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 Oggetto del messaggio: Elkann/Agnelli quei bravi ragazzi
MessaggioInviato: 17/05/2020, 09:48 
Chiedo venia per l'apertura di questo thread. Immagine
Ma molto probabilmente vi sarà un seguito, visto poi a quali M3RD3 italiche è dedicato.


Fiat brava gente


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Quello che c’era da dire sulla Famiglia Agnelli era stato già ampiamente sintetizzato da Beppe Grillo in uno spettacolo di qualche anno fa a cui vi rimandiamo.

Guarda su youtube.com



Cita:
Sulla richiesta-diktat di ieri di una società che di italiano non ha più praticamente niente e che “chiede” una linea di credito (un prestito) di 6.5 miliardi di euro, con garanzia all’80% dell’importo dalla SACE (società PUBBLICA italiana) si potrebbe dire tanto. Tantissimo. Sul “primato del mercato” che giornali come Repubblica e La Stampa si riempiono la bocca ogni giorno, oppure sui paradisi fiscali dell’Unione Europea, vera trappola mortale per i contribuenti italiani. Si potrebbero, infine, smontare le migliaia di fake news della stampa estremista neo-liberista di proprietà della famiglia Agnelli.

Si potrebbe e nei prossimi giorni come AntiDiplomatico lo faremo e continueremo a farlo. Oggi però ci concentriamo su un po’ di storia riproponendo parte di quello che i contribuenti italiani hanno dato alla famiglia che oggi controlla in modo quasi monopolistico l’informazione in Italia.

In un lungo e dettagliato articolo del 2011 Maria Rosa Calderoni su Liberazione ripercorre la storia degli Agnelli. Il 2011 è un anno importante, l'inizio della rivoluzione di Marchionne di cui subiamo ancora oggi tutti i drammatici effetti. "Mani in alto, Marchionne! Questa è una rapina", concludeva l'articolo di Calderoni. E'molto importante rileggerlo oggi.



di Maria Rosa Calderoni | su Liberazione
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Gioanin lamiera, come scherzosamente gli operai chiamavano l'Avvocato, ha succhiato di brutto; ma prima di lui ha succhiato suo padre; e prima di suo padre, suo nonno Giovanni. Giovanni Agnelli Il Fondatore. Hanno succhiato dallo Stato, cioè da tutti noi.

E' una storia della Fiat a suo modo spettacolare e violenta, tipo rapina del secolo, questa che si può raccontare - alla luce dell'ultimo blitz di Marchionne - tutta e completamente proprio in chiave di scandaloso salasso di denaro pubblico. Un salasso che dura da cent'anni. Partiamo dai giorni che corrono. Per esempio da Termini Imerese, lo stabilimento ormai giunto al drammatico epilogo (fabbrica chiusa e operai sul lastrico fuori dai cancelli).

Costruito su terreni regalati dalla Regione Sicilia, nel 1970 inizia con 350 dipendenti e 700 miliardi di investimento. Dei quali almeno il 40 per cento è denaro pubblico graziosamente trasferito al signor Agnelli, a vario titolo. La fabbrica di Termini Imerese arriva a superare i 4000 posti di lavoro, ma ancora per grazia ricevuta: non meno di 7 miliardi di euro sborsati pro Fiat dal solito Stato magnanimo nel giro degli anni. Agnelli costa caro. Calcoli che non peccano per eccesso, parlano di 220 mila miliardi di lire, insomma 100 miliardi di euro (a tutt'oggi), transitati dalle casse pubbliche alla creatura di Agnelli. Nel suo libro - "Licenziare i padroni?", Feltrinelli - Massimo Mucchetti fa alcuni conti aggiornati: «Nell'ultimo decennio il sostegno pubblico alla Fiat è stato ingente. L'aiuto più cospicuo, pari a 6059 miliardi di lire, deriva dal contributo in conto capitale e in conto interessi ricevuti a titolo di incentivo per gli investimenti nel Mezzogiorno in base al contratto di programma stipulato col governo nel 1988». Nero su bianco, tutto "regolare".

Tutto alla luce del sole. «Sono gli aiuti ricevuti per gli stabilimenti di Melfi, in Basilicata, e di Pratola Serra, in Campania». A concorrere alla favolosa cifra di 100 miliardi, entrano in gioco varie voci, sotto forma di decreti, leggi, "piani di sviluppo" così chiamati. Per esempio, appunto a Melfi e in Campania, il gruppo Agnelli ha potuto godere di graziosissima nonché decennale esenzione dell'imposta sul reddito prevista ad hoc per le imprese del Meridione. E una provvidenziale legge n.488 (sempre in chiave "meridionalistica") in soli quattro anni, 1996-2000, ha convogliato nelle casse Fiat altri 328 miliardi di lire, questa volta sotto la voce "conto capitale". Un bel regalino, almeno 800 miliardi, è anche quello fatto da tal Prodi nel 1997 con la legge - allestita a misura di casa Agnelli, detentrice all'epoca del 40% del mercato - sulla rottamazione delle auto.

