona” per la Cina impegnarsi nella causa della riunificazione, “ma è sempre una brutta cosa se viene fatta nel momento sbagliato. Possiamo agire solo al momento giusto. Non possiamo permettere alla nostra generazione di commettere l’errore di interrompere il processo di rinascita della nazione cinese.”

Il generale Qiao consiglia: “Non pensate che sia solo la sovranità territoriale ad essere collegata agli interessi fondamentali di una nazione. Altri tipi di sovranità, quella economica, finanziaria, militare, alimentare, delle risorse, biologica e culturale, sono tutti collegati agli interessi e alla sopravvivenza delle nazioni e fanno parte della sovranità nazionale.”

Per arrestare il movimento verso l’indipendenza di Taiwan, “devono essere prese in considerazione altre opzioni oltre alla guerra. Possiamo pensare a mezzi per agire nell’immensa zona grigia tra la guerra e la pace, e possiamo anche pensare a mezzi più particolari, come l’avvio di operazioni militari che non porterebbero ad una guerra vera e propria, ma che potrebbero comportare un uso moderato della forza.”

In una formulazione grafica, il generale Qiao pensa che “se dobbiamo ballare con i lupi, non dovremmo ballare al ritmo degli Stati Uniti. Dovremmo avere il nostro ritmo e dovremmo anche cercare di rompere il loro ritmo, per minimizzare la loro influenza. Se il potere americano sta brandendo il bastone, è perché è caduto nella trappola.”

In breve, per il generale Qiao, “la Cina, per risolvere la questione di Taiwan, deve prima di tutto mostrare determinazione strategica e poi pazienza strategica. Naturalmente, la premessa è che dovremmo sviluppare e mantenere la nostra potenza strategica per risolvere con la forza la questione di Taiwan in qualsiasi momento.”

Si passa alle maniere forti

Ora paragonate l’analisi del generale Qiao con l’ormai ovvio fatto geopolitico e geo-economico che Pechino risponderà a tono a tutte le tattiche di guerra ibrida dispiegate dal governo degli Stati Uniti. Il gioco si fa decisamente duro..

La frase di riferimento è però arrivata, senza mezzi termini, da un editoriale del Global Times: “Dobbiamo essere chiari sul fatto che pensare alla soppressione degli Stati Uniti sarà il fulcro della strategia nazionale cinese. Dovremmo rafforzare la cooperazione con la maggior parte degli altri paesi. Ci si aspetta che gli Stati Uniti operino un’azione di contenimento sulle frontiere internazionali della Cina, e dobbiamo mettere fine a questo complotto americano e trasformare la rivalità Cina-USA in un processo di auto-isolamento degli Stati Uniti.”

Un inevitabile corollario è che all’offensiva totale per paralizzare Huawei verrà risposto nella stessa misura, colpendo Apple, Qualcom, Cisco e Boeing, comprese anche “indagini o sospensioni del loro diritto a svolgere attività commerciali in Cina.”

Quindi, a tutti gli effetti pratici, Pechino ha ora svelato pubblicamente la propria strategia volta a contrastare le esternazioni del presidente americano Donald Trump, del tipo “potremmo interrompere tutte le relazioni.”

Una tossica matrice di razzismo-anticomunismo è responsabile del sentimento anti-cinese predominante negli Stati Uniti, che interessa almeno il 66% dell’intera popolazione. Trump se ne è istintivamente impossessato e lo riconfezionato come tema della propria campagna elettorale, con la completa approvazione di Steve Bannon.

L’obiettivo strategico è quello di combattere la Cina in tutti i campi. L’obiettivo tattico è quello di formare un fronte anti-cinese in tutto l’Occidente: un altro esempio di accerchiamento, in stile guerra ibrida, incentrato su un conflitto economico.

Questo implicherà un’offensiva concordata, con il tentativo di imporre embarghi e il blocco dei mercati regionali delle aziende cinesi. I conflitti legali saranno la norma. Anche il congelamento delle risorse cinesi negli Stati Uniti non è più una proposta inverosimile.

Ogni possibile diramazione della via della seta, il fronte energetico, i porti, la via della seta sanitaria, l’interconnessione digitale, verrà strategicamente presa di mira. Quelli che sognavano che il Covid-19 potesse essere il pretesto ideale per una nuova Yalta, che unisse Trump, Xi e Putin, possono mettersi il cuore in pace.

Il “contenimento” partirà in quarta. Un esempio lampante è l’ammiraglio Philip Davidson, capo del Comando Indo-Pacifico, che chiede 20 miliardi di dollari per un “robusto cordone militare” dalla California al Giappone e lungo la costa del Pacifico, completo di “reti ad alta capacità di sopravvivenza per attacchi mirati” lungo la costa del Pacifico e di “forze congiunte avanzate in rotazione” per contrastare la “rinnovata minaccia che ci troviamo ad affrontare competendo con questa grande potenza.”

Davidson sostiene che “senza un deterrente convenzionale valido e convincente, la Cina e la Russia saranno incoraggiate ad agire nella regione per soppiantare gli interessi degli Stati Uniti.”

Guardate al Congresso del popolo

Dal punto di vista di vaste aree del Sud globale, l’attuale e pericolosissima incandescenza, o Nuova Guerra Fredda, viene per lo più interpretata come la fine progressiva dell’egemonia della coalizione occidentale su tutto il pianeta.

Tuttavia, a decine di nazioni viene chiesto dall’egemone, senza mezzi termini e con l’imperativo del terrorismo, di schierarsi nuovamente in una guerra globale del tipo “sei con noi o contro di noi.”

Nella prossima sessione annuale del Congresso Nazionale del Popolo, che inizierà venerdì prossimo, vedremo come la Cina affronterà la sua massima priorità: riorganizzarsi a livello nazionale dopo la pandemia.

Per la prima volta in 35 anni, Pechino sarà costretta a rinunciare ai propri obiettivi di crescita economica. Questo significa anche che verrà posticipato l’obiettivo del raddoppio del PIL e del reddito pro-capite per il periodo 2010-2020.

Quello che dovremmo aspettarci è l’enfasi assoluta sulla spesa interna, e sulla stabilità sociale, rispetto alla lotta per l’egemonia globale, anche se quest’ultimo traguardo non sarà completamente trascurato.

Dopotutto, il presidente Xi Jinping ha chiarito all’inizio di questa settimana che “lo sviluppo e la distribuzione in Cina dei vaccini per il Covid-19, quando disponibili,” non saranno soggetti alla logica di Big Pharma, ma “diventeranno un bene pubblico globale. Questo sarà il contributo della Cina per garantire l’accessibilità e la convenienza economica dei vaccini ai paesi in via di sviluppo.” Il Sud globale è in attesa.

All’interno, Pechino aumenterà il sostegno alle imprese statali all’avanguardia nell’innovazione e nell’assunzione di rischi. La Cina supera sempre le previsioni degli “esperti” occidentali. Ad esempio, le esportazioni sono aumentate del 3,5% ad aprile, quando gli esperti prevedevano un calo del 15,7%. L’eccedenza commerciale era di 45,3 miliardi di dollari, mentre gli esperti avevano previsto solo 6,3 miliardi.

Pechino sembra identificare chiaramente il divario crescente tra un Occidente, in particolare gli Stati Uniti, che sta di fatto precipitando in una Nuova Grande Depressione, ed una Cina che sta per riaccendere la crescita economica. Il centro di gravità del potere economico globale continua a muoversi, inesorabilmente, verso l’Asia.

Guerra ibrida? Datecene ancora.

Pepe Escobar

Fonte: asiatimes.com
Link: https://asiatimes.com/2020/05/china-updates-its-art-of-hybrid-war/

Fonte: https://comedonchisciotte.org/la-cina-aggiorna-larte-della-guerra-ibrida/




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 Oggetto del messaggio: Re: La Cina è vicina a darci scacco matto
MessaggioInviato: 23/05/2020, 05:46 
Apple sposta la produzione da Cina a India? Auguri!

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di Kartana
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Ma voi ci credete veramente che Apple sposta la produzione dalla Cina all'India con un investimento di 40 miliardi di dollari perché così vuole Trump? Ci credete davvero che tantissime imprese occidentali se ne vanno dalla Cina per bloccare il suo sviluppo?

Io ho preso informazioni. I salari in Cina si differenziano da provincia a provinica. Nelle provincie di Pechino, Shenzen, Shanghai i salari ormai sono come quelli italiani. Se ne vanno per gli alti costi.


Pensavano che la Cina fosse per sempre il Bengodi del basso costo? I cinesi hanno prospettive di 30, 40, 50 anni, non le trimestrali occidentali.

Apple se ne va, comtemporaneamente la Cina è il suo primo mercato. Auguri.
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Fonte



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 Oggetto del messaggio: Re: La Cina è vicina a darci scacco matto
MessaggioInviato: 25/05/2020, 12:28 
Cita:
L’atteggiamento cinese nei confronti di Hong Kong mostra la fine della superiorità statunitense

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Moon of Alabama
moonofalabama.org

Incolpare la Cina per la pandemia del Covid-19 è una menzogna. Ma gli Stati Uniti continueranno a farlo come parte della loro più ampia strategia anti-cinese.

Mentre gli Stati Uniti sono impegnati a contrastare l’epidemia a casa loro, la Cina l’ha già sconfitta all’interno dei propri confini. Ora utilizza la sua posizione di vantaggio per rimuovere un problema che gli Stati Uniti usavano da tempo per infastidirla. Hong Kong sarà finalmente liberata dai razzisti travestiti da liberali sostenuti dagli Stati Uniti.

Alla fine del 1984, la Gran Bretagna e la Cina avevano firmato un accordo formale che prevedeva, per il 1997, il passaggio alla Cina della colonia britannica di Hong Kong. La Gran Bretagna aveva dovuto accettare il patto perché aveva perso la capacità di difendere la colonia. La dichiarazione congiunta sino-britannica stabiliva che la Cina avrebbe promulgato una legge formale che avrebbe consentito ad Hong Kong di autogovernarsi in larga misura.

La “Legge Formale della Regione Amministrativa Speciale di Hong Kong della Repubblica Popolare Cinese” è, di fatto, la costituzione della Regione Amministrativa Speciale di Hong Kong. Ma è anche una legge nazionale della Cina, adottata dal Congresso Nazionale del Popolo Cinese nel 1990 e introdotta ad Hong Kong nel 1997, al termine del dominio britannico. Se necessario, la legge può essere modificata.

Il paragrafo II della Legge Formale regola le relazioni tra le autorità centrali e la Regione Amministrativa Speciale di Hong Kong. Secondo l’articolo 23 della Legge Formale, Hong Kong avrebbe dovuto attuare alcune misure di sicurezza interna:

La Regione Amministrativa Speciale di Hong Kong emanerà leggi proprie per vietare qualsiasi atto di tradimento, secessione, sedizione, sovversione contro il governo centrale del popolo o furto di segreti statali; per vietare alle organizzazioni o agli organi politici stranieri di svolgere attività politiche nella regione e per vietare alle organizzazioni o agli organi politici della regione di stabilire legami con organizzazioni o organismi politici stranieri.

Hong Kong non è riuscita a varare nessuna delle leggi richieste dall’articolo 23. Ogni volta che il suo governo ha cercato di applicare, anche parzialmente, tali leggi, nel 2003, 2014 e 2019, le proteste e le rivolte su larga scala nelle strade di Hong Kong lo hanno sempre impedito.

La Cina è sempre stata preoccupata per i disordini ad Hong Kong fomentati dall’estero, ma non aveva sollevato il problema perchè dipendeva ancora da Hong Kong per l’accesso ai capitali e ai mercati.

