Il problema non è tanto il capitalismo produttivo, ma il capitalismo finanziario, o bancario.
Nei periodi di vacche grasse ti rifilano prestiti e mutui a pioggia, quasi implorandoti di firmare.
Poi arrivano le "contrazioni", le "crisi", che non sono affatto casuali come ci vengono a raccontare, i licenziamenti abbondano ma i debiti rimangono, così quei numerini su di uno schermo si trasformano in espropri di case, aziende, auto, tutti beni reali nostri che vanno a finire in pancia alle banche.
Questo permette ai proprietari effettivi delle banche in questione di arricchirsi a dismisura, per poi comprarsi o partecipare in aziende di telecomunicazioni, agenzie di rating, finanziare partiti politici, col fine di condizionare gli Stati e le società dall'interno.
Tutto tranquillamente alla luce del sole (è il libero mercato, bellezza).
E facendo un sacco di grana senza muovere un dito.
Di fatto una oligarchia. O mafia, che dir si voglia.
È questo il problema principale delle "democrazie" odierne e del capitalismo.
Andrebbero assolutamente messe delle norme, delle regole rigidissime per evitare questa usura legalizzata, ma ovviamente non è più possibile farlo: primo perché i Presidenti tipo il nostro, ormai rispondono solo alla finanza e ai poteri sovranazionali, quindi metterebbero i bastoni fra le ruote a prescindere. Ma basterebbe solamente l'intenzione da parte di uno Stato X di porre dei paletti, e le agenzie di rating massacrerebbero la nazione di turno, facendola andare in default e consentendo ai "mitici" - investitori stranieri- (e al FMI, sempre "gestito" dai soliti, pronto col prestitone 'ndrangheta style) di comprare a prezzo di saldo TUTTO: aeroporti, porti, aziende statali, ogni cosa.
E i cittadini, cornuti e mazziati, a rovistare nei bidoni.
È un capitalismo decisamente diverso da quello che esalta Sottovento, del cuménda brianzolo con la fabbricheeeta, la giaccheeetta bianca, il Ferrari di Magnum PI, la segretaria con la permanente e il Cynar nel mobile bar in ufficio (+ la bustina di coca d'ordinanza e la pistoleeetta nel mobileeetto sotto chiave).
Quello di Enzo Ferrari, di Ferruccio Lamborghini, per intenderci, che hanno costruito da zero delle aziende che sono tutt'ora dei gioielli.
Peccato per la Lambo passata in mani tedesche... Ovviamente quel tipo di capitalismo in italia non esiste quasi più, distrutto minuziosamente a partire dalle strette di mano sul famoso Britannia, poi dal centrosinistra e dal Berlusca.
C'è ben poca roba ormai, nessuno produce o inventa più nulla. Se c'è qualche genio, emigra e va a fare PIL all'estero.
Insomma, il capitalismo è come una mazza da baseball: se sei Joe Di Maggio ti da soddisfazione.
Ma se ci fracassi le teste non va bene...
Attualmente coloro che gestiscono il mondo capital-finanziario e financo le democrazie con il pilota automatico, sono dei maiali affamati di profitto.
Ci hanno concesso il benessere, ma presumo che vogliano riprenderselo.
Perlomeno in occidente siamo in piena decadenza, economica e morale.
Ci insegnano che le nazioni sono delle schifezze da abolire, figuriamoci...
Il futuro è ad Est, non c'è storia: i cinesi, vendendo paccottiglie a noi idioti entusiasti, che abbiamo smesso di produrre beni per fare i terzisti, hanno accumulato tonnellate di capitali, ed invece di giocarseli nella finanza, li stanno saggiamente reinvestendo in cose concrete. E saranno ancora più forti di adesso.
Noi siamo diventati "secondo mondo" senza neanche rendercene conto... E ormai la gente che ha fatto grande l'Italia è morta, assieme alla Lira.
Prima ho citato Ferruccio Lamborghini. Bene, date un'occhiata a sua nipote Elettra: vi renderete subito conto della abissale differenza che passa tra il nonno fondatore della Lamborghini Automobili, che si sporcava le mani ad armeggiare sui trattori, e la nipotina... Che probabilmente armeggia con altro...
È tutta qui la questione, oltre ai soldi mancano anche i cervelli.
"Basta ca ce sta 'o sole,
ca c'è rimasto 'o mare,
na nénna a core a core,
na canzone pe' cantá.
Chi ha avuto, ha avuto, ha avuto,
chi ha dato, ha dato, ha dato,
scurdámmoce 'o ppassato,
simmo 'e Napule paisá!"