Per non parlare dell'Alfa Romeo, fatta recapitare direttamente all'indirizzo dell'Avvocato come pacco-dono, omaggio sempre di tal Prodi. Sempre secondo i calcoli di Mucchetti, solo negli anni Novanta lo Stato ha versato al gruppo Fiat 10 mila miliardi di lire. Un costo altisssimo è poi quello che va sotto la voce"ammortizzatori sociali", un frutto della oculata politica aziendale (il collaudato stile "privatizzazione degli utili e socializzazione delle perdite"): cassa integrazione, pre-pensionamenti, indennità di mobilità sia breve che lunga, incentivi di vario tipo. «Negli ultimi dieci anni le principali società italiane del gruppo Fiat hanno fatto 147,4 milioni di ore di cassa integrazione - scrive sempre Mucchetti nel libro citato - Se assumiamo un orario annuo per dipendente di 1.920 ore, l'uso della cassa integrazione equivale a un anno di lavoro di 76.770 dipendenti.

E se calcoliamo in 16 milioni annui la quota dell'integrazione salariale a carico dello Stato nel periodo 1991-2000, l'onere complessivo per le casse pubbliche risulta di 1228 miliardi». Grazie, non è abbastanza. Infatti, «di altri 700 miliardi è il costo del prepensionamento di 6.600 dipendenti avvenuto nel 1994: e atri 300 miliardi se ne sono andati per le indennità di 5.200 lavoratori messi in mobilità nel periodo». Non sono che esempi. Ma il conto tra chi ha dato e chi ha preso si chiude sempre a favore della casa torinese. Ab initio. In un lungo studio pubblicato su "Proteo", Vladimiro Giacché traccia un illuminante profilo della storia (rapina) Fiat, dagli esordi ad oggi, sotto l'appropriato titolo"Cent'anni di improntitudine. Ascesa e caduta della Fiat".

Nel 1911, la appena avviata industria di Giovanni Agnelli è già balzata, con la tempestiva costruzione di motori per navi e sopratutto di autocarri, «a lucrare buone commesse da parte dello Stato in occasione della guerra di Libia». Non senza aver introdotto, già l'anno dopo, 1912, «il primo utilizzo della catena di montaggio», sulle orme del redditizio taylorismo. E non senza aver subito imposto un contratto di lavoro fortemente peggiorativo; messo al bando gli "scioperi impulsivi"; e tentato di annullare le competenze delle Commissioni interne. «Soltanto a seguito di uno sciopero durato 93 giorni, la Fiom otterrà il diritto di rappresentanza e il riconoscimento della contrattazione collettiva» (anno 1913).

Anche il gran macello umano meglio noto come Prima guerra mondiale è un fantastico affare per l'industria di Giovanni Agnelli, volenterosamente schierata sul fronte dell'interventismo. I profitti (anzi, i "sovraprofitti di guerra", come si disse all'epoca) furono altissimi: i suoi utili di bilancio aumentarono dell'80 per cento, il suo capitale passò dai 17 milioni del 1914 ai 200 del 1919 e il numero degli operai raddoppiò, arrivando a 40 mila. «Alla loro disciplina, ci pensavano le autorità militari, con la sospensione degli scioperi, l'invio al fronte in caso di infrazioni disciplinari e l'applicazione della legge marziale». E quando viene Mussolini, la Fiat (come gli altri gruppi industriali del resto) fa la sua parte. Nel maggio del '22 un collaborativo Agnelli batte le mani al "Programma economico del Partito Fascista"; nel '23 è nominato senatore da Mussolini medesimo; nel '24 approva il "listone" e non lesina finanziamenti agli squadristi. Ma non certo gratis. In cambio, anzi, riceve moltissimo. «Le politiche protezionistiche costituirono uno scudo efficace contro l'importazione di auto straniere, in particolare americane».

Per dire, il regime doganale, tutto pro Fiat, nel 1926 prevedeva un dazio del 62% sul valore delle automobili straniere; nel '31 arrivò ad essere del 100%; «e infine si giunse a vietare l'importazione e l'uso in Italia di automobili di fabbricazione estera». Autarchia patriottica tutta ed esclusivamente in nome dei profitti Fiat. Nel frattempo, beninteso, si scioglievano le Commissioni interne, si diminuivano per legge i salari e in Fiat entrava il "sistema Bedaux", cioè il "controllo cronometrico del lavoro": ottimo per l'intensificazione dei ritmi e ia congrua riduzione dei cottimi. Mussolini, per la Fiat, fu un vero uomo della Provvidenza.

E' infatti sempre grazie alla aggressione fascista contro l'Etiopia, che la nuova guerra porta commesse e gran soldi nelle sue casse: il fatturato in un solo anno passa da 750 milioni a 1 miliardo e 400 milioni, mentre la manodopera sale a 50 mila. «Una parte dei profitti derivanti dalla guerra d'Etiopia - scrive Giacché - fu impiegata (anche per eludere il fisco) per comprare i terreni dove sarebbe stato costruito il nuovo stabilimento di Mirafiori». Quello che il Duce poi definirà «la fabbrica perfetta del regime fascista». Cospicuo aumento di fatturato e di utili anche in occasione della Seconda guerra mondiale. Nel proclamarsi del tutto a disposizione, sarà Vittorio Valletta, nella sua veste di amministratore delegato, a dare subito «le migliori assicurazioni. Ponendo una sola condizione: che le autorità garantissero la disciplina nelle fabbriche attraverso la militarizzazione dei dipendenti».

Fiat brava gente.