Nel 2000, il PIL di Hong Kong ammontava a 171 miliardi di dollari, mentre quello cinese era solo 7 volte più grande, 1.200 miliardi. L’anno scorso il PIL di Hong Kong è quasi raddoppiato, passando a 365 miliardi. Ma il PIL cinese è cresciuto di oltre dieci volte, fino ad arrivare a 14.200 miliardi, quasi 40 volte quello di Hong Kong. A parità di potere d’acquisto, la divergenza è ancora maggiore. Come sbocco economico della Cina, Hong Kong ha perso molta della sua importanza.

Un altro fattore che tratteneva la Cina dall’occuparsi in modo più attivo di Hong Kong era la sua preoccupazione per le conseguenze negative da parte di Stati Uniti e Gran Bretagna. Ma, durante l’amministrazione Trump, gli Stati Uniti hanno introdotto sempre più misure per ostacolare lo sviluppo della Cina. Secondo l‘Atto sui diritti umani e la democrazia ad Hong Kong, approvato lo scorso anno dal Congresso americano, il governo degli Stati Uniti dovrebbe vigilare su Hong Kong e punire coloro che, a suo giudizio, violano i diritti umani. Le sanzioni contro le società cinesi, in particolare contro Huawei, recentemente estese fino al blocco totale delle consegne dei chip 5G, dimostrano che gli Stati Uniti faranno tutto il possibile per ostacolare il successo economico della Cina.

Il “perno sull’Asia” dell’amministrazione Obama era già una mossa mascherata contro la Cina. La strategia di difesa nazionale dell’amministrazione Trump ha apertamente definito la Cina come “un concorrente strategico che utilizza attività economiche di tipo predatorio per intimidire i paesi confinanti, mentre militarizza il Mar Cinese Meridionale.”
Il Corpo dei Marines degli Stati Uniti viene riconfigurato in unità specializzate con il compito specifico di bloccare l’accesso della Cina al mare:

In questo modo, piccole unità di Marines verrebbero dispiegate intorno alle isole dell’arcipelago avanzato e nel Mar Cinese Meridionale, ogni elemento avrebbe la capacità di contestare lo spazio aereo e navale circostante usando missili antiaerei e antinave. Collettivamente, queste forze opererebbero un’azione di logoramento contro le forze cinesi, impedendo loro di spostarsi verso l’esterno e, alla fine, come parte di una campagna congiunta, le costringerebbero a ripiegare sulla terraferma cinese.

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La “Guerra fredda 2.0” lanciata dagli Stati Uniti contro la Cina vedrà ora importanti contromosse.

Le violente rivolte dello scorso anno ad Hong Kong, incoraggiate dai media di Washington DC, erano state la dimostrazione che la situazione ad Hong Kong si stava evolvendo in modo pericoloso per la Cina.

Non c’è più motivo per la Cina di trattenersi dal contrastare questa assurdità. L’economia di Hong Kong non è più così importante. Le sanzioni statunitensi stanno comunque arrivando, indipendentemente da ciò che la Cina farà o non farà ad Hong Kong. I progetti militari statunitensi sono ora una minaccia evidente.

Dal momento che le leggi che Hong Kong avrebbe dovuto varare non sono neanche in programma, ora sarà la Cina stessa a crearle e a farle rispettare:

Venerdì, il governo centrale presenterà una risoluzione per consentire ai vertici del massimo organo legislativo, il Comitato Permanente del Congresso Nazionale del Popolo (NPC), di elaborare ed approvare una nuova legge sulla sicurezza nazionale tagliata su misura per Hong Kong, è stato annunciato giovedì scorso.

In precedenza, alcune fonti avevano riferito al Post che questa nuova legge avrebbe proibito la secessione e l’attività sovversiva, nonché le interferenze e gli atti terroristici stranieri nella città, sviluppi che preoccupavano Pechino da un po’ di tempo, soprattutto nell’ultimo anno, che aveva visto proteste antigovernative sempre più violente.


Secondo una fonte continentale a conoscenza della situazione ad Hong Kong, Pechino è giunta alla conclusione che, dato l’attuale clima politico, è impossibile per il Consiglio Legislativo della città approvare una legge di sicurezza nazionale che renda operativo l’articolo 23 della Legge Formale riguardante la città. Questo è il motivo per cui [Pechino] ha chiesto all’NPC di assumerne la responsabilità.

Il 28 maggio l’NPC voterà una risoluzione per chiedere al proprio Comitato Permanente di redigere la legge che riguarda Hong Kong. È probabile che venga votata ed approvata alla fine di giugno. La legge entrerà a far parte dell’allegato III della Legge Formale che comprende “Le leggi nazionali da applicare nella regione amministrativa speciale di Hong Kong.”

In base alla nuova legge, gli Stati Uniti dovranno interrompere il finanziamento delle organizzazioni studentesche, dei sindacati antigovernativi e dei media di Hong Kong. I partiti di opposizione non potranno più avere rapporti con operazioni di influenza gestite dagli Stati Uniti.

Il Dipartimento di Stato americano ha prontamente condannato questa presa di posizione:

Hong Kong si è sviluppata come bastione della libertà. Gli Stati Uniti esortano vivamente Pechino a riconsiderare la sua disastrosa proposta, ad adempiere ai suoi obblighi internazionali e a rispettare l’alto grado di autonomia, le istituzioni democratiche e le libertà civili di Hong Kong, fondamentali per preservare il suo status speciale ai sensi delle leggi degli Stati Uniti. Qualsiasi decisione che pregiudichi l’autonomia e le libertà di Hong Kong, come garantito dalla Dichiarazione Congiunta sino-britannica e dalla Legge Formale, avrebbe inevitabilmente un impatto negativo sulla nostra valutazione della formula un “paese-due sistemi” e dello stato del territorio.

Noi siamo con la gente di Hong Kong.

Non è (ancora?) “La guerra imminente contro la Cina” ma solo un soffiare e sbuffare, con tanta retorica ma pochi effetti pratici. Nessuna azione degli Stati Uniti può impedire al governo cinese di mettere al sicuro il proprio reame. Hong Kong è una città cinese in cui comandano le leggi cinesi, non i dollari statunitensi.

Gli Stati Uniti sembrano credere di poter vincere una guerra fredda contro la Cina. Ma si sbagliano.

Sul fronte economico non sono gli Stati Uniti a vincere con il disaccoppiamento dalla Cina, perché è l‘Asia intera che si sta distaccando dagli Stati Uniti:

Da quando, nell’aprile 2018, era iniziata la guerra tecnologica USA-Cina con il divieto di Washington di esportare chip alla ZTE Corporation cinese, la “de-americanizzazione delle catene di approvvigionamento” era diventata la parola d’ordine nel settore dei semiconduttori.

Nell’aprile 2020, Taiwan, Vietnam, Tailandia e Indonesia hanno acquistato circa il 50% in più di prodotti cinesi rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Giappone e Corea hanno fatto registrare aumenti del 20%. Anche le esportazioni negli Stati Uniti sono aumentate nell’ultimo anno, anche se da una base molto bassa per il 2019.

Anche le importazioni cinesi dall’Asia sono aumentate rapidamente.

Quando gli Stati Uniti proibiscono alle aziende che utilizzano software o macchinari statunitensi di progettare chip e di venderli alla Cina, queste società cercheranno di acquistare altrove i software e i macchinari. Quando gli Stati Uniti tentano di ostacolare l’accesso della Cina ai chip dei computer, la Cina costruirà la propria industria per la produzione di chip. Tra dieci anni saranno gli Stati Uniti ad aver perso l’accesso a quelli che allora saranno i prodotti allo stato dell’arte, perché verranno tutti dalla Cina. Già oggi è la Cina a dominare il commercio globale.

Il modo caotico in cui gli Stati Uniti stanno gestendo la crisi del Covid viene ampiamente osservato all’estero. Quelli che ci vedono chiaro hanno già riconosciuto che ora è la Cina, non gli Stati Uniti, la superpotenza con la testa sul collo. Gli Stati Uniti sono in affanno e continueranno ad esserlo per molto tempo:

Questo è il motivo per cui non considero il discorso su una possibile “Guerra Fredda 2.0” significativo o rilevante. Se ci fosse una sorta di “Guerra Fredda” tra gli Stati Uniti e la Cina, i politici statunitensi sarebbero comunque in grado di iniziare a pianificare in modo credibile la gestione di questa complessa relazione con la Cina. Ma, in realtà, le opzioni per “gestire” il nucleo di questa relazione sono penosamente poche, dal momento che il compito principale di ogni leadership statunitense che emerga da questo incubo del Covid sarà quello di gestire il crollo vertiginoso di quell’impero mondiale che era stato detenuto dagli Stati Uniti fin dal 1945.


Quindi, qui a Washington nella primavera del 2020, io dico, lasciamoli soffiare e sbuffare con queste loro nuove flatulenze di infantile sinofobia. Lasciamoli minacciare questa o quella versione di una nuova “Guerra Fredda.” Lasciamoli competere alle prossime elezioni, se queste si terranno, su “Chi può essere più duro con la Cina.” Ma la dura realtà mostra che, come diceva Banquo, “È una storia, raccontata da un idiota, piena di rumori e di rabbia, che non significa nulla.“

Nel suo libro del 2003, After the Empire, Emmanuel Todd descriveva il perché gli Stati Uniti si stessero muovendo verso la perdita del loro status di superpotenza:

Todd, in modo calmo e sereno, fa il punto su molte tendenze negative, tra cui l’indebolimento dell’impegno americano sull’integrazione socio-economica degli afroamericani, un’economia bulimica che si basa sempre più sui giochi di prestigio e sulla buona volontà degli investitori stranieri ed una politica estera che sperpera le riserve di “soft power” del paese, mentre il suo comportamento guerrafondaio da pompiere piromane si scontra con una resistenza in continua crescita.

La crisi del Covid-19 lo ha reso evidente a tutti.

Gli Stati Uniti, come previsto da Todd, dovranno ora rinunciare al loro status di superpotenza? O daranno inizio ad una grande guerra contro la Cina per distogliere l’attenzione e dimostrare la loro presunta superiorità?

Moon of Alabama

Fonte: moonofalabama.org
Link: https://www.moonofalabama.org/2020/05/chinas-move-in-hong-kong-illustrates-the-end-of-us-superiority.html#more

Fonte: https://comedonchisciotte.org/latteggiamento-cinese-nei-confronti-di-hong-kong-mostra-la-fine-della-superiorita-statunitense/




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 Oggetto del messaggio: Re: La Cina è vicina a darci scacco matto
MessaggioInviato: 07/06/2020, 17:02 
La Cina ha intrappolato l'industria militare Usa



È la trappola cinese. E per evitarla gli americani sono pronti a tornare sulla luna. Quella trappola si chiama «terre rare». In verità più che di terre parliamo di metalli e ossidati. Sono in tutto 17 e hanno nomi come scandio, ittrio, lantanio, olmio che sembrano usciti dalle pagine del Signore degli Anelli. In verità rappresentano il ponte tra la nostra epoca e quella di Guerre stellari. Non a caso pur di mettere le mani su quei preziosi, ma introvabili 17 elementi, la Nasa è disposta a finanziare un ambizioso programma per l'apertura e la gestione delle prime miniere lunari. Un programma pronto a partire già dal 2024 quando gli astronauti americani torneranno sul satellite per avviare lo sfruttamento dei suoi giacimenti. Ma già un mese fa la Casa Bianca ha distribuito agli alleati occidentali la prima bozza dei cosiddetti accordi Artemis, l'intesa, da cui sono esclusi Cina e Russia, che regolamenterà «il recupero pubblico o privato di risorse nello spazio esterno».

Per capire perché Trump abbia tanta fretta di tornare sulla Luna tagliando fuori Mosca e Pechino bisogna partire proprio dalle terre rare. Quei 17 elementi rappresentano l'arma segreta con cui Pechino può annullare la superiorità tecnologica degli arsenali americani rendendo impossibile il controllo dei missili Tomahawk, annullando l'invisibilità degli F35 o mettendo fuori servizio i sommergibili nucleari della classe Virgin.

Il perché è presto detto. Ogni F35 richiede l'utilizzo di 460 chili di terre rare. E ce ne vogliono dieci volte tanti per far funzionare un sottomarino classe Virgin. Lo stesso vale per tutti i prodotti più sofisticati dell'industria bellica statunitense dai missili Tomahawk a quelli ipersonici, dalle bombe intelligenti agli aerei invisibili. Peccato che la produzione e la lavorazione di quei 17 componenti dagli strani nomi sia per il 95% nelle mani della Cina. Quindi a Pechino basta toglierle dal mercato per paralizzare la produzione militare americana. Una mossa capace di mettere sul lastrico un'azienda come Apple, visto che anche la tecnologia degli iPhone dipende dalle terre rare. Per capire perché le terre rare siano diventate la più potente arma strategica nelle mani di Pechino bisogna partire dal villaggio svedese di Ytterby. Lì, nel 1787, il chimico militare Carl Axel Arrhenius scopre uno sconosciuto metallo argenteo e lucente. Da quel metallo il geologo Johan Gadolin estrae, due anni dopo, l'ossido di ittriallo. Inizia così la ricerca di 17 elementi introvabili allo stato naturale, ma ottenibili con costose tecniche estrattive dalle argille lateriche o da giacimenti di minerali dai nomi altrettanto strani come bastnasite, monazite e loparite. Ma molte delle terre rare sono radioattive e questo le rende pericolose per l'uomo e per l'ambiente, moltiplicando i costi estrattivi. Queste difficoltà giocano a favore di una Cina dove le leggi sulla tutela della salute e dell'ambiente sono, fino a dieci anni fa, assolutamente sconosciute.

«Il Medio Oriente ha il petrolio, ma in Cina ci sono le terre rare», annuncia nel 1992 il leader cinese Deng Xiaoping nel corso di un intervento davanti all'ufficio politico del partito comunista. Dietro quella profezia c'è la consapevolezza di controllare il 36% dei giacimenti mondiali di terre rare e di poter offrire condizioni particolarmente vantaggiose ai propri clienti. In verità Xiaoping non scopre nulla di nuovo. Già dai primi anni '80 l'Occidente, preoccupato per i costi sociali e ambientali legati all'estrazione di terre rare, ha chiuso scavi e miniere per appaltarne la produzione a una Cina capace di garantire costi concorrenziali. E così dal 2000 al 2009 Pechino incrementa del 77% la produzione arrivando a metterne sul mercato 129mila tonnellate mentre il resto del mondo si ferma a 3mila. Il monopolio non si limita all'estrazione. Garantendo costi di lavorazione bassissimi, la Cina induce non solo Apple, ma anche i grandi gruppi statunitensi legati alla componentistica militare a spostare sul proprio territorio gli stabilimenti. L'ammissione della totale impotenza americana emerge da un rapporto del 2018 con cui il Pentagono accusa la Cina di aver imposto un autentico monopolio diventando il fornitore unico dei componenti chiave per la costruzione di munizioni e missili. Il rapporto, destinato alla Casa Bianca, sottolinea come la produzione di neodimo, fondamentale per la costruzione di super magneti, o di gizmo, essenziale per il controllo dei missili, siano prodotti esclusivamente in Cina e risultino ormai introvabili sul mercato statunitense. Da quel vicolo cieco l'America è incapace di uscire. Tutte le facilitazioni fiscali e gli incentivi proposti alle aziende statunitensi per indurle a investire nuovamente nella produzione di terre rare si scontrano essenzialmente con le leggi del mercato. Le terre rare in teoria non sarebbero difficilmente reperibili. Basterebbe estrarle dai giacimenti presenti in Vietnam, Brasile, India, Australia, Canada e Groenlandia, processarle e trasformarle in semi componenti. Ma riavviare da zero quella macchina produttiva ha, avverte il Pentagono, un costo «proibitivo» che nessun sussidio o facilitazione fiscale può rendere sopportabile. Dunque l'unica via d'uscita per l'Amministrazione Trump è



https://www.ilgiornale.it/news/cina-ha- ... 68519.html


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 Oggetto del messaggio: Re: La Cina è vicina a darci scacco matto
MessaggioInviato: 14/06/2020, 12:44 
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L’altra Cina: il Taoismo

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Di Flores Tovo

Comedonchisciotte

Durante la storia cinese il Taoismo, tranne sotto alcune dinastie, tra cui quella C’in e Tang, non è mai stato la religione dominante, come invece lo è stata quasi sempre, da circa 2.500 anni, il Confucianesimo. Eppure, nonostante l’apparente subordinazione rispetto la religione ufficiale, il Taoismo, che poi si è fuso verso il VII sec. con il Buddhismo C’han, ha sempre avuto una fortissima influenza nella società cinese, poiché esso ha cercato di rispondere ai bisogni di salvezza individuale, di salute fisica e di godimento sessuale, bisogni che il Confucianesimo riteneva secondari. Il Confucianesimo è sempre stato dalla parte del potere politico per favorirne le sue esigenze di ordine sociale: esso si è consolidato con la promozione di una ritualità capillare manifestata attraverso i “li” (riti popolari), con la selezione severa dei dirigenti, con un’etica basata sulla disciplina familiare e sociale e sul rispetto verso l’autorità. Così esso ha prevalso sul soddisfacimento dei bisogni individuali. Del resto le dinastie cinesi, obbligate dalla natura e dal clima ad organizzare poderosi ed enormi lavori idraulici, non potevano che esercitare un potere dispotico sulla massa numerosissima di contadini obbligati a corvèe temporalmente lunghissime per arginare, canalizzare ed accudire i due grandi fiumi, e cioè lo Huang-He (il Fiume Giallo) e lo Yang-Ze-Kiang (il Fiume Azzurro). Il Taoismo perciò è quasi sempre stata la religione nascosta: dei Cinesi si diceva che erano confuciani di giorno e taoisti di notte. Il potere l’ha sempre temuto perché le grandi rivolte che segnavano spesse volte la fine di una dinastia erano organizzate da personalità taoiste. Non a caso Mao Zedong ha cercato di cancellarlo dalla storia cinese. Tuttavia esso non finirà mai, poiché esso si esprime attraverso una filosofia ed una metafisica perenni. In questo breve saggio cercheremo di spiegare il significato profondo rivelato dal libro che lo rappresenta, ossia il “Tao te ching”, con lo scopo di dimostrare che la civiltà cinese non è così semplice da comprendere, visto che ha 5.000 anni, e che la sua cultura non è solo quella dell’apparente sussiego e della sudditanza, ma anche quella che vive comunque una propria coscienza soggettiva.

Il “Tao te ching” (o “Daodejing” nella nuova traslitterazione, ma è preferibile la vecchia per consuetudine), che letteralmente significa “Il libro della Via e della Virtù”, è la prima opera dell’antichità (fu scritta circa duemilacinquecento anni fa, ma i filologi sono incerti sulla età) incentrata su di una visione dialettica dei contrari, che ci sia pervenuta nella sua integrità. Essa è composta da 81 capitoli e da cinquemila parole, con detti a volta lunghi a volta brevi senza un piano sistematico. Lo stile è di tipo aforistico che ha l’intento non di dimostrare quello che si afferma, ma di creare una potente suggestione, e proprio per questo il libro è praticamente intraducibile, come affermò il grande sinologo Granet. In realtà ci sono state molte traduzioni di quest’opera, come quelle di Waley, von Strauss, Wilhelm e molte altre considerate oggi inadeguate. Qui viene usata quella del sinologo olandese J.J.L. Duyvendak, che è abbastanza recente, ma che è già considerata un classico, sia per le soluzioni linguistiche, sia anche per i commenti illuminanti. La traduzione italiana poi è stata curata da A. Devoto (1).

L’autore del libro è stato Lao tzu (oggi si scriverebbe Lao zi), sulla cui vita leggendaria si sa molto poco, sebbene quasi tutti gli studiosi siano d’accordo che lo scrittore sia stato l’ unico estensore anche per la convincente connessione fra le varie parti del testo. Di certo il “Tao te ching” esiste e sulla sua lettura è nata una religione ed una filosofia (in sintesi, una metafisica, direbbe Guènon).

Già il primo capitolo rivela la profondità del pensiero di Lao:

“La via veramente via non è una via costante. I Termini veramente termini non sono Termini costanti. Il termine Non-essere indica l’inizio del cielo e della terra; il termine Essere indica la madre delle diecimila cose. Così è grazie al costante alternarsi del Non-essere e dell’Essere che si vedranno dell’uno il prodigio, dell’altro i confini. Questi due, sebbene abbiano un’origine comune, io lo chiamo il Mistero, il Mistero Supremo, la porta di tutti i prodigi”.

Duyvendak traduce il termine Tao con “Via”. In effetti il senso originario della parola sembra sia “Via”, al quale si aggiunsero poi i significati di “Ordine dell’universo” e di “Azione giusta” dell’uomo singolo che segue questo ordine. Ma si potrebbe anche tradurlo coi termini di “Norma”, “Dio” e si potrebbe pure concepirlo come “Uno” o “Infinito”, in quanto il Tao non è nominabile, cioè è al di là di ogni determinazione.

Il termine Via è comunque il più usato, ma ha un significato molto diverso da quello che si intende per una via comune: questa indica un percorso concreto con un inizio ed una fine, mentre il Tao (Via) indica perpetuo divenire, cioè è la Via che dentro di sé contiene un eterno divenire, ed entro cui, come vedremo, si alternano gli opposti yin-yang.

Il Tao (si veda il cap.32) è “senza-nome “: esso è il Principio Primo di cui nulla si può dire.

“La Via è vuota; nonostante l’uso non si riempie mai. Quanto è insondabile, come l’antenata dei diecimila esseri! Quanto è profonda, come permanesse sempre!…” (cap.4).

Il capitolo 1 e il 32 stabiliscono con chiarezza che il Tao non è costante, poiché Esso è innominabile, così come sono indefinibili sia il Non-essere che l’Essere, che sono solo rispetto al Tao principi secondi.

Come si può notare nel cap.1 il Non-essere ha la preminenza sull’Essere in senso dinamico. Ciò significa che il Non-essere è il principio di non-manifestazione entro il quale l’Essere, che è quindi principio di manifestazione, si manifesta.

Questa straordinaria intuizione intellettiva sarà fatta propria più tardi da pensatori occidentali come Cusano, Hegel, Heidegger ed altri (soprattutto alcuni mistici tedeschi), ma che già in Anassimandro ed Eraclito era presente sia pure in forma germinale.

Il Tao può essere allora considerato come la Possibilità totale, ed in effetti, come scrive il grande sinologo francese Granet il valore comune, non esoterico, della parola tao-te “…serve a designare la potenza di realizzazione che caratterizza ogni forza religiosa, e, in particolare l’autorità principesca. Il te si riferisce specialmente a questa Potenza quando essa si delega, si particolarizza e si esercita nel dettaglio” (2).

Tradotto in linguaggio filosofico-metafisico il Tao è quindi Possibilità universale, che in sé è vuota ma che tutto contiene e che tutto rende possibile e compossibile.