L'Italia esce distrutta dalla guerra, tra fame e macerie, ma la casa torinese è già al suo "posto". Nel '47 risulta essere praticamente l'unica destinataria dell'appena nato "Fondo per l'industria meccanica"; e l'anno dopo, il fatidico '48, si mette in tasca ben il 26,4% dei fondi elargiti al settore meccanico e siderurgico dal famoso Piano Marshall. E poi venne la guerra fredda, e per esempio quel grosso business delle commesse Usa per la fabbricazione dei caccia da impiegare nel conflitto con la Corea. E poi vennero tutte quelle autostrade costruite per i suoi begli occhi dalla fidata Iri. E poi venne il nuovo dazio protezionistico, un ineguagliabile 45% del valore sulle vetture straniere... E poi eccetera eccetera. Mani in alto, Marchionne! Questa è una rapina.
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 Oggetto del messaggio: Re: Elkann/Agnelli quei bravi ragazzi
MessaggioInviato: 17/05/2020, 11:38 
Pezzi di m.erda, sono decenni che mangiano con i nostri soldi, con la scusa che danno lavoro.



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 Oggetto del messaggio: Re: Elkann/Agnelli quei bravi ragazzi
MessaggioInviato: 17/05/2020, 14:01 
L'industria dell'auto è legata alla alla politica visto l'alto numero di occupanti(voti) ma non siamo soli [:D]


Paradisi fiscali, le 30 maggiori aziende tedesche hanno 3.800 filiali in Paesi a bassa tassazione. Die Linke: “Escluderle dagli aiuti di Stato”


Anche in Germania si è acceso il dibattito sull’opportunità di assegnare soldi pubblici per contrastare la recessione da Covid a chi si è trasferito altrove per pagare meno tasse. Basf, il più grande gruppo chimico del mondo, ha sussidiarie principalmente in Olanda e Svizzera, ma anche a Panama e alle Bermuda. Fresenius si è "costruita" un’aliquota media globale del 18,2% grazie a prestiti infra gruppo, finanziarie irlandesi e sussidiarie alle Cayman. Nella lista anche Allianz, Deutsche Bank, Lufthansa. Berlino perde ogni anno per questa via quasi 20 miliardi di dollari di tasse, la cifra più alta in Ue. E anche all'interno dei confini nazionali le città competono a suon di dumping fiscale per attirare le imprese


“Il contribuente tedesco non dovrà più preoccuparsi di calcolare come ridurre il carico fiscale trasferendosi a Berlino, Grunewald, Coburgo o sul Lago di Costanza”. Era il 1919 e il ministro delle Finanze della neonata Repubblica di Weimar, Matthias Erzberger, presentava – non senza ironia – la centralizzazione dell’imposta sul reddito, dopo una continua crescita della competitività fiscale tra le municipalità tedesche. Un secolo dopo nulla è cambiato nell’attuale Repubblica Federale di Germania, se non che la costante ricerca delle migliori condizioni per ridurre i propri oneri verso la collettività, grazie a strategie di ottimizzazione fiscale, ha superato i confini nazionali. E così anche qui aziende e grandi gruppi, spostandosi di pochi chilometri o aprendo sedi nei paradisi fiscali nei quattro angoli del globo, impoveriscono sempre di più le casse pubbliche, a tutti i livelli. E anche qui, come in Italia, si è acceso il dibattito sull’opportunità di assegnare aiuti di Stato per contrastare la recessione da Covid a chi si è trasferito altrove per pagare meno tasse.


Il dossier di Die Linke sulle aziende del Dax 30 – Nelle ultime settimane il partito Die Linke ha messo sotto osservazione le aziende che appartengono al Dax 30, il segmento della Borsa di Francoforte contenente i 30 titoli a più alta capitalizzazione: le maggiori aziende tedesche. Secondo lo studio tutte le 30 aziende – da Allianz a Deutsche Bank passando per la sofferente Lufthansa, Siemens e Volkswagen – hanno sussidiarie e filiali in paradisi fiscali, per un totale di ben 3.847 soggetti giuridici, secondo la classificazione di paradiso fiscale del Tax Justice Network (TJN). Le 30 società del Dax hanno 527 filiali in Olanda, 281 in Lussemburgo e 187 in Svizzera, per restare nelle vicinanze. Più della metà del totale, ben 2.075, sono invece in Delaware, Stati Uniti. E oltreoceano si contano anche 30 sedi a Panama e 67 alle isole Cayman. Basf, il più grande gruppo chimico del mondo, ha per esempio sussidiarie principalmente in Olanda e Svizzera, ma anche a Panama e alle Bermuda. Nel 2016 uno studio commissionato dal gruppo dei Verdi – Alleanza Libera Europea al ricercatore indipendente Marc Auerbach evidenziava che il gruppo chimico, attraverso una gestione fiscale aggressiva – ma lecita – fatta di holding olandesi, benefici fiscali belgi, profit shifting in giurisdizioni a bassa tassazione come Portorico e Svizzera e a uno speciale schema di rimborsi fiscali a Malta, era riuscito a risparmiare più di 1 miliardo di dollari di tasse nel periodo compreso tra il 2010 e il 2014. Interpellata da Monitor, programma di approfondimento della tv Ard, che con la Süddeutsche Zeitung nei giorni scorsi ha diffuso i risultati di Die Linke, la società ha affermato che le aziende locali servono i mercati locali e che il gruppo “attribuisce grande importanza al rispetto delle leggi fiscali in tutto il mondo”.