L’Essere, che è Potenza del finito, è il principio che rende manifesti “i diecimila esseri”, che altro non sono che la rappresentazione generale di tutti gli enti, cioè del molteplice.

Ciò significa come osservò acutamente Guènon che “… l’Essere” comprende “tutte le possibilità di manifestazione, ma soltanto in quanto esse si manifestano” (3) e perciò al di fuori dell’Essere vi è tutto il resto “…cioè tutte le possibilità di non-manifestazione, e inoltre le possibilità di manifestazione allo stato non manifestato” (4).

Paradossalmente essendo l’Essere il principio di tutti gli enti, esso stesso si trova allo stadio della non-manifestazione (il principio non è mai manifesto, poiché non è un ente) e quindi anche per questo va ad essere interdipendente con il Non-essere. Tutto questo ci fa capire perché il Non-essere abbia la preminenza sull’Essere, proprio perché comprende quest’ultimo, più tutto ciò che non è manifesto, ma che è possibile di manifestazione (…il Non-essere indica l’inizio del cielo e della terra) (cap.1). Illuminanti sono a tal proposito le parole di Heidegger, che è stato l’ultimo grande filosofo occidentale a riflettere sull’Essere e il Niente e che fu, fra l’altro, aiuto-traduttore e commentatore proprio del “Tao te ching”:

“L’essenza del niente consiste nel distogliersi dall’ente, nel prendere le distanze da esso. Solo in questo prendere le distanze, l’ente in quanto tale può divenire manifesto: il niente non è la pura negazione dell’ente. Al contrario il niente, nel suo nientificare, ci rinvia all’ente nella sua manifestatività: il nientificare del niente “è” l’essere” (5).

Il Non-essere allora non significa nulla assoluto: esso è in realtà il non-manifesto che, come dice Heidegger, distogliendosi, permette all’Essere, cioè al manifestato, di manifestarsi. Il Non-essere non può quindi essere considerato, come affermerà Hegel, il puro negativo, mentre l’Essere il puro positivo. Il Non-essere in realtà è, poiché solo con la sua attività di nientificazione, cioè di distogliersi in quanto niente, può “lasciar presente” l’Essere.

A questo punto bisogna però fare delle dovute chiarificazioni. Quando nel cap. 4 viene detto che “la Via è vuota” non si deve far coincidere il Non-essere con il vuoto.

Il Non-essere in quanto tale è strettamente connesso con L’Essere, ed è proprio per questa compenetrazione che essi si limitano e limitandosi sono finiti. Il Tao non può, invece, essere limitato, perché se così fosse sarebbe contenuto e non il contenitore.

Esso è vuoto, non come vuoto assoluto, ma come vuoto infinito che contiene sia il Non-essere che l’Essere: è vuoto proprio perché illimitato. Il cap. 25, secondo capoverso il TTC (forma abbreviata per indicare il libro del Tao) dice che la Via “…tranquilla e immateriale, esiste da sola e non muta…”. Ciò significa che essa è, come Via in sé, assolutamente trascendente, ma che comprende la vita e della morte, poiché essa è la vera coincidentia oppositorum come l’Infinito di Anassimandro o l’Uno di Eraclito.

L’espressione di un noto filosofo orientalista come G. Pasqualotto sul Tao ci sembra oltremodo appropriata:

“Il Tao come vuoto è invece condizione di possibilità di questi oggetti e delle loro funzioni, è il loro ”trascendentale” : in tal senso esso è simultaneamente universale-trascendente e individuale-immanente, proprio come l’aria è diffusa, comune, “universale” e contemporaneamente, propria del respiro di ogni essere vivente” (6).

Anche in questo caso ci troviamo di fronte ad un paradosso per la nostra ragione. Il Tao che è Vuoto Infinito deve contenere, perché altrimenti sarebbe vuoto assoluto (un vuoto senza enti), sia il Non-essere (che è la condizione affinché l’Essere sia) che l’Essere. Esso è anche per questo immutabile (perché se mutasse sarebbe finito) e mutabile (perché se non contenesse il Non-essere e l’Essere sarebbe vuoto assoluto). Il Tao è allora la Totalità e l’Uno nel cui “interno” si attua il divenire: in effetti la coincidentia oppositorum implica, proprio a causa del conflitto fra i contrari, il divenire. Il Tao è perfetto in quanto Tao ed imperfetto in quanto tao: ci troviamo, in fondo, al di dentro delle “definizioni” di Giordano Bruno quando affermava che Dio è al di sopra delle cose (Il Trascendente innominabile) e al di dentro delle cose (l’immanente conoscibile).

Il libro del “Chuang-tzu” (o Zhuang zi), che con il “Lieh Tzu” e lo stesso “Tao te ching” costituisce la base metafisico-religiosa del Taoismo, accentua ancor più del libro in oggetto la nota sull’unità del Tao, che così viene evocata.

“Questa unità, dividendosi, forma gli esseri; e, formando gli esseri, essa distrugge. Così, ogni essere vivente non ha compimento né distruzione, perché viene riassorbito alla fine nell’unità originaria” (7).

Morte (Non-essere) e vita (Essere) sono la trasformazione, il divenire, il tempo: ma la morte e la vita degli enti non sono vera morte o vera vita, poiché, come dirà in Occidente Anassagora, seguace di Eraclito, esse vengono riassorbite nell’Unità eterna, che è, appunto, la coincidenza fra i contrari. Scriverà ancora Zuang-zi:

“Il Tao è così grande che non ha fine, e così piccolo che nulla gli sfugge. Per questo è onnipresente in tutti gli esseri. E’ così vasto che non c’è nulla che non contenga; è così profondo che nessuno può sondarlo” (8).

Il Tao non crea, né provvede. Tutto è in Esso da sempre, in cui tutto è contenuto e mai si riempie. In esso, come si diceva, vi è un indefinito alternarsi di vita e morte e viceversa e nessun rimedio è possibile. In questo senso abbiamo allora espressa in modo compiuto la concezione dell’eterno ritorno degli opposti (già presente implicitamente in Eraclito e in Anassimandro). Nel Tao, a cui nulla sfugge, l’eterno ritorno viene annunciato nel cap. 25 “…grande significa procedere; procedere significa allontanarsi; allontanarsi significa tornare (al proprio contrario)”, poi nel cap.40 “… il ritorno è il movimento della Via”, e 65 “…questa virtù segreta è profonda, è estesa e risale il corso delle cose, sino a raggiungere la grande uniformità”.

Il Tao, come si diceva, è principio primo, fondamento non fondato: Esso dà origine ai principi secondi (primi rispetto al finito) del Non-essere e dell’Essere che producono i contrari per riassorbirli e poi riproporli in una eterna ruota che mai si ferma. Nel Taoismo, a differenza del Cristianesimo o dell’Ebraismo o dell’Islam, non c’è una finalità ultima, una escatologia, e quindi un Sommo Rimedio o Salvezza Finale. Nel Tao tutto si ripete. La ciclicità del Tao è semmai ripresentazione eterna degli opposti che sono, essi sì sempre “uguali” perché la loro essenza non cambia, ma sempre rinnovati perché i protagonisti (gli enti soggetti al conflitto) cambiano continuamente, poiché il Tao è Possibilità totale e la Possibilità totale non ammette uguaglianza fra enti, né nel passato, né nel presente, né nel futuro, perché se un ente si ripetesse qual è, la Possibilità totale non sarebbe più totale, ma limitata da una ripetizione uguale, il che non è possibile.

Nel Tao, come nel Dio nascosto concepito da Cusano, l’universo non ha un centro o una circonferenza, perché il centro è dappertutto e la circonferenza in nessun luogo, giacchè centro e circonferenza sono il Tao stesso, che è ovunque e in nessun luogo, sempre al di là di ogni spazio e tempo.

Il Non-essere e l’Essere, in quanto sono i due principi secondi che stabiliscono il non-manifestarsi e il manifestarsi degli enti, esplicano con il loro alternarsi una contrarietà di fondo che genera la contrarietà fra gli enti stessi. Infatti ogni ente è determinato (la determinazione comporta una necessità causale), e quindi non è assolutamente libero, proprio nei due principali atti della sua esistenza: la nascita e la morte. Per quanto riguarda la nascita un individuo non è “… libero né nell’accettazione, né nel rifiuto, né nel momento. In quanto alla morte, egli non è libero di sottrarsi ad essa” (9).

Questo significa che gli enti sono perpetuamente determinati dalla contrarietà dei loro due fondamenti finiti, per cui la contrarietà viene a prolungarsi su tutto l’arco della loro esistenza.

Il Tao rappresenta invero le combinazioni e le connessioni possibili (essendo esso Infinito) di tutti gli enti in base ai suoi due principi secondi ma fondamentali (per il finito). La contrarietà va, quindi, a coinvolgere necessariamente tutti gli enti. E poichè essi non possono sottrarsi a questa lotta perpetua si viene a creare quell’Ordine Universale che già Eraclito e Anassimandro avevano profondamente intuito.

Il pensiero umano si sviluppa originariamente secondo una logica che è la dottrina dei contrari. Una logica dialettica trinitaria, presente in tutte le civiltà più antiche, che veniva concepita inizialmente con espressioni religiose che coglievano il rapporto con l’Infinito Dio in una formula che possiamo semplificare come il finito che vive il senso dell’Infinito che vorrebbe tornare a Lui, e che veniva poi incarnata con le rappresentazioni di Divinità come, per esempio, in Egitto, di Iside, Osiride ed Horus e nel mondo indù di Brahma, Visnù e Shiva.

L’avvento della ragione o meglio dell’Autocoscienza, direbbe Hegel, risale a tempi recentissimi, e si attua quando si passa dalla stupefazione bestiale, alla stupefazione intellettiva, che è il coglimento del proprio fondamento che è l’Infinito.

I primi pionieri del pensiero conservavano un potente legame ombelicale con la Madre Terra e col Mondo Celeste e questo consentiva loro di provare situazioni emotive inclini alla magia e all’estasi. Fu sicuramente l’alternanza fra la vita e la morte, del dì e della notte, del chiaro e dello scuro e delle stesse stagioni a far credere che tutta la natura fosse governata da un lògos originario, quello dei contrari, che in Cina, ben prima del “Tao te ching”, fu rivelato dal più antico libro fra tutti, il “I:ching”, ovvero il “Libro dei Mutamenti”.

In questo libro, infatti, si riteneva che l’universo fosse regolato dalla lotta fra due contrari, interdipendenti e complementari, che assumevano i nomi generalissimi, in quanto rappresentavano tutte le opposizioni, di yin e yang.

All’origine essi erano nient’altro che i principi elementari di classificazione del genere femminile e maschile ed anche il lato oscuro (yin) e il lato luminoso (yang) di una montagna. Con il tempo essi divennero entità cosmologiche e poi principi la cui azione concomitante costituiva sia l’ordine naturale che quello umano. Lo spazio fu perciò inteso come il teatro dell’opposizione fra yin e yang e il tempo l’avvicendamento di essi (10).

Nel libro “I:ching”, che come abbiamo detto è molto più remoto dei testi cinesi e di tutta la storia umana, troviamo già la trasformazione dei due principi nel senso testè riportato. Ci basta citare un famoso e bellissimo brano poetico del commento dell’ultimo esagramma (11) dal nome “Ueì ci – ricominciare” nel quale il duca di Chou così scriveva:

“Oggi, distrutto ieri / prepara la resa di Domani / così il Buio / s’incunea nella Luce / il ciclo vitale dell’Universo / si contrappone / non opponendosi mai, / si piega violento / il potere assoluto del Tempo / inflessibile / muta e trasforma l’esistere, / inarrestabile / continuo alternarsi / yang-yin, yang-yin / codice binario / del divenire” (12).

Gli stessi imperatori celesti erano usi ad interrogare, servendosi di bastoncini o monetine, questo libro, per prendere importanti decisioni di governo; un libro in cui yin e yang rappresentavano un vero e proprio codice binario del divenire al di dentro del Tao.

Il significato primordiale di yin e yang assunse poi con l’andare del tempo connotati sempre più complessi, ma anche più precisi.

Per yin si intese oltre che femmina e oscuro, anche tutto ciò che è umido, passivo, freddo, morbido; per yang, oltre a maschio e splendore di sole, tutto ciò che è attività, secco, caldo, duro (13).

Tutti gli aspetti dell’agire umano cominciarono ad essere spiegati facendo propri, da parte dei Cinesi, questi principi. La medicina (specie l’agopuntura), la chirurgia, le scienze in genere, perfino il cibo (si pensi alla macrobiotica), e l’archittetura furono studiate ed esercitate secondo lo yin e lo yang. Ma soprattutto nell’ambito etico e politico il senso dell’alternanza degli opposti penetrò nella coscienza collettiva di tutti i Cinesi, permettendo loro di superare tutte le più terribili avversità storiche, in quanto i momenti tragici vengono vissuti come l’inevitabile corso del destino (ming) scandito dai tempi dello yin e dello yang.

Ad ogni modo, yin e yang sono già definiti nei “I:ching” come i principi costitutivi del Tao. Essi, è necessario chiarire, non sono derivazione del Tao, ma i modi empirici del Tao stesso, come del resto i lati chiaro-scuro della montagna appartengono alla montagna stessa.

Bisogna invero sottolineare che questi due principi o forme dinamiche sono prodotti dai due attributi primi del Tao e cioè il Non-essere e l’Essere, come tali non definibili, dai quali discendono appunto lo yin e lo yang, i due opposti che diventano poi i modi con cui la natura e le società si ordinano. Questi, ripetiamo, vengono a definirsi proprio in base ad osservazioni empiriche, come empirico è il loro “uso” ai fini dell’interpretazione della realtà tutta. Il Tao trascendente ed assoluto (Infinito) diventa il tao (finito) immanente delle cose.

Possiamo dire, e questo è un nostro convincimento, che ci troviamo di fronte ad una veduta teopanista (termine usato in primis da Schelling), in cui Dio è tutto, ma non tutto è Dio. Con ciò si intende dire che Dio (il Tao) comprende tutto, il Non-essere e l’Essere, ma la somma dei due principi non dà il Tao, perché la somma di due finiti, o meglio indefiniti, non dà l’Infinito. Tuttavia il tao, che è presente in tutte le cose, conferisce ad esse la Regola dello yin e dello yang.

Il perpetuo divenire viene spiegato chiaramente nel cap. 42 del “Tao te ching”, in cui per la prima volta nel libro viene menzionata l’opposizione yin-yang:

“Uno ha prodotto due; due hanno prodotto tre; tre hanno prodotto i diecimila esseri. I diecimila esseri si scostano dall’elemento yin e abbracciano l’elemento yang. Il soffio vuoto ne fa una mescolanza armoniosa…”.

Il soffio vuoto, che è un modo tipico della filosofia orientale di immaginarsi l’Infinito, è il Tao stesso entro cui nascono e muoiono i diecimila esseri (il molteplice) secondo un processo che è lo stesso osservato nel fr. 10 di Eraclito, il frammento della syllàpsis (Rapporti. Intero non intero, concordante discordante, da tutte le cose l’uno e dall’uno tutte le cose).

Riportiamo ora i passi più significativi, non ancora citati che vanno a corroborare tutto quello che finora abbiamo affermato: tali capitoli, dai quali abbiamo estrapolato i brani più significativi, sono, in ordine di successione, il 2, 22, 24, 41, 43, 58 e che mettono in rilievo l’unità e la contrarietà di yin e yang:

Cap.2 : “Tutti nel mondo riconoscono il bello come bello; in questo modo si ammette il brutto. / Tutti riconoscono il bene come bene; in questo modo si ammette il non-bene. / Difatti: l’Essere e il Non-essere si generano un l’altro; il difficile e il facile si completano l’un l’altro; l’alto e il basso si invertono l’un l’altro; i suoni e la voce si armonizzano l’un l’altro; il prima e il dopo si seguono l’un l’altro”.

Cap.22 :” Ciò che è piegato diventa intero. / Ciò che è tortuoso diventa diritto / Ciò che è vuoto diventa pieno / Ciò che è consumato diventa nuovo/ Colui che possiede poco acquista / Colui che possiede molto è indotto in errore…”.

Cap. 24 : “Sulla punta dei piedi non si sta ritti. / Con le gambe larghe non si cammina. / Se ci si esibisce non si brilla. / Se ci si afferma, non ci si manifesta. / Se ci si vanta non si riesce. / Se ci si gloria, non si diventa il capo…”.

Cap. 41 : “La Via chiara è come oscura. / La Via progressiva è come retrograda. / La Via unita è come ruvida. / La Virtù somma è come una valle. / Il bianco più immacolato è come contaminato. / La Virtù più larga è come insufficiente. / La Virtù più forte è come impotente. / La realtà più solida è come tarlata. / Il più grande quadrato non ha angoli. / Il più grande vaso è l’ultimo ad essere finito. / La più grande musica ha il suono più sottile. / La più grande immagine non ha forma. / La Via è nascosta e non ha nomi (di categorie). / Difatti, proprio perché sa prestare, la Via sa portare tutto a compimento”.

Cap. 43 : “La cosa più molle al mondo si precipita contro la cosa più dura al mondo. Niente al mondo è più molle e debole dell’acqua; ma nell’avventarsi contro ciò che è duro e forte, niente può superarla. Senza sostanza, essa penetra in ciò che non ha interstizi. La cosa diventa facile per essa grazie a ciò che non esiste…”.

Cap. 58 : “…Disgrazia! Su di essa si fonda la fortuna. Fortuna! In essa si nasconde la disgrazia…”

Ovviamente nel Tao te ching si possono trovare altri brani nei vari capitoli dalla stessa impostazione. E comunque, al di là delle interpretazioni analitiche che si possono compiere attorno alle frasi riportate, poiché ognuna tratta situazioni diverse, dalla lettura di essa si ricavano alcuni aspetti comuni riguardanti il rapporto fra yin e yang, che così riassumiamo: 1) la loro armonia; 2) la loro alternanza; 3) la loro interdipendenza e complementarietà; 4) la loro ciclicità; 5) la loro onnicomprensività ; 6) il loro relativismo.

Per quanto riguarda il primo punto si può osservare che il concetto dell’armonia fra gli opposti è lo stesso che si trova in Eraclito nei fr. 8, 51, 54 e in altri in cui esso è implicito. Anche il Taoismo accetta il destino e la sua necessaria, armonica e fluttuante realtà. Un libro del tredicesimo secolo scritto da un maestro taoista appartenente alla Scuola della Realtà porta il titolo rivelatore de “Il libro dell’equilibrio e dell’armonia” (14) ed è tutto incentrato su quello che si va scrivendo.

Il secondo aspetto, quello dell’alternanza degli opposti e della loro interdipendenza è stato esaminato in precedenza. Semmai possiamo aggiungere un chiarimento ulteriore ponendoci la domanda su come si sviluppa tale connessione. Ebbene si può anche in questo caso rilevare come i due opposti siano entrambi empirici e positivi, in quanto si riferiscono a qualcosa di esistente, e che si pongono all’interno di una loro lotta che non ha mai un fine ultimo, ovvero una soluzione escatologica. Il famoso simbolo del Tao, il T’ai chi tù, ci fornisce di per sé il senso del procedere dialettico. Se infatti lo si interpreta “…non su base geometrica, come un insieme di forme e superfici statiche, ma su base fisica, come campo di forze in azione…” (15) si riscontra all’interno di ciascuna goccia (mogatama) e precisamente nella parte più gonfia un punto del colore del mogatama opposto. In tal senso non solo viene suggerita l’idea di un movimento ondulatorio (e non può non esserlo), ma soprattutto l’idea della complementarietà dei due colori opposti (i colori luminosi e forti sono yang, i colori scuri sono yin).

Il fisico F. Capra riporta con un esempio geometrico l’unità dinamica dello yin e dello yang. Se, egli afferma, si considera un punto che si muove lungo una circonferenza e si proietta il suo movimento su di uno schermo, detto punto diventa una oscillazione fra due punti estremi (yin e yang).

“Il punto gira sulla circonferenza con velocità costante, ma nella proiezione rallenta quando raggiunge le estremità, inverte il moto e quindi accelera di nuovo, poi rallenta ancora e così via, in cicli senza fine. In ogni proiezione di questo tipo, il moto circolare apparirà come una oscillazione tra due punti opposti, ma nel movimento stesso gli opposti sono unificati e superati” (16).

Tale immagine ci dà sia il senso della interdipendenza fra i due contrari (punto terzo) e della loro ciclicità (punto quarto). Le oscillazioni del punto sulla circonferenza ci indicano come ci siano varie fasi durante il movimento, fasi in cui un opposto prevale sull’altro e viceversa e che mentre tutto trascorre si toccano i punti estremi. Ma quando un opposto sembra essere giunto al completo dominio sull’altro, ecco che l’opposto apparentemente annientato risale prima lentamente, poi sempre più velocemente la china sino a diventare lui il dominatore, per poi, di nuovo lentamente soccombere e così via in un divenire che non finisce mai.

Questa veduta del tempo fu presente in tutte le culture antiche, ed è presente ancor oggi nel mondo orientale non islamico. Infatti solo le religioni monoteiste di origine semita, tra cui l’Ebraismo e il Cristianesimo, non aderirono a tale dottrina. La spiegazione di ciò è abbastanza semplice: si tratta di religioni fondate sulla fede e sui dogmi, e in cui si crede ad un Dio al di là del finito, creatore e soprattutto provvidenziale, e perciò viene esclusa in modo assoluto a livello teologico e metafisico l’esistenza di un principio autoregolatore insito nella natura stessa, quale appunto l’armonia e il conflitto fra contrari.

La ciclicità è concepita di solito con la veduta temporale delle quattro età che trovano storicamente la prima esplicitazione scritta nelle “Upanishad vediche” e poi nel mondo greco con Esiodo, Empedocle, Platone ed altri. La ripetizione ciclica non deve comunque essere intesa come una ripetizione degli eventi tali e quali essi accadono. L’eterno ritorno dell’uguale sarà la veduta temporale propria degli Stoici e poi di Nietzsche. Ciò che si ripete non sono gli avvenimenti così come sono, bensì le costanti yin-yang che ripropongono perennemente la loro logica binaria ed unitaria, mentre gli accadimenti storici o naturali presentano sempre protagonisti nuovi che comunque si troveranno ad agire all’interno di quella logica. In effetti se il Tao è la Possibilità totale, in cui nulla può ripetersi esattamente come è stato.

La ciclicità del Tao implica poi, e siamo al quinto aspetto, la sua presenza in ogni momento ed in ognuno del “diecimila esseri”. Il succedersi delle stagioni, delle fortune e delle disgrazie, delle paci e delle guerre e così via, altro non sono che la compresenza immanente dello yin e dello yang in ogni dove. Essa consiste nel fatto che “…i qualche cosa e i niente, i dentro e i fuori, i solidi e i vuoti, così come gli svegli e gli addormentati… sono reciprocamente necessari” (17). E in quanto necessità il principio si pone come soluzione-spiegazione di ogni esistenza e non-esistenza. Tale necessità, che è dinamica, è da intendersi come necessità necessitata (riferita agli enti) di tipo relazionale. Se tutto diviene, nessun ente è statico e perciò non è sostanza come viene intesa aristotelicamente (18).