Ma per la Ue non tutti i paradisi sono uguali – Anche in Germania nelle ultime settimane si discute sull’opportunità di assegnare i generosi aiuti di Stato varati per l’emergenza pandemia alle aziende presenti nei paradisi fiscali. Fabio De Masi, parlamentare di Die Linke e promotore dello studio, ha sottolineato che su 3.874 sedi secondarie, filiali e sussidiarie basate nei paradisi secondo la classificazione di TJN solo il 3% (110) è compreso anche tra quelli riconosciuti dall’Unione Europea. Una circostanza che da un punto di vista formale rende senza conseguenze il dibattito per gran parte dei soggetti interessati. Insomma, paradiso non è chi paradiso fa. Delle 30 aziende del Dax, 18 hanno sedi nei Paesi presenti sulla lista nera di Bruxelles, 12 no. Tra queste rientrano Continental, E.On, Deutsche Telekom, Henkel e anche Bmw, che detiene tuttavia società finanziarie in Irlanda, Lussemburgo e Malta. La casa automobilistica ha spiegato che non esistono modelli “artificiali” di pianificazione fiscale e che soprattutto “in periodi di crisi è importante poter accedere alla liquidità globale”.

Il caso Fresenius: girandola di società dalle Cayman a Panama per abbattere l’aliquota media – Pochi mesi fa, una dettagliata analisi del Centre for International Corporate Tax Accountability and Research (Cictar), ha sollevato il caso Fresenius, tra le più grandi società al mondo nell’ambito dei servizi medicali, con un fatturato di oltre 35 miliardi di euro e quasi 300.000 dipendenti nelle numerose controllate in giro per il mondo. E anch’essa presente tra le 30 società del Dax. Il Cictar ha rivelato la complessa architettura utilizzata dalla multinazionale per abbattere l’imponibile nei Paesi con una tassazione maggiore e incrementarlo in quelli con aliquote più basse. I ricavi di Fresenius si realizzano per la maggior parte in Paesi che hanno un’aliquota superiore al 30%, ma nel 2018 è riuscita a costruirsi un’aliquota media globale del 18,2 per cento. In India, dove l’aliquota è del 35%, la sussidiaria Fresenius Kabi Oncology ha riportato negli ultimi quattro anni una perdita media del 5,8 per cento. In Australia, dove l’aliquota è del 30%, la controllata Fresenius Kabi ha riportato zero profitti in un periodo di tre anni. In Germania, dove realizza il 23% delle vendite e dove si trova il 32% dei suoi dipendenti, Fresenius ha registrato nel 2018 solo il 10% del reddito ante imposte complessivo. Sulla base di queste stime i dipendenti tedeschi negli ultimi quattro anni avrebbero dunque registrato una produttività pari alla metà della media del gruppo, con una redditività sulle vendite, in Germania, inferiore del 50 per cento. I prestiti intra-gruppo sono uno strumento utilizzato dal gigante medicale per eludere la tassazione. Secondo lo studio, Fresenius utilizza società finanziarie in Lussemburgo, Irlanda, Olanda e Delaware per distribuire prestiti per 9 miliardi di euro. Due società finanziarie irlandesi del gruppo, nonostante non abbiano impiegati, hanno raccolto 47 milioni di euro di profitti nel 2017 semplicemente prestando denaro ad altre sussidiarie in Spagna e negli Stati Uniti. Ma la società è presente anche in molti dei paradisi fiscali del globo: isole Vergini Britanniche, Hong Kong, Singapore, Panama. Le sussidiarie alle Bermuda, alle Cayman e a Malta, in particolare, offrono servizi di assicurazione captive, si tratta cioè di società di assicurazione e riassicurazione create dalla capogruppo per assicurare i propri rischi. “Un altro strumento usato frequentemente per trasferire profitti ed eludere le tasse”, dice il Cictar.

La Germania è il Paese Ue che perde più soldi per colpa dei paradisi – Secondo i dati di aprile dello studio “The Missing Profits of Nations” di Gabriel Zucman, Thomas Tørsløv e Ludvig Wier, la Germania è il Paese dell’Unione Europea che perde più risorse a vantaggio delle proprie aziende e dei paradisi fiscali, in Europa e nel mondo. Berlino perde ogni anno quasi 20 miliardi di dollari di tasse, il 26% delle proprie entrate fiscali dalle aziende. Sarebbero 65 i miliardi di profitti da tassare che mancano all’appello, di cui 53 diretti nei paradisi fiscali europei (principalmente verso Lussemburgo e Olanda) e 12 in quelli extraeuropei. Eppure è difficile considerare la Germania come un Paese ostile alle imprese. Anche perché la natura federale e il suo modello amministrativo hanno fatto sì che la competitività fiscale sia sempre stata considerata un’arma da impugnare piuttosto che un fattore da cui difendersi. In un’altra analisi del gruppo dei Verdi – Alleanza Liberale Europa, pubblicata a gennaio dello scorso anno, si evidenziava che le multinazionali della Germania erano quelle che godevano di una delle differenze più ampie tra l’aliquota nominale e quella effettiva. A fronte di un’aliquota nominale media del 29,5%, le imprese analizzate erano riuscite a spuntare mediamente un’aliquota effettiva del 19,6%, 10 punti percentuali in meno. Le imprese italiane, a titolo comparativo, a fronte di un’aliquota nominale del 31% mostravano un’aliquota effettiva del 30,4%, la più alta dell’Unione Europea. In Germania questo è possibile anche grazie ai tre diversi piani su cui è articolato il sistema fiscale: quello federale (Bund), quello statale (Länder) e quello comunale.