Ogni ente poi, essendo pervaso dal principio dei contrari, è strettamente legato in un rapporto necessario con gli altri e con il mondo, per cui non può sfuggire a tale logica.

La relazionalità e il relativismo sono perciò l’ultima caratteristica essenziale che legano lo yin e lo yang.

A questo punto si comprende come tutti gli aspetti generali della dialettica taoista siano profondamente intersecati fra loro, tanto che si possono giudicare come le tante facce di una stessa Realtà.

Il Taoismo, se analizzato dal punto di vista metafisico, è questo. E’ un pensiero come si può constatare assai simile e forse contemporaneo a quello eracliteo, tanto che si è pensato che attraverso le vie carovaniere ci possa essere stato attraverso i mercanti che portavano con sé libri sapienziali un contatto culturale fra il mondo cinese e quello greco (fatto molto probabile). C’è da dire comunque che il Taoismo non fu solo una filosofia, ma una vera e propria religione, che, in quanto tale, si adottò di un apparato ritualistico che veniva celebrato da un clero monacale. Molti furono i santi e gli eremiti che si allontanavano dal mondo costruendo straordinari e bellissimi monasteri sui cocuzzoli delle montagne. Purtroppo solo quattro dei circa quattromila e cinquecento monasteri sono sopravvissuti intatti alla parossistica e criminale distruzione perpetrata dal cosiddetto grande timoniere Mao Zedong durante la rivoluzione culturale nella seconda metà degli anni Sessanta. C’è da dire comunque che oggi alcuni vengono ricostruiti.

Non è compito di questo lavoro descrivere sugli aspetti pratico-religiosi del Taoismo: come si è anticipato all’inizio di questo saggio diciamo solo che fu, ed è, per quel poco di originale che è rimasto, una religione rivolta alla persona piuttosto che alla collettività, e perciò fu antagonista costante del Confucianesimo; e proprio per questa sua peculiarità fu molto seguita ed esercitata nelle pratiche quotidiane riguardanti la cura del corpo, della sessualità e della alimentazione. Addirittura si riteneva che si potesse raggiungere l’immortalità del proprio fisico se si attuavano precise metodologie.

Importantissima è stata l’influenza che esso ha avuto in campo politico: la pratica del wei-wu-wei (dell’agire non-agendo) fu fondamentale nell’ispirare la condotta politica di moltissimi imperatori. “Il non-agire non è affatto l’inerzia, al contrario, è la pienezza dell’attività, ma un’attività trascendente e tutta interiore, non-manifestata, in unione col principio, dunque al di là di tutte le distinzioni e di tutte le apparenze che il volgo prende a torto per la realtà stessa, mentre non sono che un riflesso più o meno lontano” (19).

Il Taoismo rappresenta quindi un profondo insegnamento non solo filosofico o religioso, ma insegna anche una pratica per la vita quotidiana. Infatti, al di là degli aspetti magici e superstiziosi, esso ammaestra che nulla è separato o a se stante o che è scontato o definitivo, perché nulla è del tutto nero o del tutto chiaro. In tal modo bisogna sempre stare attenti a se stessi e a quello che si fa (…ho indagato me stesso… diceva Eraclito nel fr. 101). Nel contempo, pur accettando il relativismo relazionale dell’esistenza, si va a seguire un principio regolatore col quale si dà un senso a se stessi e al mondo senza cadere nel nichilismo passivo che oggi impera nella nostra società. In questo senso il Taoismo è da ritenersi un pensiero che mai tramonterà, anche perché “lo spirito della valle mai non muore”.

———————————————————————————



NOTE

1. J.J.L.DUYVENDAK, Il Tao te ching, ed. Adelphi, Milano 1973, curata e tradotta in italiano da A. Devoto. Questa opera è considerata ormai un classico per la sua chiarezza e per i suoi commenti.
2. M.GRANET, La religione dei cinesi, ed. Adelphi, Milano 1973, p.140.
3. R.GUENON, Gli stati molteplici dell’essere, ed. Luni Editrice, Milano 2003, p.38.
4. IDEM, p.38.
5. M.HEIDEGGER, Seminari, ed. Adelphi, Milano 1992, p.132.
6. G.PASQUALOTTO, Il tao della filosofia, Pratiche Editrice, Parma 1989, 23-24.
7. ZUANG-ZI, ed. Adelphi, Milano 1982, curata da LIOU KIA-HWAY, p.25.
8. IDEM, P.128.
9. R.GUENON, Il simbolismo della croce, ed. Luni Editrice, Milano 2003, p.141.
10. M.GRANET, La religione, cit., pp. 26-27.
11. Gli esagrammi sono la composizione di sei linee che possono essere yin o yang e delle loro combinazioni possibili. La linea yin è disegnata con una linea discontinua – – – mentre la linea yang con una continua —. Gli esagrammi sono composti da 2 trigrammi, uno superiore ed uno inferiore, le cui combinazioni sono otto per ciascuno, per cui le combinazioni che si ottengono risultano di 64 esagrammi.
12. I.CHING, (a cura di E.J.CORDIGLIA) ed. Mediterranee, Roma 1982.
13. FUNG-YU-LAN, Storia della filosofia cinese, ed. Mondatori, Milano 1990, p.110.
14. Si veda T.CLEARY (a cura di), ”Il libro dell’equilibrio e dell’armonia”, ed. Mondatori, Milano 1991.
15. G.PASQUALOTTO, Il tao, cit., p.73.
16. F.CAPRA, Il tao della fisica, ed. Adelphi, Milano 1982, p.168.
17. A.W.WATTS, Il tao. La via dell’acqua che scorre, Ubaldini Editore, Roma 1971, p.44.
18.. Il concetto di sostanza deriva dal latino “substantia”, che significa “ciò che sta sotto”, e traduce le parole greche ousìa e tò hypokèimenon. Esso indica il soggetto reale e logico di una proposizione (l’ente). Aristotele la chiamava sinolo, cioè un insieme di materia e forma. La forma costituiva l’essenza stessa della sostanza, la cui caratteristica principale consisteva nella sua permanenza ed immutabilità, che escludeva di fatto la concezione dell’evoluzionismo. Assai differente sarà invece il concetto di sostanza in Hegel, che si avvicina alquanto alla veduta taoista.
19. R.GUENON, Scritti sull’esoterismo islamico e il Taoismo, ed. Adelphi, Milano 1993, p.105.


BIBLIOGRAFIA

Testi usati e consultati.
F.CAPRA, Il tao della fisica, ed. Adelphi, Milano 1982.
T.CLEARY (a cura di), Il libro dell’equilibrio e dell’armonia, ed. Mondadori, Milano 1991.
T.CLEARY, Il libro degli insegnamenti di Lao-tzu, ed. Mondadori, Milano 1993.
J.C.COOPER, Yin e Yang, Ubalbini Editore, Roma 1982.
J.J.L. DUYVENDAK (a cura di), Tao te ching, ed. Adelphi, Milano 1973.
FUNG-YU-LAN, Storia della filosofia cinese, ed. Mondadori, Milano 1990.
M.GRANET, La religione dei Cinesi, ed. Adelphi, Milano 1973.
M.GRANET, Il pensiero cinese, ed. Adelphi, Milano 1971.
R.GUENON, Gli stati molteplici dell’essere, ed. Adelphi, Milano 1996.
R.GUENON, Il simbolismo della croce, Luni Editrice, Milano 2003.
R.GUENON, Scritti sull’esoterismo islamico e il Taoismo, ed. Adelphi, Milano 1993.
K.JASPERS, Laotse, sta in “I grandi filosofi”, ed. Longanesi, Milano 1973.
I:CHING, (a cura di E.J.CORDIGLIA), ed. Mediterranee, Roma 1982.
LIEH-ZU, sta in “Testi taoisti” a cura di F.Tomassini, ed. Utet, Torino 1974.
M.HEIDEGGER, Seminari, ed. Adelphi, Milano 1992.
H.MASPERO, Il soffio vivo, ed. Adelphi, Milano 1985.
MATGIOI, La via taoista, Fratelli Melita Editori, La Spezia 1989.
NEEDHAM, Scienza e società in Cina, ed. Il Mulino, Bologna 1973.
G.PASQUALOTTO, Il tao della filosofia, Pratiche Editrice, Parma 1989.
S.RAJNEESH (OSHO), Tao. Discorsi sul Tao te ching di Lao tzu, ed. Mediterranee, Roma 1979.
P.SANTANGELO, Il “peccato” in Cina, Ed. Gius. Laterza e Figli, Bari 1991.
A.W.WATTS, Il tao. La via dell’acqua che scorre, Ubaldini Editore, Roma 1971.
ZUANG-ZI, a cura di LIOU KIA-HWAY, ed. Adelphi, Milano 1982.

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Flores Tovo

f.tovo@libero.it

Fonte: Comedonchisciotte.org

14.06.2020


Fonte: https://comedonchisciotte.org/laltra-cina-il-taoismo/



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 Oggetto del messaggio: Re: La Cina è vicina a darci scacco matto
MessaggioInviato: 14/06/2020, 12:57 
[" “… l’Essere” comprende “tutte le possibilità di manifestazione, ma soltanto in quanto esse si manifestano” (3) e perciò al di fuori dell’Essere vi è tutto il resto “…cioè tutte le possibilità di non-manifestazione, e inoltre le possibilità di manifestazione allo stato non manifestato” "

Sembra quasi un concetto quantistico. Ogni particella è ovunque quindi NON MANIFESTA e quindi può essere in ogni luogo ed in ogni tempo, comprendendo tutte le possibilità. solo quando si manifesta comincia ad essitere.



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 Oggetto del messaggio: Re: La Cina è vicina a darci scacco matto
MessaggioInviato: 15/06/2020, 19:19 
[:301] [:264] [:305] appunti di letture.



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 Oggetto del messaggio: Re: La Cina è vicina a darci scacco matto
MessaggioInviato: 17/06/2020, 12:58 
Cita:
Valle di Galwan, Kashmir. Cina e India continuano a scontrarsi. Nuova Delhi: "Morti da entrambe le parti"

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Aumenta la tensione tra Cina e India al confine. Secondo quanto riportano oggi i media cinesi oggi, Pechino ha accusato formalmente il suo vicino di “attaccare il personale cinese” nel suo territorio. La risposta della Cina segue l’annuncio da parte di Nuova Delhi secondo cui due soldati indiani sarebbero rimasti uccisi in un scontro corpo a corpo nella valle di Galwan, nel Kashmir, nella giornata di ieri.


Il portavoce del ministero degli Esteri cinese Zhao Lijian ha dichiarato che le truppe indiane hanno attraversato il confine due volte lunedì, "provocando e attaccando il personale cinese, generando un serio scontro tra le forze di frontiera delle due parti". Il ministero degli esteri cinese ha invitato l'India a non intraprendere azioni unilaterali o creare ulteriori destabilizzazioni della situazione.

"Non è stato sparato nessun colpo", ha detto un ufficiale dell'esercito indiano nella regione a AFP. "Non sono state usate armi da fuoco. Si è trattato di violente collutazioni corpo a corpo."

L'esercito indiano ha affermato che ci sono state "vittime da entrambe le parti". L'esercito popolare cinese per la liberazione "ha anche subito vittime nello scontro fisico nella valle di Galwan", ha detto il caporedattore del quotidiano cinese Global Times Hu Xijin in un tweet nella giornata di oggi.

La controversia tra Cina e India – paesi che dividono un confine di 3488 Km - per la linea di controllo effettivo (LAC) nel Ladakh orientale, parte del Kashmir controllato dagli indiani, sta subendo una violenta accelerazione in questi giorni.

I colloqui di alto livello tra diplomatici e generali dell'esercito dei paesi si sono svolti ad inizio di giugno nel tentativo di allentare le tensioni ma con scarsi risultati.

FOnte: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-valle_di_galwan_kashmir_cina_e_india_continuano_a_scontrarsi_nuova_delhi_morti_da_entrambe_le_parti/82_35619/



Questo 2020 non si fa mancare proprio nulla [:246]



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 Oggetto del messaggio: Re: La Cina è vicina a darci scacco matto
MessaggioInviato: 21/06/2020, 13:02 
Questo 2020 (2012?) continua a darci grandi soddisfazioni, si sono svegliati pure gli Indiani...

Cita:
I nazionalisti indiani chiamano alla guerra economica contro la Cina. L'India ha la forza per farlo?

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Dopo un grave scontro tra le truppe cinesi e indiane lungo il confine, si è alzata forte la voce del nazionalismo. "Boicottaggio dei prodotti cinesi" è lo slogan più importante. Il giocatore di cricket indiano Harbhajan Singh ha twittato martedì, invitando la gente a “evitare tutti i prodotti cinesi". Il maggiore dell'esercito indiano in pensione Ranjit Singh invitato a buttare fuori le merci cinesi, dicendo "possiamo rompere economicamente la spina dorsale cinese".



Secondo quanto riferito, l'India sta pianificando di imporre maggiori barriere commerciali e aumentare i dazi all'importazione su circa 300 prodotti dalla Cina e altrove e di utilizzare prodotti indiani per sostituire le apparecchiature cinesi nell'aggiornamento della rete 4G del paese. Questi potrebbero essere i piani a lungo termine dell'India, ma alcuni media hanno usato questi piani per promuovere il sentimento anti-cinese nella società indiana.



L'India non ha giustificazioni nella disputa sul confine. Le truppe indiane hanno violato il consenso Cina-India di stabilizzazione della regione della valle di Galwan raggiunto durante i colloqui a livello di comandanti militari. Hanno attraversato palesemente la Linea di Controllo Effettivo (LAC) e demolito con la forza le tende delle truppe cinesi. Ciò ha portato allo scontro e l'India ha subito molte vittime.



I funzionari indiani sono stati generalmente moderati dopo l'incidente. La Cina e l'India hanno sempre avuto una diversa comprensione del LAC, ma per controllare la situazione al confine, nessuno dei due paesi dovrebbe agire per primo. Le truppe indiane hanno rotto l'accordo. Quindi, 17 militari indiani sono morti perché sono rimasti esposti a temperature gelide in alta quota dopo essere stati feriti. Sulla base di questi fatti, l'India non ha le basi morali per realizzare una mobilitazione anti-cinese.



Le forze nazionaliste estremiste dell'India stanno usando lo slogan "boicottaggio dei prodotti cinesi" per sfogare i loro sentimenti.



In effetti, le forze radicali dell'India hanno richiesto un boicottaggio dei prodotti cinesi ogni anno, ma il commercio Cina-India è invece andato ad espandersi. L'India sta importando sempre più merci dalla Cina, causando ogni anno decine di miliardi di deficit commerciale con la Cina. Questo perché molti prodotti cinesi non possono essere prodotti in India e l'India non può acquistare questi prodotti dall'Occidente allo stesso prezzo. Ad esempio, molti indiani che incolpano la Cina utilizzano i telefoni cellulari cinesi. Le lampade, le ceramiche e le valigie cinesi sono le più adatte per i consumatori indiani. Con prezzi bassi e buona qualità, questi prodotti sono difficili da sostituire.



Il PIL cinese è circa cinque volte quello dell'India. Con un tale divario, come potrebbe essere facile per un'economia più piccola sanzionarne una maggiore? L'India non può replicare l'approccio prepotente degli Stati Uniti nei confronti della Cina. L'India subirà maggiori perdite se avvierà una guerra commerciale contro la Cina, e il sostentamento del popolo indiano, che è stato sostenuto da prodotti cinesi, ne subirà il peso.



La Cina e l'India sono entrambi paesi in via di sviluppo su vasta scala. Il rafforzamento delle economie e il miglioramento del tenore di vita delle persone sono i compiti centrali di questi due paesi. La Cina e l'India hanno un enorme spazio di cooperazione a beneficio dei due paesi e popoli. È comprensibile che l'India modifichi le politiche per motivi economici. Ma se l'India rovina la cooperazione bilaterale solo per compiacere il sentimento nazionalista sulla questione del confine, allora si farà male.



La Cina non ha costretto l'India, né ha sfruttato le difficoltà dell'India per ottenere un vantaggio politico. L'attuale situazione epidemica COVID-19 dell'India è triste e il paese è economicamente fragile. Speriamo che gli indiani possano rimanere razionali, invece di incitare il dolore senza moderazione, aggiungendo una pressione distruttiva sul controllo pacifico delle controversie sui confini Cina-India, o rendendo più difficile stabilizzare la situazione nella regione della valle di Galwan.



Alcune forze politiche indiane e l'opinione pubblica dovrebbero smettere di incitare le loro truppe a intraprendere azioni provocatorie lungo il confine. Per favore, dite ai soldati indiani che un LAC pacifico è dove si trovano i veri interessi dell'India. Oltre ad essere coraggiosi, i soldati dovrebbero anche essere politicamente lucidi e avere una visione ampia.



(Traduzione de l’AntiDiplomatico)

Fonte: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-i_nazionalisti_indiani_chiamano_alla_guerra_economica_contro_la_cina_lindia_ha_la_forza_per_farlo/82_35700/




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 Oggetto del messaggio: Re: La Cina è vicina a darci scacco matto
MessaggioInviato: 29/06/2020, 12:29 
Cita:
I guai di Xi Jinping smontano il sogno cinese di Italia e Germania

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DI GIULIO SAPELLI

ilsussidiario.net

La Cina appare come l’unico principale Paese al mondo che crescerà nonostante la crisi. Invece ha grossi problemi interni

La Cina appare a molti osservatori nazionali e internazionali come una nazione che esce vittoriosa dalla crisi pandemica. I dati recenti sul Prodotto interno lordo mondiale sembrano confermare questa convinzione. Mentre tutte le altre nazioni di riferimento per comprendere come andrà il mondo, a partire dagli Usa per continuare con la Russia, la Germania, la Francia, il Regno Unito, l’India e per finire con l’Italia, fanno segnare prontissime cadute del Pil, la Cina cresce dell’1 per cento. Così sembra.

L’Italia sempre – da dopo la Prima guerra mondiale ultima dei primi e prima degli ultimi – non fa eccezione, anzi spicca per l’accelerazione della mancata crescita che dura da più di vent’anni. La caduta pandemica del Pil produce sfracelli in ogni dove e allora il soft power cinese, attivissimo in ogni dove, sottolinea quel punto di crescita presunta. La questione è di molto interesse per l’Italia. Perché?

Ma perché è stata l’unica nazione dell’Europa e del G7 a firmare un memorandum con la Cina che di fatto consegna porti e infrastrutture digitali strategiche (con l’aiuto irresponsabile di un Berlusconi che come sempre antepone l’interesse proprio a quello nazionale alleandosi nella partita delle telecomunicazioni sia alla Francia, sia alla Cina).

Ora molti di quegli osservatori se la godono leggendo che il Pil cinese aumenta dell’1 per cento e non leggendo nulla di ciò che di interessante si legge nel mondo su questo. Penso per esempio a David Pilling, che sul Financial Times descrive il declino rapido di quello che chiama “l’imperialismo da debito cinese” in Africa o gli articoli dell’Ifri (l’istituto francese di politica estera che rivaleggia con gli studi dell’istituto statunitense sulla sicurezza nazionale). Per non pensare ai testi in lingua inglese, francese e tedesca sulle reali condizioni politiche ed economiche cinesi.

Da questo punto di vista, l’attenzione internazionale si rivolge al fatto eccezionale che nel corso della riunione del Consiglio del Popolo Xi Jinping ha tenuto solo un brevissimo discorso d’occasione e la relazione centrale anch’essa breve e inferiore a un’ora è stata pronunciata da quello che è il rivale storico di Xi, ossia il primo ministro Li Keqiang, capo indiscusso di una delle catene di comando fondamentali del potere cinese: la Federazione giovanile comunista cinese, che da sempre ha costituito sin dalla Lunga Marcia una corrente che ha sempre lottato, anche contro Mao, contro il potere assoluto nel Pcc e per la direzione collegiale e che non a caso sotto Deng Xiaoping – il padre della Cina moderna – si è iniziata a costruire solo dopo la morte di Mao e solo dopo l’eliminazione radicale della cosiddetta Banda dei Quattro.

Il gruppo di Shanghai e di Bo Xilai, che Xi ha letteralmente sterminato fisicamente sotto il velo della lotta contro la corruzione, sono stati sconfitti dal presidente, ma non lo è stato Li che da anni resiste ai tentavi di eliminazione. La questione aperta di Li e della Fgcc rivela ciò che accade oggi nel potere cinese, scosso come un albero dalla tempesta dalla pandemia e dal fallimento di Xi e della sua concentrazione del potere.

Anche nell’esercito i contrasti aumentano. Dopo la svolta aggressiva cinese teorizzata da una moltitudine di teorici sia militari che civili – e su cui ha richiamato l’attenzione Leonardo Tirabassi in un bellissimo e coraggioso articolo apparso su queste pagine – si assiste oggi a una sorda battaglia scatenata dall’esercito – che ha presidiato la nazione durante la pandemia – contro il predominio economico e burocratico della marina e dell’aviazione, per così ritornare al potere che deteneva quando la politica estera era difensiva e anti–indiana e comportava quindi guerre di terra, a differenza della Via della Seta tutta fondata sul dominio dei mari, come documentano le violazioni del diritto marittimo nei mari della Cina del Sud e nell’Oceano Indiano.

Quell’1 per cento di crescita è di trascinamento in una nazione che prima saliva del 6 per cento del Pil, ammesso e non concesso che i dati cinesi siano veritieri e non falsi come erano sempre quelli dell’Urss, anch’essa una nazione come la Cina a capitalismo monopolistico terroristico di Stato. La differenza sta nel fatto che in Cina sono ancora vive e vegete circa 400 milioni di famiglie capitalistiche piccole e grandi che sono state addirittura chiamate a far parte del Pcc da Deng Xiaoping nella sua liberazione “del gatto purché mangiasse il topo”. Il problema è che il potere neo–maoista assoluto di Xi Jinping mal si concilia con così tanti “kulaki”. Stalin poté ucciderne 40 milioni negli anni Trenta del Novecento. Ucciderne centinaia di milioni è impossibile e questo spiega il tentativo di farli morire di asfissia come si è tentato senza successo prima della pandemia, che è stata provvidenziale per Xi. Il quale aveva tentato di imporre quella legge che avrebbe segnato la parola fine per la borghesia cinese che trovava in Hong Kong la vena giugulare di comunicazione con il sistema circolatorio della finanza capitalistica mondiale che nutre con essa la Cina.

Questo la vecchia guardia dengxiaopinghista non lo vuole, così come non vuole una guerra con gli Usa che la politica di Xi rende invece prima o poi inevitabile. Così inevitabile che ha provocato il serrare i ranghi delle élite nordamericane che da Biden a Trump si sono ritrovate – pur divise su tutto – unite nel prepararsi a un roll-back anti-cinese. Esso non può che fondarsi su nuovi investimenti massivi nell’aviazione e nella marina rispetto alle truppe di terra. E questo spiega la freddezza nei confronti della Nato e i conflitti che ciò produce in seno alle nazioni europee.