Sempre più competizione fiscale interna tra villaggi e città – L’abbattimento delle tasse per le imprese e per i redditi più alti perseguito negli ultimi 20 anni dapprima con il governo Schröder e poi con i governi Merkel (tra cui la riduzione dell’imposta sui redditi delle società dal 45% al 15%) ha sempre più ristretto i margini di manovra dei Länder e dei comuni. Achim Truger, docente e tra i consiglieri del Parlamento e del governo dallo scorso anno, nel 2011 aveva calcolato che a seguito delle riforme fiscali avanzate tra il 1998 e il 2011 la Germania aveva rinunciato a circa 370 miliardi di euro di introiti, di cui oltre 190 spettanti ai Länder e 42 ai comuni. Esacerbando la competizione fiscale, già esistente, tra i 16 Stati e le singole realtà cittadine: una storia, come visto, ultrasecolare. Norderfriedrichskoog, un villaggio con meno di 50 abitanti nelle vicinanze del confine con la Danimarca, per anni è stato un celebre paradiso fiscale interno alla stessa Germania, offrendo a centinaia di aziende – tra cui affiliate di Deutsche Bank, Eli Lilly, Unilever, Lufthansa, E.On – un’imposta comunale dello zero per cento. Fino a quando, nel 2004, venne introdotta a livello federale un’imposta comunale minima del 7 per cento.

Mai si è interrotta, però, la competizione territoriale. Nel 2008 fece rumore la decisione della Borsa di Francoforte di trasferire staff e operazioni nel vicino sobborgo di Eschborn, a circa 10 km dalla città. Nelle mire dell’ex numero uno della Borsa, Reto Francioni, c’era la volontà di portare l’aliquota fiscale pagata dal gruppo al di sotto del 30%, dal 31%-33% versato precedentemente. Con circa 20.000 abitanti, Eschborn ospita adesso 30.000 lavoratori, e vede la presenza di sussidiarie di Deutsche Bank, Siemens, Deutsche Telekom, Ernst & Young, Continental e Vodafone. Grunwald, sobborgo di Monaco di Baviera, ha invece un’imposta sul commercio e sull’industria pari alla metà di quella della adiacente metropoli, a cui, con 11.000 abitanti e 7.000 aziende, sottrae ogni anno risorse generando ricavi per diverse centinaia di milioni. Innescare la spirale della competitività fiscale non è infatti un gioco a somma zero, ma ha un unico vincitore: le aziende. Nel Nordreno-Vestfalia, il Land più popoloso, la cittadina di Monheim dal 2012 ha ridotto quasi ogni anno il moltiplicatore della propria imposta commerciale, attraendo divisioni di grandi imprese come Bayer e Basf, a danno delle città più vicine. Ben 30 di queste lo scorso luglio hanno firmato una dichiarazione congiunta per protestare contro il dumping fiscale dei propri vicini. Il sindaco di Düsseldorf, Thomas Geisel, nell’occasione aveva dichiarato: “Mi oppongo fermamente alla cannibalizzazione delle imposte comunali. Non possiamo permettere che il dumping fiscale ci renda tutti perdenti. Le città hanno bisogno di queste entrate per il bene dei cittadini”.

Un’iniziativa che tuttavia è rimasta lettera morta: a dicembre la città di Leverkusen, a 15 chilometri da Monheim, ha approvato l’abbattimento della propria tassa commerciale, portandola allo stesso livello della sua vicina concorrente. Con questo provvedimento la città si attendeva sulla carta 135 milioni di euro in più, puntando sull’afflusso di nuove attività da altri territori, e rinunciando contestualmente a finanziamenti statali dello Stärkungspakt (“patto di rafforzamento”) per dare respiro alle finanze comunali. Ma, complice l’imprevista recessione globale, la decisione della giunta potrebbe essersi rivelata un vero e proprio boomerang per le casse comunali, già costantemente in perdita e sottoposte al controllo del governo distrettuale. “Il coraggio è all’inizio dell’azione, la felicità alla fine”, aveva commentato, citando Democrito, il capogruppo della Cdu in Consiglio comunale nel presentare il progetto. Ma poi aveva aggiunto, dal libro dei Proverbi: “Prima della caduta c’è l’arroganza”. I cittadini di Leverkusen sperano che non sia così.



https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/0 ... o/5798312/


Renault,ok Ue a 5 miliardi aiuti Francia
Vestager, garanzie serviranno a ottenere liquidità urgente


(ANSA) - BRUXELLES, 29 APR - Via libera della Commissione Ue agli aiuti francesi a Renault, pari a 5 miliardi di euro.
"Queste garanzie da 5 miliardi aiuteranno Renault a ottenere liquidità che serve urgentemente a causa dell'impatto del coronavirus", ha detto la commissaria alla concorrenza, Margrethe Vestager.


https://www.ansa.it/sito/notizie/topnew ... 5a90f.html


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 Oggetto del messaggio: Re: Elkann/Agnelli quei bravi ragazzi
MessaggioInviato: 17/05/2020, 14:08 
Robiwankenobi ha scritto:
Pezzi di m.erda, sono decenni che mangiano con i nostri soldi, con la scusa che danno lavoro.

Verissimo, ma bisogna riconoscere che chi ha permesso, sta permettendo e permetterà loro di "fotterci", sono una pletora di fancazzisti politici e non, che neanche ci danno lavoro o altri benefici. [:292] [:292] [:292] [:292] [:292] [:292] [:292]



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 Oggetto del messaggio: Re: Elkann/Agnelli quei bravi ragazzi
MessaggioInviato: 18/05/2020, 11:24 
Robiwankenobi ha scritto:
Pezzi di m.erda, sono decenni che mangiano con i nostri soldi, con la scusa che danno lavoro.



Purtroppo non sono i soli. [:27]



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Fiat e agli aiuti di Stato. Le 3 cose che mi scandalizzano


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di Paolo Desogus*


Il paese dei ricatti e del conflitto di interessi


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A me non scandalizza tanto che la Fiat riceva aiuti dallo stato. Mi scandalizza che:


1) Sia possibile concederglielo senza sottoscrivere una contropartita sul mantenimento dell’occupazione in Italia e sul ritrasferimento della sua sede fiscale a Torino;

2) Si concedano aiuti di stato a un’azienda che ha sempre meno di italiano e che tra qualche mese si fonderà con l’industria dell’auto francese, senza che ancora si sappia se gli stabilimenti resteranno nella penisola;

3) Questa azienda controlli direttamente e indirettamente una parte dell’informazione italiana, avendo dunque la possibilità di minacciare il governo con una campagna di stampa qualora non accetti di concedere le garanzie sui prestiti.



C’è poco da fare l’Italia è ancora il paese dei ricatti e del conflitto di interessi.

* Professore alla Sorbona di Parigi
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 Oggetto del messaggio: Re: Elkann/Agnelli quei bravi ragazzi
MessaggioInviato: 18/05/2020, 11:33 
Cit. C’è poco da fare l’Italia è ancora il paese dei ricatti e del conflitto di interessi.
Ed inoltre è un paese con troppe e differenti realtà "tribali".
E stra-condizionato da oltre Tevere.
Ecco perchè ci fregheranno sempre . [:306]



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 Oggetto del messaggio: Re: Elkann/Agnelli quei bravi ragazzi
MessaggioInviato: 18/05/2020, 11:47 
ORSOGRIGIO ha scritto:
Cit. C’è poco da fare l’Italia è ancora il paese dei ricatti e del conflitto di interessi.
Ed inoltre è un paese con troppe e differenti realtà "tribali".
E stra-condizionato da oltre Tevere.
Ecco perchè ci fregheranno sempre . [:306]


L'Italia sarà sempre il paese dei ricatti, del conflitto di interessi, delle poltrone passate in famiglia, delle bustarelle, dei piaceri etc.
E' nel Dna, nella cultura e nella vita di tutti i giorni degli Italiani.
Troppa gente che si professava pulita e incorruttibile, almeno 1 volta ci è cascata, e quindi ne sono certo, è dentro di noi.



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 Oggetto del messaggio: Re: Elkann/Agnelli quei bravi ragazzi
MessaggioInviato: 18/05/2020, 12:25 
Robiwankenobi ha scritto:
ORSOGRIGIO ha scritto:
Cit. C’è poco da fare l’Italia è ancora il paese dei ricatti e del conflitto di interessi.
Ed inoltre è un paese con troppe e differenti realtà "tribali".
E stra-condizionato da oltre Tevere.
Ecco perchè ci fregheranno sempre . [:306]


L'Italia sarà sempre il paese dei ricatti, del conflitto di interessi, delle poltrone passate in famiglia, delle bustarelle, dei piaceri etc.
E' nel Dna, nella cultura e nella vita di tutti i giorni degli Italiani.
Troppa gente che si professava pulita e incorruttibile, almeno 1 volta ci è cascata, e quindi ne sono certo, è dentro di noi.

Nessuno è perfetto, ma in itaGlia, oltre la metà degli individui, ha nel DNA il modo di vivere tribale:

Vivi alla giornata e fotti gli altri, prima che fottano te.



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Comunque lo spessore delle persone alla fine viene fuori.
La carta NON È tutta uguale.
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 Oggetto del messaggio: Re: Elkann/Agnelli quei bravi ragazzi
MessaggioInviato: 18/05/2020, 12:34 
ORSOGRIGIO ha scritto:
Nessuno è perfetto, ma in itaGlia, oltre la metà degli individui, ha nel DNA il modo di vivere tribale:

Vivi alla giornata e fotti gli altri, prima che fottano te.


Io direi il 90% per essere generosi.



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 Oggetto del messaggio: Re: Elkann/Agnelli quei bravi ragazzi
MessaggioInviato: 18/05/2020, 12:48 
Robiwankenobi ha scritto:
ORSOGRIGIO ha scritto:
Nessuno è perfetto, ma in itaGlia, oltre la metà degli individui, ha nel DNA il modo di vivere tribale:

Vivi alla giornata e fotti gli altri, prima che fottano te.


Io direi il 90% per essere generosi.