La Germania continua a proporre la sua leadership non solo europea ma mondiale alleandosi sempre più strettamente con la Cina. E questo mentre il lago Atlantico-Mediterraneo è in fiamme e si sfiora la guerra in Libia. Guerra per procura tra la Turchia, che aderisce alla Nato, e la Russia che Nato e Usa avversano. Il tutto mentre il mondo va sregolandosi e destatualizzandosi. Ma se il mondo va a rotoli è possibile che dal suo sgomitolarsi sorga un ricomporsi delle fila della storia e che Usa e Russia ritornino a quel dualismo competitivo che è l’ultima speranza prima della fine del mondo.



Giulio Sapelli

28.06.2020

Fonte: https://comedonchisciotte.org/i-guai-di-xi-jinping-smontano-il-sogno-cinese-di-italia-e-germania/


Sembra più un auspicio di chi ha scritto l'articolo che una vera e propria analisi [:302]



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 Oggetto del messaggio: Re: La Cina è vicina a darci scacco matto
MessaggioInviato: 05/07/2020, 11:52 
"Sono le corporazioni, non la Cina, la causa della perdita di lavori negli Usa",

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Pechino è il capro espiatorio per i fallimenti degli Stati Uniti con accuse di commercio sleale che fanno parte di un bluff politico


di Adriel Kasonta

da https://asiatimes.com

traduzione di Marco Pondrelli per Marx21.it
¯
Da quando il presidente Donald Trump si è insediato all'inizio del 2017, gli Stati Uniti hanno trovato un nuovo nemico e una nuova guerra fredda con la Cina. È anche perfettamente comprensibile che il progetto America First abbia bisogno di carburante per rinvigorire lo spirito nazionale dei suoi sostenitori.


Il regime di Trump sostiene che a causa di pratiche sleali la Cina ha un surplus commerciale con gli Stati Uniti di quasi 400 miliardi di dollari. È evidente come la cosiddetta guerra commerciale con la Cina serve ad accendere la campagna elettorale Make American Great Again.

Le accuse di Trump sono corrette? La Cina ha fatto irruzione nelle fabbriche americane, ha delocalizzato i posti di lavoro, ha demolito le industrie, ha rubato la proprietà intellettuale e ha violato gli impegni assunti nell'ambito dell'Organizzazione Mondiale del Commercio? Possiamo leggere tutto questo nei numerosi e recenti tweet del Dipartimento di Stato americano.

A mio modesto parere la risposta è semplicemente no. Credo che il deficit commerciale tra Stati Uniti e Cina sia causato da alcune delle maggiori aziende americane che trasferiscono la produzione proprio in Cina, che secondo la logica del mercato gode di una manodopera più economica.

Quando la società delocalizzata riporta i suoi prodotti negli Stati Uniti, questo viene conteggiato come importazione. In altre parole, il deficit degli Stati Uniti con la Cina è il risultato delle pratiche di delocalizzazione delle aziende verso quest'ultima, e non viceversa.

Per dirla in termini ancora più chiari, quando un portatile Apple o un iPhone torna negli Stati Uniti è si un prodotto americano ma viene conteggiato come un'importazione.

A tal proposito sembra che il concetto di commercio cinese ingiusto sia solo un'altra forma di bluff politico come il Russiagate, l'uso di armi chimiche da parte di Bashar al-Assad, le armi di distruzione di massa di Saddam Hussein e molto altro ancora. E come tutti i bluff politici, aiuta una determinata agenda politica.

Da quando la Cina è diventata la nuova Russia, è infatti importante ricordare che è stato durante il regime di Barack Obama che il Cremlino era riemerso come il nemico numero uno degli Stati Uniti. È chiaro che l'attuale paese egemone ha bisogno di un nemico per giustificare il suo più grande settore manifatturiero, la spesa militare.

La conseguenza per il neoeletto presidente degli Stati Uniti era chiara, avendo ammesso fin dall'inizio di voler normalizzare i rapporti con la Russia ha dovuto scegliere un obiettivo alternativo.

Tre fattori principali hanno contribuito a far sì che il Regno di Mezzo diventasse il comodo sostituto.

Uno è la crescente volontà della Cina di opporsi alle provocazioni di Washington. L'altro è la necessità di Washington di avere un capro espiatorio per il suo grande deficit commerciale, poiché non era ansiosa di incolpare le potenti corporazioni globali. Un altro è la capacità produttiva e industriale della Cina, insieme al suo ambizioso piano di diventare leader mondiale nella tecnologia delle comunicazioni, come le telecomunicazioni di quinta generazione (5G).

Tutto ciò dimostra che, con o senza Trump, gli Stati Uniti mostrano ancora una determinazione all'egemonia guidata dalla logica dell'unicità e dell'indispensabilità, che giustifica la loro brama di imporre la loro volontà al resto del mondo.

Finché si balla al ritmo di Washington, va tutto bene. Ma se non è così, allora state certi che siete sulla strada giusta per diventare una minaccia.

Senza dubbio la globalizzazione è stata un grande beneficio per la Cina e ha fatto molto male agli Stati Uniti perché ha distrutto la classe media americana spostando all'estero posti di lavoro ad alto valore aggiunto e ad alta produttività.

Questo ha bloccato la crescita del reddito degli Stati Uniti. Ecco perché molti di coloro che dovrebbero avere un lavoro ben retribuito nel settore manifatturiero, con una buona pensione e un'assistenza sanitaria, si trovano assunti a part-time per rifornire gli scaffali dei negozi senza assistenza medica o pensione.

Di conseguenza notiamo che il debito si è ampliato per compensare la crescita mancante, il reddito dei consumatori e un numero maggiore di famiglie americane si è indebitata. E più hanno debito meno reddito può essere usato discrezionalmente nell'economia, così la domanda aggregata diminuisce, creando una situazione in cui l'economia americana semplicemente non può crescere.

Tuttavia deve essere chiaro che la globalizzazione è stato il modo in cui le corporazioni statunitensi sono sfuggite al pagamento del valore del prodotto marginale ai lavoratori. Assumevanoinvece manodopera asiatica per meno soldi e la differenza andava nei loro profitti.

Quindi sono queste aziende, non la Cina, che hanno creato una situazione in cui la distribuzione del reddito e della ricchezza negli Stati Uniti è peggiorata.

Mentre il presidente Trump e persone come il procuratore generale degli Stati Uniti Bill Barr, il quale ha recentemente etichettato la Cina come la più grande minaccia per l'America e suggerendo che è "una minaccia più grande della Russia geopoliticamente, economicamente, militarmente e una minaccia per l'integrità delle istituzioni statunitensi", cercano di trovare un capro espiatorio per i pericoli del neoliberalismo raccontando bugie deliberate, la maggiore vittima di questo errore sarà l'americano medio il cui tenore di vita sarà sacrificato, insieme alla confisca della pensione e dei risparmi personali al fine di dissuadere il nuovo "nemico principale".

Non sono sicuro che questo sia esattamente quello che gli americani avevano in mente quando hanno votato per Trump e il suo piano per fare l'"America Great Again", ma se avessero capito cosa il Presidente e i suoi apparati nel governo e nei media intendevano veramente con questo slogan, e cosa significa per le loro famiglie e la loro prosperità nei prossimi anni, avrebbero capito che non è la Cina ad essere loro nemica, ma il presidente stesso e il sistema che lo sostiene.
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 Oggetto del messaggio: Re: La Cina è vicina a darci scacco matto
MessaggioInviato: 19/07/2020, 13:05 
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Nuova mossa di Pechino. Privare gli USA delle 'terre rare', minerali fondamentali per la Difesa e la Tecnologia

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La Cina ha annunciato la decisione di imporre sanzioni contro la società americana Lockheed Martin. Sebbene i dettagli non siano ancora noti, gli esperti ritengono che sia probabilmente un divieto di fornitura di elementi di terre rare
Le sanzioni cinesi, annunciate il 14 luglio, sono una risposta alle azioni di Washington, che aveva precedentemente approvato l'accordo per fornire a Taiwan attrezzature per potenziare i sistemi missilistici di difesa aerea Patriot prodotti da Lockheed Martin.

Nell'ambito delle nuove sanzioni contro Lockheed Martin potrebbe esserci il taglio della fornitura di materiali, comprese le terre rare, che sono cruciali per la produzione di armi avanzate e restrizioni commerciali ai fornitori della società che operano nel continente cinese, ha scritto il quotidiano cinese Global Times .


Monopolio cinese sulla produzione di terre rare

Gli elementi delle terre rare sono un gruppo di 17 metalli che, per la loro grande importanza per la produzione di tutti i prodotti high-tech "dagli smartphone ai missili" chiamati "vitamine per la vita moderna", sottolinea il quotidiano The Times .

Molti dei prodotti chiave di Lockheed Martin, inclusi i caccia F-35 e i missili Patriot, si basano su componenti fatti di terre rare, secondo gli analisti.

Secondo il media britannico, la Cina produce circa il 70% del volume totale di terre rare nel mondo nel proprio territorio e tratta circa il 95% dei minerali delle terre rare, potendo così controllare l'offerta mondiale.

Inoltre, Pechino ha una rete di miniere di terre rare in Africa che "fanno parte di una strategia a lungo termine per raggiungere il dominio mondiale nel campo di questa materia prima in futuro", ricorda The Times.

La società di consulenza americana Horizon Advisory citata dal Times ha avvertito che la Cina vede il suo dominio sul mercato delle terre rare da una prospettiva strategica piuttosto che finanziaria.
"I cinesi non si preoccupano dei vantaggi economici", ha dichiarato Nathan Picarsik, cofondatore di Horizon Advisory. "Vedono il controllo di questo settore come un modo per vincere senza combattere", ha aggiunto.

Dipendenza dei occidentali con la Cina

Per molto tempo, i paesi occidentali non si sono preoccupati della provenienza di queste risorse e solo il peggioramento della guerra commerciale USA-Cina ha evidenziato questo problema.

Le nuove sanzioni cinesi hanno dimostrato ancora una volta la vulnerabilità dei paesi occidentali, ha osservato.

L'anno scorso, durante l'escalation della guerra commerciale, la Cina aveva già minacciato di vietare la fornitura di terre rare. Quindi il paese asiatico ha finito per raddoppiare le tariffe all'esportazione.

La minaccia cinese ha spinto gli Stati Uniti a rilanciare lo sviluppo in questo settore in cui il paese è stato il principale produttore fino agli anni 80. Sono stati lanciati numerosi progetti di miniere finanziati dal Pentagono.

Tuttavia, tutti i progetti sono ancora in corso. È possibile evidenziare solo l'apertura di un nuovo impianto pilota che elaborerà elementi di terre rare in Colorado .

L'impianto di lavorazione vicino all'unica miniera degli Stati Uniti per estrarre terre rare a Mountain Pass, California, non ha ancora avviato le operazioni.
Il lavoro è ostacolato da costi di manodopera molto più elevati rispetto a quelli dei concorrenti cinesi, nonché da norme ambientali più rigorose, afferma il Times.

Nel frattempo, per il terzo anno consecutivo, la Cina aumenta le quote per l'estrazione di minerali delle terre rare nel tentativo di intensificare la sua produzione.

Fonte: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-nuova_mossa_di_pechino_privare_gli_usa_delle_terre_rare_minerali_fondamentali_per_la_difesa_e_la_tecnologia/82_36284/



Finalmente un qualche tipo di ritorsione che abbia un impatto concreto sull'economia dei terroristi d'oltre oceano.



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