Percentuale molto alta, come quella che ho riscontrato negli arabi nei confronti di noi caucasici, ma tu dici fra italiani il 90%????
Probabilmente hai ragione tu, io è da anni che sono "fuori" dal mondo del lavoro che rappresentava il 90/95 % dei miei "contatti" ed in gran parte all'estero, dove le tribù sono meno "potenti" e determinanti. [:246] [:246] [:246]



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 Oggetto del messaggio: Re: Elkann/Agnelli quei bravi ragazzi
MessaggioInviato: 18/05/2020, 14:12 
Robiwankenobi ha scritto:
ORSOGRIGIO ha scritto:
Cit. C’è poco da fare l’Italia è ancora il paese dei ricatti e del conflitto di interessi.
Ed inoltre è un paese con troppe e differenti realtà "tribali".
E stra-condizionato da oltre Tevere.
Ecco perchè ci fregheranno sempre . [:306]


L'Italia sarà sempre il paese dei ricatti, del conflitto di interessi, delle poltrone passate in famiglia, delle bustarelle, dei piaceri etc.
E' nel Dna, nella cultura e nella vita di tutti i giorni degli Italiani.
Troppa gente che si professava pulita e incorruttibile, almeno 1 volta ci è cascata, e quindi ne sono certo, è dentro di noi.


E' la nsotra storia da millenni, certe cose si radicano nel DNA e non lo dico per dire, io penso sia davvero così.



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 Oggetto del messaggio: Re: Elkann/Agnelli quei bravi ragazzi
MessaggioInviato: 18/05/2020, 14:23 
MaxpoweR ha scritto:
E' la nsotra storia da millenni, certe cose si radicano nel DNA e non lo dico per dire, io penso sia davvero così.

Assolutamente, lo penso anche io, è scritto.



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 Oggetto del messaggio: Re: Elkann/Agnelli quei bravi ragazzi
MessaggioInviato: 19/05/2020, 11:20 
Robiwankenobi ha scritto:
MaxpoweR ha scritto:
E' la nsotra storia da millenni, certe cose si radicano nel DNA e non lo dico per dire, io penso sia davvero così.

Assolutamente, lo penso anche io, è scritto.



Come sopra.

Spesso quella umana è una razza schifosa:

“Hai la macchina nuova, bella e magari costa un botto? Devo averla anch'io. E se è più bella e costa maggiormente della tua, di più mi garba„.

Si fa a gara a chi ha di più.

il testo di questa canzone ci sta tutto.
¯
Sono intorno a noi, in mezzo a noi

In molti casi siamo noi a far promesse

Senza mantenerle mai se non per calcolo

Il fine è solo l'utile, il mezzo ogni possibile

La posta in gioco è massima, l'imperativo è vincere

E non far partecipare nessun altro

Nella logica del gioco la sola regola è esser scaltro

Niente scrupoli o rispetto verso i propri simili

Perché gli ultimi saranno gli ultimi se i primi sono irraggiungibili

Sono tanti, arroganti coi più deboli, zerbini coi potenti

Sono replicanti, sono tutti identici, guardali

Stanno dietro a maschere e non li puoi distinguere

Come lucertole s'arrampicano, e se poi perdon la coda la ricomprano

Fanno quel che vogliono si sappia in giro fanno

Spendono, spandono e sono quel che hanno

Sono intorno a me, ma non parlano con me

Sono come me, ma si sentono meglio

Sono intorno a me, ma non parlano con me

Sono come me, ma si sentono meglio

E come le supposte abitano in blisters full-optional

Con cani oltre i 120 decibels e nani manco fosse Disneyland

Vivon col timore di poter sembrare poveri

Quel che hanno ostentano, tutto il resto invidiano

Poi lo comprano, in costante escalation col vicino costruiscono

Parton dal pratino e vanno fino in cielo

Han più parabole sul tetto che S.Marco nel Vangelo

Sono quelli che di sabato lavano automobili

Che alla sera sfrecciano tra l'asfalto e i pargoli

Medi come i ceti cui appartengono

Terra-terra come i missili cui assomigliano

Tiratissimi, s'infarinano

S'alcolizzano e poi s'impastano su un albero - boom!

Nasi bianchi come Fruit of the Loom

Che diventano più rossi d'un livello di Doom

Sono intorno a me, ma non parlano con me

Sono come me, ma si sentono meglio

Sono intorno a me, ma non parlano con me

Sono come me, ma si sentono meglio

Ognun per sé, Dio per sé

Mani che si stringono tra i banchi delle chiese alla domenica

Mani ipocrite, mani che fan cose che non si raccontano

Altrimenti le altre mani chissà cosa pensano, si scandalizzano

Mani che poi firman petizioni per lo sgombero

Mani lisce come olio di ricino, mani che brandiscon manganelli

Che farciscono gioielli, che si alzano alle spalle dei fratelli

Quelli che la notte non si può girare più

Quelli che vanno a mignotte mentre i figli guardan la tv

Che fanno i boss, che compran Class

Che son sofisticati da chiamare i NAS, incubi di plastica

Che vorrebbero dar fuoco ad ogni zingara

Ma l'unica che accendono è quella che da loro l'elemosina ogni sera

Quando mi nascondo sulla faccia oscura della loro luna nera

Sono intorno a me, ma non parlano con me

Sono come me, ma si sentono meglio

Sono intorno a me, ma non parlano con me

Sono come me, ma si sentono meglio

Sono intorno a me, ma non parlano con me

Sono come me, ma si sentono meglio

Sono intorno a me, ma non parlano con me

Sono come me, ma si sentono meglio
_


Cita:
Parton dal pratino e vanno fino in cielo

Han più parabole sul tetto che S.Marco nel Vangelo


Qui la somg.


Anche in questo thread ci sta comoda questa immagine:

Immagine



Anche questa:

Immagine


Cita:
Tiratissimi, s'infarinano

S'alcolizzano e poi s'impastano su un albero - boom!

Nasi bianchi come Fruit of the Loom

Che diventano più rossi d'un livello di Doom


A Lapo Elkann fischiano le orecchie.
Vabbè... più che altro le narici. [:261] Immagine


Oggi come oggi Lapo se ha la sinusite deve andare a Bogotà.



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 Oggetto del messaggio: Re: Elkann/Agnelli quei bravi ragazzi
MessaggioInviato: 19/05/2020, 12:47 
ArTisAll ha scritto:
Robiwankenobi ha scritto:
MaxpoweR ha scritto:
E' la nsotra storia da millenni, certe cose si radicano nel DNA e non lo dico per dire, io penso sia davvero così.

Assolutamente, lo penso anche io, è scritto.



Come sopra.

Spesso quella umana è una razza schifosa:

“Hai la macchina nuova, bella e magari costa un botto? Devo averla anch'io. E se è più bella e costa maggiormente della tua, di più mi garba„.

Si fa a gara a chi ha di più.

il testo di questa canzone ci sta tutto.
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Sono intorno a noi, in mezzo a noi

In molti casi siamo noi a far promesse

Senza mantenerle mai se non per calcolo

Il fine è solo l'utile, il mezzo ogni possibile

La posta in gioco è massima, l'imperativo è vincere

E non far partecipare nessun altro

Nella logica del gioco la sola regola è esser scaltro

Niente scrupoli o rispetto verso i propri simili

Perché gli ultimi saranno gli ultimi se i primi sono irraggiungibili

Sono tanti, arroganti coi più deboli, zerbini coi potenti

Sono replicanti, sono tutti identici, guardali

Stanno dietro a maschere e non li puoi distinguere

Come lucertole s'arrampicano, e se poi perdon la coda la ricomprano

Fanno quel che vogliono si sappia in giro fanno

Spendono, spandono e sono quel che hanno

Sono intorno a me, ma non parlano con me

Sono come me, ma si sentono meglio

Sono intorno a me, ma non parlano con me

Sono come me, ma si sentono meglio

E come le supposte abitano in blisters full-optional

Con cani oltre i 120 decibels e nani manco fosse Disneyland

Vivon col timore di poter sembrare poveri

Quel che hanno ostentano, tutto il resto invidiano

Poi lo comprano, in costante escalation col vicino costruiscono

Parton dal pratino e vanno fino in cielo

Han più parabole sul tetto che S.Marco nel Vangelo

Sono quelli che di sabato lavano automobili

Che alla sera sfrecciano tra l'asfalto e i pargoli

Medi come i ceti cui appartengono

Terra-terra come i missili cui assomigliano

Tiratissimi, s'infarinano

S'alcolizzano e poi s'impastano su un albero - boom!

Nasi bianchi come Fruit of the Loom

Che diventano più rossi d'un livello di Doom

Sono intorno a me, ma non parlano con me

Sono come me, ma si sentono meglio

Sono intorno a me, ma non parlano con me

Sono come me, ma si sentono meglio

Ognun per sé, Dio per sé

Mani che si stringono tra i banchi delle chiese alla domenica

Mani ipocrite, mani che fan cose che non si raccontano

Altrimenti le altre mani chissà cosa pensano, si scandalizzano

Mani che poi firman petizioni per lo sgombero

Mani lisce come olio di ricino, mani che brandiscon manganelli

Che farciscono gioielli, che si alzano alle spalle dei fratelli

Quelli che la notte non si può girare più

Quelli che vanno a mignotte mentre i figli guardan la tv

Che fanno i boss, che compran Class

Che son sofisticati da chiamare i NAS, incubi di plastica

Che vorrebbero dar fuoco ad ogni zingara

Ma l'unica che accendono è quella che da loro l'elemosina ogni sera

Quando mi nascondo sulla faccia oscura della loro luna nera

Sono intorno a me, ma non parlano con me

Sono come me, ma si sentono meglio

Sono intorno a me, ma non parlano con me

Sono come me, ma si sentono meglio

Sono intorno a me, ma non parlano con me

Sono come me, ma si sentono meglio

Sono intorno a me, ma non parlano con me

Sono come me, ma si sentono meglio
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Parton dal pratino e vanno fino in cielo

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Anche in questo thread ci sta comoda questa immagine:

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Tiratissimi, s'infarinano

S'alcolizzano e poi s'impastano su un albero - boom!

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A Lapo Elkann fischiano le orecchie.
Vabbè... più che altro le narici. [:261] Immagine


Oggi come oggi Lapo se ha la sinusite deve andare a Bogotà.


[:297] geniale!!



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 Oggetto del messaggio: Re: Elkann/Agnelli quei bravi ragazzi
MessaggioInviato: 19/05/2020, 13:38 

Topic geniale del nostro grandisssssssssssssimo Art !


che dire ...

agnelli-elkan , stirpe dei SAVOIA ...

juventini ....

LADRI .




zio ot [:305]



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